Il codice delle creature estinte

Remì & Chrys | Villa Sinister, 20 giugno 2022 - Ore 18.32

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    Non esistono più sorrisi di cui io sappia vergognarmi adesso. Per tutto il tragitto a casa, anche se ci siamo fermati per prendere qualcosa da mettere sotto ai denti al primo benzinaio sulla strada, ho tenuto la mano sulle ginocchia di tuo padre come fosse quello il mio posto. E lo è, per dei versi che forse piano piano capirai. Che sarebbe normale, per ora, immaginare ad una subordinazione da parte di Josh, ma credimi, se la mia mano era lì, è perché lì doveva stare. Doveva fermare il tremolio della sua, doveva stabilizzare il tremolio della mia. Che tu ci vedi grandi, Remì, ma noi siamo ancora dei ragazzini. Dei bambini che non hanno nemmeno compiuto trent'anni ma che vogliono già provare a comportarsi da adulti. Perché non indulgiamo noi, non quando siamo sicuri di qualcosa. E tuo padre è il più testardo di tutti. Cavolo se te ne renderai conto. Tuo padre è la persona più tosta e resiliente che io conosca. E te ne parleremo, perché nemmeno in auto ha tirato già il velo che copre quell'occhio mancante. Non lo ha fatto nemmeno quando guardandolo l'ho pregato, in silenzio, di non nasconderti niente. Ma noi siamo fatti così, Remì. Non volercene male: Noi facciamo fatica, a volte, a mostrarci per ciò che siamo. E se questo è un male io posso assicurarti che non lo facciamo in malafede. Che i suoi timori sono i miei ed io lo capisco, sì, quando stringe i denti, quando stringe la presa sul mondo e lo fa mantenendosi in religioso silenzio. Tuo padre è una roccia, lo è in ogni senso.
    E lo capisco, quando è lui ad avvicinare Alice prima che possa farlo io. Quando scivolando in casa se la coccola come fosse lei la preferita tra i due. Non c'è un preferito, Remì, non ce ne sarà mai, ma Alice è figlia sua, figlia di qualcuno che gli somiglia e per quanto io passa amarla so bene di non poter mai e poi mai prendere il posto del suo Josh o di sua madre.
    Ma questo non fa male, non quando lui ci lascia i nostri spazi ed io posso farti salire le scale che portano alle camere. C'è la libreria, prima di tutto il resto: Un posto forse grande quanto la metà della casa e ricolma di tutti quei libri che mio padre ha pregato che io leggessi. Forse si tratta di roba troppo tecnica. Forse c'è una parte di me che spera di farteli leggere nello stesso modo in cui li ho letto io. Ma non te lo dico, non quando posso passarti una mano lungo la schiena e così farti strada al suo interno. Che ci basta entrare per attivare le luci che sormontano sopra ogni mobile. Sfere luminose così calde da cozzare con il pallore delle luci che abbiamo giù in studio.
    Il mio lavoro è un lavoro strano. Quello di Josh invece, è un lavoro figo, ma anche di questo ti parleremo piano piano.
    ''Questa era la libreria di Oleander.''
    Non mi è mai facile chiamarlo papà: Non è qualcosa che sa scivolare facilmente lungo la lingua. Ma mi rendo conto della dolcezza che permea nelle parole. Non so odiarlo, Remì, non so odiare mio padre com'è invece che odio mia madre.
    ''Ci sono più libri tecnici che altro: Roba con cui ho studiato per anni e roba utile al lavoro che faccio...''
    Te lo accenno così, sì, quando lasciandoti scivolare attraverso il corridoio che ha come soggetto la morte stessa, ti porto in quell'angolino dove due poltrone, ferme accanto ad una finestra decisamente grande, si stagliano dietro a quello che è un mobile altrettanto grande dedicato alla narrativa. Qui c'è roba dal Regno Unito, mostri che in America non sarebbero riusciti a spaventare nessuno. Ci sono anche le fiabe di Beda il Bardo, nascoste in orizzontale, sopra altri libri, affinché, pur sapendone l'ubicazione esatta, fosse per me difficile averle sempre sott'occhio.
    ''Sai...''
    E non lo so perché ho un blocco in gola, adesso, nel parlarne.
    ''Joshua è un musicista. Lui canta ed è discretamente famoso.''
    Magari sai chi è, ma io do per scontato di essere in un mondo solo nostro. Uno protetto sotto una bolla inespugnabile.
    ''I suoi testi sono molto belli, anche se arrabbiati, tristi a volte.''
    Sorrido nel dirlo, perché per comprenderli, spesso, ho bisogno di una rilettura dettagliata delle sue parole. Solitamente, in effetti, la prima cosa che a me sale all'occhio è l'intonazione della sua voce. Sono le note che l'accompagnano, che spesso ci fanno a cazzotti.
    ''Io invece...lavoro con i defunti.''
    Lo dico così, perché non conosco modi carini per farlo.
    ''Vedrai persone entrare ed uscire da questa casa. Persone che vengono qui per alcune consulenze. Il mio studio o insomma, il luogo in cui lavoro, è nel seminterrato.''
    Magari facendoti nota dell'ubicazione mi verrà più difficile parlartene come se non fosse strano.
    ''Sto pensando di ampliarlo per far sì che uno spazio sia dedicato a Joshua. Una sala d'incisione, pensavo. Ovviamente non dirglielo, è una sorpresa. La metterei anche la batteria di Alice: Lei è come suo padre, anche se spesso viene a studiare da me. Io le insegno a distillare intrugli utili alla tanatoestetica e alla vita in generale.''
    Prendo fiato. Perdonami se quando ho paura tendo a dilungarmi troppo. Per ora mi sembra persino strano riuscire a parlare così tanto.
    ''Non dico che tu debba fare queste cose, eh. Ci mancherebbe...è solo che, magari è giusto che tu sappia che siamo un po'...peculiari.''
    Ti guardo, Remì, lo faccio afferrando Il Codice delle Creature Estinte che tanto amo rileggere.
    ''V-vieni, ti faccio vedere le stanze più vicine alla libreria. Devi scegliere quella che più fa per te.''
     
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    Ci hai messo un po' a capire, e sei un ragazzino intelligente, tu. Ti sei seduto su troppi sedili posteriori da credere che sia la prima volta di una serie infinita di viaggi con il sorriso sulle labbra. E non con la paura nello stomaco che troveranno qualcosa di te che non andrà bene, e così come tutti poi faranno marcia indietro sulle loro decisioni. No, tu pensi che vuoi tanto non lo facciano. Che ti senti timido anche dopo lo slancio di prima, e allora ti tiri indietro con entrambe le gambe sui sedili, ben allacciato ma con le ginocchia a proteggerti.
    Certo non duri tanto, dopo un paio di soste, le gambe si fanno più leggere, quasi si muovono a ritmo di musica. Ed un po' ti incanti a guardare come la mano di Chrys non lasci mai andare la gamba di Josh. Non sei sicuro di capire perché lo facciano, ma quel semplice gesto ti fa credere che - rispetto agli altri adottanti - loro siano uniti. E tu vuoi lo siano. Li vuoi felici, li vuoi a parlarti di cose che non comprendi. Li vuoi a condurti nella nuova casa, che si a te non fa paura. Anzi. Anzi apri gli occhi tantissimo quando ti incolli al finestrino per leggerne i dettagli a prima vista.
    Non sospiri, trattieni letteralmente il fiato. Ti fissi sui muri scuri, sui rampicanti, sul cancello che cigola aprendosi, sul giardino che intravedi oltre le griglie. Poi sul cielo, coperto e grigio, sull'aria fresca che ti entra nel colletto e ti fa rabbrividire appena metti i piedi a terra. Fa quasi freddo, non soffochi come in Messico. Sai in che stato sei, vi hanno insegnato un po' di cose e tra una scuola e l'altra, in casa hai studiato più di tutti gli altri bambini. Forse non sai come si giochi, Remì, ma va bene comunque, no? Non è un difetto tanto grande, vero? Guardi Chrys. Guardi Josh. Sorridi piano, picchiettando sul braccio del primo. Che non sei ancora così pronto a tenergli la mano, ma ti nascondi comunque dietro le sue gambe lunghissime. Sembrano pali della luce, ma brillano tanto che non vuoi si allontanino da te.
    Non quando sei tesissimo all'idea di incontrare Alice, che hai preso quel libro per lei. Perché è una storia che ti piace tanto tanto. E quella casa sembra un po' un'invenzione di Lewis Carrol, ed Allan Poe.
    Che bella che è. Che bene ci starai dentro.
    Quasi trotti quando c'è da entrare in casa, per poi stringerti un nodo in gola alla vista di Alice. Non hai alzato gli occhi oltre il suo busto, non ci sei riuscito, ti sei trovato a tenerti fortissimo alla giacca di Chrys e poi lasciar andare la mano che avevi su Josh, giusto perché lui aveva bisogno di muoversi, di parlare con tua... sorella? Sorella, si.
    Ma ci sono troppe cose che ora ti entrano nella testa, te la scuotono, ti smuovono, ti agitano il cuore. C'è una libreria enorme, piena fitta di libri messi in ogni angolo. A volte ordinati, altre orizzontali e non vorresti mai andartene, tanto che hai deciso che questa è la stanza tua.
    Però Chrys ti deve dire tante cose, e tu lei vuoi assorbire tutte, che sei palesemente in attenzione, ti sposti anche di tanto in tanto quei riccetti ribelli. Ti piace da morire che li abbia anche lui, e che li sappia tenere meglio di te, che ci passi la mano e te la incastri, che sono un nido per rondini.
    Tu non sai chi sia Josh, in senso.. non hai idea del suo essere famoso, ma ti brillano gli occhi comunque, ed annuisci perché capisca che hai compreso ma gli fai anche cenno che "No, non lo sapevo" usando quei segni che ora - ci pensi - conosci solo tu.
    E' difficile capire bene quello che sta dicendo, usa parole che per te sono ancora difficili, ma ti impegni da morire, tanto che la cosa che più ti lascia gli occhi lucidi, è che voglia farlo. Nessuno degli adottanti si è mai preso la briga di spiegarti tanto a fondo chi fosse e cosa ti saresti dovuto aspettare dal vivere con loro.
    Ti allunghi sulla poltroncina, e ad un certo punto gli sfiori il petto con la mano, provi a chiedergli se gli piace.. se gli piace lavorare con i morti e.. e non sai se puoi usare solo i segni, tanto che prendi un libro e fai quello che hai fatto questa mattina. Lo giri perché lo legga lui, lo usi ora che vuoi parlargli. Segni le lettere, le parole, ancora. "Ti p-i-ace il tuo l-a-v-oro?"
    E quando prende un libro anche lui, ti concentri su quello e "Cos-è quello?" e ancora, sfogli le pagine al contrario, concentratissimo. "E' una b-ella casa" e non sei ancora contento, le fai tutte in un volta le domande, finché non imparerà a leggerti le dita. "Scelgo io il m-io letto?" non hai capito che non dormi in una branda, Remì, che questa stanza è così grande da avere tanto - troppo - margine di scelta, proprio vicino alla libreria. Apri gli occhi, è tutto vero?
     
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    Ti guardo, Remì. Non lo faccio con cattiveria o con l'intenzione di tenere sotto controllo ogni cosa. Ogni tuo respiro, ogni tuo passo affinché mi sia chiaro il tuo benessere. Il tuo saper stare tra queste mura. No. Lo faccio perché mi affascini. Perché sei un bambino prodigioso o almeno, è questa l'impressione che mi dai. E non lo dico solo perché su carta, ora, sei mio figlio. No. Lo penso perché hai un modo di camminare, di osservare ciò che ti circonda e di occupare spazi che a me è mancato per tanto. Non sono mai stato così coordinato io, nemmeno quando guardare il mondo che mi circondava era sicuramente una delle mie maggiori priorità. E l'ho fatto, certo. Ci ho provato nel modo in cui mi riusciva, ma tu, tu Remì, mi dai la sensazione di aver già capito tutto. Come se non ci fosse davvero bisogno di star qui a raccontarti della tua nuova famiglia. Tu ci conosci. Ci conosci dal modo in cui ci guardi. E l'ho notato quando ti sei presentato con Alice. Che vi siete sorrisi o erano gli occhi a farlo, insomma. E lei ti ha stretto la mano da vera signorina per poi lasciarti i tuoi spazi. Come se fossi qui da sempre, capisci cosa intendo? E non lo so, ora, cos'è che sta dicendo a Josh. Che sicuro saranno insieme, sì. Lui starà capendo cos'è che le passa per la testa. Se è davvero felice o se la sua è solo una facciata. Un modo gentile di soffrire per paura che dire le cose come stanno possano renderla ancora troppo piccola ai nostri occhi. Ma siete così adulti voi due, lo sei anche tu, che apprendi solo respirando qui dentro. Che ti interessi a troppe cose e che cerchi in ogni modo di farti capire, di comunicare con me come fossimo vecchi amici.
    ''Sì, è bello, per molti versi.''
    E perdonami se mi prendo del tempo in più per ascoltare. Se le labbra te le guardo troppo e così anche le dita che si muovono lungo le pagine, lungo le lettere. Che mi avvicino per leggerle con te, per non darti troppe fatiche assieme.
    ''Questo?''
    Ed indico il libro che tengo stretto al petto. Uno dei tanti da impilare lungo il comodino affinché Josh, stringendomi a sé, possa rischiare di farli cadere tutti. In bilico, sì, com'è stata la nostra vita per troppo, troppo tempo, Remì.
    ''Questo è il diario di uno studioso. Lui studiava le creature fantastiche e suo figlio, come lui, lo ha accompagnato nelle sue sperimentazioni.''
    Lo dico in un sorriso che non si spegne subito, no. Perché questo è uno dei miei libri preferiti, l'unico, forse, che pur non avendo numeri, schemi, riesce a tener ben alta la mia concentrazione. E a me piace leggere, piace tanto, solo che non ne sono particolarmente capace.
    ''Vieni, sì.''
    Ti passo una mano lungo la schiena per poi fermarla lì. Così come fa Josh con me, così come io faccio con lui a volte. Che ti scorto per casa, ti riporto sul corridoio, laddove la strada si fa stretta e diverse porte ne costeggiano il passaggio. Sono le camere degli ospiti queste: Lande impolverate che saprebbero raccontarti troppe, troppe storie.
    Ma c'è una stanza ancora più bella, quella senza letto, in cui mi rintanavo da piccolo. Ed io potrei portare i tuoi mobili lì, se ti piacesse di più un posto del genere.
    ''Vai, aprile tutte, ma sappi che se non te ne piace nemmeno una, c'è n'è un'altra ancor più speciale verso la soffitta.''
    Amavo nascondermi lì. Nel suo armadio più grande. L'ho fatto per così tanti anni che persino adesso, piegando tanto le gambe probabilmente, riuscirei a trovarmici comodo.
     
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    Per te, piccolo Remì, i libri significano tutto. E presto, molto presto, i tuoi nuovi genitori se ne renderanno conto. Perché sono i segnalibri della tua esistenza, ancore sicure del tuo passaggio. Li lascerai in giro, in punto sparsi della casa, così da poter leggere una storia diversa in ogni ambiente. E lo farai da subito, lo fai sempre quando sei in un posto che non conosci. Di solito, inizi chiedendo piano ai proprietari di non toccarli, lo fai insistendo con gli occhi grandi sgranati ed un sorriso un po' tremante. Poi li spargi come briciole e stai già contando quanti te ne serviranno per coprire gli ampi spazi di Villa Sinister. Sicuramente Moby Dick finirà in bagno, vicino alla vasca, con il rischio di bagnarsi, perché tu leggi anche così. Ma i tuoi pensieri si interrompono sempre così velocemente quando Chrys ti parla. Perché pendi dalle sue labbra, vuoi ti dica tutto quello che gli passa per la testa, anche quando ti spaventa la velocità con cui vi state già allontanando dalla biblioteca e, per un attimo, hai il cuore in gola. La guardi, lasciandoti accompagnare fuori, la guardi come si guarda un bambino con cui ti sei divertito al parco giochi e che vuoi già rivedere: ecco hai questo negli occhi.
    Però a Chrys non fai una colpa, non se ti racconta di che parla il libro che ha in mano. Oh, sei grande Remì, lo sai che non sta bene chiedergli di leggertelo, perché sei autonomo, hai imparato da solo e puoi benissimo cavartela da solo ecco. Questo si. Questo tu lo spingi piano oltre i pensieri, le riflessioni. Oltre gli occhi che punti nei suoi appena ti si illuminano. Un padre ed un figlio, un libro su un lavoro tanto ricercato. Non lo sai che cosa ti smuova dentro, ma lo fa. Tanto che poi abbassi il musino e tiri lunga la manica della maglia, così da passarla velocissima strusciando il dorso sugli occhi.
    Non si piange, questo non piace agli adottanti.
    Un po' tremi quando apri le maniglie, una ad una. Che hai sentito quello che ti ha detto e, fosse per te, sceglieresti la primissima stanza accanto alla biblioteca, così da non lasciartela mai troppo distante. Però dai, le apri un po' tutte, lo fai senza fretta, un po' zompetti come un uccellino sceso da poco dal nido. Anche con il cuore in gola ed un po' di paura per quel corridoio tanto scuro. E' che non sei abituato, e si vede. Torni indietro, vai avanti, ci pensi, le riguardi, ma davvero ti fermi davanti a quella più vicina alla biblioteca. Tuttavia l'idea della soffitta te l'ha dato un tuffo al cuore in più.
    Indichi un letto. Poi Chrys. Poi il corridoio oltre Josh e, infine, allarghi piano le braccia, i palmi delle mani all'insù: dove dormiranno loro due? Ed Alice? Ti vergogni a chiedere, e si vede perché un po' se incerto quando muovi le dita per spiegarti meglio, che usi anche il labiale, perché hai visto che ti guarda quando parli. Ti fa strano, nessuno ti guardava prima. E' che hai paura di dormire da solo, è semplicemente questo. Hai paura, come se ne ha in una casa nuova così grande. Ed hai paura di dormire con loro perché non vuoi sembrare così bisognoso e ingombrante, ti devi comportare bene. Bene anche quando un po' piangeresti adesso, che ti sembra tutto un po' troppo bello per essere vero, per capitare a te.
    Allora ti fai forza ancora un pochino, quanto basta per stringere la maglia di Chrys, parlargli a modo tuo. Non vuoi stare tanto distante da loro, e senti che in qualche modo glielo puoi far capire, non si farà di nuovo un viaggio in Messico per riportarti indietro per questo, vero? Respiri malino.
     
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    Dammi tempo di conoscerti, Remì. Di capire come muovermi quando sono con te. Che la mano dalla schiena te la sfilo subito consapevole, forse troppo in ritardo, di non voler essere un padre soffocante. O un padre, in generale, credo. Che sì, mi emoziona pensarmi così quando è con Joshua che parlo. Che l'idea di lui come un padre mi eccita, mi fa arrossire in volto. Ma quando sono con te, Remì, in questo esatto momento in cui lo studio il modo in cui cammini, in cui esplori, sento di voler essere anche tutto il resto. Magari non un padre, ecco, ma un migliore amico, un fratello maggiore. Qualsiasi cosa di cui tu avrai bisogno. E te lo prometto, ecco, anche se magari non ho voce per pronunciarlo ad alta voce. Che sorriso, quando ti vedono avanzare, libero, così come devi sentirti in questa casa. Che voglio tu ne conosca ogni anfratto, ogni storia, anche quelle più spaventose, più lontane dalla realtà che vivremo assieme. Perché non sarai mai in pericolo qui, Remì. Con nessun fantasma, nessuno a portarti via da noi. Da Alice, da me e Josh. Questa è casa tua e tu sei suo.
    ''Josh ed io?''
    Non capisco, ma ci provo e se sbaglio, beh, tu correggimi. Educami, insegnami ogni cosa, Remì. Che io non voglio non sapere come comprenderti. Come leggerti senza il bisogno che tu ti sforzi tanto. Non voglio che il tuo mutismo sia per noi motivo di difficoltà. Non lo sarà mai e questa è una promessa che ho tutta l'intenzione di mantenere. Sarò bravissimo con te, con Alice. Con ognuno di voi.
    ''Noi dormiamo qui.''
    E ti indico l'unica stanza che da sulle scale. Che vive nel mezzo della casa. Perché da qui controlliamo meglio la situazione: Siamo le vedette di questo posto marcescente. Di questa fortezza oscura.
    ''Alice invece è là giù.''
    E con lo stesso dito di indico la porta sulla quale svettano i divieti di accesso. Perché lei è un'adolescente e questo è quel periodo del cazzo con cui ha sempre meno voglia di parlare con noi. Forse sono stato così anche io, ma non posso confermartelo con certezza.
    ''Ma tu...''
    E nel parlarti lascio che una falena si liberi nella mano che tengo chiusa. Che dal palmo fuoriesca come un fiore, posandosi sulla pelle.
    ''Puoi scegliere quella che vuoi, dove vuoi...che le nostre porte rimarranno aperte e poi io...''
    Mi chino, in ginocchio. Lo faccio per essere alla tua altezza questa volta. Come quando ho chiesto a Joshua di sposarmi od ho immaginato di farlo.
    ''Ti piacciono le farfalle?''
    E questa non è una farfalla, ma è il modo più carino che ho per mostrartela. Per fartela camminare sulle dita senza che tu, spaventato, possa farle del male.
    ''Vieni, dammi la tua mano.''
    Ed apro la mia, piano, affinché lei rimanga ferma, a zompettare giusto lungo l'indice della mia.
    ''Questo sono io...anche Josh ne ha una, da portare con sé quand'è fuori a suonare.''
    Anche se non lo fa più, anche se la falena ormai dorme lungo la sua nuca.
    ''Lei veglierà su di te e se avrai bisogno di me e di Josh, beh, tu accarezzala. Ti sentirò.''
     
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    La difficoltà nel farti capire, non ti ha mai impedito di provarci con tutte le tue forze. Perché è vero che a te le parole non escono, che quando senti gli altri bambini parlare, poi ti senti sconfitto.. ma è anche vero che non per questo sei rimasto fermo senza allacciare legami. Anzi. Erano poi gli altri che, nell'unirsi al coro e definirti poi uno strambo, ti hanno lasciato solo con i libri, i muri e tutte le cose che hai deciso di imparare da solo. Perfino la Tab ha smesso di insegnarti, nonostante si sia vantata di averti dato un'educazione perfetta. Ecco lei in realtà si beava del fatto che tu ti arrangiassi benissimo a capire le cose da solo e così lei finiva a prendersi meriti che non aveva.
    Tu vuoi che Chrys sappia che quello che si è fatto un mazzo per saper almeno mantenere una conversazione come puoi, sei tu. Vuoi, in cuor tuo, che ti ritenga intelligente, sveglio, furbo ed educato. Perché lo sei ed hai quasi fretta che ti veda, che non sia come gli altri che fanno gli accoglienti i primi giorni e dopo si stancano di te.
    Sembri dirlo sotto i ricci che sono di nuovo tanto lunghi da entrarsi negli occhi, che strizzi veloce e li spargi via dalla fronte velocemente, che non vuoi ti abbandoni, che ti stai già affezionando a lui e vuoi conoscere Alice, e Josh. Vuoi un altro papà e una sorella, che ti ansiava sempre andare in case in cui eri l'unico bambino.
    Allora la guardi la prima stanza che ti indica, e trai un sospiro perché non è tanto distante, perché anche se avrai bisogno di una luce guida da tenere accesa in stanza, imparerai velocemente come arrivarci. Come infilarti in quel lettone quando loro due non staranno.. facendo quelle cose.
    E guardi anche la stanza di Alice, sorridi che sai già indicare quella subito accanto. Vuoi quella vicino a lei, anche se non è attaccata alla Biblioteca. Va bene per te che all'inizio avrai paura di restare solo. Sai poi non hai dimenticato la soffitta, un po' ti stai immaginando lì, ma come se fosse un rifugio, un fortino tra fratelli, uno in cui magari poi sarà ammesso come membro onorario solo Papà Chrys. Lui si. Che Joshua - imparerai - non è divertente come lui, anche se lo amerai altrettanto .. con tutto il tuo cuore.
    Un cuore che ora fa male, che quando Chrys si piega ti sale in gola e ci resta, ci fa la casa lì. Che lo guardi negli occhi, assecondi i suoi gesti. Gli insetti ti piacciono tantissimo, avevi una famiglia di ragni a Las Palmas. Ti piace studiarli, osservarli bene.. e le farfalle sono belle, ma forse le falene lo sono di più? Mh, forse si. Si perché quella lì la lasci zompettare lungo il dorso. Quasi le sorridi. Commosso, piccolino. Che adesso davvero stai per piangere. Ti senti accolto.. ti senti a casa? Oh, si.
    E non ti accorgi che succede, che lacrimi mentre sorridi e con l'indice sfiori le antenne della falena. Che le labbra un po' ti tremano, un po' vibri tutto. Non sai come si dica grazie ora. Sai solo singhiozzare, felice.
     
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    Sarei un egoista e magari sì, un po' lo sono. Ecco, più che egoista, egocentrico, megalomane, se dicessi che un padre, proprio come me, lo avrei voluto. Nonostante gli alti ed i bassi, certo. Nonostante tutti quei difetti che ti me o di Josh non posso negare. Avrei tanto voluto che Oleander si fosse chinato così per me. Che mi avesse alzato il mento con due dita. Che mi avesse sorriso. Perché vedi, Remì, anche io ho pianto tanto quando avevo la tua età. E non ho mai smesso, non so com'è che si possa fare. Piango anche adesso, a volte. Ho pianto anche prima, quando ti sei stretto a me e allora ho capito che saresti stato mio. Mio per sempre. E gli occhi lucidi mi vengono anche ora, quando vederti accarezzare le antenne della falena un brivido leggero scivola tra collo e spina dorsale. Mi attraverso totalmente, in un risolino che puoi sentire indistintamente solo tu.
    ''Mi fai il solletico.''
    Ti dico piano, alzando il viso verso il tuo. Che ti guardo, Remì. Ti guardo perché sei già troppo bello. Ti guardo perché assomigli così tanto a noi da far strano. Fa spavento. Ed io non posso prometterti di non aver paura di questo. Che domani mi sveglierò senza provar nulla. No. Ma posso prometterti di migliorare, di far sì che tutte le mie paure non si rivelino essere invalidanti, spaventose anche per te. Che tu starai bene, starai benissimo. Ed io questa convinzione la ricerco nei tuoi occhi. Tra i ricci scomposti che te li nascondo. La certo nel tuo odore, in queste vesti che non ti si addicono, nei sorrisi che mi tiri su senza sapere come fare. Sto così male nell'osservarti che non so capirne il perché.
    ''Vieni qua.''
    E ti tiro su dai fianchi che non so pensare ad altro se non a noi in questo momento. Questa stretta che non richiede il permesso. Che non si preoccupa di una probabile paura delle altezze. No. Io ti sollevo su così come avrei fatto con Joshua. Che noi ci stringiamo così. Stringiamo così anche Alice.
    ''Andiamo a scegliere il pigiamino per questa notte.''
    E la falena si tira su lungo le tue braccia. Lo fa posandosi prima lungo la spalla, nell'incavo col collo, poi sui tuoi folti capelli ricci.
    Sono già da adesso uno dei miei dettagli preferiti.
     
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