That hollow lie against my hope

Josh & Chrys | 30 Agosto - Villa Sinister

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    Non gliel'ho ancora detto. Ed è l'unica fottuta cosa a cui riesco a pensare. Che non gliel'ho detto. Nessuna parola quando abbiamo fatto la doccia, niente per tutto il sesso di questi giorni e zero assoluto quando Alice lo ha aiutato a sistemare i fiori in giardino. Sono una merda, perché lo sto ritardando, prendo tempo come se dovessi dargli la notizia peggiore della sua maledetta esistenza, ed invece no. Invece di questo almeno una cazzo di volta dovremmo essere felici.
    Ed io sono così felice, che non gliel'ho detto. Non lo sa.
    Glielo leggo in ogni gesto che tutto ciò che fa è dettato dal pensare di avermi qui ancora per un po', anche se il disco l'abbiamo finito di incidere, se la produzione lo sta chiudendo e se .. un sacco di fottuti "e se".
    Mi tengo un sospiro che non gli lascio vedere quando, nel raggiungerlo, mi fermo a pochi passi dal corpo che ho esplorato con ogni fottuto centimetro di me.
    Me lo ricordo che l'ho sognato questo cazzo di momento, che ho pregato i fottuti Dei del cazzo di darmi la possibilità di cui avevo bisogno per uscire dal mio loop, della mia vita sempre uguale, sempre alla ricerca di qualcosa che comunque mi è stato tolto. Adesso, invece, sono diviso lungo una linea in cui non sto stare mai in equilibrio. Ma devo imparare, devo perché ho sentito anche la sua aura, quella di Slater, farsi vicina e cazzo se non voglio che sfiori neppure l'ingresso di questa casa. Che è di Chrys prima che mia. E lui non voglio tra le mani di Slater. Lo voglio al mio fianco a combattere qualunque fottuta battaglia dovremmo affrontare, perché mi fido che sappia farle le cose, ma non voglio che gli venga fatto quello che è stato fatto a me. Sono un protettivo del cazzo.
    Non sono mai tornato indietro da quel buco in un pianeta di merda, a volte ci torno anche solo chiudendo gli occhi e so tirarne fuori la forza che mi serve per mordermi la lingua, lasciarla sanguinare e andare avanti cazzo, sempre avanti.
    «Mi hanno richiamato...» da qualche parte devo iniziare e non so farli i giri di parole, non penso nemmeno li voglia sentire, quindi resto fisso in questo statico spostarmi al suo fianco. Non è cosa che posso dire con leggerezza, non quando abbiamo deciso che ci sposeremo. Cazzo è ancora strano dirmelo guardando lo specchio, tanto che a volte non lo dico e basta, lo faremo e sarà solo una formalità per quello che in fondo voglio da sempre.
    Infilo le mani nelle tasche, diluvia da due fottuti giorni e cazzo se mi piace la pioggia e come gli occhi di Chrys sembrino assorbirla ogni volta, e più li guardo, di sfuggita, più i loro riflessi cambiano. Cristo sono proprio uno stronzo innamorato. «Abbiamo le date del Tour»
     
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    Poi le cose sono solo che migliorate. Ho aperto per giorni gli occhi e me lo sono ritrovato lì, disteso su di un fianco come se quello fosse stato sin da sempre il suo posto. Lo diceva la postura del suo corpo, lo diceva l'espressione serena che sapeva cadere sul suo viso al sopraggiungere del sonno. Ed io le sue guance non le ho mai toccate proprio per questo. Forse un giorno mi sono giusto permesso di mettermi sul lato opposto e di restare a guardarlo dormire. Probabilmente per metterlo a fuoco più di quanto abbia provato a fare negli ultimi mesi o per capire cos'è che si deve provare nel respirare la stessa aria di qualcuno per così tanto tempo. Ma non è una prima volta questa: Anche Ray ha messo le sue radici qui e lo ha fatto appesantendo l'aria, inasprendo i germogli nel mio terreno. Ma lo ha fatto, solo che nel lasciarglielo fare poi non mi sono mai preoccupato di osservarlo nel sonno per...non so, capire se stesse realmente bene. Ero probabilmente molto più occupato a preservare me stesso.
    Ma con Josh è sempre stato molto diverso: Ho mantenuto persino la mia routine giornaliera. Mi sono alzato alle cinque del mattino, ho indossato i miei abiti migliori e nel lanciargli un' ultima occhiata prima di scendere in cucina, mi sono ripromesso di chiedergli aiuto: Che ho intenzione di riprendere i miei allenamenti, di diventare bravo abbastanza da essergli di supporto qualora un giorno dovesse aver bisogno di me. Come fosse parte di una promessa matrimoniale che non ho ancora scritto e che a dirla tutta, non so nemmeno se scriverò. Io queste cose non so dirle, non so scrivere belle canzoni come fa lui. Ma posso sforzarmi di metterle in atto.
    Così ho preparato la colazione per me ed Alice. Ho fumato la prima sigaretta della giornata, annaffiato i fiori e poi sono andato a svegliarla per le sette che sì, è sicuramente un orario che lei odia, ma che a me serve per scandir bene gli impegni che di comune accordo abbiamo deciso di portare avanti assieme. Che le sto insegnando l'inglese e a comprendere l'utilizzo che facciamo noi maghi dei fiori lungo i quali le piace tanto sdraiarsi a prendere il sole con Judas. Ed ogni fiore ha bisogno di cure particolare: Non possiamo dar loro l'acqua quando il sole picchia sulle loro teste, né possiamo permetterci di lasciarli tanto all'asciutto. Per questo a volte, durante l'arco della settimana, ci sono giorni come questi, dove a gesti la costringo a scender giù le scale e a far colazione seduta con me. Forse solo perché anche mio padre era così e sfruttava la tavola come luogo di convivialità e condivisione. Anche quando lui, in silenzio, non condivideva mai nulla.
    Non posso prometterle colazioni importanti, ma pane e marmellata so farglielo: Le confetture, poi, me le faccio consigliare da Lea appositamente per lei. Alla fine è la figlia di Josh. Non di questo, ma di un altro Josh che immagino sia stato identico a lui quindi...non so, non ce la faccio ad ignorarla totalmente.
    ''Alice.'' Catturo la sua attenzione quando sento Josh arrivare. Non so dire esattamente come, ma lo sento. Lo percepisco lungo ogni centimetro di pelle, anche in quella più nascosta, più scomoda da toccare. ''Vai a spazzolare Judas?'' Abbiamo cominciato con le cose più semplici, con quei termini che è facile usare ogni giorno e che, in poche parole, chiariscono il concetto. Ciò che voglio che lei sappia. ''Non ho controllato il meteo per oggi, se mi fossi accorto che sarebbe piovuto avrei evitato di svegliarla così presto. '' Dico senza pensarci al fatto di star bypassando ciò che mi ha appena detto. Lo faccio piegando appena la gamba all'indietro, ma giusto perché nella posizione in cui sono, piegato contro il bordo della veranda, mi viene scomodo voltarmi del tutto per poterlo guardare. Ma è vero: Non ho controllato il meteo e questa fottuta pioggia non fa altro che ricordarmi quanto ultimamente io sia sbadato. Forse ho altro per la testa. Forse non so nemmeno io di cosa si tratta. L'unico movimento che mi riesce, restando in bilico, è quello di sfilare una sigaretta dalla tasca per porgergliela. Anche se lui continua a fumare quella cosa elettronica... ''Avete le date del tour...'' Lo dico come se ci stessi pensando su, ma in realtà non sto pensando a niente. Non in questo preciso istante, almeno. ''Cazzo, finalmente.'' Ha le date del tour. ''E quando inizia?'' Ha le date del tour, quindi dovrà star lontano da casa per lavoro. Il lavoro dei suoi sogni.
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    Edited by ( : - 31/8/2021, 00:35
     
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    «Mh» Ha svegliato Alice prima di quanto avrebbe dovuto, e questo non mi dice niente. Non scatena niente e non muove niente, perché cazzo non è il punto della questione. Chrys lo conosco, l'ho visto negare anche l'anima quando ancora contava i giorni da quando Ray era sparito e li segnava per infliggersi più dolore di quanto davvero ne meritasse. Se ci penso adesso ho solo un moto di rabbia che di Ray non rimarrebbe niente. Dovrei ringraziarlo di essersi tolto dal cazzo ed aver lasciato spazio a me, si. Ma non farò niente perché so solo restare in sospeso.
    Alice. Io non lo so come faccia Chrys a fare tutto questo, perché non l'ha mai chiesto. Non ha fatto altro che gravitarmi attorno sperando che io capissi, che accettassi quello che già sapevo. Ha fatto la sua parte, mi ha camminato affianco anche quando sapevo che ogni passo vicino a me era un poggiare le piante dei piedi su cumuli di aghi. Ancora, ancora, ancora. Non si è mai fermato. E adesso sono qui, in ritardo sulla mia stessa fottuta vita, una maledizione che mi porto tra capo e collo. Ma sono qui con Alice, non da solo. A volte vorrei essere solo Josh, solo quel Josh che ha sempre voluto fossi.
    Sono tutte stronzate, lo sappiamo che se fosse successo prima, non sarebbe successo così.
    Non lo dico, non aggiungo niente e quasi non lo guardo, che un "ehi, hai capito?" ce l'ho qui trai denti e ancora li stringo.
    Se fossi un totale stronzo, adesso taglierei corto, cortissimo. Gli dire che non può piovere per sempre, anche se Brandon Lee è morto dopo averlo detto, e così eclisserei anche quello che non voglio sentire e che, invece, mi fa incazzare. Mi fa stringere le mani in dita le cui nocche sbiancano, cazzo.
    Ci sarà tempo per essere entusiasti di questo fottuto Tour, ma non oggi. Non ora che glielo dico con giorni di ritardo da quando l'ho saputo, anche se questa informazione la tengo saldamente a me. Sto già male così.
    Si è preso Alice come fosse sua ed a volte, quando mi sveglio e mi affaccio appena a guardarli, posso vedere come sia più bravo di me. Certo lei ha un'affinità ovvia con me, con quello che è stato suo padre, ma lui è il mostro che l'ha ucciso: eppure le brillano un po' gli occhi quando le insegna qualcosa di nuovo.
    No lo so che non è contento, non lo sono io, non del tutto e non so come cazzo fa ad esserlo lui. E' neutrale, come dev'essere quando non vuole realmente pensare a qualcosa che lo disturba. Se non fosse che lo conosco, se non fosse che voglio che stia dannatamente bene, lo ignorerei. Risponderei senza alcun tono e non - invece - come faccio. Con la voce che gratta in basso e lo sguardo che si fissa sul suo profilo. Sono inquietante se penso che potrei fissarlo.
    Lo testo, voglio vedere fin dove cazzo arriva senza battere ciglio e nel farlo muovo un solo passo verso di lui. Mi sono già assicurato, con la coda dell'occhio, che Alice fosse abbastanza distante. «Tra due settimane, Chrys.»
     
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    Il lavoro dei miei sogni io non l'ho mai avuto. Ci ho pensato solo quelle volte in cui ho deciso di farmi i suoi concerti da solo. In fondo alla fila, seduto su di uno sgabello qualunque. Me lo sono ripetuto solo dopo aver bevuto un po' di più e nell'alzare il gomito mi sono ritrovato a fondere ogni cazzo di pensiero: La mia vita, i cassetti nei quali la ripongo per categoria e quelle persone a cui mi aggrappo sperando di trovare in loro delle ancore.
    Io faccio questo lavoro perché me lo sono trovato tra capo e collo. Perché mio padre ha sempre detto che ho le mani troppo delicate per permettermi di fare bene qualsiasi altra cosa e perché mia madre aveva un'innata passione per le piante. Ma non ne ha mai coltivate di sue, non da zero. Ha sempre preso quelle di altri: Le ha curate, le ha mantenute in vita e da loro ha estratto qualcosa di nuovo. Alla fine immagino che anche quello significa dar vita a qualcosa e farlo con una certa dose di passione. Che senza passione le cose muoiono, si spezzano subito.
    Allora sono arrivato alla conclusione che seppur questo lavoro non sia mai stato nelle mie corde, a tirarmi su c'è stato lo spettacolo o almeno, quello che riesco ad organizzare con Daffodil. Che poi è lo stesso motivo per il quale amo truccare i morti: Perché è dar vita a qualcosa, è aggiungerci il proprio tocco artistico, se di arte possiamo parlare. Che comunque qualsiasi cosa faccia finisce sempre per sembrarmi meno di ciò che sa fare lui. Di ciò che sapeva fare Ray. Ed è un inferiorità a cui per un certo senso sono già abituato: Che non ho mai eccelso in niente, né con l'estro, né con la magia. Allora mi chiedo cosa sa trovarci di interessante, lui, in me.
    ''No niente, parlavo della pioggia...'' Lascio scivolare una mano da sotto il porticato solo per farmela bagnare un po'. Che almeno clima come questi mantengono il mio umore stabile: Non mi fanno soffrire la claustrofobia da caldo, né la solitudine dell'inverno pungente. Credo di star bene solo quando finisco per trovarmi sul limite esatto delle cose, mai con un piede da una parte o dall'altra. Nel mezzo perfetto, che è un limite che mi pongo anche ora quando, in maniera del tutto inconscia, torno a concentrarmi sulla cenere della sigaretta, perché se mi soffermassi troppo sulla sua figura noterei l'irrigidimento dei suoi muscoli e no, forse non mi sentirei poi così bene.
    ''Cazzo.'' Ma il terrore si fa vivo e lo sento nel modo in cui mi monta in petto non appena mi rendo conto di cosa significhino due settimane. Due settimane sono solo quattordici giorni, trecentotrentasei ore, ventimilacentosessanta minuti e no, non so se questo tempo mi è sufficiente per imparare a prendermi cura di sua figlia quando lui sarà via. A rivedere la casa come un'abitazione solo per me e per lei. A vivere le mie giornate nella routine di una volta. Ho quattordici giorni per fare dei passi indietro ma con un upgrade diverso: Che non sono solo almeno, con me c'è Alice. Alice che ha i suoi occhi.
    ''Pensavo che per queste cose avvertissero con più preavviso.'' Mi sarebbe stato comodo, almeno. Mi avrebbe aiutato a prenderla diversamente, a cadenzare meglio ogni respiro, a decidere in quale cassetto riporre tale informazione. Ad elaborarla. Accettarla, crederla giusta sino in fondo. ''Lo hai già detto ad Alice?'' Mi massaggio la fronte. Che no, no. Non voglio essere io a dirglielo. Non voglio essere io a spiegarle i motivi per i quali non mi sento più particolarmente contento. Non quando invece dovrei esultare. Lui girerà il mondo, io resterò qui ad aspettare che qualcuno muoia: Sono solo scelte di vita diverse e che non so se riuscirei a cambiare. Ma mi sta bene, non vedo perché dovrebbe andare diversamente.
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    E' una merda quando qualcosa su cui hai puntato da giovane, prima che il mondo decidesse di prenderti a calci le palle, non ti dà quello che dovrebbe darti. La fottuta gioia, la gloria di un momento che mi consacrerà su un palco. Uno vero e non più in mezzo a gente ubriaca che si spinge sotto i miei piedi, ma un intero cazzo di campo con teste a perdita d'occhio.
    Come cazzo faccio a volerlo ancora, quando la mia vita si è presa una pausa di merda dalla musica e da quanto bene mi faceva dimenticarmi di me ancora un po'. Slater, Edie, Morgan, Alice.. tutto passa in secondo piano e tutto è sempre qui che mi martella le tempie. Un altro passo.
    La pioggia. Cristo si ferma davvero a pensare alla pioggia e no, chiaramente non è questo. Ma sono stronzo pure io che gli guardo la mano inumidirsi prima che se la riprenda.
    Che poi sto solo aspettando. E non è una cosa che mi riesce bene, devo sapere nell'immediato quanto male gli sto facendo ed in quali precisi punti, così da arginare la cazzo di diga prima di ritrovarmi a doverla sistemare quando starò via. E saranno mesi. Di settimana in settimana, ogni giorno in un punto diverso del nostro fottuto continente. Ed ancora non sa dell'Europa, anche se in mezzo avrò mesi d'attesa.
    Potrei quasi non respirare nel tentativo di tendermi all'estremo e capire a che cazzo sta pensando Chrys, anche se tutto ha la capacità di entrarmi nello sterno come un pugnale. Eccolo qui, il mio migliore amico, il mio senso di colpa. Che me la sono cercata, sì, non gliel'ho detto quando avrei dovuto ed ora è normale che i conti non tornino. Chrys non è un'idiota, e forse non ci sarebbe bisogno che glielo spiegassi se mi guardasse, ma non lo fa.
    «Lo so da un po'» E non farà nessuna cazzo di differenza il "quando" l'ho saputo. "Da un po'" significa che è abbastanza tempo per meritarmi uno di quegli sguardi che trapassano l'anima. E' colpa mia anche questo, anche il volere che una cazzo di cosa durasse e che la fragilità di una certezza non rischiasse di logorarsi lentamente. Mesi lontani non so che cazzo significhino ed in più c'è Alice che non vorrei scaricargli come un peso. Potrei chiedere ad Edie, in qualche modo farò.
    E' una cosa bella, sì, ma cazzo se è il momento più sbagliato per averla. Anche se lo so cosa mi muove dentro appena me lo ripeto in silenzio, nella testa.
    «Non gliel'ho detto, lo farò dopo» Tu vieni prima.
     
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    Lo sa da un po' ed io mi chiedo com'è che si faccia questa cosa. Con quale forza è riuscito a tenerselo per sé, quando io certe cose vorrei dirgliele. Che se sono contento, se mi fanno felice, allora non posso tenerle solo per me. Non è qualcosa che so far stare bene in un angolino per troppo tempo. A macerare, ad invecchiare come se le cose poi potessero prendere gusti diversi, pieghe diverse o anche solo quei retrogusti da trascinar con sé tra i ricordi.
    Lo sa da un po' ma non so come questo possa cambiare la situazione. D'altronde, credo, non c'è niente da dover cambiare. Me lo ripeto trattenendo l'ennesimo tiro di sigaretta che solo nel farne un altro già la finisco. Sono quei tiri che il fumo te lo mandano in ogni parte del corpo, come se non avessi organi ed ossa a riempire lo sterno, ma solo un grande buco in cui lasciar depositare l'aria solo per sentire così una sensazione diversa. Di pienezza forse, di pace.
    ''Ok.'' Mi limito a dire, sorvolando sulla questione silenzio, sul tempo che già è passato e che, per un verso, mi sembra mi sia stato tolto dal mucchio di minuti che mi restano con lui prima che ogni cosa divenga irrimediabilmente ufficiale.
    ''Che io non avrei saputo come spiegarglielo.'' E non è nemmeno nei miei compiti, nella mia idea di stabilità mentale. Che già questo, seppur provi a negarlo, un po' mi sfiora, mi graffia come una tempesta di sabbia.
    ''...E quanti giorni durerà?'' Non voglio dirgli che vorrei finisse il prima possibile, che già solo l'idea di saperlo lontano per un intero mese mi sfianca, mi destabilizza: Che a ricominciare da capo, di nuovo, non so se ne sono perfettamente in grado. Che ho paura, forse, di non riuscire più a dargli gli stessi stimoli che potrebbe dargli un tour, tanta gente come quella, qualcuno da scoparsi per smaltire l'ansia e lo stress delle giornate.
    Ma a pensarci bene tante coppie riescono a tirar avanti anche così: Mi chiedo perché per noi dovrebbe essere diverso, fatale, quasi.
    ''Josh.'' Spengo la sigaretta nel posacenere che tengo sulla balaustra e finalmente mi giro a guardarlo. I suoi occhi, quando piove così, sono sempre un po' diversi dal solito. ''Perchè mi guardi così?'' E non so nemmeno che modo sia questo ''così''. So solo che il suo sguardo mi fa male, mi distoglie da me stesso, tanto da spingermi a provare colpe laddove forse non dovrebbero esserci. Come se non è così che dovrei rispondergli, come se forse certe situazioni le si dovrbbe prendere diversamente. Con più tatto, con più trasporto.
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    Giorni. Dovrei ridere del modo in cui lo dice, come se dovesse tirarselo fuori a forza perché è così che si conversa. Non è vero Chrys? Allora alzo lo sguardo perché si incastri al suo in questo fottuto passo, forzo solo il suo corpo a farsi indietro, che tra lui e la pioggia ci sono io.
    Sono uno stronzo, io non sono capace di lasciarmi correre le parole addosso, non so che già mi urta come siano di circostanza. Non deve farlo con me. Non se poi ho dita che si stringono tra loro perché si chiudano le nocche e si espongano quei punti feriti più volte, in continuazione, con frustate di sangue che gocciolerebbe se io non glielo impedissi. Ok un cazzo. Scuoto la testa lentamente e lo sento come la lingua giochi con l'anello al labbro, lo spinge, assapora il fottuto metallo, un meccanismo come un altro, un fottuto avviso che saprà riconoscere benissimo.
    Però se vuole giocarsela a domande su domande che non porteranno ad altro che allontanare la consapevolezza, allora posso provarci ad infierire con più calma, ma neppure troppa. Che cazzo voglio? Non lo so, voglio che mi dica che non mi vuole lontano mesi, che non mi sostituirà con il primo che verrà a pregarlo bussando alla porta. Che non mi vedrà inarrivabile cosa che già fastidiosamente mi ricorda ogni tanto, soprattutto quando mi accorgo che mi guarda mentre dormo. Non voglio che pensi che adesso le cose cambieranno, che mi dimenticherò e cazzo voglio che mi dica che ha le mie stesse paure di merda, stronzate rispetto a quello che soffrirei se Slater mi vedesse così debole. Pure se il sangue ribolle. Giorni. Quelli erano i pensieri stupidi che avevo da ragazzino, quando Jack mi chiedeva quando avremmo noleggiato un furgone di merda per girare il Nord con ll gruppo ed io prendevo tempo perché, beh, perché Edie. Ogni fottuto giorno dovevo passarlo a chiedermi che cazzo avrei fatto se non fossi riuscito a salvarla. Ma no, questo è un fottuto Tour e non può durare giorni. «Mesi»
    Lo anticipo perché rompa il silenzio, perché non gli dico come mai lo guardo come se volessi scavargli dentro, così da recuperare tutto quello che non mi sta dicendo.
    «Finisce i primi di Dicembre, con un paio di settimane di riposo nel mezzo» Avanti, Chrys...


    Edited by nocturnæ - 1/9/2021, 21:27
     
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    Forse il mio problema è che mi ero già programmato ogni cosa: Il matrimonio, un viaggio insieme che potesse dar quella parvenza di coppia normale, la vita insieme in una casa da considerare nostra che no, non sarebbe stata per forza questa. Intense settimane di sesso, il suo lavoro che non lo porta mai tanto lontano da me, io che divento finalmente una drag affermata: Una famiglia di artisti poliedrici. Forse mi ero finto in una vita che a conti fatti non sarebbe potuta esser davvero mia: Che non so mai essere felice e questa malinconia latente poi finisco per esternarla con violenza. Ci sto già lapidando senza accorgermene e lo sento dal modo in cui lancio un sasso per poi nascondere la mano. Che ho paura di questo cambiamento così repentino, eppure non so dirglielo, così come non gli ho mai detto niente prima: Che da lui so solo incassare in una sorta di debito che sento di dover risanare sin dal primo giorno in cui ci siamo visti. Perché a lui devo molto, seppur abbia per un certo verso già infranto molte promesse. Che dovevamo allenarci insieme, ma forse non avremo più tempo. Sento di non aver tempo per nulla adesso se non per provare ad accettare il fatto che, appunto, non ne avrò mai abbastanza. Perché non so essere all’altezza della cosa: Non conosco il significato della parola “resilienza” e non so adattarmi. Faccio fatica, mi saboto da solo.
    Che ho solo due settimane per far tutto. Due settimane per abituarmi, per sposarci prima che qualcuno possa portarmelo via. Per riscoprirmi paziente e lasciar poi che quei mesi facciano il loro corso, nella speranza che poi lui ritorni a prenderci. Perché io so solo marcirci qui e se Alice la lascerà a me, beh, non so se posso promettergli che starà bene. Non so stare bene neppure io.
    Ah“ Ma mi viene semplicemente da ridere. Da incurvare le spalle. Da chiudermi a riccio. Alla fine dovrei solo essere felice per lui. Meno egoista e più felice. Che poi dovrei essere bravo, capace, soprattutto dopo che in venti giorni sono successe così tante cose. Forse è per questo che mi sento così sovraccaricato, così confuso. Potrei implodere e sparire per sempre. E se lui continua a giocare con quel cazzo di piercing, sicuro non saprò concentrarmi su altro. Mi da fastidio, smettila, cazzo.
    Potrò venirti a trovare quando non riuscirò più a sopportare la tua assenza?“ Perché è indubbio che mi mancherà. Perché lo si legge già nel modo in cui non so mantenere il contatto visivo, un po’ come se guardandolo potessi rendermi conto di essere solo che un peso per lui.
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    Sono così stronzo che ho bisogno che mi dica che qualcosa non va, che non gli piace, che non lo vuole: così da vedere i punti a cui mettere una fottuta pezza. Non voglio l'imprevisto, non mi ha mai portato ad un cazzo di buono e lo so, lo so che se preservo qualcosa dopo divento ossessivo e deve restare come ho deciso che sia. Bello. Nostro. Mio.
    In fondo qui si basa tutto, che è mio e non voglio che due settimane siano il solo tempo che ci rimane prima che se ne dimentichi. Non è neanche un problema di insicurezza, è che sono un possessivo di merda e per quanto distante io possa andare non voglio che niente cambi. E se sentirà la mia mancanza dovrà farci l'abitudine, resistere, contenersi cazzo.
    Ride. Ma io no. Io so vivere nella fissità che mi blocca perfino i muscoli, che li tende. Ormai la pressione sull'anello non la sento più, c'è però il sapore del sangue che brucia a contatto con la lingua.
    Lo faccio anche il passo che non dovrei fare, che non voglio dargli modo di avere una tregua, voglio solo stringere l'elsa ed affondare oltre le viscere.
    «Devi» e no, non è una domanda, una supposizione, forse sembra una supplica ma in realtà è la fottuta verità. Io qui volevo arrivare, che lo so come si sente e non ci deve provare minimamente a lasciarsi oscurare da questo, cazzo da me. Non mi piace che non mi guardi, voglio vedere ancora la pioggia riflettersi lì dove starei giorni interi anche se non glielo dico. Non le so dire le cose nel modo gentile di una normale persona del cazzo, io dimostro, io sono qui e vorrei restare più tempo.
    Però cazzo se lo voglio ai concerti, se non ci fosse Alice lo strapperei da qui, con tutte le sue radici per portarlo con me. «Cazzo se devi farlo...» che forse non so se ce la faccio da solo. Ma, Cristo, se sono qui è anche perché le cose da solo non le voglio più fare e si, si lo so che Alice c'è, che non è nemmeno a tanti metri da noi ma, ma per un attimo sono così una merda che vorrei non ci fosse e non lo costringesse qui ad occuparsi di lei.
    Gliele sto mettendo io queste manette e me ne accorgo che invece gli stringo i polsi sollevando un respiro solo perché non hanno niente di metallico a chiuderli. Non ancora.
    «Lo so che con Alice adesso è un casino, ma posso portarla da Edie... E tu puoi venire con me» .
     
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    Alla fine con Joshua posso parlarne. Credo che ad aver fatto la differenza sia sempre stato questo: Il fatto che resta e lo fa sì, nei suoi modi, ma comunque senza tirarsi mai indietro. Perché lui non sembra aver paura anche se poi ne proverà sicuramente una fottutamente folle e forse quello in perenne difetto resto sempre io, che non so articolare frasi di senso compiuto e vado fuori da me, da schemi in cui invece dovrei ripercorrerne i bordi anche solo per provare ad essere ok, stabile, certo per lui.
    Ma non so farlo, che persino nella menzogna finisco per sfasarlo. Perché mi conosce, mi conosce così bene da scoprire le falle nelle mie barriere. Mi conosce così bene da capire quand'è che cerco di tenermi a distanza solo per proteggerci dai miei pensieri. Che sanno far male, che sono deleteri davvero.
    ''Devo...'' Sorrido e cazzo se è uno di quei sorrisi che un po' si caricano di gioia. Che mi tirano su gli zigomi sino a farmeli arrossare. Che fanno male slabbrando bordi di labbra secche di baci. Non so se riuscirò effettivamente a seguirlo, se il mio posto qui richiederà la mia presenza al punto da impormi catene massicce ai polsi. So che però è tenero il suo gesto e che sentirgli dire quelle parole forse un po' mi alleggerisce il cuore. Sono sì, più leggero, ma non per questo meno malinconico. Mi mancherà, ma è una mancanza che in precedenza ho già sopperito. Non dovrà essere diverso adesso. Mi lascio guidare dalla sua voce laddove prima è stato come non sentire nulla e solo ora alzo finalmente gli occhi nei suoi. C'è un abisso così diverso lì. Pesci così grandi che a confronto i miei impallidiscono, si spaventano.
    ''Va bene...'' Mi limito semplicemente a rispondere, mentre istintivamente torno a posare lo sguardo sulle sue mani, a risalire lungo le braccia. ''Cioè, non che la scelta di andare in tour dovesse dipendere da me, ma insomma...volevo dire che mi piacerebbe essere lì con te.'' Quando sarà possibile, solo in quel caso. E spero che Josh capisca questo sottointeso: Che non mi chieda più di quanto potrei offrirgli e che non faccia ricadere su di me la fiducia che non so provare. Non nei suoi confronti, ovviamente, ma nei miei. Che in ventisei anni ho conosciuto solo questo: Queste quattro mura, questo lavoro, questa sua presenza a tratti evanescente. E non so reagire al presente, né tantomeno programmare un futuro tanto distante. So solo di volerlo sposare e che questo, a modo suo, è già parte di un percorso molto più grande e spaventoso.
    ''D'altro canto...'' Mi libero di ogni presa solo per ritrovarmi a sistemargli la maglia sul collo. Come sì, una cazzo di mogliettina perfetta. ''Come farai a sfogare i tuoi ormoni da quindicenne standotene tutto solo soletto?'' Perché è inconcepibile che possa andare con altri. Inconcepibile che non avrà voglia di noi, di questo letto, di ogni fottuto angolino contro il quale spingerci e scopare come fosse l'ultima scopata della nostra vita. ''Sono la tua groupie, no?'' Lo sono sempre stato.
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    Cristo, come vorrei strapparglielo questo cazzo di sorriso. Quei denti perfetti, accesi dal motivo che li muove e mi fa trarre un sospiro di sollievo anche se poi il fiato si mozza. Dio, vorrei infilare le dita ai lati delle labbra e tirare fino a spezzarle, solo per poi lasciarle scivolare in gola, sentire come la sua lingua sa giocare con me. E' solo tutto quello di cui ho bisogno! E cazzo per i primi secondi non so pensare ad altro. Al modo in cui voglio tirarlo a me perché aderisca nell’unico posto in cui lo lascerei vivere. Sulla mia fottuta pelle. Che quando la sua si arrossa per poco non ho moto che annulla il resto. Cancella tutto, anche quelle preoccupazioni che mi sono entrare nel cervello e lo hanno logorato per tutti i giorni in cui, guardandolo, non gliel’ho detto. Non gli ho detto che sarei stato distante, ma adesso gli dico che voglio non lo sia lui. Mai, perché non posso pensare a questo quando sono lontano. All’idea che possa di nuovo cercare un punto di consolazione, come se Alice non fosse un promemoria, mi trattiene un ringhio dopo l’altro, tutti in fila per scuotere il cazzo di terreno su cui cammina. Non sarà più un’alternativa accettata. Non per me. Anche quando gli ho detto che non doveva cambiare, che poteva fare il cazzo che voleva e non mutare abitudini che gli servono per restare in piedi solo perché adesso ci sono io.
    Ma sono stato un ipocrita del cazzo, perché è bastato immaginare questo tour per capire che no, non le dovrà fare quelle cose senza di me.
    «Ti porterei con me ogni fottuto giorno.» Me lo tiro fuori dai denti nell'altro passo che devo fare per forza, che un sorriso che non sa essere come il suo, non dopo che mi ha sistemato la maglietta e trattato come un fottuto quindicenne in preda a cicli ormonali del cazzo. E penso di guardarlo così, come se volessi divorarlo e mandarlo a fanculo nello stesso momento, perché ha ragione.
    Poi scatto, una presa semplice che chiuda di nuovo una mano lungo il polso di quella che ha usato per raggiungermi. La scosto da me ma solo per fare leva e lasciargli un morso lungo quelle cicatrici che ha sulla pelle lucida. «Questi, dici?» Rido mentre torno a guardarlo. Sono questi i fottuti ormoni di cui ti preoccuperai? Quelli che adesso mi spingono a trattenerti con me per un fianco e giocare con un solo dito lungo la chiusura dei tuoi jeans. Questi, dici? Quelli che mi fanno ridere anche se in fondo sono sempre serio, che anche se spingo sorriso è solo perché la vita è sempre stata una merda e con l'ironia l'abbiamo affrontata per anni.
    Ma tu sai quanto cazzo posso essere serio quando voglio, contro l'imbarazzo che ti crea anche questo. «.. o questi?» Affondo un po' di più con quel dito, ma solo perché Alice è distante, perché piove a due passi da noi. Ne ho voglia.
    «Sì che lo sei » glielo soffio lungo il collo, perché lo sa che non dovrei nemmeno rispondere quando palesemente è sempre stato così, quando mi ricordo i primi tempi nei locali sconosciuti a darci dentro contro i miei cazzo di demoni e, ai piedi del palco, solo lui ed Edie.
    Lo tengo arpionato a me, mi riesce «Tu come farai?»


    Edited by nocturnæ - 5/9/2021, 22:10
     
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    Posso rispondere solo così al mio dolore. Schiacciandolo con qualcosa che sappia fare meno male, che canalizzi la mia attenzione altrove. Perché mi conosco e so di essere facilmente influenzabile sotto questo aspetto, di saper scivolare forse fin troppo facilmente laddove la via sa sembrarmi più semplice, meno tortuosa. Lo percepisco dal modo in cui mi basta una sua attenzione di troppo per fingere che non sussista alcun problema nel guardarlo ed immaginarlo lontano da casa, laddove vortica ogni cosa. La mia intera esistenza.
    Ed io vorrei davvero seguirlo ovunque vada, che forse so trovare una stabilità laddove sussistono i suoi respiri. Che non ho bisogno di altro se non della sua corruzione a ribollire con la mia. Come fossimo un'unica e perfetta cosa nonostante le crepe, nonostante gli angoli troppo acuminati. E l'egocentrismo mi porta a credere che divisi non saremmo mai potenti come lo siamo ora. Qui su questa veranda del cazzo o di là, su un letto che ormai ha la sua forma, il suo odore. Cazzo se continuerò a sentirlo anche quando sarà lontano. Cazzo se finirò per immaginarmi ogni cosa quando sarà via. Ogni cazzo di carezza come se potessi farmela da solo ed eguagliare il suo stesso tocco.
    Ma non so essere diverso da un bugiardo adesso. Non posso di certo pensare di migliorare da un momento all'altro, non quando lui mi sta così addosso da spingermi a credere di dover far mia ogni cosa prima che sia troppo tardi, prima che arrivi l'attesa a frapporsi tra di noi.
    Respiro a pieni polmoni: Ogni fiore ha un suo profumo, lui ha il suo. ''Non dirmi così, penserei di mancarti terribilmente.'' Che poi alla fine è quello che succederà a me. Io lo so, ne sono assolutamente convinto e sto iniziando a farne i conti già da adesso che mi lascio andare e gli permetto di rimodellarmi secondo il suo piacere. Che non saprei come sopportare un rifiuto e piacergli è ciò di cui ho fottutamente bisogno. Ne ho sempre avuto, dal primo giorno che l'ho visto, dalla prima sigaretta che abbiamo fumato insieme, dal primo concerto a cui sono stato, sudato, urlante, come una ragazzina fin troppo entusiasta. Ho sempre voluto esser per lui ciò che lui era per me. Forse irraggiungibile, forse desiderabile. Ho sempre voluto essere amato da lui.
    ''Josh...'' Mi viene da ridere a mia volta, anche se quelle cicatrici non sono mai segno di gioia: Sono lì a ricordo di momenti che tendenzialmente sarei portato a rimuovere, a dimenticare. Che esser tristi non è mai qualcosa di bello, anche se è solo così che ci ricordiamo di esser vivi. Perché soffrire e non morire odora di sopravvivenza.
    ''Cristo dai, c'è Alice...'' Ansimo tirandomelo contro, che non so negarmi del tutto né so negargli un momento che potrebbe essere l'ultimo. L'ultimo baluardo d'amore prima che queste due settimane divengano un domani. Un'urgenza che non so gestire del tutto e che al sol pensarci un po' m'arrossa le gote. Che ho caldo e vorrei mi spogliasse della mia stessa pelle. Che la indossasse lui, che mi si incastrasse nel petto e che continuasse a far del male inconscio del bene che poi mi procura. Che senza questi baci che mordono non respirerei, non saprei stare al mondo. Così chiudo gli occhi e mi concentro su questo, in un respiro che mi costringe a labbra schiuse.
    ''Io credo che consumerò la galleria del telefono alla ricerca di tue foto...'' E sa cosa vuol dire, che non so negargli questa ovvietà, quel bisogno che sentirò di sfiorarmi e crederlo lì vicino a me anche se poi, a conti fatti, non c'è.
    ''Stai attento quando sarai lontano...'' Non distogliere mai l'attenzione da casa, da Edie, da tua figlia. Rilassati ma senza farlo del tutto, senza lasciar rammollire le gambe e quella conoscenza che ti ha reso ciò che sei ora.
    ''Io ti aspetterò nudo sul nostro letto...'' Ti amo.
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    27.
    Il profumo di Chrys sotto la pioggia mi fa dimenticare di esistere. La base terrena è solo un suolo su cui camminare e poi fermarmi a quelli che sono così pochi passi che la nostra pelle può fondersi e per un po’ diventare indistinguibile. Mia, sua. Non c’è più un cazzo che - sotto la pioggia - non sua nostro. E la fottuta verità è che adesso mi sto godendo questo, parole a caso che hanno significati dietro ogni contatto e che mi spingono solo a ricordare. Ricordare perché vorrò tornare a casa tutti i minuti di questo Tour. Ricordare che c’è lui, sempre, ad aspettarmi come sa fare: vivendo a metà finché non sarò di nuovo qui per un po’. Mi sono detto che così, stando lontano, non avrà modo di annoiarsi di me, di quello che faccio da quando non siamo più solo amici. Del moto che mi porta a trascinare nuovi gesti su di lui, che sono davvero un cazzo di adolescente che cerca di spegnere i pensieri con il sesso. Sono tratti che non sono mai andati via e con lui si accendono più che con chiunque altro, ho sempre il fottuto desiderio di prenderlo con me, perché solo quando siamo così sento il potete che abbiamo di dominare tutto. «E sarà così..» lo tengo in un respiro che si mangia qualche lettera, roco, basso come il tono che mi esce adesso. Cazzo se mi mancherà. Come adesso, come domani, ricorderò ogni minuto di questi giorni perché gli altri pesino di meno, perché farò quello che farà Chrys quando non saremo vicini. Guardandolo, immaginando le sue mani scendere in basso, come le labbra che ancora sfioro perché amo questo cazzo di momento. Amo vedere come apre la bocca, come prova a dire qualcosa e lo fa ad occhi chiusi perché lo sto distraendo. E non smetto di farlo, non smetto di infilare mani dove non devo,.
    «Tu fai silenzio e non ci sentirà» ancora un passo per spingerlo più vicino al muro, più al riparo dalla vista se mai Alice dovesse improvvisamente venire a cercarci.
    Gli premo un dito lungo le labbra per chiuderle, con un sorriso che si apre spuntano quando poi sull’inferiore passo il pollice.
    Bastano due dita, in basso, per sbottonargli il primo gancio, lentamente, che voglio vedere l’effetto che fa.
    «Dovrà abituarsi a noi..» lo sussurro nel mordergli un lobo e cazzo se ho voglia ancora di tutto. Credo che non mi stancherò mai, credo sarà un fottuto casino e quando tornerò sarò come un cazzo di soldato in missione. Non gli darò nemmeno il tempo di salutarmi sulla soglia e, Dio, quando lo dice ho un brivido che mi ammazza la schiena, che mi fa stringere i denti e chiudere gli occhi.
    Respiro sulle sue labbra. «Te ne farò altre» di foto, che ne voglio anche io, voglio sapere cosa fa ogni cazzo di momento che passa senza di me. Che voglio chiudermi in quel cazzo di bus e pensare solo a lui, a quanto fottutamente mi mancherà dopo, nel rendermi conto che è solo un illudermi continuo. Mio, suo.
    Tocca ora al secondo bottone, a labbra che continuano a giocare senza mai prendersi, non ancora.
    Dovrò stare attento si, perché anche questo era un mio sogno ma adesso è accantonato per altre due settimane.
    «Cazzo, Chrys» colpito e affondato. Lui che mi aspetta nudo a letto. Io che adesso lo sento già duro nei jeans. Come cazzo facci ad andare via ora? «Se mi dici così non andrò mai via..» è un moto più forte, ora posso solo aggredirgli il collo dalla base. «Verrò a trovarti, non so come cazzo si fa a starti lontano» ed è una verità che mi spezza i battiti.
     
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    ''In silenzio'' E rido, che pur di seguire i suoi ordini faccio l'opposto. Non so regolarmi, non so assecondare le persone totalmente, non quando ciò che dicono mi sembra stranamente incoerente. Perché no che non posso stare in silenzio, non quando ogni suo tocco sa farmi vibrare l'anima e la gola emette quello che è il riflesso delle sue azioni. Le corde vocali vibrano con tutto il resto. S'intrecciano, danzano, hanno vita propria. Basta solo un suo polpastrello contro la mia pelle per farmi cantare. Per rendermi libero, un uccello che vola attraverso il cielo plumbeo. E spacca l'atmosfera per raggiungere le stelle. E cazzo se lui è la più luminosa, anche se la luce è solo il rimasuglio di ciò che siamo. Quindi suppongo ci sia bisogno di sentirsi morire per diventare così: Per avere quei suoi stessi occhi e quella forza che oggi non ostenta, ma trasforma in delicatezze nuove, che apprendo con fatica anche se le amo. Anche se ne ho un disperato bisogno. Allora che continui a scendere anche se Alice potrebbe essere qui a momenti. Che mi tocchi laddove ha già toccato. Che ridisegni il suo dominio sulla mia pelle e che lo faccia come se non potesse essere mai più di nessun altro. Perché è solo a lui che appartiene. Forse lo è sempre stato. Sin dal fottuto principio.
    ''Mi chiedi cose impossibili.'' Perché deve capirlo che reprimermi sarebbe come amarlo meno. Come non amarlo a pieno, abbastanza, quanto dovrebbe. Che io queste mani voglio sentirle in ogni loro centimetro. Nel loro movimento più impercettibile. In ogni loro polpastrello. E va bene farla abituare a noi, ma non così, non una mano di suo padre sul mio cazzo. Prendo boccate d'aria che non servono davvero a niente se non a creare un vuoto al petto. Ed annaspo, come sempre d'altronde, che tanto è l'unica cosa che so fare con lui: Sentirmi sempre al limite e poi riuscire a rinsavire. Ed è sempre così bello cazzo. Anche solo questo suo istigarmi è meraviglioso. Spingo il viso contro il suo, lo faccio per scostarlo dal mio orecchio, per liberarmi dall'odore che sa lasciarmi il suo fiato sul collo. Che lo so come impazzisco. Lo sa come impazzisco.
    Non riesco nemmeno a staccarmi dalle sue labbra, che sono un sali e scendi dalle mia. Che sono un intrecciarsi perfetto anche se non sento la lingua. Anche se mi basta solo percepire la sua bava mischiata alla mia. Voglio che mi respiri dritto nei polmoni.
    ''Perché, quali altre foto hai?'' Ed è solo un istigarsi continuo. Che adesso mi piace pensare me le abbia fatte di nascosto, che si sia conservato i selfie stupidi che di tanto in tanto gli ho lasciato per messaggio. Che già mi mancava e volevo che cazzo, almeno mi vedesse da lì se proprio non riusciva a passare a trovarmi. Voglio che si sia salvato le foto che gli ho mandato quando ero a provare i vestiti per lo spettacolo. Che ogni tanto si masturbi concentrandosi sulle mie gambe, sulle mie braccia. Sulle mie labbra.
    Non riesco a non mettermi sempre al centro dell'attenzione. Mi detesto, ma voglio che per lui sia desiderabile. Ne ho tremendamente bisogno.
    ''No, ora devi assolutamente andartene, invece. '' Ma lo dico sicuramente per gioco, per mantenere quella giusta dose di tensione che colora i nostri incontri. E no, non è mai totalmente voluta. A volte è solo istinto. ''Altrimenti non avrebbe senso premiarti in quel modo.'' E lo dico lasciando scivolare le mani sotto la sua maglia, ma solo per infilare le dita tra i pantaloni e spingerle giù, sino alle natiche. Lo stringo forte. Lo tengo ben ancorato a me quasi per calmarmi, per spingermi a respirare con un ritmo diverso. Che se solo smettessi di concentrarmi su questi dettagli, sul suo sorriso ad esempio, finirei per chiedergli di scoparmi sotto la pioggia. Che voglio che il cielo ci pianga addosso. Che sia per noi oceano profondo, inesplorato. Metto una mano fuori dalla veranda, ma solo per lasciarla inumidire e poi schizzargli la pioggia contro il viso.
    ''Le cose devi guadagnartele, Joshua.'' E mi scompongo in tante falene, per poi ricomparire poco distante, sul tetto che da alla stanza da letto.
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    Lo so che del suo silenzio non me ne faccio un cazzo. Non ha mai saputo essere un amico davvero silenzioso nemmeno prima, quando in fondo le sue le diceva ed a volte erano fottuti aghi che si insinuavano sotto pelle e premevano fino a farla sanguinare. E cazzo molte volte aveva ragione, ma ora parlo di un silenzio diverso, uno che mi preme i canini contro le labbra, più in basso. Che non voglio stia zitto mai, che deve urlarlo il mio cazzo di nome, implorarmi di fare di più. Perché è così che do il massimo, che rallento, velocizzo, spingo, e trattengo come vuole lui e cazzo, anche come voglio io. E sì, non saprei capire i silenzi ora che perfino un gesto piccolo come scendere di nocca in nocca lungo la chiusura dei jeans ha la colonna sonora dei suoi sospiri. «Lo so»
    Cristo, non penso esista un suono più bello di questo, più dolce, più mio. Mi convinco, sbagliando, che posso tanto crearli quanto distruggerli questi respiri che gli mozzano il fiato. Però non è così, che basta un solo bacio, un premersi di più delle sue labbra a toglierli a me. Io che non mi sono mai sentito così e ne sono fottutamente dipendente, tanto che glielo lascio vedere come sia il mio più grande punto debole. La mia paura e la mia gioia.
    «Ho le mie riserve...» di foto, anche se so che ne vorrò di più, le vorrò in tempo reale per illudermi ancora che sia con me, che potrò chiudere gli occhi e le mie dita saranno le sue e non sentirò la fottuta mancanza di quella bocca a cui non resisto io per primo. Che da un bacio ne voglio mille, e poi un numero indefinito che mi dà l'idea che non smetteremo mai. E cazzo se adesso io potessi morire sapendo che farei questo tutta la vita, firmerei subito.
    Faccio risalire l'altra mano, ma solo dopo essere sicuro che sia interessato abbastanza da non avere più un cazzo di dubbio, o almeno penso, ed è facilissimo prendergli il collo così, con entrambe, lasciandogli addosso il calore che ho quando l'umidità fresca risale la terra ed io la vedo riflessa nei suoi occhi. E cazzo, così lo bacio anche meglio, tanto che mi dico che potrei andare avanti ore, premergli la schiena contro il muro, appoggiare un palmo dietro di lui per tenermi in equilibrio e consumare la pelle così, per ore, o finché non smetterà di piovere, perché sa farmi dimenticare tutto e cazzo se ne ho di cose da dimenticare. Io, vorrei ricordare solo questa.
    Rido se mi dice di andare via, lo faccio tra le sue labbra che, Dio, mi mancheranno quasi più di tutto. E lo so che potrei anche pregarlo in ginocchio, ora, umiliarmi quanto basta, perché si lasci scopare sotto la pioggia, a metà con mani che sfiorino le gocce come fanno le sue quando non capisco dove sta andando con il suo discorso. Forse anche perché non so più concentrarmi su niente che non sia Chrys. «Premiarmi?» l'ho detto che non ci arrivo.
    Mi tiro indietro d'istinto, ancora con quella risata tra le labbra, quando le sue falene prendono forma. Le ali sfarfallano lungo le mani, si informicolano se stringono il niente. E le seguo con lo sguardo senza accorgermi di come questo cazzo di sorriso sia ormai aperto, e di come le mani nel vuoto siano strette perché sì, cazzo, se sono eccitato adesso e forse più di prima. Dio, quando gioca così con me accende solo un fuoco che ogni volta si fa più grande, più fottutamente eterno.
    Lo vedo ricomporsi su punto spiovente del tetto, vicino a quella camera che ora è nostra e da dentro parte un ringhio che accetta la sfida, qualunque essa sia cazzo. Dio, se amo quando fa così. Il mio totem risponde al suo, punta aghi che seguono un'onda d'urto precisa prima che io, nel ghigno che gli rivolgo, venga risucchiato da un'ombra.
    E nell'ombra rimango poco, il tempo che serve ad affacciarmi prima di lui, dall'interno della camera. Quasi a sbarrargli la strada. «Dici che non mi sono guadagnato niente, mh?» un avambraccio lo appoggio alla cornice della finestra. Cazzo se ne ho voglia.
     
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