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Aleksandra KiselevaLike a small boat on the oceanlaska era sempre la più curiosa tra i due, con i suoi grossi occhi di un colore che anche dopo un anno non riusciva a descrivere, un grigio che si trasformava in tempesta quando era arrabbiata e piangeva, o si placava in un placido e tenue color nebbioso quando era calma e sorridente.A
A lei piaceva guardare fuori, perdere il suo sguardo fin dove riusciva ad arrivare con la sua vista da bambina. A volte più in lei che in Nikolaj, Aleksandra riconosceva l’anima di Errol. Era ancora presto se una parte del suo carattere avesse lasciato il suo segno nella genetica dei due bambini, ma sicuramente lo aveva lasciato nei loro visi, in quello di Nikolaj, in misura maggiore, mentre Alaska, lei aveva preso da sua madre.
Il che è un bene, tesoro le mormorò a voce bassa avvicinando il suo viso a quello della bambina mentre la teneva stretta a sé, intenta a contemplare il mondo fuori e stupirsi di ogni dettaglio.
Sentì una placida stretta allo stomaco mentre qualcosa le suggeriva che quel giorno sarebbe stato diverso, che quel giorno il tassello mancante di quel quadro sarebbe tornato al suo posto.
A volte si chiedeva se aveva fatto bene ad andare via da New York, a rifugiarsi in Alaska, ma quando guardava quella bambina che ne portava il nome e l’altro che dormiva placidamente tra morbidi cuscini, si diceva che era la sola cosa che aveva senso fare. Anche quando incrociava lo sguardo di Nimone, a volte così freddo da non riuscire a reggerlo, che le ricordava che sarebbe dovuta tornare, che avrebbe dovuto incontrarlo, per dirglielo, perché non era qualcosa che poteva tenergli segreto.
Due figli, due gemelli. Non era qualcosa che poteva evitare. Ogni volta che li guardava in qualche modo le sembrava che tutto andava al suo posto, che quel continuo perdersi e ritrovarsi, quel cammino sinusoidale in cui loro due si muovevano aveva una costante, un momento in cui si incontravano, le loro vite si incrociavano e lasciavano impronte indelebili come quelle.
Il suono del tocco sulla porta interruppe quei pensieri, mentre un battito saltava nel suo cuore e Alaska attratta dal rumore guardava la porta incuriosita esprimendo con vaghi suoni il suo desiderio di sapere chi fosse. Aleksandra lo sapeva chi era e mentre da un lato voleva con tutto il suo corpo che oltre quella massiccia porta di legno scuro ci fosse Errol, dall’altra parte non sapeva effettivamente cosa dire.
“Eh si, ho avuto due figli mentre sei andato via. Si sono tuoi”
Prese un respiro avvicinandosi, perché non voleva che altri tocchi sul legno svegliassero Nikolaj, già inquieto dalla mattina. Spostò Alaska a sinistra mentre apriva la porta così che inizialmente la bambina non si vedesse, perché in qualche modo voleva che quel primo momento in cui i suoi occhia avessero scorto la sua immagine fosse suo soltanto. Era cambiato, era diverso, il suo viso invecchiato di due anni, ma quella più diversa di tutte era lei, trasformata dalla maternità.
Le sue labbra si distesero in un sorriso, vago e incerto inizialmente, per poi apparire più ampio dopo qualche momento. Inclinò la testa, Sei tornato… annuì la ragazza. Avrebbe voluto chiedere per quanto, ma era certa che queste domande era meglio non porle ad Errol. Si fece da parte allontanandosi appena così che lui entrasse e vedesse da solo cosa era cambiato. Lei abbassò lo sguardo su Alaska, totalmente focalizzata sulla figura maschile appena entrata, la scrutava e la guardava intensamente. Guardò la madre e poi quello che non sapeva essere suo padre, ma doveva sentire qualcosa, perché sorrise tendendo una mano verso il nuovo arrivato e aprendola e chiudendola concedeva il suo saluto. Lei è Alaska, saluta da brava. Lui è Errol, è….un amico della mamma spiegò alla bambina, neppure due anni e già tanto capace di comprendere che in quella leggera sfumatura c’era molto di più. Come stai…quando….quando sei tornato? domandò avvicinandosi di qualche passo appena, mentre il desiderio di toccare per attimo il suo braccio e sapere se era reale si faceva così forte.
Ti vuoi sedere… indicò la poltrona che era accanto alla finestra, lei si sarebbe poggiata su quella che era accanto al letto anche per guardare Nikolaj. Lo so…che hai delle domande…anche sul perché io mi sia spinta fino a qui...© created by dostoevskij - don't copy, be respectful and use your mind. -
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Aleksandra KiselevaLike a small boat on the oceanra così strano vederlo lì davanti a lei, ancora lui. Ancora l'uomo che era quando si erano detti addio. Era stato il momento più doloroso, come se improvvisamente quella retta costante che erano stati si fosse spezzata improvvisamente. Aveva avuto ragione però. Non sapeva affatto quando e se sarebbe tornato. Eppure lei lo aveva aspettato a dispetto di tutto. A dispetto di quando lui le ricordava che non sapeva esattamente dove la sua vita lo avrebbe condotto. Eppure lei si era resa conto di amarlo anni prima, un amore che a questo punto andava oltre ogni logica comprensione del tempo.E
Potevano essere anche passati quasi due anni, ma la sola vista di Errol la spingeva a muoversi inesorabilmente verso di lui, costantemente. Come in quel momento dove le sue mani stringevano Alaska ma solo per non stringere lui, toccare lui. Erano passati due anni, ma il suo volto ancora era capace di raccontarle i suoi pensieri.
Come quelli a cui diede voce quando sbottò alla parola amico e per cui Aleksandra lo guardò sorpreso. Lui che non faceva facilmente intendere cosa provasse.
E poi le parole successive che le strinsero lo stomaco in una morsa, mentre le veniva il desiderio di urlare, perché in quei due anni dove avrebbe avuto più bisogno di lui, lui non c'era stato. Era stato così lontano non solo con il corpo ma anche con il cuore. Perché non poteva sapere che relazioni avesse intrecciato in quel lasso di tempo.
Però lasciare che lui pensasse che lei fosse andata avanti, non era certa di volerlo fare. Sebbene il pensiero che lui fosse geloso poteva farla sorridere. E forse avrebbe dovuto, ma era troppo il desiderio che aveva nello stare con lui che non avrebbe percorso la via del masochismo.
Decise di rispondere dapprima alla seconda domanda. Nikolaj... non ci fu bisogno di spiegare il perché. Errol sapeva di suo padre. Scosse il capo mentre si abbassava a guardare il viso del bambino. Possibile che non notasse la somiglianza. Sono nati 8 mesi dopo che dei partito gli confidò lasciando che fosse la sua mente a fare i calcoli su come fosse poco probabile che fossero di qualcun'altro. Poi concesse qualche momento di gioco con Alaska. Prima la mamma ha detto amico, si è sbagliata. Vedi è una persona molto più importante...per me e per te. Lui è il tuo папа (papa) e quella era una parola comprensibile in qualunque lingua. Guardò Errol sulle ultime sillabe e poi Alaska incominciò a ripetere la parola in continuazione in un crescendo di папа папа папа e di Да (da) e affermazioni che avrebbero fatto ridere chiunque.
Potevo offendermi alla tua idea che fossero di altri. gli confidò guardandolo con un sorrisino che sapeva di sfida. E forse avrei dovuto fartelo credere...ma è da quando sei entrato da quella porta che il mio cervello ha smesso di ragionare, quindi sii comprensivo gli disse sincera, mentre i suoi occhi e le sue labbra non facevano altro che pregare per un bacio. Ma c'erano i bambini, forse era il caso di aspettare o forse no. Ho lasciato New York perché quando sarebbe diventato evidente, non volevano che girassero voci. Tu non c'eri e quindi ho deciso di venire qui. Mi sembrava il posto più giusto per farli nascere. si abbassò a guardare il viso di Alaska che era sul punto di addormentarsi. E le venne spontaneo. Vuoi tenerla tu, deve addormentarsi glielo chiese alzandosi e spsotandosi verso di lui. Tranquillo non si rompe... lo rassicurò, perché lei aveva avuto lo stesso timore, mentre le prime volte badava a loro da sola.© created by dostoevskij - don't copy, be respectful and use your mind. -
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Aleksandra KiselevaLike a small boat on the oceanuardò le emozioni scorrere come fotogrammi di un video sul suo viso, mentre la consapevolezza si faceva spazio nella sua mente, prendeva vita, forme e colori e diventava consistente. In qualche modo riusciva a riconoscere nella sua incredulità quello che aveva vissuto lei due anni prima, quando aveva scoperto di essere incinta e lui era andato via da un mese. Si era interrogata così a lungo se avesse compiuto la scelta giusta nell’intraprendere quel viaggio ed evidentemente dentro di se aveva atteso per due una sorta di approvazione da parte dell’uomo che aveva nell’aver fatto nascere i suoi figli nella terra da cui lui veniva, per dargli un legame anche se lui non era presente con loro, affinché fossero indissolubilmente legati a lui. Per questo quando lo senti pronunciare quelle parole lasciò andare una tensione impalpabile che però era dentro di lei, scorreva sotto la sua pelle da due anni, in quel periodo in cui aveva atteso ogni giorno il suo ritorno. Sperando ogni giorno nel suo ritorno, senza sapere quando sarebbe stato e come sarebbe tornato. Ogni volta poteva essere differente, poteva tornare e non essere lo stesso, aver recuperato i ricordi non significava che avrebbe recuperato subito il loro legame. In quei due anni si era chiesta chi le aveva dato la forza di continuare ad insistere, quando tutto poteva andar perso. Era giunta alla conclusione che l’amore che provava per Errol andava contro ogni costrizione di tempo e spazio, che comunque lo voleva esprimere quello non perdeva forza o intensità quando lui non c’era e con l’arrivo dei gemelli tutto si era intensificato, perché anche se lui non era lì, loro erano la prova tangibile che gli ricordava ciò che aveva e ciò che provava ogni volta che lui tornava.G
Gli sorrise mentre lasciava scivolare con dolcezza Alaska nelle sue braccia tremanti per l’emozione, ma ferme e pronte a reggere il peso che rappresentava la bimba che stava stringendo e cosa avrebbe significato d’ora in avanti. Nel trasferirle la bambina, quello fu il primo contatto che ebbero dopo due anni, come a stabilire anche fisicamente che era lì ed era vero, reale, che poteva toccarlo. Si allontanò per concedergli un momento con Alaska, perché potesse instaurare con lei quel rapporto che meritava. Sorrise sentendolo ripetere le sue stesse parole, il modo in cui lo aveva chiamato papà in russo, la lingua con cui a volte parlava ai bambini, perché voleva che la imparassero, anche se nati in America da padre americano e da madre naturalizzata, voleva che fosse chiaro che loro erano l’unione di due nazionalità, custodivano un dualismo che per molti sarebbe stato difficile capire. Si mosse per controllare Nikolaj, che però dormiva ancora tranquillamente, inconsapevole di ciò che quella giornata aveva portato loro.
Fortunatamente erano piccoli al punto da non aver ancora avuto la razionalità di chiedere del loro papà, sarebbe stato diverso forse quando diventati grandi si fossero confrontati con la società che ancora incastrava la genitorialità nel dualismo maschio femmina. Rimase a guardare Errol dalla distanza, fotografando nella sua mente quell’immagine, perché era la prima immagine di lui con i loro figli. L’idea di scattargli una foto le venne improvvisa, forse perché lo aveva fatto con ogni piccolo momento della vita dei gemelli, accumulando ricordi perché lui potesse vederli e ora voleva che quel ricordo fosse anche per lei. Fu veloce nel prendere il telefono e immortalare il momento, per poi rimetterlo a posto. Forse dopo quando avrebbero avuto modo di parlare gli avrebbe mostrato i ricordi che lei aveva accumulato per lui così che potesse avere qualcosa da imprimere nella sua memoria.
Lo guardò ancora qualche secondo, accumulando ogni secondo nella sua testa, disegnando i contorni di ogni attimo, consapevole quanto con lui il tempo assumesse tutti altri connotati. Li aveva lasciati tutti a lui, così che ne prendesse le misure, li vivesse e li assaporasse, perché purtroppo aveva perso tanto dei loro primi mesi, dove ogni giorno era una nuova scoperta. Eppure dopo poco non riuscì più a stare lontano da loro, da lei, ma soprattutto da lui, non ora che era tornato. E quindi si mosse silenziosamente per non rompere la magia di quel momento e si accovacciò poi accanto a lui poggiando le braccia sul bracciolo per adagiarci sopra la testa e guardare sua figlia e la sua curiosità, il modo in cui prendeva le misure di quel nuovo volto ma che in qualche modo le era familiare, anche solo a pelle. La vedeva combattere tra il sonno e il desiderio di continuare ad osservarlo e si perse nel sorriso di Errol che non accennava a smettere e a lei sembrava la cosa più bella del mondo in quel momento. E’ difficile vero? Smettere di guardarli… mormorò mentre lasciava scivolare gli sguardo sulla famiglia, per poi tornare su di lui e azzardare seppur timidamente a poggiare una mano sulla sua e restare così, mentre sentiva il palpito del suo cuore attraverso quel semplice sfioramento. Rimase in silenzio, perché era molto meglio godere con gli occhi di quei momenti che a parole.© created by dostoevskij - don't copy, be respectful and use your mind. -
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Aleksandra KiselevaLike a small boat on the oceaniusciva a capire perché non riuscisse a distogliere lo sguardo da loro, come se perderli di vista anche solo per un momento avrebbe significato perdere il contatto con la realtà, perché ad un certo punto erano loro che diventavano il cardine di tutto, il centro di tutto. Non era più la gravità a tenerti ancorata alla terra, ma loro diventavano la principale forza che ti teneva aggrappata a quel mondo.R
Arpionò delicatamente le dita di Errol reggendo con lui il piccolo corpo della figlia. In quel triplice contatto c’era la ragione del tutto, il motivo per cui aveva atteso lì in quel luogo, lontano da tutto e da ogni conoscenza, sola con i bambini. Certo non era da sola nel vero senso della parola, ma aveva dovuto tenere un profilo così basso da tagliare via molti rapporti. Trattenne il respiro qualche attimo, come se anche il solo e flebile soffio di fiato che avrebbe emesso potesse in qualche modo compromettere quel equilibrio. Lasciò andare l’aria bloccata nei polmoni solo quando lui le chiese se potesse restare lì ancora un po’.
Poteva restare quanto voleva, non voleva dirlo ad alta voce, ma lei avrebbe voluto che fosse per sempre, anche solo per il desiderio egoistico di vederlo ogni giorno.
Resta qui quanto vuoi, quando si sarà addormentata o comincerà a pesare puoi poggiarla nella culla…io a questo punto approfitto per fare una cosa che faccio solitamente scappando e di corsa.. gli rispose prendendosi qualche secondo di pausa prima di concludere la frase, creando quella suspence inutile seppur divertente. La doccia…, perché effettivamente era solo di sera che riusciva a dedicarsi qualche minuto in più, a volte non lavava i capelli per giorni.
Si sarebbe aspettata una sua risata davanti a quella necessità così secolare. Si alzò stringendo la sua mano, un secondo prima di lasciare la presa. Poi si chinò a baciare leggera la fronte della figlia e concedere una carezza davvero lievissima sul profilo appena ispido dalla barba di Errol. Si allontanò per prendere le cose dal cassetto, ma prima di entrare in bagno si fermò un attimo per rivolgersi all’uomo. Ci metto pochissimo, tu aspettami qui, ok? gli disse, quasi a voler confermare che lo avrebbe trovato lì, non che scomparisse di nuovo. Aveva sempre quel timore ogni volta che lui tornava o non si ricordava di lei. L’insicurezza che solitamente non traspariva mai dai suoi gesti emerse nel rapido morso che lasciò sul labbro inferiore prima di imboccare la porta del bagno e concedersi qualche momento per riprendersi e lavarsi.***
Non doveva aver impiegato molto, sebbene avesse speso qualche momento in più sotto il getto d’acqua per lavare via tutti quei pensieri e timori che avevano affollato la sua mente, compreso quello dove avrebbe dovuto crescere entrambi da sola, cosa che forse in un futuro sarebbe accaduto quando lui sarebbe scomparso di nuovo, ma era diverso sapere che però lui avrebbe trovato il modo se non di tornare da lei, di tornare da loro. Aveva speso qualche momento in più anche nel guadare il suo corpo che era indubbiamente cambiato dopo la gravidanza, nei fianchi appena più pronunciati rispetto al punto vita già sottilissimo e nel seno che ancora riportava i segni dell’allattamento. Aveva ripreso ad allenarsi poco dopo il parto recuperando la sua forma fisica ideale, ma era senza dubbio diversa nel corpo rispetto a due anni prima, un fisico cresciuto che aveva accolto la vita di altri due esseri umani.
Ricomposta tornò nella stanza soffermandosi sull’uscio del bagno nell’osservare la scena pressoché immutata. Se non avesse saputo che Errol era vivo, avrebbe pensato che fosse una statua di sale. Si sporse per controllare Nikolaj, appena più inquieto di prima e per questo con dolcezza mosse la mano sulla sua pancia prima di prenderlo e tenerlo con delicatezza contro il petto. Il suo sonno era sempre stato più inquieto di quello di Alaska, e a quel punto richiedeva l’aiuto e la coccola della vicinanza materna. Era la prima volta che allattava davanti a lui, non che Errol fosse un’estraneo, ma cosa avrebbe pensato nel vedere il suo corpo tanto cambiato. E nel mentre si dava della stupida. Sbottonò la parte alta della canotta che indossava per poter stringere il seno tra le mani e avvicinarlo a Nikolaj che si calmo come sempre subito dopo. Alzò lo sguardo mentre stringeva il bambino tra le sue braccia per guardare Errol. Ha preso sonno? Alaska è quella che ci mette di più ma quando prende sonno non la svegli più. Nikolaj è un po’ più inquieto, si addormenta facilmente ma si sveglia almeno una volta durante il risposino. gli spiegò sottovoce mentre accarezzava la schiena del bambino con movimenti circolari e tranquillanti, si spostò con il bambino in braccio appoggiandosi all’altra poltrona libera, mentre con la mente fotografava quel momento così unico nel suo genere che sarebbe stato forse irripetibile. Così sembravano davvero una famiglia, lui che ne aveva pochi ricordi e lei che l’aveva quasi persa del tutto.© created by dostoevskij - don't copy, be respectful and use your mind. -
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Edited by tippete - 18/12/2023, 13:07. -
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Aleksandra KiselevaLike a small boat on the oceanra un’immagine che avrebbe impresso nella sua mente, nei ricordi più intimi, tatuandola nei meandri della sua memoria. E probabilmente avrebbe fatto lo stesso anche Errol, sebbene per ragioni sicuramente più tecniche oltre che emotive. Guardò Errol sistemare Alaska e si prese il suo tempo per osservarne i movimenti, insiti di quella delicatezza normale che sia aveva nei confronti dei bambini piccoli e anche i primi tempi, quando ogni movimento ti sembrava sbagliato, quando aveva il terrore di fare qualcosa di errato. Sapeva come si sentiva e sorrise facendo appena ok con i pollici alzati visto il successo del pisolino pomeridiano.E
Sollevò lo sguardò appena sentì la sua domanda e annuì. Si hanno iniziato lo svezzamento da un po’. Prendono ancora del latte come “coccola”, ma hanno sia pranzo che cena con cibi più solidi. Certo la pastina che mangiano loro è così piccola da scomparire in un niente. rise la ragazza pensando alle stelline o ai fiorellini che erano soliti mangiare, ma avevano superato la fase della pappa di riso. Però il condimento sono sempre frullati, omogenizzati comprati o li ho fatti io comprando il pollo, il manzo o il pesce fresco… gli spiegò. Da quando erano nati loro la sua vita era dedicata ad Alaska e Nikolaj e per lo più per la Setta svolgeva compiti di ricerca e archivio, mandando avanti l’enorme sapere dell’organizzazione. Sistemò meglio Nikolaj adagiandolo nella posizione che sapeva essere quella in cui non tendeva a svegliarsi. Si mosse leggermente, portò il braccino sulla testa, volto appena il viso e il sonno riprese sereno. Sistemò anche il peluche doudou accanto a loro, era praticamente impregnato nel suo profumo avendoci dormito assieme per mesi durante la gravidanza così che avessero sempre qualcosa che sapesse di lei accanto, mentre sentiva i passi leggeri di Errol avvicinarlo sempre di più fino a quando non fu che a poco meno di un metro e alzò la testa per guardarlo in viso, ricercando le differenze con l’immagine che aveva preservato nella sua testa negli anni per non dimenticarlo, per raccontare di lui ai gemelli, descriverlo mentre li faceva addormentare. C’era qualche linea di più sul suo viso, qualche ruga che impreziosiva il viso rendendolo ai suoi occhi più bello. Aleksandra inclinò la testa in un gesto automatico sentendo la sua mano nei capelli, premendo appena contro la solidità di quel gesto inspirando e guardandolo con intensità. Alle sue parole, un leggero groppo si bloccò nella sua gola, premendo poi per uscire con delle lacrime improvvise che però si affollarono solo ad inumidire i suoi occhi. Anche tu non era certa che la voce non si fosse spezzata sull’ultima parola, mentre il ricordo dei mesi passati da sola con la sola rassicurazione di Nimone che sarebbe tornato, si ripalesava nella sua mente, ma vennero messi a tacere quando le labbra di Errol le sfiorarono la fronte e poi rimase con gli occhi chiusi contro la sua fronte percependo il respiro dell’uomo finalmente non come una mera immagine della sua testa. Annuì, perché non aveva la forza di parlare in quel momento, si trovò ad espirare soltanto. Aspetta solo un attimo gli disse mentre accendeva il monitor e prendeva la piccola webcam collegata da poter portare con sé. Così sappiamo se si svegliano aggiunse mostrandoglielo, come se volesse iniziare a condividere con lui quelle piccole cose necessarie. Aprì la porta della stanza, chiudendola piano alle sue spalle appena usciti entrambi e si diresse verso la cucina dove avrebbe potuto preparare un caffè o un tè, o qualcosa di più forte se voleva. Quando furono lì gli indicò gli sgabelli dove sedersi. Vuoi qualcosa? chiese andando poi a prendere quanto necessario e preparare qualsiasi cosa avesse richiesto e poi tornare verso di lui allungando la mano verso le sue e stringendole appena, accarezzando con cerchi concentrici i dorso delle sua mani. Si erano fatte leggermente più rugose. Chissà cosa aveva fatto, ma forse non voleva davvero saperlo. Quello che succedeva quando andava via erano momenti di una vita diversa. Quando ti sei risvegliato… gli domandò perché ricordava che ogni volta era un momento di profondo smarrimento e dolore, ritrovarsi come una tavolozza bianca. In realtà forse la domanda che voleva davvero fare era.
Per quanto tempo resterai con me?
Non la fece, perché lui stesso non lo sapeva, aveva pochi punti fermi nella vita e lei aveva cercato di trasformarsi in una di quelle ancore, seppure a forza. Imponendosi con la sua costante presenza, perché non ne poteva fare a meno.© created by dostoevskij - don't copy, be respectful and use your mind. -
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Aleksandra KiselevaLike a small boat on the oceanon mascherò il sospiro emesso quando le sue labbra sfiorarono la sua fronte; il tepore della sua bocca le fece mancare il fiato per qualche secondo mentre la sola vicina di Errol la faceva tremare. Non solo lui gli era mancato fisicamente, ma era la sua anima che aveva sofferto maggiormente la distanza causata dalla sua lontananza. Aveva imparato però che i motivi per cui Errol mancava potevano essere diversi, spesso dovuti ai suoi risvegli, ma dovute a cause diverse. Lasciò che si andasse a sedere prima di prendere dal termos ell''acqua calda per prepararsi una tisana. Lasciò la bustina a bagno qualche minuto prima di raggiungerlo, approfittando di quel tempo per dei respiri profondi, mentre il sangue defluendo dalla testa le causava qualche vertigine. Ora era qui, i due anni passati senza sapere dove e con chi fosse poteva lasciarli alle spalle. C'avrebbe provato.N
Lo raggiunse poggiando il monitor della webcam sul tavolino, così che fosse visibile ad entrambi, e mentre con la sinistra stringeva la sua mano, la pelle ancora calda dopo aver toccato la tazza, tendeva la destra verso di lui, sfiorando appena le falangi della sua mano e le vene appena rialzate sul dorso. Lo ascoltò in silenzio mentre le raccontava ciò che poteva dirle, mentre delle sue vicende le narrava fotogrammi e ricordi che narravano solo una parte della storia vera, celata dalla segretezza che la loro vita richiedeva. Stava contravvenendo a molto nel dirle anche solo quelle poche frasi. Il fatto che fosse tornato indietro nel tempo dava a quelle parole un retrogusto amaro. Non aveva ricominciato la sua vita, altrove, consapevole di chi fosse lei ma senza possibilità di ricongiungersi, ma aveva continuato la sua vita attuale, semplicemente in un altro tempo, con altre persone, con altre vite che si erano intrecciate alla sua. Annuì ogni tanto durante il suo racconto bevendo a piccoli il sorsi la tisana, guardando il monitor per assicurarsi che fosse tutto apposto. Notava come gli occhi di Errol a momenti alterni si poggiassero sulle figure addormentati dei bambini, acquisendo per imitazione un meccanismo naturale. Non perse le fila del discorso fino ad arrivare a rivelarle che conosceva l'identità di chi avesse compiuto il tradimento. Ciò che hai appresso nel passato è quindi stato utile. Mi fido del tuo giudizio, sono sicura che il fatto che tu stia aspettando a rivelare quanto sai abbia le sue ragioni, a volte ci sono verità che è meglio non rivelare, o comunque farlo nel modo e momento giusto e altre volte è meglio farlo poco a poco. C'è un grande potere nella verità e non c'è nessuno meglio di noi che possa capirlo lo rassicurò mentre continuava a stringere la sua mano, i suoi polpastrello sfioravano appena la pelle calda e leggermente callosa del suo palmo, ripercorrendo le linee un po' più evidenti sulla sua carne. Fece un altro cenno con il capo, segno che aveva capito. Tornerai indietro nello stesso tempo in cui sei stato adesso o....dovrai andare altrove? chiese Aleksandra guardandolo negli occhi, il capo leggermente inclinato e un sorriso leggero sulle labbra. Sapeva che c'erano parti della sua vita che non avrebbe mai conosciuto, che avrebbe avuto momenti che si infilavano nel loro vissuto e mentre lei sarebbe rimasta lì ferma come un'ancora, la costante presenza di quella linea temporale, lui avrebbe deviato dal loro percorso assieme. C'era qualcosa che ora però cominciava a preoccuparla, che le faceva rigare la fronte. Tutti questi viaggi non ti faranno nulla, essere sottoposto a questi salti continui... e lì la preoccupazione era percepibile nel tremolio della sua voce, che fermò subito dopo un respiro più profondo e un sorso caldo della tisana. Comunque non ti preoccupare noi saremo qui ad aspettarti., non era più un io, ma era diventato un noi, non era forse quello che aveva creduto di avere nella vita, una famiglia, ma in qualche modo ora lo erano. Se c'è qualcosa che posso fare me lo devi solo chiedere. Nel momento in cui le aveva raccontato tutto ciò poteva considerare che quel peso non fosse solo suo, ora era custodito nel segreto della sua mente, una mente che non era mai stata violata. E forse era su questo che Errol contava, che da Occlumante qualunque cosa lui le dicesse, sarebbe finita con lei.© created by dostoevskij - don't copy, be respectful and use your mind. -
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Edited by tippete - 17/4/2024, 09:52. -
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Aleksandra KiselevaLike a small boat on the oceanon era consapevole di star trattenendo il fiato fino a che non sentì Errol assicurarle che non sarebbe tornato indietro a quel tempo. Non sapeva neppure perché, ma c’era qualcosa che gli suggeriva che quel viaggio fosse stato diverso dagli altri, che avesse segnato in modo differente l’uomo che aveva davanti. Non ne era sicura, ma lo riusciva a leggere nei suoi occhi, che era accaduto qualcosa in quel passato che avrebbe portato con sé in qualsiasi tempo fosse andato. Lo scorgeva in fondo alle sue iridi scure, che si animavano di storie nascoste mentre le parlava. Quelle storie che aveva vissuto nei due anni che aveva passato lontano da quel mondo. La vita era fatta di momenti, dopotutto, e ne bastava anche uno per cambiare tutto o niente. Annuì in silenzio, anche solo per fargli capire che lo stava ascoltando, che non era persa nei suoi pensieri. Strinse appena la sua mano intrecciata alla sua, perché in quel momento la tangibilità del suo corpo era la sola cosa che le ricordava che ora era lì con lei, che non era la presenza fantasma che la sua mente aveva formato nella sua testa in quel periodo di assenza, che ora era lì con lei e non in qualche luogo dove la sua mente poteva rapirlo. Prenditi il tempo che serve commentò le sue parole. Hai fatto un viaggio lungo e non ha senso sprecarne i frutti a causa delle fretta. Se devi indagare ancora fallo lo rassicurò mentre le sua labbra disegnavano un sorriso. Lo percepì nel modo in cui la sua mano stringeva la sua e le sue parole le fecero scorrere un brivido lungo la schiena, mentre chiudeva gli occhi per controllarsi appena. Non era una ragazzina in preda agli ormoni, ma come aveva detto lui erano due anni che non si vedevano e in quei due anni non c'era stata una notte in cui lei non avesse pensato a lui e non avesse desiderato di averlo accanto a lei. Mi sei mancato anche tu gli disse slegando la mano dalla sua per andare ad accarezzargli il volto, ora che poteva vederlo e toccarlo, le sembrava uno spreco di tempo non farlo, non sentire sotto le sue dita il calore della sua pelle. Ed era proprio vicino ai suoi occhi, così scuri e sinceri, preoccupati da quale sarebbe stata la sua reazione, quando Errol le confessò di essere stato con un'altra donna.N
Il fiato, questa volta, davvero le si spezzò in gola, mentre la sua mente cercava razionalmente di processare la cosa. Il suo cervello cercava di tranquillizzare i suoi pensieri, perché non venisse travolta dall'ondata di disperazione che poteva facilmente scaturire dalla confessione di un tradimento. Lo guardò per un momento come se lo vedesse per la prima volta. La sua mano era ancora sul suo viso e quando se ne accorse, scosse la testa come destandosi da quel momento, facendola scivolare verso il tavolo, ripoggiandola accanto alla sua ancora aperta a palmo in su in attesa che lei la prendesse. Annuì per assorbire l'informazione, cercando di comprenderla anche dal suo punto di vista, di quella di una persona andata via due anni prima, quando il loro legame era diverso forse, sicuramente non sapevano ancora di diventare genitori. E mentre lei era cresciuta con quel pensiero, lui era stato altrove, rischiando la vita, inconsapevole. E se fosse morto nel passato senza mai conoscere i suoi figli. Non conosceva le circostanze e forse non le avrebbe mai sapute, non avrebbe mai avuto il coraggio di chiederle. Voltò il capo ancora in silenzio. Non aveva ancora detto una parola da quando aveva parlato lui. Prese la sua tazza oramai fredda e si alzò per andare a riempirla di nuovo. E vicino al tavolino prese un paio di profondi respiri, stringendo il bordo del tavolo fino a far sbiancare le nocche. Si versò da bere, l'acqua calda e una bustina di tisana per rilassarsi. La portò verso di lui e tornò a sedersi, la mano si allungò di nuovo verso la sua rimanendo lì ferma immobile. E' anche per questo che hai deciso di non tornare indietro... domandò, la voce manifestava l'insicurezza che solo una dichiarazione come la sua poteva aver scaturito. Lanciò uno sguardo al baby monitor, i bambini sempre presenti nella sua testa, prima di guardarlo. Hai mai pensato...di non tornare indietro. Eri felice in quel tempo con.... non sapeva come chiamarla, non conosceva il suo nome o chi era. Non era mai stata la persona da lanciarsi in giudizi affrettati. con Lei.. decise di apostrofarla così, in modo semplice e neutrale. La mano di Errol ancora lì accanto alla sua sul tavolo, ne percepiva chiaramente il calore come un richiamo, ma aveva bisogno di qualche istante in più prima di tornare a stringerla, in una promessa di fiducia.© created by dostoevskij - don't copy, be respectful and use your mind. -
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