Resting on a knife

Rufus/Emeraude | 22 marzo | Alcatraz

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    Non è un bel posto, decisamente no. Onestamente, rimaneva solo un luogo del tutto laterale ai tuoi pensieri, sebbene il rischio è una componente essenziale del vostro stile di vita. È solo che è più facile immaginarsi sbranati o uccisi da qualche creatura, piuttosto che finire tra le mani di qualcun altro. Ci sono assoluti così netti nelle vostre vite che, onestamente, qualcosa, quella meno decisiva e che vi piace di meno, finisce per scivolare sempre in secondo piano. Deve arrivare perché ci si renda conto di cosa significhi, e nel caso di Rufus ha significato tanto.
    Come significava anche per Morgan Crain. Non riesci a smettere di pensarci. Forse perché avevate un accordo tu e lui, e adesso è giusto che ciò lo erediti Caiden, non tanto per semplice amicizia o per l'affetto che provi per lui, ma semplicemente perché mantieni fede alla parola data, ed è forse il modo migliore che hai per onorare la sua morte. Forse perché era semplicemente un cacciatore come tutti voi. Forse perché in fondo era un amico.
    Sarebbe stato comunque impossibile provare a tirare Rufus fuori di lì senza complicare la situazione. Anche se ha fatto una promessa ad Anson e anche a te, e tu, come Emeraude e poi come Kabakov, vuoi vedere tuo cugino a capo della famiglia Foulger, per risolvere tutto quello che c'è da risolvere, per assicurare una guida sicura ad un clan così complesso. E poi per Zoe, per Mireya, perché l'essere genitore di un figlio poi, alla fine, supera anche tutte le altre cose, di gran lunga, almeno per come la vedi tu, ed è già stata una fortuna concessa dall'alto che abbia potuto vederla nascere. Sono momenti cardine quelli, oltretutto se si tratta dei primi figli. Gli sarebbe stato fatto un torto ingiusto, anche se è difficile pesare questa parola "ingiusto" proprio qui, tra pareti di metri e metri di cemento armato. Un passo falso, persino un respiro troppo pesante senti che riuscirebbe a far finire dietro quel vetro anche te. Forse è persino rischioso essere qui; forse per te meno, che sei la meno esposta, ma rimane comunque un grosso rischio. Eppure non te la saresti mai sentita di lasciare Rufus a marcire qui completamente da solo e lontano da una realtà difficile da lasciare senza perdere totalmente le presa su di essa. Ci sono già animi troppo inquieti, Anson per primo, anche se hai sapientemente scelto di evitare un confronto, di qualsiasi natura, troppo diretto con lui.
    Ti accomodi sulla sedia piccola e volutamente scomoda nella postazione numero 3, e rimani ad aspettare, fino a quando la porta dall'altro lato del vetro non si apre e non ne esce, scortato, tuo cugino.
    «Ehi fratellino…» lo saluti parlando alla cornetta del telefono. «Come te la passi?»
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    «Di nuovo fortunato, Foulger» la guardia si affacciò alla cella, accanto il suo degno compare, che teneva le manette. Ancora pochi giorni in quel buco di merda, ma ne aveva avuto abbastanza.
    Si alzò dalla branda per andare alle sbarre, dove allungò in automatico le braccia per farsi ammanettare. Una precauzione ridicola, considerando che gliele avrebbero tolte per prendere la cornetta, non c'era niente di sensato in quel posto. Aveva già trovato almeno sei modi per non rispettare le regole del carcere, e nemmeno si era impegnato così tanto.
    «La feccia come voi non dovrebbe neanche avere il diritto di parlare con la gente normale» non rispose alla provocazione, tanto mancavano pochi giorni e avrebbe salutato lui la feccia che c'era là dentro, che non era di certo rappresentata da lui, quanto da tutte quelle bestie.
    Anche se stava diventando difficile fare il bravo, gli mancava la possibilità almeno solo di sputare a quei secondini di merda.
    Arrivarono alla porta della sala, allungò di nuovo le braccia, ma Stevens iniziò a temporeggiare, solo per fargli perdere tempo sapendo che aveva solo quaranta minuti con Emeraude. Stronzo bastardo.
    Quando gli tolse finalmente le manette, Rufus rimase per un attimo a incombere su di lui ribollendo di rabbia. Avrebbe voluto solo potergli spaccare la faccia.
    Ma Emeraude era in attesa dall'altra parte del vetro. Bastò girarsi per migliorare decisamente il suo umore. Sorrise alla cugina, sedendosi e prendendo subito la cornetta.
    «Benissimo, ho appena saputo che richiesta di annullamento è andata bene. Dovrei uscire lunedì» le fece il segno del pollice in alto da dietro il divisorio, aspettando che Emeraude assimilasse la notizia. «Dovremo assumere quel giovane bastardo per quando ci capita di avere problemi con questi stronzi».
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    È come gelido, sì. Non vedi l'ora di uscire dalle pareti spesse di quella grossa scatola ad incastri perfettamente funzionanti, da cui pochi sono riusciti a sottrarsi, e da cui non è riuscito neanche Rufus o Morgan. Stando qui sei solo grata che Morgan non abbia concluso qui i suoi giorni, che sia morto degnamente, come un Cacciatore. È la fine migliore che possiate fare tutti voi, anche se c'è qualcosa adesso che, se pensi alla tua dipartita futura, te lo fa dubitare, quantomeno per te stessa.
    Per questo, quando senti la notizia direttamente dalla sua bocca un senso di sollievo ti si spalanca nel petto, lo senti quasi fisicamente aprirti e lo sterno e allargarti le costole. Aria nuova in questo luogo impenetrabile.
    «Davvero? Sei serio?» come per assicurarti che non sia un qualche tipo di battuta detta tanto per sdrammatizzare qualcosa di invece molto tragico. «È davvero fantastico.»
    Sì, dopo tutti questi mesi lo è, dopo tutto quello che è successo. È finalmente qualcosa di buono, come se le cose stessero finalmente tornando al loro posto. Fortuna o bravura, adesso conta forse solo il fatto che sia praticamente libero, che anche quest'incubo sia finito. Forse non sarà privo di conseguenze, ma al momento non ti riesce guardare più in là di lunedì stesso.
    «Per favore non fare stronzate da qui a lunedì allora. Che a casa ti aspettano.»
    Non a casa tua, Casper non lo è più ormai, anche se nel sangue, o in quello che ti rimane, sarai sempre e comunque una Foulger. No, a casa sua, con Mireya, con Zoe, finalmente, con la sua famiglia, quella di carne prima ancora che di legge.
    «Sono la prima a cui lo dici? Devo farlo sapere ad Anson?»
    Non era la domanda che avresti voluto porre, o meglio, non vorresti ricevere una certa risposta di assenso, perché tutto sembra ridursi ad un "affrontare" Anson, in ogni caso, anche nel migliore, e forse non è nemmeno da te che vorrebbe sentirsi dare questo tipo di notizia. Ma è necessaria, come lo sono tante altre cose, tutte quelle che vuoi affrontare per prime, perché il tempo comunque scarseggia.
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    Sapeva che l'avrebbe resa felice con la notizia. Era stata un po' una scommessa non dirglielo nella speranza che riuscisse ad andarlo a trovare prima di uscire, ma ne era valsa la pena. C'erano solo due persone che avrebbe voluto vedere nel sapere la notizia, Emeraude e Chadwick.
    Ma no, Emeraude aveva proprio bisogno di una bella notizia, e lui voleva vederla.
    Il sorriso si aprì e non fece niente per controllarlo, non gliene fregava neanche un cazzo che ci fossero gli altri detenuti lì intorno a rovinare la loro privacy.
    Aveva pisciato davanti un Crain, certe cose non gli importavano più.
    «Sarò un prigioniero modello, parola di lupetto» glielo doveva. Lo doveva alla piccola Zoe, che lo stava aspettando. Lo doveva a Mireya, pure se era praticamente una sua versione femminile e quindi sapeva che stava tenendo in riga tutta Casper. Ma a Emeraude lo doveva un po' di più.
    Le aveva promesso che avrebbe risolto la cosa dei Foulger. Aveva sempre voluto essere un capofamiglia, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di mettersi così, contro suo padre, se non fosse stato per la necessità di proteggere sua cugina.
    Per lo stesso motivo scosse la testa quando gli chiese se dovesse dirlo ad Anson. «No, glielo riferirà l'avvocato» probabilmente lo stava facendo in quel momento, o l'aveva già fatto. non si sarebbe sorpreso se ai Foulger non fosse venuto in mente di dirlo ad Eme, erano ancora tutti sul chi va là, non sapendo cosa suo padre pensasse della faccenda di Putnam Valley, anche se aveva dato il benestare. Formalmente avrebbe potuto darlo per tantissimi motivi, senza appoggiarla, e infatti Rufus dubitava vedesse di buon occhio quello che aveva fatto Emeraude.
    Ma non gliene poteva importare di meno, a quel punto.
    «Dovrebbe saperlo anche Mireya, le ho chiesto di non dirti niente» e di nuovo gli venne da sorridere, e poi subito da alzare una mano contro il vetro tamburellandoci contro con le dita.
    «Che mi racconti? Martin si sta allenando bene?» in fondo aveva già sei anni, chissà se gli piacevano i coltelli giocattolo che aveva chiesto di prendergli per natale, dopo che si era perso pure il suo compleanno.
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    «Tieniti i tuoi segreti allora.» lo sbeffeggi dall'altro lato del vetro, arricciando il naso e scuotendo la testa in segno di dissenso. No, Mireya non te lo avrebbe detto comunque, sarebbe riuscita a tenersi per sé anche una cosa del genere, troppo brava a indossare maschere di ghiaccio quella donna, anche di fronte a notizie come queste, felici. Non puoi negare neanche che rappresenti per te un sollievo poter evitare di incontrare Anson, rassicurata dal fatto che, con il ritorno di Rufus, non dovrai continuare a scansare Casper con il timore di mettere il piede sulle mine invisibili seminate dai tuoi zii il cui unico scopo è solamente quello di diventare una qualsiasi forma di casus belli o di rivendicazione. Anson te le ha accordate certe cose, ma questo non significa la sua benedizione. Anche se non dipendi più dai Foulger è chiaro che i loro occhi ti restano comunque puntati addosso. Riconquistarsi la loro fiducia è forse l'impresa più ardua: non la si può fare tutta in una volta sola. È una coreografia lenta, studiata passo per passo, provata centimetro su centimetro giorno dopo giorno, e se funziona non è detto che giustifichi altre mosse in avanti. A volte è necessario semplicemente rimanere al proprio posto e dimostrarsi all'altezza, accettare che ci sia un occhio che scruta e che giudica il proprio operato, lo passi al vaglio, al setaccio, millimetro per millimetro.
    Ti rendi conto che forse non c'è veramente molto da chiedere a qualcuno che da mesi se ne sta chiuso nelle stesse pareti. L'unica domanda, quel "come stai?" in questo caso è interamente proiettata in un domani estremamente prossimo dove quei muri non ci sono più, e allora tutto il resto è come se non avesse più importanza.
    «Sì, si allena insieme a Ronnie. Stanno tutti bene.»
    Tutti bene, è una frase che oggi, specialmente oggi, ha più valore che in altri giorni. Anche se forse non è vero, che va tutto completamente bene: perché Ronnie patisce il braccio ed è arrabbiata con il mondo e specialmente con te, perché i gemelli crescono da tu sei con loro un po' più provata, perché da che è morto Morgan pensi così spesso a Edie e poi a Caiden e vorresti essere più di conforto.
    Però in fondo sì, oggi state tutti bene.
    «Casper è delirante da quando sei qui. Ho evitato di incontrare Anson o Nestor, la situazione era abbastanza tesa e non so nemmeno se mi avrebbero voluto sul loro territorio.»
    Anche se è strano da dire, perché quella era pur sempre casa tua, il luogo dove sei nata. Troppo guardinghi.
    «Non sono ancora riuscita a vedere Zoe. Ma a questo punto credo che me la presenterei direttamente tu.» punti il polpastrello dell'indice sul vetro appuntandoti una smorfia sorridente sulla guancia.
    «Con Putnam Valley sono arrivata a un buon punto, credo di vedere la fine. C'è chi mi ha dato una mano.»
    E non sapevi esattamente se era qui che volevi arrivare, non ci avevi neanche pensato arrivando qui, forse sì, certo, certo glielo avresti detto, ma il fatto che la sua scarcerazione arrivi così a breve ti costringe da un lato a dirglielo subito.
    «Ho stretto accordi oltreoceano. C'è una comunità vicino ad Edimburgo con cui sono entrata in contatto. E…»
    Scuoti appena le spalle «..c'è una persona.»
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    Non sapeva dire quanto lo rendesse felice che stavano tutti bene. Anche solo immaginarsi Ronnie, con la testa dura che aveva, allenarsi insieme a Martin. Gli altri mocciosi erano troppo piccoli, ma si sarebbero uniti anche loro alla giostra.
    Riusciva a vedere persino suo padre dare di matto perché era in galera, figurarsi la reazione pensando che il prossimo capofamiglia si era appena beccato venticinque anni di carcere. Era riuscito a deluderlo in tutti i modi.
    Solo che era passato in secondo piano. L'approvazione di suo padre, i continui tentativi di ottenere un minimo di rispetto. Ora c'era Zoe ed era un padre anche lui, cambiava tutto di prospettiva.
    Al punto che non se l'aspettava, ma a sentire il nome di sua figlia, gli vennero gli occhi lucidi, dovette per un attimo abbassare la testa, con un sorriso stampato in faccia ma anche smorfie strane con cui si costringeva a non fare la femminuccia.
    «Era bellissima anche con tutto il sangue e i liquidi vari addosso» forse sono troppi dettagli, ma è più o meno l'unico modo in cui l'aveva vista. Sì, dopo l'avevano ripulita e se l'era ammirata a lungo tutta arrossata, ma l'immagine che gli era rimasta impressa era comunque quel grumo appiccicaticcio e sporco, che piangeva a pieni polmoni. Aveva polmoni forti, la sua piccola. Ottimo segno, era ovvio che era già pronta a essere una guerriera tosta.
    Cercò di riprendersi al volo, il tempo non era mai molto. Solo che non si aspettava che gli mancasse tutto così tanto.
    Aveva continuato a fare il cacciatore anche lì dentro, si era organizzato per capire se essere l'uomo all'interno in futuro. Ma aveva avuto pochi anni, poteva comunque uscire a un'età decente, forse non aveva senso allungare la pena.
    Però ci aveva dovuto pensare. Venticinque anni in gabbia, lontano da sua figlia, dai ragazzi, da Chadwick, da Emeraude. In gabbia come c'era stato Ben.
    Accantonò il pensiero immediatamente. Non voleva che Emeraude gli leggesse in faccia quelli che erano stati davvero i suoi pensieri là dentro. Per fortuna Morgan Crain se li sarebbe portati dietro nella tomba.
    Tornò ad ascoltarla per strappare qualche altro brandello del mondo là fuori. Era contento che Putnam valley stesse andando, anche se era confuso dai dettagli che Emeraude aggiungeva.
    «Se c'è una sola persona non la chiamerei comunità, è almeno un tizio utile? Ha quei... libri, libri utili?».
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    C'è un fatto, purtroppo tutt'altro che bello, una sorta di deformazione, di mostro che, mordendole, rovina le cose. È il sentirsi quasi indegnamente e immeritevolmente felici. Come se non vi spettasse, come se non ti spettasse, Emeraude. Per tanto tempo hai provato questo tipo di sentimento, anche senza saperlo, soprattutto senza rendertene conto. Come una sorta di rifugio dopo tutto quello che è successo e che, in un modo o nell'altro, continua a succedere, perché lo dovreste sapere ormai che nel mondo, specialmente - o forse solo - nel vostro non esiste veramente il concetto di tregua. Per cui a volte è difficile sentire di meritarsi davvero la felicità, e questo pensiero finisce che contamina tutto, anche le cose veramente felici, dove si cerca in maniera quasi morbosa di trovare la pulce, il difetto che giustifica la disillusione se non il vittimismo.
    Ma ci provi adesso a rimanere aggrappata alle cose belle, a quelle felici lasciandole come tali, senza corromperle, neanche con un banale dove si annidano comunque sempre dei piccoli germi di disperazione.
    Perché è bello adesso guardare Rufus, anche se c'è uno stramaledetto vetro di mezzo che te lo tiene lontano, come un animale contagioso.
    «Sì, è così che di solito escono.»con tutto il sangue e i liquidi vari, lo prende in giro, come per rimarcare, di nuovo, quella loro eterna e sciocca competizione, prima tra chi divenisse prima genitore e poi chi capofamiglia; tu sempre in testa, ancora imbattuta.
    «E smettila di fare il maschio alpha. Ti puoi commuovere per la tua bambina, su.» picchietti sul vetro come per richiamare la sua attenzione, visto le smorfie con chi si torce la bocca e il resto dell'espressione pur di non cedere a quell'emozione che sì, a dire il vero, è strano vedergli dipinta in volto. Ma è anche questo il bello. Significa che è davvero qualcosa di nuovo, di puro. È come vedere germogliare un fiore nuovo in un campo che troppi innesti, troppe colture hanno sfruttato.
    «Quei libri utili salveranno il culo a te e a tua figlia, Foulger. Ricordatelo quando esci di qui. E comunque no, stavo parlando di due cose diverse.»
    Ti fa sorridere pure questo, anche avresti preferito che afferrasse subito la cosa, invece di fartici girare attorno così tanto. Sì, i famosi "mezzi termini" te li volevi concedere, senza per forza spiegare letteralmente tutto. Perché in qualche modo già lo sai - te lo sei perfettamente immaginato, a dire il vero - che Kieran non rappresenta esattamente il modello d'uomo che potrebbe aspettarsi tuoi cugino o un qualsiasi altro cacciatore. A dire il vero neanche tu te lo aspettavi, ed è forse per questo che ti piace di più.
    «Quello che ti stavo dicendo, "lacrima facile", è che ho conosciuto un uomo.» e lo squadri dall'altra parte del vetro con uno sguardo piuttosto eloquente.
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    Le mostrò il medio attraverso il vetro. Si era commosso un po', era vero, ma adesso non è che doveva per forza farne una conferenza stampa. Cosa tipica da donne, dover sottolineare l'emozione di un secondo e trasformarla in una questione di stato, rompere le palle perché la si potesse manifestare a pieno.
    Ma era passata, finito.
    Si concentrò invece sulla storia di cui parlava Eme, perché a parte la solfa sull'utilità dei libri che lui a volte avrebbe preferito contestare perché usando internet ancora si potevano trovare informazioni decenti, qualcosa gli puzzava. Aveva fatto uno sguardo che conosceva, una manovra tipica di Emeraude. Si stava ricaricando per tornare alla carica, e questo significava che gli era sfuggito qualcosa.
    Qualcosa di grave se cercava di distrarlo dandogli di quello con la lacrimuccia facile.
    Infatti appena sentì quella frase, "ho conosciuto un uomo", sentì forze contrastanti.
    La prima reazione non la negò, fu un po' di soddisfazione. Alla faccia di quello stronzo di Andre. E ovviamente era anche contento che Emeraude si stesse rifacendo una vita, aveva passato momenti troppo brutti, quella sola informazione significava che si stava rimettendo in piedi, combattendo come una vera cacciatrice.
    Però si parlava pur sempre di un uomo che avrebbe fatto parte della famiglia, non poteva essere superficiale nell'esaminarlo. Era una fortuna che sarebbe uscito a breve, significava poterlo osservare in modo molto più diretto.
    Stavolta bisognava assolutamente evitare che si trovasse un altro inutile sacco di merda.
    «Ah sì, e cos'ha che non va?» non era del tutto serio, infatti sorrise con aria furba, ma un po' la paura che non fosse proprio un tipo raccomandabile c'era. In fondo Eme l'aveva palesemente presa alla larga, stava nascondendo qualcosa.
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    «Perché dovrebbe avere qualcosa che non va?» gli chiedi con la stessa vena di sarcasmo pungente. «Ah già sì, perché sto parlando con te.» che voleva dire in realtà tante cose. Oltre allo scherzo, o alla lamentela nei confronti dell'iperprotettività di Rufus, c'era in realtà anche l'altro lato del suo essere così protettivo. Non si era mai trattato, tra voi, soltanto di una - a tuo parere - sterile forma di affermazione di un'identità insindacabile come era quella di certi cacciatori e di certe famiglie di cacciatori, come poteva benissimo essere quella dei Foulger.
    Però capisci come certe cose potrebbero seriamente "preoccuparlo", per gli stessi motivi: perché è un Foulger e perché è tuo cugino, e le cose, raziocinio e sentimenti si muovono su binari paralleli ma pur sempre su binari che viaggiano insieme.
    Prendi un sospiro, sciogliendo in uno sbuffo sul vetro il sarcasmo e l'ironia per tornare seria, anche se non vuoi sembrare eccessivamente preoccupata. Non lo sei, ti dici, ma in realtà quello che ti dà pensiero non è tanto adesso la reazione nell'immediato di Rufus, quanto il genere di pensieri che continueranno a macinargli nel cervello per… giorni? Imprevedibile. Perché ci tieni che le cose vadano bene anche per lui, dopo le infinite lotte e preghiere perché tra lui e Andre le cose funzionassero. Col senno di poi, anche se è un pensiero che non vorresti concederti ma nel quale a volte ti capita di cadere, forse tuo cugino aveva ragione su diverse cose. Ma scaccialo, non fa bene a nessuno, nemmeno a te. Però pagheresti davvero adesso perché le cose con Kieran funzionassero meglio, anche se le carte con cui questa relazione tra lui e Rufus non partono tutte in regola.
    «Non è un cacciatore. La sua famiglia aveva bisogno di conoscenze, ho fatto un accordo con la comunità che li sostiene e ho accettato che lo mandassero a Putnam Valley. Si chiama Kieran Callaway.»
    È quasi strano dire il suo nome così, come se rivelassi un segreto, come una che è tornata bambina e che tira giù il solito broncio per confidare qualcosa che la fa arrossire.
    «Fa il predicatore. Non è esattamente… nostro coetaneo, direi. Ha anche lui un figlio.»
    Ma non è l'età quella che conta. Ad un certo punto è una preoccupazione che svanisce, e lo ha fatto senza che te ne rendessi veramente conto, così come non è un peso sapere di Tobias. È qualcosa che funziona perché è tra due persone a modo loro adulte, pensi, credi, così ormai ti ritieni.
    «Sto bene.» ci tieni però a ribadire «Mi piace stare con lui.» che alla fine è il succo, la cosa più importante.
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    Edited by .happysong. - 3/5/2024, 00:35
     
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    Perché doveva avere qualcosa che non andava, gli chiese. Gli vennero in mente un sacco di motivi.
    Il primo, era la sua sbandata precedente. Andre gli era piaciuto per un periodo, ma quel periodo l'aveva dimenticato. Doveva invece stare più attento ai segnali che dicevano come fosse una pessima idea, e così avrebbe risparmiato a Emeraude un sacco di dolore e di grane.
    Il secondo era che nessun cacciatore era del tutto indenne dall'avere qualcosa che non andava. Anche lui aveva qualche difetto problematico, in particolare il dare assoluta priorità alla sua famiglia. Per certe donne sarebbe stato difficile da accettare, per questo era ancora più felice di aver trovato l'unica donna perfetta anche fuori dal continente.
    «Tu prova a smentirmi» la sfidò, ignorando il fatto che Eme voleva quasi far passare lui, per il problema. Come se avesse problemi ad accettare che lei vedesse un uomo. Non c'era problema, doveva solo permettergli di fare il suo lavoro, quello della famiglia. Non più intesa come Foulger, anche perché in quel caso avrebbe dovuto scartare molta più gente. Lui invece si aspettava poche cose.
    Se avesse potuto sceglierlo lui, avrebbe certamente puntato su un tipo forte, un cacciatore d'elite, meglio se proveniente da qualche famiglia alleata e di cui sapevano le idee e le regole interne. Un Kaldor, magari. E poi ovviamente doveva essere un buon padre, con la testa a posto, andare d'accordo con lui perché era fondamentale che potesse integrarsi in famiglia, buon bevitore, non di quelli che crollavano dopo appena mezza bottiglia di bourbon. Ovviamente non doveva bere neanche troppo, doveva conoscere la disciplina della caccia. Poi doveva trovare interessanti i libri, Emeraude avrebbe avuto bisogno anche di quello. Doveva essere abbastanza tranquillo da non litigare sempre, ma con abbastanza polso da saper fronteggiare Emeraude.
    Non era poi difficile trovare uno così.
    La descrizione che però iniziò a fare Emeraude dell'"uomo" già iniziava ad avere qualche problema.
    Non era un cacciatore. Non era un buon segno.
    Ma poteva andare, c'erano molti aiutanti dei cacciatori validi. Il lato positivo era che sarebbe potuto stare a casa con i bambini mentre Emeraude cacciava.
    Kieran era un nome irlandese, non un problema, gli irlandesi gli erano simpatici. Come gli scozzesi, e se era una comunità vicino Edimburgo poteva essere anche scozzese. Entrambi però tendevano a bere un po' troppo, quindi bisognava approfondire quel punto.
    Poi strabuzzò gli occhi. Un predicatore non se l'era aspettato. Gli fece quasi dimenticare il resto.
    «Un predicatore? Ti devi sposare, non trovare chi ti sposi» non riusciva a immaginarla Emeraude vicino un predicatore. Poteva però dire che... leggeva dei libri? I predicatori sembravano persone colte. Il figlio era una cosa buona. Non si ricordava l'altra cosa che aveva detto, stava superando lo shock del predicatore.
    La guardò attraverso il vetro, non si fidava troppo di questo tizio sconosciuto che le era piombato in casa, ma lei diceva di essere felice.
    Avrebbe dovuto torchiarlo per bene quando fosse tornato.
    «Mh. Quindi un predicatore. Non cacciatore. Beve?».
    they’ll act like predators
    If we act like prey

     
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    kabakov
    No, una parte di te non pensa che sarebbe potuta veramente andare meglio di così, ironia a parte. Quella serve solo per indolorare la pillola già di per sé amara. Perché per quanto stretto sia il legame tra te e Rufus, per quanto vicino sia il vostro pensiero su molte cose, lui rimarrà sempre un Foulger, forse il migliore dei Foulger, ma con un'idea piantata in testa e ormai germinata, sì, specialmente adesso che è a sua volta compagno e padre.
    Impugni meglio la cornetta del telefono, piantando i gomiti sul banco e sporgendoti in avanti, verso il vetro. Serri le labbra per un istante mentre lo guardi, stavolta seria, anche se non in maniera dura, critica. Sei piuttosto sicura delle scelte e del percorso che ti ha portato fino a qui.
    «E chi te lo dice che abbia intenzione di sposarmi di nuovo?» che di scherzo aveva poco, fino ad un certo punto. No, oltre alla battuta, era qualcosa invece di terribilmente serio. "Il buon senso di un cacciatore" avrebbe potuto risponderti, e lo avrebbe capito, certo: era esattamente quello il tipo di pensiero. Quello di una società, la vostra, pur sempre fatta di uomini e poi di donne, di figli da mettere al mondo e donare alla caccia, di relazioni stabili che assicurasse costantemente la nascita di quella progenie. È così che i cacciatori si assicurano il futuro, persino te, non lo puoi negare, specie nelle condizioni in cui hai vissuto negli ultimi anni, ma «Ho già fatto il mio dovere per la comunità, mi pare.» con il mettere al mondo quattro figli, e da quel punto di vista non pretendi di fare di più. Non puoi, ci sono limiti che tu stessa hai imposto oltre a quelli dettati dalla tua stessa età e fisiologia. Quando sono nati Val e Théo hai gridato al miracolo, perché loro sì che erano inaspettati, decisamente inattesi. Non te la senti di chiedere di più, né a te stessa, né alla Fortuna.
    «È scozzese, ma comunque meno di quanto possiate bere voi quando venite a casa mia.»
    Senza poi contare che non sai neanche dove ti vorrà portare questa cosa con Kieran, se durerà, se è destinata a lasciare segni o a far germinare a sua volta ancora qualche cosa. Anche se in fondo ci speri: hai scoperchiato l'armatura abbastanza per sapere di non voler rischiare ancora una volta una ferita profonda. Ma se l'hai aperta quella fenditura allora una sorta di speranza dentro di te cova.
    Allora in quella domanda allora, Perché dovrei sposarmi di nuovo? si svela tutto questo: il fatto che Kieran non ha niente di desiderabile per un cacciatore, e forse è proprio per questo che questa cosa ti piace, ti mette finalmente quella che per te è un'agognata pace. Perché non hai da dimostrare più niente. Non in questo, almeno.
    «D'accordo fratellino, senti questa anche.» l'ultima carta, quella che un po' lo sai, ti tradisce, ma non si può tenere troppo coperta a questo punto. «Kieran è un magonò.» glielo sussurri alla cornetta, stavolta gentile, gli occhi ben aperti che si specchiano sul riflesso del vetro.
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