Hear you from a mile away

Moses & Simèon | Los Angeles, 22 aprile 2024

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    Ci hai fatto pace a modo tuo, col tuo "tipo", perché per tua cazzo di fortuna Simeon è così preso da te che sa soprassedere alle discussioni stupide, anche quelle nate dalle tue incapacità umane. O forse perché ti ama. Ed è la prima persona in questo mondo marcio che lo fa per davvero. Forse nemmeno tua madre ti ha mai amato, altrimenti avrebbe fermato le mani di Abraham molto prima del vederti tirato su come un cane. Tenuto a pane e acqua solo per decenza, a dormire coi maiali. Così come è stato per Ben e per Efrem.
    Ci sono cose del vostro passato, che Simeon non sa, ma giusto perché neanche tu hai gran voglia di tirarle fuori quando poi state assieme.
    E va beh, le più cruente hai finito per dirgliele, così come lui sa che suo padre è sotto terra a causa tua. Efrem ti ha detto che è un gesto romantico, tu lo capisci solo quando ti fermi a guardare meglio Simeon.
    Adesso, in camera vostra, chiusa a chiave con Cody che ti tradisce dormendo di là accoccolato con tuo fratello, prendi fiato. Ti sfili la maglia. Una volta neanche distinguevi un pigiama da qualunque altra cosa usassi per dormire, i vestiti venivano lavati solo quando puzzavano troppo per uscirci, fine. Grazie a lui hai una routine, un senso, ed un maledetto appiglio per restare qui e proteggere entrambi dal tuo male.

    "Ha detto che domani cerca nlavoro dal negozio qua di fronte" ti siedi a letto, lo guardi perché di quegli occhi blu mica sai stancarti. Ti piacciono anche quando è arrabbiato e allora fa valere i suoi pensieri finché riesce. E tu, da stronzo, un po' ne approfitti e un po' interiorizzi per capire come non farlo stare male. "Me fa ancora strano che è venuto a cercamme" quando tu non hai fatto niente per dirgli che te ne andavi. Simeon ha già detto più volte che va bene avere Efrem qui, e che non devi stare a giustificare nulla, ma tu - da quanto tuo fratello a varcato questa soglia - ti senti responsabile. Senza il contrappasso di Abraham a pesarti addosso.
    Ti stendi a letto, tamburelli con le dita sul lato di Sìm, ed aspettarti che ti raggiunga. "C'hai sonno?"
     
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    Il mio problema è che ho sempre l'impressione di dover ingoiare il rospo anche qui. Anche quando non c'è nessuno a dirmi apertamente di farlo. O di star zitto, ecco e farmi andare bene le cose solo perché sono fortunato ad essere arrivato qui da niente. Che sulle spalle ho solo una borsa di studio per persone abbienti e qualche anno nella Juilliard School. Magari è stato quello a darmi lo slancio e non il mio essere perfettamente bravo nel fare ciò che faccio. Che faccio più tenerezza che orgoglio e Hollywood ha bisogno anche di questo: non solo di persone brave, ma anche di persone che sappiano fargli fare la differenza. Che permettano agli altri di dire che questo non è solo un sistema vecchio, chiuso, antico e corrotto. Che, anzi, il mondo sta cambiando e loro si stanno rivelando essere molto più inclusivi e sostenitori di quei piccoli geni che, diversamente, non sarebbero mai emersi.
    Mi dico quindi che sì, il problema del mio nervosismo è solo mio. Mio perché sono il primo a vedere il marcio in ogni cosa, anche quando magari non dovrei e finisco per sentirmi sfruttato com'è accaduto prima con Moses.
    Ma lui non voleva dirmi che sono il suo schiavo. Che devo tornare a casa e abbandonare i miei sogni solo per mantenere tutto al proprio posto. In ordine, pulito come sempre. No. Sono io ad averlo pensato. Io che nel profondo del mio cuore continuo a non sentirmi all'altezza di tutto questo. Di questa nuova vita che non è solo una nuova perché siamo insieme, ma perché mi costringe per un certo verso a fare quello serio. Richiama un Siméon più duro, più consapevole. Ma se dovessi poi chiedermi di cosa, effettivamente, sono consapevole, beh, non credo che riuscirei a rispondermi tanto facilmente.

    "Ah."
    Lascio scivolare la borsa ai piedi del letto. Con uno scossone mi tolgo le scarpe dal tallone, senza toccarle, per poi sfilare anche la camicia e restare a maniche corte e con la pelle d'oca.

    "Non si da nemmeno il tempo di visitare LA?" Non riesco a staccargli gli occhi di dosso nemmeno quando mi cambio e allora il mio pigiama rimane un semplice paio di mutande e una maglietta dal colletto distrutto. Ci sono due buchini verso le clavicole, ma è questo a renderla una maglia da casa.

    "Abbiamo ancora qualche risparmio. Forse ci arriviamo a fine mese insomma...se lui vuole passare un po' più di tempo con te." Mi lascio scivolare sul letto a carponi. Sdraiandomi solo quando arrivo al suo fianco. Una gamba già cerca di arpionare la sua.

    "Boh, non lo so." A me sembra di non aver più sonno.
    "Mi faresti un massaggio?" Gli spalmo una gamba sul fianco.
     
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    Non ti sei mai preso cura di qualcuno così, non se non comprendeva il dire esattamente ai tuoi fratelli cosa far e come farlo. Assicurarsi che imbracciassero il fucile per bene, così da non spaccarsi la spalla con il rinculo.
    Ben se l'era ovviamente spaccata lo stesso. Il tuo modo era quello lì: mi prendo cura di te perché così eviti di farti ammazzare da sta vita di merda.
    Eppure Benjamin te l'hanno portato via come niente, non ha mai ascoltato un cazzo, era convinto che la caccia potesse essere anche un gioco, tanto ai dettagli ci pensavi te. O forse l'hai visto sempre come cazzone e basta.
    Anche di Cody hai cercato di non prenderti cura subito. Tanto è un cane, sa cosa fare ed è la natura che lo cresce, mica te. Certo. Peccato non sia durata, e magari ad ammorbidirti per primo è stato proprio quell'ingrato del tuo cane, che stanotte ha preferito tuo fratello a voi. Ma quanto ti sta a cuore.
    Di più ti sta a cuore Simeon, da cui ti fai sempre avvicinare, ti piace quando fa il gattone, scioglie i muscoli e ti resta accanto. Con tutte le volte che l'hai costretto a tenderli, soprattutto gli ultimi mesi. Un mezzo anno di inferno gli hai fatto passare, prima di riprenderti. Ora i tuoi modi sono smussati, ma resta che non vuoi pesargli sul groppone. Tu lavori in quel cinema all'aperto, ti arrangi anche se le spese per la tua cura sono alte da far schifo, per questo i vestiti sono quello che sono. Non ti sei mai fatto un problema nell avere le tarme da cotone in casa, erano normali in Wyoming.
    Accetti il calore con cui Simeon ti aggancia una gamba contro, gli passi una mano a stringerla solo perché si assesti bene. Poi le tue mani risalgono lungo la schiena, sai massaggiarla anche così, mentre gli resti fronte a fronte.
    "Nso se vole sta così tanto co me, magari ce facciamo un giro tutti e tre na volta, ma nsa fasse na vacanza co e mano in tasca" soffi, spingi le dita lungo le sue scapole, senza fargli male, cerchi solo il punto di rottura. Metodico.
    "Amo parlato più oggi che in dieci anni" confermi, solo perché magari non sarà stanco ma non è detto che abbia ancora voglia di raccontarti tutto quello che ha fatto oggi.
    "Te vengo a prende domani? Porto du panini da casa e namo su e colline, anche co Cody che c'ha voja de sgambà" non è una vera domanda, è un altro soffio, che parli sottovoce perché i cazzi vostri Efrem non se li dovrà fare manco per sbaglio.
    Ti spingi naso a naso con Simeon, gliela tieni ancorata meglio quella gamba.
     
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    Io non l'ho mai avuto un fratello e, presumibilmente, nemmeno un rapporto decente con mio padre. Mia madre dopo un po' non l'ho nemmeno più sentita: lei ha divorziato da mio padre e poi ha dimenticato di avere un figlio che avesse bisogno di lei. E forse una delle tante colpe, una dei tanti colpevoli risiede proprio in questo. La mia famiglia non è stata altro che un cane che si morde la coda. Un cazzo di uroboro da cui non c'è mai stata uscita. È stato Moses, verosimilmente, a liberarmi dalla sua morsa. Forse avevo bisogno di saperlo morto per capire quale rapporto avessi con lui. Cos'era a legarmi tanto saldamente alla sua casa, alla sua violenza.
    E mi stupisco, quindi, quando per lui parlarmi della sua famiglia sembra facile, dopo mesi in cui parlare, in generale, ci è pesato da morire. Per questo facevamo sesso all'inizio. Solo e soltanto sesso, per paura, suppongo, di lasciarci sfuggire un'infinità di cose.

    "Mh, mi sembra bello, no? Dico esservi parlati così tanto." Mi accomodo meglio, spingendogli un piede contro lo stomaco ma non per fargli male, quanto per stiracchiarmi e lasciare l'intera gamba al suo giogo.
    "Lui non mi sembra un tipo freddo, magari è cresciuto proprio come te."
    Lo guardo, con un sorriso che sa insinuare il mio operato in questa cosa. Come se con lui avessi fatto davvero l'unica cosa buona della mia vita e allora fosse giusto andarvi fierissimi.
    Annuisco poi alla sua proposta. Mi sta bene esser preso a lavoro anche se a volte non ho voglia di fargli vedere cos'è che faccio lì. Non perché sia un segreto, non perché ci sia qualcosa di sbagliato, quanto perché ho l'impressione di non meritarmelo davvero. Come se i miei buoni voti non fossero serviti a niente e la mia bravura si rivelasse essere semplicemente uno specchietto per allodole.
    Forse non credo ancora così tanto in me e suonare senza la pressione di mio padre sul collo ancora mi fa strano.

    "Ci sto! Non hai da lavorare tu, vero? Così ci prendiamo mezza giornata tutta per noi."
    Allungo una mano in direzione del suo braccio. Glielo accarezzo delicatamente.
    "Mo - sono contento di avere Efrem qui." Non so perché, ma mi viene spontaneo dirglielo.
    "Mi fa sentire ancora più...più tuo. Ancor più parte della tua vita." Non voglio essere melenso, ma è un pensiero che sa formarsi solo e soltanto in questo modo.
    "Lui che ha detto di me? Vado bene per te?"
     
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    "Forse-" forse ti ha fatto bene parlare così tanto con Efrem, capire che cosa fa e che cosa vuole fare, anche se poi di queste informazioni non sai bene cosa fartene. Non lo conosci un rapporto fraterno sano, uno in cui ci si supporti a vicenda o ci si preoccupi.
    Anche se Efrem per te è preoccupato, o almeno così dev'essere stato quando Mà gli ha detto quello che non gli avresti mai detto tu. Tutte le volte in cui lui ti chiedeva se avevi qualcosa, lo guardavi male, storto, neanche ti avesse detto che sei debole.
    Ma in fondo era esattamente ciò che eri in quel momento: debole. Solo adesso stai imparando a tenere la tua condanna sotto controllo, a goderti Simeon ed il suo respiro caldo contro il tuo. Un solo cazzo di momento in cui ti senti bene anche se sei frocio.
    Tanto frocio, che la gamba di Sìm la risali fino alla coscia, saldi la presa. "L'ho cresciuto io, è na mia costola, anche se poi è uscito mejo del previsto. Ha imparato ad avecce un cuore prima di me"
    Prima che il tuo scegliesse di battere per un ragazzino del conservatorio, per un compositore troppo sottovalutato, per cui faresti carte false affinché almeno un pochino si sentisse importante, voluto, riconosciuto per quello che fa, nel modo in cui lo fa.
    E lo vedi che Simeon è onesto, che quando ti dice che è felice di avere Efrem qui, lo è per davvero, non ti sta prendendo in giro, né si sta sacrificando per qualcosa che non desidera.
    "O so-" gli rispondi "- te ne sai dì e bugie" lo cerchi, un po' di più, ti piace da morire stare così adesso, ad un passo da ogni ansimo che non hai finito di rubargli, e ad un passo dall'amore. Ma col cazzo che lo ammetterai. Non è qualcosa che sai dire. Per quello ci vorrà ancora parecchio tempo.
    Gli sorridi, serio. Simèon è parte della tua famiglia, lui è tuo perché vuole esserlo, non perché tu lo obblighi. Può andarsene quando vuole, e invece è sempre qui con te.
    "Dice che je piaci perché sai sognare, e che non devo trattatte de merda perché se vede quanto ce tiene a me, e a tenemme in piedi" e lo guardi, così da vicino. "E je do ragione su tutto, amò"
     
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    "Quindi non è solo il ragazzino più carino della sua età, ma è anche intelligente!" Cerco di sdrammatizzare quando il discorso si fa serio, anche quando la colpa è la mia e allora mi rendo conto di non aver ancora imparato com'è che si equilibrino bene certe cose. Sono meccanismi che Moses deve aver già compreso, forse più per la sua natura che per il mio essere un libro perennemente aperto. E non so se mi pento anche di questo, se lasciarli intravedere una faglia del genere poi rischi davvero di mettermi in una posizione spiacevole. Io so che di Moses posso fidarmi ciecamente, perché inconsciamente è stato lui a darmi vita. Lui a permettermi di vivere facendo fuori il mio carnefice. E io certe cose non dovrei pensarle. Perché è una fortuna che nessuno si sia accorto dell'omicidio di mio padre. Una fortuna che Moses non sia stato arrestato e poi rinchiuso a Rikers Island. A volte queste cose le sogno: sogno che sta bene, ma che è costretto a stare lontano da me. Chiuso in una cella, lontano da ogni tipo di affetto e pronto di ricevere la sua pena. E in ognuno di questi sogni noi scappiamo, scappiamo ovunque, eppure non c'è un posto in cui Moses non venga preso e sbattuto dentro.
    Magari sì, magari è anche per questo che ancora non so ambientarmi a Los Angeles. Per questo che la nostra vita continua a farmi strano: perché le mie capacità non varranno mai nulla in confronto alle sue e perché con la musica io non potrò salvarlo. E un giorno saremo costretti a scappare anche da qui, perché questa è la città dei serial killer, il luogo dei culti e Moses ha le potenzialità di essere scoperto per aver deciso di proteggermi. Ho già i brividi e magari lui può accorgersi anche di questo. Anche quando scherzo, sdrammatizzo e allora mi stringo di più a lui per convincermi di aver la presa salda in almeno qualcosa.
    "Sono contento, però." Lo guardo e mi rendo conto che sto per dirglielo. Che sdrammatizzare non serve a niente, perché tanto poi sono sempre io a tirar fuori i discorsi più spinosi a negargli il sesso adesso perché sì, sento che c'è qualcosa che mi preme sul petto e quel qualcosa scalpita per essere tirata fuori.
    "Ultimamente faccio fatica a piacermi..." Ma cerco di mantenere uno sguardo neutro. "Non farne un caso di stato, è solo che...solo che Los Angeles ancora non sembra fare per me." Ora però fisso il soffitto. "A volte, per assurdo, mi manca casa tua. Cody, il Wyoming, la puzza delle pecore." Sospiro. "Non lo so perché, forse sto semplicemente iniziando a disabituarmi della gente."
     
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    Quando dico che Simèon ti ha cambiato, non dico stronzate. Nonostante tu sia spesso su di giri quando ti sta vicino - tranne nei momenti in cui i farmaci ti abbattono - sai anche stare fermo, capire quando a lui non va, quando non ha voglia di stringersi a te con il solo scopo di darci dentro come conigli. Riconosci quando vuole una coccola, un posto nel mondo che gli appartenga anche se è perso.
    "N'è mai facile fa cose nove... anche se so quello per cui hai studiato come 'nfolle" azzardi, ci provi, sei in un terreno totalmente inesplorato anche per te, un punto in cui potresti vedertelo crollare davanti anche se ti ha detto che non è una cosa a cui dar peso.
    Lo prendi un po' alla lettera, ma è che con sta cosa ci combatti tu. Tu che hai smesso di cacciare ed hai capito che sa solo tirar su il bestiame e gestire un campo. Te la cavi ai fornelli perché mamma la spiavi quando stavi male. Quando papà non ti voleva perché avevi la febbre alta, e non avevi voglia di stare da solo a letto. Allora scendevi, prendevi lo sgabello e guardavi Mary in silenzio. Lei che ogni tanto veniva a darti un bacio in fronte, ma perché così misurava la febbre.
    Ora anche tu stai facendo cose nuove, in un posto troppo caldo, ma che ha le cure migliori... ma cazzo se non sei sempre a tuo agio.
    "Te ce devi incastrà piano" sussirri, morbido ma tenace. "N'è che poi entraje in culo senza presentatte a dovere. La mano gliela devi stringe, prima, no dopo." sei serio, ma quello che dici è la parafrasi perfetta di ciò che senti.
    A te è andata di fortuna che Simeon ti abbia amato anche quando la mano non volevi stringergliela, ora invece lo fai, cerchi le sue dita, ti incastri lì con le tue.
    "Ce proviamo finché riusciamo, se butta male da Mà c'è spazio pe tutti, ma ce dovemo sporcà e mani de più, amò" in due, che te l'ha fatto capire lui che non sei solo.


    Edited by nocturnæ - 2/5/2024, 20:23
     
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    C'è un momento, che è il mio preferito da che lo conosco, in cui sentirlo parlare mi scatena le risate e allora mi piego piano, contro il suo petto, per attutirle un po' lì. Che magari Efrem sta dormendo o non ha voglia di sentirci far baccano in questo modo. Non ci avevo pensato prima, ma effettivamente non so quanto di noi vada bene al ragazzino, nel senso in cui immagino che il cucciolo di Holt possa in un qualche modo essere simile al Moses che ho conosciuto la prima sera. Magari ha scoperto oggi che suo fratello è gay. Magari sentirlo far l'amore con un altro maschio lo stranisce. Potrebbe rischiare di spedirlo fuori casa. E lo so, di queste cose non dovrei preoccuparmi, perché d'altronde non sto facendo nulla di male, eppure un po' ci penso. Penso al fatto che vorrei tenere anche Efrem sotto questo tetto e che dive c'è Moses, in un qualche modo, c'è davvero casa. E questa casa è nostra anche se l'abbiamo solo affittata. È nostra anche se i mobili non li abbiamo scelti noi, anche se non ci sono foto nostre appese alle pareti. Non ancora, almeno.
    "Devo stringerli la mano prima di infilarglielo in culo? Serio?"
    Ma più ci penso più mi viene da ridere e lo faccio, alzando gli occhi dalla sua ascella per guardarlo meglio. Mi piace la linea del suo viso, il modo in cui nei mesi si è fatta più morbida, segno che forse con me si sta davvero rilassando.
    "Ma parli proprio tu? Da quand'è che ti sei fatto così saggio?" Mi allungo ancora un po', quanto mi basta per affondare con un viso nel suo collo. Non ho ancora tolto le lenti a contatto, quindi questo tipo di fusa non mi danno fastidio. Spingo il naso contro la sua pelle. "Non mi dire che ti sei messo a leggere Kant quando sono via, potrei sentirmi seriamente minacciato."
    Ridacchio, ancora e ancora, perché mi piace sentirmi stupido, come quando sono ubriaco ma non al punto da non ricordare più cos'è che sta succedendo.
    "Io me sporco le mani, Mò...cioè, mi sta bene farlo e magari prima o poi mi abituerò anche a questo." Ora non rido più, sorrido e basta, forse per dissimulare il fatto che qualcosa, comunque, continua a scavarmi dentro. Qualcosa che non conosco, che non so quantificare né spingere via.
    "È solo un momento. Devono fare st'effetto strano i cambiamenti...come quando ho conosciuto te e mi son sentito uno schifo fino a che non ti ho rivisto."
    Dovrebbe risuonare come una cosa dolce, d'altronde sto spingendo queste fusa a lungo, tanto che quasi mi sembra di voler entrare a forza nel suo corpo, nella sua pelle.
    "Magari è che per ora ci sta andando stranamente bene...è che, è strano quando tutto è facile."
     
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    Simèon è una piccola gemma grezza, bellissima. Ogni volta che ride ti manda ai matti, e tu diventi un cercatore d'oro che, perso il filone dopo anni di fatica e sudore, trova la miniera. Non c'è l'oro che cercava, ci però gemme che valgono molto di più.
    Come vale di più la risata che gli scateni adesso, che soffoca perché Efrem non vi senta tubare come tortore. Ma tanto è quello che siete, e se gli darà fastidio - ti dici - si coprirà le orecchie. Gli Holt non sono più omofobi del cazzo, è una lezione che avrà da imparare, se gli entrerà qualcosa in quella testa dura.
    "Nto dico letterale eh, s'tuccello è mio, e pure il culo" che sia ben chiaro, anche se ti esce meno possessivo del solito, solo come un leggero buffetto romantico, un bacio che gli lasci piano sulla tempia quando è ancora stretto a te.
    "Però so serio, o so che n'ho mai fatto così io, to ricordi bene..." non può dimenticarsi della vostra prima volta, quando l'hai ferito, ma in modo strano perché poi ha sentito la tua mancanza.
    Magari non subito, non quanto l'hai sentita tu, ma cazzo se ringrazi quell'aggancio, altrimenti ora saresti morto. Sim ti ha salvato la vita, e tu - se puoi - lo ami ogni giorno di più.
    E glielo riesci a dire solo così, con metafore prese dalle peggiori autobiografie di un contadino illetterato.
    "Ao, che dici? Coi libri mica ce faccio la zuppa" scherzi, ancora, non perché tu non legga - e non leggi, lo sappiamo - ma perché non sei proprio così tanto caprone, qualcosa la sai. Più che altro sono esperienze di vita, ecco.
    "Nte preoccupà, quello più svejo sei sempre te trai due" non che ci fossero dubbi, ma il suo naso lungo il collo ti fa morire il cuore in gola, e con lui vanno a fanculo altre parole, quelle superflue che non servono a nessuno.
    "Esatto, daje n'arto appuntamento a sta Los Angeles..." soffi, tornando a guardarlo, la mano che gli accarezza quel muso da topone che ha.
    "Te sbaji, però-... non c'è niente de facile qui, ce sta a dì bene perché ce siamo fatti il culo, ma facile non c'è un cazzo. Quello che ariva, so meritamo" questa è forse la cosa più seria che tu abbia detto finora.
    Resisti ai brividi che senti, alla voglia di averlo subito.
     
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