The new place

Lorna/Archer | 06/01/24

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    a lama avanza dal basso, vede la spalla che ultima il gesto e scarta sulla sinistra prima che possa fenderle il fianco.
    Si volta ancora di un quarto e attiva le spine vertebrali per bloccarlo affondandogliele nella carne, ma lui si sposta, estraendosele dal braccio.
    Non gli lascia tregua: tira su l'araki mirando con la lama al bicipite per mettergli del tutto fuori uso il braccio, con la destra porta avanti l'altro coltello verso lo stomaco.
    La vista si offusca, le luci si liquefanno diventando presto buio, poi appaiono luci che invece puntellano l'aria.
    Una strada, un mezzo di trasporto bianco le sfreccia accanto, ne esce un rumore assordante.
    Nausea, tutto che gira.
    Si trova a terra. Continua tutto a girare.
    Fa freddo.
    Cerca con gli occhi lo schifoso soldato di Alpheratz. Avrà un braccio fuori uso, ma continua a essere un pericolo.
    Ma questo posto non è la nave dove si trovava fino a poco fa. Nessun soldato. La luce intensa dei corridoi non c'è. Non ci sono neanche i corridoi.
    Sembra una città. Gli edifici sono bassi, staccati l'uno dall'altro. La strada però è stretta, non possono passarci mezzi più grandi di un'auto mono-famiglia.
    «Sin, è successo qualcosa. Mi sono teletrasportata in un posto sconosciuto» cerca di analizzare il posto, a partire dal cielo. Ma non riconosce le stelle, sono in una posizione strana.
    Più in basso si avvicinano delle persone, si fa indietro per nascondersi dietro un'enorme scatola che contiene qualcosa dall'odore nauseabondo.
    Parlano una lingua che non riconosce.
    «Sin. Ci sei?» Sin'Lar non risponde. Inizia ad agitarsi.
    Non è possibile che Sin'Lar non risponda.
    Mette via i coltelli e fa rientrare le spine vertebrali. Danno un'idea troppo minacciosa. Se serve ucciderà chiunque possa essere un ostacolo a mani nude.
    «Sin. Sin, ti prego» lo sente. Sente la sua presenza, lo sente vivo, la sensazione peculiare nelle viscere che le dice che è ancora lì.
    Ma non le risponde.
    Si scosta da dietro la scatola piena di sacchi neri.
    È ferito? Può aver perso conoscenza?
    Un'altro veicolo minuscolo sfreccia sulla strada. Sembrano stare solo al centro, se si mantiene a lato non saranno un problema. La strada è leggermente rialzata.
    Deve capire dove si trovi, così che possa dirlo a Sin'Lar... non appena riuscirà a contattarlo.


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    37– Weird Accent – Former DCMC – Man of Letters – Brother – Hakka




    Faceva freddo, ma non abbastanza per quel periodo e per quel tempo. Archer si era preso una passeggiata per festeggiare il suo primo anno di ritorno. La data, nonostante fosse impressa nella memoria era anche fin troppo facile da ricordare. Anno nuovo, vita vecchia. Non era finito in altre dimensioni da ben un'anno, che era un record visto il salto fatto l'anno prima. Aveva ancora dei problemi con la pioggia, ma sapeva che sarebbe passata, prima o poi.
    Quella sensazione di sentire l'acqua addosso cadere dal cielo senza dover temere l'invecchiamento era strana. Qualche volta gli mancava la vita lì, e per un poco si era trovato ad avere quello strano accento che era frutto di quel tempo passato lì.
    Si era preso un caffè grande e si stava godendo l'aria della zona industriale, quando vide qualcosa che era incredibilmente strano.
    Sul marciapiede vede una figura, snella, muscolare e soprattutto spaventata.
    Una figura nera, con in mano un casco. Tutto il vestito aveva un che di organico che fece rizzare i peli sulle braccia ad Archer.
    Decise di approcciarsi lentamente alla donna, con le mani alzate in segno di resa dicendo "Va tutto bene, riesci a capire quello che dico?" a tono di voce basso per non destare sospetti a tutti gli altri. Provò a porgere una mano ed un sorriso sincero per farla alzare, sperando che non dovesse tirare fuori la pistola che si era portato indietro. Sapeva quella sensazione di smarrimento fin troppo bene, ma non sapeva per il momento come comunicare con lei. "Va tutto bene, riesci a capire quello che dico?" chiese di nuovo, ma in idariano, in modo da capire se fosse qualcuno che avesse avuto contatti con quella terra estranea.

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    no sconosciuto si avvicina a lei. Non verso di lei, ma proprio a lei.
    Mani alzate, non ha armi visibili. Segno di non volerle fare del male?
    Si può fare anche a mani nude.
    Parla a voce bassa, forse è un posto dove non si deve far rumore? No, gli altri suoni sono alti, come quello che strombazzava dal veicolo piccolo a quattro ruote. Forse non vuole farsi sentire. Questo le dice che probabilmente non ritiene lei un pericolo, ma lo pensa di qualcuno lì vicino. Forse non devono notarla.
    Si chiede come potersi nascondere, è vestita in modo del tutto diverso.
    Guarda i suoi vestiti, sono strani.
    Le allunga una mano. Può essere un tentativo di aiutarla, in un combattimento corpo a corpo quella posizione non gli è favorevole.
    Non la prende, arretra e si alza da sola. Non lo perde di vista, solo per un attimo lancia un'occhiata a un altro che è passato, anche lui con vestiti strani. Dovrebbe cambiarli, generare un'illusione, ma non vuole sprecare Andrax. È in un luogo ostile e sconosciuto, le servirà.
    Parla di nuovo, le sembra stia usando un'altra lingua.
    Deve star provando a comunicare con lei.
    Considera l'idea di rispondere nella sua lingua madre, o nel dialetto aldhal. La scarta, sarebbe un segno distintivo, darebbe a lui informazioni che a lei invece mancano rispetto allo sconosciuto e al posto dove si trova.
    Scuote solo la testa, cerca di comunicare che non capisce.
    Le serve qualche parola da poter inserire nel comunicatore, un ancora che possa farle scoprire almeno che lingua è.
    Il nome le sembra la più facile.
    Comincia a indicarlo, le sembra l'unica cosa possibile per avere quell'informazione.
     
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    Non prese la sua mano, ma comunque si alzò da sola, voleva dire che non era particolarmente ferita. Fece un sospiro di sollievo. Lo sguardo era ancora circospetto e guardava i passanti con altrettanto sospetto. La sua nuova conoscenza stonava come un dito in un'occhio. Vide che lo stava indicando, ed allora si indicò dicendo "Archer", almeno avrebbe conosciuto il suo nome. Provò ad indicarla sperando in una parola dalla strana creatura "Tu?". Doveva però fare qualcosa riguardo quei vestiti così strani e senza senso. Tolse la sua giacca, la provò a dare alla donna per poi alzare di nuovo le mani. Sarebbe sopravvissuto con qualche strato in meno all'inverno.
    Ricordò l'anno precedente, il senso di smarrimento e la gioia di vedere di nuovo il bunker degli uomini di lettere. Doveva fare qualcosa per proteggerla, anche se sembrava tutt'altro che indifesa con quella tuta così strana. Cercò per quanto possibile di evitare di farsi notare o di usare la magia per quel momento, anche se per un poco pensò che entrare nella sua mente sarebbe stato comodo per insegnarle le parole base per la sopravvivenza, ma non l'avrebbe fatto senza un permesso esplicito. le mani rimasero ben in vista anche se in quel momento avrebbe potuto vedere la fondina con la sua pistola. Se avesse avuto una qualunque reazione a riguardo l'avrebbe poggiata a terra tenendo le mani in alto. Quel senso che vedeva negli occhi della donna era quello di una stratega, abituata ad essere in punti sconosciuti. Anche se non pensava sarebbe stato utile avrebbe detto "Va tutto bene, voglio aiutarti"

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    rcher. Ha un suono strano. Veloce, poco ritmato. Se lo appunta mentalmente.
    Come quel tu. Lo ripete nella testa, cerca di capirne l'intonazione.
    «Tu. Ar'cher» lo sente subito che a ripeterlo, non è venuto bene. Il suono è strano, troppo prosodico.
    Lo indica di nuovo, prova a ripetere quelle semplici parole che in quel momento sono tutto il suo appiglio per capire dove si trovi, padroneggiare una situazione sconosciuta.
    «Tu, Archér» meglio, ma non è soddisfatta. Smette comunque i tentativi per rispondere alla sua di domanda.
    L'estraneo sta cercando di guadagnare la sua fiducia, non vuole dargli evidenti indizi di come sia impossibile. Non può apparire poi molto meno diffidente di quanto non sia, ma non presentarsi in risposta fa un preciso effetto, e pensa sia uguale in ogni posto.
    «Lorna» usa il suo nome Gy'tka, non solo perché è un nome che non appare nei registri di Mirach, tanto è improbabile che qualcuno possa risalire a lei in ogni caso.
    È un posto troppo diverso, deve essere un pianeta molto lontano anche da Alpheratz.
    No, usa il nome Gy'tka perché è un'unità minima, indivisibile. È più facile che in qualunque luogo sia, loro abbiano un nome simile o lo stesso nome nel loro vocabolario. Un nome che neanche Uonnhs può privare del suo significato, che deve esistere in ogni luogo e tempo con la sua precisa identità.
    Il ragazzo poi risponde a una necessità a cui si è solo parzialmente rassegnata. Non può usare la magia, deve risparmiarla, ma si è accorta che i suoi vestiti sono un problema. Così come se n'è accorto lui.
    Fa strisciare gli occhi per microsecondi durante tutto il gesto. Lungo le braccia, che tiene in alto. Fisico abbastanza allenato, può avere una formazione nel combattimento. Quella che sembra un'arma, che non cerca troppo di nascondere.
    Potrebbe essere un soldato o un uomo del governo.
    O quello è un posto così diverso che non è strano girare armati. Troppe poche informazioni per qualsiasi inferenza.
    Allunga un braccio per prendere la giacca, altrettanto in fretta torna a tenere almeno tre passi fra loro, mentre la infila nascondendo la sua divisa. Tanto le serve per sapere di poter reagire e sopraffare con il minor numero di mosse. Tre passi.
    Archer le dice qualcos'altro. Il problema della lingua la irrita. Non sopporta di non capire cosa succede.
    Lo ignora.
    Fa invece segno intorno a sé con una mano. Non sa cosa risponderà, se capirà che vuole sapere dove sia. Potrebbe rispondere con il nome di un pianeta, di una nazione, di una regione, di una città, di una strada. Ma almeno sarà un nome da dove iniziare, un nome che potrà comunicare a Sin'Lar.
     
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    Finalmente aveva ottenuto qualcosa, la donna aveva preso la sua giacca e iniziava a tremare di meno.
    Prova a pronunciare il suo nome e la cosa lo fa sorridere. Almeno in tutto quello riusciva a parlare ed era cosciente. Sentiva quell'empatia della sua situazione, e sapeva che era normale e sensato essere diffidenti. Lasciò quella distanza di pochi passi, che avrebbe potuto accorciare al bisogno. Sapeva il bisogno di spazio e tempo per comprendere quello che succedeva intorno a lui.
    Lorna. Almeno aveva deciso di dargli un nome, che era già meglio di quanto avrebbe previsto. Fece una pausa nel suo momento per osservare Lorna. Era muscolosa, la tuta attillata mostrava un fisico allenato ed asciutto per prima cosa. Vista la distanza e le posizioni che utilizzava. Mantenne le mani ben visibili, perché sapeva sarebbe stato utile in quel momento mostrarsi il meno aggressivi possibile. Non era neanche furbo usare la magia in quel momento, se non in modo molto sottile, ma non sapeva di possibili resistenze magiche. Se avesse dovuto fare una stima probabilmente Lorna era anche in grado di resistere alla magia, visto che buona parte delle creature che conosceva ne erano in grado.
    Iniziò ad indicare in giro, probabilmente a chiedere dove si trova. Avrebbe dovuto indagare da dove veniva, giusto per avere informazioni da ricercare successivamente. "New York" Disse indicando intorno a lui ed il terreno. Le parole erano scandite lentamente e in modo preciso, evitando accenti di sorta.
    La indica successivamente, inferendo un "Tu? Nata?" poche parole per cercare di capire da dove viene, anche se la lingua era una barriera evidente.

    Archer
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