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Josh & Chrys | Villa Sinister-15 MAGGIO

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    E' con un respiro pesante che accompagno il mio alzare il busto. Un moto che lascia spazio tra lenzuola scure. Sposto con calma la mano di Chrys, rimasta incastrata così sul mio petto da stanotte. Non lo guardo. Ricade al suo fianco, ma lo so che non sta del tutto dormendo. Ho imparato a riconoscere il muoversi di battiti che si fanno invisibili per poi tornare a vivere. I miei, prima di quelli altrui, ma sempre con un orecchio teso. «Devo tornare a casa» E' una sentenza senza appello, neppure il mio. Lo dico subito, quasi fosse il primo pensiero che ho appena sveglio anche se no, non è proprio così. E' che ho aperto gli occhi quasi due ore fa e lo so che non ho fatto altro che fissare il soffitto e fare i conti con ogni sospeso dell'esistenza. Perché no, non posso fare come vorrei. Non posso fare come vorrebbe lui, chiudermi qui e dimenticare di avere una vita fuori ed un contatore sospeso su chiunque io ami. E sì, devo controllare che Lilian non mi abbia distrutto casa anche se forse avrebbe tutto il diritto di farlo. Contro ogni possibile protesta, trascino i piedi fino a toccare il pavimento, pur restando seduto e ricurvo sulla schiena. Come un cieco tasto il comodino in cerca di un pacchetto di cicche solo per accenderne una tenendola stretta trai denti.
    Il primo tiro non mi fa nessun effetto, e così neppure il secondo o il terzo, perché Josh oggi non ha alcuna possibilità di distendere i nervi e prendere fiato. Non dirò la stronzata che non so quanto giorni siano passati, lo so benissimo. Cinque con oggi. Di cui conosco i minuti e le composizioni, il modo in cui abbiamo riscritto parte del suo arredamento tra un modo di prendersi e l'altro e sì, cazzo sono anche stato felice. Fottutamente felice un paio di giorni. Troppi, mi sembra ovvio, troppi decisamente.
    Sono quasi certo che qualche fantasma non abbia gradito la mia presenza in questi giorni, però non me ne frega un cazzo. Tutti sono comunque arrivati dopo di me, e tutti andranno via prima. Che a loro piaccia o meno.
    E' l'alba, lo so che è presto e che potrei anche alzarmi e lasciarlo dormire, in fondo sto solo per andare a casa e non è che non tornerò mai più. Però invece ancora non mi alzo del tutto. «... e sistemare un po' di cose.» Continuo come se il discorso non si fosse interrotto per minuti interi, come se tutto dovesse suonare lineare per lui come lo è per me. Ma poi torno. E questo non lo dico.
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    26.
    Da cinque giorni ho smesso di annaffiare i fiori. Non del tutto, ma comunque mi ci sono dedicato decisamente di meno. Non sono sceso lì alle sei del mattino e poi alle undici di sera: Li ho annaffiati solo di pomeriggio, ma solo perché uscivo fuori a fumare e mi ricordavo di portar con me l'annaffiatoio. Sono cinque giorni che mi scordo di dar da mangiare a Judas, tanto che credo se ne sia andato da Léanor a scroccar qualche minestra delle sue. Così come sono cinque giorni che non metto in carica il cellulare, che non rispondo quando bussano alla porta di casa né faccio un pasto che possa considerarsi in qualche modo ''completo''. Ho attivato il tatuaggio anti - possessione, ho iniziato a fare la lavastoviglie e a riordinare la stanza. Ho così tanto male alle gambe che anche solo sentirmi spostare ''delicatamente'' da lui mi fa grugnire. Tanto che arriccio il naso e lascio scivolare il viso tra i cuscini. I capelli li lavo più del dovuto: Ogni volta che a lui vien voglia finisco per sudarmi sette camicie. Non abbiamo avuto pace, eppure quelle volte che siamo riusciti ad addormentarci coscienti - perché stanchi di sentirci perennemente ubriachi - è stato bello.
    Lo è stato persino svegliarsi tardi, scordarsi di cambiarsi i vestiti quando si crolla a letto, riprogrammare la giornata secondo degli orari diversi, declinare qualche offerta di lavoro, iniziare ad uscire la sera solo se anche lui aveva voglia - che poi non gliel'ho mai chiesto, non mi sembra ancora il momento per farlo - e sapere che in qualche modo, egli sarebbe tornato a pretendere. Perché è un maledetto viziato e qualcuno gli ha insegnato che può ottenere ciò che vuole. Io ho difeso altrettanto modo questa medesima teoria: In fin dei conti non mi sono mai tirato indietro. Perché avrei dovuto? Sarei stato uno sciocco nel farlo. Me lo sarei rinfacciato a vita. Per questo, però, non dico nulla quando lo sento mettersi a sedere ed accendersi una sigaretta. Lo sento il modo in cui il fumo passivo finisce per penetrarmi le narici tanto da instillar in me la voglia di fargli compagnia.
    ''Mi porti i biscotti?'' Mi limito a mugugnare in un sussurrare stanco che mi vede allungare di nuovo una mano in sua direzione per poi lasciarla cadere proprio lungo la sua schiena. Ho fame e non voglio sapere dov'è che deve andare. Non voglio che vada via eppure mi ricordo bene cos'è che ci siamo detti all'inizio seppur implicitamente: Nulla è per sempre e questo è proprio il momento in cui accettiamo di darci le spalle e, che ne so, dirci un arrivederci che sarà lungo per qualche mese, giusto il tempo che lui turni a scoparsi Lilian per poi stancarsi di nuovo. Credo sia la prassi, ma in qualunque modo mi sforzi di convincermi, comunque non riesco ad evitare di sentirmi moralmente depresso. ''Se ci aggiungi il caffè magari ti accompagno.'' E ritraggo la mano, ma giusto per voltarmi dall'altro lato del letto ed abbracciarmi un cuscino che solitamente schiaffo tra le gambe. Mi chiudo a riccio e nonostante tutto, so bene come le cose debbano andare esattamente in questo modo.
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    27.
    Cazzo, c'è una parte di me che vorrebbe mi rimangiassi ogni parola. Vedo come facilmente sarei capace di voltarmi, afferrargli il polso prima che si giri e tirarmelo contro per il solo vezzo di ricordare che non ho ancora finito con lui. Ed allora so che mi perderei, dimenticandomi di avere qualcosa oltre lui e queste mura che contengono l'incontenibile. Però lo sappiamo, io sono uno stronzo solo fino ad un certo punto e non ho mancato di notare come siano stati giorni in cui "noi stessi" è diventato un concetto labile. Io ho abbandonato ogni cosa per giorni in cui niente mi venisse chiesto, né di aiutarlo ad annaffiare i fiori a cui non ha badato, né di tornare là dove le memorie di mio padre giacciono immobili. Però non sono più solo Josh, sono anche Faust e ciò significa che ho bisogni che neppure Chrys potrebbe soddisfare ma solo capire. Sì è per la sua comprensione che premo una mano lungo il materasso e per un attimo, uno fottuto e fragile, sorrido perché non può vedermi mentre lo faccio.
    Scuoto la testa, in un sospiro mi alzo e spengo la sigaretta già consumata fino al filtro. La premo nel piccolo posacenere e non mi curo di niente altro quando non mi volto e giro solo intorno al letto. Si è sempre offerto di aiutarmi, anche quando non lo chiedevo o pensavo che lui ne avesse più bisogno di me. Ma lo so cosa si cela dietro questo, ed è colpa mia se ora lo pensa. Mia perché gliel'ho concesso, gli ho detto che poteva espandersi e così ora so che non vuole che me ne vada, che compia passi da solo.
    E no, non perché pensi che io ne sia capace, semplicemente perché non vuole. Anche se non mi sento così in colpa.
    Giro la stanza solo per trovare il mio spazio nel passare da lui alla porta. Ho appuntato la sua richiesta, ma non intendo eseguirla. «Alzati e vieni a prenderteli, Principessa.»
    Che non sono il tipo che ti porta il caffè in camera. Seppure nel dirlo mantengo quel mezzo sorriso inclinato che serve solo a cancellare per un attimo la preoccupazione reale che mi perseguita all'idea di tornare a casa.
    E' come se avessi la certezza di scoperchiare l'ennesimo vaso di Pandora, e quindi sono teso, sono pronto a scattare se dovesse rendersi necessario ed essere ciò che realmente sono. «Non verrai con me oggi» Chiarisco, si tratta di oggi. Non del futuro o quant altro, anche perché non so guardare oltre oggi e domani. Ma no, non voglio che si attacchi a me dimenticando di essere ciò che è.
    Il problema è che non posso nemmeno promettergli che tornerò. L'ultima volta che l'ho fatto con Lilian.. beh, le cose sono precipitate abbastanza velocemente e sono stato un mese in una fottuta caverna buia su un pianeta troppo lontano da qui per sembrare vero.
    Ho imparato che io non posso proprio promettere più un cazzo, neppure qualcosa di tanto semplice. E' giusto che lo sappia nel modo in cui dico le cose io, senza filtri o mezzi termini, nessun giro attorno all'ovvio.
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    Non gli rispondo subito, d'altronde non ho paura di cacciarlo via, non quando una parte di me sa benissimo che ritornerà a pretendere ciò che ha morso per tutti questi giorni e lasciato consumato in un angolo della stanza. Lo conosco e comprendo bene quel bisogno impellente che sa spingerlo a non lasciar mai le cose completamente a metà. Ed io sono proprio parte di questo suo pensiero ossessivo compulsivo. Sono borderline, sdraiato sul ciglio del proprio rasoio: Potrei cadere da una parte o dall'altra e lui comunque non sarebbe felice. Ha disimparato com'è che funzionano certe cose. Ma sbuffo. Non gli rispondo subito, ma sbuffo affinché mi senta ed inizi a pensare che sì, magari non serviva svegliarmi solo per raccontarmi dell'intenzione di tornare a casa sua e vedere che aria tirasse. No. Avrebbe potuto semplicemente sgusciar via e tornare solo dopo aver sistemato ogni cosa. Avrei persino comprato dell'altro vino ed avremmo festeggiato, a prescindere dal suo successo. D'altronde ogni motivo è buono per festeggiare. Anche se adesso non ne ho la voglia e lo comprendo dall'incapacità che ho di voltarmi. Mi ripeto che sono stato paralizzato o comunque che non ho la forza nei muscoli per farlo. Che mi fa male tutto e che questo dev'essere il prezzo da pagare quando si è stati moderatamente felici. ''Allora mangerò più tardi.'' Anche se di tanto in tanto la pancia mi brontola e so bene come l'unico modo per farla smettere è chiudere gli occhi e lasciarsi andare di nuovo tra le braccia di Morfeo. Ma non voglio alzarmi: Non voglio salutarlo con un boh, bacio a fior di labbra, né accompagnarlo alla porta. La conosce. Questa casa, nonostante si vorrebbe pensarla diversamente, è sua. Lo è nelle chiavi che può prendere e portarsi dietro. Senza problemi, che tanto io non ho nulla da obiettare né nascondergli. Non so provare vergogna dinanzi a lui. Non ne sono mai stato capace né costretto. Mi agito solo per mettermi comodo. Sposto sgraziatamente i capelli dalla faccia. Li incastro dietro l'orecchio che ho caldo, anche se sto dormendo con ancora il vestito addosso e mi sa anche le scarpe. ''Come ti pare.'' Non voglio fargliela pesare, ma sto sbadigliando perché sono davvero stanco. Ancora. Nulla di più di questo. Finalmente riesco a girarmi verso di lui. Mi strofino gli occhi con il dorso della mano e niente, ovviamente questo non serve affatto a svegliarmi. ''Non ci hai dormito questa notte, vero?'' Non posso dire di averlo sentito girarsi e rigirarsi senza prender sonno, voglio solo dire che, dal modo in cui mi parla, mi sembra quasi di percepire un tono preoccupato. Ma Josh non è il tipo da mostrarsi preoccupato per qualcosa. ''Se la pazza ti lega al letto od inizia a sfigurarti quel bel faccino che ti ritrovi...chiama.'' Non tanto perché saprei salvarlo dalla situazione, quanto perché sarei curioso di assistere alla scena. ''Intesi?'' e gli allungo una mano con il mignolo. Che le promesse vanno sancite così, anche se sono più cazzate che promesse. Glielo agito proprio sotto il naso o almeno, quanto più vicino possibile.
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    27.
    Gli guardo la schiena finché non si gira. Ho baciato ogni centimetro di quella pelle, rincorrendo qualcosa che ancora non so che cazzo sia. E potrei andare via, senza dire una parola, uscire da casa sua con la speranza di avere un modo di tornarci e la certezza che la mia vita è così fottutamente frammentata che non so aggrapparmi a niente. Eppure lo faccio con tutta la forza che ho, come se ogni momento fosse vitale, importante, e da non sprecare con qualcosa che non mi interessi. Un po' è sempre stato così, quando con Edie sapevamo che crescendo il tempo si sarebbe accorciato, ma ora - noi Çevic - siamo in loop di dolore costante, immutato ma che non sa farci abituare alla sofferenza perché fa sempre più male, si alterna, alza e abbassa parametri finché non ci porta alla pazzia. E poi moriamo, moriamo ogni cazzo di volta ma mai abbastanza per mettere fino a qualcosa, che già siamo di nuovo in piedi a credere che niente farà più male di così. Siamo dei cazzo di ingenui, lo siamo davvero. Io lo sono.
    «Come sempre...» come sempre non ci ho dormito la notte, che il sonno adesso è qualcosa che non posso permettermi, devo sapere se ho ancora modo di stringere le redini di qualcosa. Ed ho obblighi che superano il desiderio di infrangerli e gettarmi lì accanto a lui pronto ancora a dimenticarmi di tutto per qualche ora. E sì, so anche che è stanco e che probabilmente si farebbe trascinare solo perché "ogni lasciata è persa", soprattutto se si tratta di me. Quindi va bene così, che io mi separi, che lui si riprenda anche se io non so essere così stanco. Né sento ossa cedere o muscoli tremare, io andrei avanti anni se ne avessi a disposizione, senza fermarmi mai.
    Così mi piego sulle ginocchia perché almeno non avrò da alzarlo per forza dal letto. Non so come sia lo sguardo che gli lascio ma so che la preoccupazione non voglio nasconderla tanto a lungo. Ho fatto il cazzo che volevo, come sempre, ma questo avrà delle conseguenze. Su me, su Lilian, ne ha attualmente su Chrys e le avrà sulla band. E, cazzo, Jack mi ammazzerà: me l'aveva detto di stare attento e gli avevo promesso che sapevo quello che cazzo facevo. Adesso mi spetta qualcosa che potrebbe portarmi via anche quel che resta a cui tenere.
    Non lo tocco, non mi allungo più di così, lo guardo senza neanche farlo, come se solo sapere di poter respirare qui vicino fosse sufficiente.
    «E' più probabile che mi abbia pulito casa da cima a fondo e poi se ne sia andata con tutta la sua roba, non penso la troverò lì ma...» ma lo so che gli piacerebbe assistere alla scena e che forse è anche il motivo per cui alcune cose dovrò comunque, e sempre, farle da solo. «...intesi.» Solo che nello stringergli il mignolo, in realtà rapisco la sua intera mano. E' solo un secondo, uno che mi permetta adesso di guardarlo negli occhi, forse perché è importante, forse perché voglio questa immagine con me mentre torno alla realtà e mi chiedo se ci sarà spazio per farlo di nuovo. Niente baci.
    Solo questo, prima di alzarmi ed uscire da questa camera.
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