Dopo tanto tempo passato in mezzo a guerriglie, faide, disordini politici, trovarmi in una situazione apparentemente tranquilla era uno strano passaggio. Certo non mi illudevo che a NY tutto fosse apposto, avevo già colto fin troppe voci preoccupanti riguardo a traffici loschi, tuttavia la cosa non mi sorprendeva del tutto. Anni fa, quando avevo abbandonato la Grande Mela, la situazione minacciava già di peggiorare. Il MACUSA, per quanto presente e preparato, non poteva evitare sul nascere tutto, perciò la maggior parte delle volte si prodigava per far sparire i nuclei criminali solo dopo che si erano formati. Il mio lavoro invece non era cambiato poi molto. C'era gente che soffriva prima, c'è gente che soffre ora; forse sono gli eventi che portano le persone da me ad essere cambiati, ma sono solo piccoli dettagli. Pensavo troppo, sintomo di una stanchezza mentale che mal si sposava con la concentrazione che dovevo mettere nel mio lavoro. Non credevo di ricevere una carica tanto importante appena arrivato, ma il ruolo di responsabile del reparto di Traumatologia e Ortopedia era vacante, e visto il mio curriculum che mi vedeva ricucire militari e vittime di guerra civili, la scelta non era stata troppo difficile. Ora però avevo davvero bisogno di un caffé. Il signor Barrington aveva prosciugato letteralmente le mie energie, avevo dovuto rinsaldare muscoli bruciati e mezzi esplosi di praticamente tutto il suo lato sinistro. Un imbecille, che si era fatto esplodere addosso un calderone, Dio solo sa cosa stava mescolando.
Mary, vado al bar a prendere un caffè, chiamami sul cerca-persone se avete bisogno.
Sempre saggio trattare bene le infermiere. Giusto per non avere rotture, scioperi o altro. L'ospedale ha la stessa struttura di quando ero io lo specializzando, ma ogni tanto mi perdo, troppi corridoi tutti uguali. La strada per il bar dal mio reparto però l'ho imparata bene, la percorro fin troppo spesso. Credo che se facessi dei controlli il sangue avrebbe una composizione simile al caffè. Ancora non conosco bene tutti, qualche faccia degli altri responsabili di reparto, giusto uno o due; per i loro nomi, credo dovrò sforzarmi di più. Benedetti cartellini identificativi, mi hanno salvato più di una volta dal fare figure di merda. E' incredibile come non mi rimanga in mente il nome di quel tizio, lo avrò letto una mezza dozzina di volte, ma niente. Ha una faccia assolutamente anonima, non trovo niente per ricordarmelo.
Arrivato al bar, la solita fila ad attendermi. Che palle. Sbuffo e vado da bravo al mio posto, in silenzio e annoiato aspetto il mio turno.
Un espresso, doppio per favore.
Niente bibitone, li odio. Mi fanno pisciare mille volte nell'arco di due minuti. La tizia al bar mi guarda strano, forse non mi ha riconosciuto. Avrà tempo e modo. Pago e senza nemmeno pensarci due volte mi prendo un tavolino libero, con sotto il naso la cartella di un paziente arrivato in mattinata. Gli organi interni hanno ricevuto un trauma, di genere sconosciuto, e stanno rischiando di cedere. Il paziente ovviamente ha raccontato una palla, cosa assolutamente normale. Il rapporto medico-paziente non prevede sempre verità, per lo più bugia che una volta scoperte portano alla verità. In ogni caso dovevo trovare un modo per capire cosa gli fosse successo, prima di mettermi a ricostruirlo.
Charles Merez« My empire of dirt »© psìche