Bleed through spaces

Horace & Ondine | Sottosuolo, metro abbandonata, Bronx - 21 Marzo '23

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    Hai fame, Horace?
    Si

    Lo so, lo sento nel fiato caldo che ti riempie le narici. So che il sangue di quella mendicante non ti è bastato, non ti basta spezzargli le ossa, non ti basta niente nelle nuove notti di caccia senza Lucian, qui nel fottuto Bronx.
    La tua fame è vendetta, è quel ringhio con cui hai fatto capire a Ben che ne volevi ancora, che non ti basta, che ti saresti preso almeno un'altra vita prima di considerarti vagamente soddisfatto.
    Non sei gentile, quando sei così spinto a diventare l'alpha. Non sei dolce, quando pretendi che nessuno abbia mai niente da ridire con i tuoi modi. Ben deve stare nel suo, deve capire che se tu hai questi bisogno, se il tuo mostro esige un pegno più alto, beh, cazzo se lo accontenterai.
    Lo fai, Horace. Lo senti come ad alzare il muso verso quella luna assenze. Lei c'è, ma non vuole mai danzate con voi, con lo spirito pesante che trascinate tra uno scricchiolio di ossa e l'altro. Hai chiesto a Ben solo questo. E se ti aspetta o no alla fine della metro abbandonata, importa poco ora.

    Ho fame, adesso.

    Ringhi senza emettere fiato, ma solo il sinistro alzarsi della tua figura nera come la pece. Tu spegni la luce al tuo passaggio, tanto abituato a vivere queste notti senza essere visto.
    Quest'uomo, quello che ti si dimena dolcemente sotto gli artigli possenti dei piedi, è l'effetto collaterale della tua rabbia. Oh, Horace, sei una figura inquietante. Le corna che spuntano dal cranio come impiantate, come se ti forassero la scatola cranica ogni volta che escono. Nel sottosuolo ci sei solo tu, che apri le fauci ed affondi con i denti nella carne molle. Le sostanze di cui è pieno questo corpo non ti interessano, hai bisogno di mordere, di andare più a fondo ancora nella carne. Hai fame, Horace, e appena il suo sangue fluisce in gola, tu ringhi, fai tremare il sottosuolo.
    Nessun rumore, solo il tuo masticargli i tendini.
    Nessuna luce, solo qualche vecchia lampada arrugginita, che proietta la tua ombra all'ingresso.
    Nessun altro, oltre te e questo tipo che muore tra i tuoi artigli, in un abbraccio che hai spinto nelle sue ossa, fino a graffiarle con i denti, fino ad inciderci il tuo nome.
    Questo è il tuo territorio adesso, e non sei così malleabile a riguardo. Tuo e di Ben, si, ma ora è tuo e basta. E la tua cena vuoi consumarla indisturbato; ma tanto, chi si avvicinerebbe ad un wendigo in luna nuova?
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    Los Angeles era stata talmente bella da essere sembrato semplicemente un sogno, non potevo credere che nella mi vita ci potessero essere così tante cose belle come una famiglia.
    Invece, et voilà: a trent'anni mi ritrovavo ancora per le strade in cerca della dose migliore, riducendo il mio sangue in cristalli lucenti dentro le piccole vene ostruite da, mi piace chiamarli diamanti più che "sostane stupefacenti"
    Comunque per tutti quelli che credono Los Angeles come la città dei vizi e dei tossici si sbagliano di grosso. Dove trovi davvero è New York, lì ogni angolo è costellato da qualsiasi tipo di droga. LA è più un paese per santoni e gente che si vuole rimettere in sesto ed è in fissa con la salute mentale e benessere fisico, lo so perché anche io per un breve periodo ero diventata così. Finché Anthony non mi ha lasciata, ci siamo arresi. Ma forse è stato meglio così.
    Dopo tutto nessuno ama veramente le storie con un lieto fine.
    A proposito di lieto fine, dove cacchio mi ero cacciata? Ho sempre avuto la capacità di perdermi in un bicchiere d'acqua. Mi avevano dato appuntamento in una metro sotterranea abbandonata per avere sia meth che ero... Ma lì io non vedevo proprio un cazzo di nessuno. Ero finita nel bel mezzo del Bronx.

    "Oh mondieu."

    Balbettai. L'unica cosa che riuscivo a sentire era l'odore del sangue, quello che percepivo era un ringhio baso e continuo. Non lo so perché, ma io continuavo a camminare, volevo spere anche se probabilmente mi sarei pisciata addosso da un momento all'altro. Se fosse stato un orso? Ci sono orsi a New York? In realtà... Ci sono degli animali che non siano ratti, liberi a New York?
    Questa situazione mi stava decisamente agitando.
    Io mi accontentavo anche solo di un po' di ganja... Strinsi gli occhi, non riuscivo a capire che cosa fosse. Era così buio, c'era solo qualche spiraglio di flebile luce provenire forse da qualche lampione superiore. Il primo pensiero fu un demone, ma dubito che un demone avrebbe scelto un povero spaccino per prendersi un'anima...
    Ah certo! Probabilmente avevo preso una pastiglietta prima!
    Così continuai ad avvicinarmi piano piano... Sembrava così reale, non me lo scorderò mai. Quella puzza mi faceva stringere le pareti nasali, ma quella sensazione di paura mi faceva stringere ogni muscolo.... Qualsiasi muscolo.

    "Oh mondieu... J-Jeff?" Balbettai di nuovo cercando di capire se magari facendo qualcosa di stupido mi sarei svegliata. Eppure quell'incubo sembrava non finire quando mi ritrovai distesa per terra perché in quel dannato buio avevo saltato giusto qualche gradino. Pregai davvero tanto che la pastiglia finisse il suo effetto il prima possibile.

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    Non sei quella bestia che uccide solo per uccidere. Che spezza ossa tanto per il gusto di poterlo fare. Anche se sei invincibile, Horace. Sei la natura che distrugge l'uomo, ed il masticare dei tuoi denti è il morso più potente.
    Eppure, così temuto che ti potrebbero giustiziare a vista.
    Eppure, quando non sei in luna nuova, tu sei cauto, gentile, quasi dolce. Tu proteggi chi ami e proteggi chi se lo merita, quasi a discapito di te stesso.
    Tutto ciò che ora non sei, perché la ragazza la senti arrivare. L'hai sentita prima che entrasse nel tunnel. Ma tanta è la concentrazione sul corpo di "Jeff" ancora caldo, che gli artigli si concentrano solo lì.
    Questo perché pensi che non avrà coraggio di farsi avanti, che non vorrà entrare fino a quel piccolo fascio di luce che brilla lenta, solo per vedere in faccia un incubo che prende vita. Tu sei orribile.

    Ma lei è vicina, pericolosamente vicina.

    E tu alzi il muso. Che combattere l'istinto a stomaco pieno è un filino più facile, ma non è detto che tu ci riesca.
    Le ossa del cranio sono ora in vista, come il fetore di morte che riempie la metro. Il problema, Horace, è che chi ti vede deve morire. E' questo che vi siete detti con Ben, di fare le cose nel modo giusto, sempre senza rischiare che qualcuno possa dire ciò che ha visto in quel posto, rovinandovi il terreno di caccia.
    Nessuno di voi sopravvivrebbe ad un plotone del M.A.C.U.S.A. Per quanto tu ti senta invincibile, non lo sei se il tuo territorio è a rischio.
    Allora raddrizzi la schiena. Con un tonfo si perdono i resti di Jeff. Ringhi un avviso basso, lugubre. Non oseresti ululare come faceva Lucian, stridere con il richiamo che mette a tacere tutte le altre creature.
    Tu sbuffi, ti chini a quattro zampe, tutte a lasciare tracce di sangue al passaggio. Che a questa ragazza ti avvicini, lo fai mettendo bene in mostra i denti.
    Un altro ringhio di avviso. La tua è una cadenza lenta, un avvicinarsi che le darebbe il tempo di scappare, se ne avesse la forza.
    Ma forse tutto questo lo fai perché detesti le vittime immobili, tu vuoi che corrano.
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    Era assurdo quello che stavo vivendo. Non aveva alcun tipo di senso. Se fosse stato vero Twilight era una storia reale?
    Tutto quello che mi passava per la testa era la voce di mia madre che mi ripeteva: "Ondine, i curiosi finiscono all'inferno!" Aveva ragione? Era il diavolo quello? Io però me lo immaginavo diverso, me lo immaginavo seducente, con un bastone con la testa di serpente dove poi estraeva una bellissima lama luccicante. Non me lo immaginavo così... mostruoso.

    Ero distesa a terra, sarà stato alto quattro metri, o forse meno o forse addirittura di più. Non avevo le forze di stropicciarmi gli occhi per svegliarmi. L'unica cosa che mi aiutava con le allucinazioni era mio cugino che mi tirava degli schiaffi oppure una gettata d'acqua gelida se ero verso la fine del trip.
    Ma quello sembrava così vivido, reale... Non saprei trovare parole diverse.
    Era l'angelo della Morte. Io la conoscevo la Morte, ma no che scema, era il suo angelo. In Russia si dice che la Signora ha i suoi scagnozzi, i più buoni per le anime pie e invece gli affamati per i peccatori. Non ci avevo mai dato peso a quelle leggende.
    Cosa potevo fare? Jeff ormai non aveva più un osso integro, uno sguardo fulmineo quando il suo corpo cadde esanime fu l'unico movimento che riuscii a fare.

    "Ti prego, non ora. Volevo solo delle spidball. Mi dispiace non aver creduto in te, posso migliorare! Ho ancora tanto da vedere e da conoscere. Devo chiedere perdono a mia madre. Non puoi uccidermi ora! Il senso di colpa non lo ascolti? Ti prego mi disintossicherò di nuovo!"

    Quel ringhio profondo costante sembrava essersi fermato o forse mi ci ero solo abituata. Voleva la verità? O forse era solo il mio subconscio che mi voleva dare una lezione?

    "Ok! E' vero, volevo dell'eroina e un po' di meth, ma.. ma... non la prenderò! Anche perché l'avrai mangiata tu..."

    Le lacrime continuavano a correre lungo il viso, il collo, era la pioggia più calda che fosse mai uscita dai miei occhi. Oh no, forse era bava... Quell'essere aveva occhi lucenti, neri come la pece. Per quanto avesse appena fatto a brandelli l'unico spacciatore buono della zona non sembrava essere l'angelo cattivo. Ma dopotutto i cattivi, forse, siamo noi, piccoli agglomerati di carne capaci di distruggere qualsiasi cosa ci capiti sotto tiro, come l'intero universo.

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    Edited by Ondine - 21/7/2023, 17:47
     
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    Per alcuni sei davvero la Morte. Quella impietosa, inesorabile. Quella che arriva e i denti li affonda nella carne, raschia le ossa e poi le spezza.
    I tuoi però sono rumori pressanti, non sei una creatura silenziosa, o intoccabile, il pelo irto lungo la pelle nera come il carbone, si sposta con il suo fiato. Più lei respira, più l'aria satura lo spazio che ti stai guadagnando.
    Sei un predatore, e non sei la morte. In cuor tuo, quell'Horace che si era arruolato per proteggere gli americani, sta tirando le redini tantissimo.
    Lui ci prova a prendere il sopravvento, a dirti di ascoltare le parole deliranti che ti vengono rivolte. Ma tu no, niente.
    Tu hai fame ancora, non sei sazio fino in fondo: tu sai che dalla tua sicurezza di pende quella del tuo compagno, del nido, di Benjamin.
    E questo è istinto, non certo ragione.

    Ma più ti implora, più rallenti i passi. Non certo per fermarti, questo no. Le vai vicino, la annusi tenendo le fauci ben aperte. L'ossatura minuta è di quelle che non provi gusto a spezzare, potrebbe rompersi solo inciampando per una seconda volta.
    Non sai ridere, Wendigo, sia solo emettere quel ghigno che incastra i ringhi, ti fai beffa delle sue lacrime, ma non le tocchi. La sormonti a carponi, sollevi il braccio, le appoggi la mano in petto.
    Ora ti basterebbe fare pressione e le sfonderesti il torace, lo sterno, arriveresti al cuore per schiacciarlo sotto la zampa.
    E quella non è neanche la parte che ti piace di più. Preferisci la carne nodosa, quella che ha i tendini, preferisci che la gente corra via, che scappi, perché così fa sangue, si irrigidisce e di quello puoi godere.
    Ora invece, il sangue rappreso si mescola alla bava, scende dalla fauci e la sfiora una guancia, poi il collo, la macchia come macchia l'impronta della tua zampa.
    Tuttavia non stai facendo pressione. Nei tuoi occhi neri come la pelle, ed i tunnel senza vita, non c'è che un brillo scarlatto.
    Se prima poteva correre, ora le converrebbe restare immobile, magari fingersi morta, come si fa davvero con gli orsi.
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    Mi sono immaginata più volte il giorno della mia morte, il giorno del mio funerale, ma di certo non me li immaginavo così: "ragazza mangiata viva dal mostro della metropolitana dentro la sua testa" un titolo efficace per i media.
    Quelle corna erano affascinanti, mi sarebbe tanto piaciuto poterle toccare per sentirne la consistenza, per sentirne l'odore, sicuramente meno pungente e appiccicoso di quello che mi stava colando addosso.
    L'adrenalina pareva aver aiutato. Sentivo un peso sul mio petto, la paura mi aveva costellato le vene o forse, mi ero appena fatta di qualcosa davvero troppo forte e mi aveva mandato dentro ad un trip immediato e fortissimo. Quanta confusione.
    Lacrime, tremori, bava e pelo. Piangevo, ridevo.

    "Se sei davvero il suo scagnozzo perché due in un colpo... Dovresti essere invisibile! Tu non sei reale!"

    Ebbi come un lampo di genio. Certo che era tutto finto! Ma certo! Gli angeli della Signora non si fanno vedere da chi non deve morire! E non hanno le corna, o almeno così nel libro illustrato dicevano.
    Ero così curiosa di toccarlo, e per quanto avessi paura e sentissi questo mattone sul petto e sapessi che muovermi non sarebbe stata la scelta giusta io volevo sapere se quello che stavo vivendo fosse nella mia testa o no.
    Così presi quella briciola di coraggio che mi era rimasta per alzare la mano libera. Le fauci di quella creatura erano spalancate davanti al mio viso, vedevo e potevo contare tutti i denti. Il fetore che usciva era nauseabondo, ma ci si abitua presto. Era un teschio? Come cacchio si fa a non capire cosa c'è sopra di te? La mia mano lentamente si avvicinava a ciò che credevo sarebbe svanito nel nulla al "contatto" e invece no. C'era del pelo, ruvido ispido e poi delle ossa, e dei denti.
    Oh cazzo avevo la mano dentro la sua bocca. Ma perché non mi stava divorando come aveva divorato Jeff. Forse saremmo diventati come la bella e la bestia? O forse ero già morta... No, perché il mio cuore continuava a danzare al ritmo della techno ed ero certa al cento per cento che tra le mie dita scorreva una sostanza viscosa che prima sentivo solo lungo il collo.


    "Perché non te ne vai? La mia anima l'ho già venduta."


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    Ci pensi, mentre gocce di sangue scuro le macchiano il volto, a come potresti farla a pezzi facilmente.
    Sono scatti che compieresti con lentezza, giusto per spingere di più la zampa destra nel suo sterno, far scricchiolare le ossa e sentirle rompersi. Dio, quanto ti piace quel suono, lo sogni le notti in cui muori di fame nel tuo letto, e lotti contro le credenze di Ben pur di riuscire a stargli accanto come vorresti.
    Non sai ridurti a verdure e buoni pensieri, se sei diventato così, è anche per questo: per avere un momento di invincibilità. Una forza che l'Afghanistan non ti possa più portare via. Niente che sappia strapparla da te.
    Potere e disperazione vanno di pari passo, e lo sai che se annusi - tu - non è per uccidere. Lo sai che la notte non è in pieno, che tra qualche ora tornerai nelle tue spoglie e forse ringrazierai di non averla uccisa.
    Ma dio quanto vorresti.
    Soprattutto quando lei alza la mano, come pronta all'inevitabile ed incerta sulla tua concretezza. Nessuno ha mai toccato il tuo Wendigo, nessuno è così sciocco e così dannatamente disilluso. La gente di solito scappa, e questo non fa che accenderti, innalzare la nenia della bestia.
    Lei no.
    Lei resta qui, allunga una mano e per poco non ti sfiora perfino i denti. E' folle, ha un problema, forse più d'uno. Ma non sta scappando e questo adesso conta tutto. Conta i secondi che ti separano dal chiudere le fauci e spezzarle il polso.
    Lo fai. Ma con una calma che contiene tutta la razionalità che possiedi. Ti sei lasciato toccare per tre secondi, poi hai chiuso i denti ed hai contenuto ogni forza e "crack", un polso frantumato.
    Ma nn è altro che un avvertimento, mentre ancora la blocchi giù. Un modo per dirle di restare lì e non azzardarsi a fare qualcosa di tanto stupido una seconda volta.
    Tuttavia - dopo questo - non ti scosti. Continui a fissarla, senza che lei possa vedere dov'è la pupilla nei tuoi occhi, o quanto sia dilatata adesso.
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