Destri

Josh & Chrys | 10 agosto

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    26.
    Siamo solo involucri di autoconvinzioni lasciati trascinare nudi per le strade, come cani pregni di rabbia, con occhi rivolti al cielo. In ginocchio, a pelle sbucciata. Dolorante, sanguinante in scie di sangue che ridisegnano binari. Sono solo tracce, impronte di piedi stanchi. Seguimi, ti prego. Che ti seguo a mia volta. Ridisegniamo perimetri invalicabili nei quali stringerci. Sotto gli sguardi altrui che non sanno guardare. Che nessuno sa rendersi conto dei dettagli. Nessuno tranne noi. Solo noi.
    Corro in uno spazio che si restringe e dilata di nuovo. Ho solo nascosto il telefono nella tasca dei jeans e poi t'ho pensato. Mi basta quello a volte: Un'unica indicazione, la certezza di sapere dove sei per ritrovarmi a mia volta lì, a percorrere piani di scale che sembrano escheriane.
    Aspettami, non ti lascerò solo. Che il tuo dolore è il mio, lo sento nel modo in cui sa scavarti le ossa, intorpidire le mani: Dita per dita. Voglio districarti ogni falange, massaggiarti ogni polpastrello, così come tu hai accarezzato le mie labbra e ne hai fatto squarci di luce. Valli di lacrime. Quelle che non verso più e che vorrei non fossi tu a versare al posto mio. Così ti cerco con il respiro di chi s'affanna e non vince mai subito. In uno scattare di sguardi che mi porta a mappare ogni corridoio sino a che non vedo lei dormire sulle sedie ed il mio non è altro che un gesto pregno di consuetudine. Perché l'ho sognato ma mai messo in atto. Così nel piegare delle gambe le ho lasciato una carezza sul volto, in uno spostar di capelli che le ha scoperto il viso magro e pallido, così come pallido è il tuo.
    '''Hey'' Sei uno sfrigolar di corruzione che sa correrci sottopelle. Mi fa il solletico sentirti ed esser certo che non saresti andato mai tanto lontano se Edie ed Alice sono ancora qui. Mi ritiro su solo per voltarmi in tua direzione. Avvicinare una mano alla tua anche se non ho intenzione di afferrarla e farci vedere dinanzi a tutti che siamo come grovigli di sentimenti umani, puri. Non è vergogna: Ho solo rispetto del tuo amore.
    ''Come ti senti?'' Una merda e questo già lo so. Lo sento in questo guardarci a stento che un po' ci spinge verso le finestre del corridoio e poi verso la scala anti incendio. ''Ho sia l'erba che le sigarette, ma suppongo tu oggi voglia fare il padre modello.'' O il fratello modello: Quello che si immola per salvare sua sorella. Che sacrifica tutto se stesso per una singola ma giusta causa per poi vedersela strappar via dall'ultimo arrivato. Nascondo le mani nelle tasche dei pantaloni ed anticipo le tue mosse. Ti supero, ti guido e scelgo una strada che mi consenta comunque di muovere lo sguardo e tener l'occhio puntato contro Alice. Ora anche lei è mia, non è così? Funzionano solo in questo modo le cose con me.
    Lascio che la porta in vetro si chiuda alle nostre spalle. Che la luce si fulmini solo per lasciarci un attimo al buio, sotto stelle che son già morte, ma che nella loro sofferenza non smettono mai di brillare. Pensi che la stessa cosa valga per Lilian? Io me la sogno ogni cazzo di notte. Sogno ogni cosa.
    Così ti stringo, ancor prima di incastrare una sigaretta tra le labbra. Ancor prima di sentirti parlare. Stringo forte, ma è solo un momento, un battito di ciglia. ''Hey...''
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    Edited by ( : - 16/8/2021, 18:29
     
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    Alla fine l’ho persa. È viva, si, ma l’ho persa in ogni caso ed in tutti i modi in cui potevo. Tanto che ora, essere grato a Morgan è di nuovo difficile. Però lo so che non è solo per lui. Io ho perso Edie in ogni scelta che ho fatto, in ogni gesto. Quando ho pensato che riempirla di promesse fosse la fottuta cosa giusta da fare. Quando ho mollato tutto per informarmi di più, studiare di più e trovare una cazzo di scappatoia alla maledizione. L’ho persa quando ho scelto di non stringere quel patto perché sapevo che non avrebbe sopportato vedermi morire per lei. L’ho persa quando ho ascoltato il suo volere sia quanto ho ascoltato il mio. L’ho persa quando Morgan l’ha salvata e l’ho persa, prima, quando ho dato il mio sangue per una cazzo di opportunità. A renderlo vivido è stato Morgan, il suo rientro, il ritorno dai fottuti inferi. Questo è stato, e da allora non ho più fiato, più fame, più voglia e più forza. Resto solo fermo, ciondolo tra la sala d’attesa e la terrazza, a volte in un corridoio mi fermo ma sto solo aspettando. Aspetto che in me scatti quella cosa, qualunque cazzo sia che tenga a bada la corruzione, che smetta di farmi tenere la testa così bassa che mi vergogno della mia fottuta immagine.
    Oggi non ho voglia di essere forte per nessuno, non ho voglia di fingere un cazzo. È un giorno felice per Edie ed il suo giorno felice avrà. Ma fintanto che è occupata, non mantengo questa maschera. Devo ammettere che non ne ho la forza: la uso tutta per la corruzione, per trattenerla ed impedirmi di diventare una sagoma senza riflesso, una che inghiotte la luce solo guardandola. Non è il luogo, non è il tempo e cristo se non è il momento.
    È con la coda dell’occhio che lo vedo arrivare, e che tengo per me ogni saluto, con gli occhi fissi oltre un vetro che è una barriera, un blocco, un limite. Chrys. Cazzo se l’ho voluto qui dal primo minuto.
    Il modo che ha di curarsi di Alice mi toglie una spina dal cuore. Cazzo l’hanno usato come puntaspilli e me ne accorgo perché fa male. Tutto fa indistintamente male.
    Non gli rispondo, l’ho detto, resto fisso nei gesti che lo accolgono senza sfiorargli la mano. Mi basterebbe allungare le dita e cazzo se vorrei prendermi di nuovo tutto ma non ne ho la forza e ora, qui, non è il momento.
    Come sto? Una merda, ma lo sai. E glielo dico con gli occhi, solo voltando a metà il viso perché si incastrino ai suoi. Me ne rendo conto adesso di quanto sia fottutamente importante. Lo è sempre stato, si, ma in modo diverso. È stato un migliore amico, un cazzo di fratello ma ora è tutto ciò che voglio tenere con me, è una vita che voglio fare anche se durerà poco anche se nessuno dovrà mai fargli del male per colpa mia, anche se sono tutte paure dannatamente fondate.
    Però adesso anche l’Universo deve darsi una fottuta regolata. E quindi non rispondo, quello che devo dire è impresso nel ringhio che trattengo, nel modo in che il sangue ribolle, nella liberazione che proverei se lasciassi che questa cosa si muovesse cosa come catrame; denso e soffocante.
    La realtà però è che ho perso la battaglia di una vita e come ci si sente ora non è qualcosa che voglio dire. E Chrys lo sa già. Tanto che non gli chiedo scusa per non avere nemmeno l’ombra di un sorriso ad accoglierlo. Però ho bisogno che sia qui, che ci sia il suo cazzo di profumo a ricordarmi che sono in luogo pubblico, che dovrei essere felice per lei ma anche… anche che qualcosa di buono l’ho fatta.
    Lo seguo come farebbe un’ombra della sera, a distanza ma non abbastanza da non appartenerci. Alice la guardo, ma meno di lui, so che l’attesa la sfinisce.
    Continuo a camminare, continuo a farlo senza pensare, quasi senza respirare finché non torniamo al buio, uno che serve a quelli come noi per un po’ di fottuta privacy.
    Così arrivo con i polmoni in fiamme al momento in cui non ce n’è frega più un cazzo di niente e trasformo la stretta veloce in un abbraccio e stringo perché è l’unico modo che ho per dirlo.
    Lo so che sono al limite, lo so che non è un bello spettacolo e lo so che non è da me, ma so anche che Chrys mi ha visto nei momenti peggiori, ed ogni volta che ho perso la speranza lui c’era. La mia fottuta costante.
    «Ehi...» finisco per rispondere con un tono che raschia l’abisso. E vorrei fermarmi a guardalo ma so che è meglio che ora gli occhi li rivolga la, oltre il manto di stelle, verso la tempesta di fulmini all’orizzonte.
    Non so più parlare, non so che cazzo dire nè da dove cominciare. I polsi bruciano, i segni sono ancora vivi e più passo accanto alla stanza e più si infiammano come torce. Tanto che alla fine è un moto disperato che mi spinge a passarmi una mano in viso e lasciare le dita chiudersi dietro la testa, così da serrare gli occhi e prendere un respiro.
    «È tornato perfino dal fottuto Inferno» Ed è così ironico che quasi rido nel modo che ho di stringere i denti e basta. Come cazzo si compete con questo, mh? Non si può.
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    Ed io lo capisco bene cos'è che si prova a perdere, ad arrivare in ritardo. Quando ogni cosa s'è già conclusa e l'unica cosa che mi resta è ingoiare il rospo. Respirare e deglutire ancora, in un ciclo perpetuo di stasi, dove c'è un solo muscolo a mandare avanti tutto il resto. Una sola pulsione a far funzionare tutti gli altri muscoli. A tenere in piedi la baracca. Ed io non so come siano effettivamente andate le cose sino ad oggi. So solo che quel singolo muscolo mi ha permesso di respirare ed avanzare. Ma non sono mai stato felice e non so com'è che si accetta la perdita di qualcosa. Come la si accetta totalmente, almeno.
    Per questo quando lo guardo sento una strana pesantezza farsi largo sul petto. Non è strana davvero, ma il fatto è che io l'abbia già conosciuta. So già cos'è che fa quando le si lascia spazio di gioco. Mi chiuderei a riccio in situazioni come queste, eppure comprendo come questo non gli sarebbe affatto di aiuto. Non ha davvero bisogno di quella versione di me, ma dell'uomo che lasciando scivolare la mano lungo la tasca dei pantaloni sa di poter ostentare un coraggio mai visto. Joshua ha bisogno di qualcuno che sia così risoluto da saperlo prendere e strappar via dalla merda in cui è immerso. Ha bisogno del meglio, così come ne ha bisogno Alice che ora sembra essersi calmata dai suoi demoni. Che ora, quasi sembra un'altra persona.
    ''Già, non mi pento di averti consigliato di farlo fuori.'' Ma sto solo cercando di alleggerire una situazione che è stata in grado di gonfiarsi da sola. Un po' come un fegato ingrossato dall'alcol, da quelle ansie che ci portiamo dietro con tristezza e rammarico. Inermi, decisamente troppo deboli. Ma noi i problemi sappiamo affrontarli solo così: Ne consumiamo le radici, li nascondiamo sotto i tappeti tra la polvere e il silenzio. Li uccidiamo, ma i problemi come Morgan sono soliti ritornare in vita. Mi scosto da lui solo per poggiare i gomiti sulla ringhiera del balcone e tener così lo sguardo rivolto ad un cielo che esplode. E potrebbe essere figlio della sua Carmen, di quei polsi che gli si sono arrossati e bruciano, come se la pelle fosse lacerata. Come se stessero buttando via ogni litro di sangue. Gliene afferro uno, in una stretta gentile, che vede il pollice sfregare meccanicamente sulla ferita. ''Anche se non sarebbe servito ad un cazzo, ovviamente. Giusto per togliersi uno sfizio.'' Alzo il suo braccio in mia direzione, giusto per lasciargli un bacio sul palmo della mano e poi sul polso stesso. Voglio far mio il suo dolore anche se non mi è stato mai insegnato com'è che si faccia. Voglio condividere il suo sangue, quel peso che sa farlo ribollire nelle vene, bruciare come fuoco sotto l'epidermide. Quanto cazzo è bello sotto questa luce, figlia di tempeste, di pianti trattenuti a fiori di ciglia. Sa essere meraviglioso anche quando soffre, eppure non voglio restare qui ad osservare inerme il suo riflesso illuminarsi ad ogni grida del cielo. Non ho voglia di essere uno spettatore passivo. ''Eppure non dovresti trattenerti così tanto. Sei stato bravo ma...non serve a niente se non a ricevere qualche complimento.'' Mi porto la sa mano contro il petto, ma è solo una scusa per costringerlo ancora un po' al mio fianco. Stretto stretto. ''Non sarai di certo Morgan, o l'eroe di Edie. Ma il mio sì, per quanto possa aiutarti saperlo.'' Perché anche io vorrei sentirmi come il suo eroe. Non il mio, non di Marigold o tutti gli altri che hanno costellato la mia vita per poi volar via, come stelle cadenti. Ma almeno il suo.
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    Non riesco a guardarlo. Perché lo so che basterebbe questo a calmarmi ed io, io non voglio calmarmi cazzo. Non quando tutto è solo impossibile da gestire, quando mi sto conservando, sto tenendo dentro anche l’anima perché non sfoci in quello che vedo. Sono come quella fottuta tempesta. Lontano abbastanza da non ferire chi amo, e vicino al punto che mi si può vedere, che si nota troppo come sto. Però Chrys lo sa. Me lo ripeto che certe cose non posso tenermele, non posso evitare che le veda e cazzo se una parte di me vorrebbe solo farle vedere tutte. Mostrarsi così, polsi in fiamme, braccia larghe, sconforto in visto e dentro che stringono il vuoto.
    Ho perso, e la sconfitta ha un sapore che mitiga con il suo profumo, con l’essere qui perché anche se non l’ho chiesto era chiaro che ne avevo bisogno. Mi legge, scava dentro e non ho maschere che voglia tenere.
    Prendi quello che mi fa male e portalo via, cazzo.
    Ringhio. Ma è un tono così basso, una rimostranza tanto flebile, che neppure si sente. Non sa uscire come dovrebbe perché io non sono come dovrei. Allora lascio andare, allora concedo che il mio polso resti suo, che lo veda quanto cazzo mi è costato trattenere l’istinto. Carezze, baci, non li sento, non sento niente. Guardo avanti, e basta, mi piego solo per controllare che non sia troppo preoccupato, che questo non pesi anche a lui.
    Non posso essere un fardello per gli altri quando ho fatto tutto quello che potevo per alleggerire i loro.
    Forse… forse è solo il momento in cui dovrei lasciare che qualcuno pensi a me. Dio se mi serve. Anche se non è un terreno su cui so camminare, io, cristo, non so come si fa. Sciolgo i nervi di quel braccio, lo rendo debole, flessibile, ai suoi comandi, che non ho la forza di nulla.
    Ho perso.
    Ho lottato con il niente.
    Ha fatto tutto Morgan.
    Ancora, continuamente, in loop.
    Ogni modo che ha di sfiorarmi è solo un ago che scava a fondo nelle vene, mi chiude gli occhi.
    Ho fatto tutto quello che potevo fare, ed è stato come rimanere dannatamente fermi. Inchiodati, cazzo.
    «Avrei dovuto ascoltarti» anche se molto, molto debole, una parte di me lo pensa davvero. Che se avessi fatto quello che mi ero ripromesso, quello che Faust voleva e per cui Slater mi stava addestrando, allora non avrebbe messo incinta Edie, e no, non saremo qui.
    Queste cose però non mi consolano, non glielo permetto.
    E' una rabbia che si fa dolore troppo in fretta, sofferenza, repressione, un fottuto cane rabbioso lo sono stato per anni e adesso è come se avessi ricevuto la bastonate più grande ed avessi bisogno di restare a terra ancora prima di rialzarmi. E non perché Morgan sia stato violento con me, andiamo cazzo, non è quello, è che... è tornato sul serio. Ha fatto quello che io non avrei saputo fare e quello che è costato adesso ha poca rilevanza perché è qui.
    La rabbia è uno spasmo che mi anima.
    Così come so che voltarmi verso Chrys è solo uno spasmo, uno che spinge costantemente alla sopravvivenza. E per la stessa ragione, mi faccio più vicino, annullo i passi, piego il braccio che lascio in mano sua e l'altro finisce per forza a far salire la mano lungo il collo. Mi prendo un respiro che costa la fronte appoggiata alla sua e quest'aria di tempesta sferza ancora poco in lontananza.
    «Non sai quanto cazzo mi stia costando» trattenermi, esserci per Edie ora, finché non nasceranno, finché non sarò sicuro che sta bene e che starà bene. E invece lo sa. Liberami tu, te ne prego.
    Ma non sono proprio l'eroe di nessuno, quindi stringo i denti di più. Mi allontano anche se di poco, che non voglio sporcare un fottuto bacio di questa urgenza che si fa solo debolezza, disperazione.
    «Non sono io che sono corso qui alle tre di notte...» lo suggerisco in mezzo respiro che si piega.
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    ''No che non avresti dovuto.'' Io stavo solo scherzando. Ero solo goliardico, stupido, ingordo di sensazioni. Le cose che dico, in effetti, non andrebbero prese totalmente alla lettera. Non quando sono mosse dall'impulsività che nella maggior parte dei casi prende in scacco la mia ragione. Non sono una persona stabile e sulla quale porre la propria fiducia. Lui sbaglia, adesso, ad aver bisogno di me come se non esistesse nessun altro a cui stringersi forte. Io posso stringerlo di rimando, certo, ma questo non significa che saprei occuparmi di lui nel miglior modo che conosco. Non io che non so occuparmi nemmeno di me stesso senza ritrovarmi poi in un angolo della mia stessa mente.
    Non sono di certo ciò che lui si aspetta che io sia. Ciò di cui ha bisogno, eppure posso fingermi bravo. Impegnarmi, metterci tutto me stesso. Alla fine sono promesse che vorrei pronunziare davvero. Gioco con la tasca dei pantaloni. Lo faccio in un respiro che s'affanna, ma solo per un istante.
    ''Lo so o almeno, credo di capirlo.'' Non è come quando ho deciso di chiudermi a Marigold. Non è come quando ho ricucito Heather tra le lacrime. Non è mai la stessa identica cosa. Ma conosco il sapore dell'affanno e della sconfitta. Non c'è altra cosa che io sappia riconoscere con così tanta precisione e lucidità. ''Corso è una parola grossa.'' Mi sono solo teletrasportato, non c'è voluto niente. ''Diciamo che il mio interesse era tutto nel prenderti a schiaffi e farti rinsavire.'' Che i baci sì, ma con quelli non si rincuorano del tutto animi così dilaniati. Non cuciono ferite: Alleviano solo dolori, così come sapevano farlo quelli delle mamme.
    ''So che fa incazzare. So che spaccheresti tutto adesso e che nonostante questo non ti sentiresti comunque soddisfatto. Perché tu hai lavorato sodo per lei. Hai donato te stesso per una causa che ti è stata portata via da sotto le mani. E no che non te lo meriti. Ma succede anche questo nella vita.'' Non sono io il guru della situazione. Non so trarre insegnamenti dalle mie stesse parole. Non è così che funziona. Autosabotarsi generalmente è una vera e propria arte. Ed io me ne intendo di queste cose: Mi distruggo da ben ventisei anni, ormai.
    ''Guardami. Solo un secondo.'' Che deve rendersi conto di ciò che lo circonda, delle innumerevoli possibilità che potrebbero costellare il suo futuro, il nostro. ''Non hai bisogno della loro merda, ok? Né delle loro lodi. Credo che tu...'' Respiro diversamente, me ne rendo conto quando lascio scivolar via la presa da lui, di nuovo. ''Credo che tu abbia bisogno di qualcuno che ti conosca al punto da non lasciarti mai in un angolo perché non sa cosa fare con te.'' Ma dalla tasca non esce ancora nulla. Ho le dita che tremano. ''Prendi Alice. Lei ancora non lo sa, ma sono certo che non ti lascerebbe mai in quell'angolo. E nemmeno io. ''
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    Non me ne frega un cazzo del modo in cui alla fine so solo abbassare lo sguardo. Anche con lui, come con Caiden. Ma se volevo che Crain si togliesse dalle palle ed andasse via, beh con Chrys è diverso. Molto diverso. Come se in fondo dovessi mostrargli ogni lato, anche quello che conosce e che arriva dopo il ringhio, dopo il dolore, dopo la fottuta esplosione. Macerie, questo sono.
    Che non posso mostrarle ad Edie perché sarebbe da stronzi e questo, beh, questo non posso farglielo ora. Né mai. Allora guardale tu, guardami tu.
    Guarda, osserva come crolla un mito, fallo nel dettaglio: non devi perdere neanche mezzo ansimo, mezza smorfia di questo, di me che collasso sempre qui.
    Il problema è che io non sono esploso. E si vede lungo i polsi. Non è scoppiata nessuna bomba, quando avrei potuto distruggere ogni fottuto respiro di Morgan, io non l'ho fatto. Sono tornato al mio fottuto posto e cristo se non mi spetta un premio adesso, non so quando.
    Provare questo, quando non c'è stato uno sfogo ma solo il niente successivo, fa male. Male come accorgersi di un deserto di cenere ai piedi e non capire come cazzo sia nato e sia diventato così vasto da inghiottirmi.
    Quello che dice, però, mi blocca la gola. Vorrei che smettesse. Che non fosse così dannatamente preciso cazzo. Uno dopo l'altro, che neanche so sorridere di una parola persa nel mezzo, di una battuta. Vorrei mi finisse ora subito che sono un fottuto cervo mezzo abbattuto nella foresta. Dammi sto cazzo di colpo di grazia, ti prego.
    Lo guardo e non so vederlo, non so andare oltre un velo che riempie gli occhi, un respiro che prendo piegando la testa. Ingoio un rospo che è una vita, che nello scendere spinge le vertebre lungo la schiena, si sposta, le apre una ad una.
    Cazzo se ha ragione. Può dire quello che non so dire, che poi è tutto ciò che sento. Legge dal niente ogni cosa. Mi ferma il cuore, mi gela il sangue e poi gli dà fuoco.
    Lo guardo quando me lo chiede e glielo lascio vedere il lavoro che sta facendo, ce l'ha davanti, in occhi fottutamente arrossati e solo la voglia di lasciare tutto di nuovo, di andarmene il più lontano possibile per trovare quel cazzo di deserto e sfogare ogni ansimo, ogni battito, ogni goccia di questo che - fintanto che resta - sa solo nutrire la corruzione. La tengo con me, la stringo quando la mia mano scivola via dalla sua. Ma lo guardo perché me l'ha chiesto anche se non vorrei, cazzo no. E' un rialzarsi lento, che scuote le fondamenta, cauto come un cazzo di gigante che si muove rallentando perfino i battiti.
    Qualcuno che non mi lasci in un angolo.
    Dio vorrei che non fosse così vero, vorrei non credergli e non distogliere lo sguardo adesso. Invece so cosa faccio, so come lo guardo, con la cazzo di disperazione che ho addosso, con questa rabbia che vorrebbe sapesse mentire e invece è limpida. Lo so bene che ci leggerà tutto senza che io dica un cazzo. Che poi non ho voce. Stringo solo le labbra quando i respiri non sono più regolari ed ansimo come a fine corsa, seppur non mi sono mosso di un attimo. «Forse...» hai ragione. «.. non vi farei andare via, mai.» E lo dico stringendo anche questo trai denti.
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    Il mio è sempre stato egoismo travestito di concretezze. Che punge, ma lo fa sempre per quello stesso motivo per il quale mi sono mosso ora. Non è gentile, non è comprensivo. Sa solo attaccarsi avidamente ad un ospite e Josh è sempre stata la sua prima scelta. Non ha mai voluto davvero insidiarsi in altri. Ha sempre ricercato lui e lo ha fatto dal primo momento. Da quella volta in cui la sua vicinanza lo ha alimentato e ha fatto sì che quel benessere divenisse per noi abitudine. Allora ricercarlo di rimando e donarglielo, come fosse parte del pegno che ho da riscattare, non mi è difficile: Non so fare altrimenti. Non so distaccarmene del tutto, non quando a sua volta fa breccia ed il modo che ha di buttar giù una barriera è sempre lo stesso. La sincerità, quella che sa prendermi in petto ogni qualvolta ascoltandolo mi ritrovo a nutrire le medesime sensazioni: Me le figuro come fossero parte di un grafico, né calcolo il contesto e fingendo di essere io stesso dalla sua parte, accetto di essere colpito. Perché sì, il mio è egoismo, è un insano e fottuto egoismo, ma lo è solo nel modo in cui ora vorrei trattenerlo su questa balconata anche se dentro, lungo il corridoio, c'è la sua bambina ad aspettarlo. Che dorme, ma dubito lo stia facendo davvero. Non quando, proprio come noi, ha bisogno di mantener il controllo sulla situazione che la circonda.
    E so bene come in me non ci sia nulla in grado di alleviar davvero i suoi fastidi: Che l'unico escamotage che conosco è la violenza. Barbarie che non possiamo perpetrare qui. So bene ogni cosa, eppure vi è un prurito che mi spinge a ricercare il suo contatto. A trattenerlo, a far sì che, anche solo per un istante, la sua mente sia lucida per me. Affinché mi dia la forza di dargli la forza. Affinché...
    ''Non voglio che tu lo faccia...'' Ed è un sussurro che mi tiro fuori con forza quando, ripensando ad Alice, un po' di titubanza sento di averla ancora. Perché non è figlia mia, né tantomeno davvero sua. E beh, immaginandomi nel futuro non mi sono nemmeno mai visto simile a quello che potrebbe essere un genitore. Non sono bravo in molte cose relative l'aspetto sociale, figuriamoci per cose del questo genere. Potrei rabbrividire, ma mi dico che tra tante cose che ancora non mi stanno bene. Tra tutte quelle, comunque sa emergere il suo bisogno di restare e di avermi, per un certo verso accanto a sé. Un po' come ha ostentato oggi scrivendomi e volendo condividere con me qualcosa che sa bene come non riesca a capire totalmente. Che mi ci vuole tempo e non è detto che quel tempo sappia combaciare totalmente con il suo.
    ''Voglio solo che mi guardi adesso.'' Che nonostante la delusione. Nonostante quella sensazione di inadeguatezza ed inutilità che deve schiacciarlo ogniqualvolta si ricorda che più giù, oltre il corridoio ed oltre i vetri c'è la donna a cui ha dedicato tutto in procinto di partorire i figli dell'uomo più capace ma detestabile dell'intero pianeta. Nonostante le parole che non sappiamo dirci oggi e forse nemmeno gli altri giorni, ma che comunque si leggono facilmente in vicinanze che slabbriamo solo per paura che gli aculei siano troppo affilati da trafiggerci. Nonostante tutto questo connubio di emozioni e rimpianti, io so so bene come vorrei essere guardato adesso, anche se appoggio di nuovo la fronte contro la sua e questo effettivamente mi oscura parzialmente la vista. ''Scusa se non sono bravo come vorrei.'' Che non è un chiedergli davvero di scusarmi, quanto mostrare dispiacere nell'essere totalmente incapace in queste cose. Come se fosse possibile inciampare sulle skills sociali come fossero bucce di banana. Ci dondolo appena, stringendo le braccia attorno al suo collo. ''Ma puoi prendermi la canna che ho in tasca?'' Che poi non è una canna, ma quel cazzo di anello con le incisioni pallide che a guardarlo mi ricorda tanto i suoi occhi. Che è come se avesse blocchi di ghiaccio lavorati ed incastonati al suo interno. Che è come se, quelle singole schegge, fossero parte del mosaico di cui è composto il suo sguardo.
    Che poi non lo so come cazzo si chiedono queste cose. So solo che non può essere un giorno felice solo per Edie e che lui no, non merita di essere lasciato in un angolo a morire sotto gli sguardi dei passanti che si fingono amici ma che, guardandolo bene, poi si accorgono di essersi smarriti. Ed io no che non sono bravo con queste cose. Sì che sembro ridicolo ed oltre a questo, un'altra cosa di cui sono certo è che non voglio andare via: Che sono così egoista da voler star al suo fianco per sempre.
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    Edited by ( : - 20/8/2021, 23:52
     
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    Non sa essere una stronzata quando la dico. Quando lo so che lui ed Alice adesso sono fondamentali. Questo perché sono un egoista di merda, lo sono sempre stato. Alla fine Chrys lo sa, e nel saperlo è ovvio che lo accetti; è qui. Qui quando potrebbe essere altrove, poteva dormire perché un parto non lo si programma nel dettaglio, non sempre. Potrebbe durare ancora ore e lui invece è qui. Con me perché nel non chiederlo l'ho chiesto a gran voce. Cazzo, sono uno stronzo. E' colpa mia se mi guarda così, come se potesse averlo sulle spalle il compito di aggiustarmi.
    Non vorrei l'avesse. Non vorrei ma ho bisogno che invece se lo prenda e lo trascini lontano dal mio oblio. Che mi salvi dal modo che ho di logorarmi ogni centimetro di pelle per un'ossessione che ne segue un'altra. Allora lo so che vorrei chiudermi in una grotta, in quel tunnel oscuro che conosco e macerare rabbia, odio, rancore, tutto quanto adesso non posso esprimere. Perché non sono il buono delle storie e nel volerlo essere ho trovato una via.
    E' che so anche che non posso stargli così fottutamente vicino e non sentirmi più leggero. E' stato una droga anche lui, adesso sa esserlo di più. Lo so che lo cercavo quando qualcosa mi divorava da dentro, ancora prima della corruzione. Mi bastava poco accanto a lui per sentirmi meglio. Non che durasse a lungo, ma mi dava il cazzo di respiro che mancava con Edie. Mancava sempre quando, guardandola, sapevo chiedermi solo quanto tempo le mancasse. Volevo qualcuno che restasse.
    E cazzo se è rimasto, e cazzo se ora mi sento una merda più di prima quando mi chiede di scusarlo e non ha capito perché davvero è qui. Non ha capito che non serve neppure mi parli. «Shhh.. non dire stronzate, va bene così.» mi trovo a dire stringendomelo contro, affogando un po' tra le sue spalle, ma con la cautela che devo avere quando non siamo in casa.
    Che a me basta uno scatto per spingermi oltre, per affondare, per trovare in lui sempre di più e lasciargli tracce ovunque. Ora non posso, ora c'è troppo che lentamente si toglie. Mi sveste del mio odio, respiro dopo respiro, mi ricorda perché in fondo ho deciso questo, ho deciso che volevo proprio lui.
    Ancora me lo chiede, ancora lo guardo ed ancora non trattengo niente che non possa vedere da sé. Niente di come mi sono sentito, niente della devastazione che ho dentro. Ma lui è acqua fresca su un'ustione di terzo grado. Prima anestetizza, poi arriva. E cazzo se lo amo anche adesso, soprattutto adesso. Tanto che nel guardo lo faccio davvero. Lineamenti che conosco ma che rivedo.
    I suoi cazzo di occhi, che mi volevano da sempre e che io adesso voglio per sempre. Sono stato così una testa di cazzo che l'unico che dovrebbe chiedere scusa sono io, non lui. Me lo tengo contro un po' di più, ne ho bisogno.
    Non mi sono mai fidato di nessuno, eppure lo faccio, di lui mi fido abbastanza da lasciargli governare anche la mia volontà. Infilo una mano nella tasca, ma le dita si fermano su qualcosa che non è preannunciata. Lo guardo prima ancora di guardare la scatola chiusa che mi ritrovo in mano. La prima cosa che mi riesce è restare fermo. Fisso nei suoi occhi. Lo so cosa vuole fare e per un secondo vorrei che non lo facesse. Che si rendesse conto che non sono la persona che vuole, che non può darmi anche questo, che non può rendermi felice perché non lo merito e lui non merita tutto quello che comporta. Fa sul serio, io.. anche, ma così? Ed io lo farei, cazzo sì che sposerei Chrys.
    Glielo sposto davanti al petto, tra me e lui c'è questa cosa che se deve fare allora voglio la scandisca sillaba per sillaba. E non perché sono uno stronzo pretenzioso, potrei mettere una firma domani ed a me non cambierebbe un cazzo ma perché voglio che si renda conto di cosa sta per fare e che si tiri indietro se è troppo.
    «Cosa mi stai chiedendo...?» anche se in questo fottuto mezzo sorriso che mi tengo addosso forse c'è già una risposta. Fallo, ma a tuo rischio e pericolo Chrys.
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    Me lo spinge contro il petto. Raccoglie la scatolina di velluto e me la nasconde lì, tra le dita. In attesa che io possa rivelarmi sincero con lui. Ma più sincero di così non so esserlo. Che le parole non mi si articolano mai bene in bocca. Come se non avessi muscoli adatti a sorreggerne il peso. Come se la lingua se ne stesse a penzoloni fuori. Deglutisco e per un momento la voglia di scappare si fa forte. Vorrei chiudere gli occhi e ricominciare da capo, anche se poi vacillerei finendo per non cominciare affatto. Vorrei prendere un respiro così lungo da trovarci la stabilità del mio peso. Sbagliare con la consapevolezza di amarlo ma di non voler esser niente per lui: Per far sì che se tutto questo finisse poi non mi farebbe in alcun modo male. Che ci sono abituato: Che funziono così in questa vita. Io corro, mi lancio e nell'impulsività spero di trascinar ogni cosa con me.
    Ma lui lo amo davvero ed il bisogno che sento nei suoi confronti è forte, atavico. Così radicato da non riuscire a strapparmelo di dosso nemmeno facendo forza. Neppure convincendomi del contrario. Né tantomeno ricercando qualcosa di simile in altre situazioni.
    Niente sa essere simile a Joshua. Alla sua presenza, a quel sorriso che mi riserva ora, ma che già conosco da anni. Lo conosco e dovrei guardarlo un'altra volta, giusto per rendermi conto di quali risposte mi tiene all'oscuro. Non dovrebbe spaventarmi il modo in cui scopre la punta dei denti e lo fa con garbo, con riserbo. Ma tutto il resto lo fa. Fa paura, ma poi quella paura s'annulla quando fermando le dita che tremano, stringo forte la scatolina nel palmo della mano. Respiro, ma l'aria brucia nei polmoni.
    ''Di sposarmi.'' E lo butto fuori come se è così che vanno trattate certe cose. Con sincerità, schiettezza, come se tutti quei fronzoli che poi le adornano in realtà poi non servissero ad altro se non ad abbruttirle. Ed io non sono un poeta, non sono uno scrittore. Quindi tutto ciò che posso dirgli è questo. Che voglio sposarlo, perché ''Voglio tirarti fuori da quell'angolo Josh.'' Ed è una dichiarazione che sa farmi inumidire gli occhi: Perché fa paura anche a tipi come noi. Perché pronunciarlo un po' mi ricorda Heather ed il dolore che ho nutrito, covato, nel sentirla deridermi. Ed io non voglio essere deriso di lui. Sono serio e voglio che il suo sorriso possa in qualche modo significare che non farà niente di tutto questo. Che rispetterà questo mio momento. Che poi è anche un po' il suo, se non del tutto. ''E voglio essere l'unico a poterlo fare. A prenderti per mano e a portarti al centro della stanza.'' Mi manca l'aria, cazzo se mi manca. ''Perché ti amo e voglio che tutti ti vedano nel medesimo modo in cui ti vedo io. E ti rispettino, per l'uomo che sei. Per ciò che hai fatto per noi.'' E no che non si dovrebbe piangere in certe situazioni. Che farlo ci fa perdere di credibilità, ci spinge alla vergogna. ''Sarai anche il mio eroe, ma io voglio essere il tuo a mia volta. Almeno per un istante, ma che sappia durare tutti i giorni della tua vita mortale.'' Mi piego su un ginocchio ed apro la scatolina, mostrandogli un anello semplice, ma che nelle sue sfumature sa ricordarmi lui. D'altronde, ogni cosa è lui. La mia vita, adesso, è lui. ''Non so come cazzo si facciano queste cose, ma non dirmi di no...''
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    E' faticoso tenere un respiro che non si scomponga ora. E non perché io sia una stupida ragazzina che nella vita non aspetta altro che un cazzo di anello. Il simbolismo non mi appartiene, e nemmeno l'istituzione che lo governa: ma cazzo, è Chrys che sta continuando a scegliere la cosa peggiore per se stesso. Me. Non vuole capirlo. Non ci riesce.
    A questo punto credo preferirebbe morire che rendersi conto di quanto stupido sia volermi camminare a fianco.
    Solo che non lo fermo, non voglio farlo. Che venga anche questa cazzo di Apocalisse, che ci tolga l'anima, a me non interessa, riesco solo a fissarmi su un momento che sta offuscando il resto. Cazzo lo vuole fare sul serio. E cazzo, io so già la risposta e non mi sembra ci sia niente di più giusto oggi. Né domani, né per il fottuto sempre. Che tanto lo sa, ho deciso che ho bisogno di lui nelle ossa, e così se vogliamo mettere un punto alla cosa, sono pronto.
    Gli do ancora un minuto, non di più, per decidere che è una stronzata, voltarsi e andare via. In fondo saprei quasi sopportarlo, anche se oggi il mio limite è una linea rossa che brucia se la sfioro.
    Così come si infiammano gli occhi quando mi dice più di quello che ho chiesto, e lo fa in un modo che mi lascia appeso, a dondolare per il cappio che mi sono costruito negli anni. Questo finché non mi rendo conto che non sono ancora morto, che ho solo sofferto fino al punto in cui la sofferenza ricominciava, immortale. Ed è sua la mano che si stringe intorno alla corda, che la allarga, me la tira via affinché io possa scendere dal mio fottuto trespolo di morte. Quell'angolo. Ne sono già fuori.
    Cristo, Chrys, smettila... smettila di dirmi quello che voglio sentirmi dire. L'uomo che sono, quello che ho fatto.
    Chiudo gli occhi.
    «Se c'è una cazzo di persona che può fare quello che hai detto, sei tu. Vieni qui.» E' un cedere lento, che mi abbassa dove si è spinto lui, perché con una mano io prenda la sua e gli imponga di tornare in piedi.
    Vicino perché non va da nessuna parte adesso.
    Mi infilo l'anello senza pensarci due volte, ignorando dove io l'abbia messo perché non le so queste stronzate. Ma lo faccio senza distogliere lo sguardo da lui.
    Lo so che non gli ho ancora risposto, che sono rimasto serio al punto che da qualche parte il sorriso si è spento, ma ora torna con la potenza di questa cosa che per un attimo mi invade senza riserva. Mi spaventa, come spaventa lui perché lo sento nel tremolio che non nasconde. Non lo so se sarò bravo abbastanza da rispettare quello che stiamo per fare, ma cazzo se lo voglio. Tanto che me ne fotto dell'etichetta.
    Alzo gli occhi al cielo, scuoto la testa, lo so sto prendendo una decisione del cazzo ma non vedo motivo di non farlo, perché lui ama, e perché io per una volta nella vita mi rendo conto che so amare nell'unico modo che conosco: ossessivo, possessivo. Mio e basta.
    «Sì che ti sposo.» Devo ringhiarlo, perché mi prendo qualcosa anche io. Con le mani che gli porto al viso, deve vedere che non si può rimangiare quel che ha detto e che ha chiesto. Che avrà quello che chiede e che beh, non sarà facile. «Voglio essere bravo abbastanza almeno per te, almeno per questo Un sospiro più basso, una fottuta promessa nervosa, agitata, tesa. Per un "noi" che si incastra in gola, in mezzo alle iridi che fisso nelle sue, in fondo possiamo anche dircelo in silenzio. Ma sto ancora sorridendo, perché sono una merda, lo so, perché ora non voglio pensare. Portami via, cazzo.
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    Sì, che mi sposa, dice. Ed io non so com'è che si faccia a credere a queste cose. Con quale sentimento mostrarsi propenso ad un passo del genere, che saprebbe dir tutto quanto niente. Che alla fine non cambierebbe davvero le cose tra di noi. Mi dico. Alla fine è solo un qualcosa in più, una stretta decisamente più forte attorno a ciò che già deteniamo con così tanta prepotenza. Solo una certezza, forse più mia che sua, di aver finalmente ottenuto un bacio in più. Quello che sotto le stelle mi è sempre stato vietato: Perché non eravamo pronti. Anche se io ho sempre avuto bisogno di quelle attenzioni che sanno attanagliarmi la gola. Che mi tolgono il respiro e che nel farlo mi ricordano cosa significhi sentirsi vivi, parte di un qualcosa pregno di stimoli. Che io è di questo che ho bisogno: Stimoli. Scosse elettriche che possano in qualche modo mantener la mente vigile, sovraeccitata.
    ''Wow...'' E lo dico in uno sbuffo di fiato. In un respiro trattenuto così a lungo da sentire i polmoni carichi d'ossigeno. Caccio fuori l'aria per prenderne dell'altra. Per restarmene ancora un po' sulle mie anche se lui mi spinge a rialzarmi e lo fa senza mollare quella presa che rimango ad osservare. Siamo così legati che ogni distanza comincia a farmi male. Eppure sfregarci così tanto produce altrettanto dolore. Credo sia proprio questo il significato intrinseco dell'affetto. La teoria del porcospino, che fa sorridere, se si pensa al suo essere istrice. E fammi male che sai farmi solo del bene. Mi ricordi cosa non sono mai riuscito ad essere.
    ''Ok...Ci sposiamo. '' Ed è qualcosa che dovrò ripetermi a lungo. Per metabolizzarla e ritrovarmi a cacciar via quella voce nella testa che mi spinge a credere di aver ottenuto semplicemente un contentino. Di non meritarmi niente di ciò che chiedo e che forse, forse me le son meritate davvero le risa di scherno di Heather. Che Josh potrebbe uccidermi nel medesimo modo, ma non lo fa. Non lo fa ed io non capisco il perché.
    ''Cazzo.'' Questo riflettere ad alta voce prime o poi mi ammazzerà, ne sono certo. Credo solo di essere totalmente su di giri da non riuscire a muovermi: Il che è strano, se teniamo in considerazione come altri rispondono solitamente a queste cose. Io semplicemente mi blocco. Divengo rigido persino nelle espressioni del volto e no, no che non ne capisco il motivo. Non quando dovrei sorridere più di cosi e forse stringerlo, baciarlo. Festeggiar con lui quello che sarà un passo decisamente importante ed egoistico, se vogliamo mettere in considerazione l'orgoglio che sentirò premermi in petto quando, guardando il suo anulare, griderò silenziosamente al mondo che lui è mio. Che mi appartiene.
    ''Grazie...'' Di cosa, esattamente? ''Cioè, cazzo se non so cosa bisogna dire in questi momenti. '' E lo si capisce, perché sto parlando velocemente. Decisamente più veloce del solito. ''Grazie per aver scelto Sinister. Ci prenderemo cura di lei per l'eternità.'' Che è un po' lo slogan delle pompe funebri, ma anche una promessa di vita eterna insieme. Adesso ed oltre la morte stessa. ''Cristo Josh, limonami che sto esplodendo.'' Ed è inutile dirglielo se me ne approfitto di quella vicinanza per divorargli il viso e tenermelo stretto al petto. Mentre collasso. Collassa ogni cazzo di cosa. Ogni barriera, ogni convinzione, ogni maschera indossata sino ad oggi. Sto malissimo.
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    Gli ho detto di sì. Cristo, gli ho detto che lo sposo. E no, fanculo me ne rendo conto ora che non è una cosa che mi è mai davvero interessata. Ci ho provato con Gretchen, quando pensavo che sarebbe stato giusto, normale, in regola. Dopo tanti anni, è così che si fa. Me lo sono detto, ma per la merda che sono stato, pur avendo un anello, non gliel'ho mai dato.
    Era sbagliato, non lo volevo.
    E ho detto sì a Chrys, che lo so non se lo aspettava minimamente, e cazzo nemmeno io. Ma lo guardo letteralmente impazzire tra le mie mani ed ogni fottuto muro collassa, ogni ansia e colpo di panico che mi ha sconvolto lo stomaco, collassa. No che non si fa così, non si chiede così e non si risponde così. quasi gli strappavo l'anello di mano. Perché io sono uno stronzo, sono una merda e non dovrebbe volermi vivere accanto per sempre. Ma cazzo se voglio lo faccia. Che me lo chieda altre mille volte perché gli direi di sì tutte le fottute volte.
    Non gli rispondo, non voglio intaccare un momento che di per sé mi tira un sorriso tra le labbra. Dio, sono un egoista di merda ma è fottutamente bello essere voluti, desiderati e cazzo perfino ricercati in punti in cui so che saprei chiudermi se non mi tirasse fuori lui.
    Ho paura di essere perfino felice, in una giornata così di merda, come fai Chrys? «E lo faremo bene, molto.»
    Di questo sono certo, perché questa cosa dovrà funzionare e ci impegneremo perché succeda, perché sia un altro scopo che voglio stringermi addosso, che mi riempia come il respiro che lui fatica a trattenere.
    Mi ringrazia, e giuro che vorrei non farlo, ed invece scuoto la testa e rido, rido del suo essere incapace in metà di quello che fa, anche se non apposta, solo perché non lo sa e perché no, non voglio essere l'idolo che è sempre stato distante e adesso sembra finalmente raggiungibile. Non merito un cazzo di questo, neppure l'anello che non mi sono fermato a guardare, ma che ora sollevo perché lo veda pure lui dove l'ho messo. Un anulare a caso, ma in mezzo agli altri sembra ustionare, brillare quasi e prendersi metà della luce che c'è ora.
    Ma la mia è una scusa per dirgli che «Nel tuo caso, non dovresti proprio dire un cazzo Chrys» e ci credo profondamente nel sorridere ancora per qualcosa che cazzo se me la ricorderò. Allora avanzo, che perfino se me lo chiede con quella disperazione, so accettarlo un po'. Un po' perché stringerlo davvero è una cosa che aspetto seriamente di fare da quando ho visto Morgan ritornare dall'Inferno e portarsi via quel che restava di me. Un po' perché voglio e basta. Ma dura poco, lascio che un po' si sfoghi ed un po' lo trattengo indietro, lo tengo a distanza prendendolo per la vita e spostandolo via da me. Sempre ridendo, sempre mostrando i denti in un modo che non credo di riconoscermi addosso così bene. Non nell'ultimo anno, con così poca ironia che mi sento una merda, uno stronzo, un infame a volergli abbattere un mito.
    «Stai facendo un errore, lo sai, ma non voglio darti il tempo di cambiare idea.» E lo so che quando lo dico sono già di nuovo un po' più serio, che gli guardo quelle fottute labbra come se volessi divorarle e poi di nuovo i suoi dannati occhi in cui voglio lasciar riposare anche le ossa stanche di Faust. Forse la mia è una tristezza che maschero male, che voglio veda, che non merito un cazzo ma Cristo se voglio tutto comunque. Allora lo spingo indietro, ma lo seguo in passi che portano lui spalle alla ringhiera, e me di nuovo tanto vicino da dimenticarmi cosa volevo dire.
    «Non voglio che ci ripensi, non farlo mai.. tienimi qui che qui voglio stare» e glielo premo in fiati che scivolano vicino alle labbra, pericolosamente sul punto di ammettere tutto quello che penso, che voglio, che cazzo deve farmi adesso per tenermi qui, che non voglio nemmeno vederla la possibilità di prendere e andarmene via. «E dammi tutti i cazzo di anelli che vuoi» e questo fottuto bacio che gli strappo anche se magari vuole parlare, dire qualcosa, a me non frega un cazzo.
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