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Eså/Samuel | 30 Giugno | Lyaglaisol-7

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    Lo seguo nel suo muoversi, senza spostare i miei muscoli che invece restano immobili come se potessero compenetrare con questa stessa terra, e perdere un pezzo con essa. Diventa pietra. Me lo ripeto come se fosse parte di una salvezza sconosciuta, e pure pegno di una maledizione che si è abbattuta sulle mie spalle, e sibila nei pensieri nei rintocchi di tutti questi anni. Allora diventa una pietra, Dėluïshk. Penso che questo è l’uomo che mi ha privato delle mie radici, lo stesso che adesso si arroga un diritto che non gli appartiene, ma che sa egualmente imbrigliare nel suo stesso pugno per esercitarlo come una profanazione che sa andare a fondo, e far tremare la terra. Far tremare la mia stessa anima, in ognuna di quelle minuziosi parti divise, ma che pure hanno trovato un modo di esistere nello stesso spazio. Ma ha ragione è irripetibile. Non nel concetto più vasto, quello di una fine che si abbatte incontrastata, ma nell’intimità più empirica di questa fine, esistente in sé stessa e per sé stessa, o per lui che ne guarda l’esistenza come se fosse un dono che porta al Cosmo e per cui dovrebbe essere ringraziato. Ma non ci sarà più questo momento, mai più. E non solo perché Lyaglaisol-7, dopo oggi, non sarà altro che ammasso deperito che divora sé stesso, ma per la natura stessa dei secondi. Niente è mai uguale a nient’altro. Non posso che concordare su un punto, che unisce due esistenze diverse, che si spingono oltre i margini di poli opposti. Mi chiedo come sia arrivato qui, chi sia stato Missing nella sua vita per arrivare a formulare il suo Disegno così come lo preme oggi nel cosmo, con la precisione chirurgica di chi non ha altri intenti se non questi. Così come io non ho altri intenti, se non quelli di preservare, e farlo anche contro di lui. Sposto ancora gli occhi in alto, fra i detriti che corrono per abbattersi tutto intorno, ripescando tante cose che ho assaporato fino ad oggi. Come la prima volta, che ho visto qualcosa morire. Ero con Elmar Asad, e mi portò proprio nel punto finale di un Ciclo, lasciandomelo osservare perché ne comprendessi l’importanza, e fossi capace di sorreggerla contro quell’istinto, che mi avrebbe portato a cercare di preservare qualcosa oltre il suo limite massimo. Penso che già all’epoca, Elmar Asad sapesse molto di me, così come lo sapeva Saida Zayirah. Ma questa è una storia diversa, che quello stesso istinto lo trasforma in quello di una preservazione che non posso attuare, ma solo vedersi sgretolare con quella stessa Luna pezzo dopo pezzo, andando incontro ad un irreversibile destino. Mi giro a guardarlo ancora solo alla fine delle sue parole, quelle che nelle mie orecchie suonano storte, come metallo che graffia altro metallo e lascia andare un rumore che si fa stridulo. Nessun Ciclo, ma in fondo, penso che lo sappia, è che la sua sia una frase che se ne sta solo al centro di quel bisogno di essere osservato così come si osserva da solo, un punto fisso nell’Universo. Lascio andare un respiro pesante, scuotendo appena la testa nel riportare ancora lo sguardo in alto. Immagino le mie Lune cadere, e posso sentire solo il rimbombo di uno sconforto echeggiare con questo, appesantito negli arti che restano immobili contro i fianchi. «Non arrogarti lo stesso spazio di leggi naturali, Missing, non sono di tua competenza come non dovrebbe esserlo tutto questo» penso che non è il primo a dirmi qualcosa del genere in merito ai miei pensieri. Penso che questo, è uno di quei momenti in cui, ancora di più, riesco a sentire la mancanza fisica di Calien farsi strada nel petto, e consolidarsi al mio fianco, dove in un’altra vita l’avrei trovata a ricambiare il mio stesso sguardo. Io sono i miei pensieri, quel moto perpetuo che registra tutto ciò che mi circonda, e amplia ogni mia sensazione nel trattenerla stretta in quel modo che fa crescere ogni sospiro della mente, per postularne idee che diventano consapevolezze interiori. I legacci della mia coscienza, e della mia anima. Tutto quello che mi ha separato dal crollo. «Sei solo un Uomo. Un piccolo granello fra mille, e per quanto tu possa provare ad andare contro il vento, e sfruttarne le correnti, non potrai mai sconfiggerlo» non sono senza peccato, non mi sono mai arrogato un titolo del genere. Ma questo, questo va oltre un peccato, e diventa qualcosa che è uno strappo enorme contro quella stessa Natura che esiste da sé, ed è creatrice pura di sé stessa, e di tutti noi. Quelle stelle leggi che lui piega, sono quelle che nell’aver mosso particelle minuscole, e casualità che si sono scontrare, hanno generato lui, me, e Lyaglaisol-7. Stringo appena le labbra, corrugando le sopracciglia in un moto che per un attimo, mi lascia solo tristezza nel petto, ma è un secondo appena quando poi torno a guardarlo lì, fautore di tutto questo, e tronfio della sua “trasformazione”. «Il Multiverso troverà un modo di eliminarti, come una malattia di cui ancora non conosce la cura, ma di cui è consapevole» non è una minaccia, quanto più qualcosa che sa diventare una certezza che si fa irremovibile fra le labbra, e se ne sta ferma negli occhi che tengo premuti contro di lui. «Ma hai ragione, è irripetibile. Poetico nella sua tragedia, come un libro a cui vengono strappate le pagine finali e resta lì, in sospeso, impossibile conoscerne la reale fine»
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    Edited by usul; - 8/9/2021, 15:08
     
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10 replies since 15/7/2021, 21:49   180 views
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