Carnage VS Satet

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    Carnage vs Satet
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    «Se pensi sia una stronzata, perché non lo fai tu?»
    «Non dico sia una stronzata, solo che sarei molto più brava di te»

    Ezra non sembra prenderla bene. Meglio. Il più delle volte è così arrogante che umiliarlo nel suo campo è una prospettiva niente male.
    «Vediamo se per una volta sai tenere tu il comando»
    La prende come una sfida. Leah si porta le dita alle labbra e getta un fischio che spacca i timpani. Tutti i presenti zittiscono e si voltano a guardarla in cagnesco prima di rendersi conto che a fischiare è stata una donna.
    «CI SIETE BASTARDI?!? Le regole le conoscete! Niente armi e niente incantesimi, non fate i pezzi di merda che altrimenti vi faccio spaccare le ossa da Miguel». Si volta per lanciare un sorriso smaliziato all’omone in fondo allo scantinato, che ricambia con un grugnito rivolto alla folla.
    «Sapete già chi sono gli sfidanti, la bella e la bestia. Carnage e Satet. Il primo è un metro e novanta di massa muscolare e testosterone. È grosso. È arrabbiato. E non si fa problemi a picchiare le donne! Satet è un aggraziato metro e settanta di passera, gambe lunghe, vita stretta e bicipiti che non vorreste stretti intorno al vostro collo, ve lo assicuro. Cos’altro aspettate? Il permesso della mamma? Combattete!»
    FIGHT!!!



    Non ci sono scadenze per ora, il primo che posta comincia!
    Per il pubblico: ricordate che potete postare anche in off commenti, insulti e quant'altro come spettatori.
    Per gli AVENGERS: voi sarebbe meglio faceste anche piccoli post. Altrimenti potete aspettare la fine dell'incontro per fare un po' di indagini. Mi raccomando, non fate le femminucce altrimenti Miguel vi butta fuori.

    Edited by -Chaos. - 21/2/2017, 22:13
     
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    Runachik
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    ♔ dulcinea angelique verhoeven

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    Era bello vedere New York ammainare le vele di un pomeriggio quasi fuggito in vista dell'incostanza peccatrice della notte. C'era una fede ingenua in quell'arrendevole naufragio di volti che si lasciavano tentare dalle ciglia luminose dei bar periferici, stagnanti in un acquitrino di strade ubriache di troppi passi. Dulcinea spostò lo sguardo sul sole che zoppicava con indelicata incertezza sulla soglia bruna dell'orizzonte. Presto, sarebbe rimasto solo un fragile rosso purpureo. Vestiva di nero, come le era stato imposto consigliato. Jeans stretti e scuri, un giubbotto di pelle e i suoi inseparabili stivaletti alti. Avrebbe voluto infilare gli auricolari e aggrapparsi al grembo di qualche nota dal significato irrimediabilmente distante, ma proprio non riusciva a scostare le mani dalle tasche. Un po' per il freddo che si affannava nel suo avido tentativo di venire a conoscenza di un nuovo lembo di pelle da seviziare. Un po' per l'indecifrabile bisogno di aspirare il caotico esistere della città. Sapeva che avrebbe dovuto vederla diversa. Sapeva che le parole dei suoi compagni la sera della riunione, avrebbero dovuto trascrivere perlomeno il sospetto lungo quei muri incagliati l'uno sull'altro, dentro i mattoni, fra la calce pallida, perché le iridi azzurre potessero leggere l'inganno che si articolava con l'infima cautela di un'onda rannicchiata sulle labbra ruvide della costa. E invece non era spaventata. Tutt'altro. Lei era l'ennesima moneta scadente pronta ad essere lanciata nel pozzo delle dissolutezze, insieme alla solitudine perfetta di tutte quelle voglie che per la loro immoralità avevano finito col toccare il fondo. Per quanto tentasse d'imporsi un minimo di seriosa attenzione, la sua psiche finiva col dare l'esclusiva capricciosa alle sfumature divertenti di ogni dannatissima situazione. E spesso ne pagava il prezzo.
    L'odore marcio che vagabondava sul ciglio del Felix era un vomitevole avvertimento per chiunque avesse a cuore la propria igiene personale. Dulcinea si tenne stretta il suo sorriso smaliziato mentre i tacchi neri schioccavano per trascinarla all'interno di quello che sembrava lo sputo di Satana sul volto della terra. Sfilò una sigaretta dal pacchetto rigirandosela placidamente fra le dita. La accese, e le labbra si aggrapparono lascive a quella feritoia di piacere a breve termine, caldo, ammutolito. Sentiva il corpo rappreso nelle catene sconfortanti del suo stesso indugiare. Ma da dove poteva partire? E soprattutto come non dare nell'occhio quando tutto il suo essere implorava l'assalto efferato dell'interesse altrui? Il gorgoglio malato di voci venne zittito dal timbro di un bicchiere già tristemente asciutto, posato di malagrazia sul bancone. Voltò la testa assaporando la preparazione di una smorfia convincente, ma stava già caracollando verso il ripiano rigido incrostato di sporco e aureole traslucide di whiskey, lasciate in pegno da chissà quale angelo.
    << Hai del rum?>>
    Avrebbe voluto che i suoi occhi, solo per una manciata di secondi, vantassero la disperata delicatezza delle ali dei gabbiani. Sarebbe stato più semplice ostentare un'indifferenza oramai perduta nei confronti di Shaw. E lui le avrebbe rinfacciato d'essere riuscita a mandare tutto a puttane. Bla bla bla. Fece un lungo tiro dalla sigaretta per poi ghermire il bicchiere che lui le aveva posato davanti.
    << Se ti serve una mano... Dietro al bancone intendo>>
    Non riuscì a frenare un'espressione pregna della consueta ironia prima di defilarsi ed evitare che la figura dell'inglese appannasse la solida vetrina dentro alla quale aveva riposto con un mero ordine gli obbiettivi di quella sera. Il buttafuori era un mastino cresciuto ad acqua e testosterone. La ragazza sfilò imperterrita davanti ai suoi occhi sperando che non la fermasse per potersi avvicinare meglio alla zona dedicata allo spargimento di sangue e altri liquidi corporei.
    © created by jeankies! - don't copy, be be respectful and use your mind

    La player di Dulcinea ha dei problemi, so per questa volta ne faccio le veci postando al posto suo
     
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    EZRA HUGHESbluejay
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    narrato – «parlato»pensato
    La
    puzza di rancido e sudore è l'unica carezza che si possa conoscere in quello scantinato buio. La luce elettrica strilla gracchiando intermittente, lacerando le cornee per la sua troppa violenza. Guardare Leah in questo ambiente è eccitante. Gli sembra di vederla imparare da lui a immergersi nella sua sudicia natura, cominciando a sguazzare come dovrebbe fare da sempre. Da Flint a New York voleva credersi migliore, spacciare di non avere sangue imbevuto di naftalina per non marcire nelle vene. Saperla al Felix, vederla sguazzare con i suoi stracci succinti fra gli uomini peggiori della zona accende una fame che sazia ogni volta che lo attacca e le risponde facendola annegare nell'umiliazione. Ha sempre le cosce scoperte, le clavicole in bella mostra come la curva leggera del seno troppo piccolo. La sua nudità è sfacciata come la sua lingua e Leah la vende con una tagliola per volpi in cui si erge stesso come esca. Le piace sfidarlo. Vuole dimostrare di non avere nulla in comune con lui, di esserci ripulita dal sudiciume che lui spaccia come fosse un sogno distorto e le lascia sulla pelle ogni volta che la tocca fregandosene delle sue moine. Lo sa quanto in realtà le piaccia che lui se ne fotta dei confini della sua intimità. Lo sente fra i gemiti che tenta di mettere a tacere e le reazioni del suo corpo che non può nascondere. Vuole gestire lei un incontro. Non può non pensare che gli stia facendo vedere quanto sia impossibile cancellare il marchio putrido di Flint. Gode a sguazzare nel fango, ma è troppo ipocrita per ammetterlo. Lo sporco che un posto simile ha da offrire potrebbe irretirla con la sua lingua seducente e non lasciarla scappare mai più, e lei ama troppo la fuga per privarsene. La osserva in modo che lei possa vedere ogni espressione sulla sua faccia. «Vediamo se per una volta sai tenere tu il comando». Lei sa bene a cosa lui si riferisca. Sa che ha assaggiato la perdizione estatica e sporca in cui precipita quando le si dice cosa fare con brutalità. È nata per essere sottomessa. Si fa frustare e mettere catene con cui tira a sé i suoi torturatori per godere di quella reciproca distruzione. Ezra si accende una sigaretta, buttando fumo sui combattenti. Non lei. Deve vederla bene mentre gli dimostra di poter comandare. Eppure è ancora lui a tenere le redini. Persino fra le sue parole c'è la sua frase d'attacco, la prova che le è serpeggiato dentro più di quanto voglia ammettere. Si avvicina scivolando fra la folla. Conosce i tempi di un giudice di quegli incontri. Sa quando assestare una frase, quando lei non potrà rispondere. Emerge alle sue spalle annunciando la sua presenza cacciando la nicotina sul suo collo scoperto. Il fumo le accarezza la nuca fino a sparire lontano dal suo corpo. «Ti eccita così tanto guardarmi al lavoro?» sibila nel suo orecchio, restando così vicino da farle sentire il presagio del suo corpo troppo lontano per toccarla, eppure così vicino da farne percepire il calore sulla schiena. Saperlo dietro di lei le piacerà ancora di più. Per un istante si chiede quante volte si pregherà di sapere se lui la sta guardando, quante fingerà di essere disgustata da quegli occhi indiscreti che scorrono il suo corpo con gli stessi riguardi che riserverebbe ad un manichino. Nessuno. Quante, infine, ammetterà di volere che quello sguardo la divori come più volte le ha fatto capire di poter fare.
    you take a mortal man and put him in control watch him become a god
     
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    emma manson
    satet - 21 - wendigo
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    i'm meaner than my demons
    i'm bigger than these bones
    Per quanto si presentasse come il covo delle Arti Oscure, la casa della libertà e dell'istinto, il Manor tendeva a stare stretto sulla pelle. Aveva regole ben precise, invogliandoli ad essere il peggio che potevano ma costringendoli in un codice di rispetto che perdeva il suo senso. L'istinto appassiva, sfiorendo fra limiti insani che venivano imposti a bestie bramose di agire, di assaporare, di scoprire e, sopratutto, bisognose di raggiungere il promesso potere. Piegò appena il collo massaggiandolo con la destra, gli occhi socchiusi mentre pregustava quella calma che, lo sapeva, sarebbe rimasta per ancora qualche istante. Dopo sarebbe stato puro istinto. Ricordava con un sorriso beffardo il tempo in cui quell'impulsività era stato un timore, una paura da nascondere sotto pelle. Adesso era la sua forza. Alzò il volto, aprendo gli occhi chiari mentre inspirava a fondo, un sorriso divertito a piegarle le labbra. L'aria che respirava puzzava di pelle di seconda mano, uno spiacevole odore che non aveva piacere a inspirare, ma che, a quanto pareva, era necessario. Guardò il ragazzo di fronte a lei, un sorriso coperto dal tessuto duro della maschera. Da un momento all'altro lo scontro sarebbe iniziato. Sapeva che i brividi di pregustazione che labivano le sue membra, in quello stesso istante, percorrevano il corpo di Reverse. Condividevano lo stesso animalesco desiderio, entrambi liberi nel sangue e nella violenza. Eppure erano stati costretti da invisibili catene, liberi solo quando la Luna spariva dal cielo e la loro natura si rivelava. Così erano finiti a partecipare a quel combattimento, uno contro l'altra. La voce della ragazza interruppe il breve silenzio ed Emma si alzò, stirando le braccia mentre lanciava uno sguardo divertito al suo avversario. «Che vinca il migliore» strizzò l'occhio destro mentre entravano nello spiazzale delineato per il combattimento. Conosceva il ragazzo, conosceva le abilità che entrambi condividevano. Il ragazzo era forte, molto più di lei, e non era certa che la sua velocità quella volta l'avrebbe aiutata. Ma infondo non si trattava davvero di quello. Doveva sfogare nel sangue quello che tratteneva da quando erano andati al Manor. Sarebbe avanzata a guardia alta, provando a spingere sulle gambe per essere il più rapida possibile. Sapeva che, in quanto a rapidità, lei e il ragazzo erano praticamente in parità, ma non per questo avrebbe rallentato i suoi movimenti. Avrebbe spinto, invece, per rendere lo scontro degno di questo nome. Piegando il busto per trovare il giusto slancio avrebbe fintato con il pugno sinistro, mirando allo stomaco. Sperando che il ragazzo cascasse nel trucco avrebbe poi alzato il ginocchio destro per colpire il nervo di modo da rallenatre i movimenti di Revserse. A prescindere dalla riuscita dell'attacco a quel punto avrebbe provato ad allungare la mano destra sul fianco del ragazzo, cercando un appoggio stabile per sfruttare la sua stabilità e possenza. Avrebbe provato a spingere sé stessa oltre il suo corpo in un movimento rotatorio per trovarsi a fronteggiare la sua schiena.
    narrato ◆ «parlato» ◆ pensato


    Giova io tvb ma lo sai in che condizioni sto vertendo attualmente quindi perdonami, perdonami anche tu Eng. Perdonatemi tutti <3

    EDIT: SCUSATE non mi ero accorta di aver lasciato il link alla scheda di Prosper Watson, che imbarazzo

    Edited by .Nøctis; - 25/2/2017, 00:32
     
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    Satet
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    Satet scatta in avanti, finta a sinistra (cd10:2, serve un tiro riflessi maggiore di 2 per non cadere nella finta) diretta allo stomaco, segue una ginocchiata sopra la rotula per colpire il tendine del quadricipite [fingerò che tu non abbia parlato di nervi perchè sono buona](cd35: 18-1+25). Sfruttando il fianco destro di Carnage cerchi di sgusciare alle sue spalle (cd30: 25+1+9).

    Carnage hai 24h per difenderti!
     
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    Bonus del personaggio nel relativo pannello.
    La canzone è figa.

    Reverse - Carnage
    ■ Black Magician ■
    SchedacercaVoice

    "I've no name, no face, no live... And no one else will"


    P
    erchè?
    Perché lo ha trascinato in quell'assurdità? Perché preme per combattere una battaglia insensata e priva di fondamenti qual è quella che stanno imbastendo? Perché vuole provare il suo valore di fronte a lui?
    No, perché piuttosto lui si prende in giro, quando ben sa il motivo di quello scontro. Oh lei vuole combattere, lo vuole disperatamente per mettere a nudo quella violenza carnale che spinge i loro corpi dalle corna nere ogni notte di luna nuova. Lei... brama quel sangue, quella violenza brutale che si confina alla pura cibazione. Lei lo brama, e mentirebbe se dicesse che per lui non vi è fame o voglia di morte. Ogni singolo giorno, ogni singolo sguardo, ogni singolo bacio e morso e graffio e tocco brama quel sangue e quella violenza.
    Oh sa perfettamente perché adesso si trovano faccia a faccia, mascherati, a girare lentamente e fissi negli occhi altrui come bestie feroci pronte al combattimento. Perché lo sono, bestie. Il manor prende il tuo corpo, il tuo animo, e lo chiude in catene che neanche uno specchio possono eguagliare. A nulla valgono le raccomandazioni del padre. A nulla vale Randall che impone le sue regole e i suoi riguardi quando loro a fatica strisciano nella fame carnale e violenta che scuote i loro sogni ogni notte.
    E adesso sono lì, l'uno di fronte all'altra, l'uomo e la donna, Adamo ed Eva forse, se si potessero definire nuovi precursori di una generazione di bestie affamate di carne e sangue.
    E il sangue, per lo meno, lo avrebbero avuto.
    Piega il capo di lato, osservando la giovane Wendigo, e sorride, in attesa. La sua esperienza è superiore. La sua forza è superiore. Eppure Emma conserva in sé il potenziale di ridurre il suo corpo in cenere se solo lo volesse, terribile e distruttiva com'è. Non bisogna mai fidarsi della facciata conservata a fatica, poiché preclude la vista della bestia nascosta dietro di essa.
    Eppure sorride, sorride e strizza l'occhio dalle lunghe ciglia, schiudendo un secondo le labbra rosse per poche, lievi, parole. Sorride a sua volta, scoprendo i denti sotto la copertura di quella maschera rossa che porta. Scrocchia il collo, a destra e a sinistra, poggiandosi poi la mano sul petto e privandolo della maglia nera per evitare che possa fungere da appiglio durante il combattimento. La getta di lato, rivolgendo di nuovo gli occhi alla donna davanti a sé. Emma voleva il sangue, Emma voleva la presa violenta della lotta, mai sazia della violenza che già le dava. E l'avrebbe avuta.
    Non aspetta, si getta subito in avanti, contro di lui. Reverse è più alto e più grosso, perciò ovviamente punta sulla velocità e sulle dimensioni relativamente ridotte, si abbassa e si porta avanti per essere difficile da colpire. Eppure attacca frontalmente, a guardia alta, sfruttando la sua velocità. Sa bene che la sua superiorità fisica gli consente un vantaggio solo fintanto che la mantiene, e sa bene quanto facilmente Emma possa sfruttare il suo peso per gettarlo il terra e sovrastarlo. Ha bisogno di una posizione stabile e statuaria, incapace di vacillare ma non per questo ridotta nei movimenti e nell'elasticità, consentendo attacchi potenti e veloci e permettendo all'avversario di stancarsi nel tentativo di farlo cadere, quel tanto che basta per concedersi un maggiore usufrutto della sua agilità.
    E karate sia.
    Si avvicina frontalmente, e lui l'aspetta. Allarga il braccio e la gamba destra, portando il pugno chiuso alla fronte e la punta della scarpa sul terreno mentre ancora si avvicina. Poi lo vede. Il suo attacco arriva al corpo, ma non importa, non ha ancora preso la sua posizione. Ruota la gamba destra e il pugno destro, in un movimento di spazzata con la gamba, accompagnato da un soto uke del braccio. Un unico movimento coordinato, una rotazione di poco più di 90°, atto a deviare ogni colpo diretto in arrivo verso sinistra, colpendolo lateralmente e scongiurando la minaccia, e al tempo stesso portandolo in una posizione orizzontale rispetto all'avversario, chiudendo ogni possibile apertura in guardia. Sa che è veloce, e sa che molto difficilmente una semplice deviazione può scongiurare l'arrivo di un colpo. Emma... Emma è persino più subdola di quanto lui possa essere. Emma gioca con le sue vittime, le coglie di sorpresa, e sa bene quanto la sorpresa sia un fatto importante contro un avversario della mole di Reverse, contro cui la forza bruta non può vincere. Eppure deve tenere sempre almeno un piede a terra, non può permettersi di inseguirla e stancare il suo corpo in una corsa inutile e sfuggente, la deve attendere, assecondare, intercettare nel momento in cui porta avanti il corpo e in cui finta un movimento e colpire forte in maniera che non possa reagire. Non ha intenzione di infierire, ma vuole capisca che non deve trattenersi.
    Vuole godersi quello scontro.
    Aguzza gli occhi, studiando i movimenti dell'avversario in maniera da percepirne lo schema, per intuire l'arrivo del colpo, ma non la insegue. Si volta, quando lei si muove, cercando di intercettare la sua stabile posizione sollevando appena il piede sinistro per colpire con un rapido Fumikomi l'incavo del suo ginocchio, in maniera da rallentarla e fermare il suo movimento, sbilanciandone la posizione. Ritira indietro il sinistro in maniera da portare il ginocchio al petto, deve essere rapido, più di lei, muoversi senza che si accorga realmente di essere stata colpita e distendere una seconda volta la gamba, mostrando il taglio del piede, colpendo con uno Yoko geri kekomi la gola della ragazza perché possa cadere indietro priva di fiato.
    Se non vi riuscisse, allora sposterebbe indietro il peso spingendo sulla gamba sinistra per allontanarsi dalla ragazza, alzando la guardia per fronteggiare l'arrivo di un eventuale colpo.
    «Suvvia baby, puoi fare di meglio»


    S
    kills utilizzate durante il post


    S
    tatistiche base relative alla Peak Human Condition:


    Forza: +2
    Velocità: +2
    Costituzione: +2
    Agilità: +3
    Resistenza: +3

    Bonus Allenamento:
    Anni di addestramento fisico specifico = +3

    Bonus Wendigo non necessari per parità di Razza


    gxydCX7
    "I'm gonna fight 'em all
    A seven nation army couldn't hold me back
    They're gonna rip it off
    Taking their time right behind my back"
    Role Code by Chaos.

     
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    Ayumu Kurosaki
    Medium - A Γ T - Attrice - Scheda
    "Mi sembra di andare ad un funerale." quello fu il primo il commento che uscì dalle labbra dipinte di nero rossetto della nipponica. Shaw era stato piuttosto chiaro riguardo il vestiario consentito all'interno del Felix, locale dalla fama alquanto discutibile e impestato dagli olezzi peggiori. Vi era stata solamente una volta, mesi addietro, e non conservava dei ricordi propriamente piacevoli, visti ematomi che le catene di R'am le avevano lasciato sui polsi.
    "Vedila in questo modo. Il nero snellisce." le rispose canzonatorio Tristan, costringendola ad alzare gli occhi al cielo. Per quanto si fosse legata a quel ragazzo in quegli ultimi mesi di ripresa, ancora non poteva evitare un istinto omicida quando se ne usciva con quelle battutine così amorevoli.
    "Vedi di non fare troppo il simpatico, caro il mio signor Ivashkov. Altrimenti va a finire che ti ci fa diventare Dulcinea, di nero." rispose prontamente la ragazza, prima di incamminarsi verso i bassifondi di New York. Avevano deciso di recarsi al locale insieme: lei perché conosceva a malapena il posto, lui probabilmente commosso da pietà nel vedere uno scricciolo del genere nella tana del grosso lupo cattivo. Per quanto amasse definirsi una persona forte, Ayumu non era stupida e non provava alcuna vergogna ad ammettere l'estremo timore che quel luogo le incuteva. Essere a conoscenza, poi, del tipo di plebaglia che avrebbe assistito allo scontro di certo non l'aveva rassicurata: si era cacciata proprio in un bel guaio!
    Per giorni aveva maledetto (ovviamente fraternamente) Taylor per la decisione di spedirla in quel covo di putridume, piazzata in mezzo al triangolo amoroso più incasinato di tutta Brakebills. Ovviamente non ci aveva pensato due volte ad accettare la sua richiesta, le era bastato lo sguardo che la bionda aveva lanciato a Shaw per comprendere molto più di quello che le sue labbra avevano pronunciato.
    Eccola lì, dunque, bardata in un vestiario quanto più diverso dai toni pastello tipici del suo stile. Era stata costretta a chiedere a Dulcinea un minimo di aiuto, essendo una completa estranea a quel genere di ambiente. Alla fine se ne era uscita con un paio di pantaloni in pelle, giacca del medesimo materiale, anfibi e un top fin troppo aderente per i suoi gusti; il tutto ovviamente basato su tonalità scure tendenti del nero. Era per quel motivo, che aveva optato per un trucco abbastanza pesante, scuro, che coprisse l'innocenza dei suoi tratti e il disagio che provava in quel preciso momento.
    "Smettila di torturarti le mani. Si nota lontano un miglio che sei agitata." le disse ad un certo punto l'amico, quando ormai mancavano pochi metri all'entrata e gli ultimi vermigli sprazzi del crepuscolo stava colorando l'ambiente circostante. Ayumu alzò di scatto il capo, fissando gli occhi onice in quelli del ragazzo e stiracchiando un sorriso piuttosto imbarazzato: l'aveva scoperta.
    "Scusami. È che questo post non mi riporta alla mente bei ricordi." gli confidò in modo sibillino, per poi fare un lungo respiro per calmarsi.
    "Non preoccuparti, però, recitare è il mio lavoro." aggiunse poco dopo, regalandogli un sorriso più sincero e stemperato dalle angustie del momento. Tris si limitò ad annuire, prima di prenderle improvvisamente la mano e trascinarla finalmente all'interno del locale. Per un attimo la sua mente vagò verso l'immagine di Marloon risalente a qualche giorno prima, ma fu solamente un attimo che venne spazzato via dal vociare concitato dell'interno che li travolse in pieno al loro arrivo. Ayu si ritrovò completamente catapultata all'interno di un caleidoscopio di ombre, odori, suoni e immagini, che arrestarono per qualche attimo il suo cuore. Con occhi spaesati, fece vagare lo sguardo un po' ovunque alla ricerca di persone a lei conosciuto, ritrovando per fortuna i visi di Dulcinea e Shaw. Non ebbe, tuttavia, il tempo di assimilare tali informazioni, che il ragazzo al suo fianco la strinse immediatamente a sé con fare possessivo, facendo scontrare improvvisamente le loro anche. La Kurosaki non poté evitare di lanciargli uno sguardo di sottecchi, confusa da quell'improvvisa mossa e impreparata ad un contatto così inaspettato. Le bastò, tuttavia, aspettare qualche secondo prima di comprendere il perché di un tale atteggiamento. Prima di dirigersi verso il bancone, unico porto sicuro per lei in tutto il locale, Tristan parve dirigersi verso una sua conoscenza tutta muscoli e testosterone, avente un viso per niente raccomandabile.
    "Resta al gioco." riuscì solamente a percepire, prima di giungere d'innanzi all'uomo. A causa del casino provocato dallo scontro già iniziato, ma questo non le impedì di comprendere le intenzioni del ragazzo, già intuibili dalla sua mano posizionata fin troppo in basso sul suo fondoschiena. Stupendo perfino se stessa, Ayumu riuscì ad assumere un'espressione alquanto civettuola lasciva, ben supportata dal suo braccio che andò a correre sul fianco di Tris. Dentro di sé stava morendo dall'imbarazzo, ma l'unica cosa che le interessava era andarsene da lì il prima possibile. Le uniche cose che riuscì a comprendere furono il nome dell'uomo, un certo Miguel, e una frase che le fece ripromettere di prendersi una piccola vendetta alla fine di tutta quella storia.
    "Miguel, lei è con me. If you know what I mean..." sentì dire, prima di percepire la presa sulla sua pelle divenire più forte e sentirsi schiacciare contro di lui. Probabilmente gli occhi erano lucidi per l'imbarazzo, ma Ayu cercò di camuffarli in una versione più lussuriosa e che potesse far cadere nel tranello il loro interlocutore.
    Se la messinscena fosse andata a buon fine, i due non avrebbero tardato a raggiunse il loro compagno barman, al quale la nipponica avrebbe richiesto immediatamente qualcosa di forte che le permettesse di scacciare i brividi di disagio. Stando ben attenta a non allontanarsi troppo dal proprio cavaliere per evitare di far saltare la coperta, si sarebbe poi girata verso il resto dei presenti con sguardo pregno di curiosa eccitazione in attesa di ricevere il proprio drink. Accesa velocemente una sigaretta per stemperare la tensione, l'attrice avrebbe tentato una prima percezione dell'aura sull'intera stanza, nella speranza di poter scovare qualcosa di utile e succulento, come ad esempio un'aura nera.
     
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    Shaw Hynes
    Studente | Felix Felicis
    «Non ti mettere niente di appariscente.»
    «Soprattutto vieni con scarpe comode.»
    «Indossa qualcosa con un cappuccio, sei troppo bionda.»
    «Non farti mai vedere spaventata.»
    «Grana alla mano.»
    «Stai lucida.»
    «Parla cercando di farti sentire solo dal tuo obiettivo.»
    «Mantieniti visibile.»
    «Non mi parlare.»
    Parlava poco, Shaw, e se proprio dobbiamo essere sinceri non era neanche in grado di farlo. Non c'era alcun dubbio sul fatto che prediligesse frasi concise rispetto a qualcosa di elaborato, quindi spesso il suo tono appariva più perentorio e aggressivo di quanto non lo fosse in realtà. Quando era tornato ai dormitori insieme a Dulcinea, la sera della riunione, ne aveva approfittato per darle alcune dritte affinché superasse al meglio quella missione. Ovviamente lei non l'aveva presa proprio benissimo, era in grado di badare a se stessa, ma lui aveva notato quel pizzico di leggerezza che si portava sempre appresso avvolgere anche la concentrazione che stava alla base di una buona riuscita del piano. E non c'era bisogno di rischiare, soprattutto al Felix.
    Dietro al bancone, Shaw stava servendo alcol già da qualche ora. Era lo stesso di sempre, con i suoi vestiti scuri e lo sguardo serio che scrutava la clientela come il peggiore ceffo di New York, pronto a captare qualunque segnale in grado di avvertire l'imminente scontro fra teste calde. Ma quella sera, più che fare il cane da guardia mentre Miguel si occupava degli ingressi per l'incontro che sarebbe iniziato a breve, Shaw era in attesa perché non era una serata qualunque, quella: era la serata.
    Dulcinea arrivò mentre lui era intento a finirsi una sigaretta appoggiato con un fianco al mobile dietro al bancone. Si avvicinò a lei come avrebbe fatto con qualunque altro cliente.
    «Il whiskey è gratis al primo giro, bionda, il rum si paga.»
    Portò la mano con la cicca col palmo aperto verso di lei, l'altra intanto prese un bicchiere e la bottiglia interessata. Le servì da bere solo dopo aver ricevuto i soldi, poi fece un tiro di sigaretta e buttò il mozzicone nel lavandino.
    Si era messa i tacchi... Sembrava quasi pronta per una serata in discoteca. Non faticava a mantenere la sua costante espressione distaccata, ma avrebbe voluto farle notare quanto non avesse minimamente ascoltato una ceppa. Questo, il fatto che non calcolasse i pericoli come avrebbe dovuto, lo irritava.
    «Magari più tardi.»
    Lei l'avrebbe capito.
    Shaw attese che arrivassero anche Ivashkov e la Kurosaki - certo che Justin fosse già sul retro -, fece passare qualche altro minuto e a quel punto si avvicinò al regno di Hughes. Era il suo castello fatto di merda, quella stanza, e lui ci scorrazzava mostrando un'espressione quasi fiera. Che soddisfazione.
    «Oi, Miguel. Controlla il bancone finché non porto qua Hughes.»
    Shaw poteva muoversi come meglio credeva in quel locale considerando la fiducia che era riuscito ad ottenere nei confronti di Bates, quindi superò il gorilla e si fece largo fra la folla che aveva già iniziato a gridare incitazioni incomprensibili. Raggiunse Ezra appollaiato su Leah e gli si piazzò dietro. La mano destra andò ad agguantarlo per la spalla, stringendo la presa giusto per palesare la sua presenza.
    «Stasera mi sostituisci in sala. Ho puntato, voglio vedere.»
    Be', il tono stavolta lasciava intuire come non avrebbe accettato un no come risposta. Non gli era mai andato a genio, Hughes, e non ne aveva mai fatto mistero dal loro primo incontro, quindi non si sarebbe fatto problemi a ribadire il concetto se il collega, per così dire, non fosse andato a sostituirlo dietro al bancone. Avrebbe potuto chiedere a Leah, certo, ma lì in mezzo era l'unica che non avrebbe creato problemi di alcun tipo. Insomma, non era lei quella che spesso gli teneva gli occhi addosso.
     
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    Carnage
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    Nota: si possono fare solo tre azioni, escludendo quelle di spostamento verso o lontano dall’avversario che sono gratuite.
    Carnage (tiro riflessi 19) si rende conto della finta, (cd50: 27+18+3+2) devia scivolando a destra in modo da mandare a vuoto tutti gli attacchi successivi di Satet. Tira un diretto destro al volto (cd35: 27+7+2). Satet dovrai provare a schivarlo. Infine tenti un colpo all’incavo del ginocchio(cd45: 27+20+3+2).
    Satet hai 24h per difenderti
     
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    Ayumu

    Al piano di sotto percepisci un conglomerato di auree nere in movimento. Una in particolare sta risalendo le scale ed è in avvicinamento. Nella sala in cui ti trovi tu invece ne percepisci precisamente sette, altre dieci sono soppresse, cinque invece hanno semplicemente colori confusi. Un uomo si avvicina al bancone e la sua aura fa parte di quelle nere.
    Intanto inizi a sentirti stanca, per percepire le auree hai espanso la tua, le aure nere hanno così assorbito una piccola quantità della tua energia, ti conviene sopprimerla prima di stancarti troppo.

    Miguel Jorge
    Buttafuori Felix Felicis
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    Less feeling more drinking
    Il Felix è sempre il solito cesso di posto. Brutta gente e alcol scadente. Il buco del culo di Manhattan. Fuori dal bar si radunano i soliti stronzi che non hanno un cazzo di meglio da fare che rompere i coglioni.
    «Dai amico fammi entrare, dentro mi aspettano»
    Que chupa
    «Levati dai coglioni»
    «Voglio parlare con il capo, fammi parlare con il tuo capo, cazzo»
    Gli basta un’occhiataccia per fargli cambiare il tono. Caccia fuori due pezzi da venti.
    «Ho capito, tu parli la lingua di Benjamin Franklin, ecco tieni prendi»
    È Andrew Jackson, ma probabilmente quel ragazzino non sa nemmeno la differenza. Miguel gli sfila le banconote dalle mani e se le mette nella tasca della giacca di pelle.
    «Ecco, lo sapevo, amico»
    Quando il pivello prova ad entrare si scontra con i pettorali di ferro di Miguel.
    «Hey hai preso i soldi ora fammi entrare»
    Che ingenuo.
    «Non ricordo di aver preso soldi, amigo»
    «Ma che cazzo dici!? Voi lo avete visto, vero?»
    Il ragazzo si gira cercando sostegno, ma i presenti che guardavano la scena subito si voltano dall’altra parte. Miguel saluta con un cenno Tristan quando si avvicina. Gli piace quel tipo, poche parole, simpatico, saluta sempre prima di entrare e ogni tanto gli passa un po’ di coca gratis. Guarda la squinzia che si è portata dietro. È troppo magra, ma ognuno ha i suoi gusti.
    «Hai Tristan, ¿Qué pasa?»
    La serata procede noiosa come al solito, si è appena acceso una sigaretta quando arriva Shaw per chiedergli di sostituirlo. Gli piace fare un giro al bar, alcol gratis senza dover muovere il culo. Lascia al suo posto uno dei buttafuori che stanno dentro.
    Quando Curtis arriva al bancone capisce subito che ci sono problemi. Certe cose le fiuta come un cane.
    «Hey Miguel un whiskey»
    Esordisce poggiando i gomiti sul bancone. Lancia un’occhiata a Tristan e la sua ragazza, sembra incuriosito.
    «Di un po’, adesso si accettano anche maghi bianchi al Felix?»
    Lo dice con un tono di voce alto, probabilmente vuole farsi sentire dalla ragazza.
    «Cazzo, se sta diventando un posto per bene dovrò cambiare bar e sai a me non piace cambiare bar»
    Curtis è uno degli uomini di Cornelius. Non sa come faccia a sapere che la tipa sia una maga bianca, probabilmente ha fatto il bidibi bodibi sbagliato. Miguel si volta per guardare Tristan, non ha bisogno di usare i trucchetti viscidi di Curtis, ha afferrato il concetto e tanto basta.
    «Allora? Che facciamo?»
    Non vuole doversene occupare lui visto che è la ragazza di Tristan. A lui non sembra una che crea problemi, ma Curtis ha i suoi affari da portare avanti nel bar.
    narrato ◆ «parlato» ◆ pensato
     
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    narrato – «parlato»pensato
    La
    osserva rabbrividire per le sue parole, anche se cerca di ignorarlo. Deve badare all'incontro e lui ha saputo assestare il commento al momento giusto. Ma la sua nuca non può nascondere quello che prova a lungo. Ezra vorrebbe giocare ancora con lei, ma una mano lo prende sulla spalla. Stringe. È quel finocchio che deve considerare come il suo capo. Ora che Jack non c'è più ha abbandonato le puttanate da frocetto e cerca solo di fargli sapere che ce l'ha più grosso. «Spero tu non perda i quattro spiccioli che guadagni in questo buco» ringhia senza voltarsi. Non deve più fingere, il lavoro ce l'ha e su questo Hynes non può fare un cazzo. Carnage evita il colpo di quella viziata con una scopa in culo. Un buon momento per sussurrare il suo saluto a Leah, farle sentire l'alito caldo sulla pelle. «Non piagnucolare troppo ora che non posso più guardarti il culo». Si volta per lanciare ad Hynes uno sguardo in cagnesco. Preferisce stare lì sotto, nel suo violento dominio, piuttosto che in mezzo agli alcolisti di sopra. Ma ora non può ancora dargli quello che si merita. Troverà qualcosa da schiaffare in faccia a Bates per incularlo. Lascia lo scontro sentendo gli insulti che vomitano sui combattenti. Una femmina che decide di tirare le mani si prende i commenti più viscidi. Non si aspetta che la situazione di sopra si sia scaldata. Si avvicina al bancone dove Jorge parla con un negro che spesso partecipa agli incontri. Gli fa alzare un bel po' di soldi con i suoi pugni. Sembra incazzato. Non lo da a vedere troppo. Anche di sotto è calmo prima di fracassare il cranio dell'avversario, ma Ezra ormai sa riconoscere una scintilla negli occhi. «Ci sono problemi?» comincia, e sposta lo sguardo su una darkettona fin troppo magra. Non l'ha mai vista da quelle parti, si chiede come Jorge abbia potuto far entrare una mocciosa simile là dentro. La risposta deve essere l'altro amichetto di Hynes, l'ennesimo barista del cazzo che può evitare restando di sotto. Per un attimo sente l'eccitazione salire. Ha tutte le carte per fotterli entrambi. Uno che si allontana proprio prima che scatti il putiferio, il novellino che garantisce per una fottuta mina vagante. A Bates non piacerà. Ignora il nuovo barista rivolgendosi direttamente alla ragazzina. Nella catena alimentare di quel posto Ezra è ancora sopra di lui. Jorge, poi, non può evitare di buttare fuori una così. È il suo lavoro. Forse spera di chiudere un occhio per Tristan, ma la presenza di Ezra lo costringerà ad andarci giù più duro. «Ti sei smarrita, dolcezza? Potrebbero succedere cose orribili a una come te in mezzo a questa feccia». Le passa una mano sulla guancia sfiorandola appena. Non vede l'ora di vederla reagire. Ha fatto una cazzata colossale anche solo a presentarsi lì, ma usare la magia bianca... è una cosa che non possono perdonare. Il Felix ha una nomea. Devono proteggere i traffici della merda di New York, e lei è come uno sbirro che entra in un covo di spacciatori col distintivo in bella mostra. Gli basterebbe lasciarla in pasto ad uno come Curtis o agli altri che vorrebbero punirla come merita. Jorge potrebbe essere la sua unica possibilità di uscire da lì dentro con la dignità ancora intera, ma solo se nessuno la reclama come prezzo per il disturbo.
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    I WEAR THIS CROWN OF THORNS UPON MY LIAR’S CHAIR. FULL OF BROKEN THOUGHTS, I CANNOT REPAIR BENEATH THE STAINS OF TIME.
    tristan lucifer ivashkov » Σ Θ Η » music » voice » sheet

    «Sei un debole, Tristan.»
    Un pugno, l'ennesimo che avesse mai ricevuto, che andò a schiantarsi contro il suo zigomo sinistro; poi un altro, altrettanto forte, che colpì il suo grembo, un tempo simbolo di vita ma adesso solo culla di violenza, sua cara vecchia amica - la stessa in cui era cresciuto poco felicemente.
    «Tornerò a prenderti. Sarà meglio per te che per allora tu sia pronto.»
    Un misto di saliva e disprezzo bagnò il terreno che si trovava a pochi millimetri di distanza dalle sue scarpe, manifestazione più che evidente di un odio viscerale che divorava suo padre dall'interno, ma che allo stesso tempo cozzava e non poco con le parole pronunciate. Sarebbe tornato a prenderlo, ma perché? Doveva essere pronto, ma per cosa? Qualsiasi risposta tentasse di dare a quei due quesiti, sembrava essere sempre errata. Gli sarebbe piaciuto credere che quelle parole fossero uscite da quelle labbra maledette soltanto per una mera questione di impulsività, così come sarebbe stato molto più confortante credere che non sarebbe accaduto nulla, ma Tristan sapeva benissimo che così facendo non avrebbe fatto altro che illudersi. Poteva aver incontrato Vlad in un mondo in cui la realtà pareva distare anni luce, quella che aveva visto poteva essere stata una semplice proiezione della figura dell'uomo che più odiava, ma i sentimenti che ne scaturivano erano fottutamente reali, così come era reale il presentimento che di lì a poco sarebbe accaduto qualcosa.
    «Mi sembra di andare ad un funerale.»
    La voce di Ayumu lo strappò dal corso dei suoi pensieri con una violenza involontaria. Si strinse nelle spalle, l'espressione assorta a scomparire dal suo volto, mentre il lato destro del labbro si alzava appena: forse per quella sera avrebbe fatto meglio a concentrarsi su altro. «Vedila in questo modo. Il nero snellisce.» Gli occhi si chiusero per un istante, mentre le mani scivolarono all'interno delle tasche dei pantaloni. Non doveva mancare molto, prima che le loro ombre potessero essere risucchiate all'interno del Felix Felicis, luogo in cui erano stati mandati da Taylor al fine di procacciarsi informazioni riguardanti i famigerati maghi neri.
    «Vedi di non fare troppo il simpatico, caro il mio signor Ivashkov. Altrimenti va a finire che ti ci fa diventare Dulcinea, di nero.»
    «Ti ringrazio, ma no. A me il nero non sta altrettanto bene.» E sì, che ci crediate o meno quella grandissima paraculata, per il momento, lo salvò in calcio d'angolo. Continuò a camminare, il passo né lento né veloce, quando lo sguardo scivolò con naturalezza sulla figura della nipponica: muoveva spasmodicamente le mani, come fosse in preda ad un tic nervoso. «Smettila di torturarti le mani. Si vede lontano un miglio che sei agitata.» Quell'affermazione uscì fuori con schiettezza, ma allo stesso tempo con ben poca durezza: capiva perfettamente lo stato d'animo della ragazza. Dopo non molto, riuscì a scorgere in lontananza la figura di Miguel, il simpatico buttafuori del locale. Solitamente Tristan non allacciava rapporti con i suoi colleghi, ma quel tipo tutto muscoli e testosterone gli andava particolarmente a genio. Tuttavia, ciò non voleva assolutamente dire che potesse fidarsi di lui al punto da rivelargli perché fosse lì insieme alla ragazza; ragion per cui decise di mettere in pratica un piano che pochi istanti dopo accennò, anche se senza scendere nei particolari, ad Ayumu. Fingere che fosse la sua donna di compagnia era forse la cosa più astuta da fare, e così, dopo aver sfoggiato un sorrisetto sghembo, decise di mettere in scena la propria pantomima: si avvinghiò alla ragazza, tastando con ben poca premura le sue forme ed avviando così una serie di palpeggiamenti votati ad un bene superiore, alias la salvezza del mondo. Okay, forse non esattamente, ma era la stessa cosa. Più o meno.
    «Tutto bene, amigo, tutto bene.» Disse di tutta risposta, rispondendo alla domanda dell'omaccione, per poi spostare lo sguardo su Ayumu. «Miguel, lei è con me. If you know what I mean...» Ammiccò ben poco velatamente verso il buttafuori, il quale non ci pensò due volte a farli passare. «Muchas gracias, amigo.» Forte della visione di Narcos (no, non è vero, quello lo ha visto la player), Tristan sfoggiò il suo Spagnolo decisamente elementare e, dopo aver frugato con discrezione nella tasca, tirò fuori la propria mano tenendo il pollice rivolto verso l'interno e strinse quella dell'amicone, lasciando che il dito ritornasse alla propria posizione originale e facesse cadere una piccola bustina di coca sul palmo del buttafuori. Una piccolo regalino solo per lui, un gesto abituale che in un qualche modo l'aveva aiutato a comprarsi la simpatia di Jorge.
    Il Felix, a quel punto, gli si presentò sempre allo stesso modo: putrido, sporco, odorante di fumo ed alcool. Tutta la feccia della Grande Mela si trovava proprio al suo interno, seduta attorno al bancone o ai tavoli, ma quello era decisamente l'ultimo dei problemi, rispetto a quello che le sue orecchie ebbero modo di udire poco dopo.
    «Di un po’, adesso si accettano anche maghi bianchi al Felix?»
    Il ragazzo serrò la mascella e si voltò, constatando così che l'uomo stesse sì parlando con Miguel, ma che avesse utilizzato un tono di voce alto, come se il suo scopo fosse quello di farsi udire. Quello sì che era decisamente un problema. «Oh, posso assicurarti che qui nessuno ha buone intenzioni, amico.» Un sorrisetto sghembo s'impossessò delle sue labbra, una smorfia bastarda disegnata su una faccia da schiaffi che avrebbe potenzialmente dovuto sopperire a quel piccolo problema. Tuttavia, la situazione mutò nuovamente, e di certo non in modo positivo: Ezra Hughes era giunto tra loro, e la situazione, già tragica, si fece ulteriormente spinosa. Shaw gli aveva detto non poche cose riguardo quell'energumeno, ergo sapeva per certo che a quel punto avrebbero dovuto fare ancora più attenzione. «Cosa c'è, Hughes? Adesso che Hynes non c'è, fingi di cacciare fuori le palle?» Lo sguardo si assottigliò ed il sopracciglio sinistro si inarcò con una certa evidenza, prima che Ayumu decidesse di dargli corda ancora una volta.
    «Che cazzo, una non può provare a lavorare in santa pace che qualcuno rompe le palle. Sì, conosco le basi di magia bianca, ma per curarmi ogni volta da voi pezzi di merda che non sapete la differenza tra scopare e menare. Hai qualche problema?»
    Tristan, a quel punto, ormai completamente nella parte, si voltò verso colei che in quel momento vestiva i panni della sua puttana e le rivolse uno sguardo truce. «Modera i termini, muist.» Succhiacazzi. Così l'appellò in quel momento, trasformando quel termine nel corrispettivo della sua lingua madre: in quel preciso istante, Ayumu rappresentava lo schifo più totale, la pezza che andava calpestata semplicemente perché non valeva nulla, ergo non avrebbe dovuto permettersi di azzardare così tanto, insultando chi invece lavorava al Felix. Era come una bestia da domare, da addomesticare nel peggiore dei modi.
    Si voltò verso Miguel, che adesso era dietro il bancone. «Miguel, amigo, potresti cortesemente far venire qui Hynes?»

    mæve'


    Scusate il casino, ma sono dal cellulare. çç

    Comunque, nel caso dovesse servire, Ayumu ha come animale totem la volpe, la quale le da un bonus di +3 al mimetismo.
     
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    Un
    ghigno gli piega la faccia mentre ascolta Ivashkov tirar fuori le palle. Deve solo continuare così. Ormai il locale si è svegliato. La magia bianca non piace a nessuno, neanche se serve a curarsi. È un punto debole per troppa gente là dentro. Molti sarebbero ben disposti a risponderle di tenersi i suoi lividi. Se li è meritati, e se ha anche le palle di rispondere a chi detiene il potere al Felix forse non gliele hanno date abbastanza. Ezra potrebbe sempre rimediare, anche se tutte quelle ossa e trucco nero potrebbero farglielo afflosciare persino nella giusta situazione. La sua scusa è plausibile, ma infondo a nessuno frega un cazzo. Quello è il dominio della feccia, quella troietta è stata fin troppo stupida a usare quel tipo di magia davanti a tutti. «Forse non hai capito bene dove ti trovi, Ivashkov» comincia, gustandosi quel momento. Cosa vorrebbe fare? Chiamare Hynes non servirà a nulla. Ha le mani legate come Jorge. Possono anche fottersene del perché lei conosca la magia bianca, ma quelli che non se ne fotteranno sono i clienti del Felix. Quelli che possono offrire omicidi, rapine, stupri a poco prezzo e alla luce del sole, forti di essere immersi in feccia del loro livello. Quei traffici non li continueranno davanti a una cretina simile. Una macchia sul nome del locale. Si è guadagnata troppo sospetto. «Cosa credi che dirà Hynes? Che puoi portare qui anche il capo del MACUSA se te lo succhia per bene?». Sente quasi il sangue accendersi. Spera che risponda come la squinzia che si porta dietro, quella non comanda abbastanza a bacchetta per chiuderle la bocca. Si avvicina abbastanza per parlargli quasi in confidenza. «Ti conviene portarla fuori di qui e sbattertela sul retro. E fingi di poterle dare la punizione che merita, prima che qualcuno dei ragazzi ai tavoli decida di fare da sé». Si ritrae e sfila una sigaretta dal pacchetto. Quella situazione potrebbe essere proprio quello in cui ha sempre sperato per inculare Hynes. Deve solo essere abbastanza stupido da scegliere la parte sbagliata, e Ivashkov sembra convinto che lo faccia. Ezra non vede l'ora. Accende la sigaretta che tiene in un angolo della bocca mentre si appoggia al bancone. «Uomo Nero, spero tu non ti voglia perdere l'arrivo di Hynes». Si rivolge a Curtis, col nomignolo che gli ha dato per gli incontri dabbasso. Tenerlo lì vicino è utile per far sentire al barista la pressione dei favori della clientela. Un utile testimone se le cose si mettessero abbastanza bene per Ezra, permettendogli di bussare alla porta di Bates con qualcosa di così succulento fra le mani.
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    Leah Hoover
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    « Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisci elit, sed eiusmod tempor incidunt ut labore et dolore magna aliqua. Ut enim ad minim veniam, quis nostrum exercitationem ullam corporis suscipit laboriosam, nisi ut aliquid ex ea commodi consequatur.. »

    In questa città quasi tutto quello che vale la pena fare è contro la legge. Tutti hanno il loro tornaconto. Sbirri e politici fanno la loro fortuna guardando da un'altra parte, mentre gente come quella del Felix la fa scommettendo sullo stronzo giusto. Leah ha puntato dieci dollari sul fatto che Shaw picchierà Ezra prima della fine del mese. Quel topo di fogna è spacciato. Verrà messo alla porta prima che lei cada alle sue smancerie da uomo di strada. A Shaw serve solo una spintarella. Quando sente il suo fiato abbandonarle il collo vede con la coda dell’occhio Mister “mai una gioia”. «Lo so che sei tu il capo, ma sei sicuro di voler lasciare a quel cane il bancone? Ne approfitterà per fare il gradasso e ci manca solo che pensi di saper fare il capo meglio di te».

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    Shaw Hynes
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    «Spero tu non perda i quattro spiccioli che guadagni in questo buco»
    Shaw sorrise con un angolo della bocca, ma senza dubbio non si trattava di un'espressione amichevole.
    «Saranno la tua mancia, Hughes. Quattro spiccioli guadagnati grazie al tuo impero... come ci si sente ad essere Dio?»
    Osservò lo sguardo da cane di Ezra ma ricambiò con la stessa espressione messa su per rispondere alla sua frase, perché al massimo avrebbe potuto regalargli la solita faccia che gli mostrava ogni benedetto giorno. Gli avrebbe fatto più pena se solo non fosse stato così viscido, ma Hughes era senza speranze e no, non si sarebbe fatto inchiappettare da quel coglione.
    «Sei tu il capo, ma sei sicuro di voler lasciare a quel cane il bar?»
    La voce di Leah emerse fra le urla dei peggiori pezzenti di New York, radunati lì per la sagra del degrado. Le lanciò un'occhiata prima di riportare lo sguardo sull'incontro.
    «Il collare a strozzo fa male quando tiri troppo.»
    Incrociò le braccia al petto e sollevò appena il mento, spostando lo sguardo dai due sfidanti alla folla. Inutile dire a Leah quanta poca utilità avessero i suoi avvertimenti dal momento che aveva già adocchiato Ezra dal loro primo incontro. E il bastardo poteva anche prendersi i suoi cinque minuti di gloria se avesse voluto, che al massimo ci avrebbe pensato dopo a ricordargli quale fosse il suo posto in quel cesso di posto se solo si fosse azzardato a sfidarlo. Ci doveva anche solo provare a fotterlo, Hughes, specie in un momento in cui i pensieri di Shaw erano proiettati verso la loro missione. E non c'era bisogno di far sapere tutto a Leah, perché le parole non erano altro che un'inutile spreco di fiato.
    Continuò a far vagare lo sguardo fra le teste in movimento davanti a sé. Doveva trovare Dulcinea per tenerla d'occhio, intercettare Ivashkov e Kurosaki che aveva perso di vista e, allo stesso tempo, aveva bisogno di inquadrare una di quelle facce note al Felix. Per iniziare aveva bisogno di puntare su qualcuno con cui aveva avuto modo di parlare qualche volta, che lo conoscesse abbastanza bene da non sospettare che stesse indagando su qualcosa in particolare.
    «Ah, la prossima volta che decidi di venire qui invece di sbrigare il tuo lavoro me lo dici prima. Sgarra un'altra volta e ti butto fuori.»
    Di nuovo le parlò senza guardarla, tenendosi più o meno al suo fianco. Si mostrò duro come al solito, irremovibile e velatamente minaccioso. Era quello che doveva fare in quella bettola, e col passato che aveva alle spalle non gli era affatto difficile vestire i panni del pezzo di merda che sembrava anche solamente a guardarlo.


    Praticamente la sua azione è quella di osservare la folla per trovare la coppia scomparsa (?), Dulcinea e anche un tizio abbastanza "fidato" che credo sarà un png
     
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