Hyenas

Josh & Briseis | 11 Settembre '20

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    mago nero
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    Come ci sono finito in questa merda di posto? Beh, diciamo che è una storia che ha del comico se sapete andare un po' oltre i cazzi che sto passando. Comunque per dare la colpa a qualcuno, posso dire che è colpa di Jack che ha deciso che avevo bisogno di un po' di ispirazione visto che al momento mettere due note in croce è più un problema che un qualcosa di utile e - per dirne una - abbiamo una bonus track che non so nemmeno da dove iniziare a scrivere. Quindi se mi trovo in un posto mezzo dimenticato dal mondo intero, in un sobborgo di Manhattan, in mezzo a due persone, barista incluso, e le croste che si arrampicano sui muri, è totalmente colpa sua. Ma quello che è peggio, è che lo stronzo ha deciso in ultima che "mi dispiace Josh, ho Alice a casa quindi non vengo con te, ma tu vai". E mi sono chiesto eh, un paio di volte, perché cazzo venirci visto che stare da solo coi miei pensieri è l'ultima cosa di cui ho bisogno, tanto che mi sono anche detto che avrei potuto chiamare Edie, ma alla fine sono qui da solo. Non parliamo, per favore, del fatto che mia sorella abbia aperto un locale riservato ai cacciatori, un posto in cui nemmeno volendo potrei andare da lei e che, in aggiunta, saprà solo tenerla più legata alla vita del cazzo dei Crain. Ma io lo so cosa sta facendo quello stronzo, non la sta lasciando andare, e giuro sul cazzo di Dio che so pregare, che gli staccherò quella testa che non sa usare, dal collo, prima della prossima estate se a Natale sarà ancora fottutamente nei paraggi. Quindi sì, se ve lo state chiedendo, non mi è passata neanche per il cazzo, anzi. Anzi.. sono solo una iena che si aggira nervosamente ovunque in attesa di un momento in cui mi toccherà dire "te l'avevo detto, fottuto bastardo" e fare fuori qualcuno, e fino a quel momento ho dannatamente fame. L'unica cosa che davvero mi fa spingere un piede oltre la soglia, e di posti di merda ne ho visti parecchi considerato che in trequarti di quelli ho suonato spesso, è il pianoforte abbandonato che giace da solo su un palco con un faro sfocato ad illuminarlo. Non è un pezzo da novanta, ci mancherebbe, è di quelli che se premi un tasto con più forza ti resta attaccato alla suola dello stivale, ma fanculo, mi attira e basta. Per questo non devo spiegazioni a nessuno. E lì, è da solo... è come me. Credo che nessuno qui sappia niente di me, ed è forse la cosa migliore, quella che un po' sa darmi respiro anche quando vorrei solo sbuffare nel mio continuo ringhiare al nulla. «Una bottiglia» Siccome non intendo andarci leggero, perché lo so quanto annacquano l'alcol in questi posti, indico una bottiglia di vodka e lascio qualche dollaro a caso sul bancone, trascinandola con me sul pianoforte, dove rimarrà perché mi farà compagnia e basta. Niente bicchieri, non condivido. Me ne sbatto un po' il cazzo del fatto che sul serio qui non ci sia nessuno ed è quasi facile credere di essere a casa mia, ma non esiste al mondo che io ammetta che Jack non si è sbagliato di molto. Lo sgabello fa schifo, dondola, cigola, e l'imbottitura è mezza andata, ma non sono proprio un cazzo di nessuno per lamentarmi. Almeno i tasti sembrano puliti, usati sì ma in condizioni decenti, ma anche di questo alla fine inizia a fregarmi poco, perché mi basta appoggiarmi sulla scala giusta e.. lasciarmi guidare senza grandi pretese.
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    Avevo ripreso a suonare in quel piccolo locale che avevo trovato a Manhattan appena arrivata nella grande mela da Londra. Era stato strano abituarsi ai ritmi frenetici di quella città, un po' meno strano era stato prendere parte alla movida dell'alta società. Entrare nel circolo ristretto della buona società, era stato molto più semplice che a Londra, però tutti quei ritmi così frenetici richiedevano tante energie, e quindi mi ero ritagliata quello spazio di pace e relax dove potevo starmene io con la mia musica. L'amore per il pianoforte era l'unica eredità che mi avevano lasciato i miei genitori. Non avevo molti ricordi di loro, solo il suono del pianoforte, è sempre stato con me. Avevo perso un sacco di tempo davanti lo specchio a mettermi l'eyeliner. Non uscivo mai senza, era come non mettermi le mutande, e ci tenevo ad avere una linea perfetta, quindi ero sempre attenta al dettaglio. Era arrivato il fresco a New York, così finalmente potevo tirare fuori gli anfibi e le giacche, avevo decisamente troppa roba in quell'armadio, avrei dovuto chiedere a Jude di passare a fare razzia e prendere tutto quello che voleva. Entrai nel locale pronta a prendermi quell'ora per me stessa quando vidi che il pianoforte era già occupato. Mi voltai verso il barista, ero perplessa, quello era il mio giorno che ci faceva quel tipo lì,al mio pianoforte? Il vecchietto che gestiva il locale strinse le spalle, non lo sapeva nemmeno lui chi fosse quello e perchè era li.
    Ero indispettita, per non dire incazzata, quello era il mio momento, era il mio attimo di pace e con il ri inizio dei corsi, la nuova casa, avevo veramente bisogno di staccare la spina.
    Avevo dato a troppe persone la possibilità di togliermi quelli che erano i miei spazi e le mie cose, e di certo non avrei dato a lui lo stesso potere.
    Era bravo non c'era nulla da dire, il pezzo che stava suonando mi sembrava anche decisamente familiare, ma non era quello il punto, così mi avvicinai al pianoforte e presi la bottiglia che c'era poggiata sopra e ne bevvi una sorsata, vodka, non della migliore qualità, ma era la miglior qualità che potevo sperare di trovare la dentro.
    Dovresti toglierti di mezzo
    Poggiai la bottiglia davanti a lui e osservai ogni dettaglio della persona che avevo davanti a me. Era sicuramente più alto di me, e portava l'anello al naso, decisamente una scelta inusuale, era forse il primo uomo che vedevo con l'anello al naso. I capelli scuri, che ricadevano sul viso, creavano un perfetto contrasto con i suoi tatuaggi e con la pelle chiara quasi quanto la mia.
    Ero stata decisamente poco educata, e me ne dispiacevo ma quello era il mio posto, era il mio momento, non lo facevo per la gloria o chissà cosa, infondo il mio pubblico erano quei quattro scoppiati, e alcuni studenti delle università no - mag che venivano li a bere caffè e a studiare per i loro esami, lo facevo perchè era la mia dose di tranquillante, la mia ora d'aria al di fuori di tutti i pensieri.
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    mago nero
    26 anni
    Non c'è un cazzo da fare, quando tocco un pianoforte il mondo di merda ha quasi un aspetto più decente. Bravo Josh, ascoltali gli amici una volta tanto che non è che sia sempre merda quella che dicono. Non tutti almeno, dai. Non dico che sia di nuovo bello viverci dentro, ma dico che lo rende sopportabile e così respiro nelle riprese lente che cambiano la melodia ma non la distorcono. Una base classica, sì, ma non sono proprio il pivellino che assumono in questi posti per raccattare due monetine dal terreno ed seguire i comandi come una scimmia ammaestrata. A parte che penso che fare qualcosa che sia banalmente carino qui, per qualcuno che sia se stessi, è tempo sprecato, un regalo che questi sacchi d'alcool non meritano. Magari sorvoliamo sul fatto che potrei ridurmi come uno di loro senza farci troppo caso o avere rimpianti da qui ad un paio d'ore, con il dovuto impegno. Ovviamente io non sono qui per questo. Posso quasi sentirlo l'avvicinarsi fastidioso di un disturbatore, proprio nel momento in cui sfioro anche l'interruttore del "fottesega" nel mio cervello per isolarmi a dovere dal mondo fintanto che mi servirà, e quindi sì mi innervosisco, ma lo tengo. Non mi fermo finché non raggiungo la naturale conclusione della canzone, ed in verità neppure dopo le tolgo le mie dita dai tasti, anzi. Mi accorgo che il disturbatore è una "lei" e la ispeziono senza troppe cerimonie, alzando il volto con una certa espressione di fasullo stupore che è palesemente ironica. E' bella, sì, non sono cieco, ma quasi le rispondo con una risata che mi fa solo allentare la pressione perché la musica continui ma le parole non perdano la loro occasione di uscire dalle labbra. «Sei almeno maggiorenne?» E lo chiedo per la vodka che le lascio bere perché, cazzo, dai, questo è un momento particolarmente divertente e voglio vedere se saprà trasformarlo in interessante. Anche perché sappiamo benissimo che io da qui per così poco non mi alzo. Devo dirlo, ha un broncio carino che non è minaccioso nemmeno per il cazzo, ed è forse questo che mi convince a fissarla anche nel tentativo di metterla un po' a disagio: andiamo, è così che si parla ad uno sconosciuto? «Dovrei fare tante cose... » Glielo lascio lì, sospeso tra le mille cose che non mi scuce mai nessuno di bocca, che tanto i cazzi miei sono belli che sigillati da qualche parte dove Josh si scontra con Faust a ripetizione. Sollevo una mano, una sola perché la destra sta ancora seguendo una scala e le indico un divanetto lì vicino, che è un po' un modo molto gentile (troppo?) di dirle che non mi deve rompere il cazzo e può sedersi finché non avrò deciso che non ho la precedenza. Ma è un gesto veloce perché poi afferro anche la bottiglia di Vodka, quasi battendone il fondo sul pianoforte perché un sorso va bene, ma di più può pagarselo per conto suo. La vodka resta con me, lei si toglie dalle palle, mi sembra il compromesso migliore per tutti. Sguardo sui tasti, e via.
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    20 y.o.
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    Aveva le idee ben chiare il ragazzo sedutuo al pianoforte, e di certo non combacivano con le mie, non era minimamente intenzionato a lasciarmi il mio posto, e nemmeno la vodka, che giustamente aveva pagato, per quello poteva avere anche ragione, ma non per quanto riguardava il pianoforte. La prima tentazione fu quella di prendere quella bottiglia e dargliela sulla testa, come si poteva essere così spocchiosi e presuntuosi, ma soprattutto prepotenti? Li conoscevo i tipi come lui, quelli belli che si credevano di poter avere tutto solo perchè belli.
    Non sapevo cosa fare, anche perchè non potevo sbattere i piedi come una ragazzina di quattro anni. Così non feci nulla se non sedermi sul pianoforte, con le gambe accavallate, accendendomi una sigaretta. Non mi importava il dargli fastidio, quello era il mio posto e non doveva essere occupato da lui. Non vedevo l'ora che il pianoforte arrivasse a casa nuova, visto che l'ultimo che avevano consegnato era letteralmente sfondato. Non avevo idea che cosa gli avessero fatto nel trasporto, ma era veramente distrutto, così lo avevo dovuto rimandare indietro ed erano mesi che aspettavo quello nuovo. Per dire la verità, mi ero affezionata a quella bettola, il proprietario mi trattava bene, ed era un posto piacevole. Ed ero comunque una viziata, non mi era mancato nulla a livello materiare, avevo veramente molto di più di quello che avevo bisogno, ma con tutte quelle cose non riuscivo a colmare le mancanze a livello umano.
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    mago nero
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    Se non fossi almeno un po' un esibizionista del cazzo, non sarei qui con una mano intorno alla bottiglia e l'altra a imprimere scale a vuoto per non lasciare che il silenzio cali. Ma ho anche dei difetti, solo che al momento non trovo divertente elencarli. Problemi? Per sicurezza e per scrupolo, lascio risalire la mano fino al collo del vetro e mi trascino la vodka fino a posizionarla vicino al sedile, e sembra quasi una mossa vincente perché la signorina qui decide che il Pianoforte è il divanetto migliore su cui appoggiarsi. Questo in genere mi sta sul cazzo, perché per quanto non credo sappia pesare più di una piuma, magari una piuma e mezza a ben vederla, la mancanza di rispetto per la musica in generale mi dà fastidio al cazzo proprio. Via mi tocca un altro sorso che già lo so che ho un sorriso un po' di merda in faccia, uno di quelli che dice "come vuoi tu, signorina" che non ha bisogno di essere espresso a parole. E se poi vuole dare spettacolo ai quattro cani che si sono trascinati in questo buco, non sarò io a fermarla, anzi. Anzi viene fuori che la guardo un po' di più questa biondina a muso duro, forse anche per vedere quanto sa reggere una messinscena che ha iniziato lei e che io non ho la minima intenzione di fermare. Finché non si siede sui tasti, per me è libera di fare come crede, in altri casi avremo indubbiamente da ridire sul trattamento di questo cassone da novanta, ma è pur vero che non è di mia proprietà e che se il barista evanescente dagli occhi vacui non dice nulla, non lo farò neppure io. Il fatto è che me lo chiedo se vuole darmi fastidio, ma so anche che se è così può indubbiamente fare di meglio perché a me vien solo voglia di guardarla e scuotere il capo. Non ci siamo, ti dovrei insegnare tante cose sul fare gli stronzi, tu neppure le sfiori. Li incastro giusto un secondo gli occhi nei suoi, ma sono divertito anche più di quanto dovrei dai tentativi di un cucciolo che per me potrebbe ancora essere minorenne, il che dichiara già la scatola mentale in cui andrà inserita la bimba quando smetterà di fare i capricci per qualcosa che no, non può cambiare in questo modo. Per scrollarmi da qui dovrebbe darmi qualcosa di meglio da fare. Tengo le braccia incrociate mezzo secondo, giusto per farle credere ingenuamente che la sua mossa abbia sortito qualche effetto, poi la ignoro e ricomincio a suonare, e mi dedico a qualcosa di più complesso, così per il gusto di sfidarla a fare di meglio se proprio pensa di doversi prendere questo posto stasera. Perché sì, ho una formazione classica grazie ai soldi che mio padre ha investito nel tentativo di tenermi impegnato dal cercare ossessivamente di.. beh, comunque: signori, Vivaldi.
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