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Valentin, Zero & Emeraude | Putnam Valley - 5 novembre 2023

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    Valentin Hollow
    fèlibien - kabakov . 20 y.o . cacciatore . percettore spiritico
    Cara Molly.
    Non so bene se sono felice del modo in cui ci siamo mossi. A dir la verità, non so se questi giorni sono davvero dei giorni felici.
    Dovrei sentirmi decisamente più risollevato nel sapere che Zero è riuscito a venire con me, ma questo, comunque, non riesce ad impedirmi di pensare a casa con una certa insistenza.
    Il fatto strano, in effetti, è che in questo mondo, casa mia, ormai è un'altra.
    Non a Forks da Marlow, ma dove avrei creduto di non saper più muovere un passo.
    Non so nemmeno cos'è che ho pensato quando ho deciso di chiamare il numero che Zero mi ha fornito.
    Forse, chiamare la mamma, mi è sembrato un modo giusto di iniziare questa ricerca.
    Forse l'ho fatto per risentire semplicemente la sua voce.
    Forse per avvisarla che sarei arrivato e che, allora, per una questione di rispetto delle leggi temporali, lei avrebbe dovuto lasciare i bambini da qualcuno affinché non vedessi nessuno dei miei fratelli.
    Non lo so, in effetti, con certezza.
    L'unica cosa che sono riuscito a fare, però, è stato presentarmi in quanto Hollow.
    Molly, io le ho detto che sono Marlow Hollow.
    Le ho dato il nome di mio padre.
    E non so se l'ho fatto per lasciarle un indizio.
    Per dirle di cercarmi, di scavare a fondo, affinché se mai dovesse accaderle qualcosa di brutto, possa lasciare i suoi figli da lui.
    Non so bene com'è che ho ragionato.
    Però le ho detto che ero nei paraggi di Putnam Valley. E che io e mio fratello, allontanatici per una caccia, avevamo bisogno di riposare.

    Lo so, lo so Molly.
    Mentire è sbagliato.
    Ma in quel momento ho sentito la lingua accavallarsi in gola. Annodarsi alle tonsille.
    E so che persino Zero se ne è accorto.
    Figuriamoci.
    Lui si rende sempre conto di tutto.
    Come se avesse i sensi di qualsivoglia bestia fusi nel suo sistema percettivo.
    Lui mi sente.
    Lo fa in un modo che ormai è tutto suo e che, dopo tutti questi anni di lavoro, io non posso certo disprezzare.
    Posso solo che essere fiero di lui.
    Sopratutto oggi, che ci fermiamo a pochi isolati dalla casa di famiglia.
    La riconoscerei da lontano un miglio.
    Era casa mia.

    Per questo lascio che l'emozione mi tradisca.
    Che le mani vadano a stringersi in pugni nelle tasche della felpa: perché ho paura.
    Un'insana, ingiustificata, ma uterina paura.
    La sento in ogni parte di me.
    Mi pervade totalmente e lascio che lo faccia solo perché qualcuno, dopo mia madre e mio padre, mi ha insegnato a controllarla.

    "Non avrò mai il coraggio di dirglielo."
    Dico a Zero, fermandomi ad un palmo dalla barriera che la protegge.
    Quando ci vivevo io, qui dentro, non avevamo bisogno di barriere.

    "Guarda. Questa casa è sempre stata così - così."
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    putnam valley
    Per quanto questo momento sia stato "studiato" e pianificato, lo sa ogni tuo chip che Valentin andrà a braccio.
    Andrà come gli viene, con lo stomaco che trema e la gola che si secca troppo velocemente.
    Pensare a quelli che lui ritiene difetti, ultimamente ti fa sorridere. Sai che non è un'anomalia, perché ti controlli spesso da quando siete lontani. I pezzi di ricambio non li hai con te, ma hai quello che serve per tenerti in piedi... almeno finché Vals non sarà felice.
    Non hai pensato di dirglielo, non lo faresti mai, ma sarai il primo a togliere le tende quando non avrà più bisogno di te.
    Gli basterà dirti che non gli servi più, dovrà solo ammettere che sta bene, che hai fatto ciò che dovevi.
    E se sarai in tempo, tornerai tu da Marlow, a farti riaggiustare i meccanismi logori, oppure regredirai piano piano ma con la consapevolezza che il tuo l'avrai fatto.
    Non sai se il male - il dolore acuto alla bocca dello stomaco -, sia dovuto a questi pensieri frequenti, o al fatto che tu non voglia davvero lasciarlo solo. Vorresti non te lo dicesse mai.

    "Tieni, magari questo ti farà respirare meglio"
    La collana che ti sfili, è una sorpresa. Non gli hai detto di averla portata via, ma è in fondo l'unica cosa oltre ai vestiti ed il tuo kit di supporto, che sei riuscito ad arraffare prima che Marlow vi scoprisse.
    E' "l'amuleto del coraggio" un gingillo sciocco che gli avevi costruito quando eri bambino, per dimostrargli che non ti serviva un aggiornamento - di cui avevi un po' di paura in certi momenti -, potevi essere coraggioso da solo, o grazie a quel sassolino forato che indossavi.

    Quando te lo sfili e glielo passi, sorridi, incoraggiante. Gli accarezzi le spalle, poi le braccia, in quel movimento consono a rilasciare endorfine, un po' di ossitocina non fa male nei momenti di agitazione ed ansia.

    "Lo troverai, o lo butterai fuori nel momento meno opportuno" dichiari l'ovvio, come sempre, ma con un tono che resta caldo, dolce.
    "Sei arrivato fino a... casa, ti basta solo qualche altro passo. L'hai trovata, Vals, è qui" e se non è da ritenersi una conquista questa, non sai cosa lo sia.

    La casa la guardi solo adesso. Non vuoi che Valentin venga rifiutato, faresti tutto ciò che puoi per evitarlo, se solo... se solo dipendesse da te. "Se spara, vado avanti io, ok? Non si discute" Sorridi, ma mica scherzi troppo. L'addestramento del cacciatore l'hai ricevuto anche tu.
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    Non sono così larghi gli spazi fuori da Putnam Valley, dalla casa almeno, anche se una volta di barriere non ce ne erano proprio e lo spazio esisteva e basta, fin dove c'era bisogno che si estendesse, senza la necessità di fare i conti con dei limiti più definiti. Semplicemente perché non c'era nessuno a contestarli, e perché a Putnam Valley, alla fine, c'era soltanto lei stessa, solo Putnam Valley e la casa, e i cacciatori che chiamavano, chiedevano, restavano per una singola notte, per settimane oppure per quella che doveva sembrare una vita intera; e all'inizio lo sembrava sul serio. Una volta le cose erano più semplici: non finirai mai di ribadirlo a te stessa ogni qual volta trovi che il gioco sia cambiato, le regole siano diventate più ferree, la libertà di improvvisare quasi del tutto eliminata. Ma pensarci, ragionarci su senza un vero scopo, porta via tempo, un tempo che, a dire il vero, apprezzi sempre di più di vedere occupato in qualche cosa che non siano semplicemente i bambini e i doveri di una casa che ormai hai imparato ad adempiere da sola, anche se ciò non va di pari passo con un impossibile allungarsi delle ore del giorno stesso. Non importa, è così che funziona e deve funzionare, e grazie al cielo è arrivato qualcuno a ricordarti cos'è che hai sempre saputo fare meglio, dopo gli anni passati ad addestrarsi con Nestor, dopo l'incidente e Putnam Valley, dopo che la caccia sembrava essere finita per te. Ti ricorda un merito, uno che hai imparato a tenere buono come faro nei momenti peggiori di insensatezza e inutilità.
    Putnam Valley è un posto sacro. È diventata la tua colonna vertebrale, le sue pareti le tue costole. Dentro ci sta un cacciatore, una madre, l'erudizione, uno che si spera sapiente abbastanza, una cicatrice, un futuro incerto, una candela accesa.
    Putnam Valley, ti sei ricordata, serve anche a questo, è nato per essere un rifugio, un tetto sopra il tetto di chi viaggia, di chi cerca consiglio, di chi cerca soccorso o anche solo una fugace tregua, e la tua paura può averlo reso più saggio, accorto, ma non più diffidente. Non può dimenticarsi per cosa è nato, indipendentemente dai Foulger, da Anson: Putnam Valley è semplicemente una casa con quattro mura senza di te.
    Il vento novembrino ogni tanto smuove l'erba e le fronde degli alberi senza infreddolirle ancora abbastanza. Non si può dire la stessa cosa per te, che sciogli le braccia tenute strette al petto solo quando, al limite della barriera invisibile scorgi le loro sagome.
    «Ho parlato con voi due?» chiedi loro prima di fermare il passo dentro la barriera.
    Li guardi. Sono giovani, ma è soprattutto a persone così che serve. È difficile che un cacciatore molto giovani viaggi da solo, o almeno senza qualcuno più esperto di lui nella Caccia. È difficile, sconsigliato, pericoloso, ma succede, succede troppo spesso per i membri delle piccole famiglie purtroppo, ad un certo punto, decimate.
    «Siete gli Hollow.»
    Anche se non sembrano fratelli, ma questo non conta niente, per così tanti motivi inutili da elencare. La stessa consanguineità non è un fatto così scontato nella famiglia Foulger.
    «Sono Emeraude.»
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    Valentin Hollow
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    La vedo, Molly.
    Una figura minuta a stagliarsi tra la radura e la casa.
    Lei, la colonna portante di questo posto. La fulgida speranza di questa famiglia.
    Ho ricordi confusi sulla sua presenza. Momenti che dovremmo aver vissuto insieme ma che ad oggi non ricordo.
    Traggo forza dalla collana che Zero mi passa. La aggroviglio tra le dita. Spingo il ciondolo contro il palmo del petto. E sorrido, perché mi piace il modo in cui si diverte a prendersi carico di queste situazioni.
    So che mi farebbe da scudo perché è stato progettato per questo, eppure mi illudo che la sua sia una volontà nata dall'agitarsi dei circuiti nel suo cuore.

    "Affare fatto, così testiamo finalmente la tua corazza."
    La sua pelle è coriacea, rivestita però dal metallo e dal silicone termico piuttosto che da un carapace.
    A volte, guardandomi il braccio, finisco per sentirmi più strano io.

    Ma il mio è un sibilo che accompagna l'avanzare dei miei piedi.
    Oso un passo solo perché lo fa lei e perché credo che questo possa essere un buon modo per presentarci.

    "Buongiorno Emeraude."
    Spero non mi sia tremato la voce. Perché ci sto provando, sì, a sembrare l'ometto che lei deve aver voluto crescere.

    "Sì, siamo noi."
    Poi le indico Zero con la mano e con un cenno del capo.
    Evito di ripetere il mio nome, per non sbagliarmi e ritrovarmi a sostituire Valentin a Marlow.
    Do per scontato che se lo ricordi, d'altronde l'abbiamo chiamata non molte ore fa.

    "Lui è Zero."
    Mi prendo una piccola pausa.

    "Ti ringraziamo ancora per averci permesso di venire. Il viaggio è stato lungo ed è stata una fortuna trovarci in queste zone."
    Vorrei allungare una mano per stringergliela.
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    Gli sorridi, ma in modo più serio. Perché è da quando vedrà sua madre che tutto il vostro addestramento verrà messo alla prova.
    Ma gli sorridi, si, perché in lui hai sempre creduto.
    Nella sua capacità di lavorare per arrivare ad un risultato senza sporcare la strada per raggiungerlo. In fondo il tuo genoma strutturare è fatto per imparare da Valentin, non viceversa.
    Che poi vi siate un po' influenzati durante la crescita, è normale. O almeno così diceva Marlow.
    A lui pensi giusto qualche attimo mentre la figura di Emeraude si fa avanti.
    Marlow avrebbe dovuto aspettarselo, ma sei riuscito a preparare la tua fuga abbastanza in anticipo da lasciargli una parte di te, non estraibile dai comandi vocali di casa, ma almeno non si sentirà solo.
    Sei una IA sentimentale. E' questo a mantenerti umano.

    Lasci che il passo avanti per primo lo faccia Vals. E' il suo momento, un'interazione vergine con la madre nel mondo che la vede ancora in vita.
    Una volta sola hai osato chiedere a Marlow di farti vedere i genitori di Valentin prima che morissero, ovviamente tuo "fratello" dormiva profondamente.
    E quindi, che questa realtà sia diversa lo sai già: nell'espressione della donna, nel suo portamento ed in questa barriera che protegge la sua famiglia dal mondo, vedi la ragione per la quale è ancora in vita.

    A quanto dice Vals, aggiungi solo la giusta dose di sincera formalità. Lo fai a spalle rilassate, assumi la posa di qualcuno che è troppo giovane per essere già stanco - anche se tu non ti stanchi mai. E questa cosa non dovrà capirla da te.

    "Non vedevamo un rifugio da molti mesi, grazie per aver risposto alla nostra chiamata" perché anche tra cacciatori questa non è più una cosa scontata.
    Ed è adesso che muovi un passo per affiancare Valentin, ma sempre qualche millimetro più in dietro, così da non sembrare uno squadrone d'assalto, o l'ennesimo muro.
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    Fai un passo fuori dalla barriera. Al tuo passaggio è come se l'aria, attorno alla tua intera sagoma, ondeggiasse un po' e propagasse poi una leggera ombra nello spazio invisibile della materia. Sono giovani, anche se non così tanto rispetto a te, almeno. È che a volte ti sembra di aver vissuto una vita intera tutta insieme, nell'arco di pochissimi anni, e allora anche il tuo occhio finisce per addolcirsi e guardarli come se fossero figli, altri figli. Una vocazione, è veramente tale la tua, indipendentemente dai lutti, le tragedie e le benedizioni della vita.
    Però anche quello che hai ammazzato era un ragazzo, forse non troppo più grande di loro. Un ragazzo crudele, uno che non sapevi se saresti stata in grado di perdonare per ciò che aveva fatto, per ciò che era per sua natura e per sua scelta. Non lo saprai mai adesso.
    Una contraddizione, il volto oscuro della tua stessa natura.
    Allunghi una mano verso il ragazzo, forse il più giovane - non è così immediato stabilirlo - e non lo fai senza un calcolo preciso. Tutto, ahimè, adesso viene sottoposto ad un calcolo, nonostante siano soltanto dei ragazzi, così giovani e già così stanchi. Anche se non esiste una realtà diversa per voi cacciatori, che siate giovani o meno.
    Perché hai notato qualcosa di familiare, e perciò di sospetto, considerato quanto tempo è servito a te per fare in modo che Veronica "sanasse" la sua mutilazione.
    Una contraddizione. Una mano che si stringe e allo stesso tempo si ritira perché è stata bruciata una volta da un ragazzino, che tuttavia si è preso e portato via tutto.
    «Mesi?» chiedi guardando l'altro. «Da dove venite? Di che zone siete?»
    Perché si ribadisce con più forza il pensiero che hai appena formulato: che due cacciatori così giovani non dovrebbero cacciare da soli, o almeno dovrebbero avercelo un posto a cui fare ritorno, se i propri, almeno, non sono stati decimati o, peggio, sterminati. In quel caso quanto ancora potranno viaggiare prima di fermarsi esausti, stremati? Quanto potranno vagare senza una meta? O peggio, quando sarà il momento in cui incontreranno la fatalità? Troppo giovani per essere da soli, troppo per cacciare senza un maestro.
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