Egon Sholokov

APPROVATA || Viaggiatore Fisico, Clandestino dimensionale, Agente governativo, Mago Corrotto

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +4   -1   -1
     
    .
    Avatar

    now I am a happy song placed on the lips of a woman
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Citizens
    Posts
    2,029
    Reputation
    +2,168
    Location
    Antipodi

    Status
    NEW_POST

    SCUOLE FREQUENTATE
    Scuole pubbliche | 1990/2002
    Brakebills University | 2005/2010
    RAZZE/ABILITA/CARATTERISTICHE
    // | // - //
    PROFESSIONE
    Dipendente Piramide | New York - 2010/2012
    Agente NMSF | New York - 2013/2016
    Agente sul campo (ex Macusa) - sezione fenomeni dimensionali | New York - 2016/ora

    CORPORAZIONE
    // | // - //
    FEDINA PENALE
    Clandestinità dimensionale | SI | NO - 2022 - Magico
    IMMIGRAZIONE
    Americana | 1984 | Legale


    l3ah6Lb
    Si è sempre fatto chiamare Egon, solamente Egon, nonostante sia solamente il suo secondo nome: negli atti ufficiali, o quando ancora lavorava alla scrivania, il suo nome intero riportato era quello di Thomas Egon Sholokov. In realtà alla nascita è stato battezzato con l'ulteriore nome di Jethro, anche se solo in forma religiosa: questo non compare infatti in nessun documento. Il cognome è quello di suo padre, di origine slava. È nato il 3 novembre del 1984 a Laredo, Texas. Nonostante da sua madre abbia ereditato le capacità magiche non ha avuto un'educazione adeguata fino alla maggiore età, quando ha lasciato il Texas ed è arrivato a New York. Fino ad allora ha ricevuto una semplice istruzione da no-mag. A New York, dopo gli studi brillanti svolti in tempi record, è stato assunto dalla Piramide e poi dal NMSF, poco prima del grande evento dimensionale che ha portato alla chiusura degli organi del MACUSA. Egon infatti è nato e ha preso parte agli eventi da qui descritti che si sono verificati in una linea temporale parallela a questa (New York 6) nata nel 2015 dalla formazione di un wormhole spontaneo che ha scatenato un vero e proprio sciame di eventi di questo tipo, culminati nel super-wormhole del 7 luglio 2016 che ha inghiottito e fatto sparire tutta la zona di Brooklyn. A causa della portata di tale evento la comunità magica non è stata più in grado di nascondere la sua esistenza di fronte ai no-mag, per cui è completamente decaduto lo statuto di segretezza che separava la due comunità. Conseguentemente, per gradi, sono stati chiusi la maggior parte degli uffici del MACUSA, che ha subito una completa ristrutturazione lasciando spazio alla creazione di nuove istituzioni e organi intenti soprattutto a studiare e affrontare l'emergenza wormhole, che affligge ancora gravemente questa linea temporale.
    Da allora il lavoro di Egon è stato convertito, nell'ottica di reindirizzare tutte le forze e le attenzioni dei nuovi organi amministrativi verso queste nuove urgenze. Dallo studio e l'analisi dei dati relativi a questi eventi dimensionali, è stato gradualmente integrato nei team di ricerca sul campo. Attualmente quindi Egon è uno degli agenti che studiano e raccolgono dati sui luoghi dove si sono verificati questi eventi. Le forti energie entropiche rilasciate dall'apertura degli wormhole ha costretto poi lui, come gli altri agenti, a corrompere il proprio sangue, proprio per far fronte ai miasmi di Corruzione e sottoponendosi alle misure drastiche scelte dal governo. Da allora il catalizzatore che gli è stato assegnato è quello, tipico dei maghi neri, della pietra di Onice.


    utQmTQW

    Paradox of Praxis (Sometimes making something leads to nothing)


    «Torni a casa per Natale?»
    La domanda lo colse quasi alla sprovvista. Perché era quel tipo di domanda che prende sempre, o molto spesso, una direzione precisa, una che Egon non aveva mai percorso con persone come lei.
    Amarna era sempre stata una donna troppo professionale. Era sicuramente la persona giusta per quel mestiere lì. Si era dovuta dare da fare per affermarsi in un mondo pressoché soltanto maschile, ma affermarsi non è l'espressione giusta: si era fatta il culo già solo per non farsi mettere i piedi in testa da dei bifolchi e, il più delle volte, anche per non farsele allungare le mani sul fondoschiena. Non si potevano fare poi generalizzazioni, no, ma quel mestiere indubbiamente, ad un certo punto non ben identificato, finiva per imbruttirla la gente. La scusa era che non c'era fondamentalmente tempo per badare alle etichette e alle smancerie, il che era vero, ma poi tutto quel lavoro, tutta quella fatica, le settimane interminabili, le ore notturne confuse con quelle diurne, insieme alla tirannica e costante incertezza di non tornare a casa, li fotteva. Ad uno ad uno li fotteva tutti quanti. Infilava qualcosa negli ingranaggi, qualcosa di apparentemente invisibile, piccolissimo, proprio come un granello di sabbia, ma che, ad un certo punto, finiva per denunciare la sua presenza non facendo più incastrare correttamente i meccanismi, incasinando tutta la macchina. Ammetterlo, poi, era la cosa peggiore. Per questo non tutti potevano fare quel lavoro, e Amarna era una di quei pochi che ci riusciva, e che non ci riusciva, beh, almeno lei poteva farlo. Probabilmente perché aveva già qualcosa di suo incastrato da qualche altra parte, per cui s'era fatta più dura; certe cose sapeva gestirle meglio di altre.
    La domanda lo sorprese.
    Tastare il terreno, neanche questa è l'espressione giusta. Stava sperimentando. Stava mettendo alla prova forse la sua stessa umanità, per sentire quanto gliene fosse rimasta, per assicurarsi di essere ancora una donna in carne ed ossa e non soltanto una macchina col destino già stanco?
    «Non lo so. Non credo.»
    In realtà lo sapeva già da sé che non sarebbe tornato, o che non lo avrebbe fatto certamente per festeggiare qualcosa.
    «Non ce l'hai una famiglia? Boh, fratelli?»
    Amarna aveva forse pure una concezione diversa di famiglia, propria della sua stessa etnia e origine. Forse era questo il granello incastrato nel suo ingranaggio, o forse, al contrario, era il suo modo per assicurarsi della presenza ancora intatta della sua umanità. Aggrapparsi a quelle cose che dovrebbero essere certe, almeno per la gente normale: gli affetti, la famiglia. Ma era difficile anche una cosa come quella per gente come loro. Loro stessi erano la testimonianza vivente di qualcosa che, in linea teorica, non si doveva testimoniare.
    «Sì, ho tre fratelli.»
    Due fratelli e una sorella minore, per la precisione. Solo quest'ultima era realmente tale. I suoi fratelli maggiori erano nati quando sua madre era troppo giovane, e così avevano avuto due padri diversi. Poi era nato lui, quando sua madre sembrava aver messo la testa a posto, e alla fine sua sorella. Una sorta di utopia, anche per sua madre, che "la testa a posto" non l'aveva messa alla fine mai per davvero. Ci provava, sembrava crederci, si impegnava così tanto Janine, "Jenny", che riusciva a darla a bere a tutti, davvero tutti quanti. Poi ci ricascava di nuovo, poi la testa la perdeva ancora, e i figli maggiori si ritrovavano a cercarla e recuperarla per strada totalmente stordita dall'alcol o da qualcos'altro. Poi se ne accorgeva, e diventava violenta, rabbiosa, non sapevano mai bene con chi, se con sé stessa o con i figli.
    «Ma non li vedo da parecchio.»
    La sua umanità, per parecchio tempo, era stata sua sorella, fin tanto che esisteva ancora un legame tra loro due, ovvero fin tanto che il venerdì sera lo chiamava da casa per raccontargli come era andata la settimana, a scuola, e chiedergli quando sarebbe tornato. Passati gli anni, cresciuta sua sorella, quando la risposta a quella domanda era diventata sempre più priva di significato, allora era nata la consapevolezza che le cose erano andate a deteriorarsi. Del resto, il sangue non era mai bastato nella loro famiglia, pareva piuttosto quello ad essere il dato veramente insignificante. Anche da quando suo padre era morto, di punto in bianco, e allora Jenny, dopo mesi di taciturno dolore, aveva deciso di fare le valige ed intraprendere la sua prima fuga, dimenticandosi per un po' dei propri figli, del proprio sangue. La sua assenza da casa, il lavoro a New York, i suoi fratelli maggiori non avevano, in tanti anni, mai smesso di rinfacciarglielo. Ma la sua umanità, in fin dei conti, forse era scadente, e valeva la pena perderne un po'.
    Amarna non la pensava così. Era più dura e decisa di tanti altri lì dentro, ma era una che all'umanità, alla gente, proprio non ci voleva rinunciare.
    «Vabbè, io torno a […]. Vuoi venire da me?»
    «No, no.»
    Si accorse dopo pochi istanti di aver già scordato dove quel "torno a" dovesse effettivamente tornare. Non ci aveva prestato attenzione, o forse lo aveva fatto troppo e quindi gli era scivolato, guizzato via dalle mani.
    «Allora buon Natale.»

    Perseverance
    in the Face of Absurdity



    L'avrebbe persa tutta l'umanità.
    Era qualcosa non tutti volevano vedere all'inizio. Ma non c'era qualcosa di fondamentalmente sbagliato in quella cecità, era la naturale resistenza di chi non è in grado di guardare troppo lontano e di farlo con triste ma lungimirante cinismo. E poi perché, prima ancora di questo, era scoppiato il caos e, come al solito, le risoluzioni si prendono sempre quando il fatto è accaduto, quando non si può giocare più la carta della tanto sperata irreversibilità. E alla fine si erano rivelati anche troppo lenti per reagire a quel conto alla rovescia, quando questo era finalmente diventato un evidente orologio sopra le loro teste.
    Dallo wormhole di Brooklyn il lavoro era cambiato, drasticamente, perché il mondo intero era cambiato, e l'unica cosa in cui furono veloci fu quello di ristabilire un nuovo tipo di ordine, con metodi troppo poco democratici - non c'era tempo per quello. Ad un certo punto si deve cedere di pure di fronte all'ovvio.
    Si respirava ormai crudeltà nell'aria.
    Lui non aveva cominciato lavorando come agente sul campo. Il suo era un lavoro da laboratorio, da "scrivania", l'azione era riservata ad altri, almeno fino al giorno del cosiddetto "disastro di Brooklyn" o anche "abisso di Brooklyn", come piaceva chiamarlo ai giornali nelle primissime pagine dopo l'accaduto, nome che poi gli era rimasto affibbiato, quasi fosse diventata la denominazione di una nuova specie a parte, dicitura scientifica per quell'intera zona rasa al suolo.
    Stando a sua madre lui non avrebbe dovuto neanche studiare, e lì il merito - va riconosciuto - non andò ad altri se non ai suoi fratelli maggiori, già forse soltanto per il silenzioso disprezzo che provavano per "Jenny". Fortuna volle che era ancora giovane quando aveva iniziato quel lavoro a Manhattan, quindi fu facile adattarsi ad un nuovo tipo di mansione, ad un nuovo tipo di approccio, di mondo, di lavoro stesso. No, 'facile' non è la parola esatta. Forse è 'elastico'.
    E alla fine aprirono gli occhi, ma non quanto avrebbero dovuto. Sì, quello era il segno. Quel lavoro non era per tutti. Stavolta non erano chieste ore ininterrotte di lavoro, era richiesto qualcosa di irreversibile, ma necessario.
    "Non possiamo assicurare la vostra incolumità all'interno del miasma in condizioni normali".
    Tendevano a dimenticarsi che una volta, nemmeno troppo tempo prima, quegli uomini e quelle donne erano dei semplici tecnici, studiosi di fenomeni, non armi o strumenti di ricognizione sempre pronti per assecondare i tempi del miasma di Corruzione che pulsava nella zona de "l'abisso". Lo vedevano, vedevano il problema, la loro cecità si stava dissipando, ma lentamente, troppo lentamente. Negavano che il miasma si potesse allargare; eppure erano loro una volta gli "scienziati".
    Diversi mollarono, quelli che forse avevano più da perdere in questa storia. Anche Amarna avrebbe dovuto mollare, ma non sentì ragioni e aderì lo stesso. Forse era quello il granello del suo ingranaggio, forse stava proprio lì.

    The Banality
    of the Banality of Evil



    La prima notte fu una tragedia. Nel suo appartamento del Bronx, un piattissimo monolocale decisamente poco vissuto, Amarna pianse tutto il tempo. La trovò che già stava piangendo. Non l'aveva mai vista così, ma non fu né strano, né improbabile. Lo faceva con una naturalezza tutta sua. Piangeva mentre chiudeva le porte, quando si versava dell'acqua, quando decideva finalmente di mettere su un caffè, e giù lacrime che continuavano a solcarle e scavarle il viso. Probabilmente c'era qualcosa nella sua storia che, di fronte a questa scelta già presa in partenza, la rattristava profondamente. Ma non ne parlava, non ne fece assolutamente parola, nemmeno quella notte che erano lì da soli e un po' potevano permettersela la sincerità.
    C'era un punto, oltre l'abbrutimento, dove bisognava cedere, e probabilmente lei lo stava facendo nel migliore e più inoffensivo dei modi. Aveva una maniera, quasi spontanea e incontrollata, Amarna, di controllare ad esprimere le emozioni sempre al momento giusto e meno rischioso. Una cintura di sicurezza perfettamente collaudata. Non stava cedendo, stava solo utilizzando una valvola di sfogo, al momento giusto, nella posizione perfetta sulla sua mappa strategica, negli spazi vuoti tra tutti quei meccanismi. Amarna rimaneva una macchina perfettamente funzionante.
    Non sembrò una cosa così moralmente terribile, come lo poteva essere anni fa, corrompersi. Ormai era legittimato da quella necessità; sembrava che, autorizzati ufficialmente per questa procedura, sarebbero stati protetti anche dal peso etico di una scelta tanto radicale e pericolosa. Solo chi aveva gli occhi aperti e guardava lontano sapeva però che non sarebbe durato, che non si cambia di punto in bianco un'opinione consolidata, accettata, legittimata, appunto. Sarebbero sempre rimasti corrotti, per necessità, o tutti quelli che fino a quel momento erano stati perseguitati presto o tardi si sarebbero fatti sentire nel modo peggiore e più rumoroso possibile.
    Non lo dico ai miei fratelli. Meglio non dirlo proprio a nessuno, meglio non spiegare niente, meglio rimanere soli con sé stessi e questo fardello, e questo inesistente nuovo modo di respirare l'aria, inventarselo per provare a sentire una differenza reale.
    Amarna piangeva, lei non aveva in fondo lo stesso tipo di cinismo. Lasciava che la lacrime le bagnassero completamente il viso e il collo ma non parlava, non cedeva. Gli chiese solamente di restare per quella notte.

    A Story of Deception



    Era notte, l'ennesima. Lavoravano quasi sempre di notte. Prendere e partire, e farlo velocemente, il più velocemente possibile. Perché le previsioni sono sempre fragilissime, e soprattutto non sono a lungo termine. È questione di manciate di minuti, non è mai stato possibile prevedere l'attività degli wormhole con comodo anticipo. Noi siamo studiosi. Noi non dovremmo essere qui! Noi siamo dottori! Non siamo agenti addestrati! Non siamo i vostri automi. Era arrivato anche quel momento, quello in cui diversi cominciavano a cedere, e quei diversi erano da lodare, in realtà. Era gente che ancora ce l'aveva una umanità, quell'umanità, e allora gridava, piangeva, i ribellava anche se non aveva la forza per opporsi. Cercava di mollare tutto, di riprendersi quello che erano stati, perché se lo ricordavano cosa erano stati, perché la rivolevano indietro la loro identità. Non si trattava di un semplice mestiere, di essere semplicemente "uomini di scienze" e non agenti armati o mercenari. Erano da lodare, proprio perché ricordavano. Mentre uomini come Egon l'avevano dimenticato. O meglio no, non lo avevano dimenticato, ma non sapevano come tornare indietro, non sarebbe stato fattibile, non erano più gli stessi.
    Era notte. I miasmi ce li avevano dentro il sangue. Non la fermavi una cosa del genere. Tutto quello che facevano, alla fine, era cercare di capirla, ma non di fermarla. Era questo, infine, ciò che li abbrutiva veramente.
    Non si poteva tornare indietro, Egon non ne sarebbe stato capace. Non sarebbe riuscito a tornare su una scrivania di Manhattan, come non sarebbe riuscito a tornare a casa sua, da Jenny. Dopo quella notte il suo posto sarebbe stato sempre lì, dietro a quella barriera, eretta troppo velocemente, troppo perché uscissero tutti quanti prima che si aprisse la voragine.
    La guardò oltre la barriera.
    E Amarna gli sorrise, perché aveva fatto tardi, aveva corso troppo avanti e non aveva fatto in tempo a correre di nuovo indietro. Gli sorrise, con quel sorriso sghembo e gli occhi neri, bellissimi, lontani sotto le palpebre, mentre le si riempivano e poi si gonfiavano di lacrime.
    Si stava facendo una violenza immane per sorridere e rimanere lì a quel modo. Come se si fosse addestrata anche per quella, per aspettare e farsene una ragione.
    Lo colse come un'onda improvvisa, un moto che gli partì dalle viscere per via della rabbia, della delusione, della paura. Vide quell'espressione e la odiò, per un istante solo la odiò, e ringraziò che non fosse esattamente l'ultimo. Perché si avventò su di lui di nuovo il panico e la volontà impedita di tirarla fuori da lì. Pochi istanti dopo Amarna non c'era più, insieme a tutto il resto.

    Sometimes doing something poetic can become political
    and sometimes doing something political can become poetic



    - Sono questi i dati recuperati?
    - Sì.
    - Solo questi?
    - Si.
    - Sono pochi.
    - Parte delle attrezzature le aveva la squadra 2.
    - C'era il modo di recuperare le attrezzature?
    - No.
    - Ne è sicuro?
    - Sì.
    - L'orario in cui avete perso i contatti?
    - 3.47 a.m., quando si è aperto lo wormhole.
    - Non coincide con l'orario dei vostri strumenti.
    - Gli strumenti hanno smesso di registrare circa 4 minuti prima.
    - Che è successo in quei 4 minuti?
    - Sono stati fatti evacuare gli agenti più vicini, poi è stata tirata su la barriera di contenimento.
    - E gli altri agenti?
    - Sono rimasti dentro.
    - Non c'era modo di collegare le-
    - Le strumentazioni hanno smesso di funzionare 4 minuti prima.
    - Ho capito.
    - Questo wormhole non faceva parte della scia dello sciame. Questo era un evento a sé. Confronti le ultime schede.
    - Le ho confrontate.
    - Di questo passo coinvolgerà altre zone più ampie della città.
    - No ehi, lei non può fare queste affermazioni.
    - Sono morti 13 agenti.
    - Kahlid Atum,
    Joanne Cohen,
    Amarna Cole,
    Vincent Deller,
    Olivia May Donnelly,
    Riley Hartman,
    Jeremy Kane,
    Roman Norton,
    Eric Reeves,
    Susan Russo,
    Emanuel Santiago Villanueva,
    Hector Walker,
    Silas Rodgers, caposquadra.
    Conferma?
    - Sì.
    - Bene.




    UrKUo9Q
    Thomas Sholokov è sempre stato un bambino silenzioso. Egon è rimasto tale: fondamentalmente silenzioso. Fondamentalmente perché c'è pure sempre stato sempre poco da dire, poco interpellato in generale sin da quando era ragazzino e viveva con sua madre, e i suoi fratelli cominciavano a diventare insofferenti, il momento prima di esplodere ed andarsene a riecheggiare lontano. Tossico. Un ambiente tossico quello della sua famiglia, in Texas: il giudizio usciva sempre troppo facilmente, troppo facilmente si diventava il capro espiatorio delle sofferenze personali degli altri. Era trovarsi fondamentalmente in mezzo a gente egoista, talmente sofferente da essere diventata profondamente egoista, sì. Gente che non ce la fa a sentirsi delusa, e che, nel dubbio, visto il rischio, mette le mani avanti cercando già da sè la delusione, anche dove non è necessariamente stata suscitata. E allora Egon ha imparato a stare zitto, anche se pure quello non stava bene. Con New York e l'accademia le cose erano migliorate. Sentendo di non dover rendere conto più a nessuno se non a sè stesso le cose erano migliorate. Non tanto, leggermente: il giudizio più feroce e cattivo era sempre rimasto il suo. E non poteva essere diversamente, per anni aveva ingollato quella stessa forma di veleno. Ma sapere di essere rimasto l'unico con cui dover fare i conti lo faceva sentire anche più libero, in un certo senso, un cappio in meno. Allo stesso tempo, tuttavia, la competizione, l'inadeguatezza, il perfezionismo, tutto consequenziale l'uno all'altro. Tappare i buchi della sua infanzia per dimostrare di essere all'altezza di qualsiasi cosa era faticoso, estenuante, ma pur sempre un vizio di cui non ci si può davvero liberare, neanche con le migliori intenzioni, che comunque Egon non ha mai avuto nemmeno allora.
    Già all'epoca il serio ipertiroidismo, dal quale continua ad essere affetto, lo portava ad avere brusche perdite di peso, passando da una fisicità più consona alla sua altezza e stazza, nella media, ad avere un aspetto decisamente più emaciato e sofferto. L'alimentazione non lo ha mai aiutato, è sempre stato un incostante, schifato, quasi in generale, dall'idea del mangiare. Questo rifiuto con gli anni non ha fatto altro che peggiorare, soprattutto grazie al "pretesto" di non avere tempo né testa per poter seriamente pensare di mettersi a un tavolo con calma e ingoiare qualcosa di veramente decente. Anche quello è scaduto nella generale trascuratezza che, dopo gli eventi, ha cominciato a contagiare molti altri aspetti della sua vita.
    Dopo gli eventi di Brooklyn tutto ha preso una piega diversa, decisamente peggiore. La seria dedizione al lavoro che aveva sempre dimostrato è diventata il pretesto per spremerlo, lui insieme agli altri, fino al nocciolo. E la dedizione si è trasformata in una sorta di mania e allo stesso tempo di passività di fronte agli eventi. La lotta costante e giornaliera contro il nichilismo. La privazione del sonno poi ha finito per renderlo definitivamente insonne e inquieto, tendenzialmente ansioso. Ci sono giorni in cui dimostra molti anni in più, altri in cui qualche ora di sonno in più gli restituisce l'apparenza fisica della sua età. Giorni in cui gli occhi di ghiaccio ancora sono lucidi e altri in cui sono semplicemente grigi, spiccano sulle rughe precoci, sulla barba incolta e sui capelli mal tagliati. La bocca tirata più del solito in una linea sottile e i tratti scavati e anneriti.
    Egon è rimasto un silenzioso e un solitario, cavaliere nella sua personalissima e segreta battaglia interiore, trainato dal dovere e dalle manie per non ascoltare gli echi del vuoto e il risucchio della città che la notte, negli incubi, lo tormenta spesso.







    Edited by .happysong. - 21/8/2023, 23:28
     
    Top
    .
  2.     -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,604
    Reputation
    +8,968
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    Hai finito!
    Benvenuto a Brakebills!
    Ora sei ufficialmente un membro del Brakebills GDR! La prima cosa che devi fare è comunicare che la tua scheda è stata accettata e che quindi il prestavolto non è più prenotato ma IN USO, qui. Se è il tuo primo pg, ricordati di aggiungerlo nel censimento così verrai spostato nel gruppo Citizen.
    Poi controlla nella tabella se ci sono eventi in corso, potrai subito partecipare, oppure cerca qualcuno con cui ruolare in questa sezione (nei vari Cerca role e Trova il pezzo mancante), aprendo un cercasi.
    Puoi anche entrare nel gruppo Telegram, se ti va, a questo link.
    Ricordati di inserire un banner del GDR in firma o un link!

    tumblr_o5rlgkF0BK1re9xbpo1_500

     
    Top
    .
1 replies since 10/6/2023, 22:44   266 views
  Share  
.
Top