Price of dedication

Slater & Josh | 14 Agosto

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    Gli abissi ai profondi.
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    Slater
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    Mago Nero
    Scivola tra le pieghe della paura, è così che la dimensione ombra ti rende una preda. Le frenetiche incertezze di un animo confuso sono come specchi per le allodole, confondono chi rimane a fissarle troppo a lungo, ma per le ombre sono fari in un mare in tempesta quando a notte fonda ci si immerge perché la vita provi ad opporsi al premere asfissiante del buio. Eppure c’è anche della bellezza nella dimensione ombra, nascosta tra i tronchi neri che sono già carbone perché non c’è linfa che sopravviva senza seccarsi. Tra rami che si allungano, dita spezzate in articolazioni impossibili, danzano polviscoli di cenere e non c’è un incendio che sopravviva, si dice che siano ciò che resta di antiche entità distrutte trasportate dal vento in ogni angolo. Intrappolano il tempo e così sembra che rimangano sospesi in un movimento talmente lento da essere difficile da cogliere. Al centro di antichissime rovine di un tempio della fratellanza, uno dei tanti che è andato in pezzi e si copre di cenere, circondati da un bosco e dopo di esso più nulla, Faust si agita come fosse un pesce fuor d’acqua e nemmeno uno dei suoi movimenti coglie la fluidità del dominio sul proprio corpo che cerca disperatamente di afferrare. Slater lo vede arrancare tra i suoi scatti d’energia violenta, imprigionato nella sua frustrazione, ingordo, frettoloso e indisciplinato. Ad ogni sbaglio Slater agita il bastone perché colpisca i punti scoperti dalla sua difesa. Gli ha detto di alimentare ogni incantesimo con la rabbia, eppure invece di farsene padrone se ne lascia sopraffare, ed è così lento perché non riesce a capire la differenza. Così ogni volta che i suoi incantesimi esplodono prepotentemente in ogni direzione, in uno spreco di energie arrogante, Slater lascia che gli si rivoltino coltro perché niente di quello che faccia non lo assapori prima sulla propria pelle. Deve conoscere il dolore prima ancora di essere in grado d’imporlo. E se le sue potenzialità sono enormi, e la sua resistenza fuori dal comune, la sua concentrazione è ancora molto lontana dalla piena capacità di tenere distanti le distrazioni. “Devi pensare solo all’odio, lascialo sgorgare dentro di te, nutrilo e trasformalo in una lama gelida e fredda” una lama che può chiamare vendetta, se così gli piace, una che sappia essere più letale, precisa, consistente. Invece sembra che Faust non abbia idea di chi stia odiando, o che cosa stia odiando. Qualcun altro, se stesso, non traspare niente di tutto ciò ed è il momento di rimediare, o almeno iniziare, grattare via la confusione perché alla fine gli sia tutto molto più chiaro. Quando può scivolare ancora una volta nella sua difesa fa librare il bastone per colpirgli le gambe e spingerlo a cadere in ginocchio. Suppone che a questo punto sia sufficientemente stanco da reggersi a malapena in piedi. “Sei distratto”, ruota l’asta tra i palmi e gli colpisce la fronte con l’estremità opposta. “Devi liberare la mente. Per nostra fortuna la tua agitazione ha attirato i Nalusa, creature che infestano quelle rovine, ragione per cui ha scelto quel luogo dopo che la prima settimana di allenamento si è protratta consumando solo le energie del ragazzo senza che questo si traducesse in un pensiero più limpido. “Sono ombre” lo annuncia con calma, poggiandosi sul bastone che ora ha piantato sulla pietra, già pronto a godersi lo spettacolo. “Sono attirate dalle emozioni negative che emani. Sono parecchie, persino per questo posto” e in effetti lanciandosi un’occhiata intorno vede le ombre scure, accalcate numerose tra i tronchi, scivolare dal buio solo per pochi istanti prima di sparire di nuovo e poi fare capolino. Fissano tutte, fameliche, Faust. “Non sono dotate di alcuna intelligenza, ma prendono forma in base ai tuoi pensieri, alle tue emozioni, in poche parole adesso vedremo cosa ti passa per la testa”, cos’è che gli impedisce di pensare all’unica cosa importante, come uccidere l’avversario. Fa qualche passo indietro mentre le vede avvicinarsi, “ovviamente cercheranno di distrarti per arrivare a divorare la tua anima, al posto tuo le terrei distanti. Ricorda, possono essere colpite solo quando prendono forma. Quindi focalizza l’attenzione su qualcosa che odi, non lasciarti distrarre da quello che vedi e uccidile. Sappi che se non ci riesci non mi sprecherò a salvarti. Tu li hai richiamati, tu li allontani”, così detto gli volta le spalle e si avvia in direzione di un capitello ammuffito, il tronco di una vecchia colonna su cui si siede piantando ancora una volta il bastone al suolo.
    ©


    Puoi usare tutti gli incantesimi di magia nera del triennio fino al voto: 25

    Ecco uno specchietto se hai dei dubbi su qualcosa: link


    Edited by Moonage - 21/9/2020, 17:17
     
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    Joshua Çevik
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    Dimensioni, ombre, fobie che si aggrappano alle corde vocali e te le spezzano una ad una. E' da quando ho messo piede in questo luogo che non è un luogo, che lo sento ribollire nelle vene il dolore che mi porto addosso come il più oscuro dei mantelli, il più ingombrante, il più vivo. E ringhio, e sbatto la testa al muro e mi aggrappo al suolo con le unghie che affondano in un pavimento inconsistente. Slater mi piega come la corda di un violino, è uno scudo contro cui mi abbatto inutilmente perché qualsiasi cosa io faccia mi torna indietro come un boomerang di aghi acuminati. Stringo i pugni, mi inginocchio, mi piego ad una supremazia che non sa spezzarmi mai perché il mio compito è quello di avvicinarmi tanto da non sentirmi costantemente un inetto, un inutile bastardo che si è lasciato portare via ogni cosa e non ha fatto un cazzo per impedirlo concretamente. Sono smorfie, le mie, che affondano come radici oltre le rovine che non mi appartengono ma sento miei in un modo che non posso comprendere fino in fondo. Ma voglio, voglio avere ogni cosa sia alla mia portata, costi quel che costi. Il mio corpo può anche tremare sotto il peso di tutto quello che provo, ma la mia mente non potrà mai vacillare per questo. Sono aghi che mi perforano, proiettili di sangue e visioni che io stesso ho saputo alimentare per me ma con cui nessuno mi ha davvero mai toccato. Odio, è una smorfia che mi attraversa il volto stanco, è uno sputo di sangue che bagna il terreno perché cazzo se ne ho, da vendere. E Dio se mi innervosisce non saperlo già usare come devo, cazzo la mia vita è una matassa di odio e dolore ed io sono qui a lasciare che la rabbia mi usi come suo tramite senza focalizzare un pensiero che sia uno. E più le parole di Slater mi sembrano sensate e più ce lo sbatto il muso a terra in questi tentativi che mi fanno sembrare un fottuto moccioso senza riserve. Non sono così, cazzo. Ancora: devo provare ancora. Faccio perno sulle gambe, chiamo il sangue che mi appartiene, gli chiedo una forma che sia quella lama, quella che con Ray è stato così facile evocare seppur sfiancante, ma prima che il mio grido si faccia intenzione, prima ancora che io possa abbattermi sul mio maestro, lui mi ha già costretto di nuovo in ginocchio. Stavolta nemmeno la nascondo la frustrazione che mi fa respirare così pesantemente che mi chiedo se sia sempre stato così fottutamente faticoso immettere aria nei polmoni. Sembra che tutto bruci, ogni centimetro della ma pelle, dalle ferite superficiali a quelle un po' più profonde, ma a soffrire più di tutto è il mio orgoglio. Sono distratto. Me lo dice che ancora resto a terra per prendere fiato, per non dargli l'idea di essere stanco quanto sono perché se c'è una cosa che so è che sono testardo come un mulo e non ammetterò mai di aver bisogno di una fottuta pausa: perché la vita una pausa non te la dà, ne approfitta solo per colpirti più forte, questo già lo so. Il colpo in fronte non fa male, ma ringhio lo stesso come un dannatissimo animale ferito. «Mh» Lo ascolto, ma non riesco a dire un cazzo che sia sensato, seguo solo il tono impersonale nella sua voce per trovarmi ad osservare quello che mi ha descritto, le ombre su cui si posa il mio sguardo e che già promettono di scavarmi un solco nell'anima solo per divorarla più lentamente. E lenti sono anche i miei movimenti mentre con le ossa infrante mi rialzo, le spalle ricurve mentre ci provo a respirare come una cazzo di persona normale, e non ne perdo d'occhio nemmeno uno di quelli nuovi che fa capolino tra le rovine. E' un cazzo di sorriso sarcastico quello che mi si modella addosso, quando penso che sono così fortunato che stavolta ce ne sono più del normale: che culo eh? E tutte mi lasciano addosso il formicolio che neppure c'è da sottolineare che aspettano solo me. Solo Faust che prenda in mano la situazione come Josh non saprà mai fare. Mi spaventa, e cazzo se mi rode ammetterlo, ma mi spaventa che sappiano leggermi che cazzo mi passa per la testa perché non è niente che io voglia vedere. E forse il nostro problema è questo: che io sto negando pure l'anima di quello che ho in mente. Le nocche si stringono fino a sbiancarsi, perché se è la mia anima che vogliono, beh, queste stronze devono mettersi in fila, Faust l'ha già venduta a sé stesso. «Bene» Bene un cazzo, ovviamente. Lo guardo un solo istante, Slater, che si premura di ricordarmi che non è il mio salvatore e nemmeno la mia balia, ma solo qualcuno che evidentemente dovrò essere io a saper sfruttare a dovere. E non è che io cerchi pietà ovviamente, neppure fossi su un dirupo lo farei, ma mi resta piantata nella schiena la sensazione che sono solo e da solo mi dovrò fare strada oltre lo strato più duro del mio inconscio. E fanculo al resto. Sciolgo le spalle, torno a fissare i Nalusa che mi sembrano così insignificanti da ricordarmi anche quanto la prima impressione sia solitamente una merda su cui non fare affidamento. Devo dare loro una forma, devo sapere cosa mi corrode così tanto dall'interno da rendersi. E va bene, stronze, fatevi avanti. Gearradh. Lo stringo tra i denti ed assottiglio lo sguardo per non perdere di vista il loro avventarsi famelico su di me, dalle mie ferite allungo due lame corte che stringo in pugno, ma lo so che a fare tutto sarà le mente e se questa non sarà sul pezzo potrò dire addio alla mia anima. La cosa è seria, così tanto che appena la prima avanza, allontano a fatica la paura di non farcela: mi serve questa fottuta concentrazione e mi serve ORA! Avanzano, ed i miei primi colpi vanno a vuoto perché non c'è un volto che spicchi o una forma che sappia modellarsi, perché c'è ancora questa parte di me che non vuole che Slater sappia cosa provo. Devo ucciderla prima che sia lei a farlo.
    Poi la vedo. Li vedo.
    La mascella si stringe in un ringhio di fastidio che riverbera nelle ossa fino a frenare il sangue che scorre lungo le lame. Edie e Morgan. Morgan che le gira attorno come quella merda che è, come quello stronzo che neppure per se stesso sa mantenere una cazzo di promessa, ed invece è ancora lì, lì che le si avvicina. Mi muovo con l'inconsapevolezza dettata da un volere che neppure mi curo di controllare, perché adesso ho un chiodo fisso che prende vita davanti a me, ed io voglio solo piantargli una lama nel cuore. E' la sagoma di Morgan la prima che si forma, e che so appartenergli anche senza che il volto sia definito, lo vedo stringere un braccio attorno alla seconda, a Edie che saprei riconoscere bendato, e siamo di nuovo alla festa di Chrys, quando non ho potuto fare niente per fermarlo, quando ancora la cazzata della vita non l'aveva fatta ed avrei potuto impedirlo. E' odio puro quello che mi attraversa lo sguardo che da azzurro sembra fare sua un'oscurità senza eguali. E le scene si ripetono, loro due che si sfiorano, LUI che la trascina via, LEI che lo lascia fare, ed io che resto sempre fermo: ma non oggi. Non quando le mie gambe scattano, i miei sensi si attivano e la stanchezza è un cazzo di problema che non mi riguarda, non quando sto attaccando e non ho mai visto niente di più limpido di questo. Morgan Crain deve starle così distante che il solo pensiero che non lo stia facendo e non intenda farlo, è carburante per la corruzione. E' così che mi avvento sui Nalusa. L'intento è quello di colpire al cuore, alla gola, alla schiena, ovunque purché queste immagini spariscano, si dissolvano in grida di dolore di cui non mi curerò. Avevamo già una vita di merda prima di lui, lui che ha fatto il cazzo che gli pareva senza conseguenze e beh, stronzo, ora tocca me. Ora capirai cosa vuol dire non mantenere con me una promessa di questo calibro. A me rovinala pure la vita, ma lei, lei non toccarla.
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    Slater
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    Mago Nero
    Il buio serpeggia famelico intorno a Faust, lo sente crescere e gonfiarsi e in un attimo diventare una danza che incombe tra i suoi gesti. Non c’è esattamente armonia, né fluidità, oppure ordine. È un nervoso susseguirsi di affondi e violenza e se i Nalusa fossero capaci di sanguinare, sanguinare davvero e non solo limitarsi a darne l’immagine che lui vuole vedere, ora ne sarebbe imbrattato come un bambino immerso nel suo battesimo. Avrebbe preferito vederlo così, snudare denti bianchi come la neve in mezzo ad un inferno rosso. Invece, quando i Nalusa si dissolvono e con essi i corpi sfigurati, l’illusione scompare e d’improvviso è come se non fosse accaduto niente. Una nuvola di fumo nero si disperde in volute lentissime che lambiscono i suoi piedi in un ultimo debole tentativo di afferrare lui e quella burrascosa vitalità infuriata che si porta dentro. “Non capisco” annuncia spezzando il silenzio in cui riverberano solo i respiri pesanti del ragazzo, ansima ed occorrerà migliorare la sua resistenza, eliminare la sua abitudine di fumare, sebbene un cambiamento tanto impercettibile allarmerebbe chi gli è abbastanza vicino da accorgersene. Slater si alza in piedi e nel poggiare i piedi sul terreno in un attimo si trova di nuovo di fianco a Faust. Intorno a loro continuano a vorticare figure d’ombra che un po’ si nascondono e un po’ si aggirano troppo affamate per essere davvero sufficientemente caute. Aspettano che il terrore prenda piede nella mente di Faust per afferrare ancora una volta uno scorcio sul suo baratro. Slater invece è come non esistesse, il loro sguardo sembra attraversarlo incapace di attirarne l'attenzione.
    “Perché vedi questo? È un gesto banale, non mostra nessuna reale implicazione tra loro”, l’odio è un sentimento che crede di poter comprendere eppure in momenti come quello si ritrova a pensare di non avere nemmeno il più piccolo indizio su cosa lo scateni veramente. Quando oltre le immagini trova il buio sa che la ragione può essere solo una, gli manca il contesto. Morgan Crain. Sempre lui, continuamente. Si aspettava che prima o poi avrebbe avuto l’opportunità di parlarne con il ragazzo, ma nemmeno nei suoi migliori auspici avrebbe immaginato che fosse esattamente la ragione per cui dentro di lui imperversava l’inferno. Eppure ha solo scalfito la superficie, l’orrore è un grande rivelatore a suo parere ed è certo che Faust possa scendere ancora più in basso, se sarà necessario farà in modo di scavare metri di cunicoli dentro la sua anima pur di arrivare al centro del problema.
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    Joshua Çevik
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    L'unico momento che esiste, è quello in cui la mia lama affonda, e lo fa ancora, e ancora, in lembi d'ombra che si fanno reali solo ed unicamente per me, al richiamo che mi smuove il petto. I Nalusa sono solo un mezzo, un modo di estrarre tutto quello che ho dentro senza che io debba per forza farmelo andare bene, perché non è così cazzo.. non lo sarà mai! Mi sento fremere di una forza inarrestabile che muove il mondo che mi circonda e mi dice che non intenderò fermarmi finché le mie ossa non cederanno. Mi attaccano, ci provano, ma non lo sanno quanto indietro sono rispetto a me, a quello che devo dimostrare ed alla staticità in cui mi sono bloccato perché non sapevo fare altro che dirmi che mi stavo muovendo quando ero un fottuto blocco di cemento. Non esiste niente per un quantitativo di tempo che so contare solo in fendenti andati a lacerare il nero che mi avvolge, e sono tanti e lo saranno ancora di più appena riprenderò fiato perché la voce di Slater mi blocca quando ancora ansimo. Non lo guardo, non mi rivolgo a lui, ma mi soffermo sulle sue parole e quest sanno già tirare fuori il peggio di me. Perché? Che cazzo ne può sapere lui di quello che provo, di quello che ho vissuto per anni, del fottuto impegno che ho messo per prendermi cura di Edie anche quando lei rifiutava ogni speranza. Io ho sperato per due, ed anche per tre, e non posso permettere che tutto questo, tutta la fottuta gioia che Morgan Crain ha portato nella sua esistenza non saprà diventare cenere se quel fottuto bastardo non si farà da parte. E lo andrò a ripescare molto presto perché lo so bene quello che sta facendo, il vigliacco. Ho ancora la cassa toracica che segue un ritmo forzato senza il quale non riuscirei a prendere fiato.. sono troppo debole, perché il mio corpo non asseconda la mia testa, non mi permette di essere sempre preciso come dovrei quando l'unica cosa che voglio è non fermarmi fottutamente mai. E' aria che sbuffo con poca grazia quella che risponde al non comprendere del mio maestro. Ad ogni battito un Nalusa mi fissa, vitreo, e prova a scavare in me, ed è in questo cazzo di momento che mi rialzo da terra, che torno a guardare una scena che cambia, come se fosse il mio animo del cazzo a voler rispondere a Slater al posto mio. Nessuna implicazione... gesto banale... è Slater che non ha capito che non è questo il punto. Scuoto il capo e la rabbia che si trasforma in odio è solo il dannato carburante del mio nervosismo, del modo in cui il sangue cola lungo la lama che ho evocato, rubandomi ancora energia ma non privandomi dei miei slanci. Cambiano, le forme delle ombre fameliche cambiano, ed è un lento prendere coscienza che mi stanno scavando dentro con una foga degna di un divoratore di anime infernale. Dove prima Edie e Morgan si fondevano, ora c'è solo lui che se ne va e la lascia sola, lei che crolla ed il mio sguardo che è la più pura testimonianza di una ferocia senza eguali. E si ripete tutto, si ripete Edie che soffre in ogni punto che riesca a trafiggere con lo sguardo. E non è sola, perché tutto evolve anche se rinsaldo la presa sull'elsa delle spade che sembrano affilarsi stando ad un volere che è solo un pensiero divenuto immediatamente realtà. Lei non deve soffrire, mai. Io posso anche farlo per sempre, ma non lei, non lei. E vedo il punto cruciale di tutto, vedo l'abbandono di chi non ha fatto niente per noi, vedo me che mi faccio in mille fottuti pezzi per rimettere insieme la sua vita e dopo... alla fine di tutto, siamo sempre e solo noi, io che non la raggiungo e lei non che non si lascia raggiungere da me... che non vuole il mio aiuto perché sono inutile. La rabbia ormai mi arrossa lo sguardo che è fuoco ed io scatto di nuovo, non sento alcuna parola, non sento niente che non sia il mio desiderio di infilare la lama così a fondo a questi pensieri da squarciarli in piccole macchie di ombra, e non me ne frega un cazzo se sono stanco morto, finché non crollerò a terra io non intendo fermarmi. Non intendo lasciare che le scene si ripetano, impunite, davanti a me.
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3 replies since 21/9/2020, 15:35   154 views
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