Good Health

efrem holt. effy. 23 y.o . cacciatore

Mi chiedo da quando sei diventato così. Quanto ci hai messo ad indurirti. A ritornare indietro. Fare passi lunghissimi, sì, ma da gambero. Mi chiedo quanto ci hai messo a capire di essere di nuovo solo. Cosa hai sentito quando hai compreso di non meritare nient'altro che questo: Una strada che macini tenendo la mano che meno fa male sul volante. La destra, fortunatamente, che è la stessa che usi per direzionarti su strada, sia per cambiare marcia. Con un cambio che si è fatto durissimo nel tempo e che ogni volta richiede sempre una certa mossa brusca. Una botta di palmo contro il pomello, che la pelle, a fine guida, un po' te l'arrossa sempre.
Mi chiedo come pulirai tutto questo casino. Che la felpa grigia ti si è già impiastricciata di sangue. Che il dolore è abbastanza forte da farti guidare con le sopracciglia contratte e le narici larghe. Respiri. Respiri meglio quando entri nel vialetto di Villa Sinister e lì, bruscamente parcheggi.
Sono Judas e Chrys a venirti incontro. Il mago lascia andar il gatto quando ti vede scendere e tenere una mano sulla spalla.
''Cosa è stato questa volta?''
Chrys guarda sempre in casa quando ti fai vicino tu, come a controllare se c'è anche Josh affacciato ad una delle numerose finestre. Come un fantasma di quelle leggende metropolitane che spaventano tanto i bambini. E questa casa ne ha sentite di storie: Nessuno si avvicina alla casa del tristo mietitore. Ci si fanno i riti satanici qui.
''No, niente Chrys. Mo passa. Remì sta a casa?''
Muovi un sorriso, perché per lui ne hai sempre uno, come se fosse l'unica persona sulla faccia della terra incapace di farti arrabbiare. Tu lo adori, ma non è qualcosa che, facilmente, ammetti.
''No, Efrem. Ma entra dentro, provo a dare un'occhiata a quella ferita.''
E Chrys non è un medico: Lui ricuce chi già è morto e questo per te risuona tanto come una premonizione. Magari è per questo che non gli fai mai toccare la tua pelle e allora preferisci Remì, che con i morti contratta solo o almeno, contratta con i loro cari.
''No? Non sta a casa?''
''No, Efrem. Tornerà dopo cena.''
Ma Chrys non capisce. Sì, si è fatto molto bravo negli ultimi anni, da Josh ha imparato molto, ma questo non lo rende particolarmente sveglio su ogni concetto. Va un po' a tentativi a volte e quando succede...beh, stranamente spesso fa centro.
''Come dopo cena?''
''Già, ma sali, dai.''
Però tu lo segui, lo fai mantenendo un'espressione sempre più contrita, mossa da un fastidio che non capisci perché sa farsi così prepotente. Anzi, lo sai bene: Remì avrebbe dovuto risponderti ai messaggi. Perché gli hai scritto così tante volte oggi che un minimo di attenzione avrebbe pure potuto dartelo.
''Sì, va be. Allora l'aspetto.''
''Entra, medichiamoti.''
''No sto bene. Aspetto Remì.''
Chrys non ha così tanta pazienza. Non può gestire un terzo figlio e tu forse hai sempre osato troppo con lui. Hai chiesto troppo, senza mai rendertene davvero conto. E per un breve lasso di tempo della tua vita la sua attenzione te la sei pure guadagnata. Ma adesso, adesso che comunque ti vuole bene, la sua stanchezza inizia a farsi sentire.
''Sono appena le otto e mezza. Staranno mangiando ora.''
Ed è qui che lo guardi e quasi sembri fulminarlo con lo sguardo.
''Va be.''
Puntualizzi il nulla, sedendoti sulla sdraio in veranda.
''Lo aspetto qua.''
''Ti porto un panno e dell'acqua fresca.''
''S-se. Grazie Chrys.''

efrem holt. effy. 23 y.o . cacciatore

Ti sei messo a fumare nell'attesa. Mentre la spalla continuava a sanguinare ed il sangue a macchiare il bicipite, il gomito, poi lungo il polso e infine giù per le dita. E ne hai accesa un'altra, poi un'altra ancora, fino a che due sagome non ti hanno fatto raddrizzare le orecchie. Una macchina si è spenta forse vicino la tua. Così è rimasta per un po'. In silenzio. Tu ne hai ascoltato il motore spegnersi. A fatica. Raffreddarsi. Impercettibilmente, perché sarà una di quelle macchine buone, che non si ingolfano come la tua per ogni cosa.
Hai aspettato. Spento la sigaretta nel posacenere che Chrys ha lasciato vicino al bicchiere di acqua che nemmeno hai toccato. Hai aspettato. E più lo hai fatto più ti sei stranito. Lo hai percepito nella faccia che ti si è contrita addosso, come fosse stata stropicciata da un paio di mani. Mani di qualcuno di che deve avere davvero una grande pazienza ed una voglia di divertirsi che non si confà con il tuo stato attuale.
Poi ti sei tirato su, lo hai fatto non appena hai visto la seconda figura voltarsi. Ne hai studiato i passi, il modo in cui si muove e per un istante è rimasta ad osservare Remì dargli le spalle allo stesso modo. Gli piace. Remì piace a quell'altro ragazzino. Va bene.
''Ecco do stavi.''
Poi lo accogli, davanti casa sua. Lo fai con una nota di sarcasmo a colorarti un tono di per sé già colorito. Allunghi la mano che ancora tiene la sigaretta versa il pezzo di ovatta che usi per tamponare il sangue che ti sta macchiando la mano. Poi lo riposi.
''O so che ce sta tu padre. Ma io aspettavo te.''
Fissi gli occhi nei suoi, quasi a volergli lasciare un messaggio. Qualcosa che possa rimanere ben impresso nelle vostre menti. Di entrambi, certo.
''Me potevi risponne.''

efrem holt. effy. 23 y.o . cacciatore

'' A caccia.''
Se sparisci è perché sei a caccia. E se vai a caccia non annunci il tuo viaggio a nessuno. Non appendi striscioni, non organizzi feste d'addio. Nulla. Te ne vai a caccia e basta. Da solo, senza dover tener conto a qualcuno. Perché non è detto che debba esserci per forza qualcuno ad aspettarti a casa. Di solito non succede mai così. Mai.
Per questo ti senti legittimato a sentirti arrabbiato. A credere di avere un po' della ragione che invece ti manca. A pensare che forse non sei solo tu una persona cattiva qui. Ma entrambi e che nessuno dei due è davvero interessato all'altro nel modo in cui per un po' hai persino pensato. Sei confuso, questo è ovvio. E più lo sei, più fatichi a comprendere come relazionarti.
''Se...dopo pulisco qua.''
Che nel guardare la veranda un po' ti senti in colpa. Non tanto per Remì quanto per Chrys che ti ha lasciato fare. Che come al solito, con te, sembra essere sempre troppo buono.
E gli stai dietro mentre lo dici. Aspetti che sia lui a farti strada, a dirti come e dove andare, nella speranza che non ti faccia passeggiare davanti Joshua. Che suo padre non vuoi vederlo. Non vuoi immaginare cos'è che pensa solo incrociandogli lo sguardo. Non sei mentalmente pronto oggi.
''Quello...''
Azzardi dopo in un grumo di parole che rimane inizialmente incastrato in gola. Con ''quello'' ti riferisci al tipo che hai visto andare via. Quello del bacio, della macchina nuova che non fa rumore quando riparte e alla fine, nemmeno quando parcheggia.
''...è er tipo der succhiotto?''
Non sono affari tuoi, Ef, eppure non ti fai alcun problema nel porgergli la domanda. Vuoi sapere e poi...Remì è tuo amico, giusto? Anche se non gli scrivi per settimane e poi torni da lui perché...perché sei tornato?
''Da quanto ce scopi?''

efrem holt. effy. 23 y.o . cacciatore

''Ah, giusto.''
Remì è ancora vergine ma questa informazione a te ogni tanto salta. Te ne dimentichi, ma perché un po', pur non volendolo ammettere ti fa strano: Tu alla sua età avevi già scopato da un pezzo e certo, non ci avevi capito niente, ma questo non era rilevante. Sapevi che fare con quella protuberanza che hai tra le gambe: Eri convinto ci fosse un movimento solo a conciliare l'universo di due persone. Niente di tanto romantico o scientificamente accurato. Qualcosa che, se faceva bene a te, allora per un certo verso faceva bene anche alla tipa con cui andavi. Ti bastava convincerti di questo.
Eppure, ogni volta che ti torna alla mente questo dettaglio, di Remì che non scopa con nessuno, intendo, un sorriso beffardo ti si tira su in viso. Come se ci fosse della contentezza in questa presa di coscienza. Come se ogni volta fosse importante ricordarsi certi dettagli. Come e della sua verginità a te interessasse qualcosa. Te ne facessi qualcosa.
E ci pensi ancora, quando lui ti sistema contro il tavolo d'acciaio in studio e tu non emetti un suono. Quasi non lo senti più il dolore talmente stai pensando. E pensi alle cose più stupide, ovviamente. Tipo ancora a quel tipo che hai visto risalire in auto. Lo hai sentito partire. Lo hai sentito godere, probabilmente, della serata che hanno passato insieme.
E ti chiedi se almeno un altro succhiotto glielo abbia lasciato. Se oltre il velo della camicia qualcosa si nota. Per questo gli stai guardando il petto, vero? Perché nel suo alzarsi ed abbassarsi scuote il colletto. Scopre la pelle, lascia intravedere altro.
Gli sta davvero bene questa camicia.
''No, un tipo.''
Rispondi assente, quasi rilassato dal modo in cui il suo respiro riesca a riempire la stanza. Ti piace la perfezione con cui viene emesso. Come tira fuori il fiato e poi lo ricattura. Si equilibra così.
''Stavamo su e stesse tracce...è stata solo goliardia.''
Scuoti l'altra spalla buona.
''Come se chiama?''

efrem holt. effy. 23 y.o . cacciatore

''Sì beh, però sta ancora attaccato.''
Avrai sempre da ridire. Sempre. Anche quando capirai da te di non aver ragione. Anche quando non c'è bisogno di obiettare perché, insomma, se lo si fa si finisce male. Si finisce in quei discorsi dove magari uno non vuole davvero metter mano, piede, qualsiasi cosa.
Ma tu comunque lo fai, come quando succedeva con Moses. Che non gliela davi vinta nemmeno se poi finivi con un naso rotto. No, se potevi l'ultima parola doveva essere la tua, a prescindere da cosa volessi dire. A prescindere da cosa ti saresti inventato sul momento.
E stringi un po' lo sguardo quando nel muoverti il dolore comunque lo senti. Il fatto è che non vuoi fargli sentire che sai essere debole anche tu e che, anzi, lui l'ha vissuta meglio la ferita sulla spalla: Ha fatto decisamente meno storie.
''De dov'è? Da Cecoslovacchia o è americano?''
Non ti interessa neanche questo, in realtà. Forse in cuor tuo speri solo che si sbottoni. E non per chissà quale curiosità intrinseca, quanto per dirti che sì, avevi ragione anche su questo, ma questo tu non sai propriamente cosa sia.
''Ah...ma t'ho detto.''
Sbuffi, ma per nascondere lo sguardo che neghi ad ago e filo. Volti proprio il capo, quasi a non volerlo vedere mentre ti ricuce. Lo fai da quando eri piccolo: Ben ti prendeva in giro soprattutto per questo.
''Stavo a caccia.''
Che ti sembra una risposta perfetta: Perché non vuoi dirgli altri, né un grazie, né chiedergli il motivo per il quale era passato. Cosa voleva? Resta qualcosa che vuole anche ora? Tu, invece?
''So tornato mo.''
Quasi approfitti del momento per guardarti nuovamente intorno, come a mappare la stanza, come a cercare, sempre troppo istintivamente, una via di fuga. Ma quello che non capisci, Efrem, è che non puoi scappare da te stesso.
''Mo dai nbacio pe avello fatto?''
Per essere tornato, dici?

efrem holt. effy. 23 y.o . cacciatore

Non ti interessa. Cioè, sì, sei stato tu a fargli la domanda, ma della risposta te ne fai davvero poco, se non addirittura niente, ecco. Resta solo un punto terribilmente egoista che aggiungi al tuo elenco delle bastardate. Quelle per le quali toglieresti un nichelino dal barattolo dei buoni propositi, ma che poi in realtà ti dimentichi di aggiornare. Non ti interessa nemmeno di quello, quindi insomma, figuriamoci del resto.
Ma lui parla e se risponde alle tue domande va bene, vuol dire che ancora ha voglia di dirti qualcosa. Di starti vicino anche se tu hai fatto di tutto per mantenere le debite distanze. Che magari, ci pensi ora, i baci qui vanno bene, ma fuori no. Fuori da qui non va bene un cazzo. Ma resta qualcosa che ripeti solo per te, purtroppo.
Senti più male di prima nella medicazione, ma non glielo dici. Non dici mai niente tu, non di quelle cose che andrebbero dette. Non di quelle cose giuste, che stanno bene nel contesto. No, tu sfori sempre, un po' come adesso, che gli chiedi un bacio quasi come per sfidarlo. Per vedere se ti dirà di sì. Se inconsciamente avrai vinto su Roman. Avrai vinto di nuovo.
Ma te lo tieni per te, c'è forse una parte molto profonda della tua essenza che sa di quanto questo sia meschino. Tu sei meschino, stupidamente arrabbiato per nulla.
''Te pensi troppo.''
Gli dici che quasi lo canzoni. Lo fai con superficialità, ma anche per dirgli un po' che, sì, a volte pensa così tanto da costringere anche te a pensare. Non che ti dica di farlo, ma insomma, la cosa vien da sé se l'intento è quello di portare avanti la discussione.
''Porcaputtana.''
Stringi tra i denti quando ti buca con l'ago. Quando lo fa andando forse troppo a fondo. Che a far male fa male. E tanto male tutto assieme, insomma, ti da più che fastidio.
''Che io ncazzo, Remì.''
Che se fa male il bacio sul collo forse lo senti meglio. Non so, mi sembri convincerti di questo. Ed è proprio con questa motivazione che ti spingi in avanti per afferrarlo per i fianchi. Che sta troppo lontano. Meglio tenerselo addosso, soprattutto quando fa quello che gli dici e allora tu lo baci di rimando. Gli cerchi il muso oltre il viso ed il collo. Lo fai sollevandoti con lui.

efrem holt. effy. 23 y.o . cacciatore

Si muovesse un po' come vuole. Facesse, sì, come vuole. Ti lasciasse pure stare. Poi ti riprendesse. A te andrebbe comunque bene. Perché avresti vinto tu. Tu su tutti e due. Tu su Remì e tutti gli altri Holt del cazzo. E questo, beh, questo ti gonfia il petto, egoisticamente. Lo fai che nel baciarlo sorridi di quel sorriso beffardo che un po' ti fa baciare coi denti. Che se ti lascia con il braccio ancora aperto tu lo afferri con l'altro. Tanto che problema c'è? Ti basta per premertelo in petto come se potesse entrarti dentro e poi giù, seduto su di te, incastrato contro di te. Affinché non smetta di darti attenzioni. Affinché ti tratti meglio di come ha trattato Roman. Affinché ti scelga al suo posto, sì, ma solo per i giorni in cui vorrai tu. Solo alle condizioni a cui lo vorrai tu. Che non sai concederti tanto. Se non lo fai con gli altri, figuriamoci con lui. Che trattieni vicino in un bacio che ti permette di respirare solo dalle narici. E se respiri così allora sembri un po' più affamato di prima. Più arrabbiato quasi. Anche se dovresti proprio iniziare a calmarti quando senti le sue mani stringerti il viso. Accarezzarlo, esplorarlo come se non fosse tanto duro ed appuntito da fargli male. Come se a modo suo fosse davvero bello e giusto per attenzioni del genere. Che tu non vuoi ti respira addosso quanto che lo faccia. Tanto che la mano buona gliela fai salire lungo la schiena e poi tra i capelli sotto la nuca. Ad incastrarci le dita che poi non sapresti sciogliere ma che per ora vanno bene lì. A tirargli un po' i boccoli. Una ciocchetta per volta.
''No!''
Non ti accorgi di metterci tanta verve nel fermarlo. Nell'imporgli di restar lì. Di non muovere nemmeno un muscolo perché così a te piace. Che se siete sotto terra, lungo un corridoio asettico come questo, lontano da tutti, persino dai loro rumori, allora sì che va bene, cazzo. Va bene tutto. Potresti farci ogni cosa qui. Ma non osi, no, perché io so bene di cos'è che hai paura. Allora te lo baci ancora, lo fai con una passione degna solo della caccia.
''Passerà da sola...''
Vaneggi un po', forse perché stai allentando la presa sull'adrenalina.
''Nte staccà mai.''

efrem holt. effy. 23 y.o . cacciatore

A te piacciono cose di cui non ti sei mai accorto. Ti piacciono le carezze, quelle sincere che una madre non è mai riuscita a darti troppo a lungo. Ti piace la comprensione degli altri, quella che con un po' di sforzo potresti ricambiare. Saresti anche tu, in effetti, comprensivo e riflessivo se te ne dessero il modo. A te piacciono quei dettagli che hai sempre dato per scontato. Come il contatto fisico. Il modo in cui la pelle ti viene sfiorata ma senza generare ferite. Che non deve necessariamente trattarsi di una lotta continua. Di uno sgusciare via dai pericoli continui. No. Può trattarsi anche di un momento di stasi. Di un momento in cui gli occhi li puoi chiudere perché non succederà niente, davvero niente di male. Tanto che il petto torna ad alzarsi e ad abbassarsi piano, ritmicamente, ma gentile. Come il fiato che ti esce dalle labbra e del quale non hai mai fatto caso. Non ti sei mai accorto di come in ventitré anni tu abbia respirato bene. A volte lo hai persino trattenuto troppo. Sei sempre stato terribilmente scortese con te stesso. Ma ora ti lanci nell'egoismo. Lo fai muovendo le labbra su quelle di Remì senza staccarle neanche un secondo. Che se puoi gli respiri in bocca e fai della sua anidrite carbonica il tuo ossigeno. Perché è bello, fa bene e non ti sentivi così a posto da giorni. Non ti accorgi di come così, però, tu stia decretando una supremazia. Di come l'unica mano buona che gli tieni sulla nuca non sia altro che un arpione pronto a tenerlo incollato al tuo corpo. Che non ti va, ora, di uscire da qui. Di tornare a casa, di pensare nuovamente a quanto sia terribilmente fastidiosa quella solitudine che di tanto in tanto ti affligge. Che ti soffoca, ti spinge giù e li ti fa restare per così tanto tempo da annichilirti.
No, tu vuoi stare qui, in una casa che è confortevole, che non ricorda minimamente la tua, perché non ha le galline e i muli giù nei recinti. Una casa dove i fiori ancora crescono. Dove la gente dentro non urla, non urla mai. E c'è Remì, che ha le mani dolci e le labbra morbide. Che seduto su di te non pesa affatto. Oggi è leggero, non so come lo percepirai domani.
\*Bravo.
Glielo batti lungo il collo, quasi dolcemente. In una presa che ti fa sollevare e mugugnare di fastidio, sì, quando lo sollevi con te ma con il braccio appena ricucito.
''Cazzo.''
E lo adagi sul tavolo, sgraziatamente, che non hai altre braccia per preoccuparti di far meglio. Che una gliela tieni sempre sulla schiena o tra i capelli. Come a tenerlo fermo. Come ad assicurarti che non svanisca da un momento all'altro.