Gilles Buchanan

APPROVATA || Animagus, Contrabbandiere, Rifugiato Dimensionale

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    SCUOLE FREQUENTATE
    Dhomar - Addestramento Militare | 1993/1994 - 4
    Studi privati | 2001-2002 - 2
    Ilvermorny | 2002/2003 - 1 - Wampus - -- | Ha frequentato il IV anno ma se n'è andato prima per problemi psicologici e comportamentali
    Studi privati | 2003/2004 - 1
    Ilvermorny | 2004/2005 - 2 - Wampus- -- | Ha frequentato il VI e VII anno
    Brakebills | 2007-2008 - 5 - Biologia - -- | Non frequentante, percorso doppia laurea
    Saulles de Connaissence | 2006-2007 - 5 - Chimica - -- | Non frequentante, percorso doppia laurea
    RAZZE E ABILITA
    Animagus - Uruplato | NO - 2008
    PROFESSIONE
    Direttore tecnico | Li.La [Life Lab] - 2018/ora
    Contrabbandiere | Stati Uniti - 2014/ora
    Esperto di Laboratorio | Li.La [Life Lab] - 2009/2018
    ORGANIZZAZIONI E SETTE
    -- | -- - --
    FEDINA PENALE
    -- | -- | -- - -- - --
    IMMIGRAZIONE
    Americana | 2001 | Legale*
    *i documenti sono legali, il viaggio no.




    welcome to the wild, no heroes and villains
    gilles buchanan
    name
    Sono nato come Zane, un nome che ho portato in realtà solo fino ai dodici anni. Dopo, dal momento dell'adozione, sono diventato Gilles. E no, non è stata una reale scelta dei miei genitori adottivi. Mi hanno chiesto se volevo tenere il mio nome, ho detto di no, e la prima cosa che abbiamo fatto tutti insieme appassionatamente è stata trovare come ribattezzarmi. In aritmanzia corrisponde al numero 1, indica una personalità ottimale per essere un leader, indipendente, forse un po' individualista. Ma soprattutto, è il nome che si confà ad un innovatore, uno che prova qualcosa di nuovo e che sia assolutamente innovativo. Praticamente quello che faccio per lavoro: gestire i sottoposti legati alla famiglia Buchanan e avere idee nuove per ampliare i nostri traffici. In più, anche Zane corrisponde al numero 1, quindi come variazione non è così smaccata. Almeno, io so che non è così.

    born
    Sui miei documenti di identità la mia data di nascita è il 28 agosto del 1988, giorno preso dalla mia data di nascita originale, il 002800081988, come viene indicato su Idara. Perché sì, in realtà è lì che sono nato, in un'altra dimensione. Quando dico che sono stato comprato è proprio la verità. Documenti fasulli di adozione da un posto a Cipro, ed ecco come formalmente sono stato adottato e reso cittadino americano all'età di dodici anni. Su Idara la mia città di nascita sarebbe stata l'Hole-27, ma alla fine non importava lì dove nascevi. Solo cosa potevi fare.

    languages
    Imparare la lingua è stato difficile, non tanto per parlarla, quanto scriverla. Ho avuto incertezze nello scrivere fino a più di vent'anni, indifferentemente se in americano o in spagnolo e portoghese, le due lingue che i miei genitori hanno voluto imparassi assolutamente. Quello che invece mi ha creato meno difficoltà è stato il cinese, ma solo scritto. Non dico che non sarei in grado di farmi capire nemmeno con tutto il tempo a disposizione senza un supporto grafico, ma il mio accento è veramente pessimo. E quella, la parte grafica, è quella che mi ha aiutato. C'è una logica di fondo, una volta colta quella, ti sembra di capire tutto, o almeno fartene un'idea. Sono le lettere ad essere sinceramente senza senso, ma se sono quelle a dover essere usate, beh, facciamolo. La verità è che sono rimasto fortemente legato alla mia lingua, non voglio dimenticarla per nulla al mondo. Mia madre era una linguista. La mia vera madre. E tutto quello che ricordo di lei, che non è molto - neanche il volto, pensate - sono le parole che cercava di insegnarmi. Dovevo capire, dovevo farlo perché su Idara anche capire un dialetto appena diverso vuol dire poter sopravvivere o morire. Per questo non voglio dimenticarla. Cole si è messo di impegno, ha cercato di imparare qualcosina, ma sono un insegnante pessimo: ad un certo punto ha detto che stavo diventando crudele, e ha smesso. È che sulla mia lingua so essere piuttosto pignolo, è vero.

    blood
    Sono un mago nero, questo significa che il mio sangue è Corrotto. Non fosse per gli esperimenti della mia famiglia, neanche potrei entrare in molti posti né girare liberamente. Quello che abbiamo, però, è un salvacondotto, se vogliamo chiamarlo così, un siero: a base di succhi gastrici di chizpurfle, pelle di girilacco e muco di vermicolo. Iniettato nel sangue maschera la Corruzione, almeno per quel tipo di analisi che potrebbe mettermi in una brutta posizione. Non indebolisce la magia nera, ma questo dipende ovviamente dalle quantità. Di solito ne faccio un'iniezione un giorno sì e un giorno no, se devo andare da qualche parte una dose extra diluita per aumentarne la copertura.

    work
    Il mio lavoro reale è il contrabbandiere, non giriamoci intorno. Riforniamo i negozi di animali di tutto il paese grazie ad una società di importazione di cui abbiamo molte azioni, circa 38% se consideriamo quelle di tutta la famiglia, che si occupa di creature esotiche, principalmente. Ottima copertura per quanto non è propriamente legale. Ad esempio, se c'è un circo che ha dei maledictus, delle sirene, qualche essere o animale particolare, potete star sicuri che dietro c'è la famiglia Buchanan con un buon sessanta per cento di probabilità. È una società di quelle che abbiamo rilevato per diversificare, gli introiti non troppo legali poi vengono annebbiati del tutto da... beh, il resto. Soprattutto la Li.La, la vera società di famiglia in cui sono entrato a vent'anni, mi sono fatto le ossa, da quando ne avevo ventisei circa mi hanno dato la possibilità di iniziare qualche progetto mio, un po' più innovativo, ma è a ventinove che sono diventato il direttore tecnico. Il capo dei nerd, in sostanza. Ora sto cercando di studiare gli effetti del sangue di vampiri e wendigo, perché sono convinto di poter trovare il modo sia di mettere in circolazione qualche droga nuova, ma soprattutto cercare di "rubare" il segreto dei potenziamenti di alcuni esseri per pompare un po' le persone. Per molti l'uso di questa tipologia di sangue può sembrare folle, ma ho un piano, su questo nessuno può aver dubbi.

    study
    Non ho fatto proprio il tipico percorso di studi. Sono stato a Ilvermorny perché i miei familiari volevano mi ambientassi subito in questo mondo, hanno atteso giusto un anno e mezzo perché imparassi la lingua, quindi ho iniziato al quarto anno. Non è stata una grande idea. Sono stato smistato a Wampus, ma il primo anno è stato duro. I rumori mi facevano scattare e alla fine mi hanno ritirato da scuola, se ci sono tornato è solo perché volevo dimostrare di potercela fare, ma ho prima dovuto fare un percorso un po' più lungo. In seguito, ho continuato gli studi, ma senza frequentare, visto che ho subito cominciato a lavorare della società di famiglia. Ho ottenuto i voti migliori, una doppia laurea in Biologia e Chimica, di cui la seconda presso un'università francese di Nantes affiliata al Congresso degli Alchimisti. Ha poi fatto una scuola di specializzazione in Valutazione e Gestione del Rischio Chimico e una in Microbiologia e virologia.

    abilities
    Ormai dovrebbe essere chiaro: sì, sono piuttosto portato per l'alchimia. Non per nulla sono riuscito a diventare un animagus, anche se non mi sono mai registrato. L'animale in cui riesco a trasformarmi è un uroplato, un geco dall'aspetto simile ad una foglia secca, con cui vengo facilmente confuso, in effetti.
    Una volta, avevo anche un'altra abilità, ma qui è inutilizzabile. Su Idara ero un Riemerso. Praticamente, non potevo morire, o qualcosa di simile. Quando mi usavano come kamikaze mi bastava ritornare con l'anima nel corpo, et voilà, mi rialzavo sulle mie gambe. Il problema erano le ferite per cui in effetti morivo: se c'erano detriti, i tessuti non si risanavano, per cui o mi capitava di morire ancora e ancora finché qualcuno non faceva qualcosa, oppure di provare un dolore di inferno finché non toglievano qualunque cosa ci fosse nel mio corpo. Durante l'addestramento, infatti, usavano dei proiettili di etere speciali, in modo che si disciogliessero nella testa e tornassero all'arma. Certo, perché dovevano essere sicuri che fossi un riemerso, dovevano studiare la cosa. E poi abituarmi ad essere subito operativo, mica morire poteva essere una scusa per attardarmi in una missione.
    Una cosa difficile è stato abituarsi a questo pensiero, quello che qui, sulla terra, non si torna indietro. L'anima finisce nell'aldilà, non puoi ritornare nella carne e ricominciare come se niente fosse. Se devo essere sincero, questo fa un po' paura, più dell'essere un bambino-soldato. Se devo essere ancora più onesto, è anche rincuorante. Anche su Idara la gente non pensa molto a che significa essere un Riemerso. Pensano al fatto che loro muoiono come mosche, piuttosto. Io però ci ho pensato. Ho pensato che sarei diventato vecchio, quando nessuno l'avrebbe fatto con me. Ho pensato che tutti avrebbero raggiunto la loro fottuta spiaggia, io non avrei mai nemmeno saputo com'era la mia. Ho pensato che quando il mio corpo avesse iniziato a cedere, sarei rimasto in un limbo in cui sarei morto e riemerso all'infinito. Ma a parte questi pensieri cupi ero un bambino allegro, giuro.

    live
    Dal 2018 vivo in un loft nell'Upper Side (New York), che è praticamente la prima casa che rispecchi me, al 100%. La mia famiglia, i Buchanan, possiedono un'appezzamento di terra fra Lake Charles e Deatonville, in Lousiana, dove stanno stabilmente. Ho vissuto lì per gran parte della mia vita, in mezzo alla palude, sulle rive del lago, in una casa che è forse piccola per quelle che ho capito sono le loro possibilità, ma storica. È lì fin dal primo Buchanan che si è arricchito in America, nel 1843. In realtà in Lousiana abbiamo altri posti, uno si trova a New Orleans, dove ho vissuto anche per lunghi periodi, quando lavoravo per mio padre e dovevo andare spesso a Slidell. Ma Lake Charles è speciale. Quando avevo diciassette anni ho capito davvero quanto amassero i Buchanan lì, perché dopo Rita - l'uragano - e l'incidente petrolifero a Sulphur vedevo un via vai infinito di gente che cercava mio padre, gli parlava come se tutta quell'area gli appartenesse. Le persone per strada a momenti baciavano la terra dove camminava. Da quando porto questo cognome anche io laggiù ricevo lo stesso trattamento. Sono un Buchanan, in fondo.

    family
    Peter Buchanan - 11/03/1950
    Janeka Lathan - 02/04/1954
    Asher Buchanan - 13/12/1981
    Cole Buchanan - 29/08/1986
    Se la mia storia sembra un discorso lungo, questo lo sarà di più, quindi sedetevi, prendetevi il vostro tempo, perché per capire come sono fatto, bisogna capire la mia lingua natia. Sembra strano da dire, ma è così, perché è una lingua che struttura proprio il modo di pensare, e infatti noi impariamo a parlare bene più tardi, così come abbiamo un'infanzia più breve, e non solo perché diventiamo presto soldati: un bambino di cique anni di questa dimensione, è meno maturo e cognitivamente sviluppato di noi, perché ci mette più tempo per raggiungere alcuni gradini evolutivi.
    Partiamo dalle basi. La prima cosa importante da sapere è che per parlare l'Idarian devi sapere già in partenza cosa dire. Quante frasi userai, ad esempio, motivo pr cui da noi non c'è retorica, sono frasi semplici, brevi. Abbiamo un suono peculiare per ognuna di esse, a seconda della posizione gerarchica, così le parole della prima frase saranno tutte legate dal suono "sj", pronunciato due volte nel caso di subordinate, un caso piuttosto raro comunque. Via via che si va avanti si ha "hœ" per la seconda, "zh" per la terza, "vį" per la quarta e infine "nhġ" per la quinta. Se proprio in un discorso ci sono più di cinque frasi, e non è così frequente, se volete saperlo, bisogna aggiungere "teṝ" prima della primissima parola, quando invece di solito quello è il posto dove inserire il cardinale strutturale, ovvero i suoni che vi ho elencato sopra. In questo modo una persona sa sempre più o meno quanto lungo è un discorso, a che punto di questo sia, e via dicendo. Questo significa che nessuno di noi pensa parlando, sappiamo già cosa vogliamo dire. Del mio carattere questo dice tanto, perché anche se le lingue che ho imparato poi mi danno una libertà e una noncuranza che sinceramente mi piace, per me organizzarsi prima è un'abitudine. Non vado all'avventura, mi informo, non faccio qualcosa che non so dove porti o di cui non mi interrogo sul punto d'arrivo: parto sempre dalla fine.
    Un'altra cosa da sapere, è che la nostra lingua non ha lo stesso identico suono, almeno non per le parole. Quelle sono cambiate e possono essere molto diverse - almeno per chi ha orecchio - a seconda della città, ma sappiamo come si pronunciano in modo quasi universale. In pratica questo è possibile perché al posto delle vostre amate lettere abbiano dei tratti, che spesso non rappresentano una sola parola, ma più di una. Per intenderci, considerate la parola "Dhomar", il nome della mia città, la seconda ovviamente. Dato che è una città, la sua scrittura ha un tratto lungo e spesso in cima, che sta a indicare un luogo. Il tratto alla base, sottile e più curvo, indica il complemento, quindi varia a seconda di come "Dhomar" viene messo nella frase. Al centro c'è il simbolo. La prima metà, quella a sinistra, indica come va letto, dove mettere l'accento e simili, mentre la seconda è ciò che riconduce al concetto di Dhomar e nessun'altra città, che spesso nel caso delle città, è il segno che compare anche nelle bandiere. Se dovessero esserci altre cose, come un aggettivo, questo andrebbe a destra, in un piccolo tratto, e il tutto racchiuso in un quadrato che faccia capire che in un solo simbolo sono racchiuse più parole. "Dhomar" come soggetto quindi si scrive così. In sostanza, la nostra lingua scritta ha una logica sottostante, una specie di libretto di istruzioni. Ed ecco quello che cerco nella vita: un libretto di istruzioni. Mi piace che la maggior parte delle cose possano ridursi ad una sorta di regola a cui attaccare come post-it le varie eccezioni, mi piace estrapolare regolarità, mi piace che tutto possa ridursi a minimi termini da ricombinare in qualcosa di più complicato. È così che le cose possono farsi veramente universali, che si può affrontare ogni situazione cercando di non lasciarsene travolgere. Bisogna essere flessibili, in sostanza.
    Se sembra una lingua che ha una regola per tutto, pensate che ne ha una sola per l'ordine delle parole in una frase. La prima è il soggetto, sempre, la seconda il verbo, e anche qui, sempre. Tutte le altre vengono posizionate di solito a seconda del suono, variano un po' le consuetudini da posto a posto, ma la regola fondamentale è quella che vi ho detto. E se vediamo questa come una metafora, potremmo dire qualcos'altro di me: io sono, tutto il resto è caos. Perché è così che è. Forse non mi sono mai chiesto chi io sia come carattere perché non è una cosa così normale da noi, di solito ci dicono cosa essere e vediamo che farne di quell'informazione. Ma una cosa è certa, il mondo è caotico e siamo noi a doverlo semplificare, a dover passare un po' su tutto.
    La cosa curiosa, a mio parere, sono i nomi propri. Non hanno un vero e proprio significato, ma è come se lo avessero. Il mio, ad esempio, è legato ad un numero, l'1, proprio come il nome che ho scelto quando sono arrivato qui, così è come se il mio nome fosse lo stesso. E in effetti è così. Si scriverebbe nello stesso modo, quello che cambierebbe sarebbe quella prima metà del simbolo, che definisce come leggerlo. Infatti si capisce che un nome è un nome proprio di persona non per il simbolo in alto, che indica solo che è un'etichetta, ma perché le regole fonetiche sono letteralmente inventate. Quando lo si scrive si decide come si pronuncia, di base, andando a modificare quella "tipica". Il simbolo non è propriamente quello dell'1, ma una sua versione modificata, perché in sé ha diversi tratti, come quello che indica la città di provenienza. Tradotto, infatti, sarei Zane da Dhomar, e questo perché i tratti che indicavano Hole-27 sono stati cancellati. Ho pensato molto a questa cosa perché mi sono chiesto se un nome dicesse davvero qualcosa di sé, dell'identità, così come chi lo dà, come viene scelto, e altro. Quello a cui sono arrivato è che le persone non sono mai così definite come gli piace pensare, più probabilmente il prodotto di quello che hanno vissuto, ma con la possibilità di cambiarlo un po'. Nel mio caso specifico, ciò che il mio mondo ha fatto di me è quel numero 1, quale che sia il nome con cui lo si vuole pronunciare, ciò che più strettamente sono io è la prima parte del mio nome scritto, ovvero quello che decide come ciò che sono stato fatto venga pronunciato.
    Ancora oggi, le cose personali, le scrivo in Idarian. Sono passati secoli, così sembra, e molto ho cercato di dimenticarlo perché se no non si può vivere. Non si può mettere nella propria storia un'esperienza come quella che abbiamo avuto a Idaria, bisogna chiuderla in un angolo della mente, e farne trapelare solo un po'. Scrivere in Idarian e parlarlo ogni tanto è un po' il mio modo per farlo in modo controllato, perché davvero, ricordo ogni cosa. Ricordo le sensazioni, come cicatrici, ma alla fine sono solo quello. Epitelio ormai risistemato, di cui il segno si vede se lo si guarda. All'inizio avevo incubi, scatti di rabbia, anche se quelli erano una rarità. Il peggio era che mi sembrava di stare solo lì, a guardare come tutto accadesse. Nel corso del tempo gli incubi sono scemati, per sicurezza comunque non uso droghe che possano in alcun modo innescare qualcosa che non voglio. Quella sensazione, di veder tutto accadere, si è affievolita, seppellita con tutto quello che ho avuto modo di preparare. I Buchanan su questo mi hanno dato diverse occasioni, hanno fatto fermentare dell'ambizione, e finché ho il mio lavoro, non mi serve altro. Sono anche bravo a farlo, probabilmente perché scrupoli ne ho davvero pochi. È quello che mi hanno detto, perché questa è la parte di cui sono meno consapevole, il motivo per cui mio fratello Cole mi controlla di tanto in tanto, assicurandosi che non mi spinga oltre il segno. La difficoltà, sicuramente per come sono cresciuto, è che quello che gli altri provano non è così d'impatto per me. Sono quasi sicuro che se prima fossi potuto morire, o se avessi continuato a non poterlo fare adesso, nemmeno mi preoccuperei della mia vita, perché molte volte mi sono trovato a sottovalutare la situazione, accorgendomi solo tardi, per la scarica di paura improvvisa, che stavo per rimetterci la pelle. Immagino che questo sia un modo per dire che a volte... ok, spesso, sopravvaluto un po' le mie capacità.

    istj-a — logista
    istj-a — logista
    istj-a — logista

    identitàmenteenergianaturatattica
    determinato - 64%
    estroverso - 39%
    realistico - 83%
    principi - 12%
    pianificazione - 90%
    prudente - 36%
    introverso - 61%
    intuitivo - 17%
    logica - 88%
    ricerca - 10%
    myself above
    myself above
    myself above
    appearance
    appearance
    appearance
    HEIGHT
    182cm - 5.97ft
    WEIGHT
    81kg - 178,6lbs
    SHOE SIZE
    43 - 9.5
    HAIR
    Black
    EYES
    Dark Brown
    ETHNICITY
    White
    SCARS
    Riemergere non vuol dire non avere cicatrici. Ho quelle di una bomba parata letteralmente di schiena, per proteggere all'ultimo secondo i miei compagni. Hanno formato un Pollock di pelle più chiara che va dal fianco lungo tutta la parte sinistra della schiena, fino alla scapola. Ed è un bene, perché quasi non si nota il punto dove mi si è conficcata una lamiera, trasversalmente a questa cicatrice. Quello che si notano invece sono le mani scarlatte che ho su tutta la schiena, fino alla cima delle spalle. Non sono mai andate vie, anche se è passato molto tempo. Sono i segni di quelle "anime" per me invisibili che cercavano di tenermi morto.
    Pancia, due coltellate. Una quattro dita sotto lo stomaco, tre a destra, l'altra di poco sopra l'inguine. In faccia, si vede da vicino, nelle foto è un po' ritoccata per l'immagine, una cicatrice che copre lo zigomo sinistro. Medio della mano destra: un taglio sulla prima nocca, una bruciatura di lato, verso l'anulare. Mignolo, bruciatura a metà del primo metacarpo. Polso sinistro, quattro tagli in parte sovrapposti. Non ne voglio parlare. Torace sinistro, come un buco verso l'attaccatura della spalla. Orecchio destro: manca un pezzetto in cima, si vede quasi per niente. Interno bocca, sotto il labbro inferiore. Coscia sinistra: foro d'entrata e di uscita di un'asta di metallo. Narice sinistra, la curva dell'attaccatura alla faccia ha il segno di quando me l'hanno riattaccata. Petto. Taglio al centro all'altezza del cuore. Sulla nuca non so quante siano le cicatrici dei fori, ho perso il conto a sette, ma si sentono prettamente al tatto, dato che ci sono i capelli. Non vado in spiaggia con i miei. Da solo, invece, mi piace, ci vado spesso, qualche volta anche con amici.
    [Mappa cicatrici e tatuaggi]
    TATTOO
    Non sono un amante dei tatuaggi, alcuni però li ho fin da bambino, da quei tempi lì. Si tratta del simbolo di disillusione, sul dorso della mano sinistra, quasi all'altezza del polso; il cerchio per l'incanto Mustang sul dorso sinistro e quello per il dominio sugli elementi (I-I anno) sull'avambraccio destro. Il riassunto è più o meno questo, ma c'è da dire che sono tutti rimaneggiati, perché a Dhomar si usavano in modo un po' diverso. Ci sono dei tratti aggiuntivi che laggiù servono a preservare la stabilità degli incantesimi eterici, che qui sono praticamente linee inutili di inchiostro. Al posto delle formule ci sono ovviamente parole nella lingua di Idara, che non è esattamente come quella di questa dimensione. A prima vista, insomma, se anche si capisce che cazzo di cerchi sono, si capisce pure che sono veramente strani. Ora, è vero che un po' tutti possono vedere che sono un alchimista, ma di questo non me ne preoccupo. Ok, la verità è che lo saprebbero comunque anche i muri, quindi lasciamo perdere. Preferisco la praticità, quindi poter dar fuoco ad uno stronzo senza dovermi prima disegnare il cerchio. Per il resto ho solo un altro tatuaggio, fatto in questa dimensione, senza stronzate magiche appresso. È un tridente sulla schiena. L'ha scelto Cole, la verità è che nella sua testa doveva rappresentare tutti e tre, me, lui e Asher, ma solo noi due ce l'abbiamo. E a volte ci piace scherzare dicendo che è perché "Asher è uno stronzo", che per inciso, è proprio come un motto. L'abbiamo fatto qualche anno fa, prima che si sposasse. In un certo senso è come se fossimo ufficialmente diventati fratelli, per davvero.
    OTHER
    Due denti finti, un canino e un molare, entrambi a destra. Non si dovrebbe vedere la differenza, dicono, ma a guardarli con attenzione hanno un colorito un po' più spento rispetto la mia dentatura, di un bianco invidiabile. Mettiamo anche la barba, di solito alla stessa lunghezza, stessa forma, più o meno da una vita. Non nego che a volte mi piace lasciarla crescere un po', è il me "vacanziero". Credo che il naso sia da annoverare fra i segni particolari perché è dritto, non rotto, e non è una cosa così frequente per un Riemerso. Ho il pomo d'Adamo molto sporgente e molto vivace, il che significa che consta da solo del 30% della mia intera gamma espressiva. I braccialetti li metto sempre al polso sinistro. Il mio abbigliamento varia molto a seconda dell'occasione, con la mia famiglia è quello del tipico ragazzo privilegiato, molte camice, elegante casual, molti cardigan. Solitamente, preferisco canottiere e camice aperte quando posso stare tranquillo, total black per quando lavoro nella parte illegale della mia vita. Alla Li.La sempre con il completo, mai con la cravatta. Ora non esageriamo. Uso il profumo, sempre, se non al solito quando devo tenere un profilo più basso, e sì, sto parlando di quando non faccio le cose proprio alla luce del sole e via dicendo. Vétiver di Dior, il profumo, dico, dall'odore legnoso, retrogusto di caffè per esaltarne la nota selvatica.
    I capelli li porto sempre un po' lunghi, di solito per coprire i segni sulla nuca, ma non così tanto da dare un'aria sfatta. In generale, mi piace essere curato, e questo in ogni occasione. Unghie corte, pulite, sopracciglia sistemate (sì, si sistemano e sopracciglia) e tutto il resto.
    it's deep in your bones, go and take it
    it's deep in your bones, go and take it
    it's deep in your bones, go and take it
    days lost 'n' found
    days lost 'n' found
    days lost 'n' found
    ▲△▲△▲△▲
    002800081988
    La mia storia inizia su Idara. Dire che le cose lì funzionano diversamente sarebbe un eufemismo. Tanto per cominciare, lì c'è stato L'annegamento secoli fa. Per come mi hanno raccontato la storia, i Vescovi, appartenenti ad un popolo che all'alba dei tempi ci ha invaso, hanno causato una serie di esplosioni simultanee in tutto il globo. Come effetto di queste esplosioni il mondo dei morti e quello dei vivi si è mescolato, accavallandosi uno sull'altro con l'apparizione delle Spiagge, luoghi di transizione in cui tutte le anime passano prima di andare nell'aldilà. Quando un persona muore inizia un processo simile ad una "necrosi dell'anima", chiamato "Collasso", per via dell'impossibilità per le anime di raggiungere l'aldilà superando la Spiaggia, così cercano invece di ricongiungersi al loro corpo. Questo tentativo li trasforma in esseri chiamati "Manifestazioni". Praticamente, vivevamo isolati sottoterra in un mondo inospitale, perché se no c'erano loro, le Manifestazioni, e c'era la guerra. Il posto dove sono nato era chiamato Hole-27, ci vivevano 5-6 famiglie diverse, fra cui la mia.
    000300021993
    Sinceramente non ho molti ricordi dei miei genitori, il che è strano, perché ricordo più o meno gli eventi che mi hanno portato a Dhomar, persino l'angoscia generale quando Quincy è sparito. Uno di noi che spariva voleva dire pensare fosse morto, e se il corpo non veniva bruciato, sarebbe diventata una Manifestazione, proprio lì, nelle gallerie sotterranee che chiamavamo casa. È quello che è successo. Hanno trovato un cunicolo franato, hanno fatto due più due, e così siamo scappati. Non sapevamo niente del mondo fuori Hole-27, per cui adesso mi viene da pensare che incappare in qualcosa in cui non dovevamo non era esattamente una sfortuna, quanto inevitabile. E infatti è quello che successe. Arrivammo vicino Dhomar, abbiamo provato a nasconderci per cambiare strada, ma è stato inutile. Ci hanno uccisi tutti pensando fossimo nemici, e dico "ci" perché sì, hanno ucciso anche me. È così che si scopre di essere un Riemerso, mica ti piazzano un'etichetta alla nascita, o una medaglietta di riconoscimento. In pratica, i Riemersi, sono dei rari esseri umani che hanno sviluppato l'abilità di tornare dal mondo dei "morti" (non sin dall'aldilà, dove nessuno di noi va davvero) guidando la propria anima fino al corpo così da letteralmente resuscitare, risvegliandosi nel proprio corpo e a poca distanza dal cratere generato dal loro decesso.
    000600021993
    Ed ecco cosa sono. Quando si sono accorti che da morto non ero poi tanto morto, mi hanno subito preso per farmi unire agli altri bambini-soldato. Quelli come me, i Riemersi, erano incredibilmente utili, perché spesso ci usavano tutti come kamikaze, la differenza era che uno come me poi poteva essere usato di nuovo. E poi il nostro sangue era diverso, feriva le Manifestazioni quando sembrava che nient'altro potesse. Se volete uno spoiler, è il motivo per cui mi hanno subito fatto diventare un mago nero. Vivevo in un dormitorio dove c'erano altri diciannove bambini, tutti ammassati in letti a castello. La mia branda era la numero 11, quella sotto Shaw. E Shaw era un po' il bambino con cui ho più legato, quello più socievole, o forse solo il più vicino con il letto che non fosse Blake, a cui davo quotidianamente calci notturni nella speranza smettesse di russare. Ci si aspetta che uno come me potesse avere un trattamento di favore vista la mia abilità, ma in realtà ero sacrificabile quanto gli altri. Più di altri, perché alla fine che potevo fare, uccidermi? Non funzionava, e lo so. Quella di tornare indietro è un'abilità volontaria, ma ha anche dell'involontario. Diciamo che la parte "volontaria" è quanto metterci a riprendersi, che se impari a farlo bene la transizione si accorcia un po', ma no, non puoi evitarlo. È come se l'anima avesse un collegamento indissolubile con il corpo, ne viene attirata quanto un magnete. Tornare indietro quindi consiste nel seguire la forza, non farlo invece lottare ogni istante contro qualcosa che appare incredibilmente naturale. E quando arriva la paura di andare realmente oltre, alla fine si torna sempre "a casa".
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    Non voglio però dilungarmi su questa parte della mia vita. Ero un bambino soldato, questo è tutto quello che c'è da dire. Ero un mago nero già allora, come dicevo. La magia del sangue lì... beh, è una cosa che per quelli come me è molto indicata, e la mia scelta era la loro scelta. Sono stato in quella milizia per 2.586 giorni, ovvero 85 mesi. Sette anni. Poi, Dhomar è stata praticamente rasa al suolo, e noi siamo riusciti a scappare e raggiungere una di quelle città da cui potevamo sperare di chiedere asilo altrove, come rifugiati. Eravamo Shaw ed io, alla fine, non ho voluto ricordare il nome degli altri che non ce l'hanno fatta, nemmeno di quello straniero che molti pensavano avesse tradito la città con i Vescovi. Eravamo Shaw ed io, a fantasticare su cosa avremmo trovato oltre. Solo che io ho avuto paura. Paura di un mondo in cui, se avessi fatto una cazzata, ci avrei rimesso la pelle. Ero un po' desensibilizzato alla morte, se devo dire, soprattutto la mia. Qualche volta lo facevo per scherzo, per tirare su il morale agli altri bambini che stavano a Dhomar. Inutile dire che quella è un'abitudine che mi sono dovuto far passare. Quando i documenti per farci andare via arrivarono mi sembrò tutto troppo reale. Riuscii a scappare di nuovo, anche se senza andare molto lontano. Mi nascosi in una discarica di rottami stesso ad Ordar, provavo a rubare qualcosa per mangiare ma era un posto che non conoscevo, e preferivo non rischiare viste le conseguenze che potevano esserci. A dirla tutta, non le conoscevo le conseguenze possibili, ma di certo non sarebbero state ottime. La mia fortuna fu incontrare Anna, o meglio, che lei mi trovò. Mi fece spostare in un palazzo abbandonato dove costruii le trappole e le misure di sicurezza che mi avrebbero fatto sentire al sicuro, e lei mi portava da mangiare. Non lo nego, per me era come quello che qui si chiamerebbe un angelo. Riuscii a resistere così addirittura per qualche mese, finché una notte, non mi trovarono. Erano contrabbandieri, vendevano esseri umani nelle varie dimensioni dal porto, un modo come un altro per tenere la città pulita. Ed è così che sono finito a Cipro. I Buchanan mi hanno comprato lì, pagando profumatamente per legalizzare la mia posizione di rifugiato, visto che i documenti per l'espatrio c'erano già. Quando venni adottato, avevo dodici anni, era il 3 gennaio del 2001. Molti si chiederebbero perché adottare qualcuno così grande, e la risposta è per pubblicità. Ne fecero una vera e propria campagna: il povero bambino che veniva da una zona di guerra ed era finito a Cipro, dove comunque vedere i militari per le strade era all'ordine del giorno nonostante non ci fosse più la guerra. Ne ho saputo tanto fin da subito, perché all'epoca Asher era in quella fase della sua vita in cui potremmo dire che era particolarmente zelante. Zelante, sì.
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    Parliamo un attimo di Asher. Asher è il maggiore della famiglia Buchanan, famiglia che è a capo della Li.La, un'azienda farmaceutica di quelle che insieme alle lobby delle armi decidono come vanno le cose in America. Quindi se il nome vi è "familiare", ora sapete perché. Come primogenito Asher ha sempre avuto davanti una vita che dire privilegiata è un eufemismo, il che l'ha reso particolarmente consapevole di come il mondo gli appartenga. Quando sono arrivato, lui era al secondo anno del Brakebills, dove faceva parte di un club d'elite, aveva la sua giacca di una confraternita di cui poi è diventato ovviamente leader, faceva le sue vacanze nel Vermont. Purtroppo è anche piuttosto sveglio, e dico purtroppo perché questo lo rende incline ad un certo autoritarismo manipolatorio, e Cole, il secondogenito Buchanan, ne sa qualcosa. Cole è più fiscale, più ligio alle regole, a volte al limite della nevrosi, vive nell'eterno complesso di non poter essere come Asher persino se questo è a mio avviso un fatto positivo, non certo un grande cruccio. E sì, Cole mi è sempre risultato più simpatico. Quando sono arrivato dai Buchanan, Asher aveva appena passato un brutto periodo. La Li.La non aveva avuto una crisi perché questo sarebbe ovviamente impossibile, ma erano usciti comunque articoli poco lusinghieri su Janeka e Peter Buchanan. Lei, soprattutto, era stata un po' criticata perché non era schierata pubblicamente contro il razzismo, non aveva fatto una qualche dichiarazione per appoggiare le persone di colore nonostante lei lo fosse. Come se poi lei avesse mai avuto idea di cosa significasse nascere dalla parte sbagliata del mondo. Peter Buchanan, invece, a quanto pareva aveva fatto accordi con alcuni governi in Medio Oriente, e rifiutato di vendere a basso prezzo il suo vaccino contro l'influenza aviaria. Questo è quello che Asher mi ha detto subito per spiegarmi perché mi avessero adottato: serviva una buona azione d'impatto, ecco tutto. E perché lui passava un brutto periodo? Perché pare che al Brakebills passasse gli esami riuscendo nell'ardua impresa di essere in due posti contemporaneamente: in aula, ad aggiudicarsi un 30 e lode, e al bar o a ubriacarsi con gli amici sul campo da quodpot. E no, non ho invertito due parole per problemi di lingua, si ubriacava davvero mentre stava sulla scopa. Quando pensavano che il potere della famiglia Buchanan si fosse un po' affievolito, cosa che poteva essergli perdonata visto che erano a New York, esposti alla stampa, e non in Louisiana dove avrebbero potuto vedere come nulla fosse cambiato, alcuni professori decisero di porre fine alla cosa. Riuscirono ad avere delle prove del fatto che stesse imbrogliando e misero su un casino. Vennero fuori anche cose minori di cui Asher non parla e che in famiglia non si dicono, ma di certo qualcosa di non così minore che faceva con il suo piccolo club di gente ricca. Tornato a casa per le vacanze di primavera, trovò me, incartato in una bellissima storia di salvezza, nelle foto in cui Peter aveva consigliato di non farlo apparire per il momento, con la scusa che tanto era al college, non sarebbe risultato strano. Per qualche mese quindi la sagoma che di solito era Asher Buchanan, alto un metro e ottantotto e largo quanto un armadio, era occupata dal piccolo Gilles Buchanan, nuovo acquisto - e qui mi concedo una battuta, anche se formalmente sono stato normalmente adottato - della famiglia. La cosa non gli è piaciuta per niente. Sinceramente non gli faccio una colpa di quelle frecciatine velenose sul motivo per cui fossi lì, me n'è sempre importato poco.
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    Non ero in tempo per frequentare Ilvermorny, ma Peter e Janeka ci tenevano che ci riuscissi. Si concentrarono sulla lingua, perché le mie conoscenze magiche erano già avanzatissime visto che, beh, mi servivano in guerra, e cercarono di farmi arrivare in tempo per il quarto anno. Grande errore. Quando arrivai in questa dimensione ero passato dall'essere terrorizzato dalla morte a non provare semplicemente niente. Non capivo neanche niente, era un mondo del tutto diverso. Non capivo perché, ad esempio, le persone rischiassero di morire, a volte pure troppo. Prima di tutto vivevano alla luce del sole, suonava pericoloso, motivo per cui stare sempre chiuso in casa a studiare mi andava più che bene. Mi rintanavo sempre in una cantina, sottoterra, dove Peter teneva i vini. Pensò fossi interessato di vini, mi riempì la testa di informazioni in merito, ancora adesso posso ritenermene quasi un esperto. A parte il vivere assolutamente allo scoperto, non c'erano pericoli di attacchi imminenti, nessuna bomba in centro cittadino, una realtà tutto sommato sicura. Svanito il panico dato dall'idea di una mia morte imminente, smisi di interessarmi quasi a tutto. Le cose mi passavano davanti, immagazzinavo informazioni come fossi ad un nuovo addestramento, meccanicamente chiamavo Peter e Janeka "papà" e "mamma" perché così andava fatto. Un giorno mentre andavamo in macchina in ospedale per alcuni controlli, un ubriaco ci venne addosso, e io d'istinto alzai una barriera su Cole, dal lato dello schianto, l'unico momento in cui ho forse rischiato di morire. Tutti erano fieri di me, per aver salvato mio fratello maggiore, mi diedero anche una medaglia simbolica per il gesto e sfruttarono la cosa per qualche articolo e foto di famiglia. Cole mi prese più in simpatia. Eppure, se devo dirla tutta, non provai niente. L'ho fatto per abitudine, era quello che si faceva a volte. Anzi, nel momento dello schianto, quando il mio cervello registrò che stava per accadere e iniziò a vedere tutto a rallentatore, mi sembrava quasi di essere altrove. Feci quello che avrei fatto sempre, il rumore dello schianto però mi catapultò di nuovo laggiù. E per un momento, quello in cui Cole ha alzato la testa e mi ha guardato con occhi sgranati e sotto shock, al suo posto ho visto la faccia di Shaw.
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    C'è una parte di me che non vorrebbe mai raccontare questo pezzo di storia. È quello in cui tutto scivolava via, senza senso, dietro la pressione di dovercelo dare un senso. È quella in cui mi sono reso conto che la mia casa era diversa, perché sembrava volermi far tornare laggiù, sovrapponendosi a quello che avevo intorno. Gli incubi non avevano mai smesso. Ero abituato a dormire con i cerchi disegnati addosso. Alcuni, in realtà, ce li ho tatuati dall'età di nove anni. I momenti in cui ero sveglio erano quelli in cui stavo più tranquillo, ma da quell'incidente, non mi è stata restituita la stessa pace. Iniziò a capitarmi di vedere la faccia di Shaw dal nulla, come un fantasma. Un'allucinazione molto vivida. Quando andai a Ilvermorny, per il quarto anno, non riuscii a reggere. I giochi degli altri ragazzi erano rumorosi, mi facevano scattare per niente. Nel dormitorio dei Wampus, una sera arrivai a infilare un mio compagno nel camino, senza minimamente pensare alle conseguenze. Anche i richiami, i discorsi degli insegnanti, per me non significavano nulla. Capivo che per loro non ero come altri ragazzini con poca disciplina, perché io la disciplina ce l'avevo. Rifacevo sempre il letto alla perfezione, ero sempre puntuale, studiavo più degli altri, mi impegnavo, mangiavo in silenzio ripulendo bene il piatto. Non si riusciva a prevedere cosa mi facesse scattare, un rumore, il più delle volte, ma come reagissi lasciava tutti senza fiato. Mi portarono via prima che l'anno finisse, Peter, mio padre, era preoccupato per come avrei potuto reagire ai festeggiamenti per la fine dell'anno scolastico. C'erano stati troppi incidenti, troppe cose a destabilizzarmi, come la mia amicizia con Desmond, che alla fine mi ha fatto capire molte cose, non proprio nel modo giusto, ma con il senno di poi sono state quelle che mi hanno aiutato ad apparire più normale.
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    Mi portò da una psichiatra specializzata in traumi infantili simili ai miei, e lì, per la prima volta, dissi qualcosa che mi sorprese, perché non ci avevo mai pensato. Avevo come maturato il pensiero che sarei andato via da Dhomar con Shaw, che ne sarei uscito perché lui voleva uscirne così tanto. Con Anna ero stato bene perché anche se era Ordar e non Dhomar, era comunque come se non fossi mai andato via da lì. Senza Shaw, quindi, pensavo che semplicemente sarei sempre rimasto lì con la testa. Ad una seduta con la dottoressa Lanetti venne anche mio padre, così che potessimo parlare insieme. Gli parlai dei miei progressi, di quella cosa che ci eravamo detti su come sentivo di non potermi lasciare davvero Dhomar alle spalle senza Shaw. All'inizio non capii cosa stesse pensando, annuiva, faceva molte domande per capire la questione, ma non diceva niente. Fu fuori che invece mi sorprese, perché mi disse che avrebbe fatto il possibile per trovare questo bambino, ma ovviamente era una ricerca impossibile. Però ci ha provato, questo per me è stato importante, anche se la nuova famiglia di Shaw non ci ha voluto mettere in contatto so che è qui, dove sono io. E alla fine gliel'ho detto, che ho trovato una casa. Almeno, gli ho scritto un messaggio. Il simbolo che usavamo per il nostro dormitorio, pronuncia di famiglia, ma con il trattino di un luogo, e nient'altro. Un solo grafema che poteva dire tutto quello che andava detto. Come la firma. Con il complemento di compagnia. Se gliel'hanno dato non lo so, ma quello per me è stato il punto e a capo.
    Quell'anno Cole finiva Ilvermorny e sarebbe passato al Brakebills. I nostri genitori non volevano mandarmi di nuovo lì, figurarsi poi senza la supervisione di Cole, che già era diventato il mio ligio babysitter. Un lavoro ingrato, il più delle volte. Comunque io invece volevo riprovare. Volevo impegnarmi per integrarmi, avevo capito che per quella famiglia questo era il genere di cose importanti da fare, quindi feci un patto: sarei tornato solo per il percorso M.A.G.O. e solo se fossi riuscito a reggere in una situazione simil scolastica decentemente. Non che ci fosse molta scelta, finii negli scout, o una cosa del tipo. Andavamo nelle paludi, ci insegnavano cose come la sopravvivenza. Per me una passeggiata, tranne quando tiravano fuori qualcosa su piante, alberi, cose che insomma si trovano in superficie ed evidenziarono la mia paurosa ignoranza. Ma andò bene. Studiai come un matto e scoprii anzi che tutta quella spiattellata ignoranza mi dava molto fastidio. Ancora di più quegli stupidi bambini che non vedevano l'ora di trovare un Buchanan in fallo. Comunque. Quando era semplicemente troppo facevo i miei esercizi, prendevo le mie medicine, e tutto cominciava a ovattarsi, nessuna rabbia. Con il tempo, molto tempo, ho riavuto controllo sulle mie emozioni, e ho potuto usare di nuovo magia nera, fino a quel momento bloccata.
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    A Ilvermorny sapevano del mio sangue corrotto. Sapevano che come bambino non avevo avuto davvero una scelta, che nel mio mondo funzionava diversamente. Avevo delle rune che mi bloccavano la corruzione perché ero troppo piccolo per affrontare una purificazione, se non altro perché la mia psiche era fragile e avrei potuto reagire in modi drastici. Senza contare che più tempo passi corrotto, più è - perdonate il francesismo - fottutamente doloroso. Avevo il mio piccolo accordo speciale, quindi, e anche una stanza privata, all'inizio, solo all'ultimo anno mi hanno rimesso in dormitorio, quando hanno visto che il ragazzino che era arrivato era diverso. Con il tempo, avevo imparato non solo a gestirmi, ma che simulare un certo grado di empatia cambiava di molto la percezione che avevano di me. E chissà, magari con il tempo l'avrei provata davvero. Di aiuto fu la mia amicizia con Nova, che è stata come una bussola morale. Capivo più o meno da come si comportava quando qualcosa fosse giusto o sbagliato, anche se lei aveva una personalità piuttosto flessibile in merito, ma era forse quello di cui più avevo bisogno. Quei due anni sono andati bene. Non dico che mi sia fatto chissà quanti amici, che sembrassi il ragazzo più normale del mondo, ma sono andati come avevo voluto che andassero.
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    Alla fine, quando tornai a casa, mio padre mi ha detto che potevo scegliere se farmi togliere le rune per bloccare la magia nera e farmi purificare oppure no, spiegandomi le conseguenze di ognuna di quelle scelte, e pure che se avessi voluto tenerla, essendo illegale, avrei avuto delle limitazioni importanti. Lì per lì non mi ha detto del siero, quello l'ha fatto solo quando gli ho detto che sì, volevo usarla di nuovo, non ci avrei rinunciato. Non è stata una scelta malinconica data dal ricordare i "bei vecchi tempi andati", che da quando ho messo il mio punto con quel messaggio a Shaw, sono andati e basta. Contrariamente a quello che si può pensare, mi piace la magia nera. Ha il giusto equilibrio di ordine e caos, un modo di imbrigliare quello che è fuori controllo, e poterlo gestire. E io, per quanto possa raccontarmela e fare la parte di quello perfettamente integrato ed equilibrato, sono fottuto, diciamocelo. La mia testa è un macello che si tiene in piedi per i punti messi qua e là che funzionano come confini stretti. Non bevo mai troppo, non uso droghe, non prendo niente che possa incrinare il controllo che ho su di me. Come dicevo, la mia testa è un gioco di incastri, a togliere un tassello la paura è che si porti dietro non tutto, perché per come è compartimentata è impossibile, ma ingenti parti che creerebbero un'immensa falla in tutta l'architettura, qualcosa che se non sarebbe irreparabile, potrebbe andarci vicino. No, ho sempre avuto bisogno della magia nera. Sembra strano in una dimensione in cui viene vista in modo tanto negativo, ma forse, per me è diverso. Lo è perché l'essere stato un Riemerso mi ha fatto pensare una cosa, ed è che l'anima, non è niente di quello che sentiamo ogni giorno. Quando morivo e mi trovavo fuori dal corpo, non provavo paura, né pace, né niente. Le sensazioni viscerali sono i più forti indicatori di un'emozione. Quello che provavo era distacco. Come un'allucinazione, sapete. Come essere dentro il proprio corpo, ma sentire che è un contenitore, quasi toccandone le pareti interne con le mani. In quei momenti non è corretto dire che non si prova nulla, perché c'è una sensazione prossima all'alienazione e all'angoscia, qualcosa che è solitudine, piccolezza, ma non ha il carattere negativo che si trova in queste parole, almeno non così tanto. È che si sente, senza sentire. L'unica cosa che si sente, è il grosso allarme quanto le Manifestazioni cercano di tirarti con loro. Un allarme enorme, che se fossi stato nel mio corpo sarebbe stato puro terrore, ma lì era... allarme, sì. Ora che ci penso, non so se qualcun altro ha provato questa sensazione che a me è capitata spesso nella vita, non solo quando potevo Riemergere. Mi è successo qui, in questa dimensione, svegliandomi alcune mattine e notando come la mia anima nel corpo fosse infilata in modo meno preciso, il che le permetteva di sentire i punti più stretti e asfissianti, quelli invece che andavano riempiti perché si era spostata. Quindi sì, per me l'anima non è nulla più che un'altra cosa che da sola potrebbe non valere niente. Se poi mettiamo insieme le due cose, anima e corpo, qualcosa ne viene fuori, e la magia nera è proprio quello che mette in comunicazione tutto tramite ponti di Corruzione. Ma non siamo qui per parlare di questo. Mio padre mi pose davanti una scelta, e io scelsi di tenermi la magia nera. Da allora la runa è sostanzialmente fasulla. E allora mi parlò del siero che avrebbe mascherato il sangue corrotto in caso di emergenza, quando la runa non fosse stata attiva. Cominciai l'università, ma non da frequentante, avevo altro da fare.
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    Come figlio di una famiglia importante, mi sono stati offerti dei posti, delle opportunità. Ho fatto delle esperienze lavorative fuori dalla Li.La per capire un po' cosa potessi fare, e poi ho approfittato del nepotismo. Mi piaceva lavorare in laboratorio, gli altri dell'equipe sono anche riusciti ad apprezzarmi al di là dell'essere il figlio del capo, forse perché mio padre ci ha tenuto a farmi fare la gavetta come tutti gli altri, anche se diciamocelo, questo non è del tutto vero. Sul lavoro mio padre era incredibilmente formale, gentile, si vedeva che era l'uomo più apprezzato nell'intero palazzo della Li.La.. Non credo di aver molto da raccontare di quegli anni. Asher si è sposato, un bellissimo matrimonio in maggio con un vecchio amico del suo club come testimone e questa povera ragazza, Femie, che sicuramente ha scelto perché faceva una signora figura. Bellissima, perfetta, così perfetta che persino se l'ha tradita milioni di volte sono ancora lì, sposati. E non è come si può pensare, che lei è "troppo buona per cacciarlo di casa" o troppo venale "per rinunciare ai soldi". Sono una coppia davvero ben assortita, anche se Cole non riesce ad andare oltre i tradimenti e non la pensa così. In un certo senso Asher è realmente ossessionato da lei, la manipola, è ovvio, ma è come se facendolo manipolasse anche se stesso. Poi è stato il turno di Cole. Lui ha sposato Ghita. Se devo dire mi ha stupito più lei. È gentile, dolcissima e... divertente. Molto divertente. Aperta, piena di vita, il che mi fa pensare spesso cosa ci faccia con Cole, ma anche loro stanno benone. Io no, non mi sono sposato, figurarsi. Io sono diventato un contrabbandiere.
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    Ci siamo tutti dentro fino al collo negli affari loschi di famiglia, ma io, ovviamente, più di tutti. Mio padre si fida di me più di tutti, per altro. Sa che se c'è da fare la cosa giusta, io la farò. Ho commesso un solo e unico errore, ed è stato Ines. Ho conosciuto Ines perché c'era un’azienda farmaceutica concorrente che voleva far crollare le azioni della Li.La e scoprire a cosa stavamo lavorando, se volete saperlo visto che ormai non è più un segreto, era un farmaco che potesse interrompere la riproduzione cellulare incontrollata portata dalle manipolazioni corporee alchemiche. Eravamo alla fase di sperimentazione sugli animali, ma dato che le cose in campo di ricerca sanno essere davvero lente a volte, avevamo pensato di oliare un po' di circuiti. Sostanzialmente, abbiamo cominciato in modo sottile con gli esseri umani precorrendo appena il permesso della commissione etica. Cercavamo soggetti papabili, li pagavamo per prendere il farmaco pronti a far passare la cosa - se fossimo stati scoperti - come un furto. Denunciato prima che questa operazione iniziasse, con la copertura piena della legge, quindi. E Feliz Castillo era uno di queste persone. Il problema è che il farmaco non permetteva di controllare bene le emozioni, provocava quindi esplosioni di rabbia e simili, ma solo in alcuni soggetti, probabilmente predisposti, e sì, Feliz Castillo, quella sonora testa di cazzo, lo era. La Akron Farmaceutic, quell'azienda rivale, l'ha comprato proprio perché era un idiota. Per fortuna sapevamo come tenerci stretti i nostri prodotti, infatti non è che gli dessimo il farmaco così, appellandoci al buon cuore che uno di loro non lo passasse alla concorrenza. Gli davamo una compressa alla volta, i nostri "spacciatori" che di solito si incontravano con i soggetti in parcheggi e simili si assicuravano che la prendessero. I pagamenti arrivavano tramite l'assicurazione sanitaria temporanea che copriva il servizio solo in alcune cliniche della zona, che ovviamente erano pagate da noi. I soggetti andavano lì una volta per una carie ai denti, una volta per qualche altra cazzata, e noi facevamo far loro le analisi di routine che ci servivano. Quindi Feliz Castillo, per quanto volesse mettercela in quel posto, non poteva farlo davvero. Ma era diventata una spina nel fianco comunque. Fu così stupido da fare degli acquisti che ci saltarono un po' all'occhio, e in niente mio padre capì che non eravamo i soli a pagarlo, probabilmente passava informazioni a qualcuno. E io ovviamente ero quello che doveva "occuparsi della cosa". Quindi ho piazzato una marea di cimici in casa sua, e l'ho controllato per un po'. Ed ecco come ho "conosciuto" Ines. Era la sua fidanzata. Non so se la picchiasse anche prima - lei diceva di no, ma potrebbe anche essere - fatto sta che come dicevo su Felix il discontrollo delle emozioni fu particolarmente brutto. Non so cosa mi abbia spinto ad avvicinarmi a lei, perché non si può dire che mi sconvolse molto di quello che le faceva. Lui era violento, io guardavo attentamente sul mio telefono di lavoro. Lui si accaniva, e io sempre a guardare. Ad un certo punto mi è preso qualcosa, lei lavorava come cameriera in un diner, e sono diventato cliente abituale. Sì, lo so, è stata la mia prima mossa stupida. Ma questa storia è cominciata come mio errore sul lavoro, quindi c'era da aspettarselo. Un giorno Felix è arrivato, l'ha trascinata sul retro, e... lo sapevo cosa stava per farle. Ho aspettato di essere sicuro che non mi vedesse perché sarebbe stato un errore troppo stupido, poi sono intervenuto. Con lei. Ok, non era previsto nemmeno questo, in realtà, è solo che quando ha iniziato a piangere, da sola sul retro del locale, mi è partito qualcosa nella testa, e non mi sono nascosto bene, quindi mi ha visto, e a quel punto dovevo fare qualcosa. Ho provato a parlarle fingendo non so bene cosa, ovviamente lei mi aveva riconosciuto, quindi tutto inutile. Però è andata bene.
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    Ho iniziato a proteggerla. Una sera, quando lei ha per sbaglio ucciso Felix, un racconto che non voglio fare, l'ho anche tirata fuori dai guai. È una storia complicata, per questo non voglio dirla. Sarebbe facile giudicarla, non per quello che ha fatto a Felix perché è ovvio che si stava solo difendendo, ma per quello che è successo dopo. Le cose fra noi erano complicate, ero diventato poco lucido già da tempo. L'avevo convinta ad aiutarmi a indagare su Felix fingendo di farlo per lei, che voleva assicurarsi non si fosse messo in mezzo a cose di gang che per lei erano l'equivalente di Satana. Probabilmente lo sarei stato anche io se avesse saputo, ma non l'ha fatto. Ha solo capito che facevo cose non proprio pulite, e l'ha capito nel peggiore dei modi. Dopo la cosa di Felix, quando l'ho coperta, sono iniziati i sospetti, ma me la sono giocata bene. Solo che lei era ufficialmente morta per la legge, così l'avevo tirata fuori da quell'impiccio, quindi non è che potesse andare in giro come se niente fosse. Dipendeva da me, da me e basta perché mio padre era stato comprensivo, ma anche molto chiaro su come quella fosse una cosa che dovevo gestire io, e non doveva essere un problema. Ma finché fosse stata la mia ragazza di certo non mi avrebbe tradito. La nostra è stata una storia piena di alti e bassi, se posso dirlo. Frustrante per molte cose. In realtà ci sono stati molti litigi in cui lei pensava ci fossimo lasciati, ma le uniche volte in cui ho pensato fosse vero sono state due. La prima, a settembre del 2016. Quattro settembre. Aveva scoperto un po' troppe cose di me, di quello che facevo, non è che potesse fingere di non notare tutto. Una sera, tornai a casa - sì, la nostra casa - con la convinzione di volerle dire tutto. Non lo feci, è ovvio, ma ero anche sporco di sangue, avevo appena ucciso una persona. E quella volta pensai sarebbe stata quella definitiva.
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    Poi, Janeka ci ha richiamati tutti a casa. Ne facciamo tante di riunioni di famiglia, per festeggiare i traguardi ora di uno, ora dell'altro, darci le notizie. Sinceramente pensavo sul momento fosse stato l'ennesimo invito di Asher in cui dovesse vantarsi della rivista X che aveva deciso di scrivere un articolo su di lui per gonfiargli l'ego. Poi, Cole mi ha detto che no, non era per Asher che ci riunivamo, era per nostra madre. E lei di riunioni non ne chiedeva molte, era più riservata. Ci disse che aveva il cancro. Alle ossa. Ci eravamo tutti accorti che qualcosa non andava, ma quello... no, non l'avevamo previsto. Penso che io fui quello che reagì in modo peggiore, non tanto perché feci chissà cosa, se non prendere da parte mio padre, in modo forse non troppo lucido. È che mi sembrava se non altro curioso che avesse proprio un cancro eterico incurabile visto quanto avevamo fatto per sperimentare un farmaco che doveva ritardarlo. Mi sembrava una coincidenza troppo grande, no. Ma non era come credevo. Non avevamo iniziato per quello, piuttosto il contrario. Un nostro dipendente, uno che avevamo licenziato e non sapevo bene perché ma mi andava bene perché era un borioso eccentrico decisamente sgradevole, a quanto sembrava non aveva preso bene quello che aveva dovuto fare per la Li.La., e se l'era presa con lei, avvelenandola con radiazioni eteriche. Voleva colpirci tutti, vendicarsi. Per questo ho rapito le sue due figlie, di sette e undici anni, la sua ex-moglie, e le ho uccise davanti ai suoi occhi. Dopodiché gli ho fatto lo scalpo e annunciato quanto avrei fatto dopo, ovvero dar fuoco a tutto e tutti. Quella stessa notte andai da Ines. Avevo bisogno di qualcosa che mi facesse sentire umano, perché la mia reazione alla notizia non aveva incluso lo star male per mia madre, non ci ero riuscito. Prima avevo dovuto fare tutto a pezzi. E lei mi ha fatto sentire umano per davvero, di nuovo. Siamo stati insieme ancora per un po', lei mi è stata vicino, ma quei problemi non si erano esauriti. E io mi ero stufato di dovermi giustificare. Ci siamo lasciati, lei si è trasferita in Nuova Zelanda, gliel'ho permesso io. E da allora non ho più voluto saperne niente. Non so nemmeno dove sia, immagino mio padre temesse che l'avrei cercata un'altra di quelle volte in cui avevo bisogno di considerarmi una persona. Non è successo, almeno fino ad ora. Mi sono immerso nel lavoro, e l'anno dopo sono diventato il grande capo del ramo di ricerca della Li.La., il direttore tecnico.


    Edited by Tippete - 31/10/2021, 23:12
     
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