The intruder in the plaid shirt

Cordelia/Morgan | Q.G. Setta Vampiresca, 2018

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    New York fa schifo.
    E non è soltanto perché ci vive mio fratello in quell’altrettanto fottuta università, non è soltanto perché ogni volta che ci metto piede mi assicuro di non avvicinarmici neanche, alla sua università.
    No, non è per questo.
    È per il traffico.
    Odioso, noioso traffico. Un metro ogni mezz’ora, stronzi, come pensano che si possa sopravvivere così?
    Lo faccio per Theresa.
    Me lo ripeto, intensamente, in modo che penetri tra le sinapsi e mi conceda di non maledire ogni secondo del mio tempo passato qui. Lo faccio per Theresa che ha per le mani la svolta della sua vita. Lo so, che è importante per lei, e allora è importante anche per me.
    E poi, il parcheggio. Cristo quanto è difficile trovare parcheggio.
    Mi piange il cuore a dover incastrare la mia bambina tra un’utilitaria e una cazzo di Hyundai.
    Chiudo il sportello, dolcemente accompagnato, e faccio un sospiro. Uno di quelli che prendono aria dal naso e poi si trasformano in un respiro di concentrazione perché non al parcheggio che devo pensare ora. Né al traffico. No. È a non farmi vedere mentre raggiungo ed entro nella villetta di cui mi hanno parlato, una soffiata fortuita, ho detto a Theresa che me ne sarei occupato io e così farò. Solo una breve ricognizione.
    Entro nell’isolato, dopo aver parcheggiato a tre di distanza, e per fortuna sono tutti distratti dall’esplosione di una serie di allarmi. Cose che succedono. Ragazzini che fanno stronzate, era un gioco divertente anche a Bangor, farli suonare tutti insieme. Ho smesso di farlo quando ho capito che la voce arrivava a mio padre e dopo… beh, non era mai piacevole.
    Passo dai giardini, la porta sul retro è sempre una scelta migliore, anche perché il machete appeso alla cinta si noterebbe più facilmente di me.
    Che poi la gente normale non sappia a cosa mi serve, è un dettaglio. Ma del resto neanche molti altri Cacciatori lo saprebbero. È ciò che distingue quelli come me, da quelli che usano paletti di legno. Quando sono le teste a rotolare, è il marchio dell’efficenza.
    Scassino ed entro. E il silenzio tombale è la conferma che sono nella casa giusta: loro dormono.
    Una casa che è una scelta ovvia per dei vampiri, una casa come quelle da cui rubavo nel Maine. Una casa di ricchi del cazzo. Privilegiati che si masturbano con i soldi. Facile così, con grana accumulata in secoli.
    Mi guardo rapidamente intorno. Spero di trovare qualche appunto, magari una lettera, stronzate da 1800 come piace a loro. Qualcosa che possa darci una pista concreta. Una stanza per volta, un’area per volta, e le scale, una porta per volta e…
    Una sfera di fuoco che si lancia verso di me.
    Alzo una barriera al volo per farla andare a sbattere contro una parete invisibile e consumare lì la sua corsa. «Cristo» sbotto d’impulso, un mugugno più che una vera parola, ma senza pensare subito, senza collegare subito che i vampiri non possono usare la magia e di sicuro non è il fuoco che manipolano.
    La rossa di fronte a me è sveglia, a conferma del fatto che probabilmente non è una minaccia, ma una persona da portare subito fuori di qui.
    Alzo le braccia in segno di resa. Il tono di voce che si rilassa, basso, accompagna il gesto con un mezzo sorriso ma un volto di serietà. Accogliente, rassicurante. Sincero, perché è quello che sono. «Non ti voglio fare del male.»

    Morgan
    Crain.
    hunter.

     
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