What you need is a ghost

But there's no friendly ghost... | Marigold/Chrys | 20 Maggio | Villa Sinister

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    evo essere onesta, Chrys.»
    Un sibilo profondo, che non si diffonde nell'aria, non fa alcun eco, ma risuona chiarissimo, perfettamente nitido al suo orecchio nel momento in cui sorpassa la barriera che protegge la sua casa. La sua, perché son mesi ormai che non entri, non ti fa entrare, da quando è successo l'incidente a Joshua. La cosa più divertente degli ultimi anni, hai scoperto. Se lo è proprio meritato di perdere l'occhio, sì. È stata la cosa più giusta che Peter potesse fare prima di morire.Povero Peter, almeno una soddisfazione se l'è presa. Se ne è andato nel modo più ingiusto possibile, ma almeno si è portato dietro qualcosa. Ah, un grazioso circolo di morte e di violenze, no? Iniziato da Peter? No, non è stato veramente lui a dargli avvio. La violenza chiama violenza, e i violenti di natura finiscono prima o poi per venir ripagati con la loro stessa identica moneta, quella che è caduta dalle loro stesse tasche. Non è colpa di Peter no, se è morto. Del resto le persone non sanno scegliere, e Peter dietro le sue azioni aveva degli intenti, dei buoni intenti, anche per te, Marigold. Tuo fratello invece? No, tuo fratello si è solamente scelto qualcuno che si chinasse alle sue storture invece di raddrizzarle.
    Vomitevole.
    «Avrei pensato di tutto tranne che tu avessi anche paura di me.»
    Perché ti piace pensarla così: che non sia solo disprezzo, sia paura. Codardia. Del resto è più facile per lui così no? Allontanare con ogni subdolo mezzo ciò che gli fa più paura. Se non fosse così codardo allora ti affronterebbe, avrebbe il coraggio di farti entrare in casa senza escluderti così in via preventiva, come se fossi un qualsiasi altro spettro.
    Ahn, no… non hai mantenuto la promessa fatta a Morgan Crain, no, evidentemente no. Ma non hai fatto danni, te ne sei stata buona ad aspettare, su questo non ti può dire niente. Sceglierti la pace o qualcos'altro poi non spettava di certo a lui. Quello compete solamente a te stessa, quelle poche cose per le quali hai ancora un barlume di potere decisionale.
    Te resti poggiata fuori dai cancelli, un'ombra cangiante con un sorriso tirato sul volto che riappare e scompare con i flussi d'aria, ma che resta lì, come una maschera, a fissarlo.
    «Quanto ancora deve durare il mio espatrio? Da casa mia
    Perché gli hai pure concesso di crederti scomparsa per sempre, sparita, finalmente andata in pace. Oh, sì, ti sei divertita a fare anche questo. A dargli respiro, soltanto un poco, a concedergli il tempo di dedicarsi a tutti i suoi problemi collaterali, a costruirsi la sua bella famigliola, nel suo bel nido, nella sua bella casa. La TUA bella casa. Stuprata. Relitto nero incatramato, crogiolo di perversione.
    «Credo sia durato abbastanza. Fammi tornare a casa.»
    Sarcofago.
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    ei solo un richiamo. Un sibilo tra i venti che non so non seguire. Nemmeno quando mi alzo dalla sedia a dondolo stringendo ancora tra le labbra la sigaretta, che nei passi incerti, tremanti, comunque avanzo. Lo faccio anche se è da mesi, ormai, che non muovo un muscolo se non in compagnia di Josh. Che mi sposto, sì, ma solo in funzione sua od in sua attesa. In un modo del tutto tossico, non lo nego, ma che nel rimarcare sa farmi sentire a casa, al sicuro.
    Il Bronx sotto di noi è solo un ammasso di luci e rumori: I nostri genitori, a modo loro, erano stati bravi a scegliere questo posto in cui vivere. Un luogo che potesse non lasciarci tanto distanti dalla vita, ma che, al col tempo, potesse donarci la nostra privacy. Essere per noi un rifugio. Un rifugio che tu, prontamente, decidi di violare.
    E non mi sento in colpa, no, quando facendomi più vicino, passo una mano lungo il tatuaggio ancora fresco. Che dopo Mordin non voglio più sentirne parlare di fantasmi. Né di quelli buoni come te, né dei peggiori che si possano incontrare. Ed è solo un modo che ho per mantenermi in equilibrio: La sigaretta ancora sulle labbra e la mano a muoversi circolarmente lungo il petto. Come quando ci passa la pomata Joshua. Piano piano, lentamente, senza saltare alcun pezzo.
    Ma la sfilo, lo faccio subito quando ti vedo oltre la barriera che non oso superare.
    Perché io resto dalla mia parte, da quella di mio marito e non so usare un passo che possa spingerci a tradirci entrambi. Io non so fidarmi di nessuno, Marigold e questo tu lo sai bene, benissimo. Non farmene allora una colpa, ti prego, se nello spostare la sigaretta dalla bocca alle dita, lascio sfuggire un sospiro.
    ''Non ho paura di te, Mari...''
    Ed è vero: Le mie paure sono sempre state ben altre, solo che non ho mai avuto modo di comprenderle, di interiorizzarle a dovere. E questo è un discorso che sto iniziando a prendere in considerazione solo in questi ultimi mesi, quando ripensare a te mi porta a comprendere meglio ciò che sono e ciò che non sono riuscito a fare. Per questo ti accolgo con sguardo basso, quasi triste: Perché non c'è mai una volta in cui percependoti io non mi senta di aver potuto fare qualcosa. Se non avessi avuto paura della morte, se non avessi avuto paura del tuo amore, probabilmente non sarei mai fuggito. Ma questo non te lo dico, non quando ho l'impressione che non avrebbe più senso.
    ''Ma non puoi tornare.''
    Lo alzo solo ora lo sguardo, stringendo gli occhi in fessure piccolissime. Perché sì, non sono un bravo fratello, non lo sono mai stato, ma mi dispiace, mi dispiace davvero non poter tornare indietro e risistemare le cose. Averti in vita, viverti insieme a Josh, insieme ad Alice.
    ''Per far tornare te dovrei tirar giù ogni barriera e non posso permettermelo. Non possiamo permettercelo. ''
    Io non so se puoi capire quel fuoco che mi monta dentro quando si tratta della mia famiglia. La mia famiglia, Mari, lo capisci? Quella cosa che non ho mai sentito di poter avere con mamma e papà. Qualcosa di mio, qualcosa che potrei davvero proteggere con ogni mia forza, con ogni mia capacità.
    ''Posso trovarti un nuovo posto in cui stare, se ne hai bisogno. Un posto accogliente, qualcosa di bello e senza troppi inquilini strani ad infastidirti.''
    Che sono stufo di vivere dei fantasmi del mio passato. Dobbiamo andare avanti, dobbiamo superarci, Mari. Dobbiamo accettarci, lo sai.
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    isgustoso. Semplicemente disgustoso il modo col quale prova persino a fingere di tenere in qualche modo ancora a te. Ridicolo. Come se potesse davvero credere che siate pari, che possiate andare avanti, superarvi. Ah no, no, i conti non tornano, non è stato pareggiato niente. Ma Chrysanthemur non li sa fare i calcoli. Pensa che tutti gli sia dovuto soltanto perché dopotutto qualcosa se la merita. Mh? E come? Strappandola agli altri, certo. Si chiama egoismo. E il peggiore egoismo è quello di chi si crede modesto, mite. Il peggiore egoismo è di quello che si crede benevolo. Chrysanthemur neanche si rende conto che no, non potete superare proprio niente, proprio perché tu hai sempre dato e lui invece non ha fatto altro che togliere, e togliere, e toglierti. Accettarvi? No… Sta solamente cercando di percorrere la via semplice, quella dove cerca di fregarti di nuovo, dove ti dà l'illusione di poter ricominciare da capo o di livellare ogni cosa, per poi invece continuare a togliere, e togliere e togliere ancora.
    Pensavi che già essere morta era abbastanza, ma a quanto pare il mondo dei vivi riesce sempre a sorprendere. O meglio, sono proprio i vivi che lo fanno. Quei vivi che dovrebbero essere morti. Se si invertissero i poli, si girasse la clessidra, e i morti fluissero di nuovo dentro i loro corpi, e i vivi invece scivolassero al vostro posto nella Cortina, forse il mondo sarebbe un posto migliore, più giusto. No, la morte non è stata abbastanza, neanche per lui.
    «Scusa non capisco a questo punto cosa è che dovreste temere.»
    Tutto. La risposta è tutto. Dovrebbero temere le loro stesse paranoie, e probabilmente anche tutti i nemici che sono riusciti a farsi. Perché è così no? La violenza si spande da ogni parte, non è mai rivolta ad una e una sola persona. Fuoriesce, è come melma che risale dai tombini e forza le giunture del metallo, ed esce piano, a rivoli, ma esce. "Non possiamo permettercelo". Certo che no. Da un lato allora speri che rimangano in eterno quelle barriere, così che possano rimanerci altrettanto eternamente dentro a consumarsi lentamente di tutti quegli spettri che invece la casa la abitano, la abitano eccome.
    «Si chiama paranoia. Non superi neanche la barriera per parlare con me.» che sono innocua, non potrei farti nulla. Sono sempre tua sorella.
    Ha proprio questo nome. E anche se adesso sembra un ammonimento in realtà è proprio la stessa malattia che auguri loro di avere. La paura atavica e ingiustificata, e poi la follia, l'ammattimento, quello che prima o poi scardina tutto e fa uccidere e sacrificare al niente anche le presunte persone amate. Tutte immolate agli déi Oblio e Annullamento. Che si ammazzino a vicenda credendo di inseguire il Sole.
    «Un nuovo posto. Mh…»
    Disgustoso. Semplicemente disgustoso.
    «Potevi preoccupartene prima eh di un posto nuovo e bello per me. Mi avete sfrattato senza neanche chiedermi il permesso. Il mio posto era casa mia.»
    E questo è vero, questo ti scivola tra le labbra con un rammarico che vuol sembrare ancora più sincero di quanto in realtà non lo sia già. Il tuo posto era casa e aveva senso che lo fosse, sarebbe stato l'unico posto al quale ritornare dopo una morte del genere, dopo che non ti era rimasto nulla. E invece no, invece ti ha tolto anche questo. No, non si può superare proprio niente di niente: sarebbe da folli se tu continuassi ad ignorare tutto quello che tuo fratello ti ha fatto.
    «Ma immagino che i morti sono morti, no? L'intangibilità sottrae molti più diritti di quanto si possa immaginare.»
    Non si tratta neanche più di pretendere il suo affetto, quello non c'è mai stato. Si tratta solo ed unicamente di te stessa adesso, Marigold. Chrysanthemur, Mordin, non ha fatto altro che togliere a te per fagocitare tutto quanto lui.
    «Ho parlato con mamma e papà.»
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    on voglio fingere di essere ciò che in realtà non sono. Non voglio nemmeno provare di essere qualcun altro, qualcuno che per anni ho considerato migliore di me e che tutt'ora, nei momenti peggiori, continuo a rimpiangere come se avessi perso davvero un migliore amico.
    Non avrebbe senso, d'altronde, nemmeno aspirarci in un qualche modo: Perché si vedrebbe che mento, perché tutto ciò non sarebbe nelle mei corde. Non sarei perfetto, affatto, neanche per un istante.
    Dunque scusa, Mari, se nell'ascoltarti io non faccio un passo indietro, ma nemmeno in avanti. Che non sono ancora pronto ad affrontare te, così come tutti quelli che sono come te. Non quando uno di loro è stato tanto forte da resistere alle nostre barriere, perché le abbiamo tirate su quando lui era già dentro, quando ad ospitarlo ero io, inconsciamente. Sotto questa pelle, sotto questa carne putrescente.
    ''Sì...''
    Sibilo in un fil di fiato. Quasi come se avessi paura di farmi sentire da Josh. Di dover ammettere, a lui, per il quale sto cercando di fare ogni progresso possibile, che ho ancora su le mie paranoie. Che da quelle non mi scollo facilmente, che non le so abbandonare. Non so farlo. Così come non mi viene facile lasciar andare Mordin anche se Edric me lo ha strappato via. Anche se ora non è più qui a sussurrarmi nella testa. La mia mente è libera, libera alla paura, sì.
    ''Non me la sento, Mari.''
    E voglio davvero mostrarmi sincero come non lo sono mai stato. Che non sono più il Chrys di un tempo, anche se ogni tanto torno a marciarci su quei pattern. Che a volte nell'armadio ci torno. Lo faccio per urlare e sperare che Alice non mi senta. Lo faccio per nascondere della lacrime che non posso permettermi di piangere via. Gli uomini non piangono, nemmeno io che non sono mai stato un uomo per mio padre.
    ''C'è una bambina in casa...''
    E lo dico perché lo so che tu la conosci. Che Alice ci ha parlato con te. Si è ambientata, avete fatto amicizia o almeno questo è quello che lei ha creduto anche se non le ho mai spiegato chi fossi. Che mi stava bene l'idea dell'amico immaginario. Mi è servita a gestire poi la vostra separazione. Sai, Alice, i bambini crescono, no? E gli amici che sentiamo vanno dai bambini più piccoli.
    E non so nemmeno com'è che mi sia uscita. A volte ho paura di essere troppo strano persino con lei. Troppo inquietante.
    ''E questi...questi sono stati mesi di merda...capiscimi.''
    E lo sento, per un istante, di star chiedendo comprensione a chi forse non ha voglia di comprendermi. Perché provo a leggere nel tono della sua voce una risposta alle mie interazioni. Che cerco nella testa gli insegnamenti di Joshua, le mie stesse esperienze per capire al meglio cos'è che mi sta succedendo.
    Ma non ti dico cos'è che ci è successo: Sono cose che non so dire ad alta voce. A volte fatico persino a pensarle, figurati.
    ''Scusa ma...ma sei tornata dopo tanto tempo e...sì, hai ragione, non ci ho riflettuto, sono stato preso dall'impulso e...''
    Lo accetto. Ammetto il mio errore, ma non me ne pento, scusa. Perché rifarei ogni cosa per tenere al sicuro mio marito e sua figlia. Ogni fottuta cosa, anche se esorcizzare te, se fosse necessario.
    ''Fammi rimediare.''
    Vorrei farlo, davvero.
    ''Se non vuoi infestare un'altra casa a tua scelta, allora fammene trovare una...la scegliamo ins - ''
    Ma mi blocco. Non mi rendo conto di come il viso finisca per contrarsi. Come l'espressione che indosso ora non sia più una delle migliori che io possa indossare o sfoggiare. Che non mi piace parlare di mamma e papà: Per me Oleander ed Erika sono morti da tempo, troppo tempo, anche se per anni hanno continuato ad infestare queste mura.
    ''Non mi interessa con chi hai parlato.''
    Glaciale. Che non voglio rivangare nulla dei nostri genitori. Io li detesto. Detesto Erika, terribilmente. Per ciò che ha fatto ad Oleander tradendolo, per non essere mai stata di conforto per noi...o...o solo con me.
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    osa vuoi che te ne importi della bambina. Adesso che non c'è più Peter non te ne importa proprio più niente. Come non ti importa di tutte le altre persone che tuo fratello ti ha imposto da quando sei uscita dal tuo eco di morte e hai trovato la tua casa, il tuo posto, l'unico al quale saresti potuta ritornare, in quello stato. Non ha fatto altro che importi, e importi, e importi continuamente le sue scelte, solo le sue cazzo di scelte e i suoi egoismi che continua ancora a farti passare come necessità, con un pietismo al quale non dovresti far altro che sottostare, secondo la sua idea, se possiedi ancora un cuore e un barlume di gentilezza.
    "Non me la sento, Mari."
    "C'è una bambina in casa, Mari."
    "Sono stati mesi di merda, c a p i s c i m i".
    «Lo capisco, so come ci si sente. Non per fare vanto della miseria, ma credo che tu non abbia idea di cosa voglia dire passare veramente un periodo di merda. Dovremo farcela un giorno una chiacchierata, non ho mai avuto l'occasione di spiegarti che tipo di esperienza sia la morte.»
    Non sai cosa sia più fastidioso, se sia il chiamarti con il tuo nomignolo oppure il chiedere la tua comprensione.
    «La morte passa sopra tutto. Piega anche i più forti, piega qualsiasi intenzione.»
    Ci manca solo che ti chieda comprensione per averti lasciata morire e poi averti cancellata dalla sua memoria e da quella della tua casa. No, la verità invece è che lui ci ha riflettuto eccome, più che abbastanza, per decidere di raschiare via la tua esistenza e tutte le tracce tangibili che la tua vita aveva lasciato su questa terra, in questa casa. Sono pochi i posti dove la sua igiene paranoica non sia arrivata. Sono così poche le persone che si ricordano della tua esistenza, forse un paio, ed una è morta esattamente come te. Lo sapeva quando ha deciso di cancellarti che saresti potuta ritornare, doveva tenerne di conto. E invece è stato un codardo, ha avuto paura persino di sé stesso, persino di quel Chrysanthemur di sette anni fa che forse si disprezzava per essere stato complice di un fratricidio, che forse ha cominciato a nutrire paura per la stessa paura che qualcuno se non tu stessa, Marigold, tornassi a dargli tormento.
    Sono solo giustificazioni, giustificazioni su giustificazioni di un patetico codardo.
    «Comunque vedrai esisteranno sicuramente delle barriere più selettive, più specifiche intendo. Che ne so, di spettri di una consistenza diversa dalla mia magari. Sicuramente qualcosa si può trovare.» rispondi fingendo di ignorare il fastidio che gli si è attaccato addosso nel momento in cui hai nominato i vostri genitori. Fingi persino di non aver dato peso alle sue parole, a quell'infestare, come se fossi davvero solamente un banale spettro pronto a spaventare i poveri inquilini. E poi il suo volerti aiutare! È patetico! Penoso! Anche se fosse davvero sincero non ci crederesti comunque! Dietro ogni sua parola c'è sempre e solo il solito intento: liberarsi di te, liberarsi di tutto ciò che gli è di fastidio. E tu sei un fastidio, Marigold, sei il marcio che gli infetta le ferite e non permette loro di guarire bene, e lui ci prova, periodicamente a buttarti fuori, ad espellerti.
    «Stanno bene eh, sì.»
    Non c'è niente di vero in quello che dici. Chissà dove sono i vostri genitori, se non se li è già divorati Tharizdun. Ma continui, soltanto per essere un fastidioso spillo che lo punzecchia senza pace con fare innocente.
    «Non credevo nemmeno fossero nella Cortina. Ma sono tranquilli, gli è passata. Dopo il vaiolo credo abbiano deciso di fregarsene di tutte le cose terrene diciamo. Gli è dispiaciuto sapermi morta. Mh, sì. Chissà che un giorno non te li veda passare qui fuori, sono sempre molto curiosi. Adesso somigliano quasi a dei bambini! È stato quasi di conforto vederli così.»
    Non è neanche troppo difficile immaginarlo e costruire l'immagine.
    «Dovremmo essere contenti per loro.»
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    Edited by .happysong. - 9/6/2022, 09:22
     
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    o deduco da quello che dici che condividere lo stesso sangue, o anche solo una parte, non ci rende automaticamente fratelli. Che fratello lo è stato Joshua prima trasformarsi in un amore, in un marito. Non tu, tu che mi parli senza sapere niente. Assumendo che la morte, in qualsiasi modo essa avvenga, sia ben peggiore di ciò che ho passato io. Di ciò che ha passato la mia famiglia. Ma io non voglio fare una gara. Anche se porto una mano ai ricci e con quelli gioco per nervosismo, io non ho alcun voglia di dirti che la morte l'ho bramata per così tanto tempo da esserne immune ora. Da richiamarla a me solo se c'è il rischio che la vita possa portarmi via le cose che amo. Come Joshua, sì, quando l'ho trovato in fin di vita nella Dimensione Ombra e mi sono lì promesso di seguirlo. Di morir con lui, se necessario, anche se questo avrebbe significato lasciar da sola Alice.
    Quindi perdonami, se così si può dire, per non provare alcuna emozione nei confronti delle tue parole. Che nel sentirle forse non suscitano nulla, se sanno trovarsi solo capaci di rimarcare questo ultimo anno con mio marito. Il nostro è stato un anno di merda, ma niente, forse, di cui mi pentirei davvero.
    ''Mh.''
    Mugugno in segno di comprensione. Che, sì, ecco, non ho cuore di dirtelo, ma non capisco dov'è che vuoi andare a parare. Se mi conoscessi - e qua rivolgo sempre il pensiero all'unica persona che è riuscita a scoprirmi davvero - capiresti che discorsi del genere trovano il tempo che trovano.
    E non voglio star qui a discutere sulla morte: Ci lavoro da anni e le sue manifestazioni non mi tangono più. Non mi emozionano più.
    ''Mh.''
    E non mi interessa nemmeno sapere cos'è che pensi delle nostre barriere. Casa nostra è un fortezza inespugnabile: La magia nera, la necromanzia e l'alchimia ne fanno da padroni. Ci sono esseri, oltre me, laddove non hai modo di vedere, che si batterebbero sino alla morte per far sì che nessuno tocchi mio marito e sua figlia. Le salamandre di Alice.
    Ed io non ho alcuna vergogna di riscoprirmi, così, paranoico.
    Lo so, Russo l'ha chiamato asperger.
    ''Non preoccuparti per le barriere, sappiamo il fatto nostro.''
    Impassibile, per ora. Che non mi va di spingermi più in là, di raccontarti qualcosa che non ho fatto nemmeno da bambino. Che invitarti al matrimonio è stato un modo per ricordarti che io, comunque, ad una sorella ci ho pensato per anni, fino a che il ricordo non è stato così pressante da farmelo alleggerire un po'. Ci ho pensato a modo mio, ma non volevo conoscessi la mia famiglia per farne così parte morbosamente.
    Allora mi chiedo cos'è che vuoi: Una casa? Qualcosa che abiteresti solo per capriccio? Non te la cedo. Arrivano quei momenti nella vita in cui due fratelli devono prendere strade diverse. Vuoi soldi dell'immobile anche se non sapresti cosa fartene? Tieni, te li darei, ma la mia vita, ora, è solo con Alice e Josh. Solo con loro due.
    ''Sì beh, sii contenta per loro allora, a me non interessa.''
    E lo ripeto, perché forse non mi senti. Perché forse non ti sei mai resa conto di che mostri fossero mamma e papà. Te lo ripeto perché non capisco dov'è che vuoi andare a parare: Io non voglio vederli e se dovessero venire qui, beh, resterebbero proprio dov'è che sei tu. Oltre la barriera, a sperar di non esser spediti via con la forza. Non mi importa cos'è che sono stati. Non mi importa di essere uscito dalla vagina di Erika. Io non li sento come miei genitori. Un padre, per me, lo è stato Osmar. Mia madre, Edie, non Erika e Oleander.
    ''Magari prendi esempio, giusto quello, e fattela passare come loro.''
    Un ringhio che esce piano, mentre faccio un passo all'indietro e mi volto.
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    ono stata strega prima di te.»
    È l'unico commento che non riesci a trattenere, che ti si sfila dalle labbra leggero, leggerissimo ma pesante, di una gravità che è unica, lapidaria. Perché questo è vero, perché sei stata una strega votata alla magia nera ben prima di lui, e perché eri brava, dannatamente brava, più di quanto sia mai potuto essere lui, bloccato alle caviglie dalla sua stessa morbosa paura. Incontrollato. Gente come lui è soltanto gente incontrollata. Pupazzetti caricati a molla che sbattono dovunque, feriscono e sciupano con i loro scheletri metallici tutto quello che incontrano.
    Fattela passare. Metteresti le mani dentro la barriera, se potessi, solamente per prenderlo al collo e strozzarlo, strangolarlo per vederlo diventare viola dal dolore e dall'asfissia. Perché è qui che tuo fratello mostra il suo vero volto, quello di un egoista. Ah ma la cattiveria si spande da ogni parte: chissà quanto gli ci vorrà per lasciare morire sotto una macchina anche il suo Joshua, o Alice? Chissà quanto ci vorrà prima che le sue dichiarazioni di amore si tramutino in coltellate. Perché una natura malevola non si nasconde veramente, e da un albero marcio non nascono frutti buoni.
    La verità è soltanto una: che lui ha voluto odiare. Ha voluto odiare te, tua madre, tuo padre, ha voluto farlo prima ancora di conoscerti: lui aveva già deciso che somigliavi a loro, ti aveva già imputato le loro stesse colpe, Marigold. Follia. Follia pura. Solo gli spettri che infestano gli occhi di un maniaco paranoico del cazzo, che ha ricalcato anche su di te, su forse l'unica persona che in quella famiglia gli ha voluto bene, l'unica che si è votata anima e corpo a custodirlo una volta che i vostri genitori erano morti. Ma a lui non interessava. Tu avevi promesso alle anime di tua madre e di tuo padre che ti saresti presa cura di tuo fratello minore, e questo piccolo, piccolo insignificante vermiciattolo ha avuto il coraggio di farti ammazzare. Questo insulso scarafaggio ingrato. Che ingrato continua a restare.
    Ed è evidente come sia folle, ma quel tipo di follia pericolosa, ancora abbastanza lucida per compiere gesti in grado di rovinare la vita agli altri. Basta nominare i vostri genitori, basta ricordare loro. Andare avanti? Accettarsi? A malapena riesce ad accettare il suo passato, chi vuole prendere in giro? Ed è proprio qui che mostra la sua reale natura. Mi dispiace, hai ragione, Mari. Tutte stronzate.
    Poverino, il tuo fratellino si è offeso. Si è infastidito, poverino.
    «Prima che me ne vada, volevo chiederti un'ultima cosa.» lo chiami guardando le sue spalle, continuando a rimanere un'ombra pallida e nera dietro la barriera. Forse un po' più nera, forse un po' più ombra, o forse è solo un riflesso.
    «Hai avuto qualche notizia su Peter? Non lo so… anche qualche voce in giro. Se tu o Joshua veniste a sapere qualcosa mi farebbe piacere saperlo.»
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    i chiedo, adesso più di quanto non lo facessi tempo fa, perché non sai cambiare. Perché nemmeno la morte, che di solito sconvolge ogni cosa, sa renderti più mansueta, più razionale quasi. Mi chiedo cos'è che vuoi da me quando usi toni come questi: Toni per i quali, se non visitassi il Dott. Russo, forse adesso leggerei diversamente. Mi spezzerebbero.
    Mi chiedo a cosa serve questa vessazione continua. Questo rimarcare concetti inutili, fuorvianti. Mi chiedo qual è la risposta che vorresti sentire uscire dalle mie labbra. Perché io non dico niente, non lo faccio più. Alzo le spalle, sì, quando mi parli e l'unica cosa che mi viene da pensare è un ''ok'' capace di lasciarti intendere che ho capito ciò che hai detto, ma che comunque non so cos'altro aggiungere. Come sempre, d'altronde, che non siamo mai stati bravi nello spalleggiarci a vicenda. Nell'essere qualcosa che non fosse solo un vivere insieme perché nati dalla stessa madre. Ed essere fratelli, come ben puoi constatare da te - e non perché sei stata strega prima di me, ma perché non credo tu sia una sciocca - non significa mica nulla. Non è lì a sancire pretese che non asseconderei mai. Io sono figlio unico, Marigold, così come tu sei figlia unica. Mettiamola su questo piano, che forse, ecco, ci suona più semplice e smettiamola di guardarci come se potessimo dare qualcosa all'altro. Io ti ho offerto il possibile, tu mi sembri solo troppo passivo - aggressiva anche solo per capire cos'è che sto cercando di dirti. Che io sto migliorando: Non sono più il Chrysanthemum che ti ha lasciata, quello con cui parlavi e litigavi tu. Le persone cambiano e lo faccio anche io, anche se a fatica, anche se rimettendo in piedi ossa rotte, ancora doloranti.
    Mi volto, però, per educazione, suppongo e perché non vorrei che qualcuno finisca per dar le spalle a me quando, tanto apertamente, torno a farmi coraggio e a chiedere un'ultima cosa. Anche ai condannati si concede sempre un ultimo desiderio.
    ''Peter Davy?''
    E lo so, lo so che stai parlando di lui. Non conosco altri Peter capaci di albergare nei miei sogni in quel modo. capaci di farmi salire i brividi, di spezzarmi il respiro se ripenso a com'è che ho ritrovato Joshua quella notte, quel mattino, quel pomeriggio, non ricordo nemmeno che giorno fosse.
    E mi chiedo cos'è che tu sappia a riguardo, perché sei l'unica a cercarlo. Che non lo fa nemmeno il suo migliore amico, Pierre, quell'alchimista francese che viveva con lui. Non se lo ricorda nessuno, Peter Davy.
    ''No, non abbiamo sentito niente, ma ti aggiorno se dovesse uscir fuori qualcosa.''
    Che mi faccio più cupo, più serio anche se sto mentendo e questa volta, a differenza delle altre, nemmeno me ne pento.
    ''Hai parlato col suo coinquilino, Pierre Devineu? Magari ne sa qualcosa.''
    Azzardo, sempre che non lo abbia già fatto.
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    cco. Ora sei contenta.
    Perché lo hai portato dove volevi tu. Ti prendi solamente il tempo di osservarlo, di studiare e rimirare il modo in cui mente, afferrarne ogni singola sfumatura, ogni singola piega del suo volto. È come star di fronte ad un bel ritratto, ad un quadro ben dipinto a cercare il disegno preparatorio sottostante, la struttura sulla quale monta tutta la sua bugia. No, pure troppo elementare.
    Ma ti stufi alla svelta, senti che adesso è il momento di svelare anche il tuo vero volto, che anche in questo sei meglio di lui: mentire. Fingersi così innocente e indifesa, esattamente come hai fatto con Morgan Crain promettendogli quello che già sapevi sarebbe stato per te impossibile fare a quel punto: andartene.
    E lo accalappi proprio mentre sembra riprendere il passo per andarsene. Gli dai solo l'illusione che sia finita. Poi getti la maschera con un risolino, uno che prende sempre più spazio, si riverbera nell'aria, vibra contro la barriera, finisce per diventare così evidentemente canzonatorio.
    «Oh oh, qui abbiamo un bugiardo.» canticchi acuta. La voce come il gracchio di un carillon vecchio, con i denti metallici tutti arrugginiti, pungenti, che graffiano il metallo della bobina su cui è scritta in braille la canzone. Una canzone sinistra, un trillo, un allarme su note tutte in diesis, una scala impossibile, intollerabile. Un presagio.
    Perché poi la canzone finisce di colpo, la risata finisce all'improvviso, e il tuo volto diventa veramente una maschera spaventosa, tirata, deforme. Le ombre ti escono dalle orbite, è come se gli occhi ti ci fossero spariti dentro, fossero diventati solo due fessure profondissime che lo guardano prima di ripetere come una nenia la solita sentenza.
    «…bugiardo…» una volta. Due volte.

    «BUGIARDO!!!»


    Si infrange forte contro la barriera.
    E tu non sei più Mari, o anche semplicemente Marigold. Sei un fantasma, sei uno spettro nero, un demone che perseguita e promette a suo fratello di ingoiarlo, fagocitarlo nel momento in cui metterà anche solo una mano fuori da questo muro intangibile. Ma no, "fratello" ormai deve essere una parola consunta, andata a male, totalmente erosa. Meglio buttarla, sì. Meglio cercarne una nuova. "Fratello" e "Sorella" non sono più adatte, forse non lo sono mai state. Personalmente, comincia a piacerti sempre di più il suono di quella di "Aguzzino". Sì, più te la ripeti e più ti piace. Ti piace proprio da matti.
    «ohhh… uno dei tuoi uccellini ha cantato finalmente, Mordin
    Il suo secondo nome, così, per puro disprezzo.
    No, forse neanche uno come Morgan Crain sarebbe in grado di capire. Se ti ha voluto svelare una cosa così per poi chiederti di andare senza neanche contemplare l'idea che potessi giustamente vendicarti, allora anche lui è solo uno stolto. Uno stolto che è tuo complice, Chrysanthemur. Non meriti di essere protetto proprio da nessuno. Anzi, Marigold, comincerai lentamente a tagliare le gambe a tutti quelli che ci proveranno. A partire da quel patetico Joshua, fino alla loro adorabile figlioccia.
    Sì, farai proprio questo, Marigold, dovessi impiegare l'eternità.
    Ma non servirà l'eternità: del resto tutti ad un certo punto si è destinati a spirare, no? Presto o tardi passeranno da te, Goliath, non ti piace l'idea?.
    «Me lo hai ammazzato. Me lo hai ammazzato, razza di patetico verme
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    uesti fottuti fantasmi del cazzo. Evidentemente non hanno ancora smesso di rompermi i coglioni, e va bene no? Immagino che siano sempre qui per te, Chrys, perché li hai accolti così tanto da renderti casa loro. Anche se poi sono arrivato io e le cose beh, le cose cambiano. Lo so che non ti penti di questa scelta, non come all'inizio, che non te l'ho imposta, è stato naturale, un'evoluzione che tua sorella - perché il grido è suo - non contempla. Ma lo sai che cosa penso di lei, lo sai che non ho un fottuto rimpianto che sia uno. Niente. Mi hai chiesto di cancellare la sua morte, o i tagli sui tuoi polsi ti sarebbero stati fatali e, se me lo chiedessi adesso, lo rifarei. Te la strapperei via dalla pelle perché fosse fuori da te, da noi, dalla mia vita. Ora condivisa con te. Quindi si, diciamo pure che ero sull'attenti da quando non sei rientrato. Da quando ti ho visto uscire e, da questa finestra, ti ho visto fermarti contro il riflesso oltre la barriera.
    Sono passare tre fottute sigarette.
    Le ho aspirate piano, per darti tempo. Che poi sembro sempre il tuo fottuto cane da guarda, ma Cristo se lo sono. E non perché tu non sappia difenderti da solo, hai una forza che non consideri mai. Ma perché sei ancora stanco, hai le ossa che piangono il mio nome, i muscoli che implorano una tregua e la testa probabilmente ti sta esplodendo. E quindi si, lo decido io quando finisce l'orario delle visite e delle rimpatriate familiari del cazzo.
    Uno sguardo agli Xenomorfi, che restino con Alice, ma anche fottutamente vigili, mentre la quarta sigaretta mi resta stretta tra le labbra ed il fuoco lo accendo con una cazzo di saetta, uno scoppio tra le dita, veloce e indolore.
    E' una barriera che trema, quando tua sorella da di matto, ma non si spezza. E non sono qui a dire che il suo dolore sia insignificante, sono qui a dire che deve togliersi dal cazzo a prescindere. **Chrys.. Ma ti parlo nella testa, piano, solo per te, mentre mi avvicino con calma a voi due. Le spalle fottutamente dritte, che prima di guardare te, io guardo lei. L'ho detto, la barriera trema, ma non si spezza. Ti affianco piano, restando forse un passo indietro, per darti fiato e darti spazio. Carmen qualche metro indietro, richiama nuvole di tempesta. E' il mio cazzo di umore, un piccolo monito. Un tuono, lento e preciso.
    Non ho capito di che cazzo parli, chi le hai ammazzato? Non lo realizzo adesso, non capisco ora la merda che arriverà dopo, ma il suo tono guadagna tutta la mia attenzione, tutti i miei ringhi sommessi. Che la calma è solo la fottuta apparenza, solo un moto che mi tiene le braccia incrociate, non sono un lasciapassare stavolta.

    **Colloquium a Chrys
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    i tremano le mani quando inizi ad alzare la voce. E lo fai nello stesso modo in cui lo faceva mamma: Come una pazza qual era. E non mi stupirei affatto se avessi ripreso da lei tutti i suoi lati negativi: Alla fine siamo simili a ciò che ci forgia e forse per anni mi sono odiato proprio per questo. Per il mio essere più simile a loro di quanto volessi. Già a partire dal nome, ad esempio, a ricordare quei fiori del cazzo che mi hanno costretto ad amare e che poi ho continuato ad apprezzare da me.
    Tu urli ed io mi blocco. Ma non mi volto, non subito, non quando posso gettare uno sguardo verso casa mia e restar ad osservare per qualche secondo la figura di Josh oltre la finestra. Che non so cos'è che provo adesso. Resta solo uno strano flash che accompagna prima un sospiro, poi un ringhio. Digrigno i denti per non rispondere, per non volarmi di scatto e lasciare che il volto di Peter ricada sul mio, come una maschera da indossare in difesa dei miei ideali.
    ''Stai impazzendo.''
    Freddo, ma con un groppo in gola, che il volto lo curvo piano, inizio a spostare lo sguardo oltre la spalla sinistra, ma senza voltarmi del tutto.
    ''Io non ho nessun uccellino.''
    Non ho più amici, Marigold, ma questo tu non lo sai: Di me non sai niente, niente.
    ''E non sono Mordin.''
    Secco, infastidito. Che sento i muscoli del corpo irrigidirsi. La pancia contrarsi. Mi fa male lo stomaco solo a dirlo. Mi fanno male le ossa che si sono appena rimarginate, rimesse insieme. Io non sono Mordin, perché Mordin ha ucciso Joshua ed io Joshua non lo sfiorerei mai per fargli del male.
    Ma devo prendere un respiro, lo faccio quando mi accusi di avertelo ucciso. Come se avessi fatto un torto a te, a te che sei solo un fantasma adesso, a te che con Peter non avevi nulla che spartiti se non la pazzia.
    Perché sì, sì, Marigold. Peter era pazzo, Peter ha provato a far fuori mio marito. Peter meritava di morire nell'esatto modo in cui l'ho ucciso. E non me ne pento, io non me ne pento affatto: Non ho incubi per lui, non ho incubi per la giustizia.
    ''Non so di cosa tu stia parlando.''
    E mi volto, di nuovo, in denti che ormai stridono tra di loro, nello sguardo che ti punto addosso anche se la mente ormai è altrove, che la voce di Joshua mi pervade. Ma me l'aspettavo: Lui non resta lì ad osservare te che dai di matto. Joshua ed io ci spalleggiamo a vicenda.
    ** Sa di Peter.''
    Un ringhio anche nella testa, che ho imparato dal migliore. Che se reagisco male è solo perché c'è ancora quella parte di me che vuol essere bravo quanto Joshua.
    ** Non lo sapeva nessuno a parte te.
    E lo chiudo così, il colloquium, che non so gestirlo se ho il cuore che batte così, se la testa sta già facendo i suoi strani giri. Che penso a troppe cose adesso, troppe, troppe e non riesco a capire, no, se il corpo sta iniziando a cambiare in funzione di questi sentimenti del cazzo o se sono ancora io. Se sono ancora Chrys.
    ''Cerca di darti una calmata e togliti dal cazzo. Non so proprio chi è che ti ha messo in testa queste cose.''
    Che sì, l'ho ucciso io, ma sono fatti miei, sono fatti di Joshua e cazzo, cazzo, nessuno sapeva qualcosa a parte lui. Mi sento così...così tradito adesso, così...solo.
    Respiro. Male, sì, ma respiro. Che le mani devo iniziare a nasconderle nelle tasche dei pantaloni, perché stanno mutando, loro stanno diventando le mani di Peter. Le mani che hanno provato ad uccidere mio marito.
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    idi. Ti viene da ridere. Ti metti a ridere così sonoramente di fronte alle sue spalle che fai di nuovo vibrare la barriera con il tuo riso diabolico, acuto, isterico.
    «Fai pena.» glielo sputi alle spalle, perché lo vedi, ce l'hai di fronte agli occhi tutto il suo essere patetico, il non riuscire neanche a guardarti in faccia mentre ti "mente". Oh no, non è neanche mentire questo, mentire presuppone delle capacità che tuo fratello neanche possiede. Fino ad ora non ha mentito, è semplicemente rimasto in silenzio, ti ha tenuto fuori da casa tua con una barriera per difendersi e basta, persino da te, persino da questo segreto. Il suo non è mentire, il suo è semplicemente essere un codardo che ti dà le spalle e ti chiama folle perché non sa dire altro, non sa giustificare nulla, non sa neanche inventarsi qualcosa di plausibile che non sia semplicemente "sei fuori di testa, chi te le ha messe in testa queste cose, sei solo una povera pazza morta, Marigold".
    «È anche solo penoso vedere il modo con cui ci provi.»
    Tu pazza poi? Tu? Quando il vero deviato mentale è sempre stato solo ed esclusivamente lui. Tu non sei impazzita, sei solamente morta. Anzi, adesso vedi molto più nitidamente di quanto tu non abbia mai fatto in passato, quando giustificavi tuo fratello, quando ti dicevi di volergli bene, di tenere a lui, quando ti si spezzava il cuore nel vedere come ti avesse rimosso dalla sua vita, dalla tua casa, come ti attraversasse senza neanche rendersi conto che tu eri lì, ed eri stata una parte così fondamentale della sua esistenza.
    Impazzita. No, è soltanto lui che si è fagocitato il passato, tutto, in blocco, non solo le cose brutte, ma anche tutto il resto, trascinando dentro la fossa di scheletri marciti del suo passato tutto e tutti, compresa te. Letteralmente.
    Adesso sì che sei finalmente rinsavita, finalmente ti rendi conto di tutta la crudeltà che possiede Chrysanthemur, no, neanche più tuo fratello. Aveva ragione vostro padre: non siete mai stati fratelli. E tu non sei mai stata neanche figlia veramente di Oleander, eppure sei stata più figlia sua che Chrysanthemur stesso.
    «Muori dalla voglia di sapere chi me lo ha detto, eh?»
    Ancora una coltellata, finalmente tutte quelle che fino a questo momento, in questi mesi, ti sei trattenuta tra le mani aspettando, aspettando solo il momento giusto, solo quel barlume di tregua per colpirlo ancora e togliergli il fiato, promettergli di non restituirglielo mai più, come punizione per aver lasciato strappare i polmoni a te sotto quelle ruote, sull'asfalto, per aver tolto voce anche alla tua memoria.
    Il ghigno sul viso lascia il posto ai denti stretti e digrignati di rabbia, stavolta seria, stavolta incendiata: ferro incandescente che sfrigola.
    «Tu me lo hai ammazzato. Tu mi hai tolto anche questo
    Togliere, togliere, togliere, non sa fare altro. Togliere e consumare, sperando che un giorno arrivi a divorare anche sé stesso.
    «Non ti è bastato vero prendermi la vita e cancellare quello che era rimasto di me, mh? Joshua, ti prego, cancella ogni ricordo che ho di Marigold, elimina ogni traccia di mia sorella, perché non voglio ricordare di come L'HO FATTA MORIRE
    Canticchi con voce cattiva, isterica, sinistra, senza degnare di attenzioni la presenza di Joshua, il suo personale cane da guardia rabbioso.
    «Oh, ma adesso anche lui sa che razza di persona sei.» quel lui che ti ha detto tutto, a cui è bastata una singola parola e una promessa che hai deciso di non mantenere.
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    e me lo chiedessi, ti direi di sì, Chrys. Si è un ringhio quello che hai sentito quando hai fatto il fottuto passo sbagliato. Si tu, che ne ho sbagliati tanti io, ma hai staccato il colloquium, ti sei chiuso di nuovo nella tua cazzo di stanza ed è stato come ricevere un fottuto colpo di frusta. E si, si che mi faccio le mie domande e so che ora la cosa è così precaria, come il tuo equilibrio, che l'ultima cosa che ti serve è la mia voce nella testa. Io che no, non me ne vado, anzi. Resto più avanti e laddove tu ti spingi indietro alle parole di tua sorella, io vado avanti. Mai oltre la nostra barriera, non sono più così egocentrico, né così convinto di avere tutto sotto controllo.
    Io non controllo più un cazzo.
    Ma questo non significa che permetterò a lei di parlare tanto a lungo da rovinare la stabilità che raggiungiamo ogni volta con una fatica del demonio. Non oggi, Marigold, né mai. Ma lo dico nella testa, quando il mio silenzio sono altre nubi che si addensano sopra di noi. Richiamerei la fottuta cortina se servisse ad incatenarci dentro lei e lo sai, lo si che forse neanche mi fermeresti. Purtroppo non rientra nelle mie capacità del cazzo, no. Ma non significa io non ne abbia altre. Sono tutte qui, le vedi no? Sfrigolano in una calma che non mantengo, non se poi a guardarmi sei tu, che vedi le differenze che altri non colgono.
    E so anche di cosa mi accusi, so che cosa provi, Cristo lo so ok? Speravo solo di aver scelto una persona con più buon senso, invece lui dev'essersi davvero fottuto con l'Inferno e la resurrezione.
    Perché ha parlato Morgan, oppure lei ci ha sentiti e Cristo se spero sia la seconda, almeno finché non avrò certezze che sia la prima. Allora, beh... Capofamiglia un cazzo, direi.
    Le vedo le mani che nascondi, Chrys, so che non sono più le tue, perché ancora non padroneggi questo, ancora non regoli la mutazione e va bene, va bene perché non pretenderei che tu lo facessi, non ora che è una parte di te che so amare. E se tu non raddrizzi la schiena, allora cazzo se lo faccio io anche per te. Con lo sguardo che punto su Marigold, la sua evanescenza, il suo dolore. Non me ne frega un cazzo. Ma la controllo, che non faccia una sola mossa di troppo, e ti riporto in casa. Al silenzio, lontano dalla sua voce e dal suo ricordo.
    E mi accorgo che è già troppo.
    Per me e per te.
    Lo decido da solo.
    **Ne parliamo in casa, che te lo riapro con forza il fottuto colloquium. Ma solo per dire questo, niente che non sia per te una carezzo, un modo che avrò di capire quanto cazzo sono riuscito a ferirti adesso. Perché lei sto smettendo di tollerarla. Ed allora, che con il mio passo avanzino anche le nostre barriere. Una piede dopo l'altro. Pochi passi che la spingano a non poter restare nel punto che ha scelto. A muso duro, perché io solo quello ho. Fermo contro il suo. "La rimpatriata di famiglia è finita"
    Un secondo, e se non vai via tu, Chrys, ti porto via io. "Sono anche troppo clemente con te, Marigold. Riconoscilo, e togliti dal cazzo." Sibilo al confine della barriera, con un sorriso che si apre nel solo mostrare i canini, che io questo sono no? Un cane, un fottuto mastino.
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    on lo so se faccio pena, ma so di non voler sapere chi è che sta a dirti questa cosa, Mari. Non voglio, anche se in realtà fremo. E la frenesia è qualcosa che i miei muscoli non riconoscono, non così bene, tanto che le mani tremano, tremano da morire. Mi sembra di percepire la pelle staccarmisi dal corpo talmente cerco di tenerli fermi mentre questi vanno, ballano per conto proprio. Ma non importa, suppongo: Niente di ciò che farò ora cambierà davvero qualcosa. Non con te, mai con te. Che sei tutto ciò che non avrei mai voluto ricordare Marigold tanto che sì, certo, su questo hai fottutamente ragione: Io ho voluto cancellarti, lo farei sempre, cazzo. Lo rifarei di nuovo, altre cento, sì, un altro miliardo di volte, perché devo sopravvivere e se sentirti esalare respiri tanto deboli lungo quella cazzo di strada sa farmi tanto male, allora io smetto di sentirli. E non voglio, non voglio sentirmi in colpa per aver avuto paura. Non voglio farlo ora che sto iniziando a capire la normalità che si cela dietro un sentimento tanto potente. Non voglio, non lo farò mai. E mi dispiace che tu non riesca a capire come non ci fosse nulla di salvabile lì: Non sono un mago bianco, non conoscevo, in quegli anni, qualcuno che potesse aiutarci. Sono solo un pozionista, Marigold, un Frankenstein che non avrebbe mai rinchiuso il tuo corpo semi distrutto in una soffitta. Meglio di una vita tirata su a stenti, c'è solo la morte. Avrei potuto lasciarti morire in un letto comodo? Magari sì, ma non affibbiarmi altre colpe. Io sono stanco. Sono stanchissimo, adesso.
    ** Sono molto stanco, Josh.
    Non rispondo nemmeno, non davvero, almeno, a nessuno di voi due. Che è con questo ultimo messaggio che forzo di nuovo il colloquium. Lo chiudo di nuovo, con rabbia, con forza, affinché mi sia concesso di risalire le pendici che riportano a casa mia. A passo lento, pesante, perché mi pesano le gambe che ancora tremano. Perché le mani, adesso che le guardo, sono nere, nere quanto il tatuaggio che portano addosso. Sono le sue mani, Marigold. Le mani dell'uomo che ti sta respingendo e che lo sta facendo con un garbo disarmante. Accettalo, ringrazialo, poi va per la tua strada. Perché a me non importa nulla di ciò che provi: Sono egoista, lo sono diventato davvero e non mi importa nemmeno sapere cos'è che fosse per te Peter. Non abbiamo mai parlato di te, tanto da lasciarmi presupporre di non essere l'unico ad averti dimenticato, ad averci provato. E non accetto, affatto, cazzo, che tu possa anche solo provare a rimproverarmi per ciò che ho fatto: Ucciderei Peter ancora ed ancora, così come dimenticherei te. Io non mi pento di niente, non quando si tratta di proteggere chi amo e quanto a te, beh, non mi è stato mai concesso di imparare ad amarti.
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    l punto è che la vorresti davvero vedere la sua faccia, la sua espressione. Ti darebbe una grande soddisfazione vedere cosa gli si sta scatenando dentro. Perché non si tratta più solamente di Peter, no, non si tratta unicamente di quello, unicamente del fatto che ti abbia ammazzato una persona cara. Si tratta di tutto quello che hai dovuto subire, che la morte ti ha costretta a sopportare. Il dissidio, le forze che ti spaccano dentro e che da una parte ti trascinano nel mondo e dall'altro ti costringono a ritornare proprio lì, su quella strada, dove ti si sono spezzate le vertebre. Soltanto che stavolta le senti, stavolta senti distintamente il dolore della spina dorsale fatta a pezzi, rotta. E lo senti perché non muori, lo senti perché sei già morta e non ti resta altro che fare lo spettatore della tua stessa miseria. Significa questo essere morti: una trappola infinita, e lui non ha nessuna cazzo di idea di cosa significhi annullarsi a tal punto, venir annullati dal mondo ed essere costretti a farsi disgregare minuto dopo minuto dall'oblio. Tutto perde di senso, tutto. Cosa c'è oltre la morte? C'è soltanto il peggio.
    E tu sei stanca, sei stanca di dover sottostare a gente che i tuoi diritti te li ha strappati di fronte al viso.
    Stavolta lo guardi Joshua, lo guardi come l'estraneo che si è preso con la forza casa tua, che chiama quelle stanze "casa", quando in quelle stesse stanze ci sei nata tu. Niente di quello che sta dentro questa barriera gli appartiene. Lo ha solo rubato. È solo un maledetto ladro che come tale non merita niente di ciò che ha tolto agli altri per sé: Villa Sinister non gli è stata cucita in nessun modo addosso.
    Lo guardi, stringendo gli occhi, accostandoti pericolosamente alla pallida grana della barriera, ci fai vibrare sopra un respiro pesante, serio, grave.
    «Pensi che alla gente serva davvero, Joshua? La tua clemenza
    No, è uno che parla e parla e lo fa anche troppo, e lo fa senza sapere, anche quando non sa chi ha di fronte, anche quando non sa se può davvero permetterselo. E alla gente non serve, Joshua. La verità è che alla gente non frega un cazzo di quello che vuole Joshua, e adesso non frega un cazzo più neanche a te. E questo senso di prevaricazione è come se ti invadesse e allo stesso tempo ti mettesse pace, ti distendesse l'anima. Non sa chi ha di fronte, è qualcosa che, non sai neanche perché davvero, ma ti è veramente di grande conforto, è quasi vivificante, perché significa che non hai bisogno di chiedere il permesso, né di dimostrargli chissà quale forza. Ti basta solo superarlo, come si supera con il passo una formica o uno scarafaggio se non si vuole neanche perdere tempo a calpestarlo.
    Sì, sì… finalmente. Finalmente i nodi si slacciano, le catene si rompono, e nello spezzarsi fanno un suono acuto, che ti riverbera dentro, ti fa eco, ulula, quasi ti spaventa, ti costringe a vomitare tutto quello che ti tieni dentro, tutto il resto.
    Ti metti di nuovo a gridare forte verso Chrysanthemur.
    «Ti sarebbe bastato un gesto… ti sarebbe bastato un fottutissimo gesto!! Ti sarebbe bastato non farti seguire su quella strada!!!»
    Perché adesso devi vomitare tutto, Marigold. Devi svuotarti, devi spezzare gli ultimi anelli della catena, cancellare via la matrice della tua familiarità con tuo fratello. Devi rinnegare ogni cosa, devi eliminare tutto, fare tutto a pezzi e dare tutto alle fiamme. Ardi tutto, allora. Tutto il tuo passato.
    Tutta la tua vita.
    Dai tutto alle fiamme.
    Cancella ogni nostalgia, ogni speranza. Segna sulla tavola ripulita soltanto un nuovo scopo, solo il tuo, metti sulla tavola solo quello che adesso serve a te, a Marigold Sinister.
    «Rimani dentro questa barriera il più a lungo possibile. Perché il giorno in cui metterai piede fuori da qui, te lo giuro io ci sarò, ad aspettarti, per fartela pagare.»
    È questo quello che rimane. Riparti da questo.
    «Perché te la farò pagare, per tutto quello che mi hai fatto, per quello che hai fatto a Peter. Per ogni singola cosa.»
    Dalla vendetta.
    Non si tratta più solo di Peter.
    Si tratta di te.
    «In questa vita o quando ti spetterà la Cortina. Io non ti darò pace fino a quando non mi avrai ripagato di tutto il male che hai fatto a me e alla mia famiglia.»
    Lascia solo questo sul tavolo. Giustizia.
    Perché imparerà a temermi, imparerà a farlo, se non oggi lo farà domani, ma gli assicuri che lo farà. Imparerà a temere non sua sorella, quella l'hai strangolata tu stessa. Imparerà a temere Marigold, l'essere umano a cui ha fatto il torto di togliere la vita.
    «Io te la farò pagare! IO TE LA FARÒ PAGARE!»
    Sono le ultime parole. Le ultime parole di Marigold Sinister.
    Davvero le ultime, persino dello spettro.
    Non ti saresti aspettata di sentire i latrati dei cani.
    ghost
    third order
    black magician
    english accent
    32 25 y.o.
    Marigold Sinister;
    ...
    we invented a device
    but created a monster and get killed by its hands
     
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