Paint it Black

Josh/Chrys | Villa Sinister | Bronx | 21 Luglio | Contenuti sensibili

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    E la mia protezione ha un prezzo Chrys. Il prezzo di un'alba che vuoi vedere per forza, di un sonno che non mi arriva a lungo. A volte per assicurarmi che a dormire bene sia tu, dimentico come per me debba essere altrettanto. Ma sono un cazzo di animale e, alle volte, mi sta bene così. Sfiancami tu, Chrys, lascia che tra le tua mani sia creta. Tu che nel rispettare il mio fottuto credo, sei anche in grado di modellarmi, perché almeno mi faccia meno male possibile.
    E' la cosa a cui penso, quando in cucina non ti trovo, e so, dalla tazza di caffè lasciata vuota lungo il bancone, che sei nei paraggi. A volte, ma questo non te lo dirò mai, mi piace anche così. Mi piace anche berlo amaro sapendo che sei qui, da qualche parte, che esisti in un mondo che contempla anche me. Ancora, per quanto a lungo lotteremo. Il tempo a noi non deve concedere un cazzo, ce lo prendiamo e basta.
    E i bambini dormono, e neanche pensavo - Cristo! - che ti avrei detto qualcosa del genere, un anno fa. Quasi non lo pensavo quando hai percorso quella navata. Forse l'immagine più bella che ho di te, oltre a quella quando siamo andati a prendere Remì.
    Sono le cazzo di cinque del mattino, e tu sei qui. Nella stanza di Remì, che dorme stavolta con Alice, e lo so che ti impegni da morire per farlo felice, che sai il colore che vuole dare alle pareti e per lui faresti ogni cosa ora. E io ti seguo, non importa quello che fai, nella mano destra ho una sorpresa per te, che in questa stagione fa un caldo del cazzo e, nonostante tutto, non so starti distante. Meno che meno quando le mani nella vernice so immergerle con te, che non si fa così ma il tuo corpo dev'essere un cazzo di dipinto anche tra le mie dita, anche quando a ridisegnarti il ventre è la mia mano. Una sola.
    Voglio sentire la tua pelle ancora tra le dita, risalirla in punti che sono solo miei.
    Dio se ti amo. Dio se ti voglio al mio fianco davvero per ogni respiro. Che allungo la tazza vuota sopra il balconcino, ti seguo piano anche se mi hai già sentito, perché se mi chiamassi non ti risponderei comunque. Non quando un primo, stronzissimo, cubetto di ghiaccio ce l'ho già fermo tra le dita, e te lo passo piano dietro il collo, che una goccia scivoli giù oltre la veste. E ti tengo fermo con l'altro braccio, intrappolato con me per un fiato solo. Ne voglio tante di cose, ma non voglio mai smettere di giocare con te.
     
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    Scusa se non ho ancora imparato com'è che si dorme bene, anche se tra le tue braccia sto da Dio, sono me stesso. E la mattina mi sveglio ancora troppo presto, sì, anche se non metto più la sveglia che i fiori, sì, mi piacciono ancora, certo, ma magari a volte li lascio annaffiare dalla pioggia o dalla rugiada.
    Scusa se comunque ancora ti lascio dormire da solo, che mi vesto con le prime cose che trovo nel cassetto, che il caffè continuo a farlo per due anche se poi in piedi sono da solo. Che te lo lascio sul bancone a freddarsi come lo facessi di proposito.
    Alla fine non so nemmeno se ha senso chiederti scusa, diciamo, per non essere mai cambiato. Per essere sempre stato così, sin dall'inizio. Per aver abbracciato le occhiaie sotto gli occhi, per aver lasciato crescere i capelli che sono utili solo quando scopiamo. Che sì, non sai che fastidio mi danno adesso, che ci passo contro il polso per tirarli su, o almeno, per incollare i ciuffi che cadono dalla coda col sudore lungo il resto dei capelli nella speranza di non macchiarmi con la vernice. Che sto ridipingendo la stanza di Remì. Glielo avevo promesso no? Quella sera a tavola, quando pur potendo scegliere una pizza tutta per sé ha deciso di mangiare la stessa che avevo ordinato io. Che poi lo abbiamo convinto e abbiamo fatto metà pizza a testa, così che potesse assaggiare più gusti: La mia, ovviamente e quella che gli era saltata all'occhio prima di farsi prendere...non so, credo dalla paura. Mi dispiace che abbia ancora paura, Josh, che abbia avuto chissà quale passato a gravargli sulle spalle tanto da spingerlo a camminare con piedi di piombo. Per andare sul sicuro, per rimanere ben impiantato a terra.
    Ed io voglio che almeno camera sua sia un ritrovo di pace. Dove stare bene a prescindere da noi, dagli abbracci, dal tempo che passiamo vorticandogli attorno. Perché siamo come avvoltoi anche se questo non si evince da mezza parete tirata su in verde. Che il verde è il colore della speranza, anche quando è così scuro, anche quando questa, più che la stanza di un bambino, somiglia ad un salotto per adulti.
    E sì, ti sento arrivare, ma non per questo mi stacco da ciò che sto facendo. E non perché non voglia darti attenzione, ma quanto perché mi piace sorridere e fingere di essere colto alla sprovvista. Che mi piace quando mi stringi, quando mi cerchi per tutta casa solo per questo. Che noi sappiamo amarci così e questo a me scioglie, fa malissimo e bene allo stesso tempo.
    Ma devo ammettere che il cubetto di ghiaccio non me l'aspettavo, non quando poggiandosi sulla nuca bollente inizia subito a sciogliersi lungo la colonna vertebrale, incastrandosi poi tra la salopette e la pelle.
    ''Amoredio!''
    Un mugugno a denti stretti. Che curvo la schiena per non tenerlo fermo contro la pelle. Che nel farlo spingo il capo contro di te. Ti sfioro una spalla, chiudo gli occhi come a trattenere uno stupore che preso diversamente avrebbe svegliato tutti.
    ''Buongiorno un cazzo.''
    Ma non sono arrabbiato, no. Ho un sorriso che si allarga sul volto anche mentre soffro. Anche mentre il cubetto diviene solo che una macchia d'acqua contro i lombi. Anche quando faccio il gatto e rimango stretto a te, con gli occhi chiusi ed il pollice e l'indice che giocano con le setole del pennello per trattenerne il colore.
     
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    Dio, sono nato per questo, Chrys. Per cercarti in ogni fottuta stanza. Perché quando ti nascondi non lo fai più del tutto. Non lo fai con la speranza che io non ti trovi. Ancora meno quando ciò che fai e dare a Remì un posto che gli piaccia ogni giorno di più. Per questo il mio cuore ha mancato un fottuto battito che si è perso all'ingresso, sulla tua schiena. Sulle mani che tengono il pennello, su ogni riflesso di quest'alba presa di striscio che ti inonda piano.
    Un riflesso che io osservo, perché ora che sei tra le mia mani non ci sia un cazzo di respiro fuori dal mio controllo. E' questa la mia mania, questa la mia ossessione. Il tuo premerti su di me, strusciare il corpo come un gatto, reagire come voglio, con quel sorriso che appunti piano tra le labbra, le mie. Che io ti rispondo lentamente, ti respingo incontrando i tuoi ricci, mordendoli, baciando il flusso gelido di quell'acqua che ti si è sciolta addosso. Un po'come tu fai con me. Che a mano libera, fredda, ti stringo di più. Sei così uno stronzo, che l'effetto che mi fai non sa cambiare, non sa diminuire, aumenta e basta. Cazzo che bello sei quando va tutto bene, e anche quando va tutto male. Sei quel collo su cui faccio risalire la mano tinta di vernice, spingendoti il viso in alto, di poco, giusto con due dita.
    Al buongiorno non ti rispondo ancora, ma puoi sentirmi sorridere alle tue spalle, di un passo più vicino tra te ed il muro. Io che il sapore del caffè lo amo quanto il tuo. Quanto vederti qui a fare ciò che sai fare meglio: modificare casa tua, permetterci di entrare. Giurarci che non andremo mai più via.
    "Amore.. dio!" lo esclamo io, abbassando il tono in un ringhio che ti prenda il lobo come faccio io trai denti, che mi prendo delle cazzo di pause.. che sappiano arrivare al cuore, al tuo.
    Spingo il muso come i gatti, oltre la spalla, per portare un cazzo di bacio appena più vicino a te, alle labbra, a tutto quello che voglio adesso. Che ritarderò i lavori, non me ne frega un po' un cazzo. Non se li sento dormire così bene. "Chrys.." ti chiamo in una cantilena, un po' un lamento, un po' che ti voglio anche qui. Anche in piedi contro la vernice.
     
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    Ti amo, cazzo. Anche quando ti odio, che spingo la schiena per bloccare il freddo. Che sono un brivido adesso. Mi basta questo per vibrare, per sentirmi venir meno. Diventare stupido, tanto stupido, che nel mostrarmi come un contorsionista un po' rido. Mi esce spontaneo. Ti ridacchio tra la pelle, lo faccio stringendo le dita contro le setole del pennello. La vernice schizza piano lungo la pelle, ci crea piccole lentiggini lungo le braccia. E mi piace, sì, che tu ora mi stia ridisegnando così. Che il gozzo si macchi di colore. Che ci sia l'impronta della tua mano lungo il collo. Marchiami, Josh, trova un modo per rendere lampante cos'è che sono. Sono tuo, cazzo, tuo, solo tuo. Tuo mentre mi rigiro tra le tue mani. Che non voglio solo darti la schiena oggi, no. Io voglio baciarti. Sentire il sapore che hai al mattino. Incastrarti il fumo ed il caffè lungo la vita. Sei la mia quotidianità, il mio elenco puntato perfetto. La mia sicurezza. Ed un bacio te lo rubo, certo. Che il buongiorno si da così. In uno strusciare lento di baci, di nasi. Che ti cerco, mi modello a te, ti confondo, ecco, perché poi nel gioco, nel sorriso che ormai è tirato su e basta, mi scanso per spingere il pollice e l'indice contro lo spazio che c'è tra naso e labbra. Ti ridisegno due baffi veloci, stupidi. Come i miei, che non so più togliere. Non quando ho deciso che i papà hanno la barba. Non quando ho iniziato finalmente a sentirmi più vecchio, più...maturo, forse.
    ''Spero che il vostro sia stato un dolce risveglio, Presidente.''
    Che il pennello cadendo a terra fa rumore. Che nel baciarti di nuovo magari mi macchio anche io. Tanto che me ne importa? Sembra divertente così. Come essere su un campo da Paintball dove tu, a colpirmi, sai farlo con i sentimenti. E dio come fai male e fai bene. Come sei bello e terribilmente bastardo. Che puoi tutto e puoi niente ora. Che siamo entrambi padroni di questa stabilità, di questa gioia stupida, ma genuina. Nostra, Josh. Un'altra figlia. Qualcosa da coltivare insieme come un fiore.
    ''Perché avrei decisamente bisogno del vostro...pennello per completare l'opera.''
    Ti bacio il viso, Josh. La mandibola che prontamente mordo. Poi il collo, in una spinta che ora si fa stretta. Che nell'abbraccio ti do davvero il saluto. Che ti stringo a me, ti sento così. Ti percepisco tra l'odore di caffè e lenzuola. Che hai la pelle ancora calda dal sonno. Ancora calda di me.
     
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    Dio, che cazzo sei. Che mi baci così, rigirandoti a me e dio se rimesti tutto nello stomaco, se ti guadagni un cazzo di bacio come si deve. Che mi ci impegno sempre, ogni volta perché non esista un punto che ti faccia dubitare di quanto mi piaccia. Di quanto sia il mio posto questo, con le tue labbra. Quelle che avidamente trattengo tra le mie, in respiri che si fanno concitati subito. Come se io potessi respirare meglio così, o forse solo così. Come uscire dall'apnea solo perché non si è fatto un tempo giusto, e bisogna riprovare, ancora ancora ancora... E mi lasci addosso un cazzo di sorriso anche quando giochi come farebbe Remì, che questo lato infantile mi è mancato tutta la vita. Che io sono nato adulto, cresciuto adulto e con un ragazzino agitato del cazzo in petto. Quello che vive per te. Per baciarti passando le mani già oltre i fianchi, i reni, le vertebre, a sorreggerti, piegarti indietro curvandomi in avanti. Che sei snodabile, amore mio, un fottuto serpente, un tentatore che asseconda le mie voglie.
    E cazzo se ne ho adesso. Ho voglia di fare tutto ciò che sto per fare con te. Tutto, Chrys, ogni idea di merda ti venga in mente ora, che con te.. con te tutto ha un senso. Che ringhio piano, divertito, ai tuoi giochi.
    Guardaci adesso, chi cazzo l'avrebbe detto? Chi? Che mentre io morivo tu morivi. Chi avrebbe detto che a mesi da quel fottuto attacco avremmo potuto tornare così? Io e te, Chrys... e la nostra famiglia, di nuovo in piedi. Ed in piedi ci sono anche se ti spingo a fare qualche passo indietro, sincronizzato al mio avanzare senza pietà. "No.." non è stato un buon risveglio, è stato fottutamente meraviglioso, ma questo lo vedi tu quando ti sorrido, quando ti mordo quelle labbra che fai scappare già per la gola, in un ansimo che mi strappi tra i toni rochi del mio volerti.
    "Il mio?" ingenuo questo gran cazzo, che le mani non le tengo ferme, te le faccio sempre risalire, ti incastro a me, molto più vicino, che i brividi sono quelli che reggono la fottuta baracca. "Ho sbagliato allora.. ero venuto qui a cercare il tuo, Marylin"
    Non so neanche se le so fare queste cose con te, se so farti capire quanto ti voglio anche solo con un corpo che reagisce a te, che due dita le infilo piano oltre il confine di un tessuto che farei a pezzi già da ora se potessi. Scendono a picco, lentamente.
     
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    Magari un giorno riusciremo a fermarci, Josh. Ad essere diversi da questi. Ma non è questo il giorno, suppongo, non quando ho aspettato dieci fottuti anni per un uno che fosse solo mio. Un anno per me, per no, che potesse sembrarci un dono, un presente da scartare insieme, da vivere al pieno delle nostre forze. Perché è questa l'unica cosa che voglio, in fondo: Viverti, viverci per ciò che siamo, per ciò che ho sempre sognato. Affinché non ci sia più quell'idea, quel pensiero intrusivo capace di farmi credere che tu sei finto. Che tutto questo è solo frutto della mia immaginazione. Che non saprei essere così bravo nel ridisegnarti, nel forgiarti così nel dettaglio da percepire la pressione che esercitano le tue dita contro la mia pelle. E tu toccami, toccami sempre. Confuta ogni cosa. Riporta tutto al proprio posto. Riordinami la vita, la mai casa, i miei sentimenti. Che forse è di questo che ho bisogno: Di te, di qualcuno che si prenda cura di me nel modo in cui non so farlo io. Non da solo. Che se non ci fossi, beh, se non ci fossi davvero le cose sarebbero decisamente diverse.
    Ed io non avrei motivo di sorriderti sulle labbra, di arretrare per lasciarti spazio. Per permetterti di avanzare, di prendere tutto ciò che vuoi, di cui hai bisogno. Hai bisogno di me come io ho bisogno di te. Dimmelo ti prego, dimmelo a voce, rendilo sempre più chiaro, più convincente.
    ''Dio...attento.''
    Sorrido inciampando sui miei passi. Tendendo le mani strette attorno alla tua vita. Mantengo l'equilibrio così. Mi tengo in piedi così, sai. Sempre con te, solo con te.
    ''Qui la vernice è ancora fresca.''
    Ma lo so com'è che suona. Come una richiesta di aiuto. Una preghiera affinché tu possa capire di spostarmi altrove. Di spingermi contro un mobile, di buttarmi a terra. Come un fottuto lottatore di wrestling. Tienimi sotto di te, fammi male per ricordarmi chi è il vincitore. Il campione indiscusso di questo campionato. Della nostra vita.
    ''Non vuoi crocifiggermi sulle pareti della stanza di tuo figlio.''
    Ma io lo vorrei, cavolo se sono incoerente adesso. Se non so far altro che smentirmi, che lottare contro ciò che dovrei fare e ciò che invece vorrei e basta.
    ''Ti sta così bene il verde...''
    Mugugno però, perdendomi nel contrasto tra i baffi finti ed i tuoi occhi.
     
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    Non fermarmi mai, non trovare mai un motivo per dirmi di no. Mi piace quella cazzo di resistenza che fai all'inizio, come se davvero ti importasse di rischiare di rovesciare vernice, di dover iniziare il lavoro d'accapo o di cadere. Dio, sono solo scene. Ma cazzo se le voglio, dimmi ancora che esagero che sono fottutamente fuori dalle linee, che non vado bene, che la mia aggressività deve restare in un cassetto. Dimmelo e ringhierò di più, dimmelo ed il mio avanzare sarà una minaccia, una che profuma d'amore eterno.
    Che le mie cicatrici sono casa tua, i tuoi appigli: allora portami le mani alla schiena, scava ancora, dimmi che va bene. Dimmi che stai bene, fallo in sorrisi che mi spaventano a morte. Che l'ultima volta che ti ho visto così, beh, poi sono morto. Ma io rifarei tutto, Chrys, tutto per arrivare qui, a sentirti contro la pelle, a prendermi la vernice se farla risalire ancora, e ridiscendere, disegnando strade che conosci ma sanno essere nuove.
    "Ah-ha.." non me ne frega un cazzo, lo sai, di cosa mi dici, che se inciampi allora ti reggi di più, allora ti tengo su io. Io che voglio che i tuoi gemiti rischino di svegliarli. Grida il mio nome tra queste mura, Chrys fallo per me.
    Per me che arrivo all'unico mobile in questa stanza, che ti giro di scatto perché tu mi dia la schiena ed io possa respirarti così. Ribellati perché vuoi sentirmi. Ribellati perché vuoi baciarmi. Ribellati quando chiudo gli occhi e già ansimo, piano lungo la tua schiena fresca, che ti spingo la testa giù, in avanti, con il muso. Che ti devo baciare lì dove i brividi aumentano. "Non dirmi che cazzo fare..." un ringhio che si percuote come un gioco, che ti lascia un morso al centro della schiena, nel mio scendere solo per spogliarti con un gesto secco.
    Che sorrido, che lo senti dai respiri come escano da labbra curvate all'insù. Che scherzo, che sono io che non voglio tu mi dia ordini ma resto il primo a darteli, il primo a cercarti con le dita ancora sporche, verdi. Di quel verde che dici mi stai così bene. "Scopami tu" mastico, ti risalgo come un serpente, con un brivido che ruba a me il fiato. "Fallo tu, Chrys.." che ogni tanto ho io il bisogno di invertire i giochi, ho bisogno che tu mi ricordi che sono ancora fottutamente importante più di Alice, più di Remì.
     
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    Va bene se mi spingi. Se mi guidi tu in casa mia. Nella mia vita, nei respiri che faccio e che tu regoli, alimenti, spegni a piacimento.
    Va bene se interrompi sempre qualcosa per dar vita ad altro. Se sei un artista anche in questo. Se vai per impulsi più che con la ragione. Perché insomma, vuol dire che qui stai bene. Che con me stai bene tanto da essere te stesso, tanto da lasciarti andare.
    Va bene se mi trascini giù con te come fossi fatto di pezza. Che tra le mani non ti peso, non peso affatto. Che mi fai sentire fatto di piume. Volatile come i glitter di cui ti riempi sempre i capelli e gli zigomi. Che sei luminoso, amore mio. Lo sei quando guardi, quando nel cercarmi mi trovi. Perché io non so farmi aspettare, né desiderare più di così. Io aspetto te di rimando. Aspetto sempre le tue carezze, i tuoi baci, le tue attenzioni stupide, stupidissime. Come l'impronta della mano che hai lasciato lungo la mia pelle. Che l'adoro, la tatuerò solo per ricordarmi di questo. Di ogni nostro momento felice, anche quello più dimenticabile. Io non voglio dimenticare niente di noi, è questo il punto. Questo che mi si legge in volto quando curvando la schiena mi adagio a te. Che sembra danziamo, ora, per questa stanza silenziosa. Danziamo, ci fondiamo, diveniamo una cosa sola tu ed io. Una cosa sola da che ti ho chiesto di sposarti. Da che tu mi hai detto di sì.
    ''Altrimenti cosa mi fai?''
    Ti provoco piano, incastrando il muso nel tuo collo per lasciarti un morsichino leggero. Che la pelle la tiro tra gli incisivi. Che lo faccio solo per arrossarla un po'. Per ricordarti a chi appartieni a tua volta.
    ''Mi ringhi contro?''
    E lo dico che il tono della voce sembra una litania. Ti sto cullando, sì, anche se nel sentirmi sfiorare vibro, sudo.
    ''Quello già lo fai da una vita.''
    Gioco ancora, provocatorio di proposito. Che voglio sentirti opporre alla verità. Che mi piace quando cerchi di regolare il tiro, di ritornare sui tuoi passi ma senza dirmi mai ''hai ragione''. Mi piace com'è che sai salvarti anche in queste discussioni stupide, divertenti. Che le cose le pieghi al tuo favore. Mi pieghi al nostro favore.
    ''Sai, tesorino rognoso, non posso fare niente se sei tu quello a strusciarmelo sul culo.''
    Sorrisino complice, che gli occhi si stringono tra le ciglia. Spariscono del tutto, tornano segreti. Piccoli smeraldi che puoi riavere indietro solo quando la smetterai di rendermi felice.
     
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    Il tuo corpo è il mio fottuto tempio. Ed io sono un cazzo di devoto. Prego lungo la tua pelle, quando la cerco in tutti i centimetri che mi regali. Che mi guadagno con il sudore di giorni in cui non ti do spazio, né tregua. Forse anni. Forse da quella volta che un ginocchio da te ci sono tornato davvero. E da allora sei ogni fottuto respiro che desidero. Una promessa che mantengo, un cazzo di matrimonio di anime. Che se c'è un punto che reclama la mia presenza, è quello in cui batte il cuore. Lo sento sotto le dita, te lo strapperei dal petto solo per la consapevolezza che c'è inciso a sangue il mio nome.
    Sono egoista, sono paranoico, sono anche io il richiamo delle tue ossa, che scricchiolano al mio piegarmi, al mio spingerti di più a reggerti a questo mobile, a non poter fare ciò che ti ho chiesto. Lo faccio con il cazzo di sorriso che reclama un ringhio: è di questo che ne hai abbastanza? Mi conosci già troppo, Chrys? Che nel pensarlo ti do lo spazio di un morso che dev'essere tuo. Dillo come i quindicenni di chi cazzo sono io. Che tu evochi il demone di un futuro che voglio, lo voglio con tutto ciò che posso. Quello per cui innalzo il mio prego. Una litania di ansimi dietro il collo, amore mio, li senti?
    Tu, che sei le pareti scure di questa casa e sei, Chrys, la sola statua a cui affiderei la mia cazzo di vita. La Venere di un giardino di rovi, ti dipingo così ogni fottuta notte che passo con te. Io che non mi fido mai di nessuno che neanche del mio riflesso ho abbastanza fiducia. Ma tu sei una divinità del cazzo, tu dai e togli, mi educhi, mi punisci, ma cristo se mi sento anche più bravo in questo. Nell' entrare in una stanza e farmi cucire i tuoi occhi addosso. Quindi non perdonarmi per un cazzo, se mi senti spingere contro la tua schiena, ricercare le natiche tra le dita, stringere li dove so che ti strapperò un ansimo e poi, forse, una preghiera. "E' un cazzo di problema, amore mio.." Ti mordo, così, nel suggerirti qualcosa che non puoi fare, e importelo quando sarò io a farlo a te. Ribellati quando non puoi farlo, fammi capire che cazzo provi, in questi ansimi che ti lascio addosso, che mi procurano brividi di vita vera.
    Piegati davanti a me mentre ti cerco tra le pelle morbida, mia, mentre l'altra mano risale i ricci, scava, stringe e ti porta il muso in avanti, chino come in una cazzo di preghiera. Ma resta su con la schiena, che mi serve sentirti con me, sempre cazzo.
    Che io lo so che avrei vissuto una vita infelice di merda senza di te. Se non avessi mai ammesso che questo; il tuo riflesso arrossato allo specchio, ed il mio preso da morire qui dietro, era da sempre ciò che volevo. Ciò che amo. Tu. Dio, tu e basta. Per altri mille anni. Che chiamerei a me l'eternità per viverla così, facendo l'amore in tutti i modi che ci vengono. Scopandoti come si fa con le puttane, con le mogli e con la persona più importante della vita.
    Come ora, ora che la prima spinta è mia di diritto, mia per un ringhio che camuffa il gemito con cui mi lasci a boccheggiare sulla schiena.
    Non te la meriti una risposta quando il tuo sorriso è già un vibrato nelle vene. "Altrimenti.." parole che muoiono in gola se affondo di più, se mi prendo un fottuto brivido per amarti. "...dovrò farti vedere come cazzo si fa" Ansimami ancora per nome.
     
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    Finisce sempre così. Ogni fottuta volta ed a me va bene. Va benissimo, troppo bene. Va bene perché sono io quello da metter giù, da tenere buono. Non tu che sei perfetto, che sei re di questa savana. Di queste mura scure, di questa oscurità spaventosa. Siamo la luce che riflette gli specchi ed i quadri. Angoli illuminati a caldo. Un focolare che scoppietta in salotto. L'incendio che ci divora gli animi.
    Siamo la vita, la morte, il grigio che c'è nel mezzo. Siamo tante cose, Josh, ma io sto imparando a vederle solo adesso. Piano piano, spalancando di più gli occhi. Senza paura di essere accecato da quel bagliore che alle falene piace tanto. Sei il sole che si affaccia piano dal sottotetto. Le scie che lasciano gli aerei. Le cicale che cantano tra le fronde degli alberi. Sei il ronzio rilassato delle api. Il giallo dei miei fiori, il loro polline. Sei la rugiada che ne bagna i petali. Sei i petali. Sei l'erba. L'ossigeno. Sei vita. Vita mia.
    Ed insieme siamo questo. Uno stiracchiarsi di ossa stanche. Uno schiacciar di pelle. L'arrossarsi della cute, il sudore che mi lasci addosso. Mio, tuo, sono il tuo fiore, Josh. Nutrimi, saziami. Divorami quando hai fame. Come fossi digeribile. Fammi a pezzi. E dammi una libertà che non sa mostrarsi tale. Dimmi di muovermi, di oppormi, quando nel farlo continui a spingermi giù. Mi pieghi a te, mi modelli a te. Che io già ansimo nelle prese, figuriamoci nelle spinte.
    Tienimi gli occhi chiusi. Impediscimi di vedere ciò che ci circonda. Che le immagini più belle le ho nella mia testa.
    Scopami, dilaniami. Dimmi che valgo qualcosa, che sono più di questo. Che sono fatto per questo. Perfetto, meraviglioso solo per te. Che tu sei perfetto per me. Per i miei sogni più giovani, per le mie speranze future. Voglio invecchiare con te, Josh. Consumarmi con te, riscoprirmi con te. Voglio il tuo dolore. Voglio darti il mio. Voglio...voglio.
    ''Mi fai diventare bravo?''
    Un ansimo soffocato. Mi si imperla giù la fronte. Si inumidiscono piano gli occhi. Fa così caldo con te, ma non sai essere il mio deserto. No. Tu non sei arido, Joshua. Tu sei pieno, sei colmo. Sei tutto ciò che amo, tutto ciò che aspiro. Allora fa quel che vuoi, davvero. Manipolami. Dimmi chi essere, come esserlo. Rendimi perfetto per te.
    ''Fammi essere bravo...ti prego.''
    Un marito migliore. Un padre migliore. Fammi essere ciò di cui hai bisogno. Qualcosa per cui andare fiero. Il fiore della tua rugiada. Il polline delle tue api. Fammi essere l'ossigeno che si propaga in stanza, quello che a me ora manca. Come la razionalità. La forza che ho di oppormi.
     
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    Non sai quanto cazzo sei stato tu a modellare me, le mie spinte e la mia fottuta rabbia. Quella che non controllo, che ti prende finché non è sazia finché nel tuo respiro non si sente un rantolo. E Cazzo se quello è piacere. Lo è finché mi basta spingere appena contro la pelle per sentire le mille sfumature della tua essenza. Io che se chiudo gli occhi vedo grigio ogni notte, ma quanto scopiamo, amore mio, c'è un fottuto mondo a colori che dipingi per me. Che ogni boa di piume e minigonna eccita ogni mio cazzo di senso, tanto che mi piace anche così. Anche quando indossi la tenuta di un fottuto operaio, ed un'impronta che è la mia possessività, la mia paranoia, il mio essere tossico nel volerti solo a respirare quest'aria. Quella vicino a me.
    A me che non smetto di stringerti le natiche, che faccio scendere una mano di pari passo ai brividi solo perché sento quanto ti piace quesì gioco, il nostro ruolo che si inverte e cambia le carte in tavola. Che affondo morbido dove mi reclami, ma arrivo fino al ginocchio con le dita, te lo piego. "Impara con me.. voglio questo Chrys.." voglio che fai ciò che faccio io. Voglio che tu mi spinga il ginocchio oltre la superficie del mobile, ancora ancora all'infinito perché mi incastri li, perché ti senta in ogni gemito che strappi, che scende roco come rugiada lungo il tuo collo. Ti manipola. Voglio che che tu morda dove mordo io, regalami quei cazzo di tremiti nelle ossa, che mi prendo ora scontrandomi contro il tuo corpo perfetto. "Prendimi così, cazzo.." insisto, ringhio, quando voglio che implori al punto che le parole facciano fatica ad uscirti dalle labbra, che io ti aggiri piano sottomettendoti come il cane che sono, ma che tu non sei. Lo faccio solo perché voglio baciarti come a riversare in questo la mia fottuta fame insaziabile. E Dio se ogni affondo sono dita strette trai capelli che non mollano la presa. "Dio.."ringhio, famelico.
    Dio, se sto bene. Sto così bene che i battiti si caricano di un ritmo insostenibile fino a qualche settimana fa, che ti guardo il profilo e so che non esiste niente di più fottutamente atroce e bello del vederti sudare tra le mie mani, la tua pelle così è ancora più.. mia.
    Mia perché non so dire altro, mia quando mi spingo più a fondo ed ogni gemito ora è profondo quanto l'abisso. Quello che ti piace leggermi negli occhi.
     
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    A volte sei davvero folle. Insensato, impaziente. Un bambino frenetico in cerca di attenzioni. Mai davvero stanco o sfinito. A volte sei un uragano. Implacabile, imperturbabile. A volte hai così tante cose dentro che leggerti non è facile. Ma io penso di sapere come prenderti sempre. Così come tu prendi me e pretendi che io faccia altrettanto. Che nella morsa delle tue prese ritrovi la libertà. Come fossi Houdini, come se potessi davvero scostarmi da questo. Smetterla di volerti, essere forte abbastanza da ribaltare la situazione solo perché me lo chiedi. Come se non sentissi nulla adesso se non la tua voce. E fossi scattante, un cane sull'attenti, pronto a rispondere al suo padre. E tu sei il mio padrone, Josh. Lo sei anche quando io sono una bestia negligente e alle tue preghiere vado oltre. Caccio fuori un altro ansimo. Che gli occhi me li stringe. Le ciglia lunghe sbattono contro le guance. Me le accarezzano sino al solletico. Ti odio, adesso. Ti odio e ti amo da morire. Non conosco bene quale sia la linea di demarcazione tra le due cose. Ma ecco...funziono così adesso.
    ''Dio, ma che fai...''
    Che non è una domanda. Resta solo una riflessione, una preghiera, quasi, che mi si incastra nei sussurri. Che si incastra nei baci che ricambio. Nella lingua che fa saliva. Che le labbra si inumidiscono subito, che sono tutta un'umidità adesso.
    ''...non capisco niente.''
    Che è vero, perché smetto di sentirti. Smetto di sentire ciò che ci circonda. Ci sono solo le tue spinte, Josh. Solo le tue mani, solo la tua pelle. Dio com'è bella casa nostra. Com'è bella casa mia. La tua cassa toracica, le tue cazzo di braccia. Dai, per favore, stringimi di più. Lasciami ancora cinque minuti qui, che non è ancora il tuo turno, no, amore mio.
    ''Dio, ancora cinque minuti, ti prego.''
    Te lo mordo sulle labbra, te lo struscio contro il petto. Che io sono te e tu sei mei e non c'è niente di più bello di questo. Amami come puoi, Josh.
     
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    Vorrei che ti muovessi, che provassi a scappare alla presa. Ed anche che non ti venisse mai in mente di farlo, di intrecciare le braccia perché la mia morsa si allenti. E Cristo se non si allenta mai, mai quando ogni affondo è per il motivo di un respiro più profondo, di un passare le labbra contro lo zigomo, aprirle, piantarci contro i denti. Quasi a leccar via le gocce di vernice di cui ti sei rivestito. Dio se potrei farlo per ore adesso, anche contro questo fuoco che si espande come un fottuto lampo. Una saetta contro le nubi scure. Tu, dio, è colpa tua sempre.
    E ti meriti allora che io ringhi questo mezzo sorriso fottutamente compiaciuto, quando mi implori per averne ancora, e cazzo allora si che hai sposato l'uomo giusto, quello che è un mostro insaziabile. E di te.. beh di te non avrà mai abbastanza. Mai di questa pelle che massacro tra le dita, che scavo insistendo a bloccarti per una coscia, e tenerti contro il legno.
    E Dio se è questo che voglio da te, voglio che tu mi scopi esattamente così, che immaginarti dietro le mie spalle e così anche davanti, mi fa mancare il fiato.
    Solo quello però, mai la forza. Cazzo se te la riverso contro. Così quando il ritmo accelera ed io devo scegliere, scelgo di tacere per il bene di un fiato di cui ho bisogno per gestirti. Per spingermi tanto da arrivare così al centro di tutto. "Solo cinque?"
    Solo un altro ringhio che si perde in ansimi quando ti accarezzo, quando mi spingo contro le tue labbra e sembra io non le vedessi da mesi, sembra che io debba tenerti fermo per il mento per poi baciarti fino a toglierti anche le parole di bocca. Non dire un cazzo, Chrys, ansima e basta che le lettere del mio nome te le strappo via io. Una ad una.
    E voglio tu lo senta come cazzo si geme, con gli occhi appena chiusi, la fronte contro la tua, un fottuto movimento che si fa forza, veloce e lento, così da portarti al limite e poi ritirare un'offerta fin troppo generosa. Dio, Chrys!
     
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    Ma non mi spengo più come una volta. Non è come in tutte quelle orge a cui abbiamo partecipato e per le quali, beh ecco, almeno io non ho sentito nulla. Non è come quando l'alcol e l'ecstasy esaltavano ogni cosa. L'odore della loro pelle, la pressione delle loro dita contro. No. Con te è stato diverso sin dall'inizio e non so se perché ti ho sognato, immaginato ed idealizzato così tante volte da averti riservato un posto speciale nella mia testa. Non lo so se i desideri sanno prendere davvero una realizzazione più, materiale, diciamo. Ma comprendo bene sì, com'è che adesso, a distanza di pochissimo tempo alla fine - perché lo facciamo da quanto, un anno e qualche mese? - com'è che è mossa ogni tua spinta. Per questo la pelle mi si arrossa, si cosparge di brividi leggeri, perché come se fossi sotto l'effetto di qualche stupefacente io ti sento intensamente. Ti sento lungo ogni centimetro della mia vita, anche quelli che non tocchi. Perché tu sei ovunque, Joshua. Tu mi governi, mi dai la vita.
    ''Cazzo, Josh, smettila.''
    Ed è un'imposizione che ti mordo lungo le labbra. Che ti respiro in volto aggressivamente, priva di coerenza, sì, se pensi a ciò che ti ho detto pocanzi ma che tu continui a confutare, a rigirare a tuo favore. Allora se vuoi essere al mio posto. Allora se vuoi essere preda piuttosto che cacciatore, io mi sforzo, sì, di farmi falene per sfuggire dalle tue prese. Che se loro si fanno un po' male non è un problema, non quando continui ad implorarmi di essere te. Di prendere il tuo posto anche se non nei connotati del viso.
    Allora ti riappaio alle spalle, si tratta di una manciata di secondi. Il respiro torna pesante, torna lo stesso di prima. Perché in uno scatto prendo a baciarti la nuca e poi la colonna vertebrale. Velocemente, senza troppa delicatezza, forse. E ti volto, sì. Che anche se non vuoi, anche se preferivi essere sottomesso diversamente, io ho bisogno di guardarti. Di tirarti su per le gambe e portarmele ai fianchi.
    E non è che adesso io riesca a capire bene cos'è che stiamo facendo. No. A me sembra solo di contorcermi tra le tue braccia. Di essere parte della tua pelle. Un ansimo troppo forte, una presa di posizione che mi hai insegnato a prendere tu. Che trattenendoti per i fianchi spingo in te. Lo faccio curvando il capo per sfiorarti prima la fronte con la mia. Poi alla ricerca di un bacio.
    ''Stavo per venire...tesoro.''
    Ti rimprovero di essere stato impaziente, sì, anche se nell'ansimo non si sente bene. Che sento come mi basta una spinta, una sola, per riprendere il ritmo di prima. Per aver gli stessi brividi. Per sentir il cuore esplodere.
     
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    Sono i nostri fottuti brividi del cazzo, che mi prendono quando mi parli, quando contro le mie imposizioni ringhiate contro la pelle, tu ancora hai la forza di parlare. Come io ce l'ho di ansimare così velocemente tra le tue labbra da non trovare il punto esatto in cui mordere, da non sentire altro che la voglia che ho di averti in ogni forma possibile, come se non mi dessi neanche tempo di respirare. E prenditelo questo cazzo di tempo, Chrys, io non lo voglio. Io non voglio niente che non sia vittima dei tuoi fiati, delle tue paranoie che si uniscono alle mie, del mio essere sempre così aggressivo e possessivo, sempre presente quando tu resti la mia cazzo di falena.
    E mi lasci qui a boccheggiare quando scompari e si innesta in me un ringhio insoddisfatto, che cazzo fai mh? Stai davvero per fare quello che ti ho chiesto, che ho una spinta che per la prima volta va a vuoto, ed è fottutamente strano non trovarti tra le dita. Quasi un risucchio al cuore. Uno che si fa risata elettrica quando ti sento di nuovo, e sei dietro di me. "Avanti, dai..." mi piace incitarti quando non ce n'è bisogno, perché ti prenderai lo stesso tutto quello che voglio io, e che vuoi tu. Perché mi assecondi malamente come un bambino a cui vanno alternati gli insegnamenti. Allora dimmelo tu che cazzo devo fare con te, fammi vedere se esistono punti che non ho ancora raggiunto, che posso spingermi fino dove tu hai un fottuto bisogno. Spingiti oltre ogni cazzo di limite, dalli a me i tuoi ansimi, fammeli respirare.
    Ti ho chiesto di scoparmi, ma cristo se ringhio quando lo fai, quando le mie gambe le stringi, quando ti spingo contro di me con tutta la forza che mi resta, che non mi hai ancora strappato di dosso anche se i tuoi affondi a me fanno un male fottuto. Ma è quel dolore che mi rende un uomo migliore. Tuo. Il tuo fottuto marito no? Tanto che che al bacio rispondo, "Così, cazzo.." che mi muovo per te, contro di te, che i muscoli sono tesi come corde, stretti come in costante allenamento. Che ogni parola è un ringhio, ogni frase è un sussurro che neanche ti arriva, perché le parole, cazzo se ho sempre voluto distruggertele, anche quando le tue mi hanno guarito più ogni pozione o unguento del cazzo. Tu, tu sei la mia fottuta cura. Il tuo corpo, il tuo profumo, il mio cedere al momento in cui il cuore rischia di esplodere.
     
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