Not forever, but for now

Horace & Charlie | Nido - 22 maggio 2023

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    Mi viene da ridere. Mettiamola così. Mi viene da ridere e un po' rido davvero. Mostro i denti, lo faccio rivolgendomi al sole che picchietta fastidiosamente sulla mia testa e rido. Rido di cuore, in un rantolo profondo, bassissimo. Rido perché mi fa bene farlo, suppongo. O perché sono diventata pazza e allora questo è l'unico modo che ho per esternare quanto io stia fuori di testa. Rido perché è la reazione primaria per ogni cosa. Rido perché, beh, di piangere non mi viene. Non sono triste, d'altronde. Non lo sono mai stata fatta eccezione per quando, beh, dovevo.
    Sono passati quattro anni dall'ultima volta che ci siamo parlati. Cazzo, Ho, quattro. Una vita, praticamente. Gli anni più importanti per un bambino: quelli che servono a formarlo, per un certo verso. Che servono ad inserirlo nel contesto sociale primario.
    Sono passati quattro cazzo di anni, Horace. Anni in cui mi sono convinta di non poter rivedere più nessuno di voi. Non Joseph, purtroppo, né Triss o te. Nessuno della mia vecchia famiglia rimasta incastrata laggiù, in quelle cazzo di terre. E me ne ero convinta o almeno, avevo cercato in ogni modo di convincermi che certe dinamiche non potessero mutare affatto ma cazzo se ho continuato a sperare in momenti come questi. Se ogni volta, spostandomi in qualsiasi città di qualsiasi continente, non ho fatto altro che cercare i vostri visi tra la gente. E sì, sì, avrei potuto contattarvi, in un certo senso. Avrei potuto trovare il modo di farmi sentire. Ma chi cazzo è bravo in queste cose? Non io. Non io che alla fine una casa fissa non l'ho più avuta. Che sì, insomma, sarei potuta restare decisamente più a lungo a casa dei miei nonni, ma questo non sarebbe stato uguale al restare lì, tra le tende da campo, con te a sfidarmi a poker. Te la ricordi l'ultima partita, l'ultima scommessa? Sto ancora aspettando quella cena a base di fagioli piccanti che mi avevi promesso. Non ho più mangiato fagioli da quel giorno.
    Alla fine so che la colpa, comunque è la mia. Insomma, mia che non oso diversamente da ciò che già faccio o so fare. E pensavo di star bene, di star effettivamente vivendo una vita che mi piace, eppure non so, da quando mi è sembrato di intravederti tra la gente - e poi alla fine, insomma, rendermi conto che eri davvero tu - qualcosa dev'esser cambiato. Mi sento più agitata, mettiamola così. Più entusiasta. E non che ora io mi stia pentendo di qualcosa, insomma, non è propriamente questo che intendo. Ciò che vorrei provare a dire e forse a comprendere è che rivederti mi smuove un sacco. Mi rende terribilmente felice. Quasi da non farmi rendere conto di quanto possa sembrar inquietante questo modo di fare. Che insomma, trovare il luogo in cui alloggi mi è sembrata una passeggiata, ecco, ma forse perché continuo ad essere troppo attenta nonostante l'esercito resta una storia tanto lontana. Ci sono abitudini che non so perdere, così come non so dimenticare cos'è che la licantropia mi ha dato.
    Ma a te, Ho, dimmi, cosa cazzo è successo?
    Che cos'altro ti ha tolto la vita?
    Perché mi sembri una persona diversa da quella che ho lasciato laggiù. Allora ti seguo. Ti lascio il tempo di guidarmi laddove so già che risiedi e aspetto un istante, prima di richiamarti senza però fare il tuo nome. Di attirare la tua attenzione senza alzare troppo la voce. Che insomma, ho capito cos'è che fai adesso. Ho capito cos'è questo posto. Ed è ironico, per un certo verso, rendersi conto di essere nuovamente insieme nell'ennesima merda, seppur diversa dalle altre.

    "Dici che è ancora valida l'offerta per quella cena?"
    Mi annuncio così, quasi per goliardia. Tanto alla fine cosa dovrei dire? Sai che sono io. Se ho capito bene chi sei adesso, so che sapresti riconoscermi anche senza voltarti.

    "Questa vegana del cazzo deve ancora esser stupita dalla tua cucina."
    E ti guardo, ragazzino. Ti guardo la schiena, le spalle larghe. Ti guardo i capelli incolti, il modo in cui cammini. Guardo i vestiti che indossi e c'è una parte di me che ha una paura folle di scoprire che sì, forse si sta sbagliando terribilmente.
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    Edited by Chrysalide - 1/6/2023, 09:45
     
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    E' stato uno strappo netto, Charlie, non so neanche come si spieghino cose come questa, perché non mi è venuto per nessun motivo al mondo il desiderio di rivedervi. Anche se lo so quanto abbiamo fatto gli uni per gli altri in quella terra arida del cazzo. Lo so che eravamo amici, lo so che cosa ci legava, ma poi il suo caccia è esploso. E con lui la mia vita.
    Sono in qualcosa a cui non vi avrei legato, e ti prego, vorrei che sapessi che ti sento. Che il tuo odore adesso lo percepisco in fondo alla gola. E c'è un motivo per cui non mi sono voltato fino in ultima, uno per cui poi ti guido fino al mio nido.
    Io mi fido di te, Charlie. Anche se ora potresti odiarmi, ma credo non sia così. Non lo so quanto il tuo olfatto possa dirti cosa sono io, come si sia ribaltata la situazione ed io mi trovi in cima alla catena alimentare anche più di prima, più di te. E sentirti mi spezza il cuore, soprattutto ora.
    Che io sono lento in tutto, sono lento in queste cose, cresciuto come un soldato anche quando avrei potuto fare altro e risparmiarmi tutte queste cicatrici. Ce ne sono almeno quattro volte più di quelle che ricordavi. Funziona così quando diventi un Wendigo in un'arena per scommesse clandestine.
    Ma io non sono scappato, ho solo dovuto rifarmi una vita, e l'ho fatta così. A mia immagine, credo. Lo penso solo quando mi volto verso di te, dopo aver prima raschiato un po' di asfalto sotto le scarpe.

    Mi giro, si, che un sorriso me lo tira su il tuo modo di fare, come se ti vedessi scalpitare anche di schiena. Come se sapessi che aprendo le braccia ti ritroverei stretta qui a fare la dura contro il mio petto.
    Ma sono più cauto, che le mani le infilo in tasca e mi avvicino di qualche passo. Immagino tu senta cosa sono adesso, e magari ecco, si, non lo voglio un rifiuto tanto netto ora. Non credo lo tollererei.
    Rido piano, in un ghigno che sbuffa quasi. Mi chiedo perché io finisca sempre in mezzo a voi vegani con la doppia vita da predatori. E rideresti se sapessi che ci sto provando davvero a stare con uno di voi, quasi, insomma, con Ben.
    E tu non hai idea di chi sia lui, e forse in parte per questo è colpa mia. Non sai che ho ben separato le due vite, ma che lui di voi qualcosa la sa. Quei vaneggi nel sonno, quei ricordi legati ai miei momenti "no".

    "Che fai, mi segui, Cherry? Non è carino." ma te lo dico con il sorriso, perché in verità io sono felice che tu l'abbia fatto. Lo sono perfino troppo, che vedermi sorridere è strano, tanto che poi quel sorriso muore pianissimo.
    Ma le braccia poi le apro davvero. Te lo chiedo quasi inclinando la testa a lato, è un mio "dai, salta su" che spingo con forza trai denti. Mi bruciano gli occhi.
    Che magari puoi superare in fretta quello che sono e dirmi che cazzo hai fatto per tutti questi anni, il che - lo so - mi costringerà a dirti quello che ho fatto io. E che sia un male forse già lo senti, a naso. Mi sei mancata, lo sai?
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    Sento che potrebbe bastarmi il suono della tua voce per scoppiare. Per abbassar le difese. Abbassare le spalle, tirar su col naso. Sento che mi basterebbe quella, perché per tanti giorni l'ho ricostruita con estrema minuzia nella mia testa quasi a cercare una stabilità che non fosse tanto distante ed incerta. E ora che ce l'ho qui, che la sento naturalmente, non lo so come faccio a non lasciarmene pervadere senza sentire l'impulso di seguirla. Perché se cammino non lo faccio più solo perché ho il controllo mentale sulle azioni che compio. Se cammino, ora, è solo perché c'è qualcosa di istintivo che risponde ad un richiamo e quel richiamo è la tua presenza, Horace. Il tuo esistere laddove non immaginavo che saresti esistito. E non ho paura di questo, anche se in passato ne ho avuta così tanta da fottermi da sola. Non ho paura di incrociare i tuoi occhi e ricordare cos'è che non possiamo più avare entrambi. No. Sono così ricolma d'amore che i passi, adesso, si attivano solo e soltanto per un motivo. E sorrido, figurati, come una ragazzina ingenua dinanzi al vero amore. Con denti che si fanno accompagnare dalle gengive e tirano su le labbra. Ho il cuore che batte forte come se a metterlo insieme ci fosse uno stormo di farfalle. Sento le loro ali solleticarmi lo sterno. Sei la mia pace, adesso, Horace. Una triste, malinconica, pace.
    E se apri le braccia io non posso che gettarmi. Cerco l'incastro perfetto. Ti porto istintivamente le gambe ai fianchi per poi tornare giù con i piedi ma ritrovarmi comunque stretta a te. Il muso nascosto nell'incavo del tuo collo. Una risata che riverbera contro la tua pelle. Hai un odore pungente, ma credo mi sia mancato anche questo. Come sei bello Horace, come sei cresciuto. Spingo la mano sinistra contro la tua schiena. Premo, cerco l'aderenza del tuo sterno al mio, nel medesimo battito di cuore.

    "Cazzo se puzzi."
    Biascico piano, in un sorriso che non si smorza nemmeno per un istante. Nella mano libera che risale la nuca e poi si avvicina verso il mento. Mi stacco per guardarti, mentre la mano ridisegna la mascella scolpita. Come sei bello, amico mio.

    "E sei cresciuto..."
    Mi mordo le labbra, con occhi che si fanno lucidi, che nascondono qualche lacrima dietro le ciglia scure, lunghe. Ma sorrido, sì, perché non è un pianto di tristezza questo, no. Credo sia semplicemente il modo che ho per ricordarti quanto mi sei mancato e quanto io sia felice, adesso, di rivederti.
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    Devi solo correre tra le mie braccia e scontrarti con tutta la forza che hai. Vieni qui, stupida, e fallo di corsa. Perché adesso non devi più moderarti, ed io posso reggere di tutto.
    Forse è questo che senti quando ti stringo in un abbraccio senza tregua, con il cuore in fiamme che esplode al solo contatto con il tuo. Sei tutti i ricordi che avevo sepolto, in questa medaglietta che tintinna sotto la maglia.
    Ma sei anche trai momenti più belli che ho vissuto, tra le serate più stupide e le sbronze epocali. Sei quel punto che è mancato anche a me, da morire Charlie.
    Tanto che ci metto poco a spingere via le barriere, dar loro un calcio in culo ed affossare un po' il viso lungo il collo.
    Non riesco a dire niente per i primi minuti, credo, solo qui fermo a stringerti. A darti una casa quando so che ne avevi già trovata una, ma non importa, ti voglio un bene dell'anima e questo torna su come una corrente ascensionale. Era solo chiuso in un armadio, che mi dico ne avrei fatto a meno se non avesse più potuto uscire.
    Ma adesso è fuori, e mi strappi una risata roca, tra gli occhi lucidi che puntano dritti nei tuoi adesso. Adesso che mi guardi e un po' di me muore comunque. Non so se puoi sentire subito che cosa sono diventato, se mi intercetti e ti rendi conto che il mio odore non è così umano come lo ricordavi. Sono cresciuto, dici?
    Lascio che la tua sia una carezza a cui non mi sottrarrei mai. Tanto che mi allarga un sorriso storto, colpevole di aver fatto passare anche io tutti quegli anni.

    "Tu mi sembri sempre una ragazzina" che io mi sento a volte vecchio cent'anni, altre uno stupido adolescente. Ma questo a causa di Ben, che tu non conosci ancora. Non lo so se approveresti o a se a breve ci scontreremo mille volte su questo. Ma cazzo qualunque cosa pur di sentirti di nuovo.
    Tanto che non mi importa se sei coi piedi a terra, ti rialzo io che ho bisogno di un abbraccio un più, uno che profumi egoisticamente anche di Joseph. Ovunque sia ora.

    "Cazzo se mi sei mancata" te lo soffoco in una risata che rende gli occhi ancora più lucidi, come se fosse il mio modo di chiederti scusa se puzzo così tanto, se sono diverso, se per non morire mi sono fatto una nuova pelle, se sono un mostro che intimamente adesso è quasi felice.

    "Come mi hai trovato?" lo soffio che non è un'accusa, è quasi stupore, forse perché stupidamente credevo di essermi nascosto abbastanza bene. Arroccato nella convinzione che non cercarti e non cercare nessuno di voi, avrebbe tenuto tutti in salvo. Per questo sul volto c'è sempre una colpevolezza. Ma io sono dannatamente felice di vederti.
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    Mi lascio andare perché sostanzialmente non me ne frega un cazzo. Non di tener su barriere inutili, non di mostrarmi per ciò che non sono. Nessuno è qui a richiedermi cortesemente di fare il contrario. Nessuno avrà mai da ridire del modo in cui ti voglio bene e anche se così fosse, beh, questo non diviene più affar mio. Io sono questo e credo di esserlo stata sin dal principio. Non conosci una Charlie che sa starsene sulle sue, perché in effetti quel tipo di persona non lo sono mai stata. Tu hai sempre visto il meglio di me, Horace, perché per un certo verso, anche se se indirettamente, io sapevo come guardare il tuo. E tu per me sei stato il meglio, davvero una delle poche cose capace di tenermi ancorata laggiù. E ne abbiamo passati di anni insieme, così tanto che questo abbraccio non vorrei proprio scioglierlo e se tu hai voglia di rinvigorirlo, beh, chi sono io per darti contro. Stringimi che ti stringo, come sempre, come ogni volta che ne abbiamo avuto bisogno, anche quella stupida sera di troppi anni fa.

    "Dimmi quanto, altrimenti non ci credo."
    Rido anche io, perché è il giorno migliore della mia vita questo. Perché sì, idealizzarti qui è diverso che trovarti davvero, sentirti davvero, percepirti in ogni tua cazzo di forma. Non sai quanto cazzo è diverso. Per questo devo passarmi il polso contro gli occhi, per asciugare quelle lacrime di felicità che a volte sembrano tanto stupide, fuori luogo.

    "C'è gente che parla di te e un altro."
    Ma questo te lo sibilo, perché so che determinate affermazioni non possono trovar pace su questa strada. Non tra la gente che potrebbe vederci e peggio, sentirci per ciò che stiamo dicendo. Il fatto, Horace, è che so del tuo legame con il NHR e per quanto io sia felice di questo, capisci bene come dal gioire al dirti che le tue protezioni sono nulle è un passo. Uno solo.

    "Ma non credevo che la bestia fossi tu."
    E ti guardo negli occhi, perché sai bene come questo, sulla mia lingua non sa essere un'insulto. Sono una bestia a mia volta e questo tu lo sai. E vivo con le bestie adesso. Lavoro con loro e offro il miglior aiuto che posso. Perché il mondo, oggigiorno, è più ingiusto di ieri e io non sono mai stata brava a restarmene con le mani in mano. Forse è stato per colpa di Tess. Forse, seppur io l'abbia lasciata andare, porto ancora troppo di lei con me.

    "Ma dimmi che stai bene. Sai che è più importante questo del resto."
    Lo è sempre stato, persino laggiù.
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    Non so ancora se ci credo, tanto che ti stringo davvero, per tutti questi anni in cui andarmene è stata la scelta migliore. Come se in uno spiraglio io potessi dirmi che no, non è cambiato niente. Che miracolosamente noi siamo di gomma, al punto da poterci prendere di nuovo e tenere qui, come anni fa.
    Perché io la presa non la lascio finché non sono costretto, ed anche quando ti do spazio per scendere dalla giostra delle mie braccia, mi premo un palmo su una guancia, velocemente.
    Ma non te lo nascondo, perché lo sai come siamo noi, fin troppo uguali, mh? E tu hai visto tutto, Charlie, ed è uno sforzo non rivedere quelle fiamme riflesse nei tuoi occhi come lo erano nei miei.
    Un po' vigliacco lo sono stato, magari anche spaventato, ma sui miei passi non tornerei, sai? Non dopo aver conosciuto Ben, che questo cuore deforme lo vuole in qualche modo con sé.
    Dio, davvero adesso mi esce questo sorrido stupido di quando sono felice. Ultimamente anche troppo spesso, ci credi? Mi sei mancata tanto da meritare un'altra stretta, un "Tanto da non aver più giocato" .
    Che poi è vero, non ci sono riuscito nel sotterraneo a Detroit, mi sembra solo un'usanza morta con quella vita che facevo prima.
    E senza di te, beh le cose sono andate a monte in fretta quella settimana, tanto che avevo dato per scontato non avrei più rivisto nessuno di voi.
    Ma ora ho il controllo, per questo il mio muso si rialza piano, e sono serio, concentrato su tutto quello che mi stai dicendo.

    "Chi parla di n-?" ma la domanda, seppur sibilata, arriva tardi. Arriva quando ormai hai già detto anche altro, hai già dichiarato cosa sono. Per questo un po' il viso lo tengo basso, un po' mi guardo i piedi e prendo respiri più profondi, mi scosto solo perché così posso appoggiarmi a quest'auto e non stare fermo impalato in mezzo alla via.

    "Sorpresa...mh?" ma forse non lo sei così tanto, Charlie. In fondo non ero certo famose per le scelte sagge, penso di essere stato il sergente con più richiami disciplinari, ma tutti ben giustificati. In realtà io magari questo non avrei voluto affrontarlo così, anche se non so chiedere scusa con una parola soltanto. "Le cose si sono complicate..."

    "Riesci a sentire bene che cosa sono?" che te lo chiedo per non doverlo dire a voce alta in mezzo al nulla, che qui ci sono occhi ed orecchie ovunque. Tanto che lo so che finiremo al Nido, molto velocemente. Per te non ho rimorsi, di te mi fido senza farmi alcuna domanda. Questo magari a Ben non piacerà, ma forse lo ripagherà di Grace. Già, Ben, cazzo. Che è l'esatto motivo per cui io sto bene ora. Meglio di quando mi hai visto l'ultima volta. Ero.. non lo so, morto dentro. "Cosa sai di me da quella volta?"

    "Io-" da dove inizio, se non dal cercare la tua mano, quasi come se volessi essere accompagnato in una spiegazione che non è facile, ma poi va bene così, presumo. "-sto bene, da qualche tempo, anche con quell'altro di cui parlano." E tu conoscevi Joseph, quindi lo so perché fa così male dirlo a voce alta, che noi dobbiamo parlare del mondo.

    "Dimmi prima come stai tu" te lo chiedo, anche se lo faccio con cautela che so per cosa discutevate di continuo, so che aspettavi Triss per Natale. Spero per lei che abbia mosso il culo dalla sua tenda ed abbia capito quanto non potevate stare una senza l'altra. O che sia ancora viva.
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    Non ho mai l'impressione di sbagliare davvero con te, e non perché sia lì a peccare di egocentrismo, quanto perché sento, dal profondo del mio cuore, che so com'è che ci si prende. Io ci conosco, Horace e me ne convinco anche ora che mi sembra di dover ricominciare da capo. Anche adesso che ancora non ci credo. Che ti guardo, ti tocco, ti respiro e rimango comunque con l'idea che questo non si altro che un bellissimo sogno. Ma un sogno e basta, ecco, quasi come se nel conoscerci fossi convinta di non meritare una gioia tanto grande. E magari così vale anche per te. Ma non perché tu non sia meritevole di niente, quanto perché non siamo mai stati tanto fortunati nella vita noi. Non in certe situazioni, almeno. E se nel passato abbiamo annaspato, mi chiedo come potremmo non farlo anche ora. Magari stringo la presa proprio per questo. Affondo con le dita nella maglia per il medesimo motivo. Perché ho il bisogno quasi viscerale di tenerti ben stretto a me. Di inglobarti quanto basta per convincermi che non andrai via. Che non ci separeremo più. Ma so bene come questo non sia altro che un bisogno tanto giovanile. Mi sento una ragazzina, qui, tra le tue braccia. Anche quando il più piccolo della cucciolata, ora che Joseph non c'è più, sei tu.

    "Non so dirtelo, Horace."
    E cerco il tuo sguardo nella speranza di ricevere da te una risposta alle tue stesse domande. Perché le cose che so, sono venuta a scoprirle tramite giri che mi sembrano infiniti e sempre per quel bisogno che abbiamo di dover mettere i tasselli al loro posto. Pezzo dopo pezzo affinché il puzzle ci risulti completo, perfetto nella sua forma solo se ci si mette dietro dell'impegno.
    Ma conosco i wendigo e so bene come non sia un qualcosa che potrei percepire solo respirando i tuoi stessi respiri.

    "So solo che mi rincuora, in parte, sapere che sei stato tu a scegliere questa condizione."
    Ma gli occhi sono più lucidi di prima e forse perché c'è sempre quella parte di me che non sa bene come giustificarti ma che, nel profondo, cerca comunque il modo di comprendere le motivazioni che ti spingono a muoverti in una determinata direzione. Io non so quanto possa esser stato difficile tutto questo, so solo che lo capisco. Lo capisco a priori. Perché per te, più che per me, non è mai stato facile niente.

    "Io so solo che avremmo potuto non perderci di vista. Ma non te lo dico per farti sentire in colpa, lo dico perché... perché beh, sto bene, ma forse non lo sono stata sempre. E con te sarei stata meglio."
    Allungo una mano, cerco i tuoi capelli con le dita per accarezzarti il cuoio capelluto, per scompigliarteli appena.

    "Sei sempre stato il mio fratellino."
    Come uno dei miei tanti cugini, anche se migliore, perché scelto personalmente.
    Un fratellino così com'era Joseph.

    "Tu hai trovato famiglia?"
    E mi riferisco al tipo con il quale dicono di vederti girare.

    "Anche lui è come te, vero?"
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    Mi basta che tu voglia stare ancora un po' in questa stretta, che non stia scappando come se la persona che hai davanti, poi non la riconoscessi più. E' questa la mia paura più grande, credo sia il motivo per cui ho scelto di chiudere con un portone di amianto tutti voi, anche te, Charlie. Che sei rimasta lì dietro per una scelta che ho fatto, per un taglio netto che dovevo dare.
    Non mi vergogno di essere un mostro, leggilo nei miei occhi, quando torno a guardarti tra una stretta e l'altra. Vorrei dirti che ora che mi hai ritrovato non ho alcuna intenzione di andare via, ma capisco anche perché stringi.
    Perché sono già scomparso, cosa ti dice che non lo farò di nuovo. Mi spezza un po' il cuore, ma è giusto così, è giusto che tu senta la mia stretta altrettanto solida, come queste carezze che passano tra spalle e fianchi, tra respiri mezzi trattenuti e mezzi rilasciati. Dovrei chiederti scusa per non essermi neanche fatto sentire, ma la sola cosa che riesco a fare, è abbassare un po' lo sguardo. Come quando sapevi che toccavi i punti giusti, ed io non ti ho mai nascosto niente di quello che mi passava per la testa.
    Non sono nato per nascondermi, anche se ho scelto una via che non mi fa sempre camminare alla luce del sole. Per questo il respiro te lo lascio correre trai capelli, dove spingo un bacio veloce. Un modo mio e basta.

    "Si, si l'ho scelto io, nessuna costrizione" piano, cauto, deglutendo solo per lasciarti capire quanto non sia stata comunque una scelta facile. Ho lasciato indietro tanto, e tu mi sei mancata tanto. Ora che ti vedo, anche troppo.

    "Ehi, mi dispiace di non esserci stato quando non stavi bene" Te lo dico quasi con il cuore in mano, tanto lo sai che con te non posso parlare diversamente, neanche nel guardarti a fondo negli occhi. "Adesso però sono qui".

    Sono qui Charlie, non posso essere tanto diverso da ciò che sono, anche se al "fratellino" quasi sorriso, malinconico, in una risata che si spende piano, che allarga i polmoni ma poi li restringe subito. Sono queste le mie fusa.
    Non voglio ancora separare un abbraccio, non voglio ancora smettere di notare quanto sei cambiata, sempre con lo sguardo di sa solo affezionarsi al punto da amare con ogni fibra di me. Mi sono mancate anche le rincorse per salirmi sulle spalle, ed ora che un po' lo sguardo trema, capisco cosa è rimasto dentro.

    Lascio che la tua mano mi sfiori, si stringa un po' trai capelli, socchiudo gli occhi come un gatto, come se questo non avessi fatto altro che aspettarlo. Mi sfugge ancora un mezzo sorriso, come istintivo. Che poi ora tutto è istintivo.

    "Mh mh, si è come me. Ci siamo conosciuti nel posto in cui sono diventato questo" Ben, che vorrei conoscessi e non solo lo vedessi a distanza perché qualcuno ti ha detto che giriamo in due. Guardo un secondo il nido, alzo il muso come a respirare il suo profumo anche da qui. Cazzo se è una sbandata molto forte questa, ma sei tu a darle un nome fino in fondo.

    "Famiglia è-..." deglutisco, torno cercarti "- una parola importante, ma credo ci si avvicini tanto" Ben è qualcosa che palpita come Joe, forse anche di più, forse me la godo e basta per una volta in vita mia. Neanche di questo so pentirmi fino in fondo.

    "E la tua famiglia?" E Triss? E' per questo che non stavi bene? Dimmi che almeno lei non è morta, ed è solo troppo presa dalla necessità di aiutare il prossimo. Preferirei sapere che è prosciugata dal lavoro. Ma gli occhi si fanno lucidi.
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    Potremmo continuare a strusciarci come gatti e io sarei contenta così, Horace. Potremmo passar qui l'intera mattinata e io sarei davvero la persona più felice del mondo. Davvero. Ma c'è qualcosa che a forza di parlare non sta facendo altro che ribollire in me. E magari è solo il richiamo del sangue o di tutte quelle aspettative che inconsciamente abbiamo alimentato e che col tempo non abbiamo fatto altro che ingoiare e basta. Non so bene com'è che funziona, ma magari è proprio questa sensazione a rendermi più accorta, più preoccupata, se così vogliamo dire.
    Anche se poi sorrido quando mi parli della tua famiglia. Quando alle mie domande rispondi positivamente ed io mi rendo conto di come sia bella quella positività di cui ti circondi. Mi stai dicendo tante cose e tante di queste sono malinconicamente belle. Terribilmente belle.
    Per questo non mi preoccupo degli occhi lucidi. Per questo comunque non trattengo più di così: non servirebbe a niente. Non ho nulla da dimostrare a te.

    "Ehi, non è qualcosa di cui devi dispiacerti adesso, però."
    E vorrei rassicurarti: perché sì, star con te, in quei momenti, sarebbe stato davvero tanto bello, ma questo non vuol dire che ti odio per non esserci stato. O che comunque io non ne sia uscita totalmente. In un qualche modo, comunque, noi ce la facciamo sempre. Basta questa convinzione, suppongo, a farci sentire forti abbastanza da andare avanti.

    "Allora devi farmelo conoscere."
    Sibilo dolcemente riferendomi al ragazzo che ti accompagna. Perché voglio sapere chi è, voglio dargli un nome senza ritrovarmi ad affidargli semplicemente un'immagine data da altri. Voglio conoscere quella famiglia che adesso, solo perché me lo hai detto, ecco, ho già voglia di difendere con tutta me stessa.

    "La mia sta bene. Mio padre continua a viaggiare, così come mia madre."
    Ma non ti parlo di Triss: non ho nulla da dirti su di lei. Forse c'è una parte di me che non ha alcuna voglia di farti sapere che a natale non ci siamo viste. Non perché ho voglia di tenerti nascosto il mondo. Quanto perché sento di non aver alcuna intenzione di appesantirti con questo. L'amore va è viene, non è come è successo a te e Joseph: Triss è ancora viva. Non so dov'è, ma lei ancora c'è. Ancora esiste su questa terra.

    "Tu però devi proteggere meglio la tua."
    E adesso lo oso con il coraggio di chi sa mantenere il contatto visivo. Perché questi sono periodi particolari e come sono riuscita a trovarti io, insomma, immagino che possano riuscirci anche altri. Anche chi ha intenzioni diverse dalle mie.

    "Hai bisogno di barriere migliori, Ho..."
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    il nido
    Ci sono cose che a Ben non ho detto. Ma lo sai come sono fatto, posso essere un orso ogni tanto, il degno figlio di mio padre. Un po' sulle mie, un po' a rispondere a grugniti, come questi sbuffi che ti lascio addosso mentre ancora ci stringiamo.
    Si, io un po' ho davvero voluto chiudere con la nostra vita di prima, con l'esercito che mi ha rigettato come un figlio illegittimo, come se non mi meritassi un cazzo sempre e comunque.
    Come se non avessi sudato per tenere questo paese al sicuro. Ma il discorso, lo sai, sarebbe troppo lungo.
    Quindi è solo un moto dolce a spingermi trai tuoi capelli di nuovo.

    "Si, certo che lo conoscerai" lo sussurro come se fosse normale, come se in fondo sapessi che adesso che sei qui non ci sarà più motivo di stare lontani. Non quando sei venuta a sapere di me senza che io avessi il coraggio di dirtelo. Di prendere su quella stupida cornetta satellitare e comporre un numero che penso non sia mai cambiato.
    Almeno so non fingere che mi sarei comportato diversamente, neanche in queste carezze, come se in fondo io la presa non la volessi lasciar andare. Neanche un istante.

    Non ti chiedo oltre di Triss, se non mi parli di lei è perché forse non c'è niente da dire. E l'ho visto che al dito non hai nessun anello. Me la ricordo la cosa che mi avevi detto, che forse su quella avevo preso il coraggio di pensare davvero di scappare con Joe. Disertare, non presentarci dopo Natale, al campo. Prendere l'auto vecchia di mio padre, caricare Tamara dietro, e portaci via il mondo purché poi ci potessimo mandare almeno qualche cartolina.
    Ne avevo immaginate di cose che sono andate in fumo con un solo lampo a squarciare il cielo sopra le nostre teste.
    Ma è passato, e siamo andati avanti. Ed ora c'è Ben.

    "Si chiama Benjamin" Te lo dico così, quasi bloccando sul nascere queste raccomandazioni che mi scuriscono il volto. Si chiama Benjamin e non lo sto tenendo al sicuro come dovrei, vero? Ti guardo, mastico piano.

    "Io, con questa cosa non la posso più usare la magia" abbasso il tono perché tu mi senta, solo tu. Perché capisca che lo so, ok? Lo so che non sto facendo il massimo, ma al contempo è il massimo che posso fare. "Qualcuno ci sta cercando?" è forse la cosa che mi preme sapere di più, nel non smettere mai di ricambiare i tuoi occhi.
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