Can't stop thinking 'bout it

Caleb & Chrys | 7 Ottobre - Las Vegas

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    Noia, noia, noia. Che palle. Rotea gli occhi in alto, dove soffitti di specchi e glitter rendono la versione personale di un kaleidoscopio. Se solo avesse fumato abbastanza da perdersi, giura che potrebbe rimanere ore a fissare l'ombretto muoversi sulle sue ciglia, o il trucco danzare con i denti bianchissimi. Dovrei farmene allungare uno, un canino sì. Pensieri che si accumulano sul corpo che mollemente ha lanciato dentro quel divanetto in pelle rossa. Sta aspettando che Çevic finisca la sua conferenza per riunirsi al gruppo, e magari fare un giro alle slot. Il Luxor è una brutta copia degli altri superfighi casinò della strip, ma questo s'è permesso il tour e questo tocca anche a Caleb. La verità, che tanto neanche nega, è che aspetta Josh con ansia, ora che finalmente c'è tempo per parlare e uscire un po' assieme. Da una cosa nasce l'altra, le api, i cavoli, i fiori... Il tutto perché non hanno avuto un momento libero, ed ogni volta che finivano un concerto, dopo i classici saluti, Josh - che è illegalmente bello - era già pronto a risalire in bus o chiudersi in qualche stanza, senza troppi complimenti. Dio, dovrebbe chiuderci dentro me. «Mh» sfugge un gemito spontaneo al pensiero, tra la confusione generale dei suoi pensieri: che in fondo ora sono molto, molto concentrati sul suo cantante, tanto che è solo così che Caleb sa astrarsi e non guardarsi sempre alle spalle con la paura che di punto in bianco spunti Juno. Tenerla lontano è complesso, a volte molto faticoso e richiede uno sforzo elevato, però quando suona, quando sale sul palco e c'è quell'unione assurda con il gruppo, dimentica la sua vita e quanto questa faccia schifo. In fondo, non è che un cucciolo rispetto alle persone con cui vorrebbe confrontarsi. Ad esempio, non ha idea di chi sia Chrysanthemum Sinister, ma quando si rimette in piedi dal trip improvvisato sul niente, e lo vede, beh: wow. Gli basta uno slancio dei fianchi ossuti per alzarsi e smettere immediatamente di barcollare come non avesse una spina dorsale. Il segnale è palese quando si passa la lingua sulle labbra, da quanto non si trova un tipo con cui passarsela? Troppo. Ecco. Lo indossa facilmente quel sorriso piacione con cui lo accoglie parandosi al fianco, piegandosi al punto da appoggiare i gomiti sul bracciolo e la testa tra le mani. «Ciao» bellino.
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    26.
    Comprendo da me come non esista alcun tipo di freno nella mia testa quando decido di far qualcosa che, apparentemente, sembra totalmente sciocca e pericolosa. Non ne sono totalmente all'oscuro: Anche se a volte ignoro il modo in cui i miei piedi sanno muoversi in determinate direzione. Lo percepisco: Forse nel modo in cui mi sono tremate le mani quando ho scartato il pacchetto e subito ho inserito l'LP nel giradischi che da verso la cucina. C'è un'acustica fantastica nel salone ed il fatto che non vi sia una porta a dividere le due stanze - cucina e salone, per l'appunto - permette alla musica di arieggiare per tutta casa ed accompagnare le nostre colazioni. Alice ha sorriso a sua volta e credo abbia capito, perché per tutto il tempo in cui ho iniziato ad infilare qualsiasi vestito mi sembrasse decente abbinato al resto, lei si è limitata a dirmi di salutarlo, un po' come se avesse in qualche modo capito davvero quanto mi mancasse Josh. Non ho nemmeno sentito Edie quando sono partito: Cioè, in realtà le ho scritto solo per dirle che le avrei lasciato Alice per due giorni, giusto per non lasciarla sola in casa con qualche barriera tirata su a tenerla lontana dal mondo esterno e Lea a portarle qualche minestra dei suoi solo per non farla morire di fame o solo di pizze riscaldate nel fornetto.
    Poi ho trovato una passaporta low cost nel posto più merdoso del Bronx. Che poi tanto low cost non è considerando quanto cazzo mi è stato chiesto per arrivare da New York a Las Vegas. Il fatto è che andavo di fretta e che nell'andare di fretta poi ho scoperto di non sentirmi molto a mio agio all'idea di dover prendere un aereo e con l'auto, beh, ci avrei messo decisamente troppo.
    Così comunque sono riuscito ad arrivare tra i granelli del Nevada. Las Vegas è una città fatta di luci artificiali così forti da farmi vibrare il primo strato di pelle. Sarebbe stato divertente spostarsi tra i casinò svolazzandogli attraverso: Ma le falene fanno lo stesso rumore del cuore che ha iniziato a battere forte quando incastrandomi tra la folla sono rimasto tutte e due le ore ad osservare in silenzio il corpo di Josh muoversi libero sul palco. Ho lasciato comunque che una si staccasse dal palmo della mano e gli svolazzasse accanto. Posarglisi tra i capelli e poi lungo il collo affinché capisse che ero lì, proprio ad uno sputo di sguardo. E non a brillare sotto i riflettori come stava facendo lui. Le luci non erano per me. Non lo sono nemmeno ora che illuminano dei corpi stanchi lasciati scivolare lungo le poltroncine dell'area vip. Non so nemmeno se si chiama così. So solo che è bastato far vedere gli inviti che Josh ha lasciato a casa per poter entrare senza che nessuno mi dicesse niente e lasciarmi scivolare tra di loro come se facessi parte io stesso dell'arredo. Ho portato una sigaretta alle labbra e forse è stato così palese il mio nervosismo da attirare l'attenzione di qualcuno. Non so nemmeno cosa dire quando lo vedrò. Non so nemmeno quanto posso spingermi oltre. So solo che la gamba fa e giù come a scandire un tempo che sembra eterno. Mi sa che nemmeno respiro più. ''Ciao...'' Alzo lo sguardo in direzione della voce. All'inizio nemmeno lo vedo o almeno, vedo che c'è una persona ma non vado a far caso ai dettagli. Sono cose che mi sfuggono quando sento i muscoli così tesi da rischiare di lacerarsi. ''Vuoi una sigaretta?'' Lo chiedo spontaneamente, tenendo la coda dell'occhio fissa sulla porta. Sbuffo piano.
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    Edited by ( : - 8/10/2021, 18:33
     
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    Ora, da vicino, può guardarlo un po' meglio. Ha un bel completo, e quella camicia appena sbottonata manda in panico i suoi ormoni. Ci vorrei passare la mano..Continua a sorridere, accogliente. Oh, lo accoglierei eccome. Non fa vergogna di ciò che gli passa per la testa, né si premura di nascondere un brillante interesse, che luccica nello sguardo, oltre gli occhi scuri. Zigomi perfetti, un trucco abbinato divinamente con il resto, gli sembra così liscio che il contrasto con la barba un po' incolta sa solo renderlo interessante, misterioso. «Sei gentile, certo!» che vuole una sigaretta, ma gli piacerebbe allungare le dita e togliergli quella dalle labbra, così per sentirne il gusto sulle sue, un preliminare.
    Ancora, pensa senza muoversi, senza smettere di sorridere come se di punto in bianco potesse esserci solo Caleb per tutti, nella stanza. In fondo lui sa ignorare selettivamente chiunque.. o quasi. Tranne Josh, come cazzo lo ignori uno come lui? Quindi spinge appena i canini sella labbra carnose, le fa scivolare in basso, quasi a macchiarsi con il nero intenso del rossetto. Gli occhi verdi dello sconosciuto attraente sono particolarmente intensi, anche se poi il movimento della gamba, nervoso, spicca oltre la postura. Ci spinge la mano contro, apre il palmo sul ginocchio che ha lì vicino e lo tiene giù un secondo solo.
    «Prima volta in area VIP?» gli piace come il suono si impasta sulla lingua, mentre aspira passivamente il fumo che si frappone tra loro. Dio, sono troppo sensibile. Sa dirselo quando sente rapidamente il suo interesse crescere. Chiaramente quel ragazzo non è lì per lui, o si sarebbe interessato molto di più invece che guardarlo distrattamente, come se non lo vedesse. Molto male, Caleb ha bisogno di attirare un po' di più la sua attenzione, che l'adrenalina dopo il concerto gli scorre ancora nelle vene, così come la voglia di farsi spingere contro un materasso squallido o il muro glitterato di quei bagni. Molleggia sulle gambe, che sa potrebbe rimanere così tutto il tempo. «Chi stai cercando?» Dimmelo e ti faccio cambiare idea. La mano stringe di più il ginocchio.
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    26.
    No, non è propriamente la prima volta. Diciamo che qui ci sono già stato. Non a Las Vegas, non seduto tra i musicisti della nuova band di supporto, ma comunque qualcosa del genere l'ho vista. Credo di non essermi mai tenuto troppo distante dalla sua safe zone: Mi sono sempre spinto sotto al palco anche al costo di prenderci le botte e poi l'ho aspettato. Giù nel Bronx ovviamente la situazione era diversa: Di solito arrivavo alla fine del concerto così sfatto dall'alcol da ricordare a malapena il modo in cui ci abbracciavamo contenti. A volte nemmeno volevo esserci tra la folla: Che sentivo di poter perdere il controllo troppo facilmente, che sentivo di non essere capito affatto, da nessuno di loro e forse questo proprio perché non sapevo com'è che si stava per tanto tempo chiuso tra la gente. Lascio scivolare una sigaretta tra le sue dita e finalmente lo guardo con l'attenzione che di solito chi parla merita. A prescindere, proprio per una questione di rispetto che fino ad ora non gli ho portato, tanto da rendermi conto solo ora di star parlando con Caleb. E conosco il suo nome solo perché l'ho letto in qualche rivista del cazzo che ha l'abitudine di scrivere articoli adolescenziali sui gruppetti emergenti. Lui, così come Joshua, gode di un certo tipo di fan: Josh ha le ragazzine, lui i ragazzini, a quanto ho capito. Tiro su col naso e con sé porto in alto gli angoli delle labbra. ''No, non proprio la prima.'' Ma lo so che l'ha notata anche lui la cazzo di gamba che ha fermato posando una mano sul ginocchio. Gliela guardo. Gli guardo le dita, le unghie, ma non capisco qual è il dettaglio su cui ho deciso di concentrarmi. Non so nemmeno a cosa mi serve, in realtà. ''Çevik...'' Che chiamarlo per cognome mi sembra qualcosa di così imparziale. Non posso permettermi di lasciarmi sfuggire qualcosa che finisca per andar oltre la semplice impressione di essere lì perché sono solo un fan fortunato...od un amico. Non so cos'è che ha raccontato alla band di supporto, non so un cazzo su cui potermi aggrappare saldamente solo per poter dire ''ok, mi rilasso e ne parlo quantomeno con qualcuno''. ''Un amico.'' Lo dico con sufficienza, come se ciò potesse confermare il candore della mia fedina penale. Lo sto chiamando amico, non sto alludendo al fatto che tra tre mesi ci sposeremo. ''Ti chiami Caleb, giusto?'' Devio il discorso per paura di lasciarmi scoprire troppo presto. Spingo la schiena contro lo schienale della poltroncina e prendo fiato. Mischio ossigeno sporco a nicotina e nel frangente lascio scrocchiare la schiena. ''Complimenti per il concerto, è stato figo.'' E vorrei dirglielo con cognizione di causa e non perché sto cercando un modo per non finire in silenzio ad osservarlo sino a che non se ne va. Il fatto è che io nemmeno riesco a sentirlo il basso se non ha un suo assolo o come cazzo si dica. Non ci capisco niente di musica. Mi piace solo la voce di Josh. Ho il ginocchio con sopra la sua mano che è diventato di pietra: Non lo muovo più e sinceramente non so nemmeno come fare per fargli scivolare via la mano. Mi ha toccato e questo ha fatto sì che una parte del mio cervello vada a concentrarsi solo su quello. Su quella cazzo di mano sulla mia pelle. Che poi non sono a pelle nuda, ma comunque il discorso è quello. Io gli sconosciuti non li sfioro mai, a meno che non voglia portarmeli a letto e da quando sto con Josh ho smesso col sesso occasionale. Non ne ho più avuto bisogno, anche se la sua mancanza, di Josh intendo, in queste due settimane si è fatta sentire eccome.
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    Si rende conto che può avere davanti qualcuno che lo farà un po' penare, tuttavia per Caleb non è un problema: è una sfida che si fa largo con barcollante serietà. Tanto che molleggia ancora sulle ginocchia, giusto per non perdere l'equilibrio che mantiene ed in compenso non inginocchiarsi completamente. Non prima di sapere il suo nome. Le basi. E' una perversione continua, alimentata dai desideri che si mescolano, volteggiano come filamenti di DNA che - una volta raggiunta la libertà condizionata - non la smettono di vorticare. Si allunga con l'altra mano, perché quella dal ginocchio non la scolla mai, pur non rendendola tanto salda da sembrare morta lì, una presa incrollabile. Trattiene il filtro tra le dita e si allunga appena schivando l'accendino: vuole accenderla con la punta dell'altra già a metà. Prende un tiro da lì, impedendo alla memoria di viaggiare fin quando doveva nascondersi per non fumare in camera. Juno lo rimproverava sempre. Ma lei è fumata del cervello.
    La mano che sfiora i tessuti si fa appena più pressante, anche se un pivello, Caleb ha una certa idea su come scatenare l'interesse in qualcuno. Certo è grezzo, al punto che a volte se si ritrova da solo a passarsi una mano sui pantaloni, non si attribuisce la colpa di una fretta a volte molesta. Se a loro non interesso, semplicemente non ne valeva la pena, ne troverò altri. A volte però la sua attenzione viene completamente catturata e beh, si tratta esattamente di una di quelle volte. «Joshua» si passa quel nome sulla lingua. Cazzo, non dovrò mica competere? un dubbio che non sa placarsi con la puntualizzazione successiva. «Ah, quindi tu te lo sei sempre voluto scopare ma lui è etero mh?» Vorrebbe dargli il benvenuto nel Çevik fangirling club, ma non c'è spazio per altri. Un piccolo egoista in erba, Caleb.
    In uno sbuffo di fumo svela le sue carte coperte; è una mossa, un tentativo per capire se ancora sa vederci giusto, se in fondo gli interessi con lo sconosciuto avvenente sono gli stessi, ed allora perché non parlarne senza la costrizione dei vestiti di troppo che indossano. E lui li indossa benissimo. Solo che poi con la mano gli risale l'interno coscia, preciso, in movimenti che non scattano, non accelerano, sono fluidi. Una conquista lenta del territorio. «.. ed io con chi sto parlando?» Dimmi il tuo nome, che te lo gemo lungo il collo. Trattiene la sigaretta tra le labbra, sorride, perché gli serve anche la seconda mano che passa lentamente vicino alle bretelle. Le sfiora e basta, poi se la riprende, scosta il filtro per parlare di nuovo. «Mi offri da bere mentre aspetti?»
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    26.
    Non lo so se mi viene da ridere perché in due frasi ha riassunto il mio passato o perché anche in un posto tanto grande finisco per sentirmi con un nodo alla gola. Infatti me la schiarisco. Lo faccio continuando a fumare e lasciando che gli occhi ricerchino senza vergogna la silouette della sua mano. Non ha niente di speciale come mano, è come tante altre: Ha cinque dita del cazzo, cinque unghie, quattordici falangi, qualche anello su cui non so badar attenzione e poi un polso, che risale lungo l'avambraccio e finisce nell'incavo del gomito. Poi c'è il resto, una spalla, un collo che si collega ad essa ed una testa, con labbra carnose, naso grande ed occhi piccoli, quasi porcini. Non è un quadro brutto, lo trovo particolare proprio per questi dettagli poco comuni, eppure niente, non ha comunque nulla a che fare con Josh. Anche se la mano non gliela tolgo e sento il corpo tremare perché lui sì che lo vorrebbe. Lui vorrebbe muoversi ma la testa è lì a dirgli di no, lo sbeffeggia: ''Tanto non ce la fai'', gli dice. Però rido, perché sì, ho sempre desiderato finirci a letto, sin da che ho avuto le prime eiaculazioni notturne. Sin da che ho iniziato a sognarlo, a guardarlo di nascosto nei corridoi di scuola e poi giù nel Bronx. Che la mia è sempre stata solo fortuna: Ho sempre avuto Josh ad uno sputo da me tanto da iniziare a pensare che il nostro fosse destino. In qualche modo deve esserlo.
    ''In realtà io...'' Sì, cazzo sì, e me lo scopo pure, altro che etero. ''Sono Chrysanthemum, chiamami Chrys però.'' L'ho lasciato avvicinare ed ho avvolto una mano nella sua per aiutarlo ad accendere la sigaretta. Credo sia un gesto spontaneo anche in assenza di vento. Per la prima volta in vita mia sto continuando a sperare che non capisca male la situazione. In situazioni diverse, se non fosse che sono innamorato - così dicono - e che sto per sposarmi, probabilmente mi sarei fatto portare in bagno. Poi però un po' di forza la trovo ed è proprio nella sua richiesta sempre un po' lasciva che, con una mano, riesco a fargli sfilare la mano dal mio ginocchio. ''Sì, ok, anche se palesemente hai meno di ventun anni.'' Non credo facciano tante storie qui, mal che vada mi inventerò qualcosa pur di renderlo felice e tenerlo, con questo, a qualche metro di distanza da me. Anche io alla sua età già bevevo. Forse ho iniziato proprio a scuola. ''Cosa ti piace?'' Domando alzandomi, svogliato. ''Io vado di Vodka Lemon.'' Che sto andando a fuoco ed ho bisogno di rinfrescarmi un po'. Forse sarebbe meglio un Vodka Sour, ma ho voglia di limone. Di un limone con Josh. ''E non fare lo spaccone dicendo che è roba da ragazzine. Non mi interessa sapere quanto sai reggere tu, ti compro comunque quello che vuoi.'' E mi sembra di parlare con Alice.
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    Quello che gli passa per la testa è quasi indicibile. Sono scenari che si susseguono e lo vedono macchiarsi di una libido quasi infantile. Mani che salgono, scendono, scoprono. Labbra che si schiudono, morbide, per accogliere e distruggere ogni reticenza possibile. Cazzo se mi si deve fare. E Caleb ragiona a senso unico, quando un pensiero gli invade la testa, gli ormoni seguono e non c'è quasi spazio per niente altro. Tutto è un movimento in favore di quel piacere che ormai è jackpot della serata. Per le slot si darà tempo anche domani, o il giorno dopo, o ripartiranno e lui dovrà tornarci. Non gli interessa, nel momento in cui Chrys si presenta, ha già guadagnato un tassello. Un gioco che serve solo a stimolare di più l'afflusso del sangue molto, molto lontano dal cervello. «Perfetto, Chrys» lo lusinga così, nel pronunciare il suo nome ed imitare di poco l'accento. Ebbene ha un debole anche per quello, seppur il suo target sia sempre il bello e tenebroso, c'è del fascino in quel nuovo arrivato. Se poi dovesse essere che Josh arrivi, potrà magari trattenerlo di più con lui, avere un trampolino di lancio verso quell'altro desiderio sempre poco consono. Da quando ha lasciato la congrega, Caleb non sente limitazioni che possano contenerlo, o "no" che sappiano soddisfarlo subito. Vuole tutto, ed anche se palesemente gioca, ed è una molla che non si spezza, è tutto vero. «Molti meno..» Diciotto, ha diciotto anni ma se il punto della questione è andare con dei ragazzini, allora lui è proprio un ragazzino. Un cucciolo, infantile e capriccioso che non sa tenere il broncio al contatto dismetto, ma tiene il ritmo per seguire Chrys al bancone ed appoggiarvisi di tre quarti. Così da non perderlo di vista. Se mi riesce questa, mi dico vincitore per tre giorni. A volte il sesso è facile, altre volte è troppo complesso perché ci si impegni, quando sente sempre di avere qualcuno alle calcagna, come se la fuga prima o poi fosse destinata a finire. E finire molto male. Quindi si, tanto vale godersi ogni istante di una vita rubata.
    Alza le mani, come se gli stesse puntando una pistola contro. Oh beh, ho un'idea anche su quello che-.. «Giuro che non lo avrei detto» promette con un sorriso che mostra tutto il pallore di denti perfetti ed alza le guance in un'espressione sincera. Sono gli occhi, però, a dare la vera idea di quanto non solo non abbia mollato la presa, ma sia pronto a stringerla di nuovo. Attende il barista, che prende nota, solo per aggiungere: «E un Gin Tonic per me» sapendo perfettamente che non avrà nulla da ridere, né documenti da chiedere.
    Gioca, piano, con la collana di perle che arriva fino in vita. Ci annoda l'indice ed il medio, distratto ma preciso. «Allora...» allude, mellifluo. Alza le spalle, fa un passo verso Chrys, e poi un altro mezzo. E' più basso, Caleb, tanto che se si sforzasse gli arriverebbe appena a metà del collo con le labbra. Anche se io voglio andare molto più in basso. «.. Josh ne avrà ancora per un po', ma ci penso io a te» spaccone, si, stavolta. O pensi tu a me. Un'alternativa da non buttare via. «Sai, trovo che sia fottutamente bello. Giuro a volte sono come quelle ragazzine che svengono dopo i concerti...» Solleva le spalle, e ben poco innocentemente gli passa una mano vicino al fianco e la lascia lì, a galleggiargli contro. «Ma anche tu...» ride.
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    Ha meno di ventun anni. Molti di meno dice ed è qualcosa che per un certo verso un po' mi interessa: Non tanto perché mi piacciono i bambini, di solito sono portato a cercare tutt'altro genere di compagnia, quanto perché vi è qualcosa nel suo modo di porsi che per un certo verso, finisce per ricordarmi com'è stato, per me, avere meno di ventun anni. Penso che se non ci fosse stato Joshua forse non ne sarei uscito bene: Forse sarei rimasto a farmi picchiare da Andy, avrei pianto Marigold senza riprendermi mai e...forse mi sarei tagliato i polsi senza troppe cerimonie. Non avrei avuto alcuna sigaretta da fumarmi sul tetto, magari non avrei nemmeno iniziato a fumare. Magari da quel tetto mi ci sarei buttato, non avrei trovato nient'altro su cui fissare lo sguardo: Non i suoi occhi, ad esempio. Forse l'asfalto sotto ai miei piedi. Ed ecco, non lo so perché, ma in un certo senso Caleb sa richiamarmi alla mente questo: Forse perché tendo a muovermi secondo degli schemi che conosco o che ho già visto ed il fatto che lui cerchi così tanto il mio contatto per poi assecondarmi e propormi palesemente del sesso mentre invece elogia Joshua, beh, mi sa significare solo una cosa.
    E forse davvero l'unica cosa che gli interessa è il sesso: D'altronde spero per lui che sia davvero questo. Che sia solo una questione di ormoni che, per chi ha meno di ventun anni, un po' vanno ai pazzi. Impazziscono persino i miei ora. Alla fine su certe cose l'età non conta davvero un cazzo.
    Ma spero sia davvero questo e non un bisogno uterino di sentirsi stretto da qualcuno. Perché io quel tipo di stretta non posso dargliela, semplicemente non ci riesco. Non importa quanto effettivamente egli sia bellino negli abiti che indossa e nel modo quasi sbadato con il quale deve essersi passato l'ombretto: Non sono più quel tipo di persona. Ho smesso di esserla, forse, quando ho capito che Ray era qualcosa per me. E se lo era Ray, figuriamoci ora Joshua.
    Mi rendo persino conto di come sia difficile poi abbandonare certe abitudini in virtù di una promessa capace di tenerele saldamente a bada. E con questo non voglio dire di sentirmi come una suora di clausura che di notte la mano sotto la sottana se la infila e pure di corsa. Dico solo che in circostanze diverse forse questo ragazzino me lo starei già limonando da qualche parte. Perché ha delle belle labbra ed un tipo di forme che fino ad oggi non avevo mai provato addosso. Ma è svilente e capisco bene come egli non sia affatto un vestito da indossare all'occorrenza. Non lo ero nemmeno io alla sua età, quando bastava offrirmi un bicchiere di Gin Lemon per chiudermi al bagno del pub un'ora o due.
    Ma sarebbero circostanze in cui Josh non dev'essere entrato a far parte della mia vita in questo modo. Sarebbero circostanze che vedrebbero Joshua un etero convinto pronto a farsi la sua vita con Lilian. Anche se solo per il gusto di dire di avere ''qualcosa di suo.''
    Ma sono io ad esser suo adesso, così come lui è mio e sentire Caleb parlare di lui in questo modo un po' mi manda in escandescenza. Ma ho promesso che mi sarei contenuto: Ho promesso un'infinità di cose in questi ultimi mesi.
    ''Oh, sei una brava persona, allora.''
    Lo sto solo prendendo in giro per la gentilezza che ha avuto nel non fare battutine idiote su ciò che bevo. Non era la vodka alla fragola a decretare la mia ''anche passione per i cazzi'' e non lo sarà di certo il vodka lemon. Voglio solo qualcosa che sappia di limone o lime e che non sia una limonata per bambini.
    ''A chi penseresti tu?''
    E lo so che sono uno stronzo a ridere, ma non posso farne a meno. Alla fine credo sia solo cortesia mista ad imbarazzo quella che mi fa nascondere i denti dietro il bicchiere che ci è stato appena consegnato. Non brindiamo nemmeno, che non ho voglia di dargli più corda di quanto già gliene stia dando. Credo sia solo l'incapacità a staccarmi da me stesso a non farmi muovere un piede da qui e ad accettare, seppur per mezzo secondo, la mano sul fianco. Poi gliela scosto gentilmente: Che ho bisogno di prese diverse, di dita diverse. Ma non posso dirgli di chi. Non quando fa tutto parte di un piano più grande.
    ''Senti...''
    e mi trattengo dal dirgli che mio marito non deve nemmeno guardarlo e che se proprio gli cade l'occhio, deve far sì che non sia il cazzo a pensare per lui. Perché non deve trovarlo bello, non deve portare con sé il ricordo di qualche movimento che possa poi dargli piacere quando è solo. Non deve nemmeno sperare che un giorno possano cambiare le cose. Anche se Josh non lo vorrà mai, mi dico. Non è gay né gli piacciono i ragazzini. Sono tutte cose che mi convinco di sapere e che poi, dette così, possano avere un qualche senso del cazzo. Non è gay, è che semplicemente tiene a me. In un modo suo e che a me sta bene. Forse più che bene.
    ''Penso non abbia senso interessarsi a qualcuno e poi cercare l'attenzione di un altro.''
    E non lo so com'è che mi esce. Diciamo che nel sentirmi un po' mi faccio strano: Sembro quasi una mamma alle prese col figlio adolescente quando, in realtà, l'unica cosa che voglio è che capisca che alcune distanze deve mantenerle, specie quando non sa con chi sta parlando. E sono cose che effettivamente non avrei mai voluto venissero dette a me. Perché certe cose le si sceglie da soli e non c'è bisogno di qualcuno a ricordarci cos'è che non vogliono che facciamo. Devo ammettere però che non sono affatto pronto nel ricevere una risposta brutta di rimando. Vorrei che le cose fossero semplici anche in questi contesti giusto per aver la convinzione di sapere cos'è che sto facendo.
    ''Anche se Joshua è etero.''
    Non lo so come fa ad uscirmi così. Forse lapidario, forse troppo serio.
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    Da quando scopare è diventato così difficile? Cazzo. Si preme lì il pensiero, in un sorriso che si fa appena più ampio, nel modo totalmente atroce di Caleb di fingere che sia comunque "ok". Che le cosa vanno un po' come devono e le persone non si possono controllare. A volte scontrarsi contro un muro è quasi piacevole, appagante, gli ricorda che per tutto serve una certa dose di impegno. Anche se forse la fama non è abbastanza - ancor - per avere accesso alle scopate migliori solo per il gusto di essere ricercato per primo. Oh dai, ogni tanto è capitato.
    «Non ne ho tutto l'aspetto?» di uno perbene, uno che potrebbe portare la colazione a letto la mattina, e quasi trattare il suo prossimo con un certo rispetto. La cosa importante è che manchi di se stesso, al punto che seguire gli impulsi può diventare distruttivo, ma dannatamente appagante. E questo cerca: soddisfazione, un po' come le collezionasse. Deve averne il più possibile prima che qualcuno della famiglia lo vada a ripescare nel buco in cui si nasconde, a vista, e trovi un modo per portarlo a casa.
    «A te» ribadisce con una certa convinzione, quella nel ridere con lui, mentre lo sa che prendersi in giro resta la sua passione più grande. Mai niente di serio, niente che lo abbatta o gli ricordi che la vita è un'altra. Perché a diciotto anni non è così: te li devi vivere e basta. E Caleb lo fa al massimo, spingendosi avanti così da vedere tutti i limiti che hanno imposto per lui, e masticarli come gomme da gettare sotto le scarpe, o incastrare dietro il bancone di un bar. Ci voglio lui dietro il bancone di questo cazzo di bar. Me lo lavorerei così bene che non se lo dimenticherebbe. Un pensiero a denti stretti in quel sorriso, quando alza le spalle per non dare importanza a cose che ne hanno parecchia.
    Mantiene il sorriso anche quando gli viene scostata la mano, che invece si sta godendo un contatto e lo idealizza in un secondo. Occhi da cucciolo, piantati in quelli di Chrys, ma senza la delusione che inizia un po' a logorarlo. Stringe le labbra, dopo, inumidendole involontariamente, mentre trattiene un respiro. Lo affoga nel drink, in un sorso che si fa lievemente più bisognoso di quanto dovrebbe. Non è comunque abbastanza alcolico per fargli passare la voglia di provarci spudoratamente.
    Non mi serve una lezione su chi farmi piacere. Si chiude un secondo qui, nel voltarsi in un sospiro, premersi la barra d'ottone del banco sulla schiena ed appoggiarvi i gomiti. Sbuffa verso l'altro. Quando le frasi iniziano con "senti" non c'è mai niente di positivo in arrivo, come se ci fosse bisogno di trattarlo come un ragazzino a cui insegnare qualcosa. Guarda Chrys di sbieco. «Dimmi...»
    Per Caleb è un attimo, uno solo che basta a tenerlo distante in secondi che si susseguono, in immagini che non sa più come si cancellino. Un velo di ombre che, come, arriva, si fa anche passare. Che diamine! Ride. E sa come possa sembrare a volte totalmente scollegato ciò che pensa da ciò che fa, il modo in cui agisce dal moto che lo spinge ad estraniarsi. Eppure è così vivo da sentirsi già eccitato al pensiero di poter unire Josh e quel Chrys insieme, in una sola cazzo di stanza. Per la notte migliore della sua esistenza fino ad oggi. «Guarda che non devi mica convincere me che lo sia, lo so già...» non gli piace doversi fare serio per un attimo, ma lo mastica con gentilezza e quel sorriso che ora torna sul volto, incastonato. «Solo che a volte penso che delle etichette non gliene freghi un cazzo» e se proprio dobbiamo parlare di lui, facciamolo, magari mi dici qualcosa che non so. «Fa quello che vuole, quando vuole.. e cazzo se mi capisci lo sai a cosa penso, cosa vorrei che facesse a me. Dio.. » un altro sorriso che soffoca nel fondo del bicchiere, tra una risata ed uno sfuggente sguardo sognante. «Ma» tiene un dito puntato su Chrys, si volta a mezzo busto ed il bicchiere vuoto tintinna sul bancone. «Non significa certo che sono rimasto vergine per aspettare lui. So come ci si diverte anche senza Joshua.» E di questo nessuno può davvero dubitare, non quando, lascivo, gioca ancora con la collana di perle, ancora. «Non ti piaccio proprio per niente? Neanche un pochino... » la voce diventa un sussurro vellutato e si, Caleb fa di nuovo un passo avanti ma stavolta senza toccarlo. Toccami tu, cazzo.
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    26.
    In realtà non lo conosco il termine per descrivere Josh. Non ci ho mai pensato e credo sia da sciocchi dover trovare per forza un'etichetta nel quale inserirlo. Mi piace l'idea che lui sia Josh e basta. Non Josh l'etero o quello che le etichette non le vuole, un po' come dice Caleb. Mi piace credere che sia unico al mondo e che tutto ciò che è sia descritto nelle lettere del suo nome. Perché per me Joshua è un'infinità di cose che non so nemmeno espletare. Perché è una questioni di sensazioni che non credo abbiano un loro nome. Sono lì, è qualcosa che arriva all'improvviso e così mi è sempre stato bene.
    Evito di dirgli che è un bravo ragazzo e me ne pento, perché se lo avessi fatto forse adesso non mi ritroverei con il bicchiere già vuoto, scolato a forza di trovare una scusante a delle parole che non ho propriamente voglia di pronunciare. Perché non so come rapportarmi con gli altri quando nel mezzo non c'è l'obiettivo di finirci a letto. Non so come si stringono nuove amicizie o se è qualcosa di fattibile per noi. O piuttosto per me, che non so prendermi cura di nessuno, nemmeno di me stesso.
    '' Sì bhe, suppongo non gli dia importanza.'' Ma in realtà non lo so con certezza, non ne abbiamo mai parlato: Così come non abbiamo mai aperto il discorso su come abbia capito che gli piacessi io. Non so nemmeno se sono l'unico con cui è stato: Non voglio saperlo, forse. Mi sta bene pensare di essere stato il primo. L'unico. ''Credo, insomma. '' Lo guardo e spero nello scorrere veloce del tempo: Perché Joshua mi manca da due intere settimane e sento che in miei impulsi non saprebbero reggere qualche minuto di più. Non qui, non quando so che in qualche stanza c'è anche lui, ma a stimolare le mie voglie, che oggi è troppo facile, c'è un ragazzino.
    ''Non è questo...Caleb.'' Non è che non mi piace. Sarebbe anche il mio tipo: Ma c'è stato un periodo in cui tutti erano il mio tipo, tanto che nel mettere vicino Ray e Joshua è palese come non esista alcun filo conduttore tra i due. Non so nemmeno se il mio tipo è proprio Joshua. Lo trovo perfetto, dalle cicatrici agli occhi, ma non ho mai pensato a quali fossero davvero i miei gusti. Forse a me piacciono gli insiemi di cose. Forse lui spicca tra tutti gli altri per ciò che è stato. Per ciò che continua ad essere.
    Tiro su la mano sulla quale tengo l'anello di Joshua. Sta lì da che me l'ha dato, strano non ci abbia fatto caso. ''Mi devo sposare...ed ero venuto qui per dare la notizia a Joshua.'' Un'altra piccola bugia a fin di bene. ''Magari oggi non è propriamente il tuo giorno fortunato...non con me.'' Scrolla le spalle e alza una mano per richiamare di nuovo il cameriere. ''Possiamo solo farci compagnia...se vuoi.''
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    Qual è la cosa peggiore che può capitare?
    Se l'è chiesto, lo fa sempre, da bravo ragazzo. Lo hanno educato bene, ma molto meno dal punto di vista ossessivo sessuale, tanto che giocare con la collana di perle è solo una cosa come un altra per avvisare che quelle perle potrebbero bene stringersi attorno a due corpi. La corda saprebbe tendersi, logorarsi tra gemiti ed ansimi, tra voglie nn così represse che gli gonfiano i genitali e dopo, beh, dopo - cazzo se ho voglia adesso - esplodere in mille sfere sparse a terra e lungo le lenzuola. O sulla moquette del guardaroba. Ovunque io riesca a trascinare Chrys. E lo sa che il tempo si accorcia, che più passa e più spera che Josh resti impegnato in inghippi logistici con i manager. Seppur Caleb sappia essere molto veloce in alcune situazioni. Scommetto che saprei farlo venire in cinque minuti, puliti puliti. Sorride a se stesso, tanto che in principio il modo di biascicare dell'altro passa in secondo piano. Ecco questo finché non compare un diamante al dito. E non il suo. «Merda...è enorme!»
    E per una volta non si riferisce ad un membro genitale maschile. E neppure al suo, o al modo in cui vorrebbe lo appellassero. No, è per l'anello che gli fa bruciare le ossa in un istante. Lo spiazza. La cosa peggiore è questa: trovarsi uno sposato, che a questo punto non è propenso a chiudere un occhio sugli ultimi attimi di libertà. Cazzo no, un caso perso. Non sa proprio cosa dire, che "congratulazioni" sembra piuttosto falso quando ha un broncio in viso. Una sorta di tristezza infantile, come se gli avessero occupato la giostra più bella del luna park e non ci fosse consolazione neanche nello zucchero filato, o in una frittella grande come un disco volante e ricoperta di cioccolato. Lascia andare le perle, come se queste avessero preso ad ustionare all'improvviso. Non che a Caleb manchi l'iniziativa con gli uomini sposati, certo che no, ha diciotto anni e troppi ormoni, ma questo qui sembra già così restio che non è sicuro, ora, di volerci ancora perdere tempo. Deve sfogarsi, ed ora è evidente quanto sia un'esigenza. Oh, una che a malapena intravede anche in Chrys. Allora lo sa come la tristezza muti in una sorta di piccola ed accattivante sfida. Ancheggia in avanti, si sporge, toglie la mano dal bancone e la porta al cavallo dell'altro, all'improvviso, veloce in una stretta che si fa appena concitata. E nel farlo si avvicina all'orecchio di Chrys, gentile, quasi innocente. «Auguri, allora...» Caleb profuma di deodorante scadente e fiori di ciliegio, e lo sa. «Vado a trovarmi qualcuno da scopare, belle chiacchiere eh ma, ho le mie esigenze.» un occhiolino e di nuovo la mano si ritrae. «Peccato»
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    26.
    Deglutisco. E lo so che è solo una risposta istintiva questa, perché poi nella stretta che lui concentra sul cavallo dei pantaloni io non posso fare a meno di voltarmi per fissare i miei occhi nei suoi. E non lo so se sono più incredulo o confuso: Che nemmeno io, alla sua età, mi sarei immaginato di far una cosa del genere. Ma forse non siamo così simili come pensavo: Forse almeno in questo ci differenziamo. Allora dove io sono più timido e pronto a lasciarmi desiderare, lui è più espansivo, più schietto. E lo invidio, per un certo verso: Perché la sua dev'essere davvero quel tipo di libertà che ti permette di aver tutto nonostante poi il cinquanta per cento delle cose ti vadano male. Lo invidio perché io, per arrivare dov'è arrivato lui oggi, ci avrei messo il doppio del tempo. Mi sarei prima ambientato e solo dopo qualche sguardo di approvazione allora avrei lasciato scivolare la mano sul cazzo di qualcuno. Ma solo in quel caso.
    Allora lo guardo e non lo so esattamente cos'è che ho voglia di fare adesso. O almeno, in che modo ho intenzione di rispondergli. Perché vorrei che l'ultima battuta fosse la mia e che queste dita non mi lascino poi impossibilitato nell'alzarmi dallo sgabello per corrergli dietro. Respiro. Respiro piano e senza concentrarmi troppo sul profumo che emana. Che no, non è il profumo di Josh, ma comunque qualcosa di distintivo, che so bene come da qui in poi mi ritroverò ad associarlo a lui e poi alla sua mano. Alle sue dita. Cristo che follia: Non mi sentivo così stupido dai miei diciassette anni. Credo persino di averle bagnate le mutande o comunque di aver dato troppo importanza alla sua presa perché ora si che è enorme e no, non è dell'anello che stiamo parlando. ''Sei un po' uno stronzo, sai?'' Glielo sibilo nel medesimo tono, stringendo un po' i denti e cercando di non allungare troppo una mano in sua direzione. Non voglio che la intenda come una resa nei suoi confronti: Non ho ancora perso alcuna battaglia. Sono qui, immobile e ferreo nella mia decisione. Che tradire Joshua è l'ultima cosa che mi passa per la testa...a meno che non sia lui, poi, a chiedermi di fare una cosa a tre con il suo giovane bassist...no, a che cazzo penso.
    L'unica cosa decente è che almeno ha deciso di lasciarmi come un salame nel bel mezzo di una bevuta che no, non mi aiuterà subito a buttar giù il coso. Spero che nessuno ci faccia caso. ''C-cià.'' Spero non ritorni indietro.
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    27.
    Ti ho mandato il vinile sperando che facesse traboccare la tua pazienza. Sono uno stronzo, un egoista, un fottuto adolescente che ora non sopporta più niente. Ho sperato che arrivasse in tempo per sfiorare il bordo d’acqua, per aggiungere quell’ultima goccia a farti decidere di venire da me, perché non ne puoi più della distanza. Perché sono una fottuta calamita a cui non sai stare distante, perché ti dispiace che io non sia con te ogni giorno. Che io sono ossessivo e voglio tu lo sia per me. Con me. Che tu non ne possa più, perché io non ne posso più. Ed ora ho la tua falena con me, le zampe si sono posate dietro il collo e per un attimo ti ho maledetto. Lo so che non ti ho guardato fino in ultima, ma non ne avevo bisogno, sapevo che c’eri e tu l’hai capito quando ho sorriso involontariamente alla folla che avevo davanti: ma era per te, e la tua dannata apparizione. E’ stato bello, l’ho sentito nelle vene quando guardandoti ho capito che non si è ancora spezzato niente e, più di tutto, che stai bene. Sei vivo, sei qui, la minaccia esiste ma ancora non ti ha toccato al punto da rovinarti. Bastava questo. Che un po’ Roger adesso non lo sto ascoltando, i miei sensi si fermano sulle ali che non sbattono, sulla voce di Gale che sta bestemmiando perché ad un certo punto la chitarra non suonava più, che momento del cazzo. Si parla dei prossimi eventi, di assumere un nuovo guidatore e tante altre stronzate che non sento. Le loro bocche si aprono, si chiudono, ma io penso solo alla tua. Quanto cazzo me la sono sognata in questi giorni. Ora la voglio.
    Mi lascio un sorriso di circostanza, quando decido che mi sono rotto le palle di aspettare. Tutti molto simpatici ma io ho un impegno, tant’è che nel mantenere il giusto rapporto in questa stanza, ho bisogno di metterti da parte un secondo. Pochissimo, il tempo che mi basta a stringere ancora qualche mano e, nell’uscire, liberarmi di ogni cosa. Punto a te.
    Trovarti è facile, sei lì al bar ma non sei solo. C’è Caleb, mi circondo sempre di piccoli stronzi avidi e me ne rendo conto quando gioca con te come una ragazzina in calore. Oh, questo non va bene. Non sa che sei mio, non sa che deve stare attento e che quella dannata mano gliela trancio in uno solo gesto. Ce l’avrei. Giuro che se non fossi così felice di vederti valuterei un’improvvisa quanto illogica sostituzione dell’ennesimo bassista. Passi la sua ossessione per me, ma tu, Chrys, non devi stare nei pensieri di nessuno. Puoi vivere solo nei miei e no, no che non mi rendo conto di quanto suoni possessivo. Ringhio nel buio che mi avvolge, e che tu possa vedere questi fari gelidi che ti punto addosso, prima che con loro esca il mio profilo ed un sorriso che ti accolga per come sei: fottutamente bello. E poi si, diciamo che sono troppo su di giri per prendermela se ti è venuto duro con un ragazzino, anzi, penso sia l’esatto motivo per cui rido mentre mi avvicino. Sono lento, e non per vanità, ma perché tu sappia che un po’ questo scotto me lo paghi. Molto caro. «Ciao» devo proprio dirti altro? Non penso. Mi fermo così ad una distanza che sia sufficientemente amichevole, niente di simile a quanto Caleb si sia strusciato. Soffri un po’ Chrys, andiamo. Che io mi sto violentando per stare fermo a sorridere. Anche se cazzo hai l’abilità di sciogliermi così, che non voglio si veda quanto questa espressione sia per te.
    «Carino mh?» Caleb. Gli lancio uno sguardo solo per assicurarmi che sia lontano, così mi prendo il mio tempo. Allungo le dita che, invece di sfiorarti - e lo sai ora quanto mi costa - spingo intorno al bicchiere che ti hanno appena portato. «Questo è mio» che no, non è vero, e velocemente guardo cosa cazzo hai tra le gambe, senza smettere di ridere pure se le corde vocali non mi aiutano, che le ho logorate troppo e raschiano il fondo ormai. Mi schieno la tua vodka senza pensarci. Con questa scusa mi sono avvicinato per forza, quello che basta a sussurrarti che: «E anche quello lo è» Lo mastico insieme alla foglia di menta che ti avevano lasciato dentro il bicchiere. Sei qui.
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    Edited by nocturnæ - 12/10/2021, 22:42
     
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    26.
    Ho un tonfo al petto quando lo vedo. Il cuore penso abbia mancato qualche battito e le ossa, boh, forse si sono raddrizzate da sole. Sento tirare ogni singolo muscolo, ogni tendine. Ed è una sensazione così strana che quasi mi da fastidio. Deglutisco di nuovo. La mano però non la porto all'ennesimo bicchiere di vodka lasciato scivolare sul bancone umidiccio. La tengo immobile, quasi sospesa nel nulla. Non lo so cosa voglio acchiappare con precisione. Dov'è che voglio lasciarla scivolare quando ciò che è evidente, ormai, non posso nemmeno nasconderlo più di tanto. Mi scappa un colpo di tosse e so che non ha senso adesso, che è tutto ciò che uno farebbe per farsi scoprire. Ed io non voglio essere scoperto, né tantomeno essere colto in flagrante da lui che...cazzo, non mi aiuta affatto a sentirmi meglio. Mi sento peggio. Mi sento malissimo. Isso i gomiti sul bancone e prendo fiato. Gli sorrido e cazzo se devo aver tirato fuori il sorriso più forzato della mai vita. ''Ehehei.'' Lo saluto in un risolino che mi muore in gola e lo fa quando cerco di non soffermarmi troppo sui lembi di pelle che si intravedono sotto il completo in pelle. Mamma mia quanto ci sta bene. Come gli sta da Dio. Chissà se è ancora sudato. Chissà che odore ha adesso. Respiro, ma non lo faccio per tirarmelo a forza nelle narici. Respiro solo perché non mi resta altro da fare che concentrarmi qualcosa che non sia lui. Ma non so com'è che si faccia a staccargli gli occhi di dosso, non quando per tutto il concerto si è mosso in quel modo e adesso, adesso mi sta ad un palmo dal muso come se nulla fosse. Quanto vorrei non averci mai scopato: Non saprei cos'è che mi sto perdendo restandomene qui, buono buono a nascondere un'erezione che continua ad essere stupidamente alimentata. Oh quanto mi è mancato. Sto già immaginando tutte quelle cose che Caleb ha detto poco prima. Ogni singola cosa, ma con Josh partecipe. Soggetto principale delle nostre stupide fantasie erotiche. Ingoio l'ennesimo rospo e scosto la gamba come per fargli spazio. Mi tremano le mani, cazzo.
    ''Il posto?'' Sto palesemente facendo finta di nulla. O almeno, ci sto provando. ''Figo, sì. Anche se da fuori non gli avrei dato mezzo nichelino.'' Ho ancora il sorriso tirato su fin sopra gli occhi. Lo sento perché lo zigomo tira così tanto che mi si potrebbe spezzate da un momento all'altro. Guardo le dita afferrare il bicchiere e mi chiedo quant'è che ci voglia prima che ad essere afferrati siano i miei polsi. Credo di star andando a fuoco. Credo di sentir persino la pelle arrossarsi nell'inguine. Voglio morire adesso. * Colloquium ''State giocando...non è vero?'' E lo dico in un ringhio che apre nell'immediato il canale mentale con lui. Che non ci riesco a parlare, non riesco a fare nulla adesso: Vorrei solo sdraiare il volto su questo bancone e chiudere gli occhi. Che magari passa. Che non posso trasformarmi adesso e scappar via. Perché insomma, mi sembra si siano messi d'accordo. Mi sembra tutto un modo stupido di testare quanto tempo ho prima di implodere totalmente in me stesso trascinando con me ogni fottuta cosa. Però cazzo che buono il mentolo che si mischia al sudore. Cazzo se è il mio nuovo profumo preferito.
    Lo odio.
    Batto il quinto metacarpo sul bancone. A pugno chiuso. ''Sei uno stronzo anche tu, appuntatelo.'' Prendo fiato anche se non sto parlando. Anche se non ci sono poi molti motivi per aver la gola così secca. ''E dimmi subito dov'è il bagno.'' Che in camera o dovunque alloggi non ci arriviamo, non per tempo.
    Nome: colloquium
    Requisiti: 18 II lezione I anno
    Tipologia: telepatia
    Descrizione: stabilisce un canale telepatico tra due persone, più forte quanto più è ridotta la distanza, più facile quanto più è forte il legame fra le due persone. Il contatto deve essere accettato dal ricevente. Può essere usato per comunicare tramite linguaggio. Il canale può essere aperto con una persona alla volta e viene interrotto immediatamente se si tenta di aprirne un altro o se si accetta un altro canale telepatico.
    Formula: colloquium
    Durata: da 1 a 3 turni a seconda di quanto è forte il legame fra le persone
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    Ogni movimento è solo uno studio, un gesto che porto avanti perché tu impazzisca e lo so, certo che sono uno stronzo. Ma tu non hai idea di quanto voglia giocare, di quanto i miei respiri siano condizionati ai tuoi e di come io debba mostrarmi molto meno un ragazzino. E allora lo lascio fare a te, in una tortura che non sai, forse non ti rendi conto perché non lo paleso ma intorno non c'è nessuno per me. Solo tu. Come se avessi una cazzo di luce che trascina ogni ombra sul mondo. E così non va bene, non qui, non finché non potremmo dire cosa cazzo siamo uno per l'altro, almeno pubblicamente. Che in fondo non me ne frega un cazzo che la gente approvi o capisca. Voglio solo poter prendere il muso che ti ritrovi nel tentare di parlarmi d'altro, e baciarti finché non avrai più fiato, e così neanche io. Lo so che stai vibrando adesso, che mi basta sfiorarti per caso - che non lo è mai, un caso - per farti tendere di più: posso vedere la tua pelle gonfiarsi, allungarsi, rifiutarmi perché devi. E non pensare che quello che succede a me non sia niente, sto letteralmente bruciando, tanto che non ho intenzione di tirarla per le lunghe, che voglio chiuderti con me per giorni, tutti quelli che il tour concede e che io egoisticamente mi prenderò. Dimenticandomi di Alice, che neanche so chiederti dove l'hai lasciata o a chi, e non voglio che tu me lo dica, voglio farti mio molto prima che possa anche solo connettere il cervello e ricordarmi di essere un padre. O almeno di averlo deciso.
    Rido al modo che hai di volermi parlare nella testa e per un attimo fingo di non sentirti, così da lasciarti il dubbio che abbia funzionato oppure no. *Ti sei fatto lusingare da un ragazzino... devo preoccuparmi?* e di fuori non c'è niente che non sia un vago sorriso lasciato al barista verso cui spingo il drink ed a cui chiedo alcune bottiglie da portare nella mia stanza. Loro ci aspetteranno lì, ma tu non hai spazio per attese. Cazzo se non ne hai. Scuoto la testa.
    Ti guardo solo ora, ora che posso permettermi di perdermi un po' e le tue fottute esigenze sono anche lei mie. La tua pelle, i tuoi occhi, le tue labbra. Dio non lo so quanto resisto, che si secca la gola anche ai migliori. E no, non sono uno di loro fino a questo punto. Guardati, sei meraviglioso cazzo. Probabilmente ora saresti un miraggio anche con due stracci a caso ed indossati male, ma tu invece ci hai pensato a cosa metterti, e forse hai sperato che io ci mettessi molto poco a toglierti tutto.
    *Se te lo tocca di nuovo, è morto* non so essere gentile, non lo so mai cazzo, ed infatti nel mio sguardo lo leggi bene che ho intenzione di imporre un fottuto sigillo anche su questo. *Seguimi* che in bagno ti ci porto io, che voglio vederti morire con me, che non so più come cazzo si fa a camminare sapendo che mi seguirai ma senza tenerti per mano. Che io vorrei trascinarti ma non posso, non qui e non finché non saremo in camere. Ma tu lì non ci sai arrivare e, a giudicare da me, neanche io. I bagni sono lungo un corridoio che percorro, ma che non raggiungo. Mi sa che sto già perdendo la testa in partenza, perché mi basta un angolo buio ed uno scatto per chiudere le dita sul tuo polso e trascinarti tra le ombre che aumento, così in un'alcova buia del cazzo, nello svoltare di un corridoio che potrebbe popolarsi da un momento all'altro. Ti tengo così stretto che non so se respiri, ma ho bisogno di averti tanto vicino da ricordare il tuo profumo sulla pelle. Tanto che lo respiro chiudendo gli occhi, come se solo ora i polmoni sapessero riempirsi di nuovo. «Ehi» ancora, ad un respiro da te.
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