Smoke sections

Josh/Edie | 28 Aprile

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,628
    Reputation
    +8,983
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    double deuce owner - waitress – pregnant
    ex-maledictus
    29 y.o.
    Non riesco a pensare di aver sbagliato, non del tutto. Neanche nell’essere andata così lontano, e aver valicato un limite che era scritto a terra con il nostro stesso sangue. Ma mi sono svegliata in un incubo, e non sono più riuscita a svegliarmi, e tutto ha iniziato ad accartocciarsi così tanto, che ho saputo solo di dover andare ai ripari, e cercare di portare qualcosa con me. Sotto terra, in bunker nascosti che avrebbero retto ogni colpo dall’alto. Lo so che c’è qualcosa di profondamente sbagliato, ma l‘ho detto. Ormai, si tratta solo della scelta che farà meno male, quella che è la meno peggiore fra tutte quelle disponibili. Ed è una distesa di mine quella che ho di fronte, disseminate in spazi troppo stretti per evitarne una o l’altra. Devo solo scegliere su quale finire. Non sto neanche guardando la tv, la tengo accesa solo per l’illusione di un brusio che riempa uno spazio che diventa sempre più vuoto, come se quel poco che vi fosse rimasto venisse pian piano risucchiato via, senza lasciare tracce né impronte, neanche un’immagine residua incastrata in una vecchia pellicola e che se ne sta lì, a fingere di essere qualcosa. La verità è che ormai sento solo che tutto sta crollando a picco, e non posso farci proprio niente. Non so togliermela questa sensazione dallo sterno, e vorrei solo trovare un posto che possa essere una parvenza di pace nella mia testa. Ci sono mille e mille cose a cui devo ancora pensare, e lo so. Ma non oggi. Anche se non c’è il tempo, penso di voler una pausa, anche se sono la prima a non prendersene neanche una. È da me che vorrei una pausa, ma è talmente infattibile quando anche adesso, non faccio che oscillare fra passati e futuri che mi guardano accerchiandomi e lasciandomi ferma sempre nello stesso buio. Del resto, sapevo che non sarebbe stato facile da quella volta che ho bussato alla porta di Daniel, con un pensiero che stava ancora iniziando a formarsi, ma che già pretendeva uno spazio che poi si è solo allargato ancora ed ancora. Non posso solo star qui a sperare, e non so più quante volte l’ho detto. Ho bisogno di sentire che qualcosa la sto facendo, e che ci sto provando con tutta me stessa. E lo sto facendo, anche se detesto ognuno dei passi che compio su questa strada, ma li odio meno di quello stare immobile senza muoverne neanche uno. È il rumore delle chiavi nella toppa che mi fa girare appena la testa, quando c’è solo una persona adesso ad averle. Questa è una cosa che mi punge da qualche parte nella testa, ma la affogo mentre mi metto più dritta, guardando Whiskey scivolare giù dal divano e lasciare il posto che mi teneva caldo il fianco. Mi sono chiesta tante volte, in tutto questo tempo, se sarei davvero stata capace di guardare Josh e non dirgli niente, e la risposta è stata sì. Non mi piace che sia stata sì, ma penso che sia solo la conseguenza di troppe cose che mi hanno spinta da un lato e dall’altro. Sono successe così tante cose, in così troppo poco tempo, e ho solo dovuto imparare ad accettarle tutte, una dopo l’altra, e non permettere a nulla di spezzarmi le gambe in un modo che non mi avrebbe permesso di alzarmi più. Me lo ripeto ancora una volta che tutto questo, è per lui. Me lo ripeto ancora una volta, che per tutta la sua vita, Josh ha sempre pensato a me, anche quando ero così contraria da arrabbiarmi, e desiderare solo che smettesse. Me lo ripeto che non posso abbandonarlo, non ora, non mai. Non mi muovo, stiracchiando solo un po’ le braccia nell’alzare la coperta leggera che se ne stava mezza sulle gambe, e che ora non ha l’impedimento del cane a tenerla immobile in quella posizione. Gli sorrido, e gli sorrido davvero quando in fondo, detesto essere sola in questa casa, accogliendolo nel salotto mentre torno ad abbassare le braccia e lasciando andare un respiro leggero dalle narici. «Sento odore di pizza» scosto la coperta, alzandola per lasciargli il posto accanto al mio, in quello che è un invito che non ha bisogno di nessun vocabolo per nascere e arrivare a lui.
     
    Top
    .
  2.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    𝔅𝔩𝔬𝔬𝔡 𝔄𝔫𝔱𝔥𝔢𝔪
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Citizens
    Posts
    5,899
    Reputation
    +5,082

    Status
    NEW_POST
    5mtQebG
    5mtQebG
    JOSHUA ÇEVIK – brother – lead singer – black magician – faust
    bronx
    27.
    Non esiste più una fottuta ragione per sorridere, per farlo un passo verso quel mondo immaginario che ci ha sempre tenuti nel nostro bellissimo limbo del cazzo. No perché laddove la vita ha potuto andare di merda, ha accelerato il passo per arrivarci anche più velocemente. Ed in fondo, noi, io ed Edie non ci siamo mai aspettati che le cose davvero potessero sistemarsi prima o poi. Forse non succede e basta, forse tiri avanti soltanto con l'obiettivo di respirare ancora un giorno, e sì, per me questo non è cambiato. Tiriamo avanti con alle spalle un peso che si fa sempre più grande, e lo so nei passi che compio per camminare lungo il vialetto, una mano impegnata a tenere i cartoni delle pizze, fumanti ma mai abbastanza da ricordarmi qualcosa. Ormai potrei dire che mi aggrappo a questo, ai profumi che ricordo e che mi ricordano qualcosa, qualunque cosa. Ora che non so per quale cazzo di motivo io di mamma non ricordi quasi più niente, e papà.. beh, lui è forse più distante di lei. Non ho ragioni quando ogni mio respiro è appeso ad un filo, uno a cui io stesso mi lego perché stringa quel fottuto cappio al collo, ma se dovrò lasciare che le mia gambe ciondolino al vuoto per Edie, non esiterò mai, nessun istante sarà mai sprecato per questo, per il profumo di casa che voglio ci illuda ancora, almeno oggi. Quindi mi spingo a cercare le chiavi nella tasca, ho promesso a me stesso che per un fottuto quieto vivere avrei controllato due volte che non ci fosse traccia di Morgan nei paraggi. Per me, più che per lei, che un po' potrebbe non fregarmene un cazzo dei loro accordi, quando per l'ennesima volta mi ha detto in faccia una nuova stronzata a cui ho quasi potuto credere per pochi, pochissimi giorni. E no, non passa niente inosservato per me, né il modo in cui no, Edie non sta meglio senza quel coglione in torno, né il fatto che mi abbia raccontato una puttanata abbastanza plateale nell'allontanarsi qualche giorno. Ma sarei un fottuto ipocrita se incalzassi su questo, quando in fondo io sono il primo che nasconde cicatrici divenute solchi lungo una pelle che lei non vorrebbe mai si macchiasse così tanto. Cristo, siamo cambiati tanto, forse troppo. Forse io vorrei tornare ad un anno fa, quando la nostra vita era sempre una merda, ma era controllabile, quasi dolorosamente scontata. E sì, non stavo bene allora e nemmeno lei nel suo spingersi contro ogni mio volere pur di rendersi irrilevante ai miei occhi... certo come se questo fosse mai stato possibile. Non lo era allora, e non lo è oggi. Non lo sarà domani, quando darei sempre il mio ultimo respiro a lei, perché diventi il primo di una serie che la porti a vivere fino a novant'anni, rompere il cazzo ai vicini, bucargli il pallone e diventare quella vecchia rompi cazzi che sognavamo tanto fosse "da grande". Sì, sempre su quel cazzo di dondolo. Ora è come se sapessi che non mi siederò lì accanto a ridere con lei di quanto siamo ancora due teste di cazzo, duri come il legno. Perché adesso so che la possibilità che questo si avveri, è quasi svanita, come se non riuscissi più a tenerla tra le dita e sentissi solo di doverla lasciar scivolare via, che non è più qualcosa da raggiungere. Ed anche così, vederla mi rende vivo per un fottuto attimo, felice. Anche se appena apro devo schivare il muso curioso del suo cane, anche se so che d'impatto non la guardo subito negli occhi, per non leggervi quello che già so e su cui mi sforzo - Dio se lo faccio - di non fossilizzarmi. «Aggiungiamo il super olfatto ai tuoi nuovi fantastici poteri...» lo dico come se fosse più facile scherzare, ridendo in uno sbuffo che fa male ai polmoni, lo fa sempre, anche Edie se non si alza dal divano e deve essere piuttosto appesantita. Anche se vorrei chiudere gli occhi ed analizzare ogni suo respiro per capire che cazzo fare per farla stare meglio, che lei da sola non ci pensa mai. Mi avvicino quanto basta per depositare il cartone sulle sue gambe, ed un bacio tra le tempie, tenendola ferma per un attimo contro di me. Come un cazzo di respiro che devo prendermi anche io prima di scivolarle accanto. «Avevano finito il formaggio, quindi te l'ho presa con le verdure, senza salsa.» So come so fingermi serio fino ad un certo punto, perché invece questa pizza è solo formaggio, con qualche vago respiro della pasta lungo i bordi, ma per il resto: tutto il formaggio che avevano l'hanno riversato lì. Solo che voglio farglielo credere un secondo, tenendo la mano io perché non apra subito il cartone, e dopo godermi un mezzo sorriso. Che in fondo è sempre tutto uno merda, ma spero che oggi sappia esserlo un po' meno. Non glielo chiedo come sta, non voglio che menta per farmi sentire bene quando io sono più consapevole di quello che spera, sia delle occhiaie, sia del modo in cui anche un sorriso si incurva diversamente. Lo so, ok?
    ©
     
    Top
    .
  3.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,628
    Reputation
    +8,983
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    double deuce owner - waitress – pregnant
    ex-maledictus
    29 y.o.
    Penso a quanto una volta, mi bastasse davvero solo questo. Qualsiasi cosa accadesse, si scostava, anche solo un po’, in un secondo non appena fossimo stati io e Josh, e quella bolla che avevamo reso abbastanza resistente da respingere tutto. Non so se sono io, adesso, a sentire come ci siano mille cose nel sottofondo anche qui, se sono io che ormai mi sono guastata tutti i pensieri, uno dopo l’altro, o se c’è qualcosa che da qualche parte, si è inclinato spostandosi di quel poco che ha sconquassato tutto il mondo. Forse è solo che nell’andare avanti, ci siamo trovati di fronte a cose molto più grandi, e nell’andare oltre quello che per una vita ci ha lasciati con l’acqua alla gola, abbiamo scoperto solo che non è meglio così. Per troppi anni ho pensato che fosse la Maledizione il problema, è che se non fosse esistita, o se si fosse cancellata, tutto si sarebbe messo a posto. Forse è questo, aver creduto che ci fosse solo un problema, uno, che per quanto grande, restava isolato nel suo spazio. Adesso invece mi rendo conto che superata quella, ne sono solo arrivati tanti altri, troppi, e non fanno che aumentare e ristagnare da qualche parte nella mia testa. E non sono più io il centro, non sono più io quel vortice che attira lo sguardo, è lui. È la stessa cosa, ma al contrario, perché di scelte non si può davvero parlare, e di decisioni ce ne sono state solo di dure, quasi forzate. Vorrei che fosse tutto ancora così semplice, e lo so che semplice lo era per me perché di me si trattava, e potevo ancora aggrapparmi a così tante convinzioni e speranze, da averne abbastanza da illudermi un giorno ancora. Ma ormai di quelle non ne ho quasi più, e non mi resta che un buio troppo denso per essere capace di illuminarlo. Ma è già tutto un po’ meglio, lo è sempre quando lo vedo ed è ancora qui, quando entra in una stanza e per quanto pensi e pensi sempre e ancora a cosa sta passando, e in cosa sta camminando, posso scorgerlo ed essere sicura che almeno per adesso, è qui. In fondo, ho sempre avuto bisogno di cose piccole, minuscole. Anche se ora neanche quelle sembrano essere capaci di bastare, forse perché anche loro si sono striminzite ancora, e si sono riempite di crepe, e non hanno più quella superficie liscia che almeno loro, le salvava da tutto il resto. Mi sembra quasi che da quando ho iniziato a vivere, abbia anche contratto qualcosa che mi ha resa decadente, e che abbia infettato tutto. Ed è solo che non c’è niente, niente che va come dovrebbe. Anche se non so com’è che dovrebbero andare le cose, ma so che non è così. Sorridergli è facile, nonostante una stanchezza che si fa sempre più presente nelle ossa, perché nonostante tutto, l’ho detto, è qui. E io ho bisogno di questo, quando mi sento ogni giorno sempre un po’ più sola, e sempre più lontana da tutti e tutto. L’ho detto così tante volte, ma in fondo non importa mai quanto ripeta e ripeta gli stessi concetti nella mia testa, quelli non se ne vanno, e non mi lasciano in pace. E io vorrei solo che bastasse allungare le mani per stringere qualcosa. Ma non funziona così. Ora posso prendere un respiro più lieve, ma anche quello non è come tanti altri che sono scivolati in tutti i nostri prima, perché anche loro sono infetti di quella stessa cancrena che sta ormai uccidendo tutto. Forse sono davvero solo io, che ormai mi aspetto il peggio da ogni cosa, ed è una malattia da cui non so liberarmi, anche se vorrei, giuro che vorrei non vedere sempre tutto e chiedermi solo quanto durerà. Ma lo faccio, e lo faccio anche adesso. Mi chiedo quanti altri momenti avremo così, io e lui, e vorrei che non ci fosse un limite, che non esistesse nessun numero perché non finiranno, ma quella voce nella testa continua a dirmi che alla fine non resterà niente. Lo stringo a mia volta, in quel modo che è un bisogno, e che vorrei rendere più fermo, più tutto, resistente contro ogni cosa per oppormi al mondo e dire che questo no, questo non lo concederò mai a nessuno. Non permetterò a nessuno di prenderlo, né di rovinarlo, strapparlo. Voglio solo questo, almeno questo. «Ho sempre un olfatto incredibile se si parla di pizza. O ciambelle.» glielo mormoro piano, la voce impastata da un sollievo leggero, ma anche dal suo opposto. Seguo il movimento del cartone di pizza, alzando poi lo sguardo su di lui in una traccia che diventa disappunto, per quanto parte di una finzione che è il retaggio di un gioco. «Non hai osato» combatto qualche secondo con la sua mano, in secondi che si arrampicano sulla pelle e mi fanno sentire come tutto possa essere davvero apposto. Solo che non lo è davvero, anche se voglio così tanto credere a questa sensazione che per qualche istante lo faccio, mentre riesco finalmente ad aprire il cartone e guardare la pizza, lasciandomi andare ad un sospiro di teatrale sollievo. «Sono una donna incinta, non dovresti farmi prendere certi spaventi, sai?» lo dico spingendomi un po’ più contro lo schienale, alzando lo sguardo per rivolgerlo a lui con un sorriso un po’ tenue. «Avrei potuto disconoscerti per un affronto simile, lo sai vero?»
     
    Top
    .
  4.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    𝔅𝔩𝔬𝔬𝔡 𝔄𝔫𝔱𝔥𝔢𝔪
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Citizens
    Posts
    5,899
    Reputation
    +5,082

    Status
    NEW_POST
    5mtQebG
    5mtQebG
    JOSHUA ÇEVIK – brother – lead singer – black magician – faust
    bronx
    27.
    Siamo ancora in piedi. Vorrei dire solo questo: che siamo ancora in piedi. Qui nonostante tutto, nonostante chiodi sotto pelle che strappano lembi ogni volta che ci muoviamo, che abbiamo costruito così tanto tra noi nel nostro passato da non temere niente per il futuro. Niente che possa dividerci e ricordarci che in fondo, un timer vale l'altro, che sia su di lei, su di me, o su di noi, cosa è davvero cambiato? Non c'è quel senso di respiro che dovrei provare nel sorriderle come non fossi altro che noi, solo noi. Non c'è il respiro che lascia ai nervi lo spazio di rilassarsi e sciogliersi un po', giusto per ricordare che essere sempre tesi come le corde di un fottuto violino non è per niente piacevole. Neppure in questo muoversi di volti con maschere che sappiamo riservare solo per noi, per non dire quanto di palese ci scorre nelle vene. Perfino nelle mie che appartengono ad una corruzione che adesso, forse, so gestire meglio di prima, ma che brucia ogni volta che la contraddico per fare qualcosa che Faust non farebbe. Ma Edie resta prima di tutto e nemmeno un mese in quel fottuto mondo di stronzi saprà farmi cambiare questo, il centro del calore che di poco mi scalda il cuore. Questo fottuto organo inutile l'ho riempito di catrame, eppure ancora è qui che chiede solo questo: restare insieme, tornare indietro abbastanza da tenere il mondo fuori per un po'. Insieme a raccontarci cazzate come sempre, a dirci che davvero è l'unica cosa che possiamo fare adesso, anche se io so che non è così, che il tempo del Mondo sta scadendo e quando accadrà dovrò fare tutto quello che è in mio potere perché lei ed i bambini e Chrys e Lilian siano al sicuro. Non c'è un prezzo a questo, qualunque sia lo pagherò perché è l'unica cosa che ho. «Ne sei così sicura?» ci scherzo ancora, che in fondo facciamo così da quando siamo bambini, un po' ci rompiamo il cazzo a vicenda, prima di sbranarci e di nuovo tornare sotto una coperta appoggiata malamente sulle gambe. Famiglia, vuole dire solo questo per me, solo Edie che voglio distrarre in ogni modo possibile perché non sia sempre la stessa l'espressione con cui la vedo guardarmi da quando sono un mago nero. Ma, ancora di più, da quando sto con Slater. Non so più come si sopporta l'idea di aver fallito ai suoi occhi come un bambino con il padre, che in fondo lei è l'unica che vorrei sapesse vedermi per ciò che sono, per quello che ho fatto. E no, non è una questione di riconoscimenti, Cristo sono l'ultima cosa che mi interessa solo.. solo che resto Josh, sempre Josh, e non voglio manchi mai questo. Quindi sì, è uno sforzo enorme quello che faccio nel sollevare il masso da entrambe le nostre teste, sganciare le catene che abbiamo a stringerci le spalle e dichiarare una tregua che è quanto più vicino al Paradiso io possa avere adesso. Ci siamo sempre ridotti così, scherzare su un pezzo di pizza che vale quanto un granello si polvere nella nostra vita, ma diventa essenziale per non pensare che in quei secondi esistano cose più grandi di noi. Me l'ha insegnato lei, ed io penso di aver fatto il mio massimo per portare avanti la nostra negazione: il metodo Çevik. Rido in fondo, con un grattar in gola di parole che non escono, non la sfiorano se non per quello sguardo obliquo che le lascio appoggiandomi appena allo schienale. Questo lottare di dita lo seguo con gli occhi, nel tracciare quella linea che spero davvero ci unirà per sempre, o che almeno lei saprà continuare anche se no, lo dico sempre, finché mi sarà possibile io non andrò da nessuna cazzo di parte. Mai più così lontano da casa. «Come come? Adesso non vorrai mica usare la gravidanza come arma... contro il tuo fratello preferito, soprattutto! Edie, non si fa.» che tanto lo sa di essere forte abbastanza da reggere il fottuto Universo senza nemmeno rendersene conto. E si, lo so che disconoscermi è sempre la minaccia maggiore quando in fondo niente di quello che ci diciamo è inteso per vero fino in fondo. «Non ne saresti capace...» lo sussurro pregando che basti a me per sopprimere il nodo in gola ed invece accendere la Tv e cercare qualcosa da guardare. Potrei giocare sul fatto che sembri un po' Jabba the hutt in questo momento, quindi sì, magari lo metto davvero il primo di Star Wars, in ordine cronologico s'intende. «... e poi loro già mi amano» alludo a quei due che le rubano ogni forza.
    ©
     
    Top
    .
  5.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,628
    Reputation
    +8,983
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    double deuce owner - waitress – pregnant
    ex-maledictus
    29 y.o.
    A loro non ci voglio pensare. Lo so, è orribile. Ma è così. Ho passato mille fasi, ma quella in cui ero semplicemente genuinamente contenta di diventare madre, per quanto avessi pensato che non sarebbe successo mai, mi sembra appartenere a qualcuno che non sono io. Una copia, un clone, un mondo parallelo di un’altra esistenza che non è questa. Non so se è perché ogni mese in meno alla loro nascita, è anche uno in meno per Morgan. O se è perché quella felicità è nata da un momento in cui pensavo che ci sarebbe stato qualcosa per me dopo. O se è solo che mi sembra parte di qualcosa che non ha mai potuto esistere davvero, perché una vita diversa da questa ormai sa solo di un miraggio che ho seguito inutilmente. O se è un miscuglio di troppe cose, troppe per essere contate. Ma non voglio pensarci. Non davvero. Ma non vuol dire che non li ami, e che non lo faccia estremamente, e con ogni fibra del mio essere. Di già, e più di quanto avrei mai pensato di essere capace. È solo un discorso troppo complesso, quando pensare al momento in cui nasceranno, a me fa solo paura. Una abissale, e che non saprei comunicare a nessuno neanche volendo. Però sorrido, e non so se sia un moto automatico, o se sia una speranza che cerca di diventare realtà. Lo faccio nello spostarmi, attenta a tenere il cartone in mano così da non farlo rovesciare, e spostarmi più vicina, abbastanza da sentire la mia spalla e il braccio contro i suoi. Vorrei chiudere gli occhi adesso, e pensare che non ci sarà niente a riempirmi la testa di tante cose, troppe. Vorrei sognare invece di tutta la nostra vita, la mia e la sua, o di una diversa per noi. Più dolce, e senza tutto quello che ci è successo. Vorrei sognare anche solo di una vita per lui, quella a cui ancora mi aggrappo con forza. Una che non sia così buia, e così crudele. Una che sia esattamente come l’ha sempre meritata; più semplice, meno dura, e senza nessuno spigolo a premergli con rabbia nella carne. Una in cui è libero, libero di tutto. In ogni pensiero, gesto e ricordo. Una in cui non torna mai distrutto, e con troppe cose negli occhi. Una in cui è semplicemente felice. Almeno lui. Ma non so se sarei capace di sognarlo adesso, mi sembra possibile solo finché gli occhi li ho aperti, e non sono in quella profondità confusa che è la mia mente. Così li riapro, mettendo di nuovo la testa più dritta solo per poterlo guardare voltandomi con il capo. Forse sono semplicemente una persona orribile in quel modo che no, non riesce a metterlo di fronte a me abbastanza da essere capace di metterci anche tutte quelle che sono le sue volontà. Forse è solo di questo che si tratta, o forse è davvero solo che non ne posso più di guardarlo mandare tutto all’aria per qualcosa che non sia solo lui, strettamente lui, e tutto quello che avrebbe potuto avere da questa vita. Ed è che non c’è mai stato qualcuno che per lui, abbia fatto anche solo un quarto di quello che lui ha fatto per me. O forse, forse voglio solo pensare che alla fine, non sono rimasta ferma. Che alla fine, anche io ho mosso i miei piedi, e ci ho provato davvero a tenermi quello che per me è importante. Almeno un po’, o del tutto. Completamente, ma in un modo frammentario, che sa di pezzi di lame smussate, ma con ancora punti abbastanza affilati da far male. «Sono incinta, ovvio che la uso come arma. Mi sembra il minimo dopo che sono qui a sorbirmi non so neanche quanti chili sulla schiena» lo dico con quel tono che cerca di scivolare morbido, e un po’ lo fa, ma quasi ovattato, come se fosse parte di un sogno. Spero che non dubiti mai del bene che gli voglio. È davvero l’unica speranza che mi resta, in mezzo a tutto. Che mai, neanche per una frazione di istante, possa venirgli un dubbio. E che se anche tutto questo diventasse aspro, lo sapesse sempre, da qualche parte, che tutto quello che ho fatto, io l’ho fatto per lui. Premo le labbra in una smorfia che è un sorriso stretto, mentre ancora lo guardo, alzando appena le spalle in un modo leggero. «Senti» lo dico allunando una mano per prenderne una delle sue, e premerla contro il ventre dove ormai ci sono quasi sempre movenze che mi tengono. compagnia. «Sarà per questo che fanno le capriole, o perché anche loro sentono l’odore della pizza. Una delle due» abbasso lo sguardo, puntandolo sul rigonfiamento del ventre che è sempre più grande, e mi tiene in questa realtà che è fatta esattamente così. Non diversa, neanche di una virgola. Ma lo accarezzo, dal lato, perché l’ho detto, è complesso. «Del resto decisamente non mi stupirei se i miei figli fossero già capaci di emozionarsi per la pizza»
     
    Top
    .
  6.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    𝔅𝔩𝔬𝔬𝔡 𝔄𝔫𝔱𝔥𝔢𝔪
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Citizens
    Posts
    5,899
    Reputation
    +5,082

    Status
    NEW_POST
    5mtQebG
    5mtQebG
    JOSHUA ÇEVIK – brother – lead singer – black magician – faust
    bronx
    27.
    Loro sono qualcosa a cui non pensavo avrei mai tenuto tanto. Non così come se in parte fossero già un tassello essenziale di me, di noi, dei Çevic indipendentemente da Morgan. Sono il simbolo che Edie sta andando avanti, e che le piaccia o meno non avrò più tanto tempo per pensare a come fermare i suoi passi per me, per volere una vita che ho già smesso di vivere. Non lo dirò, non c'è bisogno che io lo faccia e rovini lo sguardo che invece tendo a lasciar brillare in una apparente serenità. Impossibile, ma alla fine ci sta bene crederlo ancora per un po'. Loro sono due fratelli, che nasceranno in un mondo del cazzo e dovranno lottare per ogni respiro che sappia renderli adulti, nel seguire una strada che è tanto stupida quanto difficile e pericolosa. E posso quasi vederli arrampicarsi sul tetto di questa casa quando avranno una stanza diversa in cui crescere, scambiarsi una birra e dirsi che comunque, qualunque cosa accada, non si separeranno mai, saranno sempre qui l'uno per l'altro. E si, forse sto idealizzando, forse le similitudini sono talmente tante che devo solo chiudere gli occhi e lasciarmi travolgere dal desiderio di proteggere questa bolla, questo sogno di Edie che in parte sarà anche mio, nel sapere lei felice nonostante tutto. Ed è sempre fottutamente così, che noi non siamo mai felici e basta. Noi siamo "felici nonostante tutto". Dove il "tutto" è una variabile di merda che lancia minacce di estinzione e demolizione totale di qualsiasi cosa possa essere per noi un appiglio. Ma, fanculo al resto, perché nonostante tutto, noi siamo ancora qui a stringerci come se io non fossi un fottuto mago nero e lei non fosse incinta di quella testa di cazzo di Morgan Crain. Perché ora non siamo questo. Siamo Edie e Josh, solo questo. Siamo quei bambini che si stringevano al buio quando il temporale faceva vibrare i vetri di quella casa lontana. Che si sono fatti le prime canne ripensando alla mamma ed a quanta paura c'era che Edie finisse come lei, forse perfino prima. Gli stessi che hanno sollevato macigni per poi lanciarseli addosso e tornare di nuovo rannicchiati assieme, che per quante possiamo dircene, lo scopo è il medesimo: la felicità dell'altro. E se io alla mia non do troppa importanza, seppur ora stia combattendo di più per averla, alla sua do la massima priorità. Vorrei chiederle quanto alla fine pesino questi bambini sulla schiena, e cosa posso fare perché non succeda, anche se è una stronzata che fa parte della crescita, perfino la sua. «Mh» Mi arrendo alzando le mani perché sì, la gravidanza adesso è l'arma più potente che ha e gliela lascerò usare tutta, finché avrà voglia di scherzare così. E' triste? Si, ma non me ne frega un cazzo perché non c'è niente, davvero niente che valga di più di una mano - la mia - che scivola per sentire questi piccoli demoni piantare i piedi contro la sua pancia. Non sono fatto per questo, per avere anche io qualcosa del genere, ma lei sì e l'ho capito dal primo momento in cui me lo ha detto, da quando ha scelto che sarebbe andata fino in fondo adesso, che ne ha bisogno per stare bene. Quindi non devo più fingere il modo in cui le labbra si sollevano in un sorriso più sincero, dolce, uno che ci ricordi i vecchi tempi più di ieri e di domani. E' nell'intreccio delle nostre linee che tendo un orecchio, come se socchiudere gli occhi mi servisse a concentrarmi meglio sul movimento che mi puntella il palmo. Per un attimo, quando uno dei due spinge di più, le parole di Edie passano in secondo piano e quello che resta tra le mie dita è il timore che io, anche solo con questo, possa ferirli. Che ciò che so fare ora abbia la possibilità di passare attraverso la sua pelle, ma no, anche questo non mi fa togliere la mano di scatto come vorrei, non voglio preoccuparla e mi forzo allora per capire cosa sta dicendo. «Nasceranno con una voglia a forma di trancio di pizza» Tiro appena le labbra e faccio scivolare la mano con più calma, una naturalezza che mi porta ad aprire il mio cartone, che lo so quanto è vorace se si tratta di pizza. «Mi costerà una fortuna essere lo zio delle pizze» Rido, sì, cazzo voglio solo mantenere alto questo momento, come una sfera di vetro con noi dipinti dentro, sempre in bilico sullo scaffale più alto della libreria. «... e della buona musica!»
    ©
     
    Top
    .
  7.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,628
    Reputation
    +8,983
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    double deuce owner - waitress – pregnant
    ex-maledictus
    29 y.o.
    Vorrei scivolare dentro qualcosa e non uscirne più, farlo con i pensieri, e sentirli avvolti da tutto ciò che è il contrario di ora. Un’ora più esteso di questo momento, e che se ne sta sopra e sotto di noi, e mi fa continuare a chiedere troppe cose di ogni futuro possibile. Non so cosa succederà, e questa costa sta scavano a fondo nelle mie ossa quando vorrei solo avere una certezza, una che sia una, e che stia lì, ferma, a dirmi che nonostante tutto ci sarà. Non so più quante volte l’ho detto che lo so, lo so, che non funziona così, e che alla fine davvero non posso far altro che provare. E penso che questo è quello che voglio preservare, che voglio conservare e trattenere, quando mi sembra che ormai tutto, lì fuori, non faccia altro che provare a separare. E io invece voglio stringere di più, e dimenticare tante e troppe paure che in questi mesi, sono cresciute contro la mia pelle come edera velenosa. Guardo la sua mano sul ventre gonfio, e lo so che alla fine, questo è solo uno di quei momenti in cui quasi mi dico di resistere, e farlo di più, perché posso vedere più nitidamente ancora su quale crociata ho messo la mia bandiera perché la portasse sulle spalle e la mandasse avanti. Anche se sono stanca, e lo sono davvero, in modi nuovi, in modi vecchi, dentro e fuori, e anche se lo so che non c’è un limite che so di dover superare e oltre il quale, posso semplicemente riposare. Anche questo resta parte di quella nebbia che non lascia trasparire troppo, ma che se ne sta lì ad infestare i miei pensieri e i miei sogni. Penso che per quanto stanca, e stremata, non lo sarò mai abbastanza da rinunciare. Non a questo. Come se ci fosse una promessa che anche se il mondo ha deciso di non mantenere, non posso lasciar cadere, e dove non mi è concesso quello che vorrei, imparo a prenderlo. Mi giro appena, lo faccio lanciandogli uno sguardo che ha quel tipo di dolcezza, che penso di aver avuto sempre con lui. È quella che in fondo, è sempre qui, anche quando mi sembra che tutto crolli. È quella che ha la volontà pura e semplice, di dirgli sempre, e ricordargli, che da qualche parte, gli sto ancora tenendo la mano contro tutto. Ma ho anche un sorriso a piegare le labbra, e rendere un po’ più leggero il mio volto, prima di poggiare la mia mano dove la sua si allontana, e lasciarla lì ad ascoltare movimenti che non si arrestano quasi mai. L’ho detto, non voglio pensare a questo adesso. Una cosa alla volta, credo che sia questo. Perché se dovessi pensare a tutto, insieme, mi troverei solo a guardare qualcosa di troppo alto per oltrepassarlo, scalarlo o anche solo abbatterlo per andare dall’altro lato. E non ho dovuto neanche chiedere o pensare su cosa concentrarmi, perché lo sapevo già. Lo sapevo da mesi, in realtà, da prima di tutto, da quando non ho più avuto qualcosa a pendermi sulla testa e ho pensato soltanto che ora toccava a lui. A lui riavere una vita di cui è stato privato, a lui riavere tutto ciò che gli è stato negato. Sposto gli occhi per dedicarmi al cartone, e prendere una fetta da mordere lasciando vagare gli occhi alla tv con un sorriso che un po’, mi sembra venga da un’altra vita. Una diversa, e che vorrei afferrare per metterla qui, e trattenerla. È quello che, in fondo, sto cercando di fare. Forse testarda, è vero, ma anche senza più nessuna intenzione di essere l’inerzia passiva della mia stessa vita. «O di sigaretta» lo dico passandomi rudemente il dorso della mano vicino la bocca, per pulirla mentre abbasso il trancio, trattenendolo ancora fra le dita ma facendogli toccare il cartone. Gli lancio un’altra occhiata, e penso che ora vorrei pensare soltanto a quanto abbiamo almeno ancora questo. Ma diventa solo carburante, quello che mi serve a trovare sempre convinzioni nuove, e più forti ancora. Giorno dopo giorno. «Fossi in te inizierei a risparmiare soldi, perché se veramente vuoi essere “lo zio delle pizze” ho il sospetto che dovrai avere da parte un patrimonio stile Bill Gates, non so se mi spiego» non so com’è che mi fa sentire scherzare su qualcosa del genere. Su quel futuro che cerco di non guardare per troppi e troppi motivi. Perché nel farlo mi sento quasi schiacciare dalla sua presenza, e da tutte le sue incertezze. Non riesco a pensare neanche al parto senza provare un senso che mi preme il petto. Anche quello per motivi diversi. Però ci provo, lasciando il sorriso sulle labbra, e concentrandomi ancora una volta sul trancio di pizza. «E non voglio deluderti, ma ho deciso che cresceranno a pane e Beach Boys, perché devono avere quella giusta dose di disagio»
     
    Top
    .
  8.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    𝔅𝔩𝔬𝔬𝔡 𝔄𝔫𝔱𝔥𝔢𝔪
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Citizens
    Posts
    5,899
    Reputation
    +5,082

    Status
    NEW_POST
    5mtQebG
    5mtQebG
    JOSHUA ÇEVIK – brother – lead singer – black magician – faust
    bronx
    27.
    Rido anche se non dovrei farlo, se non c'è motivo. Rido perché sto solo spingendo più avanti il momento in cui gli occhi si apriranno sul piano del reale, ed allora sarà troppo facile privarmi di nuovo di tutto. Noi due sappiamo come finirà tutto questo, sappiamo che sarà nell'attimo in cui arriveremo a dimenticarci di quanto sia una merda la nostra vita, allora lei verrà a tirarci per i capelli e strapparci tutto, ancora e ancora. Non c'è mai davvero spazio per tornare lì, su quei tetti sopra casa le sere d'estate, quando avevamo tempo per dirci che avremmo conquistato tutto e sconfitto ogni maledizione immaginabile. Stronzate che ci tenevano a galla tanto quanto non sanno farlo oggi, che scherzare sui gusti musicali dei gemelli non sa avere lo stesso sapore. Ma forse per me nemmeno la pizza ne ha uno, tanto che lascio solo un morso alla mia prima di rendermi conto che non ho fame. Non ne ho mai, ho imparato che il cibo serve solo a dare moto al corpo, e quello è invece essenziale, la mia arma definitiva. Ragiono così adesso e non posso fare altrimenti, non posso vederlo un mondo in cui non mi verrà mai chiesto di tirarmi fuori sangue dalle vene e dargli così la forma che desidero io. Vorrei che fosse più facile per Edie capirlo. Lo vorrei tantissimo, anche se so che è chiedere l'impossibile, come lo era chiedere a me di lasciarla morire senza aver vissuto nemmeno un giorno. Ora voglio che ne abbia davanti più di chiunque io conosca. «Ah..» mi porto una mano al cuore, fingendo un colpo che sappia penetrarlo sul serio. Ma è solo una farsa, una che dovrebbe essere divertente ed all'esterno non dare alcun indizio su quanto si agiti dietro i nostri sguardi. Perché lo so bene quanto poco impiegherei io stesso a scoppiare questa bolla, a spingere l'ago oltre la cupola di finzione e, guardandola dritta negli occhi, pretendere che mi dica come sta, sul serio. E se non lo faccio è solo perché lo so già. So cosa prova, so come reagirei io, so che non sarebbe un bene per nessuno che io torni il rompicazzi che sono nella sua esistenza, quando lei come me ha bisogno di appoggiarsi a qualcosa che sia solido. Ho promesso che non le avrei mai tolto questo «... questo è un colpo basso» Ed è facile da dire trattenendo sempre quel sorrido tra le labbra, quando non è vero, e lo so che farà ascoltare loro il trash più assoluto, finché non arriverò io ad educarli come si deve. Sarò lo zio di qualunque cosa serva, vorrei dirlo, ma lo tengo trai denti come il respiro che un po' inizia a pesarmi in petto. «Ti perdono perché non sai quel che dici.» Alludo, ancora, fissando un po' di più lo schermo ma senza vedere nulla che trattenga lo sguardo.
    ©
     
    Top
    .
  9.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,628
    Reputation
    +8,983
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    double deuce owner - waitress – pregnant
    ex-maledictus
    29 y.o.
    Potrebbe applicarsi a così tante cose questo “non sai quel che dici”, così tante da perderne il conto e non provare neanche a tenerlo in mezzo a tutto. Ormai l’ho detto che non so più tante di quelle cose, e tante altre invece le tengo lontane dagli occhi, come se così facendo potessi risparmiare me stessa almeno da quelle. Ma sono sempre quelle che poi tornano a trovarmi, e non mi lasciano mai davvero da sola. Vorrei avere già tutte le risposte, conoscerle una ad una così da premerle qui per farle diventare reali, ma la verità è che non ne conosco neanche una, e sono sempre sulla strada dei tentativi. Vorrei dirgli che ci siamo vicini, davvero vicini, a prendere tutto ciò che ci sarebbe spettato, ma che invece non abbiamo mai avuto e di cui siamo stati al contrario privati sempre, e che manca poco a quando anche noi, guardandoci, non vedremo più nessuna lotta dipinta nello sguardo dell’altro. Ma sarebbero parole vuote, piene neanche davvero di una speranza che resta lontana e non so stringere come vorrei, perché troppo, di me, è ancora impegnato in quella stretta che rivolgo a lui, per tenerlo qui. Quindi non dirò mai niente di simile, e spero solo che ad un certo punto potrò invece dire che tutto questo è alle spalle, e c’è qualcosa di diverso per noi. Qualcosa che in fondo non abbiamo mai conosciuto, e di cui non sappiamo la forma e la consistenza, se non per quelle volontà che ci hanno premuto a fondo nel nostro mondo, e ci hanno resi duri contro tutto, a pretendere solo di avere uno spazio in cui poter vivere dei nostri respiri. Non smetterò mai di pensare che questo ce lo meritiamo, e che sopra tutto, è lui a meritarselo. È quello che nonostante si faccia tutto duro, e questa strada si faccia tanto stretta da costringermi ad avanzare fra muri che graffiano la pelle, mi ricorda perché fermarsi non è un’opzione. Penso al fatto che in questi anni, avrei dovuto prendermi davvero cura di lui, e non permettergli mai che fosse il contrario. Non permettergli mai di dar via così tanto di sé per qualcosa che avevo sempre rifiutato, e da cui non ho fatto altro che provare a fuggire. Ma non l’ho fatto, non mi sono presa cura di Joshua come forse mamma avrebbe voluto, come forse avrei voluto anche io se fossi stata capace di ascoltarmi anche solo per un secondo, e di non provare solo a mettermi a tacere nella mia stessa testa. Lo guardo appena, trattenendo il sorriso sulle labbra ma lasciando che per un attimo negli occhi resti questa necessità, che ogni volta che lo vedo me lo fa guardare bene, come se quasi mi aspettassi di trovare ancora qualcosa a marchiargli la pelle, o lo sguardo con una stanchezza ancora più grande. Ma penso che stanchi lo siamo entrambi, in un modo che è andato così in là, da essere diventata una normalità nei nostri fiati. Ma non vuole dire che questo non mi preoccupi, e lo faccia costantemente da quando è sparito la prima volta, ed è tornato distrutto nel suo appartamento. O da quando è sparito la seconda, e ha lasciato solo quella sensazione che mi ha tolto il fiato per troppo tempo. E lo so che non vorrebbe, ma questo è quello che voglio io, e non saprei non farlo neanche se ci provassi. Spingo appena il gomito contro di lui, dondolando poi sul mio stesso peso per arrivargli un po’ addosso, di lato, prima di tornare dritta, inclinando la testa per guardarlo assottigliano appena lo sguardo. Lo faccio in un modo che mima un dubbio, come se fosse uno scherzo, anche se in realtà non lo è del tutto. «Che stai pensando?» lo chiedo leggera, come avrò fatto mille volte nel corso della nostra vita, e in quel modo che è sempre un po’ diverso di volta in volta, perché diversi lo siamo noi, nel crescere e affrontare questo mondo con sempre una consapevolezza in più.
     
    Top
    .
  10.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    𝔅𝔩𝔬𝔬𝔡 𝔄𝔫𝔱𝔥𝔢𝔪
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Citizens
    Posts
    5,899
    Reputation
    +5,082

    Status
    NEW_POST
    5mtQebG
    5mtQebG
    JOSHUA ÇEVIK – brother – lead singer – black magician – faust
    bronx
    27.
    Ci sono cose che penso nessuno saprà mai togliermi, come questa fottuta voglia di guardare al passato. E pensare che lì si stava meglio, quando invece eravamo sempre nella merda, solo che era diversa, era una che eravamo abituati a vivere. So cosa sarebbe successo se Edie fosse morta, l'ho visto in quelle visioni nella grotta, so che non avrei trovato la forza di resistere alla Corruzione, di comprenderla e tenermela dentro perché sia un mio vantaggio. Avrei trovato il modo di trascinarmi nella dimensione ombra, e lì mi sarei lasciato divorare. Pezzo per pezzo, memoria per memoria fino a diventare un mostro, o cibo per i nalusa. Qualunque cosa pur di non vivere una vita senza questo. Senza poter ancora allungare una mano sulla sua spalla e spingerla di poco a lato, senza muoverla davvero dal divano. Però poi so anche come la realtà non sia una fottuta passeggiata di piacere, e quanto pesi l'arrivo dell'ignoto, di un'Apocalisse per cui so che dovrò essere pronto, almeno per tenere loro al sicuro. Di come vada questa umanità non me ne frega un cazzo. Ho capito troppo presto di dover pensare solo alle persone che amo, che gli altri possono impiccarsi con le loro stesse mani e no, non sarò io a fermarsi. Come Morgan, che si scava la fossa ogni giorni e non m i dà alcun modo di pensare che potrei tendere un cazzo di braccio nei suoi confronti. Non lo vuole lui, non lo voglio io e probabilmente è solo così che deve andare. Sì penso a lui qui perché questi bambini sono una responsabilità da cui sta scappando come un codardo del cazzo e mi girano le palle a pensare che io, da Lilian e quel bambino, non sarei scappato. Non in questo cazzo di modo. Potrei fissare un punto dello schermo per ore, e restare così immobile. Fisso su qualcosa che non ha importanza, quando in realtà tutto scava dentro solchi sempre più profondi. Tunnel che ho foderato del nulla assoluto perché esista un angolo di pace nel silenzio. Perché in fondo, questo ho imparato. Nonostante io sappia quando sarebbe facile adesso appoggiarmi al divano, chiudere gli occhi e respirare, non lo faccio. Aspetto. Aspetto che sia Edie a mettere fine alla bolla. «Mh?» ci provo a dirle che no, non sto pensando a niente, ma non dura più di uno sbuffo di fiato verso la pizza che abbasso ancora. Non dico che sia arrivato "il momento" ma credo ci siamo molto vicini e adesso, adesso è solo come se tutto il peso del mondo tornasse sulla spalle, a premere verso il basso. Raddrizzo la schiena. Abbasso lo sguardo per pochi secondi, quanto basta a provare a tenere questa leggerezza con cui mi parla, anche se so che se n'è già andata. Ci sono cose che non vogliamo mai dirci o sentire. A cosa sto pensando, Edie? «Solo che cambiano tante cose in un anno.» E ci provo, sul serio, ad alzare le spalle come se avesse poca importanza quando invece in questo cazzo di anno è successo di tutto e no, non è ancora finita.
    ©
     
    Top
    .
  11.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,628
    Reputation
    +8,983
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    double deuce owner - waitress – pregnant
    ex-maledictus
    29 y.o.
    È vero che il mondo, in quest’anno, si è capovolto, ed è vero anche che non ha ancora smesso di farlo, ma che ha già iniziato un secondo giro ancora. E non penso che si fermerà, non davvero, non in quel modo che vorrei e che fermerebbe tutto e basta, lasciando scivolare di nuovo le cose a posto. Ma non funziona così la vita, e ormai l’ho capito. È da lui, da Morgan, e da tante altre persone che l’ho capito e me lo sono stretta contro, rendendolo qualcosa a cui ispirarmi per il modo di muovermi. Adesso penso che avrei voluto essere più capace di occuparmi di lui in tutti questi anni, e avrei voluto essere stata capace di fermarlo davvero, prima che tutto iniziasse, prima che ci fosse quel passo che lo ha portato sempre più in là. Che lo ha portato a dove è adesso. E penso anche a quello che mi ha detto il Dottor Rosen, appena qualche giorno fa, e tutto quello che mi ha detto Daniel nell’arco di mesi che avrei voluto poter credere, sarebbero stati abbastanza. Ma la verità è che non lo sono, e non lo saranno mai. La verità è che tutto questo, è davvero solo colpa mia, e di quella Edie che non è mai riuscita ad essere abbastanza da trascinarlo via, e implorarlo di non iniziare niente. Sposto per un secondo lo sguardo da lui, abbassandolo sul pavimento, come se stessi cercando qualcosa, o forse solo il filo di un pensiero a cui aggrapparmi, ma la verità è che vorrei solo un silenzio che non può esistere adesso. Penso a quanto vorrei dirgli tutto, e dirgli quanto mi dispiace per ogni cosa che non ho mai fatto, e per tutte quelle che invece farò o proverò a fare, senza fermarmi, non quando so cos’è che voglio. Ma torno a guardarlo, e mi chiedo se esisterà davvero qualcosa per noi perso in un futuro distante anche anni ed anni, ma che sia da qualche parte. Uno che non sia duro come lo è stata tutta la nostra esistenza, ma che ci permetta solo di avere una vita fatta di minuti, ore e giorni che corrono tranquilli. È quello che ho sempre voluto per lui, fin da che ricordi, ancor prima che ci fosse la Corruzione ma quei tentativi erano già nati, e tutto si trascinava solo in base a quella maledizione che, credo, abbia rovinato la sua vita tanto quanto la mia. Credo di poterlo capire anche Josh, solo ora che mi trovo dall’altro lato, in un parallelismo in cui vedo tutte le volte in cui mi sono arrabbiata, perché volevo solo che smettesse, ma lui si è intestardito sempre di più, senza mollare quella presa solida a cui mi sono affidata sempre. Adesso posso capire, lo faccio nel guardarlo stringendo appena le labbra, chiedendomi se sarò mai capace di fare tutto quello che devo, che gli devo, e che semplicemente voglio fare per non sentirmi presa da un senso che sa solo di rinuncia e rassegnazione. Non voglio rassegnarmi, non su questo, non quando è così importante da essere vitale per me. Mi muovo appena, lo faccio girando appena il busto verso di lui, attenta a reggere il cartone con la mano così da non farlo cadere, mentre l’altro braccio si piega sullo schienale del divano, così da rendere il palmo un appoggio per la testa che si reclina appena di lato. Lo so che ci sono pensieri, adesso, che si stanno muovendo nella sua testa, lo so perché lo conosco da sempre, ed è sempre stato importante, per me, essere capace di capirlo e non tenerlo mai davvero fuori tutto quello che era quel foro in cui avevo cercato di nascondermi ancora ed ancora. «Beh, sì» lo dico piano, con ancora qualcosa che cerca di restare leggero nella voce, e si sospende fra le lettere. «Però ci sono state anche delle cose buone, il che è insomma, una cosa positiva» alzo appena le spalle, restando a guardarlo con l’ombra di un sorriso sulle labbra. Come un’impronta, la manifestazione di quello che so essere un desiderio che trattengo in fondo alle vene. «E sì, siamo passati per molte cose, ma ce la faremo» lo premo con quella che sa essere la volontà di una certezza incrollabile, ma che so anche quanto abbia dei tremori nascosti nel suo fondo. «Ce la facciamo sempre»
     
    Top
    .
  12.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    𝔅𝔩𝔬𝔬𝔡 𝔄𝔫𝔱𝔥𝔢𝔪
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Citizens
    Posts
    5,899
    Reputation
    +5,082

    Status
    NEW_POST
    5mtQebG
    5mtQebG
    JOSHUA ÇEVIK – brother – lead singer – black magician – faust
    bronx
    27.
    Queste cose non le merito. Lo so, cazzo, lo so da sempre che avrei voluto rinunciare ad ogni attimo di serenità per dare i miei a lei. Perché ha lottato contro un demone che non potrei capire neanche se mi impegnassi, che in fondo io neanche sono riuscito a sconfiggerlo. Ed allora la guardo. La guardo mangiare come se dalla pizza dipendesse questo calore, come se ci si potesse ancora aggrappare a tutto quello che ci circonda per vivere, per... respirare. Ho votato il mio sangue ad una causa proprio per questo, perché lei avesse una cazzo di opportunità di vivere. E no, non sono stato io a dargliela ma adesso godo lo stesso dei risultati, di Edie che in qualche modo un punto ce l'ha da guardare. Uno che non sia solo io. E forse sono due e si agitano anche per il formaggio. Va bene così, davvero, io non ho bisogno di questo. Ma lei si, lei ha combattuto e checché ne dica, ha fottutamente vinto tutto. Non può finire con la fine del mondo, non posso permetterlo. Resterà sempre la sola cosa che mi resta, per cui spendere i battiti che non ho. L'unica che dovrebbe avere timore di questa mani con cui la stringo, che stroncano vite perché degli altri - sinceramente - non me ne frega un cazzo. Non me ne importava prima, ed a maggior ragione non lo fa adesso. Ma non lo merito, dovrei essere fuori dalla finestra, avvolto nell'oscurità ad appoggiare un palmo al vetro e chiedermi se stia bene, impormi di leggere un "sì" nei suoi gesti e dirmi che è ok così, con me lontano ma lei felice. Oh, lo so che non è felice. No perché per quanto io mi sforzi ci sarà sempre quel coglione a mandare tutto a puttane. Quindi è un cazzo di vuoto che dissimulo molto, molto male, che mi è già passata la fame. In fondo davvero, io posso non mangiare, posso non sorridere e va bene comunque se lei lo fa. Edie è quella forte dei due, lo è sempre stata. Ha tenuto in piedi me con la convinzione di non stare facendo mai niente per se stessa, ed invece lo fa. Lo fa perché conosco persone che avrebbero già smesso di respirare, mentre lei trova sempre un modo per andare avanti. E, cazzo, deve continuare a farlo. Quest'anno è cambiato tutto. E vorrei sbagliarmi, ma so che non è così. Nemmeno quando la imito nel piegarmi quel poco che basta per non sfuggire al suo sguardo. «Stai cercando davvero di convincermi che il mondo non sia una merda, eh?» e sappiamo che no, non è mai questo il punto perché lo sarà sempre. So anche come si tenda questo sorriso che mi preme gli angoli delle labbra. Ce la faremo. Allungo le dita per stringerle la mano qui, lungo il divano. Annuisco, come se davvero pensassi che sia possibile. In realtà sì, noi ce la faremo perché non spenderò tempo in altro che in questo, nell'assicurarmene ogni giorno. «Certo che ce la faremo. Sempre
    ©
     
    Top
    .
  13.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    Badge
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Staff
    Posts
    10,628
    Reputation
    +8,983
    Location
    Arrakis

    Status
    NEW_POST
    double deuce owner - waitress – pregnant
    ex-maledictus
    29 y.o.
    Un sorriso lo lascio a sbuffare sulle labbra, probabilmente perché è l’unico modo in cui prendere tutto. Metterci un sorriso contro quello che succede, sperando che basti a non far alzare tutto e sommergere ogni cosa con forza. Penso che sia una di quelle cose, che ho sempre fatto, anche se non credo di essere mai stata davvero capace di riscrivere tutto intorno a me. Il punto è che no, penso che anche se mi impegnassi nel raccontare di un mondo non di merda, non riuscirei davvero ad avere nessuna credibilità. Non importa, almeno, non in quel modo in cui lasciarsi solo andare, perché lo so a quanto non serva a niente restare seduti a dire che fa tutto schifo, come in fondo penso non abbia neanche troppo senso sperare in qualcosa di diverso. Qualche volta penso che siamo incastrati, che lo siamo io, lui, persone come Morgan. Incastrati in qualcosa che non permette di risalire, ma solo di scavare verso il basso, e alla fine o impari a sopportarlo, o finisci solo sotto una frana che non ha pietà per nessuno. E a sopportare, a sopportare sono brava, anche nel sentire di quei punti cedevoli che ogni tanto scricchiolano, ogni tanto si spezzano, ma non importa mai abbastanza. Lo guardo con un sorriso, e ci metto tutta la forza di cui posso essere capace, come se fosse una dichiarazione, il rinnovarsi di un patto in cui non posso e non voglio smettere di credere. Fra tutte le cose che so di aver desiderato nella mia vita, nessuna può andare oltre questa, o superarla. Ho bisogno di credere in questo, in noi, e nel fatto che qualsiasi cosa succederà, sapremmo davvero affrontarla. Anche male, nel peggiore dei modi, non m’importa. M’importa che ci sia ancora quel me e te che non smette di esistere, e che una possibilità, una vera, ce la dia. Premo la stretta della mano contro la sua, come se un po’ avessi bisogno davvero di sentire questo, adesso, e dirmi che sì, ce la faremo. In qualche modo, non so ancora quale, ma non ne posso più di vedere solo e sempre tutto andare a rotoli, e finire in quel mucchio di cose fatte male, storte, e con troppi angoli duri per non essere fatte solo per ferire. Sono stanca e lo sono da così tanto, e vorrei solo potermi distendere e credere davvero a qualcosa di migliore. Non posso mai del tutto. Posso credere alla fatica e agli sforzi, e a tutto quello che c’è fra di noi, e tutto l’affetto, ma non so credere che migliorerà e basta, così, senza che nessuno debba impegnarcisi e forzarlo con rabbia, tutta quella che non ho. «Per spezzare una lancia a favore del mondo, vorrei ricordati che ha la pizza, insomma poteva andare decisamente peggio se ci pensi» lo soffio appena, con quel tipo di leggerezza che è quasi un’imposizione, una decisione che ho preso e che vuole solo scacciare via quello che si ferma nel petto e affossa ogni cosa lì, facendomi sentire quasi sempre sul punto di un collasso che è solo un’implosione. Ma sento tutto sospendersi al suono di Green Hornet. Mi allungo scostandomi appena per raggiungere il telefono sul tavolo basso di fianco al divano, lanciando uno sguardo allo schermo mentre torno a voltarmi verso di lui. «È la clinica» lo dico prima di rispondere, afferrando il cartone della pizza per toglierlo dalle gambe così da permettermi di alzarmi e scostarlo lasciandolo al mio posto. «Sì sono io» mi muovo in cerca delle scarpe mentre ascolto solo distrattamente quello che dall’altro lato iniziando a dire. Ancora più distrattamente, penso che non è qualcuno che conosco, e penso che sia uno di quei momenti in cui succede qualcosa e non sanno come prenderlo. Copro appena con la mano il microfono per girarmi verso Josh. «Probabilmente dovremo andare» quasi lo mimo solo con le labbra, tornando a sedermi nel tenere il telefono incastrato contro la spalla, così da poter iniziare a infilare le scarpe. «Guardi, traffico permettendo posso essere lì fra-» la frase non la finisco neanche, resta appesa da qualche parte in gola. non arriva subito, la realizzazione. È come trattenere il fiato prima di immergersi. Se ne sta lì, a gonfiare i polmoni. Ad aspettare. Che ci sia la sensazione di tutto il mondo così com’era fino ad un secondo fa. Lì, ferma, a trattenersi in quell’attimo che le palpebre ci mettono a chiudersi. Ad un sorriso strano, incredulo, nervoso, rabbioso, contrastante, a mettersi sulle labbra. Arriva prima il non è vero, ma non arriva cosciente. Arriva come una sensazione, un rifiuto che esce come uno sbuffo dalle labbra. Il mondo è qui, ed è così uguale a prima. Non c’è stato un fremito, non uno schiocco, non una sensazione viscerale. Non c’è stato niente, neanche un rumore che da qualche parte, è andato in sincrono con una cosa che sovverte tutto. Neanche un singulto. E se non c’è stato, com’è possibile che sia tutto diverso? È solo un secondo uguale a tutti gli altri, deve esserlo. Lo avrei sentito in qualche modo. Uno qualunque. Me ne sarei accorta. L’aria avrebbe dovuto cambiare, il tempo correre o rallentare, e avrebbe dovuto esserci un tremore, un fremito, un singhiozzo. Qualsiasi cosa. Non c’è stata. Il mondo è rimasto uguale ed è qui, l’attesa. Aspettare che cambi, ma non lo fa. Poi diventa irreale. Aspettare che varchi una soglia, un uscio. Proprio lui, mio padre. Anche se non c’è motivo per cui lo faccia, ma me lo aspetto uguale. Che entri da quella porta da cui non è mai entrato, e scivoli in questa stanza che non ha mai visto. Me lo aspetto, perché il mondo non può essere così uguale mentre non lo è. Non lo è affatto. La realizzazione non arriva neanche adesso, resta in sospeso come una virgola ferma fra troppe frasi. «Non ho capito» la voce mi trema mentre torno dritta, mentre naturalmente una altra mano si muove per cercare Josh, qualsiasi cosa di lui, e stringersi lì con forza. Cerco la capacità di girarmi adesso e guardarlo, ma non la ho. Riesco solo a fissare un punto imprecisato di fronte a me. Mi aggrappo al telefono, come se questo potesse scacciare tutto, riscrivere quelle parole e cancellarle. Inconsciamente, è quello che mi aspetto. Che un rifiuto abbastanza grande possa eliminare ogni cosa, e rimettere tutto al suo posto. Che se mi ci impegno davvero tanto a negarlo, allora diventerà falso. Me lo aspetto, anche se non ha senso. Ma lo sento qui, in un pezzo della mia testa, mentre il corpo si piega sempre più in avanti. Dio ci provo a cercare di inquadrare tutto nella mia realtà. Non può essere questa. Non può essere vero. Non può. Premo la mano su occhi asciutti, secchi come un deserto che non vede altro che un sole spietato che non permette a nulla di crescergli dentro, e da qualche parte me lo chiedo se posso sopportare anche questo. Non posso, ma non ho nessuna scelta. Non posso, ma se andrò lì, adesso, non troverò il suo volto. Non avrò le sue mani. Non avrò nessuna storia e nessuna voce. Mi prendo qualche secondo, lo faccio mettendo silenzio ai miei respiri. «Come?» mi si sfila dalle labbra, e spero, prego, che sia stato in un secondo. Nel sonno. Mentre magari, non sapeva cosa stesse succedendo. Perché era solo. Annuisco anche se non so a chi. Non so a cosa. Non so perché. Scosto con pesantezza la mano dalla faccia, facendola tornare contro Josh. «Sì, sì. Certo, va bene» voglio solo chiudere questa conversazione. Voglio solo chiudere tutto e basta, stringerlo da qualche parte e non farlo uscire mai più. Neanche per un secondo. Dimenticarlo, come se non mi appartenesse. E ancora no, non riesco a realizzarlo. Non davvero. Smetto di ascoltare. Smetto di sentire. Smetto di rendermi conto che sono in un punto, uno qualsiasi. E non mi sento davvero chiudere educatamente la chiamata, non mi sento lasciare il telefono e farlo cadere casualmente sul divano. Non mi sento. Ma mi sento. Mi sento in fondo, in un modo traverso, reale, fatto solo di una stretta nel petto, nella gola. Non esisto da nessun’altra parte. Non so quanto ci metto a girarmi, forse troppo. «Josh» alla fine lo faccio, e stringo le labbra, e prendo le sue mani fra le mie, fissando quella stretta per qualche secondo. Non ho idea di come dovrei dirglielo, non ho idea di com’è che si fa questa cosa. Nessuna. Quindi lo guardo e basta, cercando di prendere respiri lì dove muoiono tutti. Non vorrei farlo. Penso distintamente a come non avrei mai, mai, voluto dirgli una cosa del genere. «Papà-» mi si blocca in gola, lo fa in un modo che mi fa sentire di soffocare. Ma prendo un respiro ancora, facendomi più vicina. «Papà è morto, Josh»
     
    Top
    .
  14.     +1   -1   -1
     
    .
    Avatar

    𝔅𝔩𝔬𝔬𝔡 𝔄𝔫𝔱𝔥𝔢𝔪
    FEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STARFEMALE_STAR

    Group
    Citizens
    Posts
    5,899
    Reputation
    +5,082

    Status
    NEW_POST
    5mtQebG
    5mtQebG
    JOSHUA ÇEVIK – brother – lead singer – black magician – faust
    bronx
    27.
    Quando si parla di clinica, si parla di mio padre. Nostro padre. Osmar Çevic. Si parla di un fottuto pugno dello stomaco, che spegne ogni ragione perché per quanto io sia un figlio di merda che non lo va a trovare da mesi, lo so che siamo una famiglia. So anche quanto è stato facile chiudermi con Edie, prendere redini che neppure sapeva di avere in mano per provare a darci una vita migliore. L'ho fatto io, non lui. Io sono rimasto ore ed ore di anni interi a girare per il cazzo di mondo magico conosciuto, mi sono fatto tutti i viaggi che lui non ha osato e questo per non avere in mano comunque niente. Ma almeno io l'ho fatto e sì, forse è la corruzione che parla, forse si inventeranno qualunque cosa per giustificare ciò che penso ma la realtà è che la stima che da bambino avevo, si è persa negli anni ed ora penso sia come la targa di uno stupido cancello in metallo che è stata divorata dalla ruggine. Illeggibile. Come lui, e la memoria che vacilla e l'ansia fottuta che peggiori la sua condizione e che ogni chiamata sia per dirci che dobbiamo pagare di più o che servono altri farmaci o - alla fine - che non ne serva più nessuno. « Rispondi..» Non serve che io lo dica, lo sta già facendo, ma mi esce come un sospiro che mancava da tempo, trattenuto in gola nell'attesa di percepire qualcosa, qualunque cosa. Da quando ho smesso di lottare per quello che non posso cambiare, come il fermare questo corrodersi del sangue nelle mie cazzo di vene, ho smesso di andare a trovarlo. Ho smesso di dare qualunque segnale che indicasse nella sua direzione, come se già Edie non fosse un fottuto faro. E sì, ok? Lo so che non è proprio il figlio modello, non lo sono mai stato, cazzo ce ne siamo dette di ogni, eppure non ha mai fatto un passo indietro con me, anche quando ero talmente incazzato che volevo scappare di casa e, quando poi ho potuto farlo, ho lasciato lì qualcosa. Slater me l'ha detto che non posso reprimere un cazzo di tutto questo, che devo superare le cose ed un'altra serie di stronzate che non so replicare perché quando lei si alza, io le faccio eco. Che il cane metta il muso nel cartone della pizza, non mi interessa, sono le indistinte voci che non so decifrare a tenermi occupato. Me lo dirà, più avanti, che questa sarebbe potuta essere la volta buona che andavo a trovarlo per forza. Anche se so che forse avrei solo portato lì Edie, per poi rimanere ad aspettarla in macchina. Le occasioni mancate, sono le peggiori, ti restano piantate addosso come della cazzo di schegge e no, non sto più respirando, quando smette di parlare io blocco i polmoni. Ci provo a decifrare il suo volto a leggere quello che le stanno dicendo anche solo dal muoversi immobile dei suoi occhi. Ma la verità è che io avrei dovuto saperlo, cazzo avrei dovuto sentirlo che ogni fottuta volta proviamo a dirci che funzionerà e ce la faremo, arriva il karma a dimostrarci che non esiste niente di meno sadico per noi. Quindi, forse, che papà è morto lo sapevo già, ma dire che io sia preparato a questo beh cazzo no. Per quanto io lo abbia odiato era comunque papà. Ed ancora di più era un supporto per Edie, tanto che davvero è questa la prima cosa che penso. Lo sappiamo già che di me mi frega solo fino ad un certo punto, ma di lei.. non ci sarà mai niente di più rilevante ed Osmar era molto importante. Per lei, si. Non per me, no. Faccio solo questo, il passo che serve a darle tutto ciò di cui ha bisogno, che sia un braccio da stringere o qualunque parte di me a cui appoggiarsi. « ... ehi» è ormai un sospiro roco, quando sono io a rinsaldare la presa, io ad averne un fottuto bisogno. E tutto rallenta. E finalmente vedo ogni cosa. La lentezza con cui si muove, il moto che la spinge a restare sempre in piedi anche se per questo deve appoggiarsi a me, e l'ennesimo passo del cazzo che faccio io, perché fintanto che non lo so, non posso fare altro. Avrei dovuto aspettarmelo, l'ho detto, eppure è una cazzo di lama che mi trapassa due volte. Una per averla vista infilarsi nel petto di Edie e l'altra perché l'elsa l'hanno spinta tanto a fondo che ha raggiunto me. Apro la bocca, non dico niente. Dovrei cazzo, dovrei dire qualcosa, qualunque fottuta cosa di merda e.. non lo faccio. Io, io non riesco. Papà è morto, ed un vetro infranto in mille pezzo che si rispecchia in un fiato che manca, nella stretta che diventa disperata lungo il suo braccio. Papà è morto. Ci provo lo giuro a dire qualcosa di più a rendermi conto di quanto sia fermo e immobile anche io ma... ma non posso. E' una fottuta ondata nera quella che mi prende le viscere, le stringe e le rilascia solo per riflarlo di nuovo, sempre più forte. Sono.Senza.Fiato. Ho la corruzione in gola, che vorrebbe espandersi e basta e divorare ogni cazzo di cosa davanti a me ma no, non è il tempo di Faust, è il mio e.. e c'è Edie ed io non posso. Quindi spengo tutto, tutto tranne il modo che ho di guardarla come se sapessimo già di aver perso ancora una volta più di quanto avremmo voluto. Tiro le labbra, un po' tremano adesso. Basta, la stringo e basta, soffoco qui e non ci penso due volte adesso che ho solo bisogno di sentire che lei almeno mi è rimasta. Che per quanto papà non avesse più niente da darmi, era comunque... «Papà»
    ©
     
    Top
    .
13 replies since 28/4/2021, 21:15   278 views
  Share  
.
Top