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Josh/Chrys | Villa Sinister | Bronx | 20 Maggio | Contenuti sensibili

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    "Fammi vedere le mani, Chrys" Niente "amore mio" o First Lady o il fottuto presidente. E' solo un ringhio lento che ti spingo oltre la schiena. E non è una fottuta domanda, non è un modo che ho per chiederti scusa, non lo faccio mai così. E no, non credere che io mi aspetti che tu passi oltre. Come non lo sto facendo io, che nella testa ho un nome, uno che sono troppo stanco di guardare incidersi ovunque. Se chiudo gli occhi mi rincorre anche per le pareti e non lo merita nessuno di noi. Non lo meritavi tu, ma mi fai incazzare quando resti fermo. La tua fottuta immobilità mi toglie il fiato. Ti rendi un muro impenetrabile e scivoli via da ogni mia forma di controllo, o di amore e non so che cazzo prevalga adesso. Lo so cosa succede quando a Villa Sinister cala il silenzio, che è solo elettricità statica, mentre Carmen doma i borbottii dei tuoi sopra la nostra testa, li contiene perché non siano mai l'esatto specchio del mio animo.
    Io che ti ho lasciato fare, ti ho dato modo - anche troppo - di morderti le guance internamente, di scavare solchi nelle lapidi di discorsi che per me dovevano essere morti e sepolti. Ma tu, amore mio del cazzo, sei questo, sei un Negromante, sei quello che dalle ossa trova la forza di andare avanti. Trovata anche adesso, allora, che fumi come se non lo stessi davvero facendo ed io lo sento. Ci vivo bene in questo tuo stato d'essere, immobile, statuario, ma non calmo, non davvero rilassato. E' un momento Chrys, in cui so bene che sono io quello impaziente e tu quello ferito. Da me. Non certo dalle parole di Marigold, che fanno presa si, ma quanta? Non più come un tempo, non più come i bulletti del liceo.
    Ho acceso una candela, si quelle profumate del cazzo.
    L'ho fatto entrando in cucina.
    L'ho messa sul bancone, non so perché.
    Magari so che salterà la luce.
    Per questo voglio che tu mi faccia vedere le mani, ed io cammino dietro di te, mi avvicino piano, ma non perché io ti tema, cazzo non hai la più pallida idea di quanto questo sappia... attrarmi, come un malato di mente, un tossico che vive solo se sniffa piano la tua pelle almeno ogni tre ore. Ma invece è che so cosa mi spetta, so cosa avrai per me, e voglio solo che questa cosa arrivi, mi travolga, passi e se ne vada per sempre.
    Condannami, andiamo.. e smettila di tenermi sulle fottute spine. So fin dove ho sbagliato. Ma tu.. beh, tu il resto non lo sai. Avevo le mie cazzo di ragioni!
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    La sigaretta si tiene in bilico tra l'indice ed il medio. Perfettamente, simmetricamente. E mi piace, sì, guardarla così per com'è, pronta a mandare il fumo in verticale se non la muovo troppo. Se nell'osservarla non ci respiro troppo sopra.
    Mi piace pizzicarmi il labbro inferiore tra il pollice e l'anulare mentre fumo. Con la stessa mano con la quale, poi, la reggo. Mi piacciono tante cose in realtà: Dettagli a cui solitamente mi stringo forte come se non avessi altro ma che ora nemmeno noto. Non ci faccio caso, Josh. Non al borbottio sulla nostra testa che ricorda molto il rumore della pentola sul fuoco. Un ribollire lento delle mie pozioni, delle minestre di mia madre.
    Mi piace osservare il paesaggio che si staglia esattamente oltre le finestre di questa cucina. I fiori che gli fanno da contorno come se volessero incorniciarlo ulteriormente. Là in fondo, sì, se guardi bene, puoi vedere le rose pallide che sono qui da che ne ho memoria. Sono più longeve loro della mia pazienza. Ma mettendola su questo piano, insomma, potrei quasi dire di non averne mai avuta davvero. neanche un po', ecco.
    Mi piace sentirti entrare in stanza con i tuoi passi pesanti. Che lo sono perché pesti i miei fastidi, perché ci provi a schiacciarli come scarafaggi sotto la tua suola. Meschino, pronto a metter subito fine a qualsiasi cosa sia appena stata creata. Perché qualcosa non va ed io non ho più intenzione di nasconderlo. Non quando le dita delle mani sembrano piste ed il nero che si mischia allo smalto nero poi finisce per fondersi al resto dei tatuaggi. Sono i tuoi, li vedi bene? Stanno risalendo lungo tutte le braccia, fin sopra le spalle: Sono i fottuti rampicanti di un coraggio che non posso avere. Che non so emulare come vorrei.
    Ma respiro, almeno questo me lo concedo. Che smettendo di farlo rischierei di morire solo io. Non voi altri, io che sono stanco, troppo e non capisco più nemmeno il perché.
    Ma te le faccio vedere le mani, certo. Lo faccio con quell'ironia che solitamente non caratterizza le mie risposte. Con un'ironia che un po' mi sta persino sul cazzo. Perché voltandomi verso di te le alzo come se fossi appena stato dichiarato in arresto. E sorrido, sì, mentre ti mostro palmi altrettanto neri. Mentre persino i capelli, di nuovo, iniziano a cambiare colore.
    ''Qualsiasi cosa dirò verrà utilizzata contro di me, giusto? Funziona così?''
    Un ringhio, uno solo, che nell'assecondarti non lo faccio davvero. Nemmeno quando le mani le tengo alzate per fartele vedere. Nemmeno quando facendolo, appunto, non muovo un passo verso di te. Non io, quando esistono falene in grado di arrampicarsi lungo i muri. Di farsi strada come fossero ragni, animali totalmente diversi. E agitando rumorosamente le ali, sbattono contro le luci che piano sfarfallano.
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    Mi ricorda quei poveri stronzi, quando fumi. Quelli che finivano sempre per fare un passo falso del cazzo, e ti ritrovavo io così, a fissare un punto convincendoti che lo stavi guardando davvero, tanto quanto bastava a placare i pensieri che - più tardi - si sarebbero scatenati nei più disparati modi. Dio, credevo davvero fossero degli stronzi infami, piccoli bastardi incapaci di capirti, sostanzialmente indegni di te, amore mio. Ma ora, sono il peggiore tra loro. E così dev'essere se è anche questo a tenerti violentemente attaccato a me. Incollato ai miei lombi, tanto distante da sembrare vicino solo da un'altra prospettiva.
    "Bravo, si" è il cazzo di tono che ti uso, come se fossi tu a non avere un cazzo di diritto di dire nulla, quando invece lo so che cosa provi. Lo so anche quando non voglio che tu lo dica a voce alta. Che ho avuto solo il tempo di ringhiare al muro della nostra stanza mentre tu te ne stavi giù, di far correre la schiena sotto la doccia, e lasciare che si asciugasse solo negli spostamenti per casa. E tu lo sai quanto so essere un meschino di merda, si? Certo che lo sai, mi hai sposato, sei consapevole che con me ho trascinato anche il rum, che mezza bottiglia era per me, e le mie decisioni del cazzo, le mie scelte di merda, la fiducia che se prima si era espansa di un fottuto millimetro fuori dal cerchio ora si è incollata di nuovo a me. E te. E basta.
    "Cos'è, insieme ai tatuaggi stai ereditando anche il mio carattere del cazzo?" te lo sibilo, che lo faccio io il passo avanti che non fai tu, solo con una mano, che guardandoti negli occhi afferri uno dei due polsi. Vuoi vedere quanto male ti fa reprimere tutte le parole che vorresti gridarmi contro? Te lo mostro, Chrys, ha esattamente l'aspetto di dita carbonizzate dalla corruzione, dal nero che ci riempie il cuore come catrame.
    Non uso alcuna grazia nel tirarti un polso verso di me, perché io stacchi gli occhi da uno sguardo che forse non voglio proprio su di me adesso, e ti giri il palmo verso l'altro, solo per capire se sta avanzando o se si è fermata. E forse mi fermo io, qui, a respirare, a guardare per una volta - come te - un punto che fingo sia più importante di qualunque altra cosa. Sono un cane con la coda tra le gambe, ma Cristo se ringhierò appena dirai qualcosa di sbagliato. E non ti assicuro che riuscirò a non mordere solo perché sei tu.
    Forse è davvero troppo lento il movimento con cui con il pollice ti sfioro la linea della vita. Cazzo, Chrys.
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    Mi lascio sfiorare, avvicinare, che comunque vada, comunque io mi sento adesso, resto tuo. Sai, no, tuo soltanto.
    Ma non lo so abbandonare un sorriso che sa essere solo amarezza sul mio viso. Non so nascondere quei tratti che muterebbero repentinamente se non stessi provando a stabilizzarli. A tenerli a bada quando non c'è nient'altro a cui io possa aggrapparmi adesso. Che a te non mi stringo, diversamente. Ti lascio risalirmi, certo, se vuoi. Che se ho bisogno di una roccia, allora sarò io quella roccia. Io, cazzo, io soltanto.
    La nostra roccia, che però ha le tue mani, ha le tue braccia forti, resistenti.
    ''Già.''
    Ti sbuffo il fumo in volto. Che non mi importa dell'odore del pino silvestre adesso. Non mi importa dell'odore del rum, di una casa che sembra fatta di legno e che è impregnata di te. A me importa che tu recepisca il mio disappunto, che lo faccia nel silenzio al quale ti costringerò piano, senza costringerti davvero, diciamo. Che sorrido ancora, stupido come sono. Lo faccio perché non ho alcuna intenzione di lasciar crollare ogni barriera adesso. E non parlo di quelle la fuori Josh, no, io parlo delle mie.
    ''Col tuo carattere di merda magari riuscirei a farla pagare a chi ci ha traditi.''
    Specifico, lo faccio nel modo più stronzo che conosco. Perché li percepisco i sotterfugi. Le sottigliezze, adesso, che non sono altro che frasi sottolineate timidamente tra i libri che più ho amato. Sei una storia, Josh, di cui ormai conosco a menadito ogni paragrafo, ogni cazzo di pagina.
    ''Ad esempio.''
    Perché qualcuno ci ha traditi, Josh. Qualcuno mi ha tradito. E non so se a me sa importare più di questo o del fatto che altri conoscano il nostro segreto più oscuro: La mia attuale debolezza più grande. Quella che davanti a Russo mi ha fatto piangere. Quella che ha spinto il gene della metaformosi affinché io cambiassi. Affinché io riuscissi a non ritrovarmi mai, nemmeno in me stesso. E te lo dico in un fil di voce che forse si spezza un attimo. Che lascia passare il fatto che io sia deluso, deluso da un qualcosa che non ha ancora del tutto preso forma. Perché io lo sto braccando, sto provando a dare una chance al caos, all'ignoto che mi spaventa.
    Sto provando, e lo sai, dai che lo sai, ad accettare ciò che diversamente non accetterei mai. Perché per un istante, per questo momento solo che sa sembrarmi eterno, io mi sento solo. Mi sento come se nessun altro saprebbe comprendermi, tirarmi su dalla merda. Da una pozza del genere, devo essere io quello a sgambettare, a sbracciarmi di più.
    E le vaglio, sì, tutte le cazzo di possibilità che mi saltano alla testa. Che penso al nostro matrimonio, ai nostri invitati e allora mi aggrappo ai collegamenti più logici, a quelle ultime persone che possono aver visto Peter per l'ultima volta - oltre a noi due, si intende -
    Allora ha un senso logico se ora il naso si fa più grande per allargarsi sulla punta. Ha un senso se gli occhi si stringono, si fanno più porcini. Perché se penso a chi potrebbe aver parlato con Marigold, allora penso ai percettori: A chi con certi mostri sa barattare qualcosa.
    Ma le mani restano le tue. Le braccia, il simbolo della forza, restano tue.
    ''Marigold è stupida, ma ha detto che è stato qualcuno a dirglielo. ''
    Non lo ha sentito da noi: Nessuno mi ha sentito parlare di Peter, se a lui cerco persino di non pensare mai.
    ''Ed io sono stufo di tutta questa...attività sociale, ecco.''
    Di avere a che fare con altri che non sia la mia famiglia.
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    Ad inchiodarmi è il fatto che io ho un calcolo più di te da fare. Io che sono stronzo abbastanza da essermi presentato da te così, nel più infame dei modi, solo perché ti distraessi da ciò a cui stai pensando. Anche se coinvolge me. Io che non ti mentirò, come non l'ho mai fatto, cristo ho solo dimenticato di dirti qualcosa che pensavo... pensavo fosse irrilevante, Dio stavo morendo Chrys. Avrei anche potuto non tornare, e tu lo sai. Lo sai meglio di chiunque altro come io mi sia sentito quel fottuto giorno. Che doveva essere il più bello, ed a ripensarci ora lo è stato, è ancora - fino a Peter - il giorno migliore. Ma non basta, non basta quando resto in silenzio, quando lo so che non posso risponderti se poi non sto mitigando un cazzo, se tu covi qualcosa che è più forte di me. Mi dico solo, meschinamente, qualcosa che non vorresti mai sentirti dire. Che è un bene Mordin non sia più in te adesso, altrimenti avrebbe avuto terreno fertile per controllarti, portarti via, distante da me, legittimato dal mio sbaglio, il mio cazzo di errore.
    Navighi in un mare calmo, Chrys, sei solo convinto che sia in tempesta, forse per i miei tuoni sopra la testa. Forse perché tu la fiducia, rispetto a me, sai donarla, ed allora quando vieni tradito sei molto più aggressivo di me, io che abbaio e mordo ma non lo faccio quasi mai con l'intento di uccidere. Tu, invece, potresti essere letale, a volte più di Faust, anche se Atropo... Atropo è nato per trovarmi.
    Tanto che le dita te le passo piano lungo il braccio. "Ti sbagli, Chrys" perché non sono un vigliacco fino a questo punto, e se qualcuno deve ferirti, almeno che sia io. Io che non ti pugnalo mai alla schiena, che se devo farlo, lo faccio spingendo la lama davanti ai tuoi occhi, come se ora potessi richiamarne una e , alzando gli occhi sulla tua pessima imitazione di Caiden, io potessi passare il costato e spingere a fondo. Fino al cuore, fino a quello che per un secondo, per come sei, neanche credo di meritare. Perché è vero, Chrys, tu sei mio, come io sono tuo, ma forse... forse ora non è condiviso, forse lo sei senza volerlo.
    "Saresti perfettamente in grado di usare la tua forza, e il tuo carattere di merda per vendicarti.. non ti serve il mio" è un ghigno che non nasce fino in fondo, non per davvero.
    Ma lo vedi come lo sguardo lo sposto se finisci per somigliare a lui, o chiunque della sua famiglia. Smettila, Chrys. Che in fondo neanche ti serve scervellarti tanto, ti servo io la risposta che vuoi. Quella pugnalata, ricordi? Almeno non si dica che sono un codardo, non ora che mi ricordo il perché l'ho fatto. Che resta una ragione su cui non contratterò.
    "E' colpa mia" le fusa di uno strappo netto. "L'ho detto a Morgan quando è venuto all'Imperial" e la presa sul tuo polso si fa più forte, perché non esiste che la sposti da me. A costo di stringere e far male. Che il dolore è solo un altro cazzo di modo che abbiamo per comunicare noi due. Non sono sicuro sia andata così, amore mio, ma è questo. E basta.
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    ''Ancora Morgan.''
    Stringi quanto vuoi. Sì, stringi, fammi male, ma questo non cambierà le cose. Non cambierà com'è che mi sento adesso. Non repentinamente, non come avrei creduto potesse realmente succedere. Perché l'unica cosa a cambiare qui è la mai faccia. Una faccia che si contrae per far spazio ad altri connotati, che spinge fuori i peli di una barba bionda e poi ritirarli all'indietro. Velocemente, tanto che mi fa male tutto. Mi fanno male gli zigomi, il cuoio capelluto. Mi fa male qualsiasi centimetro di epidermide visibile. Anche quella che non vedi. Che dentro brucio, sfarfallo come le luci, sbatto contro le pareti del mio cervello come le mie cazzo di falene, Josh. Che adesso la verità la voglio più di prima. Anche se per anni l'ho rinnegata, l'ho spinta via quanto potevo. Adesso non ho più il timore di una volta, no. Adesso mi sento così furente con questa mia incapacità di gestire le cose che ci riguardano da poter esplodere. Ed esplodo, infatti. Lo fa il corpo, lo fa lo sguardo che adesso è il tuo. Che ringhia, che accompagna i tuoi ringhi sì. Perché ci sono troppe cose a cui penso adesso. Troppe immagini che mi saltano agli occhi quando nomini prima te stesso e poi Morgan Crain. Quanto lo odio il vostro rapporto, Josh. Quel modo quasi morboso che avete di respingervi e pure ritrovarvi quando tutto il resto va una merda. Quasi come se inconsciamente tu riconoscessi la sua potenza e lui la tua. Che siete indistruttibili, siete due cazzo di bombe nucleari. Ed io questo lo odio. Così come ho odiato che fosse lui a salvare Edie e non te, così come ho odiato il modo in cui non ha mai capito di averti fatto del male e tu devi averne fatto altrettanto di rimando. Io odio, odio vedervi collaborare, percepirvi così vicini dinanzi a tutte quelle cazzo di minacce che avrei voluto risolvere io, per te. Io, che se riesco ad alzare un dito comunque non riuscirei a smuovere niente. Né una foglia, né l'universo. E non mi importa, ora, se il mio risulta essere un fanatismo del cazzo, una sorta di egoismo che mi porta a godere della morte di Peter come se fossi stato io, io l'eroe. Il cazzo di eroe di tutti per una volta. Non Morgan, non tu, io, Joshua. Io. Tanto che ci provo a switchare da Morgan a te e da te a me, ma non so ritornare in me adesso, non ora che mi odio per ciò che sto pensando, non ora che so vedermi all'angolino di questa cazzo di casa mentre voi cincischiate. Mentre voi vi denudate a modo vostro dei vostri cazzo di demoni e li mettete lì, in fila lungo il tavolo per analizzarli e sfruttarli al meglio. Io che dall'angolo vi guardo e nel voler essere voi poi mi rendo conto di non essere un cazzo. Che se per una volta ammazzo uno allora finisco condannato di nuovo. Ancora ed ancora. Non ho nessuno a farmi un applauso, no, ho una cazzo di sorella che viene qui a distruggere la nostra quiete. La nostra, Joshua. Mia e tua. Non tua e di Morgan, mia e tua.
    ''Se te lo fossi scopato avresti fatto meno male.''
    Ed io ti vedo, lo sai. Ancora lì, disteso, a riprenderti, mentre guardi Morgan e gli racconti cosa ci è successo. Lo racconti a lui, quando avresti dovuto farlo solo con me. Perché è una cosa mia e tua. Resta sempre, una cosa, mia e tua.
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    Trattengo il fiato per tutto il fottuto tempo che impieghi a capire chi cazzo vuoi essere. Perché è così no? Perché tu non sai mai bastarti al punto che basterebbe ti alzassi un attimo dalla fottuta terra in cui anneghi ogni volta, per renderti conto che sei migliore di noi. Di me che non so tenere un discorso, né mantenere una promessa che sia un fottuto monito per la nostra famiglia, io che non so proteggerti, che il mio è uno scudo con un foro al centro, all'altezza del cuore. Uno da cui passo la lama con cui lo so, ti sto uccidendo e non hai la più fottuta idea di quanto io frema nel vederti così. Confuso, tradito.. ferito. Da me. Che non me ne frega un cazzo, ora, di riversare il mio odio su Morgan. Ben inteso che se è stato lui non metterà più piede in casa nostra, è il minimo. Ma non me ne frega un cazzo, l'ho detto, che non mollo la presa, la stringo tenendoti quanto più cazzo vicino io riesca mentre osservo ognuno di questi cambiamenti, come se sapessi già dove andrai a parare. Perché tu stai cercando un colpevole, e ti sei fidato così tanto di me da non credere che sarei stato io. Perché quello che non fai, è chiedermi di più. A te non importa sapere che motivo mi ha spinto a farlo, tu credi di saperlo. E vedi, vedi se io davvero fossi la puttana che dici, lo stronzo che non si prende un fottuto impegno fino in fondo, ora te lo lascerei credere. Che sei debole Chrys, no? E' questa la storia che ti racconti, che scelgo di affidarmi a Morgan perché tu non riesce a fare ciò che dovresti per me. Tu che sei finito nel tuo cazzo di inferno per tirarmi fuori.
    Tu che ti becchi un ringhio di avvertimento, perché il fatto che se me lo fossi scopato avrebbe fatto male, mi tira fuori un ghigno che di comico non ha un cazzo. Come non ce l'ha la mia espressione. Fa più male questo, che tu creda che io possa fare qualcosa ad un livello tanto alto, che farmi dire che sono come tutti i fottuti Ray che hai conosciuto. Dio, fa male si. Che è vero che mi esce prima un ringhio, ma dopo si spegne in gola, nella saliva che non mando giù.
    Mi manca il fiato, nel mostrarti i denti, mostrarli a me, mi faccio più vicino. Sei ingiusto, avevo ancora entrambi gli occhi buoni in questa tua immagine, non ero ancora quello che non vuoi, mh? Ma la presa non la mollo si allenta appena, quando non stacco gli occhi da me. Da te. Da quello che non ho fatto per mesi da quando di tanto in tanto muti in me. Non so come cazzo fare a non farlo sempre il passo falso che ti uccide l'autostima. Cristo, perdonami e basta!
    E invece ti spingo contro la finestra, che ti piace come posto no? "Credi che volessi farti male?" ringhio.
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    Mi fermo. Se prima non ho mosso un dito, adesso mi fermo del tutto. Smetto di respirare quando smetti di respirare tu. Ti guardo quando mi guardi tu. Ringhio quando ringhi tu. Ed una mano, una sola, te la faccio risalire lungo il collo, poi sul viso. Una guancia. Vogli una tua guancia Josh. Anche se la mano puzza di sigaretta bruciata, che il filtro ormai è a terra. Ci ho passato sopra un piede per sbaglio. L'ho fatto lasciandomi spingere contro la finestra, sì, ma senza staccargli gli occhi di dosso per un attimo. Che deglutisco, respiro male quando eserciti questo tipo di forza ma non perché io abbia paura, tutt'altro. Sai placarmi solo così. Sai risvegliarmi solo così.
    ''No.''
    Ma la voce ora si spezza, lo sento come si fa più mansueta. Come tremo io, come mi placo io. Anche se le cose continuo a pensarle nello stesso modo, che mi scopro geloso solo adesso. Solo in questo momento forse insensato. Che mi vengono in mente tutte quelle cose che fanno parte della lista che recita le mie proprietà. Tua figlia è mia, Josh. Lo è la tua vita, il tuo corpo, ogni tuo fottuto respiro. Lo è questa casa. La nostra casa. Lo è il nostro matrimonio, il modo in cui ti amo, ti amo da morire, anche ora, ora che voglio consumartela questa guancia a forza di carezze.
    ''Non mi faresti mai del male.''
    Che lo cerco ora il contatto con il tuo viso. La fronte che si appoggia alla tua. Il naso che sfiora il tuo. Respiro. Solo adesso mi godo il pino silvestre. Solo adesso, provo a tornare a casa. A non fare tanto lo stronzo anche se le mani fanno ancora male. Anche se la pelle fa ancora malissimo.
    ''Sono geloso di ciò che siamo.''
    Ammetto, tanto, cos'ho da perdere adesso?
    ''Odio che basti una sola cosa a mandare a puttane tutto.''
    Ringhio, ma non lo faccio per affrontarti, non lo faccio per cattiveria. No, solo perché mi esce spontaneo.
    ''Odio pensare che...che possa averglielo detto Morgan, adesso.''
    Forse ora le mani tremano un po'. Ti tremano sul viso. Mi trema persino la voce.
    ''Sono stanco.''
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    No, esatto.
    Che sono fusa, le mie, che ripercorrono il gesto con cui mi stringi piano, mi accarezzi, lasci andare quello che hai dentro. Che lo so che cosa mi spetta adesso, ed è la mia croce. Che i miei passi sono lenti, sicuro, che non voglio farti male neanche adesso, neanche quando stringerei la presa se in me ci fosse un briciolo di Faust. Ma lui non compare mai quando la colpa ce l'ho io. Come se sapesse che devo solo piegarmi all'idea di aver sbagliato ancora, e Cristo se è difficile da sopporta, da reggere. Non è qualcosa che so di volere, non se poi, anche attraverso i miei occhi lo so che cosa anima i tuoi, o addirittura li spegne. Faccio finta, così, di poterti sollevare la mia maschera dal muso, e ritrovarti anche quando apparentemente non ci sei. Che la tua voce è la mia, e le tue mani...
    Quando tu tremi, io mi faccio avanti di più, io ti tengo anche con l'altra mano, ancorato a me. Ti sfioro, in strette che sanno essere possessive come ringhi che ci scambiamo a fior di muso. Si litiga così quando ci si ama? Non lo so, le cose le imparo con te.
    "Mai" insisto in un soffio che imiti i tuoi, che mai, mai ti farei del male, che quando finisco per farlo è peggio perché non è mai qualcosa che voglio. "Mai, Chrys... mai" e dove la tua voce trema, e lo fanno le tue mani, allora non so farlo io. Che quando tu vacilli io sono una roccia, e così è il contrario, perché è di questo che ci alimentiamo, è questo che amo più del fottuto universo.
    "Sei geloso" lo ripeto io, in un bacio che mi dà senso, ma che se ad occhi chiusi sa immaginare te, un bacio che si ferma però agli angoli del tuo ringhio, troppo simile al mio. Sono egocentrico, si, un egoista del cazzo, ma non scopo con il mio riflesso. "Allora non pensiamoci adesso.. è stato troppo tempo fa.. io voglio andare avanti." si, è meschino, lo so che non è l'unica cosa che dovrei dirti, lo so quanto merda so sentirmi se invece io insisto a farmi vicino, a farti sentire che da qui non intendo andarmene, che non resti mai solo con i tuoi demoni, mai più, neanche se uno di questi è di nuovo tua sorella. "Mi dispiace amore mio" lo stringo trai denti, con il dolore e la rabbia, con tutto un fottuto insieme di cose che si fa largo nella stanchezza. Sei stanco tu, come lo sono io. Voglio solo un cazzo di tempo che sia nostro, al sicuro, tranquillo anche se ci alimentiamo di uragani che scatenano tempeste, e che notti meravigliose ne escono. "Mi dispiace.." insisto, in un ringhio più basso. "Ti prego, puoi non farmi baciare il mio riflesso?" Che io voglio solo te, Chrys, nessun altro.
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    Tu vuoi andare avanti e questo ha il suo senso. Anche io vorrei, Josh, ma ogni volta che ci proviamo mi sembra comunque di aver tutto contro. Una forza continua a lanciarci addosso il peggio del peggio. E vorrei davvero che essere te, adesso, mi dia la medesima speranza, i medesimi sogni, ma non è così che funzionano le cose. Non è così che funziono io. Che rispondo ad un bacio con un altro bacio, ma che nell'essere te comunque non sono te e te lo ringhio in viso. Lo faccio quando mi sembra di sentirti pregare affinché io torni ad essere io. Affinché io torni ad essere quello che conosci. Quello che non sapeva mutare così perché non c'era stato nulla a risvegliare questa caratteristica innata. Ed io non so nemmeno da chi è che l'ho ripresa. Io che dalla mia famiglia non vorrei portarmi dietro nulla, nulla, a volte nemmeno un cognome che si erge maestoso lungo le insegne che svettano lungo la porta di servizio, quella dalla quale faccio entrare tutti gli altri.
    ''Non fa niente.''
    Ti sbuffo in viso un po' come se fosse una resa. Un po' come se questa fosse la mia resa. Ma non mi sto arrendendo davvero, seppur io mi renda conto di non sapere contro cosa combattere adesso. Che se è stato Morgan a tradirci, a deluderci allora oltre ad immaginarlo ferito ai miei piedi io non posso far altro. Non alzerò davvero un muscolo contro di lui, non quando mi vengono in mente tutte quelle ragioni per le quali forse è meglio disinnescare. Tirar avanti un po' com'è che dici tu. Arrenderci, alla fine, almeno a questa battaglia.
    ''Non è un tuo riflesso.''
    E te lo specifico come fosse una cosa di cui sono terribilmente certo. Perché è vero, nel guardarmi potrei scoprire di somigliare terribilmente a te, ma questo non è di certo il tuo riflesso, no, è il mio. Questo è il mio Joshua, è il modo in cui so vederti io, amarti io, venerarti io. Allora perdonami se azzardo un altro bacio senza riuscire minimamente a mutare i connotati del mio viso. Perché io nella tua pelle ci sto bene. Nella tua pelle io mi sento forte, mi sento al sicuro.
    Allora fallo tu uno sforzo ora e prendimi totalmente per com'è che sono. Anche se sembra rivoltante, anche se vorresti quelle cose per le quali forse ti sei innamorato.
    ''Sono io, Josh.''
    E una virgola, ora, tolta dal contesto, renderebbe tutto terribilmente diverso, ma anche vero, per altrettanti versi. Perché io sono te, Josh. Lo sono totalmente, dal primo giorno che ti ho messo gli occhi addosso. Dal primo momento in cui ho capito di volerti, di desiderarti al punto da prometterti il mondo. Quello che conosco io, quello che credo di poterti dare. E non mi sta bene, no, non riuscire a farlo come realmente vorrei. Perché tu meriti troppe, troppe cose, anche se a volte ti odio, anche se adesso potrei odiarti ancora un po'. Odiarti mentre ti bacio. Mentre incastro una mano tra i tuoi capelli. E a me le tue mani piacciono. Mi piace come i tuoi capelli mi cadano addosso. Il tuo ciuffo sulla mia fronte, cazzo se sembra una goccia d'acqua fresca.
    ''Sono io.''
    Quello che ti bacia, che continua a farlo, che ti tiene premuto addosso, che ti morde prima un labbro, poi la guancia e giù per il collo. Sono io quello che ti ama, quello che ti desidera, che ti venera, che ti vuole proteggere, che ti vuole con sé per sempre. In una teca, sì. Lontano da tutti, lontano da tutto. Da Morgan, da Edie, dai tuoi nipoti e da Marigold. A volte persino da Alice, da quella figlia che Lilian ha abortito e che nonostante tutto ora ci resta appesa tra capo e collo.
    ''Sono io.''
    Quello che ora ha voglia di rimarcare concetti. Di delimitare territori, di marcare i propri, di nuovi, affinché nessun altro cane abbia la stupida idea di pisciarci su di nuovo.
    Sono io, ancora, quello che ti spinge all'indietro, che vuole farti arrivare su quel tavolo dove mi hai scopato tante di quelle volte da non saper più tenere il conto.
    ''Fattelo andar bene.''
    Ringhio, tirando giù i pantaloni dalla cinta.
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    Lo so che è colpa mia, cristo. Lo so in un ringhio che risponde al tuo, che i miei occhi si fanno fottute fiamme se devono, che è vero ora più coraggio di prima nell'affrontarmi muso a muso. Sarà anche che attraverso i tuoi occhi ho imparato ad amarmi, Chrys, ma allora è chiaro che io sto fallendo. Che tu, invece, non sai amarti come ti amo io. Non sai apprezzare quel verde assurdo che ti ha donato Erika, quelle vene leggere che si incastrano come se nella tua foresta, in mezzo al fottuto nulla che ti circonda, tu ci lasciassi passare fiumi d'oro. Ma io so anche come ti guardi quando non ti vedo, come ti tiri su i capelli, li raccogli, ti chiedi se possa bastare ad essere anche minimamente carino. E non lo sai, non sia che io ti amo anche ad occhi chiusi. E se è questo che vuoi, cazzo è questo che avrai. Che non sai quando sia mia la schiena che trema quando avanzi, quando al primo vero bacio sono restio, che non voglio davvero sentire due volte le mie labbra, ricercarle, trovarle e scavarci un fottuto solco dentro. Però lo faccio. Cristo se lo faccio. E fa male.
    Fa male ma questo non mi frena, non spegne i ringhi che si fanno più pesanti, come se io ti parlassi solo con questi, come se la tua sfida fosse ora un massacro, uno che voglio godermi, con cui voglio giocare fino a spaccarmi le ginocchia. Che se questa è la mia punizione allora non puoi aspettarti da me che io la accetti senza muovere un muscolo.
    Non io, che stringo i denti in un ghigno quando mi spingi contro il tavolo. Che per ogni cazzo di bacio, sono riuscito a spingermi più avanti, a sentire il brivido che il mio riflesso non può darmi. Io che non sono così egocentrico da scoparmi da solo, che non ti avrò così nei miei sogni, e mai ti chiederò di farlo di nuovo. Non farlo mai più, non usare il mio corpo come una corazza, non se è il tuo. Usa quello che ho io, non replicarlo, cazzo. Ma va bene, va bene ora che voglio che tu sia qui anche dopo quello che ho fatto, anche se non abbiamo smesso di incazzarci, se tu non te la sei fatta passare così in fretta. "Sì, sei tu.."
    E' solo un altro dei nostri giochi perversi, malati, un po' del cazzo. Ma io, io non ti respingerò mai Chrys, non ti darò mai il fottuto modo di dirti che non sai valere abbastanza per tuo marito. Si perché ci sono davvero volte in cui non sai a che cazzo penso, mh? Che credi io non lo capisca. Lo so che siamo su una bilancia del cazzo. Ma se mi stai dicendo che devo accettare il modo in cui tu mi vedi, allora cazzo se lo faccio. Che quando la mia schiena si ferma lungo il legno, sono mie le mani che ti tirano per i fianchi verso di me. "Allora scopami come si deve" scopami male come merito, fammi male cazzo, fammi sentire quanto ho sbagliato. Straziami. Che sono fusa calde lungo il collo, lungo tatuaggi che non trovo, ma la tua spalla la ripercorro in morsi lì dove voglio rivedere la linea tatuata che hai tu. Altre dita ti cercano tra capelli troppo scuri, troppo lisci, che mi avvolgerei tra le dita per arricciarli da solo. "Fatti sentire.." un altro cazzo di ringhio, che a spogliarmi devi essere tu, oggi. Strappami questi cazzo di vestiti e parliamone, che non resto qui a farmi fare il cazzo che vuoi tu, no. Io prendo le ombre, e ti porto lontano. Lontano da Alice, che sa cosa siamo ma non voglio lo veda in questo modo. Siamo qui no? In una delle stanze impolverate di casa nostra, quelle che gli ospiti non usano più, quelle chiuse dall'interno. "Chrys.."
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    Se mi chiedessi esattamente cos'è che voglio io non so se riuscire a risponderti. Non ora dove tutto è tremore e prese di posizione che no so se posso davvero concedermi, non quando c'è solo rabbia qui. Una rabbia che è così forte da fondersi all'amore che nutro nei tuoi confronti. Perché io non smetto di amarti solo perché mi tradisci: Io non so com'è che si faccia a dimenticare tutto ciò che sei, ma oggi so alimentarlo solo così. Nei ringhi, che sono tuoi quanto miei. Perché nel momento esatto in cui tu gli emetti io finisco per sentirmeli in testa. Ringhiano insieme a quei mostri che dormono sopiti nei meandri più oscuri della mia testa, quelli che oggi, con una sola parola, siete riusciti a grattare affinché risalissero in superfice.
    Quindi tienimeli buoni, adesso. Mentre spogliarti delle tue vesti non è altro che l'ennesimo cenno d'amore che mi concedo per ricordare, sia a te che a me, cos'è che vali. E vali tanto, vali troppo per permetterti di essere uno dei tanti ingranaggi capaci di distruggermi. Te li assolvo io i tuoi peccati. Te lo do io il modo per perdonarti, per risolvere la situazione. Anche se blandamente, anche se solo per una giornata.
    Lo faccio in baci che continuo a strapparti via, che ora puntano al collo, alla spalla che ripercorro in baci piccoli, coordinati.
    ''Stai zitto, Tesoro.''
    Perché non voglio sentirti guidare qualcosa che voglio afferrare io con mano. Qualcosa che voglio sentire io, spingere via io per dimostrare così cos'è che so fare. Che sono bravo, Josh, so bene ciò che faccio. Non sono solo istintivo, non sono solo mosso da ciò che istintivamente fatichiamo a comprendere.
    Quindi lasciati andare, concedimi questo quando io non sto facendo altro che concederti un amore che trema, che fa male quando a contatto con la tua pelle io comunque continuo a bruciare. Brucio sempre.
    Allora ti porto una mano al petto, lungo il cuore che non ha voluto battere per te e ti spingo, piano piano, affinché tu possa toccare con schiena il nostro tavolo. Ti allontano, ma ti rivoglio vicino, come una molla.
    ''Non tradirmi mai, Josh.''
    Resta un punto fermo, un ammonimento che sa assumere diverse sfumature. Perché anche questo suona come un tradimento, peggio se ci fossi davvero andato a letto con Morgan. Perché tu sei mio. Lo è Alice, lo è questa casa, le cose che siamo stati costretti a sopportare e no, non accetto che qualcun altro possa condividere con noi il peso di questi dolori. Ci penso io ad alleviarteli. Ci penso io a distruggere tutti gli altri cazzo di demoni.
    ''Che a te ci penso io. Mi prendo cura io della nostra merda.''
    Te lo rimarco tirando ancor più giù i pantaloni tanto da scoprire le gambe. Te le accarezzo, piano, delicatamente. Che non so disinnamorarmi. Non so com'è che si faccia ad odiare uno come te. Torno a ricercare le tue labbra. Ne ho un fottuto bisogno adesso.
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    Non posso dirti di no, in questo ringhio che si alza solo per spaccarmi il torace. E' questo che so fare, no? Questo che ami. Me. Io che non reggo un cazzo, che non tengo in piedi una sola promessa, perché non c'è un cazzo di momento in cui la mia parola abbia senso che resti in piedi. Ma tu mi hai sempre visto, è così no? Tu lo sai come sono fatto, lo sai che è uno scudo fatto di crepe, e poi ricostruito solo per essere distrutto, violato. Infranto dal modo in cui alla fine promettere a me qualcosa resta ancora più impossibile. Una cazzo di cosa, non ho chiesto altro a Morgan. Una fottuta cosa, e l'ho fatta per te. Cristo! Per te, che ti trovi addosso le mie mani, che non me ne frega un cazzo se dici di arrangiarti, non te lo lascio fare se ci sono io. Non è così facile piegarmi, amore mio, neanche se questo "tesoro" è fuoco oltre un contatto. Sei la fottuta benzina della mia vita.
    Che poi non ti rispondo se non come un fottuto animale, uno ferito uno che non puoi davvero accusare di un cazzo, Chrys. Non me. Non io. Non il tuo cazzo di Josh, vero? Che io non tradisco, è impossibile che io lo faccia. Non ti ho tradito.. non.. non parlo. Non dico niente, se non qualcosa che mi resta incastrato negli occhi, quelli con cui ti sfido a farmelo capire. Dimmi quanto ti ho ferito. Dimmelo oltre la pelle, dimmelo quando mi spingi indietro, come se il controllo dipendesse da te e cazzo se è così. E cazzo se ti odio quando mi lasci qui, al di sotto di un punto che so di poter raggiungere. Ma io non sono altro che questo, giusto? Io sono quella combinazione del cazzo che è perfetta con te. Il mio sangue ti serve, come a me serve il tuo. Mi serve che il tuo cuore non smetta di battere, e non pensavo fosse un concetto difficile da capire. Lo è, amore mio?
    E non ti so star distante, non faccio altro che chiudere gli occhi un secondo, uno quando mi spogli, e forse un altro quando torni da me. E non è giusto, non sei tu che devi gestire il mio schifo, sono io. Io che devo essere in grado di farlo da solo. Io che-... io che ansimo se ti spingi più giù o su o non ci sto capendo un cazzo, che sei me e questo mi uccide piano, lentamente anche se non gli voglio dare il peso che ha. Non ne ha, è solo una fottuta fase, il modo stronzo che abbiamo per discutere noi. E tu, dio.. tu le parole le usi troppo.
    Che respiro quando mi baci, ringhio quando è mia la lingua che ti incastro in gola, quando è lo scatto che ho per tenerti su di me, quando non ti parlo, non ho un cazzo da dirti adesso. Fallo e basta, Chrys, andiamo! E poi torna da me. Dio se ti voglio. "Dai.." ma neanche so tacere davvero, non se ne ho voglia, se voglio ora che porti a termine con il tuo fottuto coraggio, quello che intendi. Trova una causa e non fermarti. Ti sfido a piegarmi di più "..scopami"
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    Sono un uomo, Joshua. Un uomo che ti ama, che ti ha desiderato con sé da che era solo un ragazzino. Allora perdonami, ok, se dal momento in cui inizio a sfilarti i pantaloni con la delicatezza di chi a te davvero tiene da morirne, poi finisco per arpionare le dita attorno alle tue caviglie e poi su, nell'incavo del ginocchio, intorno alle cosce. Che la tua pelle è la mia, adesso, tanto che se mi sforzassi di sentirti meglio, forse percepirei le mie stesse mani accarezzare me. Risalirmi le ginocchia, arpionarmisi alle cosce. E ti costringo sdraiato, ora. Lo faccio per braccarti meglio seppur senza far male. Senza impedirti di respirare e di guardarmi ad una distanza ragionevole. Quella che può permetterti di analizzare ogni cazzo di centimetro del mio corpo. Del viso che indosso ora, di quei lineamenti che io amo alla follia perché sono tuoi e sono miei. Perché li ho sognati per notti intere. Per mesi, per anni. Ho sognato di accarezzarli, di baciarli, di indossarli proprio come sto facendo ora.
    E quando afferrandoti con forza dalle cosce ti porto a me, lasciandoti strusciare la schiena contro il tavolo, sbottono i miei di pantaloni affinché sia solo il tuo, di culo, quello scoperto. Quello a prender freddo, a sudare.
    ''Non devi dirmi cosa fare.''
    Perché non so nemmeno io cos'è che voglio adesso e beh, qualsiasi cosa ti venga in mente di pronunciare non farlo. Non quando saprei prenderla come un'imposizione stupida e credere, così, di essere fottuto. Di essere andato contro me stesso. Di non aver capito nulla.
    Ma ti amo, Joshua fottuto çevik. Ti amo più di ogni altra cosa al mondo. Ed è per questo che so concedere una prima spinta delicata, dolce. Perché ti amo, ti odio, ma non ho alcuna intenzione di impormi nel dolore. No. Io voglio che tu capisca cos'è che sono. Cos'è che faccio in questa casa. Cos'è che provo per te. Perché è tutto questo ad animare il mio dissidio interiore. Quella rabbia che scema già al primo affondo. Quello che perpetro ad occhi chiusi, lasciando risalire le mani lungo i tuoi polsi e non tanto per darti la spinta, no, ma semplicemente per sentirti vicino. Che intreccerei le dita alle tue se non fosse scomodo. Che ti pregherei di tenerti forte a me, se non fossi ancora arrabbiato, ancora fuori di me.
    ''Ti amo, idiota.''
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    Lo so che cazzo sei, Chrys non me lo devi ricordare. Ma fallo, dio. Fallo sulla pelle, fallo in strette che mi riportino qui. Inchiodami contro le mie colpe, contro la verità che resta questa: sono un marito di merda. Così come sono stato un amico del cazzo, uno di quelli che no, lo sapeva benissimo che cosa provavi e ti ha lasciato alimentare un'ossessione che adesso deve solo ringraziare. Che poi è la mia, ora, che non so neanche ringhiare troppo se alla fine hai ragione. Ne hai, perché ti ho tradito davvero, ti ho chiesto fiducia senza che tu potessi mai obiettare perché funziona così con me, tu mi dai tutto e io... io neanche lo merito. Allora stringo i denti.
    Lo faccio quando non vuoi ordini, quando te li impongo lo stesso, quando ti aspetto e non me ne frega un cazzo di quello che resta il mio aspetto, di che cazzo di metafora tu voglia spiegarmi.
    Resto un fottuto ignorante del Kansas, amore mio, e tu un bastardo inglese con radici tanto profonde in questa casa che ormai vivono in me. Ormai va bene, senza che sia un cazzo di consenso passivo: va bene davvero. Va bene quando non aspetto altro che sentire fino in fondo che cosa hai da dirmi, che ogni prima spinta resta motivo di perdita del fiato, di battiti che impazziscono sotto la tua mano, di un dolore che risuona dolce e dovuto. Dio, vorrei solo che facesse ancora più male, che a volte questo amore del cazzo non lo merito, ma cristo se lo voglio. Lo esigo. Me lo devi dare e basta perché è con questo che vivo, che mi alimento, che forgio quelle corazze che ti piace spezzare, che ti piace sfidarmi a costruire meglio.
    E faccio quello che non fai tu, quando ti stringi ai polsi, lascio scivolare le braccia in su, oltre il confine di questo tavolo, impiccale, inchiodale, facci il cazzo che vuoi Chrys, e fallo anche con me, affinché io domani possa ridisegnarti i punti in cui sbagli, ripiegarti contro un muro di casa, spingerti fino a sentire ogni affondo, così come io senti i tuoi. E li odio. E li amo.
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