In vino veritas

Josh/Chrys | Villa Sinister | Bronx | 10 Maggio | Contenuti sensibili

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    27.
    Mi sono buttato sul divanetto con la grazia di chi è appena stato al funerale di suo padre. Ho solo tolto il cappotto umido e gli anifibi ma solo perché ho un certo rispetto, altrimenti non mi sarei preoccupato di infangargli il bracciolo. Questa non è la balla felice, cazzo no. Non è il momento in cui - visto che hai bevuto - poi vedi la vita un po' meno na merda. Dilaga una tristezza che mi gela lo stomaco ma non so combatterla diversamente adesso. Che lo so, mi sto fermando a pensare ed è la cosa più stupida che io possa fare. Nessuno vuole i miei pensieri, neppure io li vorrei. Bevo un altro sorso. Tanto che non so neanche da quanto sono qui, so che ci sono entrato perché è anche casa mia. Più o meno. Tecnicamente è sua, si, va bene, ma ognuno si sceglie la propria famiglia no? Ecco io l'ho scelta anni fa quindi scusatemi fantasmi, a voi vanno i miei omaggi ma stasera vi vorrei fuori dal cazzo si. In parte me la sono scelta e vorrei dire che io me lo merito un posto in cui nessuno mi rompa le palle. Sì. Adesso non può essere il mio appartamento, no perché ci sarà Lilian e.. cazzo dovrei scriverle. Bevo, un sorso dopo l'altro, questo vino è davvero buono. «Dove hai detto che l'hai preso?» Alzo la bottiglia a cui mi sono incollato senza troppe pretese e qualche goccia la spreco così sulla tappezzeria. Parlo e gesticolo, come se nella mia testa il mondo stesse prendendo una piega molto distaccata dalla realtà. Ma ce l'ho il controllo, ancora, non arrivo mai a perderlo fino a fare qualcosa che non so di star facendo. Li sento come bruciano questi cazzo di occhi, perché in fondo io sarò anche un mostro ma c'è un fottuto cuore qui sotto che non sa più per che cosa fare tutta la fatica che sta facendo questi giorni. Beh, amico, se ce l'avessi credimi che te la darei una risposta. Invece mi tengo solo una smorfia di merda e bevo, non ho un fondo e tanto non intendo raggiungerlo. Solo andarci vicino. Abbastanza di dire che ehi, qualcuno ancora c'è. Tanto poi muoiono tutti, anche quelli che non sono io a fottere. Ed allora, mentre alzo ancora la bottiglia, penso che Lilian farà bene ad odiarmi, che farò il possibile perché sia così al punto che non lo provi quel cazzo di amore che l'ha spinta a diventare un guscio vuoto per me. Nessuno dovrà più fare niente del genere. Sento la mia mano che scivola lenta sulle caviglie di Chrys, ci gioco con le dita, come quando ci facevamo le canne da bravi sfigati di nascosto dai miei, sì. Un gesto automatico, distratto come tanti altri, che potrebbe esserci lui come il bracciolo e non farebbe differenza. No perché io non sono presente, io potrei chiudere gli occhi e, nel riaprirli, non sapere dove sono. Guardo come la polvere non abbia alcun fottuto problema, pure volendo non si scolla mai di dosso e non vede l'ora di mettersi in mostra. Mi sta sul cazzo anche la polvere. «Sei stato bravo, hai fatto le cose veramente bene con mio padre. » Alzo un dito a sottolineare che sto parlando con lui, si, come se ci fosse altra anima viva qui a cui rivolgersi. Sì non è la balla felice, è quella, rabbiosa. Merda.
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    26.
    Ci sono promesse che so di non poter mantenere e tra quelle che ricordo meglio, vi è la tua, Ophelia. Ma oggi e per un tempo che non ho alcuna intenzione di definire, non ho modo di rimpiangere quella scelta che mi ha spinto a lasciar entrare Judas in casa affinché tu potessi in qualche modo sentirti in dovere di star fuori. Credo sia comunque una scelta fatta per condizione di causa e la mia causa, ora, è proprio quella di controllare Josh mentre beve e lo fa per cacciar via giornate di merda come queste. Anche se poi non spariscono davvero ed in realtà finiscono solo per essere spinte in un qualche angolo a prendere polvere. Ma non vi è molta importanza, non quando anche io ho bisogno di spogliarmi di abiti più seri per restare solo in calze a rete e maglia larga. Non so nemmeno cosa significhi il simbolo che vi è impresso sopra, l'unica cosa che so e che mi faccio bastare è che è di Ray. Deve averla lasciata qui l'ultima volta che è passato tanto che tirandomela sul naso riesco a sentir bene come profumi ancora della sua pelle. Sono piccoli cimeli questi, ai quali però non so più dare il medesimo significato che gli avrei affibbiato un tempo. Ultimamente, a queste cose, nemmeno ci bado più di tanto. Passano quasi inosservate.
    Allora anche se so che bere non servirà nulla continuo comunque ad attaccarmi saldamente alla bottiglia. Ne abbiamo una a testa, che di litigare per l'ultimo sorso non ho il coraggio, non quando so che il vino di Scott comunque avrà vita difficile. Se non oggi, finirà domani, che tanto Josh resta qui a farmi compagnia: Glielo leggo dal modo in cui mi accarezza distratto la caviglia e penso che anche Judas lo abbia capito, anche se ha smesso di fargli le fusa già da tempo. Non ho mai amato quel gatto, eppure adesso sono così preso da un attacco di gelosia improvvisa da averlo afferrato per la collottola ed essermelo messo sul petto. Lui lì ci dorme ed io ho così modo di restarmene con i piedi sul bracciolo del divano su cui è seduto Josh. Ogni tanto gliene lascio cadere uno lungo il fianco, ma solo perché mi piace infastidirlo un po' e ritrovarmi con le dita al caldo. Non riesco ad essere una persona seria ora anche se dovrei perché insomma, il padre è morto e sono stato io ad occuparmi del funerale insieme alla sorella. ''Da Scott, che non è niente di esotico, ma il droghiere dell'isolato più avanti.'' Sono confessioni che non faccio a cuor leggero o almeno, fingo che sia così. Come se dovessi ucciderlo se andasse a raccontarlo in giro. ''Secondo me li pesta davvero a piedi nudi i chicchi d'uva.'' E lo dico perché così mi sa di bio o perché mi serve una finta scusa per giustificare il mio già fastidioso giramento di testa. Fingo sia forte perché ci mette i ditini e la passione. Nel dubbio, gli premo i miei contro, stiracchiando le gambe. ''Lo so.'' Sentenzio orgoglioso. ''Le cose vengono bene quando le fai con amore.'' Non voglio dire che ho un fetish per i vecchi e che amo suo padre, ma solo che ci tenevo a far sì che le cose andassero bene. ''Se vuoi puoi dare cinque stelle cercandomi su Google. Mal che vada, se l'azienda va in fallimento, mi dedico a pestare uva con Scott.'' E lo dico solo perché mi sto guardando i piedi e mi accorgo solo adesso di non aver rimesso lo smalto nero.
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    27.
    Non credo mi interessi davvero dove ha preso il vino. Che potrebbe esserci qualsiasi cosa in questa bottiglia di vetro e non mi cambierebbe un cazzo, solo la velocità con cui potrei mettere da parte la giornata di oggi: prima è, meglio è. Lo lascio fare, Chrys, che l'accoglienza qui non è mai stata tanto diversa, in fondo credo resti una delle poche persone che può dire di conoscermi davvero. A lui potrei parlare di cosa cazzo mi succede ogni volta che Slater impartisce una nuova lezione, o dirgli in che buco sono stato per quel mese fuori da ogni radar. Lo sa che ogni mia scelta ha un senso che non per forza questo deve essere condiviso. E sì, sto pensando troppo, è tempo di bere ancora un sorso. «Mh» di contorno lascio pensieri su cui non mi fisso, con occhi che non sanno guardarlo e cercano quindi un punto, a caso tra noi e il soffitto alto. Credo, una volta, di aver passato ore a contare i decori di questa villa, perché le pareti del mio appartamento sono scure, e perché forse avevamo fumato un po' troppo. Ma no, in quel caso non penso esista davvero un "troppo". Ma quanto cazzo erano più facili quei tempi, la vita rimaneva una merda, ma almeno sapevo come prenderla. Ora... beh, in realtà ora lo so, solo che non piacerà a nessuno. Non piacerà ad Edie, a breve nemmeno a Lilian. A me non deve importare se sarà bella o meno, ho scelto di non dover più avere alternative e per una fottuta volta in vita vorrei arrivare fino in fondo. A tenermi in superficie sono i piedi di Chrys, che continua a premermi contro come se il mio fianco fosse il suo cuscino, e lo so che un po' già rido mentre gliene tengo fermo uno con la caviglia. «E lo faresti anche tu, al posto suo, con questi piedi qui?» pestare l'uva coi piedi, intendo, sollevandogli appena la caviglia per poi lasciarla ricadere dov'era prima. Sto solo cercando di parlare di qualcosa che mi distragga abbastanza da non ricordarmi che potrei ancora essere lì, in piedi e fermo sotto la pioggia. Anche senza un fottuto ombrello nero, ma immobile per un tempo che potrebbe protrarsi oltre fame e sete. Edie mi ha detto di non esagerare, Chrys mi ha offerto casa sua.. ma so che sarebbe andata diversamente se nessuno mi avesse detto niente. Ho il vizio di giocare con il cerchietto in ferro che incastro trai denti tirando le labbra ogni tanto, e lo faccio di più quando cerco di non pensare. Sì Chrys è stato bravo, io me ne sono tenuto fuori ma ha dato ad Edie tutto ciò che le serviva e forse non lo so che cazzo avrei fatto se avessi dovuto pensarci io, che tanto una fossa comune mi avrebbe solo risparmiato una lapide che - ora - non posso più dimenticare di aver visto. Lascio che scorra altro vino, che questo gesto automatico alzi il gomito per poi abbassarlo di nuovo. Che invece non mi accorgo delle dita che rincorrono i rombi delle calze, alzandone alcuni, incastrandosi sotto altri. E' un lento saliscendi a cui non sto troppo a pensare. «Alla mia recensione non crederebbero, sono troppo di parte, ma dubito fallirai. Hai un dono» Ma rido perché odiavo quando lo dicevano a me, anche se l'Alchimia sì che l'ho sempre usata da Dio. «Che culo eh?» Forse mi esce con troppo sarcasmo, forse non me ne frega un cazzo perché ancora le labbra si attaccano alla bottiglia.
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    26.
    Mi erano davvero mancati momenti come questi ed so quanto sia terribile dirlo proprio oggi che nella sua perdita mi ritrovo a recuperar qualcosa che ho sempre creduto fosse in parte mia. Perché Josh è questo che è saputo essere per tutti questi anni, in un modo che non sa espandersi come un veleno tra le mura di questa casa spoglia e al col tempo ricolma di vite che non sanno appartenermi nel modo più diretto e sincero. Mio, così come mia è la sbronza che dopo l'ennesimo sorso un po' sale e l'unica cosa che fortunatamente sa fare è forzare il sorriso all'insù tanto da spaccarmi in due gli zigomi. Già fanno male, ma so bene come non esista bellezza senza il dolore.
    ''Eh sì, Joshua.'' E mi vien da ridere ancor di più, fortuna che mi accorgo quando è il momento di fermarmi appena, giusto quel poco che basta per non ritrovarmi così a distruggere qualsiasi cosa sia appena tornata a coesistere in questo tugurio dall'intonaco perfetto. ''Ho solo questi due piedi io.'' E lo dico con serietà, come se ci fosse davvero bisogno di puntualizzare la cosa. Perché tutto ora è serio: Lo è questo vino sempre più buono, lo è il suo modo di giocare con le calze senza romperle minimamente, ma ritrovandosi comunque a solleticarmi la pelle con il loro strusciare. Ci lascio cadere un attimo lo sguardo e subito mi accorgo come la sola vista del movimento ripetuto delle sue mani sappia farmi formicolare la schiena. Mi rilassa, come se fosse una vera e propria carezza.
    ''Un gran bel culo sodo, sì.'' E mi spingo ancor più avanti, spingendo ulteriormente con il piede contro di lui, giusto per assicurarmi che, bevendo, io possa rischiare con una percentuale decisamente più alta, di farmelo andare di traverso.
    ''Sai che bello se mi fosse rimasta un po' di peyote di Caiden? Che tempi che erano quelli.'' Perché per un periodo abbiamo allentato la presa. Con questo non voglio accusarlo di essere sparito non appena si è fidanzato con Lilian, però...ecco. ''Un giorno diventerò un artista, comunque.'' Perché vivrei di spettacoli Drag. Vivrei di Daffodil Knight che sa migliorarmi e far emergere ciò che vorrei davvero essere ora. Una regina: Imponente, maestosa. ''Imparerò persino a cantare come te.'' Come se fosse davvero facile.
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    27.
    Un po' rido con lui. E' da stronzi perché mio padre è morto e non c'è un cazzo da ridere, eppure qui funziona così. Funziona che ho bisogno di una leggerezza che riesco a trovare solo in giornate come questa. Che lo so quanto avrei alzato i toni se fossi tornato a casa con Lilian. So fino a che punto avrei potuto spingermi nel prendere i brandelli di quello che le ho concesso di tenersi addosso e portarmi via anche quelli. E no non sarebbe stato giusto. Ma io non nemmeno un samaritano del cazzo. Non posso dire che la mollo e chiudo la storia solo perché lei visibilmente ha assorbito troppo di me. Le verità a metà sono solo bugie del cazzo e tanto vale che io smetta di nascondermi dietro un fottuto sasso. Mi sono attaccato a lei come se fosse l'unica cosa su cui ancora avrei potuto avere un controllo, gestire e tenere in briglie strette, ché lei si è lasciata fare di tutto ed ho creduto fosse giusto. E invece il controllo è una maledetta chimera, non c'è, non esiste. Se fosse esistito mio padre sarebbe ancora vivo. Osmar è morto, e questo perché non ho saputo prendere i fottuti insegnamenti di Slater ed incidermeli sulla pelle, come se queste cicatrici non bastassero. Lascio andare le dita dalle calze, ma solo per un momento, quanto basta a togliermi anche la giacca. E no, non la uso l'alchimia adesso. Un po' perché il vino abbassa le difese ed un po' perché Chrys deve sapere che non ho voglia di tenerle in piedi. Forse non lo guardo, non voglio vedere subito la sua reazione e probabilmente vorrei che non ne avesse nessuna. Mi conosce, lo conosco. Sappiamo bene come andrà. Alla fine il suo cazzo di piede lo stringo per la caviglia e me lo porto ancora più addosso, costringendolo letteralmente ad attaccarsi a me come fanno i bambini, come faceva Edie quando guardavamo un film ed eravamo letteralmente sciolti sul divano. Affetto, cazzo sono un fottuto cane anche adesso che lo ricerco con una vena di disperazione che mi fotto del fatto che non mi faccia onore per niente. Fanculo, non devo usare mezzi termini qui, non ne ho voglia. Lo faccio in un ringhio divertito che stacca un attimo le labbra dalla bottiglia. «Cazzo sì, quella era roba buona...» è assurdo come mi esca lo stesso, quasi fosse - e probabilmente è così - l'unica cosa buona che abbia mai fatto Caiden Crain. Anche se poi la sento, silenziosa, la scintilla più scura che blocca il mio sguardo di nuovo sulle calze. Ci gioco ancora, più lentamente, ripercorrendo gli spazi vuoti come fanno i bambini che saltano solo sulle strisce bianche per attraversare la strada. «Mh?» sollevo un sopracciglio. Ho visto alcuni suoi spettacoli, ma forse non tanto quanti ne abbia visti lui dei miei. Sì, lo sa che sono un amico di merda, che anche se mi impegno adesso la mia mente è altrove, là dove in pochi arrivano e nessuno dovrebbe provarci. Cristo se vorrei poter tornare al momento in cui la mia unica preoccupazione era scegliere che cazzo bere o fumare per far prendere la giusta piega alla serata. Rido «Come la mia?» La mia voce, da quanto cazzo non canto? Ne senso la mancanza come se non avessi quasi più sangue in corpo. «Che cazzo dici, la tua va benissimo» e nel dirlo, tiro qualche filo di queste calze, che più le intreccio alle dita e più vorrei non ci fossero.
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    26.
    ''No...'' Sentenzio con tutta la calma del mondo, più che altro perché non ho alcun motivo di fingere che io sia davvero intonato. Ray lo sa bene com'è che so stonare quando sotto la doccia comunque non riesco a frenarmi dal cantare da solo. La musica mi piace: Come succede con tutti, suppongo, sa smuovermi qualcosa in petto che diversamente non saprei nemmeno dove andare a scovare. Ho bisogno di lei così come ho bisogno di Daffodil affinché la vita possa sembrarmi quanto meno decisamente più equilibrata e meno ostica.
    ''Cioè, voglio dire che sono stonato. Questo.'' Perché saper andare a tempo nel ballo non vuol dire necessariamente capire nel medesimo modo come accordare la propria voce e lasciarla andare di pari passo al testo. Non gli canterò qualcosa se è questo che vuole: Sia perché non ho molte canzoni in testa adesso, sia perché mi sta tirando così giù, da bloccarmi il diaframma. Inizio persino a sentirmi scomodo in questa posizione, eppure c'è una parte del mio cervello che preme affinché io non glielo dica. Che un po' mi piace sentirmi toccare così, anche se sta solo giocando con i buchi delle calze. Perché nel farlo mi accarezza involontariamente con i polpastrelli e questo, se fossi ancor più ciucco, probabilmente mi farebbe chiudere gli occhi. Dormirei in questa posizione scomoda se lui restasse qui a toccarmi ancora. Ma sto scivolando, tanto che alzarmi per infilarmi poi tra lui ed il bracciolo lì vicino non mi sembra poi una decisione tanto sbagliata. ''Fammi spazio...'' Biascico scivolandogli vicino ed incastrandomi quanto basta per sentire l'odore che ha la sua pelle ancor più intensamente di prima. Respiro e ciò che sento è ciò che descriverei come odore di casa. Perché Josh è casa ed io so di essere altrettanto per lui. Anche se non c'è sangue ad unirci, anche se tutto ciò che siamo può essere solo e soltanto questo: Due pelli che si incontrano e si tirano su a vicenda. Per farsi forza. Per farci coraggio.
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    «Nah» l'intonazione è una stronzata. O almeno, lo è il fatto che sia considerata necessaria. Sollevo le spalle ed un po' gli faccio spazio, che tanto stringermi in un verso o nell'altro non mi cambia. Perché in fondo non so nemmeno se sono qui. So che il vino adesso è un po' più buono, che la mia bottiglia sta finendo e con lei qualsiasi forza per combattere, ribellarmi o anche solo spingere Chrys a tornare sulla sua. Non credo di esserci mai riuscito nemmeno quando andavamo a scuola, a tenermelo distante dico.. che puntualmente c'era anche quando non volevo nessuno. L'ho detto, è come un fratello. E quando i fratelli diventano molesti, ogni tanto li respingi, altre volte lo accetti perché questa è una famiglia. Almeno un cazzo di insegnamento di Osmar so tenermelo dentro. «L' intonazione che piace tanto ai classici di merda, non la raggiungo neanche io» Un altro sorto, più acido, abbiamo raggiunto il fondo. «E non devi cercarla tu e rovinare quello che fai. Lo spettacolo è diverso e.. ma non le vuoi sentire queste stronzate, vero?» lo sussurro come se non stessi parlando con lui, ma con me. Cazzo quanto mi manca salire sul palco e tirar fuori ogni demone solo per guardarli in faccia e rimandarli nel buio che controllo così bene. E' un fottuto esorcismo, il mio, ogni dannata volta e non farlo vuol dire che dentro mi tengo anche quello che non so più sopportare. Il calore che mi prende in gola e mi costringe ad abbassare la bottiglia, che rotola lenta sul tessuto. Il profumo di Chrys che non ha più addosso la pioggia che mi sono tenuto io, ma invece è solo un rifugio contro cui spingermi. La testa che si gira appena, mentre lascio un sospiro che mi chiude gli occhi. Se non fossi così nervoso, se non sentissi la pelle tendere a tal punto, forse potrei dormire. «Tu non vuoi sapere niente...» un soffio a pochi centimetri da un ricordo del cazzo. Lo so bene cosa non avrei dovuto fare con Chrys, lo sappiamo tutti e due, ma ora il mondo è più leggero ed io sono ancora più incazzato perché non esserlo. «... non vuoi le mie stronzate..» non le voglio neanche io. Non voglio essere così distratto da sapere invece con precisione che cazzo sto facendo. Cosa faccio nel tenergli fermo il mento spingendomi di poco contro il suo collo. E' solo conforto, solo l'affetto che non abbiamo dovuto prometterci, perché non se n'è ma andato. «Non vuoi me» lo stringo trai denti.
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    26.
    Me lo hanno sempre detto che a tante cose io proprio non ho voglia di pensarci. Ed a volte è persino vero, tanto che io stesso fatico a negare la cosa. Un po' come adesso, che mi ritrovo con non molta difficoltà a dimenticare il motivo per cui ora siamo qui e non altrove. Dimentico della perdita che ha avuto Josh e di come questo possa averlo turbato: Se avessi modo di fargliela dimenticare lo farei, dico davvero, eppure vi è un lato così pregno di egoismo in me da spingermi a concentrare ogni attenzione su ciò che invece sa riempire la stanza nel silenzio più totale. Questa sensazione, che mi risale la schiena come piccoli piedi a calpestarne l'epidermide, non è mai la stessa che sa accompagnare la visione di una morte fallita. Non sa mai trasformarsi nel terrore che sa assalirci di notte e tirarci già dal letto afferrandoci per le caviglie. Non può essere negativa: Perché se prima era un mostro qualunque a tirarmi giù dalla mia comfort zone ora è Joshua e lo sa fare in un modo quasi stupido, ma che Ray non è mai riuscito ad eguagliare davvero. Con Ray non so sentirmi così e non comprendo con lucidità se ciò sia derivato dall'alcol o da una convinzione che inizia a premermi in petto proprio ora che, incastrandomi tra di lui ed il bracciolo del divano, inizio a rendermi conto di percepire meno aria di quanto ne abbia effettivamente bisogno.
    ''Dovrei chiedere a Ray se gli piaci, allora.'' Mi riferisco alla sua intonazione, ma sono argomenti che alla fine non so articolare decentemente e che detti così forse un po' stonano. Inoltre non comprendo come oggi il nome di Ryan sappia pendermi così facilmente tra le labbra. Non lo vedo già da un po' e a dirla tutta, sono quasi felice che non sia venuto al funerale. Perché adesso sarebbe qui con noi e qui è un posto in cui in questo momento non vorrei farlo avvicinare. ''Sì che voglio...'' Il fatto è che voglio sentirlo parlare, così come ho amato sentite tutte le altre persone che sono entrate di qua e vi sono rimaste per un po' di tempo. Voglio sentire delle storie, dei consigli non richiesti o anche delle barzellette di dubbio gusto. Voglio sentire qualcosa che sappia fendere il silenzio, allontanare i gemiti di sofferenze lontane che non sempre so gestire. Voglio che ci sia qualcuno a ricordarmi che non sono solo, specie quando Israel è via con il suo ragazzo morto.
    ''Puoi credere quello che ti fa più comodo in realtà.'' Perché è vero ed io non ho alcuna voglia di inculcargli le mie idee. Sono mie, non sue e non sarebbe giusto vivere costringendolo a ricambiarle, a provarle sulla propria pelle con la convinzione di averle partorite davvero e di non esservi stato influenzato. Ma chiudo gli occhi e l'ho fatto nel momento esatto in cui ho sentito il suo respiro farsi vicino. Non voglio dire di aver rabbrividito, eppure è andata proprio così. Mi lascio andare a dei brividi che poi mi spingono a ricambiare quel tipo di contatto, strusciando il capo contro il suo quanto più mi è possibile. Come farebbe Judas. Come quella volta che, sul tavolo di cucina, ci siamo stretti per un solo attimo e nel farlo, ho pregato potesse non finir mai. ''Dipende...'' E storto, nella posizione in cui mi ha costretto, le cerco un po' le sue labbra per potergliele baciare.
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    Potrei dirlo. Cazzo sarebbe più facile che ammettere di non volermi spostare di un millimetro. Che Chrys è sempre Chrys. Ha sempre fatto quello che fatto, ha sempre violato barriere che non avrei tempo o voglia di spiegare a nessun altro, perché anche l'amicizia è qualcosa di privato. Mio, come voglio che sia tutto quanto mi compete. Mio e basta. Mio nella difesa che ho portato avanti stringendo unghie intorno a tutto ciò che potesse ferirlo. E sì, so bene che sa arrangiarsi, perché tutti sanno farlo ma non mi interessa, non toglie a me la possibilità di fare quello che voglio per assicurarmi che sia davvero così. Come quando per poco non spaccavo qualche osso a Ray. Io funziono così ed orami so che cambiare sarebbe impossibile, che abbraccio tutto quello che ho e la smetto di dovere spiegazioni a qualcuno. Adesso, però, sarebbe facile fingere di non sapere cosa voglio, come una di quelle stupide ragazzine che incontro nei locali e che per seguirmi venderebbero la nonna. Ma io non sono una fottuta ragazzina, me lo ricordo in questo ringhio teso con cui mi volto appena, giusto perché sia chiaro che non voglio niente, e che voglio tutto. Potrei dire che ho bevuto troppo per governare i miei gesti. Potrei dire che non ho sentito quel tintinnio di angoscia al pensiero di Ray, di come anche lui non sia rimasto alla fine. Non è venuto al funerale e va bene, in fondo non ho mai avuto nessuna cazzo di pretesa. Potrei dire che è meglio che non sia qui adesso perché non lo vorrei e basta. Perché in fondo nel chiudere gli occhi continuo a vedere quanto in là vorrei spingermi. Dentro ogni cosa per avere la conferma che almeno una sappia resistere senza scomporsi, accogliermi senza trasformarsi nelle spoglie immobili di un fottuto ricordo. Ho la fottuta pretesa, allora, di prendermi sempre quello che voglio, che non ha mai funzionato per il cazzo. Nè con Edie, che ora non sa capire da che parte stare, nè con Lilian che ho finito solo per divorare. Forse era già una carcassa, lasciata marcire da qualcuno di diverso da me. O forse avrebbe potuto riprendersi se io non avessi insisto. Ogni cosa che tocco si trasforma in morte, ma lui con la morte ha a che fare tutto il giorno. E si, dovrei dire che non ho voglia di commettere altri errori come questo ed anche che in fondo non penso sia un errore. Non penso. Non ascolto quando mi dice che le mie stronzate le vuole, perché lo so già. Lo so da sempre e sono solo un figlio di puttana. «Cosa cazzo fai...» lo dico a lui, ma lo dico anche a me, che so quanto si stia avvicinando. Lo dico in un sussurro che lo sfiora. Che io sia una merda ormai lo sappiamo tutti, ma che non si dica davvero che io, invece, non so che cazzo faccio. Per questo risalgo con dita, gli blocco il volto perché non mi baci. Cazzo, Chrys. No. Ma non metto altri confini laddove so che dovrei, perché io, per primo, non ne ho voglia. Allora il morso arriva al collo, l'altra mano lo avvicina come se non fossi due fottute sardine in una scatola per uno. «Smettila...» ancora, nel dirlo a lui lo impongo a me e non mi assecondo, non mi fermo. Non lo so fare adesso, e non me ne frega un cazzo di quello che dice la mente, quella stronza può stare zitta che lo so solo io di cosa ho bisogno ora e ce l'ho tra le dita. Sbuffo contro il collo.
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    ''Non vuoi davvero che lo faccia.'' Ma lui non ricambia ed io sapevo benissimo che le cose sarebbero andate in questo modo: Che avrebbe voltato il capo e si sarebbe concentrato su altro. Che Joshua ha questa capacità di attirar a sé le persone per poi respingerle e lo fa in un modo del tutto naturale, così tanto da non stimolare mai nella vittima sentimenti contrastanti di rabbia ma solo pura e semplice insoddisfazione. Ed io ora mi sento insoddisfatto, anche se emozioni più pertinenti dovrebbero essere altre. Mi sento insoddisfatto per questo non saper mai come dovrei muovermi quando sono con lui e le sue vicinanze spingono per farsi più strette e soffocanti. Perché poi non capisco quale sia il suo vero intento: Se strapparmi a mani nude l'aria che mi resta o stringermi davvero a sé con tutta la forza che ha. Non lo capisco e questo non capire sa farmi tirar su le labbra in un sorriso quasi istrionico, al limite della contestualizzazione. Perché non dovrei sorridere ora che lui ha preso a mordermi il collo come se fossi la sua Lilian. Non ho molto da ridere quando la sola idea di essere soggiogato dalla sua insicurezza mi spinge a generare immagini poco pure nella mia testa. Fortuna che sanno restar lì e non s'affacciano mai, nemmeno quando i morsi sanno farmi respirare affannosamente, tanto da non saperglielo né volerglielo nascondere. Non provo vergogna ora, quando comprendo come basti poco per far sì che egli capisca come spogliarmi di quelle misere corazze in cui mi stringo innocentemente: Laddove finisco per ripetermi che dovrei pensare a soffrire la mancanza di Ray piuttosto che dell'ennesimo suo morso. Come se me ne avesse già dati altri. Come se già da adesso mi fosse impossibile vivere senza.
    E comprendo con chiarezza come già quel bacio ricambiato sia stato per me scintilla di speranza. Di quel sentimento che probabilmente covo da anni, da ancor prima di conoscere Heather e ritrovarmi così a riversare su di lei e tutti gli altri l'insoddisfazione di non esser mai stato ricambiato.
    Per questo già questa vicinanza, che sa farmi irrigidire ogni muscolo, sa significarmi tanto: Perché non avrei mai immaginato di poter anche solo pensare che dal mio migliore amico io volessi anche questo.
    Eppure resto immobile: Lo faccio perché c'è lui a contribuire a bloccare buona parte della mia mobilità e perché vi è sempre quella parte di me un po' meno saggia e decisamente troppo egoista, a spingermi a chiudere gli occhi. ''Puoi anche strapparmela dal corpo, la pelle...'' Perché io lo sento o almeno, credo di sentire come in realtà egli non abbia bisogno di altro se non di questo per sfogarsi e percepirsi forse più leggero. Non migliore, solo leggero. Perché non ci si sente mai davvero bene nello sfogare nell'altro i propri dolori. Non mi sono sentito bene nemmeno io quella prima volta, quando avrei continuato ancora ed ancora sino a che l'immagine di Ray nella testa mi venisse soppiantata da quella di Josh.
    ''È questo che voglio.'' E lui. Voglio questo momento sbagliato, sporco, ingrato ed ingiusto. Voglio questo dolore che sa prendermi alla gola ogni volta che si fa più pesante e forse inizia a respirare nel medesimo modo in cui respiro io. Voglio che mi mangi nonostante ogni cosa qui sa urlare allo scandalo. Allo sbaglio, alla rottura di una relazione che probabilmente non potrà mai essere curata da un post sbornia smaltito nel medesimo calice di vino. E non importa se la testa è bloccata, perché comunque le braccia sanno liberarsi e lo fanno solo per arpionarsi nuovamente ai suoi fianchi e tirarmelo contro il petto. Ancor più stretto di prima, quasi in una morsa. Affinché possa guardarli e sapere che ho ragione.
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    «Non dire stronzate..» un altro ansimare. Non gliela strappo la pelle, la porto con me e basta. Per una fottuta sera in cui niente dovrà fermarmi. Né il rimorso per Lilian sola in casa, nè quella fottuta sensazione del cazzo che mi scava dentro al sapere che non sto nemmeno consolando mia sorella. Oh no, io consolo solo me stesso, perché mi sono rotto il cazzo. Ed allora è una rabbia, la mia, che si riversa quando un polso glielo stringo. Non voglio scoparlo perché è un uomo. Voglio scoparlo perché è Chrys ed in fondo mi resta solo lui come garanzia. Perché c’è sempre stato e non credo sarà mai capace di andarsene. E perché lo so cosa prova lui, non ho mai smesso di saperlo anche quando i limiti li sfiorava camminandoci appena sopra come un equilibrista sbronzo. Limiti che io ho messo perché dovevo, perché io ho sempre altro a cui pensare. Ma non oggi. «Lo so»..che vorresti tenermi chiuso nella tua stanzetta dei trofei e non per espormi al pubblico, ma perché non vada più via. L’ho sempre saputo ed è il motivo per cui da questo ho saputo tenermi distante ed invece ne ho bisogno. Insistito per un ringhio più leggero sulle labbra che anticipi quanto male saprò fare da adesso, che lo trascini nel baratro con me. Fanculo anche al moto che mi spinge con rabbia a prendermelo più vicino come se ancora ci fossero distanze da annullare. Come se mi importasse davvero qualcosa del contesto. Mi allungo perché così gli do spazio anche quando glielo tolgo. Non lo aspetto, mi sfilo la maglia e la lascio a terra. Gli occhi li riapro che devo vederlo bene che cazzo sto facendo. Non ho un briciolo di rimorso e questo è un brivido che corre lungo le braccia. Lo libero perché adesso voglio divorare ogni parte di lui per sentirmi finalmente appagato da qualcosa. Voglio che mi respinga e che mi cerchi perché non tornerò a fare questo. È solo stasera e solo perché è Chrys. «Togliti questa cazzo di maglia» Perché non respiro. Ogni cosa mi soffoca e ogni cosa ha bisogno che io la strappi via. Non sarò delicato. Non lo sono nel premere dita che lo tirano ancora, nel lasciare morsi che risalgono fino alle labbra. Non ho più motivo di non godermela. Ho fretta di scoprire che è quello che voglio. Il mio è un lamento a denti stretti che agita il respiro. Non so tenerla una distanza di sicurezza, non me ne frega un cazzo e torno su di lui, stavolta le sue labbra le divoro e non ci penso due volte. Premo contro come se volessi ferirlo e basta, colpirlo, ucciderlo e soffocare perché non è giusto che gli faccia questo. Non è giusto che io lo voglia così. Non è giusto che mi accetti. Non lo amo, ne ho solo bisogno quanto ne ha lui. Ho bisogno che sia semplice e completo e che mi dia un cazzo di brivido stavolta. Lo voglio sentire nelle ossa che è sbagliato e liberatorio. Tutta la stronzata del “non dovremmo farlo” finisce a terra insieme ai vestiti.
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    Non voglio alcun ripensamento che sappia in qualche modo prendermi per la gola. Non voglio nemmeno una giustizia travestita di rimpianti ed effigi d'oro a ricordare quanto la mia bocca sia rimasta arida a lungo. Non voglio compassione o rabbia, che sappia investirmi nel medesimo modo in cui vi riesce lui e questi ormoni che danzano e si contorcono al suon del medesimo respiro che s'affanna ed impenna alla medesima ricerca di qualcosa di vero, di intenso. Che non so rifugiarmi altrove e negare quanto questo sia stato permeato in ogni mio desiderio. Che tra le sue braccia ci sarei scivolato già molto prima se solamente me ne avesse data l'opportunità. Ma ora è diverso ed il suo dolore io lo sfrutto egoisticamente per mero tornaconto personale: Perché amo lasciarlo sfogarsi nel modo in cui meglio crede, spingendomi ad assumere comportamenti che non cozzano totalmente con ciò che sono ma anzi, mi abbracciano completamente. Ed è per questo che lo assecondo, sfilandomi la maglia e strappando via anche le calze. Perché non ho null'altro a cui stringermi forte nell'intento di rinsavire e fermarmi prima che sia troppo tardi. Non ho nulla che possa farmi smettere di ridacchiare sotto i baffi come se questo fosse solo un gioco e non vi fosse del vino ad accentuare ogni impulso già di per se labile. Non mi importa sapere davvero se ciò verrà ricordato domani, se è reale oppure finto. Ciò che mi interessa ora è sentirmelo addosso nel modo più pressante e violento che esista. Voglio che lasci i segni dei suoi morsi ovunque e che possa così sovrastare ogni altra cosa. Voglio del dolore che resti in superficie, che bruci, che mantenga alta l'erezione.
    Non dovremmo farlo ma è quello che voglio ed io non so sottrarmi da nessuno dei suoi movimenti che poi assecondo, ricambiando a mia volta dei morsi che sappiano farmi annaspare tra i suoi respiri e la pelle che finalmente sento come fosse mia. ''Scopami, dai.'' E glielo ringhio in una sorta di sfida che mi ritrova a lasciar scivolare le mani lungo i suoi pantaloni nel tentativo di sfilarglieli di dosso quanto prima. Io sono rimasto in perizoma: Non ho nient'altro addosso se non questo e lui.
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    27.
    Ho già mani che aiutano a slacciare i jeans, veloci, che non ho voglia di spendere altri secondi a farmi domande. Voglio smettere di respirare. Voglio prendermi tutto e non lasciare più niente, godermi la pelle d'oca e il suo profumo. Non c'è niente oltre questo, non so neanche che cazzo farò domani quindi a posto così. Ce l'ho già il mio sorriso di merda, che un po' si piega quando Chrys fa come gli dico, e nel farlo si muove sempre a modo suo. Cazzo se l'ho pensata questa cosa per mesi anche se no, lo sto realizzando adesso e, sempre no, non sarà mai tardi. Non mi lascio passare attraverso altro tempo con il rischio di perderlo. Lo dico sempre, io oggi ci sono, ma domani potrei morire allo schiocco delle dita di Slater o per la fottuta Apocalisse. Allora oggi è sempre tutto il tempo che ho. Cerco redenzione tra le sue costole, che premo sotto un palmo come fossero un rosario che ad ogni passaggio mi impone di andare al successivo di non fermarmi. Mi dico che sarei ancora in tempo, si. Che sento come la frustrazione potrebbe crescere se glielo permettessi, se decidessi di salvare almeno una cosa nella mia fottuta esistenza. Lui, per esempio. Potrei risparmiargli la mia voglia di stringerlo così a fondo da non sentire più niente. Potrei ricordargli che c'era una ragione se qualche limite, io, non l'ho mai superato e che è stato bene lo stesso. E invece so che lo vuole, e Cristo, questo mi basta per andare avanti in morsi più profondi, nel prendergli le spalle e voltarlo senza mai dargli modo di andarsene. «Cazzo, si» è la sola cosa che dico, in un tono che mi fa rabbrividire. Io non eseguo ordini, eppure è qualcosa che voglio talmente tanto da far montare una rabbia indescrivibile. Il sangue corrotto mi si agita nelle vene, e sono ondate, le mie che non trattengo quando adesso non c'è motivo. Un calore che lascio mi prenda tanto da chiudere gli occhi, poco prima di scostargli questo cazzo di perizoma. Non voglio altro. Lo penso e basta, che non so dirlo quando nel prenderlo lo tengo per il collo, quando mi piego su di lui perché ho il fottuto bisogno di sapere che non mi basterà chiudere gli occhi e immaginare sia qualcun altro. Sarebbe inutile, e forse a volte è stato il contrario. Ma stringo i denti, che non so gestire la rabbia diversamente da così. Dal modo in cui scendo in baci lungo le prime vertebre. E affondi che fanno girare la testa a me prima che a lui. Ansimo ancora, di più.
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    Non ho mai portato rispetto alle persone giuste e a dirla tutta il rispetto è sempre stato per me un concetto quasi astratto, poiché diverso per ognuno di noi. Altri direbbero, almeno in questa circostanza, che sarebbe folle eccitarsi quando intorno a noi sa dilagare una morte che di spontaneo non ha nulla se non il suo naturale decadimento. Ma io non so conformarmi agli altri né provare quei medesimi dolori che sanno accomunarli e spingerli vicini al medesimo focolare. Io sono diverso e sento di ripetermelo nel momento esatto in cui lascio che sia Joshua a decidere come e perché lasciar che ogni cosa vada da sé. Seguendo quello stesso decadimento a cui siamo protratti sin dalla nostra nascita. Seguendo quelle che per altri sarebbero solo e soltanto strade tortuose. Perché tutti e due sappiamo, seppur nell'ignoranza che ci porta a prestar attenzione solo sulle cose che ci fanno davvero sentir bene, come questo in realtà sappia profumar di sbagli e rimpianti che tenderemo a mischiare con ripensamenti decisamente più ricorrenti e nuovi bisogni, pronti ad emerger fuori da quelli che ora si rivelano essere solo e soltanto carnali.
    Ma a me sta bene così, suppongo. Perché tra questo ricercarsi senza pace comprendo come nulla di me si sforzi di emergere e così sovrastare il mio raziocinio già assente. Non ho voglia di pensare ai pro o ai contro di questa scopata. Ho solo voglia di sentirlo con ogni mezzo possibile, scivolarmi tra le gambe e lungo la schiena. Come un serpente, l'iconografia stessa della tentazione e del peccato. A cui cedo senza avanzi, perché non so aver paura né il coraggio di ammettere che al mondo esistono davvero cose che sanno essere giuste e sbagliate. Questa, è una di quelle, dopo tutto.
    Così lo accolgo in ogni gemito che non so trattenere e che può benissimo rimbombare tra queste quattro mura. Voglio che gli altri ci sentono e che lui faccia altrettanto e capisca, con facilità, quanto questo sia stato per me uno dei miei più grandi disideri. Perché a volte non sa restarmi altro se non quel senso di sottomissione capace di farmi rabbrividire e ceder le ginocchia. Voglio essere schiacciato prima che possa farlo io con tutti loro. Voglio sentirmi graffiare, colpire e restar così ad ammirare i lividi della nostra colluttazione. Voglio dei trofei da portare lungo il collo come fossero collane d'oro. Voglio essere il re di un impero forgiato sul suo sudore e l'odore che ha palle quando va a macchiarsi di peccati in cui nemmeno crediamo più. Voglio essere odiato così come si ama qualcuno e consumato, come fossi cibo. Come se meritassi di esser gettato via nel medesimo modo in cui lo fa Ray quando dorme qui e poi decide di andarsene via per un po'. Voglio così tante cose da assomigliare ad un bambino, che inarcando la schiena cerca il contatto col suo petto. Che vuole un abbraccio e nel medesimo istante un'altra spinta più decisa. Che Josh sa essere materno e al col tempo illegale nel modo in cui ora sa darmi tutto ciò che domani finirà per strapparmi via di nuovo. Ma io sono felice così, lo sono davvero. ''Stringimi ancora.'' Avvolgi le dita attorno al collo e premi con forza. Toglimi il fiato, ogni possibilità di tornare in superficie e boccheggiare di nuovo. Fammi smettere di respirare, di nuovo, anche fisicamente. Fa in modo che io non possa affatto dimenticarmi di ciò che sei.
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    27.
    Non serve che mi chieda un cazzo. Non voglio mi dica di stringerlo, di prenderlo di più come se potessimo essere un corpo solo. Come se non lo stessi facendo con tutti gli ansimi che sfuggono al controllo. Non mi frega niente che ci senta questa fottuta casa infestata, o che di punto in bianco possa entrare qui chiunque, che lui le porte non le chiude a nessuno. Non conta niente se non il tremore allo stomaco che risucchia i respiri e stringe le viscere. Cerco i fianchi con le dita, non sono gentile, ancora, non so esserlo e non piace che io lo sia. Perché da me si vuole questo, un montare di dominanza, un sovrastare che appaghi tutti, me compreso. E voglio che si ricordi che questa cazzo di scopata esiste, che non è un punto di non ritorno, ma esiste e respira come noi. Dirmelo è inutile, lo è nel ringhio che gli spengo su una spalla, quando ancora mordo una pelle che ho tenuto vicino per anni. Anni in cui mi sono detto che in fondo Chrys "è fatto così" che nel suo essere in parte appiccicoso, non lo è stato davvero mai fino in fondo. Perché l'unica cosa che so fare su di lui è muovermi come se non avessi altro oltre a questo. Adesso voglio si incolli a me che sono stanco di perdere tutto e lui non dovrà andarsene mai più. Cristo, ho paura. Nell'abbastare la testa mi fermo un secondo solo, ansante, ricerco le sue vertebre con la lingua ed ancora me lo tengo premuto contro come un sigillo che non andrà più via. Ho paura che adesso anche lui sarà in pericolo. Di trovarmelo qui sul divano e nel togliere la mano dal collo rivederlo solo ricoperto di sangue, per un taglio che non sa rimarginarsi. Lo sento questo vuoto che si espande ma non ho finito e lui non ha gridato abbastanza. Non ha stretto i denti forte come lo sto facendo io, e resto nel silenzio di spinte che si fanno urgenti, fameliche, a scacciar via un incubo ricorrente. Più forte ancora, nel rialzarmi e spingerlo più in basso, ma solo perché in fondo qui in questo cazzo di divano voglio infossarmici io, voglio sparire dentro di lui e per una volta trovare un cazzo di posto che mi accolga senza domande. Ancora non so esplorarlo senza fermarmi, febbricito ad ogni spinta che fa tremare il respiro, adesso che aumento il ritmo quasi dovessi ucciderlo. Mi piego, sussurro stringendo i ricci per tirarlo più indietro, perché non può andare da nessuna parte, che lo voglio con me e basta. «Stai fermo» un ringhio che impone qualcosa che non desidero davvero. Voglio che si muova, che mi chieda e mi implori di togliergli tutto. E dopo voglio che lo faccia con me, che mi strappi anche la corruzione se mai fosse possibile, che adesso avvolge entrambi in un abbraccio.
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