The Only Exception

Danielle & Jonah | Pine Mountain, 12 marzo 2023

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    Non hai un'espressione, come si sul dire, felice. Né tantomeno rilassata, a dir la verità. A voler essere pignoli, la tua non è nemmeno un'espressione neutra. Niente che lasci pensare a quel momento di stallo che porta il giorno a finire per poi affacciarsi in un altro. Niente del genere, ecco.
    Nemmeno ti guardi intorno sta sera. Non cerchi gli occhi degli altri, il via vai consueto del ranch. La vita, ecco, che vi pullula all'interno. Niente.
    Se possiamo dirla tutta, hai lo sguardo fisso su quel succo d'ananas con il quale hai riempito il bicchiere quasi fino all'orlo per poi non berne nemmeno un goccio. Ogni tanto ci avvicini la mano vicino. Picchietti con le dita contro il vetro, poi però le ritiri di nuovo. Sembri in attesa, ma di cosa non possiamo capirlo così su due piedi. Sembri persino a disagio e forse un pochino è vero. Perché se uno ci fa caso, insomma, sono mesi - da dicembre almeno - che il tuo contributo nella società si è fatto più parsimonioso. Non porti più in alto quel tuo solito sorriso. Nulla per cui ricordarti con la gioia nel cuore ed una fila di denti in cambio. Sembri forse un po' più spenta, ecco. Come non lo sei mai stata però. Come se ci fosse davvero qualcosa a pesare tanto, tantissimo sulle spalle.
    E forse il fatto è che non ne hai ancora parlato con nessuno. Siamo quasi a tre mesi precisi, giorno in più, giorno in meno, eppure non hai ancora avuto il coraggio di sfogarti con qualcuno. Non con Jean, non con Jonah e figuriamoci con Caiden e Morgan. Insomma, non sei nemmeno il tipo che va a piangere sulle spalle altrui. Forse non ti sei nemmeno concessa un pianto, ecco, ed è questo a far male più del resto. Più della convinzione che hai ben fissato nel cervello. Più dell'idea di aver deciso senza alcun consulto - perché sia mai che te ne diano - di portar avanti la cosa. Di star in silenzio alla violenza, ad una realtà dei fatti che adesso è sicuramente più palese di prima.
    Salvatore non hai mai smesso di guardarlo negli occhi però. Non hai mai abbassato il capo dinanzi a lui, ma non per questo ti sei concessa una seconda volta. In realtà non gli permetti di avvicinarsi, di parlarti e questo, beh, forse qualcuno degli altri lo ha notato. Ma sono certamente quelle situazioni per le quali uno ci passa velocemente sopra. Non ci si sofferma a dovere e tu non riesci a capire, affatto, se ciò che vuoi da tutti questi uomini e donne che vi vorticano attorno, è solo comprensione. L'arrivar da te a dirti che sì, loro si son resi conto che c'è qualcosa di strano e vogliono proprio aiutarti a superarlo...qualcosa del genere, insomma.

    "Tu lo sai com'è che si fanno i bambini, Jonah?"
    Lo dici a bassa voce, questa volta però senza guardare il ragazzino che ti si siede dinanzi.
    Lo dici dopo esserti accertata di essere stati lasciati soli. Perché è notte e di notte la gente dorme, anche quando non è poi così tardi. Non tanto da sentire le cicale darsi i contro canto.
    Glielo domani come per farlo arrivare al sodo ancor prima di spiegarti. Che nemmeno Salvatore sa di questa cosa, d'altro canto cosa dovresti dirgli? Suo figlio, quando nascerà, perché hai già deciso di volerlo, lui non lo vedrà. E se puoi nasconderlo, che la pancia ancora non accenna a far il suo solito rigonfiamento, glielo nasconderai fino alla fine.
    Magari verso il settimo mese te ne andrai per sempre da Pine Mountain.
    Magari, inconsciamente, stai semplicemente chiedendo a Jonah di darti una mano.
    Anche se non lo guardi negli occhi e la mano, beh, ritorna ad accarezzare il bordo del bicchiere.
    Ora che hai parlato, ora che lo sforzo è tanto, ti avvicini e fai per bere un sorso di succo.

    "Cioè, ti hanno insegnato tutto?"


    Edited by Chrysalide - 12/3/2023, 09:42
     
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    Non hai detto nemmeno a Danielle di aver rivisto Gideon, di essere d'accordo con lui per far il possibile per riportarlo qui a casa, a Pine Mountain, dove è che deve stare al posto di Declan. Non puoi, è una promessa che hai fatto a te stesso e soprattutto a lui, anche se forse la cosa potrebbe renderla contenta. Anche indagare sui pensieri tra voi Ackerman - anche se quel nome è bandito - è difficile quando non si può parlare ad alta voce. Più difficile di quanto si possa immaginare. E poi questo silenzio è necessario per Gideon stesso, anche se pure Danielle è dalla sua parte, anche se anche lei potrebbe aiutarlo e aiutarvi. È tutto appeso ad un filo, un semplice passo non calcolato abbastanza, sebbene possa dimostrarsi positivo, sarebbe capace di buttare all'aria tutto, di bruciare l'ultima possibilità rimasta a Gideon, e di mettere fine anche alla tua di vita. Quindi no, di fronte a tutti i rischi che corri portando con te questo fardello e questa responsabilità nei confronti del tuo capofamiglia e di tutti gli Ackerman, non puoi coinvolgere nessun altro, neanche lei.
    Ma non è questo ciò che vi preoccupa adesso. È un pensiero che c'è sempre, che occupa uno spazio importante nella tua testa quando stai tra i tuoi simili, un po' come se stessi facendo attenzione a camminare sulle braci ardenti senza emettere alcun gemito traditore. Ma ora c'è altro. Per un istante, quando attraversi la stanza e la guardi così, ti senti pure sollevato di avere una sorta di diversivo, ma è una sensazione che dura poco anche quella. Il tempo di accertarti che c'è davvero qualcosa che non sta andando nella testa di Danielle.
    Ti dà uno spazio per non doverle parlare - e mentire - su ciò che tu ti porti dentro. E allora ti siedi di fronte a lei stringendo la bottiglia aperta e squadrandola. Il bicchiere che non ha toccato, la roba che non ha bevuto, lo sguardo basso. E poi la domanda assurda.
    La guardi aggrottando le sopracciglia, come se con la sola espressione volessi chiederle di ripetere, o di spiegarti il senso apparentemente inesistente di quella domanda.
    Non è una domanda reale. Avanti, hai ventidue anni. Non sta ne in cielo ne in terra una domanda simile, senza starle a spiegare certe dinamiche che ormai conosci.
    Non c'è ironia, non ti sta stuzzicando per il semplice modo che avete di prendervi per il culo a volte.
    Prendi un sorso dalla bottiglia, con la birra che ti impasta la bocca.
    «Ma che cazzo stai a di'?» le chiedi con le labbra aspre.
     
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    Aspettavi una risposta del genere da parte di Jonah. Che pio non è una vera e propria risposta, dato che ricambia con delle domande. Ad ogni modo, però, sì, te lo aspettavi benissimo. E una parte di te forse ci sperava persino un po'. Giusto perché quando parla lui usa quell'accento, quei toni tanto vivaci che, sì, anche nei momenti un po' di merda come questi poi il sorriso riescono a tirartelo sempre su. Ti piace la sua schiettezza così come l'espressione che ha quando sente di essere preso per il culo. Jonah è genuino e per uno stupidissimo e romanticissimo istante ti domandi se anche tuo figlio o tua figlia avranno i medesimi tratti.
    Cioè, non che tu voglia essere madre di Jonah, solo che, ecco, speri che il nascituro possa essere bravo - e divertente - quando lui a mostrare ciò che gli frulla per la testa.
    Ma stai divagando. Ti rendi conto di farlo quando il sorriso lo spegni nel bicchiere di succo che sì, dio, sarà anche buono, ma non è certo quello che vorresti bere adesso. Ti chiedi se una birra faccia davvero male alla gravidanza. Ma insomma, fosse solo quella la domanda che ti poni...

    "Dai è una domanda come un'altra."
    Incalzi. Lo fai tirandoti su con la schiena quanto basta per far scroccare qualche vertebra. Cerchi di far lo stesso persino con il collo. Inspiri profondamente. Cerchi, non so, qualcosa al quale aggrapparti saldamente. E alla fine, ecco, l'unica cosa che trovi è l'ironia. Quello stupido modo che hai di toccare argomenti pesanti mettendo in gioco te stessa. Ti prendi in giro per non piangerne, sostanzialmente. Per lasciare il discorso lì, forse un po' appeso. Affinché non vi cada totalmente sulle spalle e finisca per questo di schiacciarvi.

    "...Che forse io sono arrivata a trentadue anni senza saperlo bene."
    Ma ora cerchi i suoi occhi oltre il bicchiere. Quasi come se il vostro discorso fosse già andato oltre. Fosse tacito, basato semplicemente su certe accortezze. Sul modo che hai di cercare la sua attenzione senza essere troppo invadente. Senza dare troppo nell'occhio, ecco. Che non vuoi che lui possa alzar la voce né che gli altri si ritrovino a sentire qualcosa che non li riguarda. Questo è il tuo segreto, Danielle e a breve sarà anche il suo. Perché tu hai deciso che funzionano così le cose e che di Jonah ti puoi fidare. Di lui puoi sempre fidarti.
     
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    La cosa ti fa incazzare, ma non in un modo esplosivo. Non perché ti sta facendo un torto, ma per pura delusione. Per qualcosa che non puoi prendere deliberatamente sul personale solo perché non risponde alle tue aspettative.
    No, questa cosa ti fa incazzare perché ti infastidisce, profondamente. Perché non è una bambina, perché quando vuole le palle le tira fuori, perché si è fatta strada fin qui e non in questo modo, abbassando il capo come un cane bastonato, chiudendosi a riccio e lasciando così, per strada, tracce di dove è che vuole andare a parare, solo per fartele seguire e sperare che in qualche modo ci arrivi da solo. In altri casi saresti pure più paziente, la giudicheresti di meno, non ti accaniresti così, inutilmente, ma sei stanco e forse anche perché un po' sai e lo senti dove è che vuole andare a parare. E anche quello non ti va. Per così tanti motivi.
    Non ti va neanche restare così, a cercare di cavarle parole dalla bocca, parole che non riesce a dire, ad esprimere. Nessuno ti obbliga, ma non è vero in realtà. Lo sta facendo lei e lo stai facendo soprattutto tu, perché andarsene ora o far finta di non aver dato peso alle sue parole sarebbe stupido, per te stesso che scapperesti come un codardo da qualcosa che sai di dover affrontare adesso, e per lei che finiresti per abbandonare come un bravo stronzo.
    Se è così significa che non è semplice, ma non importa, ad un certo punto la stanchezza diventa durezza, perché vorresti che capisse che è successo qualcosa allora ci deve passare in mezzo, lo deve fare in maniera diretta, prenderla di petto anche se è micidiale.
    Vorresti battere il palmo aperto sul tavolo, ma finisci per trattenerlo e lo poggi solo con più forza.
    «Non è una domanda come le altre. Se hai intenzione di dirmi qualcosa vai dritta al punto senza fare troppi giri.»
    Non è una domanda come le altre. Si sta parlando di qualcosa di molto specifico. Di quello, no? E allora che lo dica e basta. Che per te cambia solo se la sua è gioia oppure paura, fa solo quello la differenza, e adesso non ti sembra ci sia niente di positivo nel suo porsi, nel suo atteggiamento, nel suo sguardo, nella sua espressione, in tutta la sua aura.
    «Sono serio, Dani.»
     
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    Ti irrigidisci un istante, ma questo come quando hai fatto il test e ti sei accorta di esser rimasta fregata. Che la verità ormai era stata messa nera su bianco. Era limpida e cazzo se dava fastidio nella sua sincerità.
    Ti irrigidisci come quella volta che, uscendo di casa, ti sei resa conto di guardare Salvatore con occhi diversi. Sei rigida come quando hai smesso di guardarlo negli occhi e hai iniziato a cambiare strada quando lui era nei paraggi. Come se fosse colpa tua. Come se tutto ciò che è successo fosse stato a causa tua. Tua e basta. Che se avessi avuto il controllo forse adesso le cose sarebbero diverse.
    Ti irrigidisci perché capisci di non doverti accusare, eppure finisci sempre lì, sempre su quegli stessi pensieri tossici. Ti irrigidisci perché hai paura che Jonah possa fare altrettanto, che possa non capire e allora finirebbe per schiarassi dalla parte di chi ti reputa solo una stupida. Una sporca puttana, un'incosciente che ora aspetta un bambino e che la gravidanza, beh, vuole persino portarla avanti. E c'è una parte di te che non lo vuole. Non lo vuole affatto. Una parte che sente di non meritare tutta questa cattiveria. Non un oltraggio in più a quello che hai già subito. Perché il mondo non può essere tanto cattivo. Perché deve esserci qualcuno che sarebbe pronto a tenerti la mano. Ma non per accompagnarti, non per scortarti chissà dove. No. Qualcuno che semplicemente resti lì ad accarezzarti le nocche dolcemente. E vorresti, lo so, con tutto il tuo cuore che Jonah possa essere una di quelle persone. Perché è intelligente, perché gli vuoi bene ed il suo pensiero, inconsciamente, ha un importanza enorme per te. Cosa che, se capissi, forse non ammetteresti mai.

    "Aspetto un bambino, Jonah."
    Glielo dici abbassando ulteriormente la voce. Lo fai facendogli cenno con una mano di star calmo. Di guardarti e di non aver per questo alcuna reazione esagerata. Che non vuoi che anche gli altri lo sappiano, non in questo modo, non quando comunque rischieresti di passar comunque dalla parte del torto. E forse sì, forse questa è solo una tua impressione, ma credi che a Jonah non costerebbe nulla mantenere il segreto per il momento.

    "Il padre..." Mi ha violentata "il padre non è una buona persona e non deve sapere di questa cosa."
    Respiri piano, anche se lo senti come il respiro si affanna, come gli occhi si fanno lucidi. Non ti è mai capitato di sentirti tanto vulnerabile, tanto debole, eppure devi imparare ad accettare anche questo. Accettarlo, sì, perché oltre ad accarezzare quelle nocche, nessuno verrà a regalarti una dose extra di coraggio.

    "Appena la questione sarà troppo evidente...io andrò via, in un qualche modo."
     
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    Certo. Tutto portava a quello in fondo, anche la sua domanda sciocca, senza senso. Solo che certe cose ti serve di sentirle per esserne sicuro. Sicuramente cose come questa, sicuramente le cose che sono troppo importanti da lasciarle spiegare solamente all'ambiguità del silenzio.
    È incinta.
    E in realtà non sai come porti di fronte alla cosa.
    Indipendentemente da tutto, dalla situazione in sé, dalla persona che è Danielle, una notizia del genere ti emozionerebbe, pensi, solo fino ad un certo punto. Forse perché sei stato fino ad ora sempre troppo giovane per decidere di non volerti sentire più così figlio di Pine Mountain, e, ancora più che di Pine Mountain, degli Ackerman. Così che alla fine, figlio tra i figli, non c'era la maturità dell'entusiasmo adulto per un nuovo figlio nella Comunità. Ma, nei fatti pratici poi, quando mai sono nati figli al ranch da quando Declan ha preso il potere? E a te, a volte, quasi non ti sembra di ricordare altro di questo posto.
    Ma di fronte a Danielle, incinta, non sai come porti.
    Perché è qualcosa che non funziona. E non sei tu a dirlo. No, è la sua espressione, è… è tutto.
    Lasci che finisca di parlare, rimanendo a guardarla, quasi gelato sui tuoi stessi piedi, con le orbite scavate a circolare circonferenze nere attorno alla sua figura. Elabori una cosa alla volta.
    «Chi è?»
    Il padre.
    È un concetto così complicato. L'essere figlio per te è qualcosa di orrendamente complicato. Che da qualche parte una madre e un padre ce li hai avuti, forse ce li hai ancora, e nemmeno ti riesce ricordare le loro facce. Nemmeno quello. Ed è una merda. E la colpa non si sa di chi sia.
    Il padre non è una buona persona.
    E quindi non lo deve sapere.
    «Che vuol dire?»
    Cosa è successo? Cosa sta succedendo perché sia stato permesso tutto questo?
    Adesso la stanza sembra una bolla separata dal reale. Il silenzio è troppo, il silenzio è come una nebbia che ovatta i suoni, persino i pensieri.
    «Dani ma che vuol dire? Ma che stai dicendo?»
    È il momento in cui ti riscuoti da questo torpore dettato dalla confusione.
    «Che non lo vuole? È del ranch? Mi dici chi cazzo è questo?»
    Chi è che l'ha messa in questa posizione, chi è che la sta costringendo a desiderare di andarsene, di lasciare questo posto che, per quanto sia una merda, resta comunque casa vostra, e voi dovete aspettare che Gideon torni, che rimetta a posto tutte le cose.
    Chi è che non lo desidera questo figlio, chi è così meschino da non poterlo nemmeno meritare. E perché devi sentirti così tanto addosso, senza diritto, il peso della croce del tuo sentirti figlio adesso? Ricaccia indietro il pensiero. Non si tratta di te. Anche se forse non ti va di crescere, non ti va di smettere di essere figlio, non sei ancora pronto per smettere di esserlo. E allora non ti riesce concepirlo che un padre non voglia un figlio, non ti riesce accettarlo perché non ti riesce accettare nemmeno l'idea che il tuo possa non aver voluto te.
     
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    Gli fai cenno, portano le dita vicino alla tua bocca, di far silenzio o meglio, di abbassare la voce. Perché questo è un discorso che deve rimanere tra voi due. Non tanto perché hai voglia di appesantirlo con i tuoi problemi, quanto perché senti di dover condividere un'informazione del genere con qualcuno a cui tieni. E Jonah è parte del tuo cuore. Non sai bene né come, né perché, ma sta di fatto che è così. Che vuoi lasciargli queste paure, queste sensazioni quasi con la convinzione che se ne potrebbe prendere cura qualora qualcosa dovesse andar male. Perché nel tuo ottimismo, a volte, c'è anche questo. Quella frazione di vuoto lasciata in preda al caos. Una parte della vita che ti è impossibile gestire e che pian piano stai iniziando ad accettare come tale.
    Ma nel dirgli di abbassar la voce comunque poi ti ritrovi a spiegargli tutto. Anche se c'è vergogna nella tua voce, un gorgoglio fastidioso che ti risale la trachea. Provi a mandarlo giù, ma non è qualcosa che puoi spingere fisicamente.
    Ti hanno solo insegnato a far pressione sul diaframma per far sì che la tachicardia cessasse. Non ricordi chi ti abbia detto una cosa del genere, però.

    "Salvatore."
    Il nome lo conosce. Conosce la persona. Insomma, tutti conoscete Salvatore. E pensi possa bastare questo, quando la realtà dei fatti ti spinge comunque a dover essere più chiara, più diretta, senza troppi giri di parole. Perché magari ora non servono.

    "Non voglio che Salvatore venga a conoscenza della gravidanza. Perché non voglio che il bambino..."
    Che per te sarà un maschio. Come se valessero quelle sensazioni che una madre sente. Forse tu vuoi semplicemente un altro Billy di cui prenderti cura.

    "Venga riconosciuto da lui."
    Lasci cadere il silenzio perché stai ponderando. Stai cercando di capire come affermare la più vile delle verità. Come uscirtene senza sembrare sempre e solo una vittima. Non vuoi passare come tale, non lo sarai mai, Danielle, non fintanto che ti sforzerai di lottare per il ragazzino che porterai in grembo.

    "Come lui non mi ha chiesto il permesso io...io non devo chiedergli il permesso di crescerlo in quanto mio."
    Ma abbassi lo sguardo adesso, perché capisci come certe parole suonino egoiste nella tua voce. Tu non vuoi essere una vittima, non vuoi una famiglia basata sulla violenza. Non vuoi che tuo figlio cresca con uno stronzo e non vuoi, per nessuna ragione al mondo, essere solo e soltanto una moglie di cacciatori. Una madre di cacciatori. Qualcuno da relegare a casa, che presto resterà in attesa. Che morirà, sì, in attesa di qualcosa.

    "Non voglio alcun matrimonio riparatore o cazzate del genere. Abbiamo superato quegli anni, Jonah. E mio figlio, insomma, lui non crescerà sapendo di esser figlio di uno stupratore."
     
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    Questo posto è troppo silenzioso. Dormono tutti, o quasi, dovrebbe essere così, silenzioso, è forse il migliore dei suoni a quest'ora, il silenzio, quello che tiene tutti calmi, che tiene la cenere sotto il fuoco. Significa che non c'è niente che si sta agitando, e tu, ultimamente, ne stai tenendo di segreti, così tanti da renderti nervoso e sospettoso, troppo teso. Basta poco e i piedi ti ballano. Per questo il silenzio è il suono migliore che ci possa essere quando cala la sera e ciascuno si ritira e il giorno finisce, e ancora si è sopravvissuti all'interno di questa bomba che è diventata il ranch. Un giorno buono, quello dove si è riusciti a tenere buono anche Declan, che tiene costantemente tra le mani il detonatore, e allora sì, va tenuto buono, tranquillo, almeno fino a quando non si sarà arrivati abbastanza vicini da strapparglielo di mano e dargli un calcio per spodestarlo. La mano tesa deve rimanere ferma, salda, adesso ancora di più, adesso che la speranza di potergliele strappare quelle redini sono reali con il ritorno di Gideon.
    Ma questo silenzio adesso è troppo rumoroso. È una bomba, una bomba silenziosa che Declan e i suoi hanno cominciato a tirarvi addosso a tradimento. Invisibili persino a tutti gli altri. È la sua nuova arma per flettervi, per mettervi in ginocchio più di quanto non abbia già fatto.
    «Salvatore?» risuona nel silenzio la tua domanda più simile ad un'affermazione fatta a te stesso, per chiedere alla tua testa se davvero le tue orecchie abbiano sentito questo nome. Per fissare un punto. Strizzi gli occhi, le mani sui fianchi e le narici dilatate per respirare e farlo piano, senza fare confusione, cercando di conservarlo quel silenzio, di non diffondere quello maligno di Declan oltre a questa stanza, respirando tutti i suoi miasmi.
    Da quando lei e Salvatore…
    Ma non diventa chiaro, non subito, non può e non vuole nemmeno. Decisamente non vuole. Non si sente in grado di cedere a questa idea.
    È la sua arma invisibile. Colpisce chi può colpire in maniera così subdola ma attaccando alle viscere.
    Rimani a guardarlo con occhi sgranati, il volto tirato in una maschera scavata, apotropaica, per spaventare i demoni che le ballano di fronte. Ma no, in verità sei più l'immagine, il residuo di ciò che le sue parole lasciano scontrandosi con te, passandoti attraverso per poi uscire e infrangersi silenziosamente sulle pareti.
    Che cazzo vuol dire?, ormai è diventato solo un mantra. Che cazzo vuol dire? Che cazzo vuol dire, che cazzo vuol dire.
    L'ha stuprata.
    Ti pieghi sul tavolo di fronte a lei, poggiandoci sopra i pugni e chinando appena il capo, ondeggiando appena seguendo moti tutti interni.
    «Quando?» quando è successo. Che vuoi saperlo, vuoi saperlo collocare e sapere che esatto momento odiare, e immaginare di averlo saputo quando ti sei scontrato in quei giorni con Salvatore o con Declan, e immaginare di averli uccisi in quel preciso momento.
    Poi ti rizzi di nuovo, e i piedi di cominciano a scalpitare. Una mano a tirare il viso, a cercare appigli nelle cavità delle orbite.
    «Non può. Declan non può permettere questo. Questo non può.» non può permettere ai suoi cani bastardi, figli di puttana di fare questo.
    Ma questa è solo retorica, è solo la rabbia che cerca i modi diversi di esprimersi e allora passa per un poco anche da questo, per il giustizialismo. Perché Declan ha fatto di peggio, ha venduto i suoi, li ha fatti ammazzare. Questo è niente, questo è solo più subdolo e visceralmente umiliante.
    «Matrimonio riparatore, Dani?» le chiedi strabuzzando gli occhi, poggiandoti di nuovo al tavolo, teso verso di lei.
    «Ma io lo ammazzo.» Se non ti ferma, te adesso esci da questa stanza e dai la caccia a quel bastardo per tutta Pine Mountain. Al diavolo gli accordi, al diavolo la segretezza, al diavolo la resistenza, al diavolo tutto. «Dimmi dove cazzo è.»
     
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    Penso che per noi donne sia ancora difficile trovare un posto a questo mondo. Che ci sia ancora tanto da fare prima di riuscire ad ottenere ciò che ci è di diritto. Che bisognerà ancora stringere i denti in qualche modo. Resistere, lottare. Che non finirà qui questa storia. Che nessuna storia prenderà esempio da questa. Che mio figlio o mia figlia non saranno mai un racconto dal quale imparare qualcosa. Sono solo una tra le tante, ma credo ancora, stupidamente magari, in maniera del tutto romantica, di poter fare almeno una cosa. Di poter combattere. Almeno contro il mostro che saprebbe divorarmi dall'interno. Di poter combattere contro la vergogna, contro tutte quelle volte che mi ritroverò a dire che è mia la colpa. Perché quella sera ho bevuto un bicchiere di troppo. Perché alla prima forma di avance non me ne sono andata. Non ho capito subito cosa volesse da me e questo non capire ecco, mi ha portata a questo.
    Credo che non dargliela vinta, almeno per adesso, sia qualcosa di simile ad una forma di protesta. Ma a Salvatore io non darò nulla. Non un figlio, non una fede cieca. Resterò così. Incasserò con la convinzione che sarà difficile spezzarmi e a testa alta, arriverò al punto in cui, dopo aver messo al sicuro questa nuova creatura, potrò tornare ad occuparmi di lui.
    Ma solo dopo, il tempo di scoprirmi al sicuro. Il tempo di capire com'è che funzionano tutti questi pensieri che mi vorticano nella testa.
    Perché è nel mio diritto aspettare. Resta nei miei diritti capire, riscoprirmi una donna libera. Comprendere come siano stati i Crain, in un certo senso e più Danny che Morgan, a rendermi così. Perché non sono una moglie di cacciatori, no. Io sono una cacciatrice. Una cacciatrice che avrà un figlio e che nonostante questa cosa non cederà, non si lascerà subordinare da qualcuno.
    Ma sono pensieri così confusi adesso. Sono così pesanti da costringermi ad alzarmi in tua risposta. Quasi come se fossi il riflesso delle tue emozioni. E vorrei arrabbiarmi anche io nel medesimo modo in cui lo fa tu, eppure non mi riesce. E non so il perché, in effetti. Non mi riesce e basta.

    "Non lo so, Jonah."
    Perché non voglio sapere dov'è né cosa faccia. Se posso, insomma, per ora vorrei evitare persino di incrociarlo. Di ritrovarmi il suo sguardo addosso. Di vederlo sorridere nella speranza che possa esserci un altro incontro come quello. Ma non rabbrividisco. Sarà che ora stringo una mano lungo un tuo polso e allora, magari, il coraggio lo trovo proprio in questo. In te che sei giovane. In te che hai una bella testa.

    "E non voglio che muoia."
    Questo faccio fatica a dirlo, ma sai bene, immagino in che senso te lo sto dicendo. Magari cerco di fartelo capire con una mano che distratta scivola lungo la tua schiena. Te l'accarezzo piano. Vorrei tenerti qui con me, stretto al mio petto e chiederti, non so, scusa per averti messo in mezzo a questa storia. Ma io non ti sto chiedendo nulla, Jonah. Non ti sto chiedendo vendetta, ti sto solo dicendo che presto me ne andrò. Ti sto solo dicendo che presto avrò un bambino e che non ho paura. Che non devo averla. Che se avrò modo di confrontarmi con qualcuno di tanto intelligente come lo sei tu, allora non dovrò mai avere paura di niente.
    A me serve semplicemente sentirti e sapere di non aver segreti con te. Perché non ne ho bisogno, non ne voglio.

    "Non ora, non per mano tua. Non ti sto chiedendo la vendetta. Ti sto solo..."
    E forse la voce mi muore per un istante. Ingoio la saliva. Tiro su col naso.

    "Chiedendo di parlarmi...come se tutto fosse ok e io non fossi una vittima. Non ho voglia di esserlo. Voglio solo stare con qualcuno a cui tengo, adesso. Qualcuno per cui nutro affetto."
    E allento piano la presa sul tuo polso.
     
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    Non va bene. Non va bene un cazzo, non va bene niente.
    Non sei tu la vittima di questa storia, è chiaro, forse dovresti cominciare a pensare a questo, che non sei tu quello rimasto fregato, non sei tu quello costretto ad una scelta così importante, non sei tu ad essere costretto e punto. Forse dovresti iniziare a rimeditare sulla tua rabbia, a circoscriverla e tenerla fuori di te, perché non prenda il sopravvento così, non faccia così male anche quando non dovrebbe, non ti offuschi la mente proprio ora che tra i due è lei quella che chiede a te una mano. E tu dovresti dargliela quella stramaledetta mano, tu dovresti proprio aiutarla in qualche maniera.
    Ma non ce la fai. Pensi soltanto a tutta la merda che sta gettando Declan su Pine Mountain e sul ranch. Pensi che questa sia l'ennesima lampante prova di quello che sta facendo, forse il segno della gravità di tutta questa situazione, qualora avessi anche solo sfiorato la tentazione di prenderla sotto gamba, di ignorare tutti gli avvertimenti e cercare di vivere nella maniera più passiva possibile. Perché è più facile, sì, probabilmente molti al ranch si sono appoggiati a questo, al fatto che sia più semplice sottostare, crea meno problemi, mantiene un ordine, oppressivo, ma evita ulteriori spargimenti di sangue. O meglio, fa in modo che di sangue non se ne versi più del dovuto. Ed è mostruoso. Declan è mostruoso, Salvatore che è dei suoi lo è. Gideon deve tornare. Deve tornare subito, farlo il più velocemente possibile, perché se si arriva a questo, a stuprare le donne del ranch allora è veramente segno del clima di terrore che è stato acceso all'interno del ranch. Perché Declan lo saprà cosa è successo, sì, certo che lo saprà, e non farà un cazzo, proprio perché ha permesso lui a quella bestia di fare una cosa del genere.
    Deve tornare Gideon, perché non potrete rimanere ancora a lungo con le mani in mano a tollerare.
    Ma qui non si tratta di te. Stai continuando ad elevare tutto ad un grado troppo universale, troppo generico, sta diventando un pamphlet, il tuo, contro l'ingiustizia di un leader che permette ai suoi di essere bestie.
    No, si tratta di Danielle, che adesso aspetta un figlio.
    Chiudi appena gli occhi, cerchi la calma nei respiri lunghi, profondi, e nel silenzio e nel buio di una mano premuta contro gli occhi.
    Respiri di nuovo, ti sciogli da quella posizione irrigidita, stante, e ti siedi di nuovo di fronte a lei, mani giunte sul tavolo a masticare ancora un po' il silenzio per scacciare tutte le offese che ti si sono cucite in tutti questi minuti sulla lingua.
    «E allora che vuoi fare?»
    Seriamente. A cosa pensa Danielle? Cosa pensa di sé e di questo futuro improvvisamente tremendamente difficile?
     
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    Non credo di essere pronta, ma sinceramente, chi lo sarebbe? Non so come muovermi. Non so se abortire, se cancellar via quanto successo con tanta violenza o se andare avanti e allo stesso tempo rendermi conto di non saper essere nemmeno una madre. Perché con Billy è stato diverso: lui non è venuto fuori da me anche se ne è stato una parte importante. Lui non è cresciuto tramite i miei insegnamenti, i miei sbagli. Ma questo bambino, insomma, questo bambino dipenderebbe totalmente da me. Sarebbe totalmente sotto il mio controllo, sotto la mia supervisione e no, io non so se ritenermi pronta a qualcosa del genere ma vado avanti, perché se c'è una cosa di cui sono certa al massimo di ogni mia convinzione è che sono una grandissima testa di cazzo. E questa testa di cazzo non arretra, non cede, non lascia che siano gli altri a vincere. E magari il mio voler tenere questo bambino è solo un gesto egoista. Un momento di pura mitomania. Ma cos'altro potrei fare? Non ho motivo di muovermi verso nessuna delle due direzioni. E ti guardo, Jonah, mentre ti muovi e poi ritorni stabile. Ricerchi il controllo, un momento di stabilità sicuramente diverso da questo. Ti guardo mentre torni al tuo posto e comprendi, forse tacitamente, quanto io abbia bisogno di te adesso: tanto, già. Ho bisogno che tu resti qui un istante solo, ma giusto per non dover star lì a ricordarmi ogni giorno cos'è che sto cercando di promettere con tanto coraggio. E magari è da stronzi, ma voglio condividere con te questa verità, questa decisione del cazzo così pungente.

    "Tenerlo."
    Rimarco, ferma, quasi come se questa dovesse in un qualche modo essere il mattone portante di questa casa. Di una decisione che mi si cucirà addosso a vita. Perché un figlio non puoi decidere di mandarlo indietro: semplicemente te lo tieni. Se lo fai nascere, se lo porti avanti, allora resta tuo per sempre e basta.

    "E andarmene prima che questa decisione sia troppo palese per gli altri. Voglio tenerlo e crescerlo senza l'influenza di Pine Mountain."
    E cerco sempre i tuoi occhi, insomma, figurati se non è così che dovrebbero andare le cose per me.

    "Puoi mantenere questo segreto per noi?"
     
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    «Mh.»
    Tenerlo. Come se fosse una cosa facile. No, non vuole suonare così, non vuole imputarle questo, non è questo il senso. Lo sanno entrambi che non si sta parlando di una sciocchezza, o anche solo di qualcosa di "aggiustabile" in un modo o nell'altro. Basta sentire come lo sussurra, come si è fatta silenziosa questa stanza, come fosse una sorta di bunker segreto, nel bel mezzo della notte, una trincea dentro il territorio nemico. Eppure è casa vostra, il territorio nemico è casa vostra e resta tale nonostante l'invasore. E anche questo bambino dovrebbe essere un figlio di Pine Mountain, ma di quella Pine Mountain come la voleva Gideon, come l'ha sempre voluta e come la vuole ancora. Per questo non dovrebbe andarsene.
    «Ma non puoi andare via da Pine Mountain.» anche se detta così sembra una condanna, una costrizione, una di quelle cose che ti prendono al collo. Una via di fuga tagliata. Anche se ha ragione, perché non ci sono altre alternative sicure. Quando Salvatore saprà del bambino lo vorrà per sé, e allora andarsene diventerà ancora più difficile. Per questo il bambino dovrebbe appartenere a Danielle e a Pine Mountain, ma a quella che voleva Gideon, quella giusta, quella dove meriterebbe di nascere e crescere. La stessa che ha accolto un bambino di nove anni che ricordava solo il suo nome, e nonostante ciò è stato fatto Ackerman.
    «Declan ti verrà a cercare comunque. Sospetta di tutto.»
    C'è anche questo, c'è il sospetto che serpeggia, la paura di Declan che è aggressiva, ossessiva, si trasforma in violenza. E poi, soprattutto, coinvolge tutti, si autoalimenta, brucia ogni singolo filo d'erba che si trova nelle vicinanze della miccia scoppiata.
    Pine Mountain fa paura, e non soltanto per il rischio, comunque corso, di finire morti e venduti dai propri stessi simili. No, rimanere in vita con un cappio del genere stretto alla gola è peggio. E questo proprio ci somiglia, ad un cappio. Pensi a Salvatore, e allora ribolli, allora pensi che dovresti andarlo ad ucciderlo nel sonno e far scoppiare una cazzo di guerra civile. Pensi a Declan, a quanto debba morire, ed è un sentimento strano, questo, desiderare che un uomo, pienamente umani, muoia soffrendo. Non è come uccidere una bestia o una creatura, anche se negli ultimi istanti, per disperazione, supplica. Diventa quasi un atto di pietà uccidere, in quel caso. Ma in questo è solo rabbia che macina sottilmente la polvere tra i denti. E anche se è lei quella in trappola ora, è come se sentissi la corda attorno al tuo di collo. Soffocante. Ti sta soffocando il solo pensiero. Bisogna fare qualcosa.
    «Danielle, ascolta.» ti spiego verso di lei. Abbassi la voce, diventa solo un sussurro, mentre la guardi dritta negli occhi e fai una scelta.
    «Gideon. Sta tornando. Sta tornando, Danielle.» le stringi, le scuoti appena le mani.
    Avevi promesso il silenzio, avevi promesso che non avresti detto niente, nemmeno a Danielle, affinché Gideon non corresse rischi. Ma non c'è la fai, è una cosa che adesso non puoi trattenere. Ma lo devi fare piano, più piano ancora del semplice sussurro.
     
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    So di chiederti troppo, Jonah. Di essere invadente, sotto determinati aspetti. Che sei ancora troppo giovane per accettare questo, per comprendere questo. D'altro canto non so comprenderlo nemmeno io. Ma sono impulsi ai quali non posso negare l'attenzione. Sono sensazioni viscerali che dallo sterno non fanno che risalire in cima. Mi si avviluppano lungo le costole. Mi schiacciano i polmoni. L'intestino. Non so cos'è che c'è, adesso, in quella matassa che un tempo erano gli organi. Tutto potrebbe essere in un posto diverso e io comunque finirei per non sentirmi meno male. O meno diversa di così. So solo che una vera e propria speranza io non la ho: ho solo la testardaggine di scegliere la via più breve, ma non per questo la più semplice.
    Per questo ti guardo, ti ascolto. Lo faccio in silenzio: perché non ho altro da aggiungere. Volevo semplicemente togliermi questo peso ed essere certa di condividerlo con qualcuno di cui sento di potermi fidare. E tu sei tra quelli, Jonah. Anche se sei ancora tanto giovane, anche se un peso del genere avrei dovuto risparmiartelo.

    "Non lo so, Jonah."
    Di Declan, dico. Perché non mi sento così importante, così come non credo lo sarà il bambino quando verrà al mondo. Saremo semplicemente una donna e un ragazzino: nulla per cui battersi tanto, sopratutto non quando non si è invischiati fino al collo. Ma non posso averne l'effettiva certezza: Declan è folle, Salvatore lo è stato altrettanto e, tristemente, senza nemmeno rendersene conto.

    "Saremo solo una donna e un ragazzino. Riusciremo a diventare invisibili, dimenticabili."
    Magari ci dimenticherai anche tu e allora la promessa di mantenere questo segreto per noi avrà il suo senso.
    Ma devo parlartene adesso. Farlo fintanto che ho ancora modo di pensare a dei piani. Fintanto che posso ancora non sentirmi tanto sola, tanto giudicabile, persa.

    "Gideon?!"
    Non pensavo, però, che arrivassi a nominarlo.
    Non credevo nemmeno che sentirlo nominare potesse suscitare in me una reazione del genere.
    Che gli occhi mi si fanno lucidi solo così. Che piano, quasi di commozione, solo così.

    "Che stai dicendo, Jonah?"
    Io non lo so se così so vedere un futuro per Pine Mountain. Io so solo che questo posto meraviglioso, anche sotto il controllo di Gideon, mi ricorderebbe una mattatoio. Mi ricorderebbe la mia debolezza.
    Ma trattengo un sibilo sciocco. Il modo che ho cercare respiri laddove potrei non averne più.
     
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    «Lo userà contro di te. Lo userà per costringerti a fare cose che non vuoi.»
    Ti esce diretto, quasi tutto d'un fiato, senza trattenerlo. Ti mordi solo dopo la lingua per essere stato avventato e violento con le parole, proprio quando non dovresti. Ma è come uno spasmo, un tic che ti fa sputare fuori quella che pensi sia la verità, o quantomeno ciò che temi di più. Perché se lo prenderanno quel figlio, e diventerà il modo con cui la terranno stretta al collo. La costringeranno a fare qualsiasi cosa, a dire ciò che non dovrebbe. Per un figlio si fa questo. Lo ha fatto per te Caesar, nonostante tu non fossi suoi figlio. Caesar non ti venderebbe per salvare Pine Mountain. O forse sì, forse in quel caso invece lo farebbe.
    La cosa ti fa rabbrividire, cerchi di cacciare tutto quanto indietro. Sentirsi figli adesso è terribile, vomitevole, odioso. Non lo sopporti. Ma sai cosa vuol dire, ma nella condizione in cui non vorresti vedere Danielle rinunciare ad un figlio per qualcos'altro, anche qualcosa di giusto. Lasciato lì, abbandonato come una sorta di aborto per salvare sé stessa ed altri. Non riesci a dipingergliela addosso questa maschera. È come se ti sentissi tu aborto alla stessa maniera. Non ci devi pensare più, non adesso.
    «Zitta! Zitta fai piano…»
    Non dovevi dirlo. Non dovevi, ma non potevi non farlo adesso, non potevi non dirlo a Danielle adesso che non ha scampo, che non vede una luce.
    D'altronde è questo quello a cui ti aggrappi da mesi. A Gideon. All'idea che tornerà, che lo farà o che morirà provandoci, e allora sarà come morire con lui. Che non lascerà Pine Mountain, non risparmierà Declan dopo ciò che ha fatto a Hiram. Sì, è meglio pensare a questo, per quanto pericoloso sia.
    «Non lo devi dire a nessuno, Danielle. Hai capito? Non devi dirlo ad anima viva o ci ammazzano tutti quanti.»
    Non è neanche una raccomandazione, è più una supplica. Hai fatto delle promesse a Gideon, perché il silenzio è la soluzione più sicura di tutti. Adesso che lo sa anche lei c'è un rischio, uno in più, uno che speri con tutto te stesso non diventi fatale.
    «Ho incontrato Gideon. Declan sa che è vivo e sta cercando di ammazzarlo. Ma Gideon vuole tornare e riprendersi Pine Mountain.»
    È questo quello che sperate da quando Declan si è impossessato del ranch e ne ha mandati così tanti a morire, in un modo o nell'altro. Ma dirlo, far uscire dalla propria bocca questo ritratto di speranza, per quanto pallida essa ancora sia, ha tutto un altro valore.
     
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