Dark Breakfast

Josh/Chrys | Villa Sinister | Bronx | 21 agosto 2022 | Contenuti sensibili

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    Anche oggi sono sveglio. Ho aperto gli occhi, mi sono stiracchiato e per qualche minuto, forse cinque, perfettissimi ed esatti, sono rimasto a guardarti dormire al mio fianco. Che bello che sei al mattino, con un ciuffo sempre troppo scuro ad accarezzarti la curva del naso. Uno spettacolo per soli intenditori...anzi, un po' per tutti, perché non ci vuole di certo uno studio per vedere cos'è che sei. Io sono fortunato, invece. Me lo ripeto scivolando giù dal letto senza infilar i piedi nelle pantofole. Che mi piace il fresco di fine agosto quando fa sbollire i pavimenti. Mi da la sensazione di camminare sulla pietra. E sono sempre io, quello con gli occhi sbarrati sempre prima di tutti. Quasi come fossi sull'attenti, peggio di te. Che sembri concederti un po' di ristoro solo quando fingiamo di riuscir a far pace con noi stessi. Io non so se so perdonarmi oggi. So solo che ho voglia di scendere giù a preparare la colazione. Per tutti e tre, sì, che purtroppo io non ho fame. Non la ho quasi più. E mi dedico a voi singolarmente, il piatto preferito di ciascuno o almeno, ci provo, ecco. Così da farmi perdonare per non esserci. Per non sentirmi presente, parte della perfetta foto di famiglia da appendere al muro. Vicino a quelle del matrimonio. Vicino a quelle dove ci sono anche io da piccolo, ma da solo, senza Erika o Oleander. Senza nemmeno Marigold. E mi aiuto con la magia. Lo faccio che riesco forse ad assemblare due piatti insieme. Preparo anche il caffè: Lascio che il suo odore permei per la casa, che così facendo possa ricordare cos'è che siamo: Perfetti, uniti, tutto ciò che sto imparando a conoscere ora e che, proprio per questo, mi fa sentire spaventato. Avevo dimenticato, anche se per una parentesi brevissima della nostra vita, cosa significasse aver paura al punto da non riuscire neppure a riconoscersi. Anche adesso, che passando per il corridoio che da al salone mi affaccio nello specchio tondo, se incrocio il mio sguardo finisco per ritrovarci quello di un altro. Un estraneo, l'ennesimo sabotatore. E non vado via, non subito. Non quando mi son divertito a ricostruire dei cuori in origami da lasciare sotto i piatti. Un anti stress stupido, certo, ma che mi ha tenuto qui fino al vostro risveglio. Che su quello per Remì lascio persino un messaggio all'interno. Un bigliettino bruciacchiato appositamente ai lati come a dargli quel senso di vissuto, di esoterico. Ci ho scritto, nel cringe più assoluto, che suo padre gli vuole bene. Il papà, io. Perché io posso forse immaginare com'è che si è sentito: Ricordo ancora com'è che mi guardava Oleander quando ero io quello a sbagliare qualcosa. E ne sbagliavo tante, tantissime.
    E mi fermo. Quando posiziono i cuori sotto ai piatti mi fermo. Rimango immobile contro il piano della cucina con la braccia tese contro la superficie. Incasso la testa nelle spalle, scivolo coi piedi in avanti. Il corpo ricurvo in una ''C''. Che se guardo ancora un po' la stanza vuota, forse smetto di respirare del tutto. Deglutisco.
     
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    L'ho già detto che sono un cane del cazzo, Chrys. Che non mi basta sentirti cedere alla mia pressione con preghiere incastrare tra le dita. Non mi basta che tu scenda dal tuo dolore come fosse un trono, solo per farmi contento, e dopo tornare ad usarti ci come un affamato. Ti sento di nuovo le ossa, e di nuovo non mi sta bene. Sono ancore perfette per le mie mani, sono posti in cui mi fisso per tenerti a me, sempre costante lungo la linea che separa amore e dolore del cazzo. Tu, Chrys, non puoi dirmi di no adesso. A niente di ciò che ti chiederò, che se c'è una fottuta cosa che ho promesso quel giorno, è di starti vicino: anche quando non mi vuoi.
    Anche quando ho il sonno più leggero perché me lo impongo, mi impongo di non perdere mai neanche un secondo dei tuoi respiri. Che l'ho capito quando non mi sono più trovato Nancy sulla spalla, che qualcosa non andava. Nulla di spezzato, perché almeno mi hai permesso di ricostruirti per una sera. Dio se ti ho amato stanotte, se l'amore che abbiamo fatto non ha un cazzo da invidiare alle nostre nottate più fantasiose, alle tue perversioni migliori. Io, io voglio essere una di quelle, non il tizio del cazzo ancora aperto in brandelli in obitorio. Ero incazzato, perdonami se per questo ti ho distrutto il posto di lavoro, la tavolozza del mio artista: il luogo dove l'arte diventa tua musa e tu, tu diventi la mia.
    Allora perdonami amore mio se non mi basta una notte così per credere che l'ora buia sia passata, per fingere di essere quel marito che non si cura di chi ha sposato, che vive per farsi servire e riverire. Perdonami se non so ignorarti quanto vorresti, che tu sai essere l'assassino di te stesso, non ce l'hai un controllo del dolore sano. E nemmeno io. Per questo ci siamo sposati, per questo - io credo - ci attraiamo come falene nella notte. Ironia del cazzo, no?
    Ma ti amo, Chrys. Oggi come non ti ho mai amato prima. Che quando siamo così, mi sveglio ancora con l'immagine fissa di quando hai scelto di venire da me, e cazzo se ti ci riporto in quel punto preciso del tempo. Vorrei dirti che non sono deluso se quando mi sveglio non ti trovo, ma che non mi illudi se per questo credi di aver chiuso con ieri.
    Ieri, amore mio, ti si è incastrato addosso come un mantello. Lascia che te lo strappo via io.. fidati di me.
    Fidati di passi che mi guidano sui tuoi, fermo a guardarti rifletterti nel buio. Ti lascio il tempo che hai, per ammirare quanto tu possa essere meraviglioso anche così. Quanto il mio cuore sappia sempre battere come un dodicenne davanti a te. Sarai anche innamorato di me, Chrys, ma Dio se io lo sono di te.
    E ti seguo, in silenzio, ricurvo a riprendere mano con un peso più grande di te. E non dico nulla, noi c'è un giudizio che stavolta batta i chiodi nella testa. Niente, ti sfilo accanto e basta, continuo io dove hai lasciato tu ma senza toccare il tuo operato, solo aggiungendo ciò che manca. Piccoli addobbi del cazzo di cui non mi faccio niente, nonostante la tua vestaglia addosso. Respiro, e basta. Una volta da me hai chiesto solo questo, che il potessi respirare ancora, e lo faccio. Perché tu esisti
     
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    Ma ti vedo, Josh. Non con gli occhi, lo sai, ma con il resto del corpo. Perché sai essere un uragano anche quando cammini a passo felpato. Che potresti volare, fluttuare tra le stanze, ma io ti percepirei comunque. E forse questo perché ho sempre un occhio vigile su di te: Quello che tu hai perso e che io devo aver guadagnato in ansia. Per questo tendo a chiudermi oggi, ad incassare il collo nelle spalle come una piccola tartaruga indifesa. Perché anche se non ho nessuno, all'infuori da me da cui proteggermi, io continuo ad aver paura. Una fottuta paura di non so cosa. Che l'ignoto forse è il mio male. La vita, nelle sue imprevedibilità, mi spezza. E forse vivo sempre in bilico per un'incapacità mia di adattarmi, di comprendere. Che non voglio certezze soffocanti, ma nemmeno speranze vane. Immagini per le quali non so andare di fantasia. Che io forse non fantastico mai. Non so se ne sono capace.
    Ma mi stacco, faccio un passo avanti quando tu mi dai le spalle per aggiungere un po' del tuo alla tavola. Che lo so cos'è che sei in questa famiglia. Quanto tu sia importante, tanto che a volte ho il terrore di non darti il giusto spazio, di lasciarti in quell'angolo in cui ti avevo promesso di tirarti fuori.
    E lo faccio per sfiorarti una spalla, per riportarci su un lembo di vestaglia che è scivolato giù, asimmetrico all'altro. Forse uso la scusa per respirare l'odore che hai al mattino e sentirti, tra le dita. Quando ti fermo per la pelle solo per stringerti un istante. Un istante lunghissimo. Non mandarmi via, per favore. Che ho bisogno di star qui. Di nascondere il viso lungo la tua colonna vertebrale e lì riscoprirmi, prima che arrivino i bambini richiamati dall'odore del caffè. Prima che Judas corra su a svegliar Alice a forza di fusa.
    ''Quindi...questa è tua, ormai.''
    Trattengo un singhiozzo quando, lasciandoti passare un braccio sotto al tuo, ricerco il petto nudo oltre la vestaglia. Che voglio tenerti una mano ferma lì, sul cuore o lo stomaco. A cullarmi nel mio stesso cullarti.
    ''Scusa per come mi sono comportato questi giorni.''
    Non so se già l'ho detto, ma vale la pena ripetersi, ancora ed ancora, affinché sia chiaro cos'è che mi monta in petto. Così che tu possa leggerlo prima che riesca a capirlo io. Aiutami, Josh.
    ''Ti amo da vivere, non da morire.''
    Non da lasciarmi morire come forse ho fatto. Che ho chiuso gli occhi a tutto. A te, Alice e al piccolo Remì.
     
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    Le tue cazzo di paranoie sono la mia linfa, la mia fottuta vita. Dio se mi fai ringhiare anche quando sono calmo, anche quando i nervi me li hai accesi e non so, davvero mai, cedere all'idea di dover ancora combattere per qualcosa. Io vivo per questo; per combattere i tuoi orrori, per strapparti via l'incertezza, per convincerti che se sono qui e abbiamo due cazzo di fedi al dito, c'è un motivo. Neanche ti accorgi di aver meritato un cane, di volere accanto me. E io non sono un marito decente, neanche mi avvicino, ma cazzo se faccio tutto quello che posso fare, anche solo stringere le dita lungo il mobile della cucina. Fermando passi prima che sia tardi. Tu sai disinnescarmi Chrys, lo sai fare così bene che quando io - al tuo posto - non ci riesco, perdo un battito. Forse mille. Ti voglio qui, per me.
    Credo che parte della mia esistenza qui, con te, sia questo. La sensazione che fa averti ad un passo, distrutto e non poter quasi fare niente per entrarti nella testa e toglierti quegli stronzi che ci abitano. Dio se vorrei essere più bravo nel tenerli lontano da te. Giuro, e lo sai, che li aprirei uno ad uno come ho fatto con il tuo amichetto del cazzo. Cristo, è ancora lì.
    Si, non ci penso quando ti sento vicino, quando le tue mani mi aggiustano come io spero di aver fatto con te stanotte: ho ancora nella testa il modo in cui ti sei lasciato andare contro la mia pelle. Dio se sei meraviglioso Chrys, in ogni tuo momento, anche ora che le prese sono più disperate, dispiaciute.. anche ora che mi stringi la schiena ed io torno a respirare.
    "Non ci sto bene?" Riesco ad dirti che se tu singhiozzi io trattengo un ringhio profondo. Lo so che non lo volevi. Non volevi allontanarci, non volevi che qualcuno bussasse davvero alla nostra porta fino a farsi uccidere da me. Forse volevi rivedere si, il mostro di cui ti sei tanto curato negli anni, e ti giuro che esiste Chrys, non è morto. E' solo che mi stai dando un modo di vivere che mi fa stare bene, ed io morderò ogni muro pur di mantenermi qui.
    Ti sento, Chrys. Sento il respiro attraverso la vestaglia, quando chiudo gli occhi e rilasso i muscoli. Sento la mano che mi risale come se ti servisse bloccarmi per assicurarti che non vada da nessun'altra parte. Le mie dita ti aiutano, sulle tue.
    Mi ami da vivere. Non mi serve un cazzo altro.
    Che mi giro piano perché lo so che la schiena non ti può bastare, tu devi incastrarti qui nel mio cuore e col cazzo che ti permetterò di uscire ancora. Di tirarti fuori per vedere se agli altri piaci: tu devi piacere a me, e te. E basta cazzo. Per questo ti avvolgo piano, ti porto da me come avrei dovuto fare ieri, coperto di sangue. Ancora un po' di striature rosse mi macchiano le dita.
    Ti stringo le mani trai capelli, piano solo per portarli indietro, per avere un modo di trattenerti a me senza forzare un cazzo, non so tenermi distante da te. "Me la ridai Nancy? Mi è mancata..." è il solo modo.
     
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    Lo so che andiamo avanti solo così. Che ci alimentiamo, ci rafforziamo solo nel dolore. Ma se abbiamo sofferto ed amato tanto in solo un anno di matrimonio, mi chiedo davvero cos'è che ci aspetterà nel futuro. Spero solo del bene, una stabilità che imparerò a conoscere e della quale magari smetterò di aver paura. Imparerò a pensar meno, Joshua. A non farmi mai quelle domande fastidiose che poi mi portano ad incupirmi, a dirmi che non valgo abbastanza da riuscire a tenere in piedi questa casa. Non so mai se ciò che penso ha un senso, ma sicuro sento che ha un peso per me.
    Per questo ti lascio spazio di manovra per voltarti. Perché voglio stringerti ogni centimetro di pelle. Farmi spazio in essa come all'inizio e lì nascondermi, trovare un luogo franco in cui poter piangere le mie paranoie. Che magari sono solo questo, no? Un paranoico del cazzo peggio di te. Che da giorni, ormai, non fa altro che interrogarsi su ogni fottuta cosa. E sono cose di cui nemmeno so parlare, perché persino nella mia testa non sanno trovare un incastro perfetto. Forse sono solo insensato io. Ma non importa adesso, vero? Non quando mi infili di nuovo le mani tra i capelli ed io chiudo gli occhi per un istante. Mi riconosco solo così a volte, nella violenza delle tue prese. Che ormai sono solo carezze, sempre e solo carezze.
    E respiro i tuoi respiri, in una presa che mi fa scivolare le mani lungo i tuoi fianchi, sotto la vestaglia.
    ''Scusa...''
    Sibilo di nuovo, piegando una mano a cucchiaio, come a lasciar spazio tra la tua pelle ed il mio palmo per qualcosa. E Nancy riappare, in effetti. Si stacca piano dalle dita per tornare a solleticarti la pelle. Lo fa passando tra il mio pollice e l'indice solo per farsi spazio lungo il ventre, oltre l'ombelico ed iniziare così la scalata verso il petto, il tuo cuore, Josh.
    ''C'è qualcosa che spetta anche a Remì.''
    E mi dispiace averlo privato della sua falena così, anche se non l'ho fatto di proposito. Resta solo una questione di controllo che, ultimamente mi è sfuggita. Per questo mantengo la mano così, per far sì che un altro piccolo esserino sbuchi fuori dalla mano e, seguendo Nancy per un breve tratto, si liberi poi per la cucina alla ricerca del suo proprietario.
    ''Sono stato un padre di merda. Spero almeno non ti abbiano visto nascondere il cadavere di quello.''
    Perché lo hai tolto dall'obitorio, non è vero, Josh? Per questo ora siamo così morbidi, così tranquilli. Perché possiamo provare a tornare alla normalità?
     
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    Se solo sapessi che cazzo è successo quando non c'eri. Pochi giorni, forse ore, non so come ho retto lo sguardo di Alice. E di Remì. Che lei è più brava a capire le cose, lei mi legge nella testa. Lui si era solo preoccupato per non aver visto rientrare la falena. Non so che cazzo abbia, ma è speciale, è fottutamente sensibile, quasi un sensitivo. Lui sa prima che tu dica qualunque cazzo di cosa, che stai pensando. Sarà che nel non parlare ascolta, e penso lo faccia anche ora.
    Ma cazzo, tu riporti Nancy. Ed io respiro meglio, che non me ne frega un cazzo delle scuse che hai, che affermi e dici come se non sapessi chi cazzo ho sposato. Io lo so, te l'ho detto quella volta di quasi un anno fa, e te lo ripeterò continuamente Chrys. Io so chi sei.
    Anche se questo mi spaventa ogni tanto, anche se nello stringerti ora non riesco as usarti la delicatezza che si ha per i bicchieri di cristallo, quelli belli esposti in vetrina. Belli si, ma non li usa mai nessuno. Tu, cazzo, non sei tra quelli. Tu sei mio. E non sai.
    Non sai che il modo in cui accolgo di nuovo la falena, è quello di invitarla sulla mia spalla, dove un marchio l'attende da giorni, e farle spazio oltre la manica che abbasso dalla spalla. Che piego i collo davanti a te perché tu veda, che il suo spazio è anche il tuo cazzo di spazio. Mi hai sposato, dio. Mi hai sposato consapevole di che cazzo sono, si? Allora perché mi chiedi qualcosa di cui sai già la risposta, perché non vedi nei miei occhi quanto mi è costato lasciare quello stronzo in vita per quanto bastava almeno a non aprirlo in due davanti ai ragazzini?
    Tu non sai che io ho immaginato tutte le fottute volte in cui ha sognato scoparti e per ognuna di quelle è stato punti, e no, non come piace a te, mai come piace a te. Non meritava neanche di alzare il muso sugli interni di casa nostra, di vedere le nostre foto appese all'ingresso. Come tu forse non meriti questo ringhio con cui ti rispondo. Immagino che non sia una bella notizia per il tuo cerchio alla testa, mh?
    "Nessuno di loro ha visto un cazzo" è quasi un sussurro dolce, quasi. "Ma è ancora lì, quindi non sei tu il padre di merda oggi" questo invece è un ringhio.
     
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    Forse mi stupisco di me stesso quando, alla tua affermazione, un po' provo paura. Perché se sento i peli rizzarsi sulle braccia ed i nervi farsi più tesi, forse è perché ci tengo davvero ai nostri figli e non come ho creduto fino a questa mattina. Magari io so dimostrarlo in questo modo di non essere come Oleander ed Erika, ma meglio. Qualcuno che farebbe davvero ogni cosa pur di saperli al sicuro. Dal mondo che li circonda, da loro stessi, ma soprattutto da noi. Ed ho il magone, quando mollando la presa, comunque una mano la lascio scivolare lungo il tuo polso. Lo stringo piano, come un bambino che ha bisogno di essere scortato laddove in cantina ci sono mostri oltre gli angoli dove la luce non arriva.
    ''Va bene...''
    E magari lo sto dicendo solo a me stesso e non a te. Perché a dir la verità ho davvero il terrore di pensare a cosa potrebbe succedere se Alice decidesse di scender giù a prendere le sue cose. Che li è dove abitiamo quando la casa si fa troppo stretta, soffocante. Resta l'obitorio la nostra panic room.
    ''Allora forse è meglio che io vada a sistemare la cosa.''
    Che mi esce spontaneo assumere dei ruoli in questa coppia. Anche se nessuno viene qui a dirmi di doverlo fare. Che a me piace, quando magari sto meglio di oggi, prendermi cura di questa casa e di ogni suo antro. Mi piace prendermi cura di voi e sapere di aver provato ogni cosa per farsi stare meglio. Perché io è questo che voglio, anche se forse non l'ho dato a vedere: Il vostro benessere. Allora ti guardo, amore mio, lo faccio quasi a chiederti il permesso di muovermi in questi corridoi senza di te. Che il tuo lo hai fatto, no? Alla fine hai risolto tu i miei problemi, solo che adesso tocca a me pulire lo sporco che ne è rimasto. E ci provo a staccarmi, sì, lo faccio tirandoti il polso, lo faccio senza mollare davvero la presa. Perché oggi sono un cazzo di ragazzino bisognoso. Ed ha senso, dici, essere peggio dei nostri figli? Io non capisco più niente. E giuro, giuro, vorrei davvero chiudere gli occhi, riaprirli e scoprirmi, non so, perfetto. Perfetto da noia.
    ''...Non ti avrei mai messo di nuovo all'angolo...lo sai, vero?''
    E magari ritorniamo un attimo a ieri. A quelle cose che magari ti ho già detto ma che non è mai sbagliato ribadire. Ti amo, Josh, anche se a volte sento di farlo meno. Anche se a volte odio sentirmi così debole, così devoto, così fuori di me da non riuscire più a controllare davvero cos'è che mi sta intorno. Ed io che la terra la scavo a mani nude forse ho paura, ormai, di sentirmela mancare da sotto ai piedi. Cerco i tuoi occhi, respiro i tuoi respiri.
     
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    "Ho solo fatto a pezzi un uomo, in quel cazzo di angolo..." non lo so dire con l'accusa che premeva oltre lo sterno fino a ieri. Non posso, Chrys, perché finisce sempre che ti amo al punto tale che ti avevo già perdonato quando lo stronzo ha emesso il primo gorgoglio, con il sangue bloccato in gola ed il tentativo sciocco di tenerselo perché non lo lasciasse a piedi fin da subito.
    Lo sai, amore mio, che non sono uno che tortura, che prova piacere nell'infierire su un corpo tanto fragile, fresco, neanche così giovane. Sai che gli si è alzato prima di morire? Me lo dicevi tu che poteva succedere? Non lo ricordo ora, non se la mia voce resta bassa, un sussurro di morte, severo perché non so forse condonarti ogni cosa senza fartela sentire sulla pelle. Come se io ti lasciassi addosso le spine che riemergono dall'Istrice, che ora tengo buone ma le ho usate con lui. L'ho avvelenato senza dargli tempo di rendersi conto di come avrei sfruttato la cosa.
    Perché io uccido senza fottute cerimonie, con me non c'è il tempo di farmi cambiare idea, c'è solo la forza di fermarmi o quella di lasciarmi andare verso il mio cazzo di obiettivo.
    Forse dovrei permetterti di ripulire i tuoi errori, e te lo lascio fare, per qualche ora ti lascerò da solo lì dentro si. Me lo dico nella testa anche se so che saranno invece minuti, scarsi, perché tornerò da te, perché magari non ti lascio andare e basta.
    Che tu vai bene così, non dev'esserci un punto che cambia creandomi scompensi. "Credevi sarebbe stato più facile.." non te lo chiedo, lo dico ad entrambi con quella mano - mia - che si infila dolce tra collo e ricci, che ti tiene il mento alzato verso di me quando so che vuoi guardarmi. E non esiste un secondo in questa fottuta vita in cui non farò lo stesso, sempre. "Ma questo siamo, Chrys" ed è un cazzo di complimento che porto avanti con la fierezza di un ringhio. "Non esiste il giorno in cui non verrò a prenderti, ovunque tu voglia nasconderti." Se esiste una fottuta promessa, è questa. Se esiste un rinnovare le promesse di nozze, questa resta la mia. Non esiste e basta. Mi avvicino fino a che la fronte non poggia sulla tua. Chiudo gli occhi. "E' domenica.." te lo ricordo in un soffio, le mani che si spostano solo per tenerti più vicino, ma mai fuori dalla tua stretta. ".. dormiranno altre ore"
     
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    E mi lascio afferrare, guardare, sfiorare come sai farlo tu. Lentamente, con feroce delicatezza. Mi lascio avvicinare, avviluppare tirar via dai demoni quanto basta per cercare nei tuoi occhi la pace che ci hanno strappato via. Mi sarò sì, abituato a quello vitreo, quello diverso dall'altro, ma questo non significa che sono davvero riuscito a perdonarmela. Ma sei meraviglioso, Josh. Devo solo tornare a ripetermelo. Meraviglioso in ogni fottuta cosa. Nel modo che hai di essere padre, marito e salvatore. Perché non c'è modo, adesso, di non notare quanto tu sia legato a me. Sarei uno stupido a far finta di nulla ancora ed ancora. Quasi a credere di non meritarla un'attenzione del genere. Io voglio tutto e forse è stato proprio questo egoismo ad avermi spinto a questo. Volevo metterti alla prova...forse. Volevo farlo con te, con i nostri figli, ma anche me stesso. Sì, amore mio, mi convinco esistano dei disegni dietro questo mio delirare. Un destino che ha bisogno di essere tracciato, di farsi forza nella felicità che a stento riesco a riconoscere come mia. Che è sempre stato qui il problema: Nella mia abitudine a non capire, a lasciar andare, a credere di non meritare nulla di bello. Allora chiudo gli occhi ai tuoi tocchi, rispondo in fusa alle tue attenzioni. Lascio che la gola gratti un pochino. Che una mano, delicata, vada a posarsi lungo un tuo fianco. Scende piano, l'indice si infila tra lo slip, tira appena.
    ''Voglio vederlo, Josh...''
    Franz morto, dilaniato, smembrato lungo il pavimento del mio studio. Voglio vederlo immobile, pallido, con gli occhi vitrei privo di quell'emozione che lo ha spinto a muoversi fin qui. Io non l'ho invitato davvero.
    ''Voglio vedere cosa sei stato disposto a fare per me...''
    E puoi sentirlo dalla voce, perché mi conosci, come il mio non sia un porre l'accento su una sfida. Non ti sto sfidando a dimostrarmi qualcosa di palese, ma adulando, semplicemente. Perché se adesso ti immagino ucciderlo per amore. Per una gelosia che si fa carne e sangue, allora non posso che sentirmi in estasi. E vibro, Josh. Lo faccio avvicinando il viso per premere il naso contro il tuo e lì respirare ogni preghiera, ogni supplica.
    ''Ti prego...''
    Gemo, piano, in un morso di tristezza che mi spinge ulteriormente verso di te. Toccami ancora, fammi male come hai fatto a lui, ti prego, ti scongiuro. Riportami indietro.
    ''Ho troppe immagini in testa per non dar ascolto a nessuna di loro...''
     
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    E' adesso che non te ne vai. In questi momenti che fermano il tempo, stoppano un battito o due, che mi resta un ringhio incastrato a metà tra rabbia e fusa. Lo tengo trai denti per passartelo quando ti fai troppo vicino, quando mi lusinghi, mi rendi più lieve ogni cazzo di peccato. Non ti saresti mai sposato un santo, a nessuno piacciono quegli stronzi del cazzo. Neanche a me. Io lo voglio il modo che hai di sentirti morire per poi rinascere tra le mie mani, come se fossi davvero in grado di forgiarti, di plasmarti a tua memoria. Non mia, cazzo, io voglio che sia tu.
    Sei solo tu. L'unico che può chiedermi di vedere. Di sollevare il velo che fa di me un uomo onesto, uno stronzo come tanti che si veste come fosse il peggiore dei fottuti cattivi, e poi mica lo è davvero. No? Non lo sono giusto? Che sorrido lento mentre te lo sento dire e immagino chi, vedendo la mia arte, non capirebbe. Ma tu, dio, tu la ami. Perché ami me con l'intensità di mille tempeste. Le mie a stento reggono contro le tue.
    Sei l'ansimo roco che mi prende quando le dita si incastrano oltre il dovuto. Sei la cazzo di soddisfazione quando posso sentirti di nuovo con me, quando il tuo respiro mi implora, mi prega. Ed io me lo faccio ripetere mille volte adesso. Che tu non smetta mai di pregarmi amore mio, e non perché mi serva per restare con te, ma perché è parte di ciò che amo. La capacità con cui ti pieghi, prima di piegare me. Mi lasci lo scettro di un potere immaginario, e Dio se lo tengo stretto ora.
    Come si fa stretta la mano che ti tiene il mento, che scivola sul collo, infila il pollice lungo il pomo d'Adamo, preme piano. "Lo so cosa cazzo vuoi, amore mio.." il sussurro di quel ringhio tenuto fino ad ora. Lo mastico come faccio piano con le tue labbra. Che vuoi sentirti dire che cazzo potrei fare per te e non hai idea di quanti fottuti cadaveri ammasserei in questa casa se servisse. "Non si salverà mai nessuno da me" che non mi pento di dirlo a voce alta con i canini scoperti, con una presa che si fa intensa dietro la schiena. Ci passiamo con le ombre in Obitorio, nel tuo regno profanato dal suo sangue. Dal sangue di chiunque osi mettere un piede oltre il mio. Tu. "Tu sei mio." E se c'è il cazzo di bisogno di ribadirlo, allora lo faccio quando i nostri piedi toccano terra, quando ti volto di schiena e ti permetto di vedere che cazzo di macellaio sono. E ti tengo per la vita, ti tengo per il collo, ti sposto il muso perché sia il primo a vedere. Guarda che cosa sono disposto a fare, e sappi che non è ancora niente. "Mio" o morto.
     
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    Va fottutamente bene quando mi resetti. Quando sai quali tasti toccare per far sì che io possa ricominciare da capo. Reinventarmi, farmi nuovo. Mi va bene quando mi tocchi, adesso, e finisci per spingerti sempre un po' oltre. Lì, al limite tra la violenza ed il porno. Che il dito lungo il pomo d'Adamo mi fa vibrare male, ma non per questo ti chiederò di allontanar via la mano. Al massimo stringila. Usa tutte le dita. Fallo guidandomi, spingendo il collo quanto basta per farmi voltare e poi vedere. Costringimi a guardare il frutto dei miei errori come fossi un cane. Come se gli errori poi non fossero tali. Che tu li usi sempre al meglio, li sfrutti per tirar su qualcosa di terribilmente giusto.
    ''Oh...''
    Così me lo fai sfuggire, Josh. Un sussurro delicato, ad occhi quasi aperti, adesso. Che mi è sembrato di tenerli chiusi per tutta la mattinata. Ora si spalancano, incontrano il rosso del sangue rappreso. Un rosso così scuro, così intenso. E le labbra mi si piegano piano un sorriso che tradisce un gemito. Un gracchiare gracile tra i polmoni e le corde vocali. Mi premo piano contro il tuo petto, come fossi un bambino e questa scena, beh, mi stesse toccando un po'. In realtà sono orgoglioso e non capisco se ciò possa avere un senso logico. Se vada bene, a modo suo, quando in casa abbiamo bambini tanto piccoli e ancora distanti dalla corruzione.
    ''Dio, devi aver fatto malissimo.''
    Ed ho un brivido nel dirlo. Un sussulto quasi, che sa già come farmi sudare. Vibrare.
    ''Josh...''
    Ti afferro un polso, lo faccio portandomelo contro il ventre, poi sul bordo dei pantaloni.
    ''Non ha urlato, vero?''
    Chiudo gli occhi, respiro profondamente.
     
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    Ti sento ansimare contro la violenza. Eccitarti per il dolore e neanche sai quanto cazzo ti ho pensato quando ho affondato le lame di sangue. Sei Tu questa immagine che ricorre come incubo mortale. Sei il sussurro che fa scattare i miei lampi nella notte. Io uccido, ma per te. E per quel sadico piacere che affoga contro i respiri. Respiri che ti scaldano il collo, che qui fa sempre più freddo del normale. Respiri che mi fanno ribollire il sangue in un mordere che attira il tuo sotto pelle. Dio se ti voglio piegare qui con me, scopare in piedi come fossi una bandiera issata e piantata a terra nel luogo che più mi appartiene. Che tu sei mio, e vivrò per ricordartelo ogni volta che commetterai il cazzo di errore di dimenticarlo. Fallo ancora, cristo, sfidami di nuovo!
    A fare peggio, a tagliarti via la maglia dalla schiena, aprirla in due perché tu provi lo stesso brivido di freddo di quello stronzo. Così che però il possa scaldarti con il mio calore. Nel farmi vicino e ringhiarti la gola. Stringo.
    Si, amore mio, quello che imbratta i muri del tuo santuario, quello che sporca le tue intenzioni come erano fino all'inizio, è il suo sangue. Meravigliati ancora, dimmi che il mio operato è la cazzo di cosa che volevi, dimmi che ti fa più paura di quanta avresti creduto. Che questi brividi sono miei. "Si..." che Ho fatto male, e non per vanto, ma per la conferma di come si è mosso per sfuggirmi, di come ci ha provato ad implorarmi.
    Volevi sapere se volevi ancora la pena per me? Cristo come se stare con te non fosse la cosa che voglio di più al mondo. Ma va bene, Chrys, Dio, se questo serve a ricordartelo va bene quando ti stringo in gola di più, soffoco le tue parole per vedere se ci credi abbastanza da spingerle fuori lo stesso.
    Ostacolato dalle mia dita, dalla mano che ti consento di spingere oltre la cinta, che infilo io con uno scatto ad avvolgerti in una morsa. Ti strappo verso il basso anche l'intimo. Graffiandoti con le dita e senza chiederti un cazzo altro. Dio se mi accendi adesso, se mi fai sentire un fottuto animale. Voglio sfinirti, voglio scopare di nuovo, fare l'amore in modo così sbagliato è la ragione del miei ansimi. Dei miei respiri, ormai fusi ai tuoi. Che ti tocco, Chrys, come fossi mio, come lo volessi io e non me lo avessi chiesto tu. Cazzo se è bello stringerti tra le dita e sentire come la pressione aumenti alle mie parole. "Mi ha implorato di smetterla.." roco, in quei morsi che meriti fino alla morte. ".. non gliel'ho dato il tempo di urlare, ma aveva una paura fottuta, sapeva cosa avrei fatto." anche io, come te, sono una testa di cazzo, Chrys, anche io vado in fiamme tanto da stringerti una natica e liberare la gola. Tanto da tenersi premuto contro il ventre, risalirti i capelli. "L'ho aperto da qui.." stringo la presa contro i ricci, li ridisegno sollevandoli. La punta del naso contro le vertebre. ".. dimmi che vuoi pregarmi anche tu"
     
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    Vorrei dire di essere sicuro di ciò che fai. Di come lo fai. Che il tuo muoverti in questo modo ne attivano degli altri. Fanno respirare male, malissimo, come se il petto e la schiena li avessi aperti in due io. Come se bastasse una carezza a farmi sanguinare la pelle. A spingermi in ginocchio sotto il tuo sguardo. E dio come ho voglia di guardarti mentre tu mi fai fare ciò che vuoi. Mentre mi manipoli come un burattino e mi regali la vita, i respiri che sento diversamente mancare. Che sei ossigeno, Josh, lo sei anche quando lo sento mancare e, in altri modi, prego che qualcun altro venga a strapparmelo via. Che sia la morte od un amante il concetto non cambia. Vivo di controsensi e forse lo sai bene: Mi hai scelto anche per questo, magari: Per il gusto della sorpresa.
    ''Sì? Aveva paura?''
    Ma te lo sto ansimando in un orecchio, roco, mentre mi piego affinché tu possa riprendere la tua opera. Che ti darei modo di aprirmi la pelle nonostante so bene com'è che saprà far male. Voglio che tu sia sempre qui quando ci sarà da piangere ed urlare. Come monito di ciò che ho scelto, di ciò che non possiamo non essere. Perché non esistiamo anche solo attraverso queste spinte, non credi? Nel dolore ci alimentiamo. Allora riservami lo stesso trattamento, per favore. Puniscimi com'è che merito perché di punizioni non ne ho mai abbastanza. Che ho bisogno di sentire qualcosa di forse, qualcosa di concreto. Perché voglio continuare a scrutare i segni del tuo passaggio come quelli che segnano i miei polsi. Voglio qualcosa di incancellabile sulla pelle ma che di artistico non abbia un cazzo.
    ''S-sì.''
    Mastico chiudendo gli occhi. Lo faccio piegando il collo all'indietro. Respirando male, ma bene allo stesso tempo. Perché sei tu a generare tutto questo. Tu a scombussolare la mia vita da che hai deciso di farne parte.
    '' Ti scongiuro, Josh...''
    Mi struscio, mi modello a te, lo faccio assumendo un tono di voce più delicato, quasi accattivante. Non lo so com'è che mi esce ma, ecco, viene fuori così, accontentiamoci della cosa.
    ''Non graziarmi solo per amore.''
     
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    Mi hai fottuto dal primo momento in cui mi hai chiesto di scoparti, ansimando, sul quello che adesso è il nostro divano. Nella testa, la tua voce si era piantata lì e non ho fatto altro che crederci finalmente, diventare un dannato devoto. Al tuo corpo, al tuo lavoro, alla tua vita di merda. Sconclusionata e povera, nonostante Villa Sinister. Solo. Tu eri solo, Chrys, come lo sono sempre stato io. Non c'è un cazzo da dire ora che non sia il modo in cui i nostri corpi segnano tappe per noi. Questa, ad esempio.
    Sei bello quando ti modelli a me, fai il gatto, ti spingi, ti pieghi perché io non perda mai alcuna aderenza. E non lo faccio, piuttosto ti stringo un fianco tanto da far male, che adesso è il dolore il nostro piacere. E siamo dei cazzo di esperti.
    Ti scoperò finché non smetterai di chiedermelo, e quando lo farai, ti scoperò perché tu ricominci a implorare, che questo mi tiene incollato come un animale. La volta in cui il predatore sono io, e tu non vedi l'ora di farti ricordare dove sbagli con me.
    Dio, sbaglia tutta la vita, Chrys. "Tremava" sentenzio, deglutendo dietro le tue spalle, mordendo il collo alla sua base, arrancando con le dita per averti. Che stringerti qui non basta, che percorrerti il cazzo non mi è sufficiente, Chrys. Anche se ora il movimento lo accelero, che tu puoi parlare solo se nel farlo sai ansimare, sai renderti languido, sciolto amore mio del cazzo. Dimmelo che sono una bestia.
    Che mi ami almeno il doppio di quanto potrò mai amarti io. Io che adesso pianto unghie lungo tutta la tua schiena, inarco le dita e disegno solchi, centimetro dopo centimetri. Lo senti quanto cazzo di male fa? Ti piace, Chrys, fammelo capire. "Tu ne hai?" paura, amore? Brividi che mi fanno rallentare solo perché non devi averlo lo spazio di un fottuto respiro. Che io devo prenderti appena le unghie finiscono la loro corsa, ed il sangue macchia piano la tua pelle pallida.
    Il tuo collo è un mio ostaggio, ti piego su una spalla perché ti voglio guardare, voglio che tu senta come respiro e ti senta bloccato al punto da poterne solo soffrire.
    Soffri quando affondo piano, mi prendo lo spazio di ogni fottuto centimetro per farmi strada contro ogni altro volere che non sia il mio, ed il tuo. "No, non ti meriti nessuna cazzo di grazia." meriti solo che io ti prenda, sfogando il resto del mio fottuto amore adesso. Premendoti il ventre perché non ci sia nessun moto di ribellione, sentimi, Chrys. Sentimi mentre torno al mio posto, ed i cazzo di affondi non ti fanno respirare. Sentimi quando la mano con cui ti blocco la mandibola allunga un pollice tra le tue labbra, assaggia il tuo sangue, da me. "Non con lui qui.."
     
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    Dammi modo di tornare a casa, Josh. Sempre, ogni fottuto istante. Aprimi le tue porte anzi, se puoi, lasciamele socchiuse. Preparami una ciotola di latte caldo. Prenditi cura di me oltre ogni mia aspettativa. Distruggi i miei desideri, alimentali, facci ciò che vuoi. Ma prendimi. Prendimi sempre. Fallo male, fallo bene, purché il tuo orgasmo possa anticipare il mio anche se di qualche secondo. Un istante che è un battito di ciglia. Una presa, un ansimo mio, adesso. Che io non mi contengo con te. Non ho mai motivo di farlo. Non quando nelle spinte mi fai vibrare il cuore. Così chiudo gli occhi. Cullami come il mare. Che è spaventoso, immenso. Che ti da tante certezze, così come dubbi. Nei tuoi occhi, da quando tutto questo è iniziato, forse i ghiacciai si sono già sciolti. Adesso tra i pendii c'è un mare bellissimo. Spaventoso, triste, ma meraviglioso in ogni sua onda. Allora scopami fino a farmi male. Spazzami via, spingimi verso un'isola deserta, poi di nuovo verso casa. Perché sono convinto di poter guarire così, nel male che è figlio di un bene smisurato. Che si fa veleno lungo le ossa, i muscoli, oltre le vene che pulsano.
    ''Sì...''
    Mugugno in adorazione, lasciandomi spogliare di ogni barriera che indosso. Che mi basta la tua pelle per sentirmi meglio. Per iniziare a respirare come si deve. Piano, pianissimo, ma nel modo di cui ho bisogno per non sentir i polmoni collassare sotto un peso indescrivibile.
    ''Ho paura di perdere ogni cosa bella per ciò che sono.''
    Ma è un sussurro forse impercettibile, non lo so bene. Quello di cui sono certo, però, è che devi fare proprio ciò che stai facendo. Nel modo in cui ti riesce, danzando così lentamente da straziarmi l'anima, da lasciarmi smanioso.
    ''Fammi sentire uno sciocco...''
    Un sospiro, una presa serrata contro la prima superficie disponibile: Un tavolo, te. Che puoi voltarmi, capovolgermi, far di me ciò che vuoi ed io non mi opporrei, anzi. Modellami su ciò che credi sia giusto. Dammi una retta via.
    ''Sviliscimi.''
    Te lo scongiuro. Forse è questo l'unico modo che ho per ritirarmi su, per provare a valutare le cose diversamente. In un bacio, uno di quelli dati a contorcere il busto. A tirar la pelle. Baciami, Josh, tra i morsi e i graffi. Che nel dolore voglio tener con me le tue labbra, sempre. Questo è il sapore del nostro matrimonio, della nostra vita. Ansima per le tue spinte, fai del mio corpo il tuo rifugio. Io mi prenderò cura di te, amore mio. Lo farò sempre.
     
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