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Caleb/Oswald | Place de Grèves | Undercity | 29 Aprile | Contenuti sensibili

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    Ci hai sperato, Caleb, che Grace restasse. Hai pregato che quella mattina non se ne andasse, come fa sempre, evitandoti di stringerti a lui ed implorarlo. Perché l'avresti fatto, in preda a quel dolore che senti crescere in petto quasi fosse ormai un compagno di vita. Oh, Caleb, quanto puoi stare male adesso? Che in fondo ci avevi sperato. E lo hai fatto anche i giorni successivi. Da bravo cucciolo, quale sei, peggio di Jupiter, sei rimasto in attesa. Fermo, quasi convinto che respirare potesse far cambiare idea a Grace. Che magari aspettare il suo rientro potesse renderlo felice e .. beh, non vederlo rientrare certo non ha aiutato. Ma il colpo di grazia, quello che ti ha tolto la fame al punto da infossarti gli occhi nelle orbite, è stato il cliente.
    Tu non sai come si chiami, quello stronzo che gemeva tanto da importi di nascondere la testa sotto il cuscino. Non lo sai, non ne hai idea, sai solo che Grace ha avuto il coraggio e le palle di portarsi un cliente a pochi metri da casa tua, quando tu sei stato così stronzo da pensare che ti avesse perdonato. Non l'ha fatto, ti sta solo torturando. E lo sai, lo sai quando la notte ricominci a piangere, quando l'attesa di capire il momento in cui dovrai tornare a Pittsburgh ti strema tanto che finisci per non capire chi ti stringe. Non ricordarti che Oswald è sempre qui per te. Che te l'ha promessa, che lui non ti avrebbe lasciato andare verso il mare scuro che è la tua vita. Che tu sogni di annegare ogni notte, e ti svegli che soffochi, boccheggi, ansimi di panico tanto da non avere più voglia di spingere i piedi fuori dal letto. Che se non fosse per gli spettacoli non ti alzeresti nemmeno, rimarresti in un nido di lenzuola, quasi pregando che nessuno venisse a riprenderti da li, che nessuno ti imponesse di vivere una vita di dolore. O anche solo di passare davanti alla sua tenda, quella di Grace, e morirci nel vedere anche solo le ombre e capire benissimo che sta scopando si, e non con te. Che non ti vuole più anche se tu lo hai aspettato. Tu sono due settimane che neanche ti tocchi, che non ci riesci perché se lo fai pensi a lui e se pensi a lui, piangi e se piangi beh è tutto uno schifo.
    Ed anche questa notte, tremando, ti sei addormentato per sfinimento, quando Oswald ha usato la grazia di scaldarti almeno un po', che la tua circolazione non funziona bene quando non ti nutri a sufficienza, di cibo umano, normale, Caleb. Dovresti mangiare perché ti si sentono i fianchi. Ma non lo fai, non hai fame, ti si blocca lo stomaco ogni santa volta. Addenti un tacos, ed il resto lo finisce Jupiter.
    Ed è perché di nuovo hai sognato il buio, ed il vuoto, che ti giri piano. E' piena notte, Oswald dorme, gli senti il respiro calmo. E tu, ad occhi chiusi, ti sporgi verso di lui. Lo tieni per i fianchi, ti aggrappi come se fosse una boa in un mare troppo mosso. Hai la nausea per ciò che sei, e per come vivi. Ma lui lo capirà no? Che ti senti distrutto, tradito, che hai solo bisogno di passartela un attimo, di un qualcosa di bello. Ed il sesso è bello, non deve per forza esserci amore. Anche perché sarebbe impossibile, il tuo cuore batte due tende più in là. Però.. "Ozy.. sei sveglio?" e non lo è, sicuramente ora si sta svegliando perché gli parli tu, perché lo guardi e gli stai per chiedere qualcosa di ingiusto. Una cosa che si chiede agli amici del Circo, quelli libertini, quelli felici. Sei troppo fermo, Caleb, tanto che ti basta sfiorargli un fianco da sotto la maglia per non capire più un cazzo. Lo accarezzi pianissimo, come a chiedergli il permesso. Non sai usare le parole, non parli tanto da quando è morto Tyron.
    Azzardi allora, un bacio veloce lungo il collo, un po' intenso, un po' l'intenzione più chiara che possa avere. Niente di impegnativo, vuoi solo scopare un po'. E voi, tra amici, l'avete già fatto. "Puoi.."
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    Non hai mai pensato a come sarebbe giusto dormire. Nel senso di cosa indossare o di in che spazio farlo. La moglie di Papà ha sempre avuto dei pigiami coordinati per te e Leroy, roba con i dinosauri, mostri informi ma dai colori sgargianti. Cose che a guardarli adesso forse rideresti, ma che da piccolo, a cinque, sei anni, amavi follemente. Ed il tuo pigiama preferito era quello con il dinosauro blu: Un collo lungo dal volto buono e l'espressione sveglia. Guardandolo dall'alto ti sembrava persino che lui potesse ricambiare il tuo sguardo da quella prospettiva. Gli avevi persino dato un nome: ''Mamma, voglio George!'' Le dicevi, rattristandoti quando il pigiamino, ormai consumato, era a lavare.
    E crescendo ne hai perso l'abitudine. George ha sostituito le canottiere e le canottiere il petto nudo. Forse l'abitudine dei pigiami l'hai ripresa solo con Caleb. Sono tornati a piacerti proprio ora che lui te ne ha prestato uno ed ogni volta che sei qui tu lo indossi anche se ti sta grande. Anche se il pantalone copre la protesi e a volte va oltre. Ti copre parte del collo del piede o il calcagno.
    Ed è comodo, devi ammetterlo, come se indossarlo possa davvero fare la differenza. Rendere tutto più comodo, più accogliente. O magari a darti questa impressione è la presenza di Caleb. La sua schiena che spesso stringi o l'odore di pulito che emanano le sue coperte. Questa roulotte è il tuo paradiso e ti dispiace ammetterlo, ti dispiace percepirla così quando per lui, probabilmente, è pari all'inferno.
    E stai dormendo, in effetti, quando lui infila una mano sotto la tua maglia ed inizia a parlarti.
    O almeno, stavi dormendo così bene che nel sentirlo comunque ti svegli, ma senza capire davvero, almeno all'inizio, cos'è che ti sta dicendo. Allora mugugni qualcosa. Volti il viso verso di lui, ma ciò che mastichi si rivela essere solo un grugnito rilassato.
    Ma il suo tocco ti tira su un sorriso rilassato. Uno di quelli che spicca oltre le ciocche dei capelli che ti incorniciano il viso. Si fa largo nel tuo stiracchiarti come un gatto. Nel tuo muoverti come un contorsionista verso quel bacio che ti lascia, verso il suo corpo che tanto ti piace.
    ''Devo andare via?''
    Gli chiedi piano piano, sibilandoglielo sulla testa, tra i quali capelli affondi il muso. Che magari è già mattina, sì e non è detto che lui ti voglia ancora con sé. Nemmeno quando inizi a percepire con più precisione la mano lungo la pelle. Nemmeno quando ti giri quanto basta per stargli addosso.

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    Ed è il tuo viso, il musino dolce che hai, che richiama una tristezza straziante. Che hai paura di non valere più niente, di non essere più in grado di fare qualcosa di buono per la persona che ami. Che ogni tuo tentativo va sempre male. Trai messaggi che gli lasci, che non ricevono risposta, ed il dolore che sai di provare per Tyron.. non fai che sbagliare. Sbagli se pensi che non vuoi la compassione di Grace, non vuoi che si avvicini a te solo perché è oggettivamente il periodo più brutto della tua vita. Non vuoi che sia la pietà a guidare i gesti di chi ti sta attorno: ma cavolo se li vuoi! Cavolo se vuoi che non ti lascino a piedi, che mantengano le loro promesse, che ti coccolino quando tu non ne puoi più neanche di respirare. E non ti rendi conto di quanto fragile puoi sembrare, così alto e così a pezzi. Che se ti toccassero un po' di più, scoprirebbero come è facile farti a pezzi. Tu, così, ti ci senti ogni giorno. Come se gli arti non fossero al posto giusto, come se si muovessero scoordinato. Ed invece è solo che ti manca tutto. L'amore non corrisposto, la famiglia che hai perso... perfino Juno, per cui preghi ogni volta che chiudi gli occhi. Perché non c'è niente di peggio, per te, di non sapere.
    Quindi no, non ci voleva quel cliente che si scopa Grace a due metri da te. Non ci voleva quella gelosia che ti riempie di lacrime appena tocchi le lenzuola, che ti ci infili e preghi solo che niente sappia più ferirti. Per questo hai bisogno di Oswald, adesso, della fiducia che hai per lui. Del modo in cui gliela riponi in mano come fosse preziosa, e per te lo è. Che quando ti ha detto che sarebbe rimasto, allora poi l'ha fatto. E non ti piacciono i paragoni, ma ti piace lui nel modo in cui ti era piaciuto quella notte, con Grace. Il tuo Grace. Che neanche ti vuole toccare, che non sai come salutare perché gli occhi non ti si riempiano di lacrime subito, che schivi per primo quando da questa roulotte neanche ci esci. Che aspetti, statico, il momento in cui ti diranno che c'è un funerale a cui andare. Allora forse ti farai forza, ma non oggi. Non stanotte.
    Non se poi tra le cose che ti uccidono c'è l'assenza di un calore, uno che bruci, uno che sfoghi, perché è così o con la corruzione che ti divora. E ti senti un po' stupido nell'infilarti di più in una coccola per Oswald, che ti si rigira tra le mani come un gatto, allungandosi nel tuo pigiama. Tu lo sai che non è Grace, ma sai che ti vuole bene anche lui, che per te una cosa la farebbe. E quella che vuoi, ti vergogni a dirla a voce alta. Che spingi il muso lungo la sua mandibola. Ci passi piano la lingua, giusto una punta. Stringi la presa al fianco, bisognoso. "No.. "
    Ma lo dici che sembra una preghiera, il sussurro strozzato di chi ha paura di restare solo. ".. ti, ti prego.. non andare via.." continui, come a chiedergli implicitamente di non respingerti nemmeno, non quando poi una gamba la incastri tra le sue, e forse già lo sente quello che vuoi: perché sei palese, il tuo corpo lo è. "Come quella volta.." chiedi, con più parole di quante tu ne abbia usate negli ultimi giorni.
    Quella volta che avete scopato in tre, che trattieni la tristezza negli occhi che apri. Che lo guardi, sei fisso lì, con le sclere arrossate, l'iride tanto scura, l'orbita infossata in un volto troppo magro. Hai sempre quei tratti dolci, Caleb, ma ora sei stravolto, ed hai paura, anche se le mani tremano, che possa dirti di no, quando tu sei egoista stanotte, e vorresti solo che affondasse in te, ti desse qualcosa di buono a cui aggrapparti nel mare di schifo in cui affoghi inesorabilmente. "Vuoi?" soffi, piano, guadagnando giusto un centimetro. Non ti vergogni, ora.
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    Non sai guardarlo, Caleb e non perché tu non voglia farlo o perché, se lo facessi, le cose peggiorerebbero in modi che non sai gestire, quanto perché sei stanco ed ancora assonnato. Tanto che sì, rispondi alle sue carezze strusciandoti di più contro di lui. Gli rispondi persino a voce ma oltre a questo, beh, non riesci a far altro. Sei un impulso. Tutto si muove secondo degli impulsi che lui richiama e che tu assecondi dolcemente, mugugnandogli contro quando lui ti sfiora la mandibola e allora tu ti incastri meglio, cerchi una parte del suo volto che sia così calda da cullarti. Che non hai bisogno di vederlo, forse non da quando hai iniziato a credere di conoscerlo bene. Di ricordare quasi perfettamente le dimensioni dei suoi connotati: Da dove parte ed inizia il naso ad esempio. O quanto morbide sono le sue labbra. Morbide come due cuscini, come in queste lenzuola tra le quali ti abbozzoli e srotoli, di nuovo, solo per essere suo, solo per tirartelo stretto contro in un incastro del braccio che lo arpiona per i fianchi magri.
    ''Kelly...''
    Ridacchi piano per queste coccole che non ti dispiacciono affatto. Che a volte tu l'affetto lo dimostri così: Lo fate tutti qui al circo. Cercate la fisicità facendo fusa come se foste una colonia di gatti randagi che tra di voi ha riscoperto una casa. Un luogo sicuro, dell'amore da poter trarre e dare di rimando.
    ''Io non ti lascio...''
    Come se ci fosse qualcosa da lasciare. Come se una frase del genere, comunque, non risuonasse strana se pronunciata con l'influenza di quell'emozioni che anche ora, seppur sopite, addormentate anche loro, smuovono i tuoi respiri. E ti spingi, istintivamente, per baciare il primo lembo di pelle che ti ritrovi sotto al muso. Che vuoi sentirne il calore sulla punta del naso. Che vuoi coccolarlo così come sta facendo lui con te. Che la sua mano lungo il fianco ti piace, ti fa venire i brividi. E tu non li spegni, no. Tu li alimenti di rimando, facendolo più vicino, quasi a trascinartelo sopra.
    ''Che dici?''
    Che non capisci, ma ormai sei partito con i baci. E forse uno glielo hai lasciato tra i capelli. Un altro tra le tempie. Sempre ad occhi chiusi, che tu Caleb non hai bisogno di vederlo. Tu lo conosci alla perfezione.

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    Ma tu sei così al limite di queste pulsioni, che al primo bacio già ansimi. Lo fai non appena le sue labbra sfiorano la pelle, e lo fai quando ci si incidono. Lo fai che sembra preghiera, la tua, a bocca schiusa, denti stretti, perché stai aspettando da una vita. Che dieci giorni senza una carezza ti stanno sembrando eterni. Perché è da tanto che non trovi piacere in qualcosa, e adesso senti come se fossero diciannove anni racchiusi in duecentoquarantadue ore. Intense, estreme, brutali. Che appena ti chiama Kelly, tu arranchi, che vuoi sentirti amato, e non solo con il cuore, quello neanche sai più se si rianimerà mai, non vuoi che accada. Ma fisicamente. Ed un po' sei ferito, un po' tanto, sei arrabbiato con Grace che non ricorda neanche quanto ti manchi il contatto, che sembra lo rifugga perché non te lo meriti, perché sei in punizione. Ma tu.. tu ne hai bisogno, e allora lo cerchi da chi ha promesso di non lasciarti mai. Che tu al Circo staresti anche bene, sei il tipetto che gironzola un po' con tutti, magari anche il collante tra gli umori di merda di Grace, e tutti i suoi amici. Che sono un po' anche tuoi, quando si sono chiusi a proteggerti ancora dalla voliera. Da quando ti hanno visto struggerti in quella gabbia, là dove torni perché la tigre, in fondo, ti ama.
    Ma quando Oswald ti accoglie, quando non ti respingi, quando piano ti fa spazio, tu il busto lo mandi avanti, lo copri un po', ti impunti su un gomito. Sono movimenti che ti vengono naturali, per quanto scopare sia sempre bello, sempre la tua attività preferita, sempre una mancanza di questi giorni bui.
    Allora fai come lui. Chiudi gli occhi, che tenerli aperti ti brucia, ti fa male, e nel stringerlo, te lo porti sotto, il ginocchio lo spingi più avanti. Sono movimenti dolci, lenti, ma inesorabili. Che lo sai come il fuoco monta, come già adesso vorresti che i baci si spostassero, che lui potesse prenderti e, per qualche minuto, portarti via. Quasi lo implori in respiri che gli ricambi addosso, che monti su senza pesargli sullo stomaco, che anche l'altra mano la fai scendere al fianco, che con le nocche giochi lungo i confini, a chiedere cose che a voce non spieghi più. Tu, quando è il momento, spegni il cervello e azioni gli ormoni. E lo fai, cazzo se lo fai Caleb, che sei quasi dolce, ma non sei impacciato. Hai diciannove anni, gli ultimi dei quali, passati proprio così. A morire nel corpo altrui. E lo senti, come ti attivi, come un bacio scende al centro esatto del collo, dove Oswald ha una fossetta. E poi più giù, che trascini su la maglia e gli baci il petto. Non ci sono cicatrici, e sapresti già piangere così.
    Ma non lo fai, hai troppa voglia, ne hai se i tuoi baci scendono più in basso, ed hai i brividi, stai morendo piano dentro, ma non ti puoi fermare. Non se te lo lascia fare. Che lo implori solo di dirti di si, che puoi, che puoi far vedere che in qualcosa sei ancora bravo. Solo stanotte, solo tra amici, solo per divertirti, così non dovrai camminare troppo vicino al burrone, da cui proprio non ti vuoi buttare.
    Fai presa con le dita per tirare giù il pigiama di Oswald, lo fai a scatti, e nell'attesa che ti fermi, risali ancora con i tuoi baci, gli arrivi con un ansimo dritto in muso. "Os.." preghi, cucciolo.
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    ''Ehi...''
    Porti una mano lungo il suo viso, come quella volta che piangeva, come tutte quelle notti che comunque ti sei prodigato a liberarglielo dalle ciocche di capelli invadenti. Lo fai per lasciarli scivolare contro una carezza gentile, di quelle che te lo portano vicino o che lo seguono. Che nel sentirtelo addosso, adesso, un po' muori. E gli occhi li apri così, nell'oscurità che all'inizio ti impedisce di vederlo, che a fuoco ce lo metti pian piano, in ritardo magari, giusto il tempo che ti serve per ridisegnare i suoi lineamenti nel nero più tetro. Che se filtra della luce in questa stanza, allora questa deve venire proprio dai tuoi occhi.
    ''Che fai, Kelly?''
    Ma il tuo non è un rimprovero, affatto. Lo si capisce dal modo dolce in cui glielo lasci intendere. Che non gli diresti nulla, non lo allontaneresti mai, nemmeno quando per un frangente ti salta in mente che forse questo a Grace potrebbe non piacere. Ma Grace qui non c'è. Grace non è più con voi, non vuole, non ci si prodiga nemmeno. Allora le tue mani viaggiano dove Caleb le richiama. Che alla fine si tratta solo di quello. Del modo in cui senza alcuno sforzo ti spinge verso di lui, ad esplorarlo, a sfilargli in altrettanto modo il pigiama dalla testa. Che vuoi sentire com'è che è fatta la sua pelle adesso. Meglio, anche laddove l'intimo copre.
    E lo fai che lo riporti su. Che approfitti della sua salita per tirarti in avanti, sui gomiti, con una mano di nuovo rivolta a lui, ma questa volta contro la nuca. Che vuoi baciarlo. Mamma se lo vuoi, quanto lo vuoi. Vuoi baciarlo così tanto che non ti dai nemmeno il tempo di riprendere fiato. Di mettere a fuoco tutto ciò che vi circonda. Di renderti conto persino di che ore sono.
    ''Ehi...''
    Lo chiami di nuovo premendo il viso verso il suo. Con il naso a strusciargli contro. Con le labbra a ricercarlo a fasi alterne. Che ti risvegli così. Tremi così, bruci così, adesso, mentre lo aiuti a spogliarti e gli sgusci tra le gambe, scomodo, serpentino, per così liberarti quanto prima di ciò che separa la tua pelle dalla sua.

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    Non gli rispondi, tiri solo un sorriso che è puro dolore. Non perché lui ti faccia male, no, è anche molto più delicato di Grace. Ma le tue labbra dipendono dal tuo cuore, e su questo non hai voce in capitolo, puoi solo soffrirne.. costantemente. Sentire come batta per la pulsione che ti rende di fuoco anche se sei acqua, anche se il tuo elemento sovrasta il suo, se non vi alimentata a vicenda ma, anzi, tu sei nato per smorzare il suo amore. Che non lo sai che ti ama, non gli hai mica creduto quando avete scopato in tenda. No, perché hai pensato che sono cose che si dicono quando si è presi, quando il sesso è tanto bello, quando si è dannatamente felici.
    Ed è per questo che ti fai sfilare la maglia e sono pochi i secondi in cui gli resti distante, perché il tuo calore è soffocante e sei lì a respirargli addosso anche il battito di ciglia dopo. Per questo lo vuoi fare con lui, perché l'ultimo ricordo veramente felice che hai, è nato in quella tenda. Poi, si, è continuato da te, con Grace, il caffè. le battute sulle tue erezioni ma.. ma adesso non è a questo che pensi. Adesso ti prendi spazio, tutto quello che ha. Perché se lui deve realizzare qualcosa, tu semplicemente l'hai già fatto. "S-solo se vuoi.." che sembra tardi dirglielo adesso, non trovi?
    Gli stai, forse, dando la possibilità di fermarti, di non fomentare una voglia stupida, infantile, che magari ti metterà nei casini se uscirà da qui. E' che tanto: che altro potresti perdere? Grace già non ti parla così, magari non vuole proprio più farlo nella vita. E allora, beh, tu comunque moriresti sempre per lui, in ogni respiro, ma almeno una notte vorresti non piangere. E vorresti che fosse proprio questa notte. Quella in cui gli impulsi si fanno pesanti, il tuo corpo si preme, dolce, appoggiandosi ad Oswald. Che è vero, Caleb, quando tu scopi alle volte sei un tornato, un fulmine a ciel sereno, un ciclone travolgente. Ed altre sei così romantico da rasentare l'amore più immenso. E per Grace c'è questo, un amore incontenibile.
    Ma ora ti sei egoista, e vuoi che siano gli altri ad amarti, a ricordarti che esiste almeno una promessa che non verrà mai infranta, quella di Oswald, di un affetto che non si logora, di un circo che si chiude alle tue spalle.
    "Mh" ti fai spogliare, lo spogli, fai si che tutto sia solo uno scivolare morbido di vestiti a terra, laddove Jupiter dorme, piccolina. E muovi il muso contro il suo viso, contro quelle labbra che ti inseguono, e per un attimo gliele lasci avere. Che è un bacio strano, ma per te è passione, chimica, lo sfruttamento di ormoni in subbuglio, e sei lento si, magari sei dolce, ma hai anche fame: una fame disperata. Una fame stupida, dolorosa. Invadente, quasi aggressiva nel ringhiarti in petto. "Io non.. non ce la faccio più" ripeti, colpevole di qualcosa che ancora non realizzi. Che non sai stare senza amore, non sai stare senza quegli orgasmi che ti tengono in piedi.
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    Non sapresti come opporti ad un contatto del genere. Che a tratti è goffo, a tratti romanticissimo, sentito, profondo, sincero, viscerale. Tutti aggettivi che ovviamente non ti viene nemmeno in mente di citare ora. Che non hai motivo, anche se forse, insomma, magari sarebbe utile, di giustificarti ai suoi occhi. Non avete nulla per cui chiedere scusa, nulla da dover spiegare a chi certi agganci non saprebbe capirli ad occhio.
    E siete perfetti così. Va bene così. Va bene l'imbarazzo, la tenerezza, gli ansimi che Caleb già ti spezza, trattiene a sé, manipola solo esistendo. Solo ricambiando i tuoi baci, le tue prese. Che potresti morirci così. Anche se stai scomodo con la schiena, anche se ti sembra di voler far altro. Sei frenetico, assonnato ma frenetico.
    E te lo porti sotto, sì. Ne approfitti quando ti aiuta a spogliarti del tuo pigiama, quando si lascia spogliare dal suo e le vostre gambe si intrecciano di nuovo. Tanto che divenite mobili, molli, onde di mare che si incontrano, che si infrangono l'una contro l'altra.
    E non c'è bisogno, non per te, che lui ti dica di non farcela più. Perché è palese come non ce la facciate entrambi seppur per motivi diversi. Che quasi non ragioni più quando te lo ritrovi sotto e fai presa sulle braccia, sì, per non pesargli addosso, per non smettere di guardarlo ora che ti viene facile metterlo a fuoco. Sorridergli, dolcemente, perché sì, è così bello adesso che forse un po' ti commuovi.
    E quel viso morbido glielo accarezzi di nuovo. Lo fai senza scostare il viso dal suo. Senza tirarti indietro. Che se Caleb ti vuole allora tu non hai forza di opporti, di fuggire via, di rinnegare quel fuoco che ti sfrigola in petto. Ed il pollice glielo lasci scivolare sulle labbra. Tra le labbra. Che la prima spinta che dai è dolce. Ma non potrebbe essere diversa. Dolce sei tu, sono i tuoi sentimenti. E te lo tieni ben stretto contro. Che nell'ansimo lo guardi. Lo fai anche quando scivoli per poggiare la fronte contro la sua e spingere ancora, ancora, in affondi lentissimi, che ti fanno rabbrividire.

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    Non piangere adesso, Caleb, non quando ti lasci in balia di Oswald, della sua dolcezza. Del modo che ha di prenderti con sé, di scivolare, rotolare, valere più di ciò che pensi. E del fatto che fosse bravo, lo sapevi già, come è palese dal battito frenetico del cuore, che tu davvero non resistevi più. Che ti sembra brutto dire che l'avrei fatto anche con Froy se ti avesse accarezzato con altri intenti, anche se di lui hai sempre paura. Ti senti così inferiore a chi capisce Grace molto più di te, chi non farebbe cazzate tanto esagerate da perderlo. Non quando sa che magari davvero sono solo quattro anni, o tre e mezzo, prima che se ne vada per sempre, che la sua coscienza muti. Ma tu no, no adesso non ci pensi, sai solo che gli occhi si fanno lucidi se Os ti sorride, e allora no. No che non devi piangere adesso, non devi. Hai voluto una cosa, la vuoi così tanto che almeno la devi affrontare con coraggio.
    E allora una zampina la sposti, da sotto di lui, le fai rincorrere i suoi capelli. Che no, non sono ricci, ed anche questo saprebbe farti scoppiare in lacrime ora: e tu sei su quell'orlo, potresti venire in un orgasmo da spezzare il fiato, come potresti piangere a dirotto per altri mille giorni, e mille su quelli. E magari lo farai, si, dopo. Dopo che le mani avranno stretto anche il fianco di Oswald, il suo corpo, ricorso piano dalle dita. Che non lo devi pregare, lui è tuo amico, allora è qui no? E' pronto per te. E' la tua medicina, un po' sostituirà l'anfetamina stasera. Stanotte. Forse tra poco è l'alba, ma cosa t'importa?
    Che gemi, piano, dolce, con le palpebre che tremano, quando si fa strada là dove sei solo come sempre, ma adesso un po' meno. Non ti senti un meschino traditore, e non si sente così lui, non stai pensano a Grace non stai pensando ad altro che al tuo egoistico piacere, alla preghiera che duri abbastanza da farti morire il cuore stavolta per un motivo diverso. Che il tuo corpo asseconda il suo, è naturale, è l'incastro che conoscete, sono baci che non gli risparmi, che scavi a fondo con i piercing, famelico li agganci ai denti, lo fai esattamente come facevi con Grace, seppur non sei così masochista da immaginarlo al suo posto.
    Beh, oddio, magari si, magari un po' lo vedi su di te, quando allunghi il collo, lo appoggi piano al cuscino, ti fai guidare dalle spinte di Oswald, ed i tuoi ansimi sono quasi piccoli piagnistei dolci. "Si.."
    Lo invochi, e quanto sei bravo a farlo, liquido, sciolto, in fiamme contro una marea finalmente dolce, finalmente clemente con te. Altri gemiti, sincronizzati ai suoi, che sei rosso in volto anche se pallido, che ti vergogni della fame che hai, delle spinte che vuoi, di come le mani si pieghino per stringergli le prese sulle natiche e tirartelo contro con più forza. Che la sua dolcezza finirà per farti piangere, o per ucciderti. Non vuoi nessuna delle due cose, ma neanche vuoi che smetta. "Si"
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    Vorresti essere giusto adesso, ma non nel modo in cui lo saresti se non fossi preso così. Se il suo respiro non fosse nell'immediato diventato il tuo ed il tuo, forse il suo. Vorresti importi un freno, una giustizia che non premia i tuoi desideri ma che, anzi, li punisce. Vorresti non ferire nessuno, ma questo è l'obiettivo della tua intera esistenza. Vorresti, vorresti tante cose, in effetti. Cose che elabori svegliandoti piano piano, cose che, però, scemano. E lo fanno perché adesso c'è lui e se c'è Caleb, beh, tutto il resto non conta. Lo sai, sì. Lo sai che funzioni così, ti conosci bene, sei il migliore amico di te stesso. Ti conosci così bene da sapere quanto andare a fondo per sentire qualcosa. Che forse non è nemmeno il sesso in sé a stimolare qualcosa, quanto la sua presenza. Il fatto che esista, che, per chissà quale motivo, ha scelto te. E tu non indagherai, Oswald. Non gli chiederai di Grace, né il significato di tutto questo. D'altro canto Edric ti ha insegnato che non tutte le cose hanno una spiegazione logica. Che a volte le persone fanno cose solo per il gusto di farle. Di non sentirsi ferme, statiche, sofferenti così.
    E se tu puoi diminuire le sofferenze di Caleb, allora ti impegni saldamente per strappargliele via dal petto. Un petto che sfiori, che lo fai per riscoprire i suoi tatuaggi, per stringerlo meglio, dirgli che ti piace da morire e che non farai mai nulla per farlo soffrire. Perché è prezioso, perché non stai più ragionando.
    Gli tiri su una gamba allora, non tanto perché hai deciso di far il contorsionista proprio ora, quanto per sentirlo meglio. Per affondare quanto basta a sentirti parte di lui. Come se potessi scopargli il cuore. Come se potessi sentirtelo battere addosso. E sei in estasi, sei in amore. Tanto che forse glielo sibili, di amarlo. Di farlo nel modo in cui ti viene semplice. Sei un romanticone, Oswald e tutti qui lo sanno bene. Lo sa anche lui, lui che forse non ti ha creduto nemmeno la prima volta o che, nel farlo, ha preferito fingere il nulla.
    ''Cazzo, Kelly.''
    Ma amore è frenesia e frenesia sono baci sul viso, sulle labbra. Sono baci dappertutto. Lo sono sulle guance, sul collo, sulle spalle. Spalle che gli mordi, che succhi appena. Che vuoi mangiartelo, Caleb. Vuoi tenerlo con te per sempre e no, non sai cambiar idea, non sai pensare ad altro adesso che non è propriamente il cervello con le sue connessioni sinaptiche a partorire pensieri.

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    E più ti bacia e più lo stringi, lo fai tuo, ti avventi laddove riesci. Che sei dolce, Caleb, ma quando ti chiamano a rapporto allora sei un cucciolo famelico. Un lupo appena svezzato, che è ingordo e non sa ancora quanto può tenere nello stomaco prima di vomitare fuori ciò che avanza. Sei infame, adesso che gemi di più quando ti tocca, che vuoi implorarlo di smetterla e ti farsi fuoco tra le tue cosce, che prenda anche quello che ti resta. Che vada a lui il tuo cuore infanto, perché anche solo i piedi in roulotte se sono scalzi si feriscono.
    E tu questo sei stato, una sagoma docile che si è mossa lenta lasciando dietro parti di sé: tanto appuntite da far male. Ti sei fatto male davvero, davvero tanto. Che ancora se guardassi le piante dei piedi le vedresti sanguinare. Anche adesso. Anche nel momento in cui Oswald tira su una gamba, la tua, la percorre, la studia, la bacia e tu ansimi, tu gemi quel piacere immondo che è l'atto in sé. Perché tu in fondo non hai mai saputo scopare e basta, ti sei sempre impegnato tanto da renderlo amore. Come è stata la prima volta con Grace, quei primi venti dollari. E come era con Aaron quanto ti convincevi che se ti fossi impegnato abbastanza, allora ti avrebbe amato e non solo violato brutalmente come una bestia.
    Quindi non lo sai quanto amore ci metti ora, che tiri Oswald a te, che fremi e sei frenetico come lui, che quando aumenta ogni cosa, allora il cervello ti esplode, il cuore prende fuoco su una picca, la sua che senti spingere fin dove può, quasi volesse rintanarti in te. Ed è bello, Caleb, quanto cazzo è bello se fa così? E non è forse ciò che più hai chiesto? Un regalo, un dono prezioso da lasciare a terra come tutti gli altri, e poi raccogliere trai cocci per conservare a te. "Dio.." sussurri, blasfemo, in gemiti crescenti, che dove lo afferri lo afferri per tenertelo dentro, contro, addosso. Che il tuo orgasmo è a due passi ma non vuoi finisca ora, vuoi che sia assieme, così da poter morire. Hai aspettato tanto, dieci interi giorni senza che uno stimolo divenisse reale, ed ora non vuoi perdere un punto che potrà mancarti domani. Che lo sai, non glielo chiederai più, ad Oswald. Ma oggi, oggi vuoi farlo durare abbastanza da cancellare i grugniti stronzi del cliente di Grace, che è una vendetta anche se Os ti piace davvero, come ti piacciono tutti. E gli vuoi bene davvero, come fosse un frate-.. come fosse uno che non vuoi perdere.
    E non gli chiedi di andare più forte, ti modelli su di lui, lo respingi invitandolo, ti muovi, Caleb, come un dannato esperto: che sei un bimbo prodigio, ma hai anche la voce tanto roca da far male in gola quando poi ti senti svenire per i picchi che raggiungi. Chiudi gli occhi, li riapri, sei fottuto Caleb. "Oh.. Os.." quanto poco ti manca eh?
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    Bruce Willis non c'è più, non nella tua testa. E tu gli orgasmi non li raggiungi più con l'inizio di Armageddon. Non aspetti che gli Aerosmith inizino a suonare I Don't want to miss a thing. Non aspetti nulla. Ora c'è il silenzio, c'è perché serve a dare spazio ai suoi respiri, agli ansimi, ai gemiti che ti spingono a far del meglio. Anche e a far del meglio poi rischi di spegnere subito l'incendio. Di domare quella fiamma pur non sapendolo fare. Anche se poi sei fuoco e in quanto tale bruci tutto. Bruci ogni cosa. Bruci Caleb, i vostri sentimenti, bruci ogni cazzo di tappa.
    Ma che importa, adesso, se a lui sta così bene esser preso così da morirne quasi delle tue attenzioni? Che importa ora di Grace, di Edric, di ogni cazzo di dolore che non spetta propriamente a voi di gestire?
    Caleb voleva una cosa, oggi. Oggi, ha deciso di pensare per una volta a sé e questo a te è stato bene. Lo fa tutt'ora, tanto che forse non te la senti di lasciarlo a bocca asciutta. Tanto che nel sentirlo vibrare, forse perché al limite, vibri anche tu in risposta. Perché ti accendi così. Ti alimenti così e non hai l'autocontrollo adatto a frenarti proprio quando le cose ti sembrano per raggiungere l'irreparabile.
    Che non ci pensi al domani. Non pensi a cosa potrebbe succedere da qui a qualche minuto. Se sarà strano guardarlo o se invece non succederà niente. Perché non cambierà niente, vero? E questo tu lo sai. Lo sai benissimo, così come lo fa lui che ti cerca, che si aggrappa forte, che si stringe tanto da strapparti via la pelle.
    ''Oh cazzo.''
    Stringi i denti, non vuoi che ti sentano. Che qualcuno la fuori possa renderti conto che sei uno stronzo, un approfittatore. Non vuoi che Grace possa sentire, che possa smettere di scoparsi il suo nuovo amichetto solo per venir qui a farti la predica. Non vuoi che qualcuno possa rubarvi questo momento. Questo abbraccio saldo, queste ultime spinte sincere, pregne di un amore ingestibile.
    ''Cazzo...cazzo Caleb!''
    Che lo chiami, lo cerchi. Come se non lo avessi lì. Come se non bastasse più morderlo, leccarlo, baciarlo. Come se fosse ingestibile. Perché è ingestibile. Lo è davvero. Lo è che ti senti morire e rinascere nel medesimo istante. Che l'ultima spinta ti tiene lì, incollato a lui. Che non vuoi scostarti nemmeno se ti sporca. Che non vuoi andar via, sgusciar via. Non quando forse hai creduto di avergli urlato di amarlo ma non sei propriamente sicuro se ciò sia avvenuto solo nella tua testa o se lo hai fatto davvero. Che sei rosso, rossissimo in volto, ma l'orgasmo ti lascia annaspare. Ti fa boccheggiare tanto che forse potresti sì, morire davvero. Ma morire per Caleb, cazzo se è bello.

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    Lo sai che sono questi i momenti più belli, che sospendono il tuo respiro e così anche ogni giudizio. E quanto sei stato crudele con te stesso questi giorni? Te lo dico io, mentre Oswald spinge tanto da portarti all'orgasmo con lui, che gli fai compagnia andando in fiamme, bruciando tanto da mordere, da avventarti sulle sue labbra con l'intento di strappartele via mentre gli soffochi l'ultimo gemito addosso. Così in un respiro che è il fantasma di un prender fiato. Non esiste, non lo fa mai se poi tu spingi a tua volta, te lo tieni contro perché venendo non sappia andar via da te. Che resti, che si incastri ancora finché tu non avrai finito di sentire quel riverbero lungo le ossa. E l'orgasmo non dura tanto, Caleb, si tratta di secondi. Cinque, al massimo dieci, ma te li prendi tutti.
    Tutti nel ricordarti quanto hai pianto, quanto anche adesso piangeresti. Perché la gentilezza di Oswald non senti di meritarla, ma quanto cazzo ti è piaciuto, mh? E lo sai, te lo si vede addosso quando ti prendi l'ultimo morso, che gli dai e ci soffochi contro un respiro spezzato. Sai fare l'amore, Caleb. Lo sai fare bene da far sentire tutti amati, che non lo sai come sia stato possibile che Grace non ci si sia sentito quella volta, quando poi hai affondato quelle dita nel nettare anche solo per ricordargli che lui è il numero uno del tuo cuore. Ed è forse un male se ci pensi ora. Ora che sei venuto, ora che respiri ma il petto si alza e si abbassa al contrario del diaframma.
    Stai attento, che ti vedo gli occhi farsi lucidi, ti vedo in quel sorriso di soddisfazione li nasconde, rimpicciolendoli. Cosicché Oswald non pensi che tu ti stia pentendo di qualcosa: come dell'essere rimasto tra le sue braccia, dell'esserti animato quando ti ha chiamato per nome. Che è lì che hai preso il volo, che hai inarcato la schiena, hai dato il meglio di te, forse hai dato tutto. Ma.. adesso?
    Adesso lo sai che Oswald non è Grace. Lo sai, Caleb, è intenso il modo in cui tutto bruci. La tua vergogna, il tuo orgoglio, la tua voglia che - scemata - ora sembra solo stupida. Oh, quanto piangerai non appena potrai andare al bagno e stringerti lì, da solo sotto la doccia. Allora appoggerai la fronte alle mattonelle gelide, e rimarrai lì, a singhiozzare contro il nulla, contro te stesso. Ma non vuoi che lui pensi che non ti sia piaciuto, che non ti abbia fatto bene, almeno dirti che sai in qualche modo ancora farlo. Ancora scopare come si deve, piccolino che sei. Quanto il tuo è un amore incontenibile per ogni cosa. Sprecato, laddove non viene raccolto da chi di dovere.
    E tu respiri, con un nodo in gola e la voglia di rinchiuderti da qualche parte, di ritirarti nel tuo bozzolo, piangere fino allo sfinimento e poi, magari, rialzarti. Ma non lo fai. Ti tieni Oswald vicino, gli lasci un bacio. Uno solo. Che è dolce, gentile, un po' mordicchia, ma non sai fargli i giochi che facevi con Grace, che se solo ci pensi gli occhi si colmano di lacrime. Quindi è solo un "grazie" lasciato sulle labbra, con la muta speranza che - dopo la doccia - Oswald voglia ancora abbracciarti mentre piangi.
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