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Josh/Edie | 26 Dicembre

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    Non so com’è che si fanno cose del genere. Non s com’è che si fa a non sentire come se qualcosa, proprio adesso, fosse crollato ovunque e avesse appesantito anche l’aria, rendendola quasi come catrame che gira tutto intorno e riempie i polmoni ad ogni respiro. Non lo so è basta, e so che probabilmente è perché sento come se tutto, adesso, si tendesse verso qualcosa che non conosco, e attraverso cui non posso guardare per scorgere cosa c’è appena oltre, in un modo che vorrei poter fare solo perché così, forse, lo saprei come muovere ognuno di questi passi. Ma un secondo me lo prendo prima di aprire la porta, e lo faccio per riprendere ogni frammento di quello che è appena successo, che ho appena ascoltato, e premermelo a fondo nella pelle, la carne e le ossa, come se dovessi ascoltarlo ancora un secondo in questo spazio di mezzo in cui ci sono solo io. Solo io che lo so che nell’aprire questa porta, inizierò qualcosa che non sono sicura di saper gestire senza sentirlo colpirmi in tutti i modi in cui, forse, colpirà Josh. E io non vorrei mai farlo, non ho mai voluto, ma come sempre, ogni mio desiderio è solo come una sola, singola goccia di pioggia nell’oceano, e non esiste nulla che possa sentirla nella sua piccolezza. Ho sempre desiderato qualcosa di diverso per mio fratello, qualcosa che volevo poter afferrare, o che chiunque afferrasse per me, per lui, strappandola da quel ramo tanto alto per portarla a terra, dove Josh avrebbe potuto stringerla e sapere che c’era. Eppure non ho molto da dirmi, perché in fondo lo so che se anche è vero, se anche davvero quel cadavere, quella volta, era stato spinto in quello stato anche dalle mani di Josh, a me non importerebbe comunque. Lo so, esattamente come so che non sarei mai capace di voltarmi e dirgli che è da solo, in ogni caso. In ogni caso. Non so quanti sono i secondi che mi servono a spingere la porta in avanti ed entrare con ancora questo senso che no, non mi lascia, e mi sembra iniziare ad afferrare tutto come se lo facesse scricchiolare; i mobili, le scale, le porte, ogni parete e punto di questa casa, come se stesse per frantumarsi in mille pezzi e semplicemente crollare. E io non so cosa ne sarà di me domani, cosa ne sarà di noi tutti. Non so cosa ne sarà di noi fra qualche ora, e lo so quanto vorrei deviare, andare in cucina, prendere una bottiglia qualsiasi e stringermi da qualche parte come ho fatto così tante volte da non ricordarle neanche tutte, ma tenerle trascinate nei miei ricordi come un’unica e infinita parentesi. Ma non lo faccio. Premo una mano sul ventre e penso anche a questo, fra tutto, e a quanto io questi passi li debba saper fare, non importa quanto vorrei essere lontana da tutto, e vorrei essere dimenticata; come una macchia che si cancella con un movimento di spugna, o ripassandoci sopra un altro colore che la annulli del tutto. Ma non funziona così e questo lo so, l’ho sempre saputo. Non funziona mai in un modo che potrebbe essere semplice, ma sempre tanto complesso da essere come un puzzle, o un labirinto in cui non so orientarmi. E penso di essermici ormai persa, di averlo fatto da abbastanza da non saper neanche più dire qual’è la direzione per l’entrata e così resto solo incastrata qui. Passo dopo passo. Posso davvero credere che andrà tutto per il meglio? Probabilmente no, e so quanto è facile per me non farlo e, anzi, pensare sempre al contrario, a quanto inevitabilmente andrà sempre male, sempre peggio, e posso solo respirare finché l’aria c’è, ma finirà prima o poi. Ma adesso, adesso non posso pensare così. Adesso, adesso devo crederci che c’è una possibilità, e anche se fosse una su un milione, posso prenderla. Anche se è solo una favola che mi racconto, non importa. Mi muovo sfilandomi solo la giacca, senza neanche pensare di togliere le scarpe, ma solo appendendo quell’unica cosa all’ingresso prima di spingermi per trovarlo qui, in questo posto che avrebbe dovuto essere un rifugio, per lui, e non so se lo sarà. Non so se ne sono stata capace, o se lo sarò adesso. Di fare qualsiasi cosa, e di farla bene. «Hey» lo mormoro con le labbra che si tengono strette e no, questa volta non sono capace di premere un sorriso che possa essere anche solo un pezzo di quella nostra illusione in cui sì, vorrei poter vivere, ma non è possibile. Prendo solo un respiro, scostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio e restando ancora qui, a guardarlo prima di alzare appena le spalle e far fare alle mani una movenza che le fa arrampicare sulle gambe fino ad incastrare le dita nelle tasche dei jeans. «Tornata» scosto le mani dalle tasche, senza pace, trovando uno spazio in cui sedermi con una movenza che le mie stesse dita le porta sul volto, per premerle lì, poi sulle tempie, il cranio, in un respiro che ancora entra e poi esce, come premendosi con qualcosa che diventa una decisione di respiri. «Josh ho bisogno che tu sia davvero onesto con me adesso, va bene?» ho una voce calma, anche se trema, e lo fa di qualcosa che riverbera nello sterno ed è come il secondo prima di un salto da un alto dirupo. Ma non ho accuse mentre mi giro di nuovo a guardarlo, e farlo con un respiro che lascia cadere le braccia perché si premano sulle gambe e restino lì, inerti, senza nessuno scopo. «Chi è Slater?» lo guardo ancora, e penso che per qualche istante, ci sia solo un tremito nelle labbra nel pronunciare un nome che ormai, istintivamente, so di odiare. Lo odio per tutto quello che sta trascinando nella vita di Morgan, e se è tutto vero, lo odio per quello che sta trascinando nella vita di Josh. Lo odio e basta, e me lo tengo stretto al petto, mentre trattengo gli occhi su di lui con solo una domanda nelle iridi.
     
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    Morgan Crain. Lo vedo riflesso negli occhi di Edie, è una certezza che illumina uno sguardo di preoccupazione e attesa protratta troppo a lungo nelle ossa. Io la conosco, so come si muove e come respira quando qualcosa inizia già a pesarle e quindi è fin troppo facile non prestarvi platealmente attenzione, perché non si senta sotto stretto controllo - anche se palesemente è così finché sono qui io - e tenere per me ogni cazzo di considerazione. Ho anche sperato che entrasse, che le trovasse le palle di fare due passi in più. Forse non ho attirato abbastanza la sua attenzione, e se è convinto che suo fratello abbia davvero cavato un ragno dal buco, beh: buona fortuna. Tengo gli occhi fissi su uno schermo che non guardo perché i miei sensi sono tutti altrove. Ormai il suo nome è solo un ringhio che mi trascino dentro come se ne avessi bisogno. E forse è così, forse devo trascinarmelo trai denti come promemoria che si toglierà dal cazzo tra pochi mesi, ed allora potremo tornare tutti a respirare. E lo so che non è un discorso che affronterò di nuovo con Edie, ed è proprio per questo che quando esce io rimango seduto contro ogni fottuta intenzione che mi avrebbe già spinto in piedi a scostare le tend ed espandere la mia percezione fino a loro. Non me ne frega un cazzo della privacy, sia chiaro, non quando c'è lei di mezzo e si spinge tra le sue braccia come se perfino lui ne fosse meritevole e no, non lo è. Mi frega che non pensi che lo sto seguendo, perché sono io l'ombra che ha appollaiata sulle spalle. Quindi sì, va bene Morgan, prenditi pure i tuoi cinque minuti di gloria in cui ti presenti senza nemmeno scendere dall'auto. Aspettare è da sempre la cosa che mi riesce peggio, ma mi costringo in respiri che mi serviranno perché qualunque cosa voglia dirle lontano da me, non riesco a non pensare sia strettamente collegata a tutto quello che sta succedendo e di cui mia sorella è già in parte al corrente. Sento i suoi passi, ho smesso di contare il tempo ma ho abbassato il volume al minimo, ed è la repressione di uno scatto quella che mi impongo nel rimanere seduto anche contro ogni mio desiderio. Diventa però impossibile dal momento che vedo la sua espressione. Cosa ti ha detto? è questa la vera domanda, quella che prima fra tutte è un lampo tra gli occhi. Io devo sapere se si tratta di una notizia che terrà lui anche più lontano di così, o se... Beh, alla fine non me lo chiedo tanto a lungo perché l'argomento sono io e nel sentire il mio nome in mezzo a questa frase, cambio espressione anche io. Sono sempre preoccupato, sempre, ma adesso sono i tratti di una serietà d'obbligo che mi disegnando ogni centimetro di pelle. Io sono sempre onesto con te. Lascio parlare uno sguardo che le lascio addosso come una coperta calda in pieno inverno. Forse oggi non sarò così onesto, ed in fondo sapevo che questo momento sarebbe arrivato prima o poi; quello in cui avrei dovuto saper mentire all'unica persona al mondo di cui non saprei fare a meno. La mia fortuna è che ormai è chiaro che so farlo, che so farlo bene. So credere in quello che dico al punto che poi mi impongo di viverci in queste cazzo di bolle che non durano mai abbastanza. Anche se sono in piedi, resto immobile nel vederla sedersi, e solo allora la affianco, solo allora mi avvicino perché senta che non c'è niente di sbagliato in me, non con lei. «Cosa c'è?» Incastro la domanda tra le labbra, eppure lo vedo già che non ha la forza di trattenere niente e vorrei solo uscire da questa casa per fermare quella testa di cazzo che sarà padre dei suoi figli, e ricordargli che non è davvero il caso di rompermi il cazzo più di così. Non quando il risultato è Edie che arranca anche nel farmi una domanda, seppur derivi da un collegamento che non intendo esporre neanche a lei. Ci ha messo meno di mezz'ora a prendere un mezzo sorriso tirato e trasformarlo in tremolio che non accetto di vederle addosso. Un fottuto record, bravissimo. Poi, lo dice. Lo chiede, ed è un nome che vorrei non pronunciasse davanti a nessuno, al punto che la mia prima preoccupazione è solo questa. So che sa del cadavere, so che sa del biglietto, quindi non è la prima volta che ne parlano, ma adesso cosa stanno facendo mh? Mandano avanti mia sorella, sangue del mio fottuto sangue, come tramite? Che teste di cazzo. Trattengo anche questo in me, un pensiero che su di loro non cambia mai. Chi è Slater? Cazzo a volte me lo chiedo anche io, ma non è incertezza quella che tengo per me, è solo un muoversi cupo di occhi che cercano i suoi e mani che si incastrano tra loro perché non esiste che questo discorso sia leggero, o facile, e nemmeno l'idea di affrontarlo lo è. Ho un macigno sul cuore da sempre, adesso preme solo più a fondo, si arma di spine e inizia a perforare quello che ha davanti. Prendo un respiro pesante; lo so che devo calcolare ogni cosa, mi alleno anche in questo, e con Edie deve esserlo perché dopo quella volta non sappia più vedermi a pezzi e, perché, non c'è insicurezza in me ed in quello che faccio come Faust e... come Josh. «Non nominarlo» il mio vuole essere un consiglio che si spezza in una preghiera lenta, gentile anche se già soffocante. Mi piego perché possa vedermi e possa trovare in me ciò di cui ha bisogno e tutta la sicurezza che posso darle me la imprimo con forza negli occhi. «E' un mago nero, uno molto potente e molto pericoloso per chiunque non sia... un altro mago nero.» Una premessa, un dettaglio che lascio trasparire perché è vero, io non sto mentendo e con lei lo farò il meno possibile perché mi costa un frammento della mia fottuta anima ogni volta, come se potessi strapparla a Tharizdun per darle fuoco davanti ai nostri occhi. Edie. «Perché me lo hai chiesto?» lo so già, ma voglio che sia lei a dirmelo.
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    Non nominarlo. Me lo premo nella testa, in quel modo che sa essere solo un macigno che rintocca e rimbomba nel suo spostarsi ovunque, e appesantire anche il mondo. Non nominarlo. C’è una parte di me che quasi come una bambina, vorrebbe ripeterlo altre mille volte, con sempre più forza, come se questo potesse bastare. Come se potesse togliergli il potere che si è fatto crescere fra le mani e che si stringe tutto intorno come fili rossi che si tendono per diventare graffi sulla pelle. Non lo faccio, mi giro a guardarlo per seguire ogni suo gesto come faccio sempre, ma con quella punta di preoccupazione che non sa da che lato muoversi e allora lo fa ovunque, come un abbraccio che pende e oscilla e non sa stringersi come vorrebbe su ciò che desidera proteggere da tutto. Lo sapevo che sarebbe stato difficile per me, e lo sapevo che lo sarebbe stato per così tanti motivi, quando in fondo io sono solo un piccolo, minuscolo punto che si agita cercando di capire che direzione prendere, e ho paura che sia sempre quella più sbagliata. Non ne so niente di Dei, Maghi potenti, non ne so niente di niente e so di non essere neanche lontanamente capace di guardare qualcosa del genere e poter davvero lottare con le mie forze. Lo so, forse è per questo che tutti, intorno a me, scivolano su quelle stesse strade che vorrei abbattere e distruggere, annientarle una ad una finché non siano più percorribili, a costo che debba essere io, questa volta, a pagare ogni prezzo possibile. E alla fine lo so che la mia paura, quella più grande ed enorme, sia che guardando Josh, io sappia che in qualche modo anche allungando le mani, anche stringendolo con tutta la poca forza che ho, non sarò capace di tenerlo qui, con me, dove vorrei fosse sempre. Perché è sempre stato così, nonostante tutto, e io ho così tanto egoisticamente bisogno di sapere che lo sarà sempre, e che non ha già strappato via la sua anima per me. Penso che sia difficile capire per lui, per Morgan, quanto sappia pesare davvero nel mio sterno sapere che ogni passo più in fondo, ogni aggravarsi, ogni fine che si scrivono sulle ossa, sia per me, e abbia il mio nome inciso ovunque. Penso che sia difficile capirlo per chiunque, quando in fondo lo so, e questa è una certezza che non crollerà mai, che tutto questo esiste solo perché hanno davvero pensato di fare qualcosa per me e basta, con forse quello stesso bisogno che ho io di fare qualcosa per loro. E lo so che qualsiasi cosa ci sia dietro le spalle di Josh, adesso, è qui per lo stesso motivo, ed è per questo che no, non penserò mai che non ci sia ancora quella piccola briciola che mi permette di tenerlo ancora stretto, anche se mi trovassi solo con fumo fra le dita, non lo lascerei comunque. Deve essere così e me lo ripeto, come una preghiera che non si rivolge a nessuno, non lo fa mai, perché non sono mai stata capace di credere che a qualcuno importasse al punto da ascoltarmi e graziare tutto ciò che vorrei fosse graziato. No, lo so che tutto quello che voglio, va guadagnato con sudore che diventa sangue, e sforzi immani che non smetteranno mai di esistere. Perché non posso fermarmi, non posso proprio, perché proprio come ha detto Josh, forse questa è davvero una guerra, e io non posso perderla. Non posso perderlo. Non posso e basta. Stringo appena le labbra e ripenso a Slater, e penso a come per me sia lui, lui, il centro di ogni colpa che per me non avrà mai nessun altro. Lui e basta. Non Josh, non Morgan, non qualsiasi altra cosa esiste in questo muoversi perpetuo che non lascia la sua presa, anche se vorrei solo respirare. Solo questo. Solo per un po’, prima di un’altra apnea che è un punto prestabilito lì, di fronte a noi, e che già mi priva di un desiderio prima ancora di poterlo anche solo pronunciare fra le labbra. E io sono così stanca di perdere sempre tutto e non essere mai, mai, capace di combattere contro quello che cerca di strapparmi via tutto dalle mani. Sono così stanca di essere seduta qui, in questa casa o un altro punto del mondo, con solo la certezza di quando io sappia essere inutile, inerme contro tutto quello che si muove e non ce la concede l’ombra di una pace che in fondo sì, io penso che ci meritiamo. Se la meritano loro, se la merita Josh, e io non voglio più vedere come anche questo sia perennemente negato a tutti. Muovo una mano, lo faccio per stringere le dita piano intorno al suo polso, perché questo, questo, esisterà sempre, a prescindere da tutto. Non ci sarà mai un momento in cui ritirerò la mano, e voglio che lo sappia adesso con una precisione che forse non è mai esistita, o se lo ha fatto che ora diventi più grande ancora. «So chi è, Josh» lo mormoro piano, senza lasciarlo andare, e cercando i suoi occhi con i miei, e forse chiedendogli solo già qualcosa con lo sguardo, ancor prima di premerlo fra le parole con ancora quella stessa scintilla che è sempre la stessa, vecchia preoccupazione. «Ma chi è per te» lo lascio scappare piano, anche questo, come un soffio che brucia la lingua mentre scivola via, e si addensa nell’aria per pesarmi nei polmoni. «È lui il maestro che hai trovato?»
     
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    «No, non lo sai» è il primo respiro che insegue una conferma lenta, ormai già incastrata così bene tra le costole che trasformarla in un ringhio non costa nulla. La trattengo solo perché so che non è colpa di Edie se adesso ne stiamo parlando, e questa è l'unica verità che speravo di evitarmi. Nessuno potrà mai nemmeno sperare di metterla contro di me, ed il solo fatto che io so la stanno usando come tramite è così schifosamente una merda che mi assicurerò lo capiscano molto bene la prossima volta. Oh, perché ci sarà una fottuta prossima volta e non sarà in una cazzo di macchina. Edie non lo sa chi è Slater perché non lo sanno i Crain, e non lo so io. Ognuno impara quello che deve, ma ci sono talmente tanti stradi che si avvolgono in questa oscurità che solo un idiota potrebbe dire di sapere tutto e prevedere ogni cosa. Io non sono quell'idiota, e lo so nel momento in cui il mio sguardo si fa apprensione. Lei non le capirà molte cose, e lo sappiamo entrambi ed è anche per questo che non la spingo a conoscenze che non può sopportare, è per questo che prendo un secondo respiro e non la sto rimproverando se, alla fine, quelle che ha sono informazioni che non dovrebbe avere. E' difficile dirle che andrà tutto bene adesso perché il mio volto non sa mentire così a fondo su qualcosa di tanto semplice come un'esistenza del cazzo che viviamo. «Quello che sai è quello che loro ti hanno detto, quello che pensano di sapere.» Non dobbiamo davvero dirci di chi stiamo parlando. «Solo il fatto che tu conosca il suo nome è..-» stavolta è più difficile trattenere una smorfia che è la rabbia con cui premo le labbra finché non sento il ferro che le perfora. Non le piacerà quello che le dirò e non ci sarà un modo di farglielo piacere mai, ma non mi interessa perché il concetto che deve passare è che sì, non gliel'ho detto per il suo fottuto bene, l'unica cazzo di cosa che conta per me. E no, non è una questione di segreti e fottuti omicidi, è che lei deve poter vivere in questa bolla in cui non avrà più nemici di quanti i Crain possano averne, ma è lampante che sia così solo per me. Dirle di Slater è stata una stronzata, ed anche una bella mossa tutto insieme, quanto basta ad accendere un nervosismo che mi prende a ondate. Chiudo gli occhi, stringo i denti, lascio arretrare le dita affinché si chiudano stridendo contro il tessuto dei jeans. Le guardo la mano, quella che stringe nel tenermi fermo qui, ma io non vado da nessuna parte e questo è bene che sia chiaro a tutti. Non esiste mai il rischio che mi perda adesso che io non posso perdere lei. E' vero che non so che cazzo farò più avanti, ma no, non le farei mai del male, né permetterò che siano altri a farlo. «» lo dico, è un soffio che libero nel guardarla negli occhi, adesso, perché voglio prendere ogni sensazione abbia o provi e strapparla via con la forza di una certezza che, dopo tutto, io sto bene e questa cosa è stata l'unica in grado di rimettermi in piedi quando la Corruzione mi stava divorando. Non è una colpa che so darmi, e voglio lo legga nei miei gesti che è così, che ci sono sempre due lati di una medaglia e che se non gliel'ho detto prima c'è una ragione perché io una logica ce l'ho. «Sì è lui» Lo dico di nuovo perché Edie è come me, lo so, ha bisogno che qualcosa, anche se non le piace, si ripeta, con più calma e meno incertezze e non vorrei fosse un colpo al cuore per lei, anche se per come immagino siano andate le cose in quella cazzo di macchina, lo sarà ed io avrò solo una fottuta persona da incolpare per questo. «Edie..» non so girare attorno alle cose, è un problema che abbiamo in famiglia, quindi mi prendo solo il tempo di un respiro che non sa riempire i polmoni. Sono sempre io, ok? Lo imprimo negli occhi, nel cuore, ed in questa mano che raggiunge la sua. La voce esce ancora più bassa, lenta. «Cosa ti ha detto Morgan?» sento come la domanda cambia, si evolve, perché non me ne frega un cazzo di quello che passa per la testa di un Crain, adesso voglio solo capire cosa passa nella sua, è solo l'unica cosa che conta. Vederla così è una sconfitta che non so quanto saprò gestire se già adesso è un buco allo stomaco che sa sempre allargassi. Ti prego, Edie, non andare avanti, non chiedermi di più. Non costringermi a mentire.
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    Lo so quanto ho sperato, nonostante tutto, che dicesse di no. Che non avesse idea di chi fosse, di niente, e che tutto questo fosse solo una sorta di incubo da cui risvegliarsi. Ma non è mai così e dovrei essermici abituata, ormai, a sapere che no, non si tratta di nessuna illusione, questa è semplicemente la realtà. Tremenda, crudele, e con troppi punti come spigoli appuntiti che si trascinano contro lividi già segnati, scuri, che macchiano la pelle e mostrano dov’è che fa più male. Ma ci ho sperato lo stesso, l’ho fatto con quel soffio che è più il rimbombo di un sogno che si spezza che uno sperare reale. Non scosto la mano, né la mia né la sua, ma lo so che per un attimo le mie dita si stringono appena di più, mentre un respiro pesante entra ed esce dai polmoni, lasciando un suono fra le labbra che accompagna lo sguardo che, per un attimo, si abbassa in qualcosa che sembra quasi diventare nero contro i miei occhi. Nero, nero e basta, ma è solo la frazione di un secondo che si spezza quando torno a guardarlo, e tutto quello che vorrei, adesso, è pensare che niente di questo sia reale. Che non ci sia ancora ed ancora, sempre, qualcosa che pende da due lati e mi lascia così in bilico in tutto, senza darmi modo o capacità di andare dritta se non con la minaccia di un disequilibrio che sì, probabilmente prima o poi mi farà cadere. Anche se non posso, non ancora né mai, perché per quanto nessuno, ora, sappia pensare quanto ci sia una colpa nascosta dentro il mio petto, lo so io. Lo so io, e questo basta, è sufficiente a farmi tremare i muscoli per tenerli ancora impilati uno sopra l’altro. Io lo so chi è Slater, e forse nel sapere così poco di lui, lo conosco ancora meglio di quanto lo si possa pensare. Per me, almeno, per me. Per quello che mi interessa, che è così poco ma è sufficiente a farmelo vedere come un’incarnazione di tutto ciò che andrebbe distrutto per poter riprendere a respirare almeno solo un po’, in un modo che non faccia così male. Io lo so chi è Slater, anche se no, non ho idea di così tante cose di lui, ma non mi interessano. Non mi importa di nulla, se non di quello che ha il suo nome ed è qui, è ovunque, come un veleno che questa aria la sta intossicando e non permette a nessuno di sfuggire. Non ho mai odiato davvero nessuno nella mia vita, ma adesso è proprio questo che sento scivolarmi nel petto e prendere forma, come se fossero costole e polmoni che si aprono per creare un apparato nuovo, indipendente da tutto il resto. «È giusto che io sappia il suo nome, Josh» lo so che ho troppa apprensione nel tono, quando non ho davvero altro a premermi nei polmoni e quindi nient’altro può uscirne. Non può, perché so solo pensare che no, non posso mollarla questa presa, che devo trascinarlo verso di me e via da tutto questo. Penso di guardarlo proprio così, adesso, con questo bisogno che scava e scava, e non mi lascia nient’altro, neanche un tremito che sappia alzarsi per essere una rappresentazione, non quando i miei muscoli sono tesi in qualcosa che non è ansia, non è angoscia, né terrore, ma qualcosa di diverso che voglio scacciare via, ma che so resterà qui ancora ed ancora. Non so molte cose, e questo è vero. Ma non mi serve, non quando esistono così pochi punti, a questo mondo, di cui mi importa. Così pochi che basta sfiorarli appena perché tutto si aggrumi e diventi l’unica cosa di cui mi importa. «E magari non so tutto di Slater, ma ne so abbastanza» so cosa ha fatto a Morgan, so che è sua la mano che sta trascinando Josh con forza, quella contro cui sto lottando per non farlo scivolare via, quella che mi ha spinta da Daniel mesi fa, quella che quella volta, lo ha fatto tornare a casa dopo giorni di assenza con troppo a premersi sul suo corpo e ovunque. E questo mi basta. Lascio andare un altro respiro, stringendo appena le sopracciglia mentre sposto la mano che si stringe contro il suo braccio, e lo faccio solo per girarla e stringere la sua, premerla fra entrambi i miei palmi con una forza che è sempre la stessa dolcezza, sempre quello stesso identico bisogno di sempre. Quello che non cambia mai, e che nel guardarlo mi sa solo dire quanto abbia bisogno che lui stia bene, al sicuro, e lontano da qualsiasi cosa che minaccia di fargli del male. Non ho bisogno di altro, e allora queste dita gliele stringo contro e lo faccio solo con questo bisogno in ogni frammento di pelle. «Ha ucciso due Cacciatori, questo mi ha detto. Uno a Novembre, uno fra ieri e oggi credo. Era Borromé, tu non lo conosci ma io sì. Era uno di famiglia per Morgan» e sì, lo so che la voce mi si piega appena, perché anche se non lo conoscevo davvero se non per una presentazione mesi fa, io lo so. Lo so che è qualcosa che si è puntato nel petto di Morgan, insieme a tante altre cose. E anche se conosco poco tutti loro, non posso non pensare davvero a quel vuoto che si è aperto e che adesso pulsa nel modo in cui, per i persone come loro, immagino pulsino sempre certe cose. Metà dolore, metà rabbia. «E mi ha detto che lo conosci, Slater» alzo appena le spalle, in un mormorio che non diventa mai l’impuntarsi di rabbia, o di accuse che no, non ho da nessuna parte. Non ne saprei avere, con lui, neanche se mi ci impegnassi, perché semplicemente lo so. Lo so e basta, e non c’è bisogno che qualcuno me lo spieghi. Non questo. Ma la testa la scuoto, perché ho bisogno di scacciare via questa cosa, questa cosa enorme che mi sembra ci stia per fagocitare tutti interi, senza lasciare neanche le nostre ossa. «Non va bene Josh, non puoi avere a che fare con lui. Lo stanno cercando, e non devi finirci per mezzo tu. Puoi trovare un altro maestro, uno che magari non sia-» prendo una pausa, e lo faccio con mani che si stringono appena di più contro la sua, in un gesto che è come l’inizio di un bisogno disperato che mi crea un groppo in gola. Immobile, che non trema, ma è lì a ingigantirsi e gonfiarsi sempre di più. «Un cazzo di Assassino, Josh. Ti rendi conto? E non sono neanche le uniche vittime che ha fatto, tu non hai idea» e lo so che ci penso a quello che mi ha detto Morgan quella volta, di fronte al cadavere. Lo so che ci penso e lo faccio per Morgan, lo faccio per Josh. Lo faccio perché no, non è questo che voglio per lui, non lo è mai stato.
     
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    No. Non è giusto che sappia il suo nome. E non lo dico perché non dovrà sapere cosa faccio davvero con lui, ma perché non è giusto che non possa godersi una cazzo di vita che anche se prima o poi crollerà, adesso è sempre vita. E sono tre, in una. Mi rendo conto di quanto la cazzata di Morgan ci costerà, ed è un pugno nello stomaco che reggo solo perché devo, quando so che nel momento in cui avrò aria, allora avrò anche lo spazio per trascinarmi lungo un muro e lasciarmi scivolare fin dove posso... lontano da lei. Se non sapessi che cazzo sta provando, troverei modo di dirla una fottuta cosa che freni il suo flusso di pensieri, invece lo so e questo peggiora la cosa. Per ogni sguardo che si appanna e si annebbia, c'è una spinta che mi schiaccia le vertebre e cazzo potrei giurare di sentirle piegarsi anche adesso. Ci sono cose che non sono giuste per Edie, punto. Non c'è davvero una discussione su questo e no, cazzo, no che non può essere messa al corrente di tutto perché è fottutamente pericoloso e tenerla lontana dalla realtà è il solo modo che ho per camminarle accanto anche così, anche con quello che faccio e che farò per noi... per la nostra cazzo di famiglia. Mi faccio modellare, perché una sua mano sappia sempre trovarmi, e la mia accompagni la sua ovunque ci sarà bisogno di andare, questo lo so fare ancora e morirò facendolo. Però non mi scuserò per non averglielo detto prima, sa più di chiunque che è così che sono. E' un dolore, il suo, che si riflette in me come uno specchio e che, ancora, mi tiene zitto mentre mi spiega di morti che non appartengono tutte alle mie mani. Ecco cos'era l'altra cosa che era in serbo per i Crain e sì, non sarà l'ultima. Mantengo un silenzio che è solo vuoto. Un vuoto che non posso riempire con tutta la verità di cui sarei capace e per un momento io la guardo e me lo chiedo se sarei in grado di dirglielo. "Edie, il primo cacciatore l'ho ucciso io" e no, anche se c'è una parte di me che - cazzo - vuole farlo da quella notte, e per tutte le notti in cui servirà perché non perda mai la presa con me e quello che sto diventando, non lo farò. Non posso, se voglio che lei resti viva, protetta finché la fine del mondo non avrà il suo esito ed anche dopo, devo spingere a fondo questa realtà e costruirne una migliore. Mi dispiace, non posso fare altrimenti. E per una volta, la prendo larga, voglio che capisca che questo mezzo sorriso che ho è solo amarezza, quella ironica e fottuta che mi premo addosso sempre per camminare ancora, per respirare ancora. «Quando ti ho detto che le cose sono complicate con la Corruzione, non stavo scherzando... » mi fermo ad accarezzare la sua pelle, finché non le sistemo un paio di ciocce scure e lascio scivolare la mano sulla sua spalla. E' pesante, lo sento prima che sia una quasi verità nei miei occhi. Cerco tutte le reazioni che posso avere a quello che sto per dirle. «Non mi piace che tu conosca il suo nome perché è un potere che non puoi controllare ed è un nemico che non puoi avere contro.» Ma questa è la punta dell'Iceberg, vorrei solo che sapesse che sono qui proprio per questo, perché lei non sia in pericolo. Scuoto il capo, è un gesto lento che si porta via me in quelle parti che possono essere rassicuranti ma fino ad un certo punto, e poi c'è solo nero. Non le ho mai detto cosa fa la corruzione, cosa cambia in te o quale sia il motivo per cui un mago nero non sia poi una persona raccomandabile. Ho sperato che ci fosse la possibilità di trasformarlo in una di quelle cose di cui non parliamo mai, che sappiamo non sono "giuste" ma svelarle è troppo doloroso per infliggerci anche questo. Ma invece no, perché Morgan ha deciso per noi anche come dobbiamo andare avanti, come dobbiamo interagire e questo è perfino peggio di quello che pensassi, sa farmi incazzare due volte tanto. La verità è che se sto aspettando così tanto è solo perché non so da dove iniziare a parlare. So solo che la mia calma non è reale, è una maschera che devo fottutamente indossare perché lei non veda cosa ho fatto e devo farlo bene o non avrò speranze che resti. La mia fortuna è che sono motivato, ed ho la mia motivazione davanti agli occhi. «C'è un motivo per cui i maghi neri sono chiamati così, Edie. Io non rientro totalmente nella categoria, come pochi altri, perché ho fatto un percorso diverso, ma non ne esiste uno che non sia in parte così, come Slater e che mi insegni a vivere con questo alla stessa maniera. Se non sarà lui, sarà un altro assassino, forse anche peggiore di lui.» Mi rigiro l'anello tra le dita, cazzo è sbagliato anche solo parlarne perché poi si darà la colpa sempre per questa mia scelta, lo sappiamo entrambi che non voglio accada. Ora però la cosa si complica un po' di più perché il terreno è così minato che ogni sillaba è un fottuto problema. «Ascoltami, mi dispiace per quei Cacciatori, Slater mi aiuta solo a gestire i.. poteri.. che sono insorti con la corruzione e su cui devo avere un controllo che arriva con l'esperienza e l'esercizio e ci vuole uno con la sua capacità per aiutarmi, perché non posso perdere contro questa cosa. Sì, lo so, è un mostro e non siamo certo amici, cazzo no, ma quello che fa fuori da quando mi aiuta, io non lo so.» Posso imprimere la verità che accompagni la fine di un discorso che è puro anche se non semplice. Non sapevo niente dell'assassinio di questo Borromé. Indurisco però ogni espressione nel tornare su di lei, di nuovo. «Io non sarò mai come lui, ho qualcosa che mi àncora qui ed è più forte di qualunque altro motivo del cazzo possano avere gli altri...» sei tu.
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    Non lo sapevo cos’era la Corruzione quando questa storia è iniziata, e probabilmente ancora adesso ci sono tante di quelle cose, in merito, che non conosco e che ancora neanche ho sfiorato, ma in fondo lo so, e l’ho sempre saputo, che questo ne era parte. L’ho sempre detto in fondo che anche Josh ha dato via tutto per me, e lo sapevo che era proprio di questo che parlavo. Adesso lo so meglio, ma mai abbastanza, mai abbastanza, anche se mi sforzo e cerco di imparare tutto ciò che posso in merito, e forse è stupido, ma non importa. Non può essere così e basta, senza nessuna uscita, un tunnel che scava la terra e non promette nessun sole, nessuna luce e nessun dopo che si apra e finalmente conceda quel poco per cui tanto si è lottato. Forse sono testarda, ma lo so che se mi permettessi di non pensare così anche solo per un secondo, finirei per non saper più fare neanche un passo. Io lo so l’effetto che ha su di me l’inevitabile, lo conosco quel macigno che sulle mie spalle, diventa talmente pesante, da non permettermi neanche di strisciare per andare da qualche parte, ma solo di rannicchiarmi in un punto e cancellare ogni cosa, ritrovare un ansito che in sé abbia solo un silenzio che non mi parla di vite andate in frantumi una dopo l’altra. Io non posso permettergli di farsi questo e lo so, ma la verità è che l’ho già permesso. L’ho fatto nell’esatto momento in cui la Corruzione l’ha accettata e quel passo lo ha fatto, ed io ero solo un’ombra di me stessa a pregare solo che tutto finisse e lo facesse in fretta, perché non sopportavo più l’attesa di cui era fatta la mia esistenza. Ma non dirò che è troppo tardi, non lo dirò mai. E forse questo è stato proprio Josh ad insegnarmelo, mentre andava avanti senza mai fermarsi per sconfiggere quello che io pensavo fosse una fine, ma che è stato solo l’inizio, la prefazione di tutto. Non so cosa dovrei fare, come non lo sapevo quando sono uscita da quella macchina, quando sono entrata in casa, come non lo so mai e basta perché mi sembra, sempre più, di essere appesa ad un pezzo di legno in mezzo ad una tempesta in mare aperto, senza niente che possa permettermi di contrastare la forza di correnti che mi spingono ovunque. Ma ci provo lo stesso, agito braccia e gambe in questo tentativo che per quanto disperato, è tutto quello che mi è concesso. Non la lascio questa mano, e lo so che non lo farò mai. Alla fine, posso dire che fra tutto, questa è la mia unica certezza perenne, perché semplicemente non ne sarei capace. Mai. Siamo io e Josh, come lo siamo sempre stati, e qualsiasi cosa ci sia adesso, io posso solo pensare che passerà. Che la risolveremo, perché non possono esistere altre opzioni, non possono farlo e basta, non quando non può esserci nessun dopo, per me, che non lo coinvolga. E io glielo devo, a parte tutto, a parte ogni fibra del mio corpo che non sarebbe capace di allontanarsi da lui e lasciarlo neanche se mi fosse imposto con tanta forza da spezzarmi, io glielo devo. È per me che siamo finiti a questo, e anche se non lo dico, neanche più con un mormorio, come non lo dico più a Morgan, lo tengo qui, sepolto nel petto, a palpitare per ogni giorno che passa e porta più vicino il sei luglio, e ogni istante in cui guardo Josh e lo vedo, lo so, quanto tutto per lui si è fatto complesso e lo stia avvolgendo come una rete di spine. E io non ho mai voluto niente di tutto questo, perché se lo avessero chiesto a me, avrei scelto loro. Avrei scelto la mia maledizione e tutta la sua paura, pur di sapere che nessuno, nessuno, dovesse sopportare niente per quel sogno che, alla fine, mi sembra più un incubo da cui è impossibile svegliarsi. «Lo so che non posso fare niente contro di lui, né progetto farlo. Ma Josh, parliamo di te, e di Morgan. Certo che voglio saperlo, anche se si tratta di starmene seduta sul divano e solo sapere che questa cosa esiste» lo dico in fretta, quasi premendolo fuori con una rincorsa che mi porta, poi, a stringere appena le labbra. L’ho detto, non voglio essere un problema. Non voglio esserlo mai, per nessuno, sopra ogni cosa, e questo lo so quanto mi costringa esattamente a questo: a sapere che no, anche se volessi, non potrei fare niente contro Slater, o contro tutto il resto. Posso aspettare, questo è tutto. Abbasso solo per un attimo lo sguardo, ma è un gesto che mi serve solo a stringere le palpebre per un secondo, trattenerle con un respiro mentre trascino i pensieri uno sull’altro, scuotendo appena la testa mentre trono a guardarlo. No. No a tutto. No e basta. Perché non è giusto. Non è giusto. Semplicemente, non lo è. Non lo è per Josh, e non lo sarà mai, e non posso accettarlo e basta. «Non possono essere tutti così. Ci sarà qualcuno di diverso e se non ci fosse va bene, ci penseremo. Ma non Slater, Josh, non lui» anche questo è un respiro, e forse è solo il tentativo di avere una speranza che è più una negazione. La sento spezzarsi contro i denti insieme all’aria, mentre una mano la scosto dalla presa, ma solo per premergliela come una carezza sul volto, prima di rimetterla lentamente al suo posto di prima. «Lo sanno che è il tuo maestro, e verranno a chiederti informazioni e tu gliele devi dare. Che sia anche solo quello che mi hai appena detto» e no, non dirò che ci sono anche io al centro di tutto, perché non voglio che lo faccia per nessuno, ma solo per sé stesso. Lo voglio come l’ho sempre voluto, che sia capace di guardare avanti e sì, fanculo a tutto, dire che esiste qualcosa di diverso anche per lui. Qualsiasi cosa. Una qualunque, basta che non sia così, non sia questo. Non chiedo altro. «E per quel che vale, ora come ora sarei solo contenta se mi dicessero che lo hanno ucciso, perché è quello che si merita» lo sarei davvero e lo so, lo so che una parte di me lo desidera e basta. E non ho vergogna di questo, anche se forse dovrei, ma ho visto così tanto dolore nascere per colpa sua, e così tanto lo sento anche adesso nelle mie stesse ossa, che non m’importa. Per questo ho uno sguardo che è sincero mentre lo guardo, perché io di questo, per quanto sbagliato, non chiederò scusa a nessuno. «Non sopporto l’idea che tu abbia a che fare con una persona simile, Josh. Troveremo un altro modo, uno qualunque, ma non questo»
     
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    Vorrei dirti solo quello che vuoi sentirti dire, Edie. Sempre. Non me ne è mai fregato niente di me, di cosa servisse a me perché per respirare avevo solo bisogno che fossi qui. Qui come sei anche adesso quando resto in silenzio e ricambio le tue strette di apprensione e rabbia e paura. Vorrei che non provassi queste cose, che Morgan non ti avesse spinta fino a questo punto. Io ho voluto questo per una cazzo di vita che abbiamo passato a dirci che tutto prima o poi sarebbe finito, che noi l’avremmo superata perché insieme siamo imbattibili. E mi ricordo quando ce lo dicevamo che eravamo ancora due bambini, quando io avevo paura che te ne andassi prima che potessi diventare abbastanza bravo per proteggerti e tu già stavi iniziando a vivere una vita morta fin dal principio. Spenta, lontano dai riflettori e da qualsiasi cosa che potesse interessare a chiunque perché non hai mai creduto di poter avere niente. Adesso vorrei che avessi tutto, e so già che non è ancora possibile. Non è mai stato giusto niente, non per noi. E quindi si, cazzo una volta tanto vorrei poterti dire qualcosa che sappia solo renderti felice senza compromessi, senza che ci sia bisogno di un equilibrio che dia a tutto solo un tempo limitato. Vorrei, Edie, tanto come vorrei riavvolgere il tempo e non doverti chiedere perdono così tante volte in silenzio, dietro lo sguardo che più di prima è quasi ermetico. Sospiro, ancora, ma è solo un fiato che perdo quando vorrei dirti che no, i tuoi Crain non hanno capito molte cose e nel farlo hanno spunto te a commettere i loro stessi errori. Mancanze che con Slater si pagano care. Stringo le dita alle tue, le incastro, le tengo con me e lo sai che sono qui vero? Sai che so quali sono le tue paure adesso, e che mi piacerebbe poter evitare che le vivessi come lame che ti trattengono da qualche parte troppo lontana da me e dalla sicurezza che devo darti in ogni tuo passo e si, si tenerti all’oscuro di tutto è una mossa che rifarei perché non sai difenderti Edie, non sei ancora brava anche se il mago bianco ti aiuta. Non abbastanza da dirti che puoi prendere queste cose e trasformarle in punti fermi che saprai affrontare. Non sarà così, e lo so prima di te e per questo dirtelo adesso è... difficile.«Esiste, come esistono tante cose che non conosco nemmeno io... ma è questo il problema. A volte venirne a conoscenza è già un errore che non si può riscrivere ed io non voglio che tu sia in pericolo perché adesso sai il suo nome.» Cosicché sia chiaro che l’amore della tua vita ha già sbagliato tutto, di nuovo, sempre. Perché quel fottuto idiota non è venuto prima da me eh? Perché ti sta usando e tu ti stai lasciando usare, non farlo Edie, non con me, né contro di me. Ti fai portavoce di qualcosa che non sai quanto a fondo scavi in me e, adesso, è tardi per tornare indietro. «La corruzione cresce, si arrampica come un fottuto cancro e se non fai in fretta a frenarla e non ti segue nessuno, puoi non farcela. Quella volta non hai visto niente di quello che può fare davvero. Ti ho detto che sono bravo, che non devi aver paura per me ed è così, ok? E' vero, ma senza una guida sarebbe stato diverso.» Te la ricordi perché me la ricordo io, e se la tiro fuori adesso è perché sono costretto a farlo. Mi pesa dirtelo, tantissimo, avrai paura per me e voglio dirti che questo non sarà un problema se continuerò quello che ho iniziato con Slater. «Edie... no. E quello che sto dicendo a te non deve uscire da questa casa.» Non ti ammonisco, non sono capace di farlo è solo una presa di coscienza che voglio tu abbia perché anche se io non avessi un accordo con lui, un patto che devo rispettare perché tu resti in vita, vendere qualunque informazione mi costerebbe perfino troppo perché tu possa accettarlo prima ancora di me. « I Cacciatori non fanno distinzione tra maghi neri, non si fermano a chiederti se sei uno di quelli che vive una vita normale oppure no..» Te lo lascio scivolare contro senza la minima forza. Ma non la smetto di guardarti, di dirtelo anche con gli occhi che vendere Slater è fuori discussione. «Ci uccidono perché siamo corrotti e questo lo fa anche Morgan. Tutti i maghi neri sono un nemico, tutti dovrebbero morire. So che non lo farà con me..» anche se vorrei vederla la scena «.. ma il fatto è che preferirei una sorte come quella che ci spetta per mano loro, piuttosto che quella che capita se tradisci uno come Slater, se lo vendi anche in minima parte.» Questo solo perché devi saperlo, devi sapere il prezzo di quanto lui ti ha chiesto nel venirmi a dire queste cose e non pensare alle conseguenze che avrebbero se le assecondassi sul serio. Non lo venderò ma lo so che adesso devo dirti anche che «Se vogliono braccarlo, ucciderlo, qualunque cosa: non andrò certo a salvargli il culo. Questo è sicuro, ma è l’unica cosa che posso fare per non aggiungere carne al fuoco.» E non è vero, non è vero perché Faust se verrà chiamato farà ciò che deve. «Troveremo un altro modo, ok? Devi capire che non è come cambiare auto, ti spiegherò ogni cosa sulla corruzione e sulla magia nera, se lo vuoi sapere davvero. Ma adesso ho bisogno di quello che mi sta insegnando per non..»morire. Abbasso lo sguardo e no, non è una cazzata.
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    Io lo so che niente di questo, niente, si muove se non nel tenere saldo in testa, sempre, sempre, sempre, che deve proteggermi. In tutti i modi. Perché non c’era nessuno a farlo per tutta la nostra vita, perché cose come me, andavano nascoste, travestite, o tutto ci sarebbe stato contro. Lo so. Non le ho dimenticate quelle notti, o quei momenti in cui tutto svaniva, per me. Ma solo per me, non per lui. Mai per lui. Per Josh erano sempre ore che si allungavano con una domanda nel petto, e quando tornavo lo vedevo quanto fosse spaventato, terrorizzato, quanto non esistesse mai altro che quell’unico pensiero di togliermi quella cosa da dentro. Quella che stava rubando la mia pelle, le mie ossa, la mia mente, e anche la mia vita. Lo so. Penso che il mio più grande problema, sempre, sia proprio che lo so. Lo so sempre, e così precisamente da non darmi scampo, mai, neanche se volessi scivolare dentro qualcosa di più asciutto, una rabbia che diventa solo copertura di tutto il resto, come un bisogno che soffoca su sé stesso. Ma non posso fare neanche questo, perché lo so in un modo martellante e lo so anche adesso che lo guardo, e mi chiedo solo se davvero, davvero, è questo che è stato scritto per noi. Me lo chiedo per un secondo. E me lo chiedo per Josh, per Morgan, per me. Forse, in fondo, ho sempre fatto bene a non pensare mai che le cose si sarebbero aggiustate davvero, ed è un pensiero che alla fine torna sempre. Lo fa ogni volta che per un attimo, uno solo, mi lascio andare a quella sensazione che anche se sì, lo so che inevitabilmente tutto scivola verso qualcosa di orribile, mi fa prendere un momento, una manciata di attimi, e dire che almeno ora, adesso, va tutto bene. Ma non lo fa mai, e ogni volta mi trovo sempre nello stesso punto, quello in cui guardo il mondo e lo vedo solo andare a pezzi. E no, non importa quanto ci ho messo a metter su tutti i pezzi, uno ad uno, e quanto abbia provato a rinforzare i muri che so non essere miei, ma appartenere a quegli altri che lo so, lo so, sono le necessità della mia vita. E tutto quello che avrei voluto, erano solo questi sei mesi, e poi non lo so. Non lo so cosa avrei fatto, non ne ho idea, perché non ho mai voluto pensarci davvero, ma adesso inizio a capire che forse anche questo piccolo, minuscolo tempo, sia stata una richiesta troppo grande. Forse è la punizione per non aver mai fatto altro che accettare, piegare la testa, senza neanche la voglia di lottare per qualcosa che, per me, era già una realtà, come se la potessi vivere giorno per giorno sulla pelle anche se così indefinibilmente lontana, da non sapere dove collocarla. Ma era qui, in ogni mio fiato, e io no, non ho mai fatto niente per evitarla. Non come ha fatto Josh, non come ha fatto Morgan. E allora forse è solo che me lo merito e basta, anche se cerco di cacciare via questo pensiero perché neanche così, con la sensazione di una sconfitta che fa decadere tutto, posso davvero fermarmi e arrendermi. Eppure io so anche che non è come dice Josh. Lo so che esistono differenze, e lo so che è una questione di linee e punti da non superare, a prescindere dalla Corruzione, dalle Maledizioni e da tutto. Lo so perché l’ho vissuto sulla mia pelle, e lo so perché l’ho visto, perché in quel mondo ci sono entrata, e anche se l’ho fatto di poco, un passo appena, alcune cose sono così chiare quando si supera quel confine, da essere come pilastri che sorreggono tutto. Per questo, ancora, scuoto la testa, ma ho questa sensazione, mentre gli stringo ancora la mano, e lo faccio con pollici che si muovono con circoli che sono carezze sulla sua pelle, che non servirà a niente. Che quel desiderio, quello che ho covato e provato a costruire in questi mesi, nonostante tutto, debba essere solo qualcosa che ora devo abbattere. Mattone dopo mattone, così come l’ho messo in piedi con tutta la fatica che conosco, perché è già un ricordo. Ed è così che devo iniziare a trattarlo. «Questo non è vero, Josh» e lo so quanto non lo sia, lo so per motivi che mi scivolano oltre la schiena, le ossa, e vanno a poggiarsi altrove, su quello che ho visto e ho saputo capire, che anche se poco, quasi niente di quel mondo di cui ho appena superato l’uscio, so essere vero. «C’era Chrys alla Veglia, e so per certo che esistono altri Maghi Neri che non sono cacciati da loro» lo so quanto la mia voce sembra sempre più una preghiera, una rivolta, come sempre, a nessuno. Nessuno e basta, neanche a lui, non a me, non a qualcosa che dovrebbe essere lì, da qualche parta, di guardia per noi. Non c’è niente che si curi davvero di cose simili, e se davvero guardano, ormai so anche questo, lo fanno senza muovere neanche un dito. La giustizia, in fondo, non esiste. Non è mai esistita, e mai esisterà, e tutto quello che può essere guadagnato, lo si deve fare con forza. «Non sono così male come credi, e se tu non vuoi parlare bene. Non farlo, ma adesso prendiamo le nostre cose e ce ne andiamo» adesso le mani gliele lascio, lo faccio per alzarmi con uno slancio che mi porta le mani sul volto e sì, la sento la presenza insistente del mio telefono nella tasca, ma non ho intenzione di scrivere niente a Morgan. Non adesso. «Sanno che sei coinvolto con lui, quindi verranno a cercarti. Se non trovano te, cercheranno me, ed è facile con il Pub e tutto.» torno a guardarlo mentre già, nella mia testa, sto facendo un elenco preciso di quello che mi serve, il minimo indispensabile. «Non m’importa di chi sia Slater, o quanto sia forte, o tutto. Questa è una situazione diversa da tutto quello che puoi pensare, okay? Non è buona, quindi non possiamo stare qui. Io non posso stare qui. E non esiste che ti lascio in questa situazione, quindi andiamo e basta» mi fermo dopo essermi resa conto che i passi sono andati quasi a caso in questo spazio, e lo faccio lasciando crollare le braccia lungo i fianchi. Questa è la mia vita, e lo so. Lo so. Non è anche la sua, ma la mia sì. E non posso restare con due piedi fissi da due lati opposti della linea, questo non è concesso mai. Premo una mano sul ventre, in un gesto che diventa quasi meccanico e che il palmo aperto lo lascia lì, a seguire un respiro che per un attimo, uno solo, la fa gonfiare di più. «Dimmi che va bene e basta, ti prego»
     
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    Sai, Edie, non pensavo che Morgan ti avrebbe fatto questo. Pensavo ti amasse e che una cazzo di cosa l'avrebbe fatta bene, invece ora sono qui io a guardarti di nuovo prendere quello che ti ha detto ed usarlo come fosse un testo sacro. Ti ha allarmata, ti ha messo addosso una coperta d'ansia ed è stato bravo perché l'ha fatta ruotare su di me, è stato furbo gliene do atto, ma non ha fatto la cosa giusta e questo finirà per capirlo molto in fretta. Ti ho sempre detto che sei più forte di quanto credi, che avresti dovuto prendertelo il tuo spazio vitale anche quando tutto remava contro i tuoi respiri. Ti ho guardata diventare un animale ed ogni volta l'ho fatto con il cuore in gola, a battere per niente contro la carotide. Ho sperato che qualcuno venisse da me e tagliasse in quel punto preciso, se tu non fossi tornata in te, perché allora io non sarei tornato in me. Adesso però le cose sono cambiate, lo sono così tanto che me ne rendo conto quando le mie parole non ti bastano contro le sue, quando lui ti è entrato così tanto dentro che adesso la mia paura è una certezza. Lo so che molte cose non ti sono mai piaciute, che io e te abbiamo combattuto per un diritto che non volevi prenderti ed io invece ti avrei dato anche il mio purché te ne accorgessi, però alla fine ci siamo sempre trovati in un punto che abbiamo trattenuto nello sterno come una batteria di ricambio per ogni battito perso, venduto, lacerato. Non mi credi più? No, non è così, è che sei spaventata per me e lo capisco, però c'è qualcosa di più che non mi stai dicendo e lo vedo attraverso gesti che non sei mai stata brava a nascondermi. Puoi negare tante cose, lo facciamo da una vita e lo faremo per sempre, ma non puoi essere così cieca, io non posso lasciartelo fare. «Chrys è il secondo caso, è amico di Caiden..» ma Chrys fa cose che nemmeno tu sai, e che se sapessi non approveresti, non ti andrebbero bene come invece stanno bene a me. «I Crain hanno un allarme di perimetro che li avvisa della presenza di un Mago Nero, e non dirmi che a Morgan non è preso un colpo quando ha saputo cos'ero Quindi no, Edie, non funziona come pensi tu, io sono dalla parte dei cattivi ed anche se è vero che in parte è così, dall'altra voglio solo che tu capisca che punterò esattamente su questo per smontare ogni teoria perché non posso credere che tu ti fidi così ciecamente di quanto ti dice. E lo fai così tanto, cazzo, che sei già in piedi, in ansia, pronta a chiamare chissà quale altro piano che no, non attueremo oggi, né domani. Contro la tua agitazione io sono la calma. Mentre tu soffochi i respiri, io mi alzo lentamente, le mani lungo i fianchi. Mi parli di andarcene e vedo che stai facendo le valige e questa è una stronzata. Ti sei fatta il culo per comprarti una casa così e, Cristo, Edie, sai che un cacciatore è una serie infinita di nemici e adesso ti ha messo contro anche i suoi. E no, non mi sta bene e sì sono incazzato, sento solo il mio sangue che pulsa nelle vene e mi chiede di stringere i denti ancora finché non ho carne da mordere o pelle da trattenere. «Fermati un attimo...» perché non lo stai facendo come dovresti. Mi avvicino di un altro passo e, cazzo, lo devi poter vedere anche tu che sto solo provando a ragionare con te nel momento peggiore, quello in cui non ragioni mai ma se oggi non lo fai è colpa sua ed io lo segno solo nella lista di motivi per cui quando morirà sarò qui con te e ti stringerò a me e terrò alto il tuo umore e poi, da solo, stapperò una cazzo di bottiglia per conto mio. Non posso starti lontano, ma io non andrò da nessuna parte e se tu qui sei in pericolo, allora ti troveremo un nuovo posto e verrò da te senza che mi seguano, ma no, non posso andarmene. «Ascoltami..» So che il mio tono sa essere calmo ed anche serio, quando invece vorrei ringhiare e basta, tutto il fottuto tempo che mi rimane prima che mi venga voglia di spiegare a Morgan un altro paio di fottute cose. Ci provo a tenerti le spalle, a fermare la tua ansia a prenderla con me e strappartela via un secondo perché i tuoi discorsi sono troppo sconnessi e prima che io mi incazzi davvero ho bisogno di sapere tutto. «Dimmi cosa ti ha detto Morgan, nei dettagli.» Te lo chiedo senza muovermi di un millimetro, devi sapere che sono qui per te, sempre cazzo sempre. Ma non posso se non mi dici cosa succede davvero. Dimmelo quanto sono pericolosi, dimmi che Morgan non ha intenzione di fermarli e che addossa a me una colpa che era sua prima, ed è ancora più sua adesso. E dimmelo, guardandomi negli occhi, che ti ha già presa così tanto che le mie parole hanno perso valore. Prendi questa fottuta lama che ti ha messo in mano e spingi l'elsa fino al cuore. Fallo, Edie, fallo guardandomi negli occhi.
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    A volte me lo chiedo come la mia testa sia ancora capace di essere integra, per lo più almeno. Di come abbia fatto a non fracassarsi del tutto, dentro dove corrono sempre così tanti pensieri, troppi, che neanche ci provo ad ordinarli tutti uno ad uno. Arrivano a casaccio, colpiscono e schizzano di nuovo via, come lampi in una tempesta e tuoni che ruggiscono ovunque. Me lo chiedo, ma poi questa domanda la cancello, la annego da qualche parte perché lo so che chiedermelo, non servirà a nulla, e sapere anche quanto tutto sia così fatto di ruggine, non mi aiuterà ad andare avanti. Si tratta sempre di questo alla fine. Andare avanti, esattamente come lo è sempre stato, e come penso lo sarà sempre, senza nulla che possa essere stretto fra le braccia, perché questa corsa folle verso qualcosa che non ha nome, né consistenza, non ci permette mai di avere pesi, per quanto li vorrei. Li vorrei tutti, ma adesso lo so che non posso pensare a questo. Non posso pensare a ciò che avrei voluto, ma che è già alle spalle, e proprio come non potevo voltarmi una volta scesa dalla macchina, non posso farlo neanche adesso. Non posso farlo mai, mai. Andare avanti e basta, raccogliendo quel poco che si può, ma con sempre questo fianco coperto dall’unica costanza della mia esistenza. Mio fratello, sempre e comunque, contro tutto e tutti, sopra tutto e tutti, quando non può esserci mai niente che il suo posto lo superi, non può mai esserci niente che sceglierei se l’altra opzione è lui. Lo so come l’ho sempre saputo, e ora lo so in quel modo che guarda le mie mani e sa solo sentirle puntellate di ogni mia colpa che ci ha portati qui, proprio adesso, in questo preciso istante. E io vorrei che questo lo capisse, che lo sapesse come lo ha sempre saputo, e che lo prendesse e se lo tenesse vicino perché adesso non importa niente. Importa, ma lo fa solo come una punta che nel petto si infila, e si spinge a fondo ancora ed ancora, strappandomi via mille fiati e mille ancora, tutti quelli che avrei voluto esalare, ma che sono quasi parte di un sogno che devo cercare di scuotere fin dalle fondamenta così da svegliarmi e ricordarmi, ancora, che è questa la realtà. E resto qui, senza muovermi, senza scansarmi da lui come non lo faccio mai, ma immobile perché lo sappia ancora che non c’è niente nelle parole di Morgan, che abbia mai provato a strapparmi lui dal petto, e se anche ci fosse stato, niente che potesse farlo davvero. Ma me lo segno questo Chrys è il secondo caso e lo faccio guardandolo in un modo che anche in silenzio, nel mutismo stretto delle mie labbra, glielo dice che no, io non crederò mai che lui sia invece uno di quei casi diversi, quelli che spinge persone come Morgan a muoversi e trascendere confini per renderli bersagli da abbattere come tutto il resto. Non ci crederò, come non ci ho creduto, come non ci credo. Anche se siamo qui e tutto crolla, anche se siamo sempre in un qui che si distrugge pezzo per pezzo e no, non me lo permette di avere un desiderio che possa perdurare nei miei secondi. «Te l’ho detto, Josh. Lo capisci che non è una questione di cosa mi ha detto in quella macchina?» lo premo con un soffio fra le labbra, perché non si tratta di questo. Non si tratta di questo, o dei piani di Morgan che ho rifiutato nel momento stesso in cui sono stati presenti nelle mie orecchie. Si tratta di me, di me che lo so, di me che quello che Morgan mi ha detto lì, fra di noi, lo sto prendendo per rigirarlo e trovare un vantaggio che non parli di me, e non parli di lui, ma solo di Josh. E io vorrei che capisse anche questo, vorrei che lo sapesse che se ora sono così premuta in questo bisogno di muovermi, e lasciare tutto quello che sono stata in questi mesi, è perché non posso sopportare che il prezzo sia lui. Non ci sarà mai niente di così importante da farmi pensare di poter accettare anche solo la possibilità che sia Josh a rimetterci. Mai. «Non ho bisogno che mi spieghi che se dei Cacciatori vogliono ammazzare qualcuno per vendetta e hanno un collegamento, lo andranno a cercare. Questo mi ha detto, che sanno che hai a che fare con Slater.» ed è l’unica cosa che conta perché lo so, lo so che se nel parlare con lui, Josh rifiutasse anche solo di dare una briciola, diventerebbe tutto ancora più grande, e io questo non posso rischiarlo. Non posso e basta. «Queste cose le conosco di mio, perché ho a che fare con i Cacciatori tutti i giorni della mia vita da mesi, e lo so come funzionano certe cose. Non ci vanno per il sottile» lascio andare un respiro nello stringere appena le labbra, e cerco di pensare a qualsiasi cosa che possa essere una salvezza, una qualunque, ma la verità è che non ci riesco. Mi sono dovuta impegnare per crederci mentre entravo in casa, ma adesso mi sembra sempre e solo la stessa storia, ripetuta ancora ed ancora, quella che anche nel cambiare le frasi, lascia la stessa impronta a fondo. Non va mai bene, mai. Ma non importa, perché adesso so cos’è che devo proteggere, e proprio come ho detto mille volte da quando quella Maledizione mi ha lasciato, adesso tocca a me proteggere Josh. É il mio turno di dar tutto via, qualsiasi cosa serva per lui. «Ascoltami tu, va bene? Non sto scherzando, Josh. Questa è una cosa seria, mi devi dar retta adesso perché lo so come funzionano certe cose, okay? E se vengono a chiederti di Slater e tu non gli dici niente, non andrà bene. Quindi per piacere, ti supplico, fidati di me e basta. Di me.» gli premo le mani sul volto, lo faccio guardandolo con questo sguardo che sì, lo so, è davvero una supplica disperata, perché io queste cose le conosco, ci ho vissuto dentro per tutto questo tempo. «Lo capisci che lo sto facendo per te?» per lui e basta quando in fondo lo so, lo so che questo prendere e andare, farlo in questo piccolo ritaglio di tempo, non farà bene a Morgan, e non lo farà per mille motivi che ora, per un secondo, sento premermi contro come tamburi sott’acqua. Lo so che anche lui è così coinvolto in questa storia, a causa mia, da essere nell’occhio del ciclone insieme a noi, e che questo gli procurerà solo altri mille problemi con tutti. Lo so, l’ho detto, perché anche se ancora esterna, in quel mondo ci ho infilato la testa e ho ascoltato, e non è difficile capirle le conseguenze di tutto anche per una come me, che non capisce mai niente. Ma non posso lasciare Josh, questo mai, mai. Non posso e basta, anche se qualcosa lo so che si spezza per il pensiero che questo, in qualche modo, è già parte di una scelta che no, non avrei voluto compiere. Ma non posso fare altrimenti, e nel momento in cui tutto crolla, io andrò sempre da mio fratello. Morgan non se lo merita, e so anche questo. Non quando lo so quanto si è sforzato davvero per questo, per me. Non quando probabilmente, proprio il suo sforzarsi adesso lo trascina dentro una tempesta che non guarda in faccia a nessuno, ma sa solo avanzare per arrivare a distruggere ciò che l’ha scatenata. E io lo sto facendo per Josh, tutto questo, anche se non vorrei mai sapere che un mio passo avanti, diventa per Morgan come una spinta che lo manda più a fondo. Ma non posso fare altrimenti, e in fondo lo so che anche lui, anche lui sa che se ho solo una mano libera, la allungherò verso mio fratello. Per quanto possa essere orribile per noi. Prendo un respiro, mi porto una mano sugli occhi e ce la premo con forza, solo per dirmi per un attimo, ancora, che per quanto stanca adesso non posso fermarmi.
     
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    Ci hai provato. E' stato un brillare di un attimo in cui per un secondo ti ho creduto. Uno, che è bastato a dirmi che avrei potuto viverci dentro tutta la vita. La vita, che stupida stronza anche lei che ti illude ogni fottuto cazzo di giorno. Sono io adesso che devo abbassare lo sguardo perché quello che potresti trovarci dentro non è per te, no.. ma c'è e raschia il fondo della mia dannata pazienza, che ho costruito in mesi sono trovarmi debole ancora e di nuovo davanti a qualcosa che dovrei saper gestire. Te. Ho detto che sei la mia debolezza, e sei la mia forza ma, oggi ho paura che tu sia qualcosa che non posso più afferrare sul serio ed è così che mi sento mancare il fiato. La questione è esattamente quello che ti ha detto in macchina, Edie, Cristo santissimo, è tutto lì. Tutto. I dettagli che ha, che non ha capito e che adesso ti rendono una persona instabile che barcolla davanti a me e mi brucia solo il pensiero che sappia trasformarti in questo usando me come leva. Ci ho pensato, lo sai? Ho pensato che avrei potuto andare via io, allontanarmi da te, lasciarti al sicuro, vegliare da lontano e forse così ti avrei risparmiato questo, adesso. Ma no, perché sono un fottuto egoista ed ho bisogno di te come dell'aria che respiro, sempre. Anche quando tu non hai bisogno di me, perché io lo so di chi hai bisogno adesso ed è una fottuta fatica quella che faccio a non fare un passo indietro. Al centro, qui tra le costole, ho un cuore anche io che ho condiviso con te così tanto che sento ormai parte del tutto, come se metà fosse per forza tua e no, non è una cosa di cui mi pentirò perché rifarei tutto per tenerti con me il più possibile, viva. E sì, è un cazzo di problema che l'essere in vita ora non ti dia la felicità di cui hai bisogno. In fondo, io, vorrei solo che vivessi e so che se mi allontanassi soffriresti almeno quanto me, e credimi che sceglierei questa opzione se non sapessi difendermi abbastanza da essere sicuro quando torno a guardarti. «Non sono mai stato così serio, Edie.» Lo vedi da te e non dovrei nemmeno provarci a dirtelo, a fartelo capire con una presenza che si fa solida come un cazzo di scoglio, il tuo, quello a cui ti sei sempre aggrappata e adesso ho solo paura che non ti basterà. Vorrei fidarmi di te, e cazzo non sai quanto mi costa dire che non è così e non perché tu non sia l'unica persona al mondo, e lo sei per me, sempre... ma perché non hai il quadro della situazione come ce l'ho io e no, non puoi averlo. So che stai provando a fare del tuo meglio e non ti rendi conto di quante energie spendi così, a cavallo tra due mondi e vorrei, cristo se vorrei, non tirarti dalla mia parte come se le tue braccia fossero solo una fune. «Credi che invece andrebbe bene se ne parlassi? Credi che mi lascerebbero stare così, tranquillamente perché sono cosa.. tuo fratello? A loro non frega un cazzo.» E quello che è peggio è che tu credi che io non sia capace di difendermi ed è una macchia che si espande come petrolio in un oceano che è già fottutamente nero. So che sono duro, so che non ti piace vedermi così, ma ti prego, sei tu che ti devi fidare di me adesso. «Nessuno può garantirmi protezione da lui se dovessi assecondarli, e so gestire meglio loro... perché lui verrebbe dritto da te. E se nessuno l'ha ucciso fino ad oggi, dubito sapranno farlo loro, per quanto bravi siano sarà sempre più veloce.» Come lo sarò io. Sono stronzate, ma solo a metà perché sì, lo so che Slater io non lo tradisco, come non ho mai tradito nessuno cazzo, ma allo stesso tempo possiamo giocare quanto vuoi a questo "facciamo finta che", così puoi vedermi con le spalle al muro e chi preme il grilletto è l'amore della tua vita. Le tue mani, l'unica cosa che sa farmi chiudere gli occhi in un respiro che si incastra a fatica e riempie i polmoni di silenzio. «Lo so», so che lo stai facendo per me e credi che non basti a spezzarmi il cuore così? Basta eccome, basta per una vita. Basta a ricordarmi chi ti ha spinta fino all'esaurimento e solo vedere che trattieni ogni cosa per me. «Lo so» Lo tengo di più tra le labbra questo cazzo di sospiro che si frammenta mentre parte di me è già sciolta qui, tra rabbia e dolore. Non voglio vederla la fine di questo discorso, perché ho già il sospetto di dove andremo e no, non ci piacerà. Ma tanto è così no? Siamo Çevic e non ci può mai andare bene un cazzo. Ora sul mio volto ci passo una mano io, raddrizzo la schiena, faccio quel passo che ci manca perché lo vedo che sei al limite e non voglio mai che tu ti senta così. «Ma non sono abituato a lasciartelo dire così.» Un'ammissione che mi costa una smorfia che è solo l'eco di un sorriso che non esiste, un fantasma. Stringo trai denti anche molto altro ma non posso riversarti tutto addosso così, l'ha già fatto Morgan, complimenti vivissimi, quindi posso solo provarci a darti un'idea diversa, una che non cambi il nostro mondo, che non prenda da parte la mia anima per ricordarmi il patto che ho stretto quando l'ho promessa ad al di là lontano da te, che non ti tenga in bilico. «Scappare non ci aiuterà a fermarli, si incazzeranno, ci incolperanno e alla fine non conterà niente chi siamo e quello che non abbiamo fatto... Se Morgan ha ragione, se in qualche modo sono venuti a sapere che io lo conosco e tu sei mia sorella, e se a loro non frega un cazzo che sia anche la futura mamma di una nuova generazione per la loro gente, allora dobbiamo pensare ad altro.» Sì sono tutte fottute frecciatine di merda, ma lo dico con una dolcezza che è solo per te, solo per noi, come un fottuto balsamo di sale su ferite che si riaprono. Io un punto estremo ce l'ho, ma non lo saprai finché non sarà una cosa che dovrà accadere per forza, ma non adesso. «Dobbiamo sapere quanto tempo abbiamo, forse dovresti avvisare il mago bianco.. Daniel.. E poi» questo lo so che non lo vuoi sentire, ma non importa perché io devo dirlo. «So difendermi, Edie. Non permetterò loro di farti niente, o di farlo a me» Ora devi credermi tu.
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    Vorrei dirglielo di non abbassare lo sguardo, non adesso. Guarda me, ma me lo pianto fra le labbra, i denti e le gengive, come qualcosa che scivola a ritroso in gola e da qualche parte si schianta con un boato che echeggia ovunque del suo silenzio. Ci siamo dento insieme, ma neanche questo riesco a dire, forse perché sono congelata in questo punto, e mi faccio a pezzi in questo punto che, alla fine, punto non è. Sono solo immobile, cercando di trascinare con me l’unica cosa per cui darei tutto, se escludiamo i bambini che anche se non sono ancora nati, un pezzo di me lo hanno già, come fondamenta di tutto. Questo non è quello che voglio, ma non sono mai stata capace, io, di lottare per ottenere una vita diversa, e forse è vero che ci sono arrivata troppo tardi su quel campo. Ci sono arrivata quando ormai erano tutti cadaveri, e potevo solo guardare il sole tramontare sul sangue e, quasi, farlo brillare alla sua luce. Come uno schiaffo. Uno forte e in pieno volto, che non ho modo di scansare, né voglio farlo, perché se nessuno è intenzionato a colpire come merito, allora lo farò da sola. Ma adesso neanche questo importa, importa che la vedo di nuovo quella guerra, quella lotta che è di Josh, ed è la stessa da cui con disperazione cerco di chiamarlo via, di spingerlo, di smuoverlo. Io non voglio questo. E non lo voglio per così tanti motivi. Non lo voglio, sopra tutto, perché questa non è la vita che deve avere, non lo è e basta, e lo so io molto più di quanto possa saperlo lui, perché lui non pensa che esista qualcosa di diverso che sì, ha diritto di stringere, e non è questo; e lo penso anche perché io, io, un minuscolo punto che si agita incapace di stare al passo di tutto, non voglio questo per lui, per me, per noi, per Morgan. Sì, è normale che pensi anche a lui, come ci penso sempre, e come penso sempre a Josh, e a tutto quello che non sono io di cui neanche adesso mi sa importare. Josh, i bambini, Morgan, posso dirlo onestamente che sono le mie uniche priorità, e che non so rendere diverso il mio modo di sentire. E ora, ora voglio combattere ancora contro questo mondo che si rovescia, e voglio farlo senza che ci sia davvero una lotta, ma solo spazi in cui infilare qualcosa che possa pianeggiare tutto, rendere meno ardui angoli e spigoli, cime che sovrastano il mondo e, per una come me, quasi sembrano insormontabili. Gliele metto di nuovo entrambe sul viso le mani, e lo so che ho una movenza che quasi è come se volessi scuoterlo, farlo con una dolcezza che sa avere anche forza perché io adesso ho gli occhi spalancati, e so vederlo verso cosa punta il suo sguardo. E non voglio. È così semplice, ma anche così complesso nel modo in cui adesso si muovono le cose, che non so se sono capace di dirlo come vorrei. Non so se conosco le parole giuste. Non so se la mia è la voce giusta. Non so se di me qualcosa sia giusto. «Ma di cosa stai parlando» glielo mormoro, facendolo passare per le labbra mentre scuoto la testa perché no. Non voglio che diventi tutto così, e ancora, ci sono così tanti motivi e li lascio passare tutti nei miei occhi che cercano i suoi, e lo fanno con quel moto che sa solo sciogliersi nelle iridi. «Vuoi cosa, metterti a combattere no. No. Non questo e, Dio, lo so quanto adesso lo sento ancora e di nuovo quel bisogno di essere da qualche parte che parte non è, ma è solo un angolo dimenticato di tutto dove neanche io conosco il mio nome, e non c’è nulla che possa ferirmi e, sopratutto, nulla di me che possa ferire Josh, o chiunque altro. Perché lo so che non sono mai stata brava in questo, nell’ordinare parole una dietro l’altra e renderle esattamente specchio di ciò che esiste nella mia testa. Sempre sbagliate, fuori posto, disallineate da tutto, incapaci di farmi arrivare lì dove vorrei, ma che sanno solo allontanarmi da tutto come se anche loro si mettessero a scavare quella stessa fossa che sento pronta ad inghiottirmi. «Mettiamo anche caso che puoi cavartela contro tutti, e non so neanche quanti siano, ma facciamo che ci riesci. E poi? E poi cosa, Josh? Sono disseminati per tutta l’America» faccio scivolare le mani dal volto al collo, in un crollo che solo per un attimo si ferma sull’attaccatura delle spalle, ma poi segue le braccia fino a trovare le sue mani e stringerle fra le mie. Farlo ora che ho bisogno, ho bisogno di sentirlo, e sentirlo qui. Di fronte a me, e in questa stessa tempesta che io vedo, e ho bisogno anche lui possa scorgere con la stessa nitidezza. «E io neanche voglio che ci andiamo contro, per l’amor di Dio, come puoi anche solo pensare una cosa del genere» questo è solo un pezzo, un frammento di me che per un attimo mi scappa fra labbra che tremano, e lo fanno per un secondo prima che io riesca a fermarle e anche se vorrei abbassare lo sguardo, non lo faccio. Neanche per un secondo. Stringo invece le dita, perché è di questo che ho bisogno. Ho bisogno di non avere di fronte a me fazioni, ma solo qualcosa verso cui andare senza no, nessuna lotta. Basta, non ne posso più di lotte, e non voglio sforzarmi a reggerne un’altra ancora quando ci sarebbe così tanto, di me, in gioco. Non reggerei, e ne sono sicura. E anche se alla fine sforzandomi ci riuscissi, io non voglio passarci così. «Che facciamo poi? Li sconfiggi e okay, poi? Ne verranno altri, e altri, e altri, e davvero, davvero vuoi dirmi che passeremo così il resto della nostra vita?» io voglio che siamo felici, ecco cosa voglio. Ed è stupido da dire, me ne rendo conto, sopratutto considerando com’è che è andata la nostra vita. Ma lo voglio lo stesso, e non posso accettare una strada che ogni più piccola possibilità, ce la toglie. La annienta, distrugge, non ne lascia neanche un vago selciato sulla terra. «Ci pensiamo poi a cosa gli fa se scappiamo, ma di certo non ti dirò che è okay prendere e ingaggiar lotta con dei Cacciatori. Cristo Josh, io non voglio che tu lo faccia, e onestamente non voglio neanche trovarmi in quella situazione» perché lo so che sì, è vero, si arrabbierebbero, ma so anche che esistono ancora manovre, o speranze, che possono andare oltre. Oltre, in quello spazio che morirebbe se diventasse solo uno scontro di due parti che non vogliono retrocedere. «E sì, penso che ti lascerebbero stare visto che tu non c’entri, e non hai fatto niente. E ti giuro che queste sono cose importanti per loro. Se sei innocente, puoi essere tutto quello che vuoi ma non alzano un dito su di te. Hanno delle cazzo di regole per questo, quindi , ne sono sicura» e lo penso davvero, ed è con questo negli occhi che glielo dico. Lo so, perché la prima volta che li ho visti Cacciare e cercare, è stato con me. E lo so che hanno bisogno di qualcosa che sia un motivo, e che per quanto capiti che sì, magari vogliono solo gettare violenza su qualcuno perché così gli gira il cervello, non lo fanno. Ci sono sempre quelle stesse regole che non so chi ha deciso, forse tutti e forse nessuno, come se fossero solo respiri di un’aria diversa, ma lo so. «Tu non hai fatto niente di male Josh, okay magari hai conosciuto Slater, ma non è neanche colpa tua. Sei un Mago Nero, sì, ma non basta. Morgan sapeva che ero una Maledictus e tutto quello che ha fatto è stato spezzare la Maledizione, perché non sono un branco di pazzi come credi» e non ho nessun dubbio su quel non hai fatto niente. Neanche uno, neanche l’eco o l’ombra di un dubbio. È così e basta, e sarà così a prescindere da tutto. Non m’importa, e io lo so che tutto quello che voglio, è tirarlo via. Perché no, non è possibile che non posso e no, non rinuncerò a farlo. Mai. «E se proprio non ti fidi che siano capaci di fare qualcosa, puoi farla con loro. Contro Slater. Altrimenti ce ne andiamo. Perché io ho detto così e fine. Non voglio pensare nessun piano, non voglio essere in mezzo a nessuna lotta del genere, non voglio. Non posso, non ce la faccio» così come anche i piani di Morgan li ho scartati tutti, uno ad uno, consapevole che no, non avrei potuto seguirli. Io non posso. Non posso perché sono in mezzo, e per quanto posso pendere adesso nel lato di Josh, come sempre, non sarò mai capace di accettare che a Morgan venga fatto qualcosa. Posso solo scappare, e con questo sapere che sono stata io a fargli qualcosa, e sapere anche precisamente cosa, e magari rimediare almeno per quanto riguarda lui e il suo mondo. Ma non posso mettermi così apertamente contro di lui, è troppo anche per me. «Ma se tu non vieni io non posso andarmene, lo capisci? Non ho intenzione di lasciarti e questa cosa, questa cosa Josh riguarda anche me. Ho aperto un pub per i Cacciatori, hai idea di cosa voglia dire una cosa del genere mentre ho te che nascondi, secondo loro, informazioni vitali su Slater mentre lo stanno cercando?» lo dico piano, lo faccio senza che diventi accusa quando no, non è di questo che si tratta, ma solo dell’estendersi delle cose che si intricano come una foresta di rovi e no, non possiamo davvero fare quello che crede. Non possiamo iniziare qualcosa che non avrà mai fine. Perché non è questo che voglio per lui. «Se non vuoi farlo per te, allora fallo per me. Perché io non voglio che ti lanci in questa cosa, e non voglio pensarci neanche»
     
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    «È colpa mia» l’unico sussurro che spezza il silenzio di questo modo che hai per dirmi tutto. E, Dio, Edie se potessi dirti di sì, dirti che farò ogni cosa sia venuta in mente a Morgan, lo farei. Ma io sono un fottuto mago nero, ho stretto un accordo e l’ho fatto con la convinzione che ho anche adesso nel portarlo avanti. Tu non puoi capire quanto a fondo sia entrato il pugnale che ti ha stretto tra le dita perché tu venissi da me a piantarlo dove la carne è più debole. Perché lo sa cosa sei, sa quanto probabilmente accetterei solo da te una cosa dell genere. E invece premo le labbra tra loro, in un riflesso che le vede stringersi per poi liberare ancora un respiro. «È colpa mia. Se sanno che sono un mago nero è solo colpa mia. Se sanno che conosco Slater allora non sono stato bravo come pensavo per tenerti al sicuro quando hai aperto il Double per loro.» Potrei dirti che invece non è così, che ho tutto sotto controllo perché Slater per primo ha un accordo con me e non ti farà niente di male, ma una cosa va detta: non ho pensato che i cacciatori, compagni del tuo Morgan, si sarebbero rivoltati contro di te per questo, non ora che sei incinta. Ed invece la coerenza per quei poveri stronzi è una fottuta utopia. Però quello che ti dico lo penso abbastanza perché traspaia questo da me: sincerità. Uno sguardo che ti tengo addosso quando intreccio le dita alle tue e lo faccio come se dovessi diventare all’improvviso un’ancora. Vorrei dirti che quello che faccio è esattamente questo, combattere ogni fottuto giorno ed in un modo o nell’altro è sempre una guerra quella che ci porta via stralci di respiro trascinati lungo confini che esistono per noi in ogni vita. Perché anche se ci proviamo a dirci che andrà meglio, lo sento nei tuoi respiri che non sarà così. Tu ti fidi di lui, forse più di quanto faccia con me. Anche se mi dici che non te ne andresti senza di me, che non faresti quello che forse ti ha detto se non sapessi che saremmo assieme, io so cosa succederà. Avevo detto che non mi sarebbe piaciuto questo discorso, e adesso so anche perché. Un punto a Morgan, che spero saprai incolpare quando, da sola, non potrai fare altro ed io allora lotterò anche per te, con la mia fottuta rabbia del cazzo che è un po’ un marchio di fabbrica no? Quindi lo so che prendo un respiro più lungo del dovuto, che non lascio la presa quando dovrei, un po’ forse ti trattengo anche di più perché non rigetti le parole che ti dirò. «Non sto dicendo che intendo far loro guerra, non sono un folle, Edie. Dico che so difendermi e che se sarà necessario lo farò.» Lo farò per entrambi, sempre. Guardami, ti prego, fidati di una voce che conosci come il sangue che ti scorre nelle vene, devi farlo. Devo perché non posso aver fallito in questo, anche se mi sento una merda per il modo in cui spingo anche questo verso di tè nascondendoti una parte di me. Un po’ perché tu ti distragga ed un po’ perché quel - se sei innocente - mi è rimasto incastrato in gola. Non lo sono. «Se quello che dicono è giusto, e Slater ha ucciso quei cacciatori, allora vuole dire che li sta seguendo, che li tiene d’occhio e questo significa ..» ci provo a lasciare che ti anticipi il punto di ogni cosa, ma poi è solo una fatica che diventa immane per tutte le parole che soffio tra noi avvicinandomi al punto che se sussurrassi mi sentiresti benissimo «... che se mi avvicino a loro, se vengono da me e mi trovano, sarò già compromesso per lui ed a quel punto non sprecherà energia con me, verrà da te.» Ed anche se questo fosse vero, non lo permetterei mai, a costo di mettermi tra te e Slater, ma non accadrà, non finché farò ciò che devo per lui, e saranno mesi che si rincorreranno finché non arriverà Luglio. Posso farlo, lo farò come unica ragione di una fottuta esistenza che non avrebbe senso in solitaria. Ho bisogno che la rabbia che provo abbia uno sfogo, ho bisogno di abbattermi sulla Dimensione Ombra con tutto quello che ho, ma non ora. Non se ho te con me, seppure adesso saprai detestarmi per le sillabe che incastro con una presa forzata contro il petto. Tu non puoi saperlo, ma io so che se quegli uomini stanno cercando me è perché i Crain hanno parlato, i tuoi Crain, Edie. Magari un giorno lo vedrai come lo vedo io. «Se Morgan pensa che Daniel non possa difenderti da questo, dai Cacciatori o da Slater e se tu non vuoi che lo faccia io... allora forse dovresti andare dove ti dice lui. E fidarti di lui.» Senza di me. Cristo. Senza di me. Non posso seguirti, e così Morgan avrà quello che vuole: te a portata d’occhio, ma io, io gli farò pagare ogni giorno che mi costringerà così a passare lontano da te. Se l’è cavata bene il bastando, ma il conto non ha idea di quanto salato sarà. Andrà all’inferno prima di quanto pensa. E no, non so quanto manterrò il mio equilibrio con te tanto distante o irraggiungibile. Sono tutte conseguenze che si susseguono pian piano. Loro hanno voluto usare una cazzo di scorciatoia per la poca pazienza che hanno di fare le cose con un fottuto cervello, e adesso è davvero guerra, adesso avranno quello che vogliono. Ma prima vorrei che vedessi che non è con leggerezza che parlo. Vorrei sentissi quanto sa spezzarsi il fiato e come la frustrazione sia ad un passo da me. Perché è tutto vero, è tutto fottutamente vero. Ormai lo avrai capito. «Ma io non posso venire con te. Adesso la situazione è una merda, adesso se questo è vero .. Io sono nella merda Edie e credimi, credimi che non posso immaginarti lontano da me, ma se significa che sarai al sicuro, allora va bene. Lo so che non ti piace lo so che ti spaventa ma non è una cosa che puoi affrontare tu per me, non questa...» ti anticipo, di poco, ma non mi sposto di un solo centimetro, appoggio solo la fronte alla tua. Chiudo ancora gli occhi e stringo trai denti la verità più assoluta. «Lo sai che farei ogni cosa per te, sempre» E non significa che fare ogni cosa mi chiedessi, ma che farei tutto per te anche quando non sia cosa significa. «Ma adesso devi fidarti di Morgan. Lui conosce loro, e tu conosci me e questo mi basta. Non voglio spiegarti cosa non sono, lo sai, e lo saprai sempre e questa situazione passerà, se sono bravi come dicono arriveranno a Slater anche senza di me e lo elimineranno. Risolveremo tutto. Quindi se adesso lui ha un bunker in cui tenerti al sicuro o qualcuna delle loro basi, devi andare con lui.» Non c’è una replica che tu possa fare che mi convincerà del contrario ma posso frenare una delle tue più grandi paure. «Io starò bene, esiste un posto per i Maghi Neri, che è irraggiungibile per chiunque altro.» E perché tu non possa crollare davanti al tuo fantastico fidanzato del cazzo, ti dico anche questo, Edie. «Non mi direte dove andrai. Forse non potrai mandarmi nessun messaggio anche se magari ci inventeremo un modo, ed io saprò che sei al sicuro. Non ho bisogno di niente altro. So che non ti metterà in pericolo, mai.» Ed è questa l’unica cosa di cui invece non sono sicuro perché non ci ha pensato due volte a metterti nella merda solo per avere me. Ma rimedierò anche a questo, perché davvero ha spinto te sulla scacchiera come fossi una regina travestita da pedone. Quando invece sei la mia torre ed io sono il tuo alfiere.
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    Da bambina, poco dopo la prima trasformazione, mi capitava di fare sempre lo stesso sogno. Di giorno, quando non avevo paura di chiudere gli occhi per scoprire di essere qualcosa di diverso, e di vedere tutto da un punto minuscolo, intrappolato troppo lontano per avere presa su quello che ero e che, allo stesso tempo, non ero. Sognavo una strada affollata, piena di persone e fra quelli, c’erano anche i volti delle uniche tre persone che esistevano, per me, e che mi tenevo stretta come fossero i miei pensieri più intimi: mia madre, mio padre e Josh. Erano lì, di fronte a me, ma non potevano vedermi. E per quanto gridassi, o mi sforzassi di farlo, nessuno poteva sentirmi, come se quei suoni che emettevo fossero solo dentro la mia testa, e non riuscissero ad arrivare fuori. L’estraneità a me stessa è una cosa che ho conosciuto da bambina, e l’ho fatto con la forza di quella prima volta in cui i miei muscoli non erano miei, la mia pelle era stata sostituita, le mie mani, dita, piedi, tutto era stato cancellato per fare spazio a qualcosa che mi stava divorando, e lo faceva ogni volta che con brutalità emergeva senza che fossi capace di contrastarlo. Non ci riuscivo mai, e nessuno sa quanto ci provassi quelle volte in quelle notti, e tutte le altre volte. Ci provavo, e pensavo questo è il mio corpo, questa sono io, in quel modo che il diritto a quella cosa di spaccarmi le ossa dall’interno, glielo voleva togliere. Ma non ci sono mai riuscita ed era esattamente questo che allora provavo: estraneità a me stessa. Anche se non proprio. Perché non ero davvero io, anche se sì. È sempre stato un concetto così difficile da spiegare, che alla fine non l’ho fatto mai, perché in fondo lo so che è una di quelle cose che non puoi capire davvero, se non ci sei passato. E sognavo questo: di agitarmi, di gridare, ma a vuoto. Come un disco rotto che alla fine nessuno ascolta più. Ed è un po’ così anche adesso, quando per tutti questi mesi, tutti questi anni, ho detto sempre la stessa cosa, ancora ed ancora, a ripetizione. L’unica cosa che mi avrebbe resa felice non era la mia salvezza, o la mia vita, o qualsiasi cosa ne possa derivare e ne deriva adesso; l’unica cosa era potermi girare e sapere che Josh ce l’avrebbe fatta. Che lui, almeno, avrebbe superato quella rete ingarbugliata contro le nostre anime, che non ci ha mai concesso di avanzare per andare da nessuna parte. Come pesi di cui liberarsi per tornare in superficie; lo eravamo, per lui. Mia madre, mio padre, io. E adesso lo sono ancora, lo so. E non avrò mai, mai, la possibilità di sapere che ad un certo punto, me ne sarò semplicemente andata, e allora non resterebbe altro che accettare, poco alla volta, quello che è stata la nostra vita. Quello che è stata la sua vita. Non ho più quella certezza, e non ne ho più proprio nessuna. Ogni volta che mi convinco di averne, vengono demolite ancora ed ancora, per lasciarmi sempre in questo punto che è proprio quello: io che mi agito e urlo, ma nessuno può vedermi o sentirmi. E lo so, siamo tutti egoisti. È quello che ho sempre detto di me, in ogni istante della mia vita, e onestamente penso che sia la natura dell’uomo esserlo. Non basta mai niente, anche se ci diciamo di sì, che basta, è solo una cazzata. Lo è perché anche se “stiamo bene”, non stiamo bene. E vogliamo altro, tutti noi, me compresa. E nel pensare sempre a qualcun altro, penso che in fondo lo sappiamo che è proprio quel qualcuno che feriamo più di tutti. Anche se non vogliamo, e sopratutto quando non vogliamo. La vita è un gioco infame, e lo è sempre stata. Ma adesso io sono qui, e non sto più annegando da qualche parte nella mia testa, relegata dentro qualcosa che di me fa ciò che vuole, come se fossi solo un contenitore, un oggetto vuoto. Sono qui, e non mi importa se tutti si muovono per cercare di farmi salire sull’unica scialuppa mentre la nostra nave va a fondo, io non la voglio quella vita al sicuro dove non ho più niente che possa permettermi di chiamare il mio respirare proprio così: vita. «Per me. Ho aperto il Deuce per me» la voce mi trema, e lo fa mentre le sue mani le stringo, e lo fa in quel modo che un po’ è il trascinarsi di una disperazione che va a fondo, sempre più a fondo, un po’ è questa imposizione che inizio a scavarmi nei polmoni, perché possa essere qui, e possa sentirla. Perché anche io voglio delle cose. E le voglio per lui, per Morgan, e nel volerle per loro in fondo le voglio per me, per essere sicura di poter ancora sopportare il peso di un altro respiro. Ma le voglio, esattamente come le vuole lui, e non voglio, invece, essere sempre lì, lontana, in quello spazio rilegato, che di me lascia un nome e anche troppe intenzioni che si legano fra le sue lettere. «E Morgan non c’entra, sono io che volevo andarmene Josh, non è stato lui a dirmelo» ed è vero. Non c’entra. Perché se avessi fatto come voleva lui, e lo avessi fatto davvero, dimenticando tutto il resto, avrei già mandato quel messaggio che invece non arriva, e non ha abbastanza presa sulla mia testa da farmici sbattere contro come un martello su un chiodo. Questo è quello che voglio io, perché quando mi hanno detto che anche io avevo una vita e dovevo scegliere come viverla, io ho scelto questo. Ho scelto, il punto è questo. E ho scelto di scegliere, e ho scelto che anche io, anche io avrei lottato e combattuto per quello che per me è importante. Io ci sono. Sono qui. Non sono più a dividere me stessa con qualcosa che vuole divorarmi, e che lo fa poco alla volta con la consapevolezza che fra i due, sarò io a perdere. E anche se quella lotta non l’ho vinta io, e non l’ho vinta da sola, mai, non cambia che adesso sono qui, ferma, con tutto quello che mi trema nel petto e mi fa scuotere appena la testa. E lo guardo, lo continuo a guardare perché no, non si tratta di Morgan, o me e Morgan. Ma di me e lui. Edie e Josh. Come è sempre stato, e come deve sempre essere. «Smettila di metterlo in mezzo, non c’entra niente con quello che ti sto dicendo adesso, e sono piuttosto sicura che no non vorrebbe che me ne andassi così, di punto in bianco» non sono arrabbiata, sono stanca. Sono stanca da sempre, da una vita, lo sono di più da mesi, e di più ancora da questa manciata di minuti che è trascorsa dal messaggio di Morgan ad ora. Sempre più stanca, ma mai disposta a chinarmi, premermi a terra e riposare. Mai. «Sono io, io che lo dico. Quindi smettila di parlare di Morgan, che cazzo» stringo appena le labbra e lo faccio stringendo anche le sue dita, alzando appena le spalle come se per un attimo, uno solo, mi stessi cercando di rintanare come una tartaruga che scappa dentro al suo guscio, ma non lo faccio del tutto e mai davvero, perché le dispiego ancora e ho bisogno che lo capisca che come lo farebbe lui per me, lo farei anche io. Ci sto provando, ma non sono brava, non lo sono mai stata. Mai abbastanza. «Fareste sempre tutti di tutto per me, eccetto quello che vi chiedo. Se tu non hai intenzione di andartene, non lo faccio neanche io. Aveva senso solo per te, ma così no, non esiste» lo so che è quasi cattivo, ma non scivola via con quel tono. Lo fa solo nel rendermi conto di quanto sia tutto ironico, perché siamo qui a cercare di vendere via pezzi di noi uno per l’altra, ma non siamo disposti ad ascoltare il premersi di richieste che sono per noi necessità. Saperci al sicuro. «Non andrò con Morgan, non andrò proprio da nessunissima cazzo di parte e lo sai perché? Perché sono stanca di dover stare sempre con le mani in mano a guardarvi cercate tutti i migliori modi per ammazzarvi» gli lascio le mani con dolcezza, ma solo per muovermi e tornare seduta, rimarcando il mio punto come se dovessi renderlo fisico, e continuando a guardarlo con quella stessa disperazione e quella stessa risolutezza, ma anche con tutta la dolcezza di cui sono capace. Non esiste e basta. Non lo lascio, né lo farò. Non m’importa assolutamente niente di quello che c’è lì fuori, perché se lui deve restare qui, anche io devo. Per forza. «Me ne resto qui, a casa. Non ho niente da nascondere, e neanche tu. Quindi non avrò problemi. Fine del discorso»
     
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