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Edric & Yaacov | Chiesa itinerante di San Giovanni | 12 Gennaio | Contenuti sensibili

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    Forse è che nutro sempre la bestia sbagliata, vero Yaacov? Oh tu lo dovresti sapere meglio di me come ci si sente.
    Forse sai anche meglio di tutti come mi sento io, sempre un po’ fuori posto, sempre senza una casa che non sia affondata nelle radici dei tuoi tulipani. Ecco questo non l’ho detto ad Oswald, non ho combattuto un anno per dirgli poi quello che facevamo qui.
    Quale motivo mi ha spinto nel tempo a tornare nel luogo di culto più vicino al mio credo. Si, non ho ancora smesso di pensare alla Luce come un luogo di pace, come una casa anche se non è ciò in cui credi tu. E non è quello in cui crede Patrick. Che più di tutti tollera con un certo disappunto i tuoi modi.
    Ma so riconoscere due anime legate, so vedere quanto a fondo scavi una relazione che non dura qualche anno. Oh, Yaacov, lo sai quanto mi manca? Quanto tutti mi sono mancati in ringhi contro la stramaledetta sabbia nera. Su quel pianeta ci finivo ogni due viaggi, come un incubo, come se di punto in bianco io potessi essere strappato via da qui.
    Ma voglio fare una cosa, so che qui qualcuno lo fa di professione, magari non istituzionale, ma ho bisogno di sapere che non rischio di andarmene di nuovo, neanche quando voglio, neanche quando dovrò recuperare Alice ed i suoi errori.
    Lascia che i miei piedi striscino piano contro il selciato, che Daisy non c’è, è al Circo, o non so dove, ultimamente non chiedo: non se devo prendere fiato.
    E lo so, Oswald non lo sta capendo tantissimo, non per tutte le notti che passa vicino alla corruzione, che mi spaventano ma sorreggo con quel sorriso che si merita, perché è un uomo buono, forse il migliore che io abbia mai conosciuto.
    Migliore di com’era Chrys quando ancora stava bene.. ma Caleb è la corruzione, ed è così instabile che non riesco a fare più di questo.
    E non ho salvato quell’uomo, non sono riuscito a portargli via il male prima che se lo divorasse dall’interno, prima che mi sconfiggesse togliendomi il fiato.
    E’ spirato mentre cercava di dirmi che aveva capito, che non voleva fare del male a nessuno, che il colpo era partito per sbaglio, mentre al voce della corruzione scavava a fondo dei solchi impossibili da riempire, da colmare di luce per portarlo in qua.
    Per questo magari non ti aspetti me qui. Non ti aspetti che io resti a sistemare dei tulipani che non trascuri mai, che stamattina l’alba l’ho passata meditando così. E sei abituato a vedermi scomparire per stare con Oswald più tempo possibile, a nascondere i segni della vostra fame, contenuta perché neanche io voglio più soffrire.
    Ma sono esausto, Yaacov, ho bisogno di te adesso, del modo in cui le tue parole mi cullano, mi stringono anche senza muovere muscoli. Ho bisogno di sentirmi in una dimensione in cui non sono di troppo. In cui non sono l’outsider buono, gentile, che sta con il fratello del Circo, con il figlio di Austin. Dimmi che posso respirare un po’ qui, chiudere gli occhi ai raggi che ancora devono illuminare tutto, hai ancora tempo per salutarmi sai? Tempo per farti chiedere perdono da uno stupido. Uno che alla fine questa Chiesa non la lascerà mai del tutto.
    Ho il fango tra le dita. Ti sto piantando rose bianche."Buongiorno.."

    Mi prendero cura di te, delle tue nostalgie, al mattino appena alzati, il caffe caldo nelle vie. Mi prendero cura di te, per quei tuoi modi di fare, svegliarmi con un bacio, immaginarci gia all'altare━━━━━━━━━━━━━━

    edric çevik
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    Ho cura dei nostri giardini anche se i nostri fiori sono altrove, Liebe. Lo faccio per non dimenticare mai com'è che ci si prende cura di qualcosa, soprattutto di ciò che è tanto fragile. Ho cura della nostra casa perché una casa nostra non l'abbiamo mai avuta davvero se non in Olanda. Ed ho tutta l'intenzione di riportare quei profumi e quei colori anche qui. Anche se New York è cupa, terribilmente triste. Ho cura di questi piccoli dettagli perché è dei dettagli che mi nutro. Li porto con me quando scolpisco, quando anche solo la gobba di un naso sa raccontarmi qualcosa. Questo luogo mi racconta di te. Dell'attesa che non avrei mai pensato di poter vivere in questo modo. E se racconta di te allora racconta anche di me. Perché noi esistiamo soprattutto nelle nostre intenzioni, tesoro e tutto ciò che voglio adesso, beh, è mantenere ben stabile il nostro equilibrio.
    Per questo abbraccio la frescura mattutina quando il sole non è ancora alto in cielo. Quando posso concedermi un passo e poi due lungo l'erbetta umida senza sentirmi bruciare. E lo faccio a piedi nudi, anche se ormai non sento più nulla: Non quei dettagli a cui sono tanto affezionato e per i quali saprei farmi inumidire lo sguardo. Ma posso chiudere gli occhi e cercare di immaginare com'era un tempo. Non ero ancora con te, ma Charlotte non mi ha mai tradito. Ed ero felice, di una vita che avrei voluto regalarti. Che ti regalerei tutt'ora se fosse possibile. Se la realtà per noi due non si fosse rivelata così cruda, così pungente.
    Ho il petto pesante anche se di respiri non ne trattengo più. Che mi soffermo sul suo pensiero solo per cercare di comprendere meglio il momento. Di farlo mio, anche se mie sono le preoccupazioni che ne macchiano l'immaginario.
    Questa è casa nostra, Liebe, ma conosci di che pasta è fatto il mio cuore: Non puoi uccidermi con la convinzione di poterlo arrestare davvero. Ora, più di prima, il mio cuore finisce per battere solo in questo modo. Solo per queste promesse.
    Ed io non so non dare a una casa a Daisy ed Edric. Non so non Guard loro con l'apprensione di chi vorrebbe saperli sotto un tetto sicuro ogni singola sera. Anche se conosco ciò che siamo. Anche se so dove potremmo arrivare.
    Per questo affianco Edric. Perché dei nostri giardini io non so non curarmi e lui è un po' come me, seppur la sua purezza resti motivo di un invidia terribilmente sincera.
    "Buongiorno Edric."
    Mi fermo in piedi dinanzi a lui mantenendo l'ombrello ben eretto sulla testa. Il mio è un ombrello grande, ci compre entrambi in effetti. Si prende cura di noi così.
    "Hai dormito bene questa notte? Daisy sta ancora riposando?"
    Conosco il tipo di ascendente che quel ragazzo ha su di te e spesso lo vorrei lontano da qui, anche se ritrovarmi a pensare qualcosa del genere non sa far altro che ferirmi. Non sono davvero un mostro, Liebe. Ho solo paura di perderti per la sete.

    In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.


    yaacov vogelmann
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    Dio, Yaacov, quanto ancora dovrò chiedere perdono per ciò che non so di sbagliare? Che mi sento in fallo ogni cosa che faccio, come se fosse generata dal lato più irrazionale di me. Adesso, che il mio cuore batte come se i miti raggi del sole fossero qui per te. E lo so che non puoi godere di loro, lo so come mi guardi quando resto alla luce tutto il tempo che riesco, quando io e Daisy meditiamo e sembriamo solo due statue in ceramica: scolpisci anche me, Yaacov, trova un modo per tenermi qui, che non ho più voglia di andare via.
    Non so sentirmi in colpa oggi per volerlo, per volere che le mani affondino di più nel terriccio umido, perché questo è ciò di cui hanno bisogno le rose, e questo è ciò di cui ho bisogno io. Ci abbiamo girato intorno tanto. Il calore della tua voce, non squilla mai, ma scuote le fondamenta. Si non ci ho pensato a questo posto quando combattevo con ogni forza rimasta, ma magari aveva un senso - a vederlo adesso - quella chiesa abbandonata nel pianeta della sabbia nera.
    Somigliava tanto a questa, alla tua. E lo so, adesso, che non era un pianeta diverso, era sempre una Terra tra tanti, troppi anni, in un luogo spazzato via dalla natura. Per questo il cuore era così pesante, per questo tu sai alleggerirlo. Che ogni tua parola è una carezza anche quando le mani restando stabili dove le tieni tu. Sull’ombrello, in tasca, a reggere del libri, lungo il mio collo…
    Sarei un bugiardo se ti dicessi che non mi sei mancato quest’anno. E vorrei che Oswald mi perdonasse per quello che temo di dover fare, a tutti e due.
    Ma ora, ora non so pensare ad altro che alla tua voce, al sorrido che mi fa spuntare, leggero ma sincero. Io sono sempre sincero.
    E’ questa la mia maledizione, monsignore? Il non portamene andare da qui, l’avere nella tua incarnazione qualcosa di stabile. In fondo io sono un uomo di culto, io credo. Ed anche se nella mia dimensione non ci posso più tornare, la tua Chiesa è quanto di più vicino io abbia ad un vero rifugio. Non c’è confusione, qui, non c’è il caos felice dei loro falò, non c’è l’alcol, non c’è l’erba, non c’è.. Oswald.
    Eppure sto bene, torno ogni volta che posso e adesso voglio restare ancora un po’, per questo non faccio altro che piantare semi. E si, Simon qui ancora stona anche se so che per lui resta un po’ lo stesso senso mio, che ci vede un luogo in cui riporre le proprie speranze, anche se starebbe meglio fuori da qui, lontano dal tuo Liebe, lontano dalla fame di Patrick. Che io mi fido solo della tua. Ho le spalle bloccate ancora dalla tensione di questi giorni infernali, piego il collo piano prima di voltarmi verso di te e sentirmi tremare dall’interno. Dio che stupido miscredente sono. “Avrei bisogno di dormire meglio.. ma non è una questione di letti” sospiro, pianissimo. Che non è colpa tua, lo sappiamo tutti e due, è solo mia.
    No lui è già al Circo oggi, penso starà un po’ distante i prossimi giorni.. deve recuperare energie” adesso si che rialzo lo sguardo, ora si che i miei occhi incontrano per forza i tuoi. Che mi faccio avanti sotto l’ombrello, ma solo di un passo. “Patrick?” dov'è?

    Mi prendero cura di te, delle tue nostalgie, al mattino appena alzati, il caffe caldo nelle vie. Mi prendero cura di te, per quei tuoi modi di fare, svegliarmi con un bacio, immaginarci gia all'altare━━━━━━━━━━━━━━

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    "Dici sia una questione di cuore?"
    Domando consapevole di poter osare quanto basta per capirci meglio. Per guardare Edric negli occhi senza ritrovarmi a dar per scontato nulla. Ho capito bene, soprattutto ora che sei tornato, com'è che debbano funzionare certe cose. Ed io all'imprevedibilità posso solo che lasciarmi andare, anche se l'immortalità sa esser così brava da riuscir ad annichilire il resto. A volte mi perdo, ma sei tu, adesso, pronto a portarmi sulla retta via. Tu più che il Signore o Gesù Cristo in persona. Tu che resti in torpore nell'oscurità, laddove la frescura ti accarezza il viso pallido. Sei la mia Olanda, Liebe. La mia Olanda anche qua giù.
    "Morales ti tiene ancora sveglio?"
    Sorrido addolcito, pianissimo come se il viso mi si potesse distruggere da un momento e l'altro. Come se la pelle potesse scivolar via al primo accenno di felicità. Come se stessi tradendo la mia preoccupazione, la nostra, Liebe, anche se tendo sempre a non parlarti troppo di Daisy e di come sei solito avventarti su di lui. Non mi piace questa cosa.
    "Oh capisco."
    Ma il respiro mi si fa pesante quando parla di lui in questo modo. Quando lascia intendere - o forse è solo una mia impressione- che Daisy qui non sta così bene, non come riesce a starci lui. E me ne rammarico, Liebe, perché sai com'è che funziono e cos'è che anelo. Non una setta, ma una famiglia. Qualcuno da proteggere anche quando il mostro sono io. Vorrei far per loro ciò che tu hai fatto per me. Vorrei salvarli come tu hai salvato me.
    "Tu invece? Tu stai bene o ti senti come lui?"
    Porto una mano in direzione del suo collo per vedere com'è che sta il suo morso. Per vedere se è livido o se già si sta rimarginando. Piano piano, senza rovinargli del tutto la pelle diafana, perfetta.
    "Liebe è in torpore. Si sveglierà al calar del sole."
    Io se posso evito di entrarci, così come evito di disturbarti.
    "Sono rammaricato per Daisy, spero non abbia timore di noi. Spero non ne abbia nemmeno tu, Edric. "
    Cerco il suo sguardo per accertarmene, perché non voglio dar nulla per scontato e dirmi che se sta piantando qualcosa qui è solo per dirmi che le sue radici appartengono a questa casa e non altrove. Non al circo da Morales.
    "Cosa ti affligge oggi?"

    In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.


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    E’ un ghigno, più che un sorriso, che mi apre il volto in due, che spezza le labbra e te le lascia qui, sanguinanti, come se fossi ancora il ragazzino sconvolto che hai raccolto sui gradini del tuo altare. Lo sono, Yaacov, guarda quanto lo sono ancora.
    Guardami negli occhi, che è con quelli che leggi ogni cosa, che non ti lascio un solo segreto. Perché tu sai di Oswald, mentre lui non sa di te: tu sai tutto, come sapevi quanto sarebbe stato difficile rimettermi in piedi.
    Io non lo so più se ho un cuore, Yaacov. Perché se l’avessi non farei questo ad un ragazzo tanto genti, tanto buono, tanto innamorato. Non rimarrei qui a piantar fiori piuttosto che vederlo, non gli scriverei quei massaggi in risposta sapendo che potrei non tornare tanto in fretta tra le sue braccia. Ma io ho bisogno di calma, e la tua è feroce, la tua mi serve.
    Mi serve la voce che ti si scalda, e poi si raffredda se drizzo la schiena per confrontarti. Che vorrei Liebe non ci andasse così famelico con Simon, che lui è mio in altri modi. Non voglio dirti come gestire questa Chiesta, quando è il rifugio di cui ho bisogno, ma ti prego, ti prego andateci piano con Simon, lui non regge quanto me. Nessuno l’ha forgiato nella violenza come Ma Chere ha fatto con me. Dio a volte mi manca ancora, a volte il tuo tocco è qualcosa che più somiglia al suo, senza quella malattia a portarti via o distante. Senza la corruzione a fingere un amore inesistenze, a violarlo in ogni forma. Tu sei diverso da chiunque altro.
    Per questo mi fa stare bene il modo in cui ti sporgi, seppur sotto un ombrello che ti salvi da ciò che io venero, tu che vivi alla luce di un sole anche se quest’ultimo è il male incarnato.
    Temo di tenermi sveglio da solo.. sono ancora quell’anima in pena, che trova pace solo-..” Da te.
    Io non ti farò del male, anche se so cosa sei, io non te ne avrei fatto mai. Così è la tua mano che mi raggiunge per prima, in queste carezze, dolci quasi nel controllare che vada tutto bene, almeno fisicamente. E va bene, Yaacov, questa è forse la sola cosa che va bene.
    Mi apro in fusa lente, ti sfioro il polso per rassicurarti che non c’è niente di sbagliato nell’usare il mio sangue per questo, perché io resisto.
    Vorrei avvicinare la fonte alla tua, ma mi limito a ripulire le mani lungo la i pantaloni, così da far scivolare via la terra.
    Non mi fa male, lo sai che ho una buona resistenza..” Anche se sentirti così vicino mi alimenta, mi accende un battito più veloce, come se le mie vene rispondessero a te. Credo lo facciano, credo sia uno dei tuoi poteri.
    Ma Simon non è pronto, mi segue perché in me ripone tutta la sua fiducia.. lui però starebbe meglio al Circo.” E ne parliamo perché io con te posso parlare di ogni cosa, anche di quello che sembra un rospo in gola difficile da mandar via.
    Io, invece.. sto meglio qui” sentenzio, prendendo un lungo respiro.

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    Comprendo il movimento dell'agnello quando bela ma il suo non è il solito belare. Me lo sento tra le dita quando le passo caute lungo il pelo e nei ricci mi perdo un istante, giusto per sentirlo meglio, Patrick, per capire com'è che è fatta la scorza di chi la carne ce l'ha tanto tenera. E gli occhi li fisso nei suoi, quasi come se potessi scorgere lì il significato esatto della sua paura. E la faccio mia, così come hai fatto tu di rimando, quando nel prendermi mi hai cinto con te. Ed io di quell'abbraccio non so scordare nulla, non il terrore, né il bisogno di una cura che fosse oltre qualsivoglia previsione. Credetti di non meritar nulla e sento che quest'agnello sa far altrettanto. Tanto da scalpitare in queste mani grandi, in queste mani assassine.
    "Una resistenza che comunque vorrei evitare di solleticare troppo."
    E lo guardo, Patrick, perché so bene di poter resistere mesi interi senza questo: Di aver un controllo decisamente ferreo sulla mia sete. Su quello che per me, a volte, non è altro che un digiuno spirituale. E gli guardo le mani, lo faccio per vedere in che modo sanno accarezzare i tulipani che escono fuori dalla manica della camicia. Fiori che solo su questo corpo sanno mostrarsi tanto timidi, tanto delicati.
    Ma non tiro indietro le braccia, non voglio che questo contatto cessi. Nemmeno quando le mani se le porta contro i pantaloni. Nemmeno quando sembra volersele pulire da me.
    "Capisco cosa intendi."
    E questo non sa andare oltre le promesse che ho pronunziato, Liebe. Non va contro una convinzione che difficilmente sa essere sradicata. Non va contro ciò che siamo. Ci si allontana solo solo un istante. Quello di cui abbiamo bisogno per sentirci meglio, per ricordarci cos'è che siamo stati sotto queste vesti fatti di artigli e denti affilati.
    "Ad ogni modo è giusto cercare il posto in cui voler stare. E se Daisy sta meglio fuori da qui...io lo accetto, lo comprendo. Così come comprendo la tua scelta di restare. La tua stanza resta sempre tua, Edric. A prescindere da quello che possiamo lasciar intendere Patrick ed io, a volte."
    Sospirerei se avessi fiato nei polmoni. Se il cuore si decidesse di tradire, dopo tutti questi anni, almeno un battito. Ma non lo faccio. Io non mi scompongo, non per quelle cose che reputo essere terribilmente naturali.
    "Cercherò qualche erborista capace di formulare qualcosa che ti faccia dormir bene."
    Ma sorrido piano, lo faccio mesto, affinché il dolore della perdita di Daisy non si riveli essere semplicemente l'ennesima sconfitta. L'ennesima volta in cui tu ed io, Patrick, finiamo per sbagliare qualcosa.
    "Vorrei che la tua permanenza fosse quanto più piacevole."
    Sorrido di nuovo.
    "Rinnovare, nuovamente, la promessa che non ti faremo del male. Che non sfioreremo i tuoi limiti."

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    Lo so, Yaacov. Puoi leggerlo nei miei occhi quanto io ti creda, quanto a fondo questa fede sia dentro di me adesso. Un rampicante, un raggio di sole gelido come la morte. Non sono così sciocco da non sapere cosa sei, cosa porti, cosa mi hai fatto quella volta e quanto sia insistente il tuo richiamo. Anche se sei bravo, con me, con noi. Non sei stata tuo a superare la linea con Simon, è un'altra cosa... di cui non voglio parlare ora.
    Non se posso restare un po' qui, vicino a respirare la scelta giusta , che non so mai quale sia, ma tu, tu la porti sulle spalle con facilità disarmante.
    Vorrei capire come fai. E' forse perché vivi da tanto a lungo da aver visto orrori peggiori di quelli che Patrick ti ha riservato? Perché vedi ancora il buono dove so vederlo anche io? Come puoi riuscirci tanto bene, vestire i panni di un uomo di chiesa? Mi chiedo ancora se qualcosa di questa religione abbia finito per sedimentare, per essere il respiro della speranza. Come la mia, che respira tantissimo adesso.
    Ora che resto un gatto, che mi prendo un respiro ad occhi chiusi, docili, in un mezzo sorriso alle tue parole. Mi culli, Yaacov, ed è una serenità di cui ho egoisticamente bisogno. Arriva dal dolore, e chiede violenza, tanta quanta sai di poter dare, e tanta quanta so che non macchierà mai le dita di Oswald.
    Dio se vi vorrei qui entrambi. "Mh.."
    Ma so cosa merito e cosa no, e questo resta il mio posto. L'unico che mi ha accolto quando il mondo mi è crollato addosso la prima volta, e quando è riuscito a farlo - più duramente - una seconda. Tu sei casa mia, Yaacov, ti sei mostrato come tale e come tale ti ho scelto, ti ho preso con me. O forse tu mi hai preso con te.
    "Una Chiesa è quanto di più simile ci sia a com'era la mia vita prima.. del disastro" non so perché devo trovare questa frase, dirla, cercare il tuo sguardo nel confermare che si, il Circo magari è un bello svago, ma non è casa, non mi mette a mio agio come dovrebbe. Non basta Oswald lì in quel caos per farmi stare bene. Perdonami, Orfeo.
    Alla fine lo sapevamo che era una tragedia dall'inizio, magari ha senso che io respiri qui, dove tu Yaacov non puoi, magari qui in Chiesa sono l'unico che ad un Dio può adattarsi. Mi ci vedo, a fare un corso di meditazione qui trai tuoi cortili per chi qualcosa di sé la vuole imparare davvero, Già, io.
    Io che poi nelle tue prese cerco il sangue. "Sei sicuro che non hai ancora sete?" e te lo chiedo come ti chiederei se hai preso le tue pillole oggi, se hai mangiato, se ti sei nutrito a sufficienza, anche con quel brillio che sai richiede, quasi esige da te qualcosa.
    "So che lo lascerete andare.."sospiro, prendendo fiato fino a gonfiare l'addome, allungando una mano lungo al tunica che ben conosco. ".. e tu sai già che qui sto bene. Potrei-.. potrei non volermene mai andare, Yaacov." Ti sta bene?

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    Conosco bene il mio gregge e non perché questo è composto da vere pecore. Lo conosco perché tra di loro io cammino, vivo come posso, tanto da finire per sentirmeli ben ancorati addosso. Conosco Edric perché lui si è fatto mio ancor prima che io potessi comprenderlo. E sentiresti anche tu, questo tipo di potere, se non fossi tanto ostile e sulle tue. Lo percepiresti tuo a tua volta se fossi qui con noi, a viverci seppur non è questa la vita che senti di meritare. A te manca qualcuno che sappia scavarti tanto dentro, Patrick. E se Edric fosse una pecora forse non sarebbe tanto coraggiosa. Non scaverebbe così a fondo nel mio petto quasi nella speranza di trovarci qualcosa. E vorrei parlartene, anche se a furia di pensarlo mi sono effettivamente reso conto di dover tenere alcuni pensieri per me. Lo faccio negandoti loro l'accesso. Lo faccio guardando questo ragazzo con un'espressione che spero non sappia tradirmi mai. Ero un uomo debole, ora non sono altro che una bestia altrettanto fallace.
    Lo studio. Potrei farmi spazio nella sua mente nel medesimo modo in cui lui inconsciamente gioca con la mia, ma non la faccio. Non di nuovo, non quando proprio grazie alla sua presenza ho riscoperto il piacere della conoscenza. Dell'aprirsi senza alcuna base di partenza. A nudo, con la schiena scoperta, senza avere le spalle preventivamente al muro.
    Edric sa stupirmi sempre, Patrick.
    E te ne vorrei parlare, ma so bene che non capiresti, che finiresti per non renderti conto di quanto siano importanti certi dettagli. Non hai più amore per il mondo e per la vita e questo, Liebe, questo mi rattrista terribilmente.
    E non gli somigli, affatto. Per questo forse a lui tendono volentieri la mano, non gliela alzo in muso, non mi faccio indietro per lasciargli spazio.
    Sorrido malinconicamente quando mi chiede se ho sete.
    So cos'è che vuole da me: Lo conosco, me ne sono approfittato in passato.
    "Una chiesa è solo un luogo. Un'istituzione."
    E gli guardo le mani calde, Liebe. Studio il modo in cui si muovono. Ne ammiro la delicatezza, la forma dolce.
    "Non ho sete ora. Non è passato troppo tempo dall'ultima volta che sei stato gentile con me."
    E ci tengo a precisarlo: Perché non lo priverò del suo sangue prima del prossimo mese. Non gli permetterò di star male quando la maledizione resta mia. Quando soffrire la sete, per me, non è altro che un atto di perdono. Una purificazione del mio animo.
    "Resta qui con me."
    Istintivamente cerco le sue mani. Le faccio scivolare piano sotto l'ombrello. Le tengo vicine come fossero in preghiera. Mi concentro sul calore che emanano. Sorrido perché è piacevole. Ricordi com'era il mondo prima, Liebe? Prima che ci fossimo noi, prima che la Germania dichiarasse guerra. Ricordi la bellezza di un contatto come questo? Non condannarmi, per favore, per questa mia malinconia: Non mi resta nient'altro.
    "Questa chiesa sarà anche solo un luogo, ma può essere davvero casa tua."
    Non elemosino più alcuna famiglia. Non vago per il mondo alla ricerca di qualcuno che sappia fingersi mio fratello, mio figlio. No. Non trasformo gli uomini proprio per questo: Io non permetto che la bestia vada avanti, che prenda possesso del mondo. La tengo a bada quando posso.

    In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.


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    Avrò sempre bisogno di essere perdonato, anche se per te non ho mai fatto niente di male. Ti chiedo perdono per come ti sottrarrò Daisy, come lo terrò al sicuro da voi ma d Patrick, non da te. Tu non fai male, tu non uccidi mai nessuno, a malapena ti nutri, anche quando ti imploro di darmi qualcosa di più, di prendere questo mio peccato e sollevarlo, come sollevi me, quasi non fossi tanto alto. E non lo sono come te. Che anche adesso, nel guardarti, devo alzare il mento, così vicini sotto questo ombrello, così protetti contro ciò che brami ma non puoi avere.
    Cosa si prova a non sentire più nulla? Quanto è doloroso, Yaacov? Quanto ti manca il calore del sole sulla pelle? La tua è sempre così fredda, ma per me è ancora casa. Mi piace come mi guardi, come tu sia capace di leggere da un singolo gesto anche solo un accenno di malessere, o vivere del mio sorriso quando io riesco ancora a sollevarlo. Come adesso.
    Vorrei che tu mi raccontassi la tua storia, perché lo so che non sono più di passaggio, non sono più un punto fermo che poi all’improvviso impazzisce, che si sposta. “Credo di essere tornato anche per questo.. per restare, qui” mi sento di dirlo quasi sottovoce, che non so farmene una colpa anche se è ciò che è. Una scelta, una che per la prima volta dipende solo dal mio volere, dai miei desideri e non da una corruzione che disfa l’amore, o da un Ordine che viene a soccorrermi, che mi trascina via dal corpo esanime del mio amore, o di mio fratello. E, adesso, di tutti coloro che sono vissuti su quella terra sacra. Ora di sacro non c’è più nulla. Ora so perché tornavo lì. Sul pianeta di sabbia nera, perché ero comunque qui, davanti a questa chiesta, rimasta in piedi come baluardo, come roccia. Mi chiedo perché, da immortale, tu non ci fossi. Ma forze sono andato così avanti che sarebbe stato impossibile.
    Mi basta sapere che ci sarai, per tutto il tempo in cui io ci sarò, a godere del sole con me, attraverso me. A nutrirti come mi alimento io, bevimi per scoprire da cosa sa questa vita che mi stai donando, Yaacov. ".. con te" annuisco, mite, a continuare una frase rimasta in sospeso trai respiri. Per me che i polmoni posso ancora riempirli.
    Vorrei dirti che non è solo la tua chiesa ad essere casa, sei tu che lo sei. Ti che modelli l'argilla ed il marmo, che accogli anche chi non sa che il demonio lo incarni, non lo esorcizzi. Io potrei.. "Io potrei aiutare i corrotti, se me lo permetti, qui.." che abbasso il capo, resta una ma vocazione, resta un punto di non ritorno, un modo per riavere radici.
    Un mezzo passo, con le mani nelle tue, con l'indice che sfiora il petto, dove un cuore - il tuo - non batte. Mi chiedo però se batterebbe in queste condizioni, con.. con me. E' sciocco pensarci?
    "Non mi hai mai detto perché ti piacciono tanto i tulipani.." ci penso, che mi si apre un sorriso sciocco, come se noi dovessimo conoscerci oltre il sangue che ti dono, che mi attrae.

    Mi prendero cura di te, delle tue nostalgie, al mattino appena alzati, il caffe caldo nelle vie. Mi prendero cura di te, per quei tuoi modi di fare, svegliarmi con un bacio, immaginarci gia all'altare━━━━━━━━━━━━━━

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    Non dimenticherò mai cos'è che hai fatto per me, Liebe. Non dimenticherò mai ciò che abbiamo passato, ciò che non siamo stati, ciò che abbiamo costruito dopo essere rinati. Non dimenticherò dov'è che risiedono davvero le nostre radici. Il modo in cui ce le hanno strappate, ci hanno costruito sopra prima edifici, poi imperi, ideologie malate. Non dimenticherò mai cos'è che hai fatto per me. Quanto sei stato per me. Non posso, mi è impossibile. Persino ora che sei tornato distante. Che ti sei fatto vicino per ricordarmi quant'è che siamo diversi nonostante la medesima natura. A volte persino la medesima pelle. Non ti dimenticherò e per questo mi capirai, suppongo, quando nel vedermi con Edric so prendere il tuo posto. Forse ti ammiro, anzi, togliamo il forse. Ti ammiro nonostante tutto. Non potrei fare altrimenti. E non importa, sai, quanto male tu sappia fare, non credo di essere l'eroe io. Un vero salvatore, un messaggero diretto. Non sono nulla se non ciò che tu hai scritto. Un involucro vuoto dalla scorza resistente, durissima. Ho solo questo: L'immagine, un'infinità di ricordi che si sovrappongono l'uno sopra l'altro. Sei tutta la mia vita.
    Ed io, beh, credo di essere la sua adesso. Un giusto lascito. Una coerenza che mi spaventa. Non voglio leggerla, né pensarla ed avere così la conferma. Non credo di meritarmi questo. Non credo tu meriti questo.
    Ma lo guardo, lascio che mi sfiori, che si faccia strada in me e riscopra così la sua fiducia. Io non lo ferirò, Liebe, così come non mi hai ferito tu.
    "Che scelta terribilmente coraggiosa ed avventata."
    Ma glielo dico sorridendo leggero, d'altro canto, chi sceglierebbe mai di vivere con un mostro? Per questo ci siamo separati tu ed io no? Perché non ti ho mai compreso, non fino ad ora.
    Ma poi capisco, capisco anche se fingo di non riuscirci. Che mi tengo distante da certe verità. Le metto da parte un secondo, faccio in modo che non arrivino così prepotentemente. Ho bisogno di tempo per comprendere cos'è giusto per lui.
    Eppure quando mi parla dei tulipani, Liebe, una parte di me crolla.
    Scivola la maschera, scivolano le spalle che si fanno più molli, più curve. Tanto che l'ombrello si abbassa: Adesso siamo entrambi coperti, più coperti di prima. E gli occhi mi si fanno lucidi. Non perché abbia bisogno di piangere, non so quand'è stata l'ultima volta che ci sono riuscito. Credo di star lacrimando per una sorta di reazione spontanea. Un'abitudine. La consapevolezza di come dovrebbero effettivamente andare le cose in casi come questi. Ripenso a Charlotte, ripenso alla nostra Olanda. Avrei il magone se fosse possibile. Mi basta sentirmi cedere le ginocchia e rendermi conto di essere ancora in piedi.
    Non gliel'ho mai raccontato. Non credevo fosse importante. Non per altri almeno.
    "Mia moglie adorava i tulipani."
    Spiego piano senza smettere di guardarlo. Devo capire quanto posso andare a fondo.
    "Ma non ho mai potuto portarla in Olanda."
    Prendo una pausa come se dovessi prendere fiato.
    "Lì ci sono arrivato solo con Liebe. Sono stati gli anni più belli della mia immortalità."
    Ma sono triste nel dirlo, perché sento che non li riavrò mai indietro.
    "A modo suo, il tulipano è davvero il simbolo del vero amore."
    Mi chino, ne raccolgo uno vicino a dove siamo noi. Sporgo la mano da sotto l'ombra dell'ombrello, brucia un po'.
    "Ne invasiamo uno? Per la tua stanza."

    In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.


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    Guardami, Yaacov, come posso sembrarti coraggioso? Sono stato un vigliacco, spesso un inetto. E’ vero che per compiere queste scelte ho dovuto allenare il coraggio, un leone affamato che brucia al sole, come bruci tu. Ma non mi sento un uomo coraggioso, adesso, solo qualcuno che vuole fare un passo per stare bene: questo è coraggio?
    E nonostante tutto ciò che dici mi fa sorridere, mi fa arrossire per quell’istante in cui le labbra si muovono ma non dico niente, ti faccio solo vedere - di nuovo - come sono fatti i miei denti, così come sono fatte le mie ossa. E non lo sai, non lo puoi capire, o forse si? Yaacov dimmi, puoi capire come mi scalda la tua voce, come mi conforta il tuo consenso? Perché se tu mi dici che sono coraggioso, allora io so sentirmici, so sentirmi cullato da questo, come se costantemente mi abbracciassi, mi dicessi che con il tempo saprò trovare la mia via.
    Perché tu non affretti le cose, né le tronchi di netto. Tu mi dai pace, come dovrebbe essere impossibile per ciò che sei, ne rido solo perché di quest’ironia mi esplode il cuore. Perché siamo solo due sciocchi, non è vero? Due stupidi legati a qualcosa che forse non può avere nome, non se tu hai Patrick ed io, Oswald, per ora.
    Ma ho anche te, ho queste mura, ho quel letto che resta comodo perché è ciò a cui sono abituato. Ho una routine che non intaccherai, che rispetterai senza inondarla di caos. Ho casa, nella tua pelle. Nel tuo profumo a volte macchiato dall’incenso, che ora sento. Lo usi per i vostri rituali religiosi, è pungente ma quando manca ne percepisco l’assenza. Sembra che io sia quello consacrato dei due, mentre so di sentirmi l’assassino. Di tentarti troppo, a volte, quando la nebbia e l’astinenza dai morsi mi offuscano, ma lo so.. so che tu sei più coraggioso di te. 
In fondo, sei un vampiro che vive come prete. Tu sei quello coraggioso. Io solo quello che è capitato per caso e si è sentito di nuovo vivo, salvo, dopo anni.
    Ma quando mi dici che avevi una moglie, quando i tuoi occhi si fanno lucidi, i miei restano con te. Fanno quasi altrettanto. “Oh, avevo una moglie..” Ed è quasi ammirazione dolorosa la mia, né un giudizio, né un rincuorare. Sto solo provando ad immaginarti con lei, e poi con Liebe, con Patrick.
    Vedo che abbiamo anche avuto lo stesso istinto..” Dolce, ti indico il tatuaggio, i due tulipani sono loro, è così? Vorrei chiederti cosa le è successo, ma magari per questo avremo tempo, come io avrò tempo per raccontarti dei miei demoni, i miei mostri sacri ormai placati dal tempo, da come tutto sembri accaduto una vita fa. Ma nell’indicare i tuoi tatuaggio, poi giro appena il dorso della mia mano, cosicché tu possa vedere quella rosa bianca, simbolo imperituro del mio amore per Chrys.
    L’Olanda è dove ci sono quei campi immensi?” O forse li confondo con la lavanda. Ho studiato un po’ di come si è diviso il mondo qui, ma non è lo stesso, no.
    Ti osservo quando la mano brucia, ti aiuto a per raccogliere con quelle radici anche il bulbo ed un po’ di terra. “Si, e poi vedremo come crescono le rose

    Mi prendero cura di te, delle tue nostalgie, al mattino appena alzati, il caffe caldo nelle vie. Mi prendero cura di te, per quei tuoi modi di fare, svegliarmi con un bacio, immaginarci gia all'altare━━━━━━━━━━━━━━

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    Non ho mai fatto della mia sopravvivenza un vanto. Nè ne ho mai parlato agli altri con l'intento di svilire le loro. Non ho mai parlato di ciò che è successo a me e Liebe perché non ho mai creduto potesse risultare giusto. Forse, utile, certo, affinché la storia potesse non ripetersi mai, ma a quale prezzo? Ed io so, so bene come Edric non possa conoscere una minaccia del genere. Come possa risuonar strano, per un uomo di magia, una verità come questa. Quindi rimango in silenzio. Preferisco l'ascolto al parlare. Perché è così che mi hanno costretto. Così che mi hanno inconsciamente educato. Ma gli occhi, proprio per questo motivo non sanno farsi meno lucidi. Il tempo non è detto, infatti, che sappia curare ogni ferita. Certe cicatrici rimangono, si infiammano quando fuori è brutto tempo. Solleticano sempre troppo fastidiosamente l'anima.
    "Già, non sono così giovane, Edric."
    Cerco di sdrammatizzare. Sorrido appena, me lo avvicino affinché mi sia sottobraccio. Affinché possa rientrare con me in chiesa - se lo vorrà - prima che le luci del giorno inizino a farsi più intense.
    "Sono stato abbracciato che non ero più un giovanotto di primo pelo, purtroppo."
    Come se avessi potuto scegliere. Ma di questo non te ne faccio una colpa, Liebe. Tu sei il mio salvatore, questo non cambierà mai. Non sfiorirà mai nel mio cuore. Ti sono devoto.
    E mi fermo qui. Non voglio dirgli che il nostro non è stato un istinto comune. Perché quei tulipani sul braccio ho creduto potessero servire a cancellare un passato doloroso donando più valore a voi due, ma questo non ha funzionato. Il passato riaffiora sempre, tanto da farmi ricordare con estrema precisione i numeri che quei petali nascondono. Siamo stati solo codici, solo un elenco ordinato di disperazione. Ma non so se questo è il momento giusto per parlartene. La mia non è un perpetrare l'ignoranza, quanto un attendere il momento giusto. Perché ce ne sono. Perché ho l'eternità dinanzi a me.
    "Esatto. Ci sono città in cui i campi sono così vasti da colorarla interamente."
    Ci ripenso a quell'amore.
    A quegli anni passati a guardare quei colori tanto accesi da dietro una tenda. Non siamo mai corsi tra i campi in pieno giorno, ma la mia memoria è sempre stata buona. Noi li coloravamo di notte, Liebe. Come due stupidi ragazzini innamorati.
    "Magari un girono questa chiesa lascerà New York e tornerà lì. Non appena inizierà ad essere meno doloroso."
    Gliela concedo questa verità, perché mi sembra giusto non tenerlo all'oscuro di tutto. Ormai, Edric, è parte della nostra famiglia, non credi?
    "Mi dispiace per il tuo amore, Edric."
    Aggiungo sfiorandogli con un dito La rosa suol suo dorso.
    "Non siamo mai davvero pronti a perdere qualcosa. Non ci hanno educati abbastanza per questo."

    In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.


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    Quante cose vorrei che mi dicessi adesso, anche se mi accontento di un sospiro, di alzare un sopracciglio se mi dici che non sei poi così giovane. Questo, l’età, non è mai stata in causa per me. Correva diversamente dove sono nato, e forse quelli come te erano già i saggi, così come potevano essere apprendisti, niente aveva un limite anagrafico. Tuttavia più giovane era il cadetto e più sembrava facile da addestrare. Io, io non ho perso solo l’amore, Yaacov. Io ho perso tutto. Un fratello, prima, una famiglia, dopo. Di quel mondo mi è rimasto solo Simon, la mia Daisy. Non credo di averti neanche mai detto perché lo chiamo così, ma suppongo ne parleremo in momenti meno dolorosi, magari davanti a qualche bicchiere del mirto della signora Tommasini.
    E non lo so, Yaacov, fa male e bene insieme pensare che voglio restare qui, tra queste mura, a vivermi il giorno che tu puoi solo guardare, e neanche troppo a lungo. E’ strano per una volta sentire di voler mettere radici, fare progetti, dopo un girovagare che mi ha distrutto più che ricostruirmi.
    Queste però.. non sono cose che hai chiesto” non ho bisogno di chiedere, lo so, parlo dell’abbraccio, del non poter invecchiare con tua moglie, non tanto quanto avresti voluto. Che se i tuoi occhi sono lucidi, dio lo sono anche i miei. “Perdonami..” Per averlo detto a voce alta, e forse aver un po’ appesantito tutto.
    Anche io avevo dei progetti, sono finiti nel lago d’ombre con quegli anelli che non porto più, ma quando mi guardi le dita puoi ancora vedere dove la pelle è rimasta chiara, un po’ scavata, logorata da un amore che ho portato avanti da solo, per anni. Io che ho indossato una promessa perché Chrys non poteva farsene carico, io che l’ho visto andar via, ogni giorno più lontano da me.
    Ma ti seguo, Yaacov, come un fedele. Ti seguo dove il sole non può ferirti, dove niente dovrebbe. Lascia che sia io a chiudere questo ombrello, a prendere fiato perché sto meno in ansia quando non sfiori i confini dell’impossibile, quando non ti avvicini al bruciare. Anche se so, si, che tu sai ciò che fai, e come.
    Io..” Dovrei dire tanto, ringraziarti, oltre che prendere fiato, già. Già ma tu mi precedi, quando il gelo mi raggiunge il palmo ho i brividi, e li vivo uno ad uno. Non mi risparmi niente. “.. grazie” con il nodo in gola che spingo giù a fatica. “Perderlo è stata l’esperienza più brutta della mia esistenza. Era anche l'assassino di mio fratello e io ero-.. io me ne sono andato per dare un punto al mio dolore, per poter ricominciare.” Mi fermo così, davanti a te, che ancora guardo le tue mani sulle mie. “Non ce l’avrei fatta se tu non mi avessi accolto, Yaacov. Questo ha.. cambiato le cose, qui” due dita me le porto al cuore. “E questo rimane l’unico su cui non voglio avere alcun controllo.” Per questo ti tiro su mezzo sorriso. Un paio di fusa viso a viso. Che lo so per chi non ti batte il cuore, lo so che qui hai Liebe, ma questo a me non cambia, guardami, leggilo nei silenzi. "Mi preparo un bagno." Ho bisogno di te, tienimi qui sul serio.

    Mi prendero cura di te, delle tue nostalgie, al mattino appena alzati, il caffe caldo nelle vie. Mi prendero cura di te, per quei tuoi modi di fare, svegliarmi con un bacio, immaginarci gia all'altare━━━━━━━━━━━━━━

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    Edited by nocturnæ - 1/3/2023, 16:25
     
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    Sai, Liebe, mi sto sinceramente chiedendo com'è che dovrei sentirmi adesso. Cos'è che dovrei capire dai suoi gesti. Cosa dovrei fare, ecco. Perché qualcosa io la sento. La sento da sempre, anche se credevo che la morte me l'avrebbe portata via per sempre. Ma il tuo non è stato un vero omicidio, giusto? La nostra non è stata una vera morte, non secondo ciò che ci siamo raccontati in tutti questi anni. Quindi ha senso, suppongo, che questa sensazione non sia altro che una sensazione, appunto. Che io se sono qui, febbricitante come un ragazzino dinanzi alle sue prime esperienze è normale. Niente di davvero strano, di infattibile. Magari il mio è solo un rimasuglio di ciò che sono sempre stato. Un istinto naturale che sopravvive oltre la violenza. Che dalla sete di sangue si solleva, vince a prescindere da qualsiasi cosa. Si dimena, lotta indomita da sempre.
    Dunque, Liebe, puoi perdonarmi se nonostante tutto continuo a portar avanti quest'illusione? Se nel tornare in chiesa mi faccio vicino all'unica fonte di umanità che ci resta? Sono davvero un vigliacco, un vile, una bestia che seppur lotta giornalmente contro i tuoi modi poi finisce per affondare le unghie diversamente? Perché più il tempo scorre, più io comprendo. Ed è una comprensione sempre troppo diversa, sempre troppo nuova. Un pensiero allettante che prende forma ogni giorno di più e adesso, beh, se adesso torno ad indagarlo allora mi rendo conto di come la sua forma somigli terribilmente a quella di Edric.
    Ho bisogno della sua vita, Liebe, perché nei suoi ricordi, nella sua presenza, io vedo tanto di ciò che sono stato. Mi rispecchio in lui in un modo meschino. Ne sono attratto ed angosciato nel medesimo istante.
    Tremerei, ma non ho mai paura: l'amigdala non va come dovrebbe. Niente si attiva più qui.
    Funziona solo questo, la sensazione di un brivido. L'idea che qualcosa possa comunque percorrermi il corpo e non solo quando siamo lì a nutrirci. Non voglio più solo il sangue: non voglio essere solo questo, forse non l'ho mai desiderato davvero. Per questo non so essere alla tua altezza. Per questo non sono meritevole di rispetto quando su questo argomento continuiamo a tornarci ma senza arrivare a nulla. Ci scorniamo e basta.
    Io Edric lo perdono. Come ho finto di perdonare tutti gli altri uomini e donne che ho incontrato nella mia vita. Lo perdono anche se questa volontà non giungerà mai il Cristo. Lo perdono perché non ho nulla di cui condannarlo davvero. Non per il bisogno che ostenta, né per il modo in cui la sua giovinezza lo manipola, lo rende più potente, intenso.
    A volte mi chiedo se sono mai stato davvero così.
    Se rivedermi in lui non sia altro che l'ennesimo modo che ho di convincermi di qualcosa.
    Di credermi migliore di ciò che sono.
    Gli anni non permettono mai alle radici di affondare davvero nel terreno. Non a tutte, non quando alcune di esse sono già marce prima ancora di riuscire ad espandersi. La nostra esistenza, Liebe, non è altro che la metafora perfetta di un tumore. Siamo tutto ciò che c'è di tossico al mondo.
    "Non devi chiedermi il perdono, né ringraziarmi per ciò che faccio volentieri."
    Ci tengo a specificare, stupidamente, come se ci servisse davvero questo per ritrovarci a camminare sulla medesima lunghezza d'onda.
    Vorrei potermi approcciare a lui come suo pari. Vorrei essere ancora un ragazzino, un giovane, una vita ancora tangibile, calda, confortevole. Ma non sono nulla di questo, purtroppo.
    Ed è sempre la stessa crisi in cui scivolo ogni cinquant'anni.
    Le mie ennesime crisi di mezz'età.
    Per questo tendo a farmelo nuovamente vicino. Lo accarezzo passando due dita lungo la sua schiena. Forse vorrei semplicemente che mi si accoccolasse contro.
    Vorrei sentire di nuovo com'è che è fatta la sua pelle, sentire quei dettagli che l'odore del sangue nasconde.
    Le sue vene pulsano, mi concentro su quelle per capire quanto sta pompando il suo cuore.
    Poggio una guancia contro la sua. Piano. Godo del suo colore, mi concentro affinché anche il mio, di viso, risulti caldo, confortevole.
    Ho sempre voluto essere la casa di qualcuno, Liebe, anche se dalla tua poi sono fuggito.
    Anche se per soddisfare questo bisogno ho tirato su una chiesa in cui non credo.
    "Puoi concedermi ancora un secondo del tuo tempo?"
    Sussurro labile al suo orecchio, ponendo le mani lungo i suoi fianchi in una stretta leggera. Voglio abbracciarlo, senza alcun motivo, perché gli abbracci mi mancano. Perché i nostri sono sempre stati, per natura, terribilmente diversi. Perdonami per queste scelte, Liebe. Ma sono un illuso e tu questo me lo hai sempre detto.
    "Rimpiango con tutto me stesso di non essere quel rappresentate di Dio di cui hai bisogno."
    Continuo, riflettendo su tutte quelle cose che non vanno, che mi suonano strane. Stonano.
    "Ma la mia casa è la tua, Edric. Posso considerare questa stretta tutta per me?"

    In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.


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    Devi spingerle più a fondo queste unghie, Yaacov. Che pur non parlando, anche solo con la tua presenza, resti dentro di me. Non faccio che sentirti ogni volta che ti vedo, anche quando mi raggiungi di spalle a passo felpato. Non ha importanza se non ti senti il padrone di un culto in cui posso credere, questo non è nemmeno il mio. Non lodate il Sole come faccio io, non avete le usanze di purificazione a cui sono abituato e sono piuttosto sicuro che se io avviassi qui un rituale, tu ne soffriresti, tu bruceresti piano attraverso la mia Luce. E non è una cosa voglio, te l’ho detto che non intendo ferirti, neanche quando so che la tua potenza potrebbe essere superiore alla mia, di sicuro lo è quella di Patrick.
    Voi siete l’istinto contro cui combatto, come se una parte di me - addestrata fino allo stremo con Joshua - volesse per forza scalpitare via da questo abbraccio. Ma io invece ci resto avvinghiato contro, perché la tua mano sulla schiena è un brivido lungo che mi percorre fino alle ginocchia, me le fa tremare. Perché le fusa si alzano piano, come quelle dei gatti che giravano per l’Ordine Bianco.
    Ed è così spontaneo che se tu spingi un abbraccio, io non solo non mi oppongo, io te ne regalo uno a mia volta, che ho bisogno di sentirmi un minuto o due nel posto giusto. Anche se il gelo lo spegni, piano, lo rendi caldo nel modo in cui sai farlo tu. Che non mi va di parlarti come un “voi” che comprende ancora troppi mostri.
    Tu non sei un mostro, Yaacov. Tu sei un salvatore. A modo tuo, in visioni che magari non hai ben chiare. Per questo le mie mani ti risalgono la schiena, entrambe, stringendo in questo abbraccio, portandomi così a spingere le labbra lungo le scapole, lungo il collo. Non sono baci, Yaacov, sono modi che ho di sfiorarti. Solo questo, vero? Anche se…
    Rappresenti molto di ciò che ho perso, Yaacov.” Lasciamelo dire, magari un po’ più apertamente, per me a voce alta. Che così se lo dico lo so sentire nelle ossa, so che posso lasciarmi in balia delle tue braccia e avere la certezza che non mi faresti cadere. Poiché io sono già l’angelo caduto.
    E punge in petto tutta questa consapevolezza, rendermi conto che alla fine si, io amo. Amo questo, Yaacov. “Lo è” tua, questa stretta, nostra forse. “… ti avrei chiesto di unirti a me” in quel bagno caldo di cui sento il bisogno adesso per sciogliere i muscoli. Non riesco a vederlo un male. Perdonami, Ma Chère se cerco ancora il pericolo potenziale, il dolore, se tu mi hai educato a cercare la via della sofferenza.
    E tu, invece, Oswald, non perdonarmi mai. Non perdonami se adesso al volto di Yaacov mi avvicino io, se finisco per spingergli un bacio casto sulle labbra. Un accordo sigillato così, con lo stomaco in subbuglio, con le viscere contratte.

    Mi prendero cura di te, delle tue nostalgie, al mattino appena alzati, il caffe caldo nelle vie. Mi prendero cura di te, per quei tuoi modi di fare, svegliarmi con un bacio, immaginarci gia all'altare━━━━━━━━━━━━━━

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