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Josh/Morgan/Den - 18 Ottobre - Lincoln, Nebraska

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    Cristo, come cazzo mi sono ridotto? Non riesco neanche a guardarmi allo specchio per quello che sto per fare. Io non sono proprio uno che va dalle persone a dire loro che avevano ragione su di me. E non lo faccio con Morgan, Dio santo. Può solo significare che Slater stavolta mi ha spaventato sul serio e che ho troppo da perdere. Tanto che mi prendo a martellate sulle palle e così calpesto il mio fottuto orgoglio per fare una cosa che, Cristo, mi sono ripromesso di non fare talmente tante volte da perderne il conto. Io non chiedo aiuto. Meno che meno al nuovo Gesù Cristo che Edie ha avuto la brillante idea di sposare, colui che tutto può. La mia fottuta nemesi, o chiamatelo come cazzo vi pare. Io non lo faccio e basta. Per questo ci ho messo tanto, forse troppo, a capire che invece devo. Devo strisciare come un dannato verme e dargli quello che vuole, che forse non sa neanche lui che cazzo sia. E che tanto lo so, è palese, qualunque cosa mi dirà non andrà bene. Potrebbe fare il "buono" del cazzo e prendermi come un bambino che non sa che cazzo fa. Dio, vorrei ucciderlo. O potrebbe girare l coltello nella piaga. Allora forse lo lascerei fare, che tanto più sangue di così non penso di poterne perdere davvero.
    Ma per mettere le cose in chiaro: Morgan Crain non mi fa paura e resto dell'idea che deve stare tanto lontano da casa mia, soprattutto dopo l'ultimo fantastico tiro da pazzoide mal riuscito. E mi frega un po' un cazzo anche delle rassicurazioni di Caiden. Anche se all'inizio me le sono fatte andare bene, mi sono calmato con quelle, solo per essere tranquillo che affianco a mia sorella non vivesse un pazzo che si è fottuto il cervello all'inferno. Ora spero che sia così, che mi dia un cazzo di motivo per avere ragione quando stanotte ho torto completamente.
    Roger mi ha lasciato la sua auto. La carcassa di una Camaro che ha tenuto in piedi a miracolo, ma va bene perché non ho dovuto fare tanti chilometri prima di ritrovarmi qui: fuori dall'ennesimo Motel del cazzo. Sono le due di notte, precise. Non riesco neanche a farle le battute sulla vita di merda dei Crain perché credo che la mia stia per peggiorare incredibilmente e no, non ho proprio niente da invidiare. In fondo, sono qui per dargli quello che vuole e rischiare ancora più di prima. Ma non ho alternative. Slater è andato troppo avanti e quello che ho sentito non mi è piaciuto. Se fosse rimasa una questione tra me e lui, beh le cose sarebbero state diverse e certo non sarei qui a cercar parole che non so pronunciare. Non ho anticipato un cazzo a Morgan, non so neanche come si faccia. Chrys ed Alice sono in pericolo, per come la vedo io, ed il pericolo non è più una variabile che sono disposto a tollerare. Farò tutto quello che posso perché stiano bene, perché Slater non li trovi più. Tutto. Ed è una fottuta disperazione che ricaccio in fondo agli occhi, sia mai che Morgan lo noti mentre gli apro la portiera. Non devo dirgli niente, che debba entrare è palese. Ho le falangi troppo strette al volante anche se probabilmente non ci muoveremo da qui. Cristo. Non gli rivolgo altro che uno sguardo veloce e non so neanche cosa ci possa leggere dentro. Tensione probabilmente, che l'empatia estende all'abitacolo. Come nebbia. Silenzio.
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    Morgan Crain


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    O
    vviamente la prima cosa che vedo è un bellissimo, stupendo, mozzafiato esemplare di Chevy ’67. Una Camaro LS7 Streetfighter customizzata Vengeance.
    Prima generazione.
    È un pezzo da museo, penso che mi venderei un rene per averla.
    Un colpo al cuore, Joshua non si merita questa meraviglia. È anche tenuta male. Altro che colpo, mi si è proprio spezzato, il cuore.
    Mi ci avvicino rapidamente, camminando in fretta nel parcheggio per raggiungerla. Vorrei che fosse vuota, le chiavi pronte ad aspettarmi per partire in una lunga e intensa luna di miele, ma purtroppo c’è Joshua Çevik dentro, e i suoi magnetici occhi azzurri.
    Non ho idea di che cazzo voglia, ha questa brutta abitudine a chiedere di vederci senza anticipare niente. Non ho capito chi gli ha insegnato a vendersi, perché così non funziona proprio. Oppure punta sulla curiosità che nasce, almeno in persone come me, perché sì ovviamente sono curioso. Pensavo di essere stato abbastanza chiaro l’ultima volta. Del tipo neutrali, per favore, solo neutrali.
    Ma no, evidentemente c’è qualcosa e penso anche che sia importante se ha portato Joshua fino a qui. Addirittura si è preso il disturbo di raggiungermi durante il suo fantastico tour, come mi sento fortunato, lusingato quasi. Beh, io di certo non potevo allontanarmi davvero visto che a quanto pare mio fratello è stalkerato da una stronza manipolatrice e non posso lasciarlo solo per cinque minuti che finisce a parlarci anche sapendo benissimo di non doverlo fare.
    Che dire, mi sento un po’ riportato indietro di anni. Quando, entrato nell’adolescenza, ha iniziato ad andare alle feste e io mi sentivo in dovere di seguirlo, controllarlo, assicurarmi che non gli succedesse niente. Che non tornasse troppo tardi e passasse dei guai. Poi è morta mamma e tutto questo è diventato qualcosa tipo: papà è troppo occupato per pensarci, ci penso io.
    Ma lasciamo perdere.
    Una mano in tasca, nell’altra la bottiglia di whiskey che ovviamente mi sono portato dietro. Non scherziamo, non interrompo la mia bevuta serale per Josh. Mi infilo nell’auto tirando fuori la mano dalla giacca e usando quella, andando poi a sistemarmi il cappellino con la stessa una volta accomodato all’interno dell’abitacolo. Sì, ho un cappellino per il freddo, come un vecchio, e immagino proprio per lo stesso motivo: mal di testa.
    «Bella macchina» esordisco così, come fosse un saluto, guardandolo di sbieco con un’occhiata mentre il resto dell’attenzione scivola intorno. Ci penso ora che sono in pigiama. Con un cappellino per il mal di testa e una bottiglia di whiskey a metà in mano. Dentro una Camaro del ’67 in un parcheggio scrauso in Nebraska.
    Devo ammettere che la mia vita è davvero divertente, mi faccio ridere da solo, una barzelletta continua.


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    Venderei un rene pur di ammettere che non posso salvarli da solo. E’ tutto qui, cazzo tutto semplicemente qui. E venderei anche l’altro pur di non chiedere aiuto a lui. Ormai sono le fottute basi delle mia esistenza. Eppure eccomi ad aspettare che salga in auto, a non guardarlo nemmeno, e chiedergli solo in silenzio di non spandere il whiskey sulla tappezzeria, perché questa macchina:
    «Non è mia» Roger mi ha detto di trattare bene la sua “”bambina”” quindi suppongo che dato il feticismo che li accomuna, Morgan abbia capito perché l’ho detto. Credo si veda, perché non ho più voglia di nasconderlo, che non va bene. Non va un cazzo bene niente e no, non sono qui a chiedere la sua pietà o una cazzo di madre. L’ho già avuta ed è andata piuttosto di merda a ben pensarci. E so, perché è una cosa che farei anche io, che andremo a fondo là dove l’anno scorso ho giurato che non ce lo avrei mai portato. Ma d’altro canto, non sarebbe neanche dovuto tornare dal Calvario o spezzare il patto di Edie e beh, la storia sappiamo tutti come è andata. Credo che Chrys pensi che io sia l’antieroe. La verità è che adesso mi sento sufficientemente un coglione da non volerci riflettere troppo. Non sono comunque venuto qui solo a dirgli che questa macchina non è mia.
    Stringo il volante una volta, poi due, poi le nocche impallidiscono e mi fermo. Rido in silenzio, di me e del modo del cazzo che ho di dire anche le cose più importanti. Lo so che morirei pur di non fargli questo regalo di Natale in anticipo, che penso davvero non aspetti altro. Ma lo so che poi Chrys mi ucciderebbe due volte per averlo anche solo pensato e poi, poi non voglio sapere che altro farebbe. In fondo è vero, lo sto facendo per lui, più che per me, ed è una cosa che non ho mai messo in conto finché non è arrivata.
    Spezzo il silenzio, ma continuo a guardare avanti. «Senti...» Anticipo qualcosa che può non significargli proprio un cazzo, ma lo faccio come uno sbuffo che tira fuori aria dai polmoni a fatica. Sto solo pensando che potrebbe andare veramente male, ma Slater non doveva avvicinarsi ad Alice, né sibilarmi quelle cose davanti a Chrys. Ho la sensazione che sarà l’ennesima persona che vedrò morire e adesso, adesso mi sono rotto il cazzo anche di questo. «E' per ...» Slater. Gli indico solo il marchio tirando su, secco, la manica sull'avambraccio dove il suo simbolo è impresso sulle carne.
    Tanto che mi mastico le guance dall’interno, e premo cosi forte che sento il sangue in piccole gocce ferrose. Ma no, sono solo fottutamene triste, perché questa è una sconfitta e la mia è una bandiera bianca grande come un cazzo di continente. Merda. Ma la parte difficile viene adesso.
    «Vuoi ancora cancellarlo dal fottuto Universo?»
    Mi sono assicurato che fuori da questa macchina non potesse uscire nulla, e che Slater non mi stia guardando ora. Semplici barriere, niente che però possa indicargli, se mai fosse qui, che gli sto nascondendo qualcosa. Già solo dirlo, o averlo pensato, sarà un cazzo di problema. Sono un bravo occlumante, ma lui ha i suoi metodi, ed io nemmeno li conosco tutti. E dovrei scherzarci su ora, decisamente. E’ proprio quel momento in cui saprei dirgli “guarda che ti ho fatto proprio un bel regalo, non vedi come sono gentile?” invece sono un cazzo di paranoico che resta in silenzio. Neanche lo guardo, non credo mi serva, so bene a cosa sta pensando.
    «Perché non posso farlo da solo» Ringhio solo contro di me, e la mia fottuta incapacità di essere forte abbastanza. Non lo sono mai stato, per nessuno. Ma almeno quando non lo sono stato per Edie, c'era Morgan - e questo mi costa il resto dei miei fottuti organi, ammetterlo - ed ora con Chrys ed Alice non voglio più rischiare. Adesso lo guardo e penso di essere solo disarmato, debole, stupido. Un ragazzino di merda.
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    Morgan Crain


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    V
    orrei dire che non ci credo più che le cose buone, ogni tanto, succedono comunque.
    Vorrei dire di non averci sperato, o di averla persa lungo il tragitto.
    Vorrei dire che ad un certo punto ho semplicemente pensato che Joshua era andato e non c’era più nulla da fare, e che ha anche smesso di fottermene qualcosa.
    In un certo senso è così, in isolati momenti, come sempre. Quando la rabbia domina, domina su tutto. Quando lo scazzo, il fastidio, il nervoso e l’odio dominano, lo fanno letteralmente su ogni pensiero, ogni ragionamento, ogni gesto e ogni modo di fare.
    Però non è mai del tutto vero, come non è mai del tutto vero niente. Anche se lo è, in quel momento lo è completamente, fino in fondo, in un modo tanto viscerale che mi sento fisicamente prendere gli intestini e stringerli e dirmi che è solo così che gira il mondo, in quello specifico modo. Però poi cambia tutto, come cambia ogni volta, e adesso non posso dire nessuna di quelle cose.
    Anche io guardo dritto davanti a me ora, verso il motel. Sposto gli occhi dal suo braccio, dal simbolo di Slater, alla porta della stanza mia e di Den con quel numero che la contrassegna.
    Penso solo grazie a Dio, anche se non ho nessun Dio da ringraziare e vorrei che tutti svanissero dall’esistenza. Penso finalmente. Penso che Joshua ha trovato un motivo per combattere e un po’ mi fa incazzare che Edie non sia stata abbastanza già prima. Mi fa incazzare parecchio in realtà, ma non posso pretendere da Joshua che pensi a Edie come io penso a mio fratello, senza i miei errori però. Dopotutto lui è il fratello minore e non è questo il suo compito; i fratelli minori possono commettere sbagli, possono gridare e arrabbiarsi, hanno la libertà di errare e imparare da questo. Noi invece, dobbiamo prendere il posto di qualcuno che non c’è più, che non importa quanto si è adulti, i genitori mancano anche a quarant’anni. Noi dobbiamo insegnare, educare, ricordare vecchie lezioni. E dobbiamo essere sempre lì, qualsiasi cosa succeda, ad aspettarli e accoglierli, anche nella delusione, nel rancore, nell’assenza di perdono. Qualsiasi cosa succeda, dobbiamo essere sempre lì, perché siamo l’ultima rete di sicurezza che gli rimane.
    Non voglio che Edie debba fare questo per Joshua, non vorrei, perché so quanto può essere estenuante e difficile, soprattutto quando magari vorresti solo dirgli va bene così e non puoi, perché non c’è nessun altro che gli dirà invece la verità che non vogliono ma che hanno bisogno di sentire per stare meglio. Nel modo di cui hanno bisogno, anche se è brutale come lo è nella mia famiglia, o se non lo è, in quel modo lì qualunque esso sia.
    Non vorrei, però lo capisco.
    Forse per un po’ anche io ho trattato Joshua così, mi è venuto naturale immagino, ma non avrei dovuto perché non mi spettava e alla fine dopo il Calvario me ne sono accorto.
    Adesso non so come mi sto comportando con lui, o come mi comporterò da qui a cinque minuti.
    Probabilmente sono solo un lunatico del cazzo.
    Rispondo serio: «Sempre», continuando a guardare avanti. Prendo un sorso di whiskey. Certo, non smetterò mai di volerlo cancellare dal fottuto universo. Lo odierò sempre. Lo vorrò uccidere sempre. Penso a Dhomar rasa al suolo, a quando ci siamo fermati su una collina poco distante e ne abbiamo osservato il cratere. Non è mai stata casa mia, ma in fondo sì, per sette anni lo è stata. Il dormitorio, il letto sotto quello di Zane. Il senso di appartenenza ad uno scopo. La fratellanza. Le canzoni pensate per farci avere meno paura. Slater mi ha portato via tutto questo, tutto quello che ero, e sì poi sono arrivato qui e ho trovato di meglio ma non importa, ho dovuto guardare quel cratere e realizzare, a dodici anni, che non avevo più niente. Neanche uno scopo per esistere.
    Sempre.
    «Dimmi una cosa Joshua, ti darò una mano lo stesso, a prescindere dalla tua risposta», ma ho bisogno di saperlo.
    Thalia ha detto che erano soli, che c’era solo Slater, lo so, me lo ricordo molto bene. Ma un coinvolgimento può essere di qualsiasi natura, anche semplicemente un’anticipazione. Semplicemente saperlo prima ma senza dover essere coinvolto. Una sensazione. Un sentore. Qualsiasi cosa.
    Ho bisogno di saperlo.
    Mi sporgo in avanti sul sedile girandomi di tre quarti verso di lui, così che almeno intenda che voglio che mi guardi nei fottuti occhi per rispondermi. Non è nemmeno per individuare una bugia, la cosa delle micro espressioni è una leggenda del cazzo, troppo “micro” per essere davvero notate se non da qualcuno tipo il fottuto Cal Lightman che ci ha passato la vita intera a studiarle, di certo non io che conosco i trucchetti ma niente di più.
    No, non è per capire se mente.
    È solo che, guardami in faccia mentre ti parlo: reminiscenze.
    Poggio il gomito sul cruscotto dal lato passeggero, tenendo la bottiglia appesa sul vuoto per il collo. L’altro braccio si aggancia alla spalliera del sedile più vicina al centro e stringe le dita lì. «C’entri qualcosa, in qualsiasi modo, con la morte di Borromé Cordier?».


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    Non posso farlo da solo. Non posso farlo da solo.
    Non posso farlo da solo. Cazzo, non posso.
    Eppure il fatto che ora Morgan mi dica che mi aiuterà lo stesso, non mi tiene al sicuro da un cazzo e non ho un respiro di sollievo. Solo quell'ansia che mi fotte il cervello.
    L’ho ripetuto per tutti i pochi giri d’asfalto che ho divorato venendo qui. Che io, non posso farlo da solo. E non è una questione di salvarmi il culo, no che non lo chiederei mai. E' per loro, sempre per chiunque non sia io. Che sono un egoista del cazzo e li voglio tutti con me. E se sto facendo questo, è perché ho capito, ormai, che sa tenere al sicuro Edie anche dal lavoro del cazzo che ha come missione di vita. Non che io ne abbia una più sicura, anzi. Mi sento un ragazzino di merda.
    Mi sento un ragazzino proprio perché lo sono. Ho paura. Ne ho avuta, atroce, quando ho visto Slater in piedi vicino ad Alice, e quando Chrys gli ha posato gli occhi addosso troppo a lungo, che per forza mi sono mosso in difesa. Ed ora mi tormenta costantemente. Già, anche io posso avere paura, quella insensata e contro cui mi abbatto ringhiando e che dopo, alcune volte, rimane incollata alle ossa. Lo fa se a combattere dall’altro lato ci sono ombre più grandi di me. Adesso so avere di nuovo quella paura che è nata con Edie, due anni prima che venissi al mondo io. La stessa paura di un ragazzino nato in una famiglia distrutta in partenza, e destinato a crescere da solo. Mai abbastanza per salvare sua madre, o per scuotere Osmar. Mai abbastanza per spezzare la maledizione di Edie quando ero ad un paso dal poterlo fare. Ora lo so che non voglio più stare in questa cazzo di giostra, di cui mi illudo di avere un controllo che non ho. Perché nessuno affronta Slater da solo, ma se non lo faccio, so anche che mi porterà via tutto in favore di un patto che adesso, forse, non ha più ragione di esistere. Sono un ragazzino, e mi andrebbe anche bene esserlo da solo, nella mia stanza, nella mia auto, in casa. Magari con Chrys, che sa sempre cosa cazzo dirmi. Non mi va bene esserlo con Morgan. Non ho avuto scelta, però, dovevo farlo. Devo.
    Mi aspettavo domande, ma non questa, che in qualche modo annulla comunque la promessa di prima, ma io glielo avevo già detto. La sa la risposta, e me lo chiede ancora. Ed allora so dirmi solo che adesso deve vedere come si è abbassata la mia difesa, al punto che qualche briciola gliela devo dare anche solo per sapere che non sono una testa di cazzo fino a quel punto.
    Lo guardo come il suo corpo richiede, mi giro anche io e tengo la mano lungo una gamba. Sono fottutamente sincero, limpido. Un momento raro del cazzo, si. «No» Secco anche questo, perché non ho bisogno di mentire qui, non c'è niente da nascondere. Punto gli occhi direttamente nei suoi, che nella mia serietà ci legga il cazzo che vuole, ma non sto mentendo. E gli farò la grazia di non dire che "mi dispiace" perché non sarebbe vero,
    a quella morte sono indifferente se non per il casino che mi è caduto addosso dopo. «Non sapevo che volesse farlo.. e non me l'ha spiegato neanche dopo» In quel cazzo di mese passato totalmente al buio. Ne porto i segni. Tanto che no, con Morgan non nascondo quelle cicatrici che tengo lontane da Edie e da Alice.
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    Morgan Crain


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    li credo. Su questo, su tutto più o meno, sul fatto che quello che mi sta chiedendo non è un modo troppo articolato per fottermi.
    Non sarebbe nello stile di Slater, comunque.
    Quindi diciamo che decido di credergli. Forse sono un idiota, ingenuo anche, ma penso che se non lo fossi avrei decisamente e completamente perso me stesso. Ho fatto quella cosa sbagliata un mese fa e ho detto che sarebbe stata l’ultima. Voglio riiniziare a fare le cose giuste, è quello che ho sempre fatto, mi sono sempre impegnato per fare sempre la cosa giusta.
    Questa lo è.
    Non m’importa che mi dicano che mi faccio a zerbino, che mi faccio sfruttare, che permetto alla gente di usarmi. Sarà anche questo forse, non m’interessa. Voglio fare la cosa giusta e basta. Ho così tanto di cui redimermi che non mi basterà una vita intera, figurarsi questa che ho ora, destinata a finire molto presto.
    Non solo perché mi sto avvicinando ai quaranta che insomma, è un po’ l’età massima. C’è anche l’Apocalisse e a tratti continuo a pensare che alla fine questa storia mi ucciderà. E a tratti non mi dispiace, a tratti lo fa; dipende dal momento.
    Annuisco, «Okay».
    Joshua è venuto da me perché sono l’unico a cui può rivolgersi per questa specifica cosa, non perché gli faccia piacere. Credo anche che non sia una persona a cui piace chiedere aiuto, nonostante, forse, ne abbia bisogno tanto quanto ne ho bisogno io. È un livello alto, sono consapevole di quanto sono bisognoso. Però anche io non chiedo aiuto, pur se per motivi diversi immagino. Per questo so che adesso a Joshua serva essere ascoltato e creduto.
    Quando le barriere si abbassano, l’unica cosa che impedisce una ritirata o un contrattacco è qualcuno creda.
    Io gli credo.
    Torno a guardare avanti, verso la costruzione rettangolare del motel.
    La testa spinge pugnalate nelle tempie. Fastidiosa.
    Prendo un sorso e poi inizio, «Allora, possiamo mettere insieme quello che sappiamo e spremerci le meningi per studiarci un piano d’azione». Mi sistemo meglio sul sedile spingendo la schiena all’indietro, le gambe divaricate creano uno spazio centrale in cui faccio dondolare piano la bottiglia con il braccio che la tiene adagiato sulla gamba destra.
    «Conoscili meglio di quanto loro conoscono te» lo recito a memoria, da qualche parte sento l’eco della voce di mio padre. «Significa che per uccidere qualcosa prima devi sapere come, o per organizzare una trappola devi sapere quali sono le sue abitudini. Quindi inizia a pensare a tutte le cose che sai di lui, come vive, dove, cosa mangia, amici, alleati, altri allievi, ogni quanto va a cagare. Non dirmele ora, pensaci e basta», gli lancio un’occhiata veloce con la coda dell’occhio mentre parlo. «In linea di massima tendo a pensare che qualsiasi cosa sanguini si possa uccidere, quindi anche se Slater non sembra proprio molto umano, può morire. Però bisogna capire come, altro punto importante». Non ne sono certo ma è ciò che sembra, altra regola di mio padre.
    Significa che la risposta più semplice spesso è quella esatta.
    Significa che molto probabilmente Slater non è del tutto umano.
    Significa che non possiamo andargli contro senza avere la certezza che quello che faremo lo ammazzerà, non esistono seconde occasioni. Non per Joshua, se capisce che l’ha tradito, è morto, e non è una cosa che posso permettere succeda.
    «Una volta avute il massimo delle informazioni che possiamo, potremo pensare ad un piano e poi a metterlo in atto», mi giro per guardarlo meglio, spezzando la domanda dopo sul bordo della bottiglia mentre l’avvicino alle labbra, «Quanto tempo hai oggi?». La alzo così che il whiskey possa scivolare in gola e tengo gli occhi su Joshua da dietro il vetro.


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    Lo sento come le cose possano sempre andare peggio, come non ci sia un cazzo di freno neanche per me. Non me lo merito, nemmeno il fatto che non stia usando niente di tutto ciò che vede a suo vantaggio, lo merito. Lo so, cazzo è ovvio che molte cose io non dovevo farle ma, beh, il passato non è qualcosa che si può davvero cambiare, o l'avrei già fatto. E' che ora io non so fare altro che questo: rincorrere i miei demoni per vederli sempre un passo avanti a me, e mi sono stancato. Lo sono nelle occhiaie che mi scavano dentro, nel fatto che non dormo, che sono troppo paranoico anche per pensare e che, quando tornerò indietro, mi maledirò con ogni fibra che mi resta. La verità è che sono disperato. Non si vede, forse, perché sono bravo a non crollare davanti a chiunque, ma è questo che fa la paura: mi divora dall'interno. E no, forse c'è altro. C'è una delusione che è per me il problema più grande che dovrò affrontare. Io che mi deludo in continuazione, in un circolo vizioso che non si spezza. Sempre troppo poco. Mai abbastanza per nessuno.
    Okay. Me lo faccio andare bene, perché per una volta esiste un punto vero: o almeno stavolta, rispetto alla prima, mi crede. Ora in teoria dovrei sentirmi confortato dalle sue parole, ed invece più mi racconta le sue mirabolanti idee, più so che in mano non ho un cazzo. Perché altrimenti forse qualcosa l'avrei già fatta. Io non ho niente di quello che gli serve, non al punto che possa già essere utile adesso.
    Ma siccome non devo rispondere subito, posso quasi illudermi che funzionerà. Magari è l'unica cosa che mi serve.
    Torno a guardare avanti, perché tutto ciò che dice l'avevo già pensato in queste cazzo di settimane, quasi un mese, a tenere un contatto con Chrys che mi assicurasse che fosse ancora vivo ed al sicuro. E so che Slater mi sta dando una tregua, ma durerà poco, devo tornare da lui con un piano ed un modo per togliermelo dalla testa cosicché non lo veda. Questo, ecco questo dovrei dirlo a Morgan. Deve solo finire di spiegarmi le cose a modo suo, e per un attimo mi dico che non mi fa neanche incazzare così tanto sentirlo parlare. E' un buon segno? Quanto tempo ho oggi? «Due ore, prima che mi diano per disperso e la vengano a cercare.» Non ho altro. Solo che noi abbiamo un altro cazzo di problema che devo condividere, ed è l'unica ragione per cui sul resto sono stato zitto. Non avrei ragione di temere se già avessi tutto con me. Il fatto è che io devo tornare da Slater e non intendo farlo fino al matrimonio. «Mi sta dando tempo, ma non so quanto ne ho prima di dover tornare da lui a-..» a fare quello che mi chiede. «.. lo sai» Ecco appunto. Torno a guardarlo con più calma, non so neanche che cazzo di espressione ho, davvero, penso sia solo rassegnazione, ma di quella stronza. Indico quello che sta succedendo qui, solo con un dito che si scolla dal volante, poi mi lascio andare sul sedile fino a piegare la testa in alto. «Non posso andarci con questo nella testa. Sono bravo a nasconderci di tutto nella testa ma questo, se lo legge è finita.» Per me, per Chrys, per Alice. E cazzo se fosse solo per me, con il giuramento sul sangue che non toccherebbe un capello a nessun altro, allora lo farei, sarei già lì. «Credo di avere fino al matrimonio per - "godermi la mia opportunità di scoprire quanto ho da perdere" - a detta sua.» Già.
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    Morgan Crain


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    azzo, odio questo stupido istinto del cazzo a fare il “fratello maggiore” con tutti.
    Due ore, non è così male. Si possono fare un sacco di cose in due ore.
    Se fossi un minimo più stronzo gli direi che è troppo tardi, che due ore non bastano, che ormai è andata e se la deve cavare da solo. Che io ho altro a cui pensare, molto più importanti di lui, tipo mio fratello tanto per dirne una, o l’Apocalisse. Ma non lo faccio, e ci sono un sacco di scuse a cui potermi appigliare per motivarlo: che è la famiglia di Edie, che ha una figlia, che mi ricordo la faccia di Chrys quando è venuto a chiedermi di Slater.
    La verità è che… odio il mio stupido istinto a fare il fratello maggiore con tutti.
    «Già, so di cosa parli» intendo Slater e queste uscite tra l’inquietante e il grottesco. Torno a guardare avanti, soprappensiero adesso. La bottiglia finisce di nuovo in mezzo alle gambe e con la mano libera inizio a tamburellare sul ginocchio, seguendo una melodia che esiste solo nella mia testa. Qualcosa a caso degli AC/DC.
    Ha ragione, non può andare da Slater con questa merda nel cervello.
    Questo è un problema.
    «Cancellarti questo ricordo potrebbe essere davvero complicato», mormoro distrattamente all’inizio. La luce del lampione sfrigola lanciando scintille di riflessi in una pozzanghera poco distante. «Fino al matrimonio per lo meno ti servirà pensarci, dovremo parlare di nuovo e organizzarci, e più il tempo passa più un ricordo crea collegamenti, a quel punto cancellarlo sarebbe pericoloso e non vogliamo che tu abbia problemi di memoria», e quello è il meno in realtà. Perché rischiamo che comunque il ricordo non si elimini come dovrebbe e che sia ricostruibile più facilmente di quanto immaginiamo, a quel punto il problema sarebbe la morte per mano di Slater. Arriviamo sempre e comunque a questo fastidioso punto.
    Oltre al fatto che una scelta del genere è troppo rilevante.
    Per non parlare di tutti i rimuginii precedenti che l’hanno portato a prendere questa decisione.
    Cancellarglielo è tipo abbastanza fuori discussione, così penso, parlo mentre penso e penso, «Quello che possiamo fare è creare una falsa pista di ricordi, così se Slater arriva a sospettare qualcosa e ti fruga nella testa, riuscirà a risalire solo a quella. Ovviamente in caso ti dovrai concentrare molto su questo falso ricordo. Da lì, creiamo un labirinto di ricordi plausibile, in modo che non dubiti insomma», lo guardo con la coda dell’occhio indicando l’aria dentro l’abitacolo con un cenno rapido della mano libera, «Possiamo creare una copia di questo ricordo, con contenuti diversi e che possono facilmente attaccarsi ad altro, magari riguardanti Edie, è un argomento credibile ed è importante per te quindi avrà collegamenti più forti».
    Non che mi piaccia usare la figura di Edie, in generale, per cose così. Ma non è che abbiamo così tante alternative, una delle poche cose importanti che ci accomuna è proprio lei e quindi dobbiamo arrenderci a questa evidenza.
    Dico l’ovvio iniziando con un: «Ovviamente, è meglio evitare che sospetti di qualcosa, su questo possiamo lavorarci. Ma a parte, dovrai allenarti a rievocare questa falsa pista quando qualcuno cerca di entrarti nella testa. Io sono un Occlumante, ma Den è un Ibrido, puoi farlo con lui. Ne serve uno molto bravo. Per il resto ti possiamo insegnare come si fa a stare sotto copertura senza farsi sgamare e nel frattempo organizziamo raccolta di informazioni e piano», spero veramente che non se ne esca con cose del tipo “non voglio che mi insegni niente” e blablabla, perché non abbiamo tempo per questo. L’ho detto, non posso permettere che gli succeda qualcosa e non è solo per Edie che lo dico.
    Sono stanco, così dannatamente stanco, di avere gente sulla coscienza.
    «Il nostro obbiettivo principale è che non ti succeda niente, okay? Quindi inizia a toglierti dalla testa eventuali mosse eroiche o stronzate del genere, che quel tipo di merda finisce sempre male», mi giro torcendo il busto con un sorriso tirato, indicandomi il volto con un cenno della mano che solleva la bottiglia, uno sventolare di due dita tra le cinque strette attorno al collo vetroso. Chi è quello che fa le stronzate “eroiche”? Io, ovvio, io. Neanche voglio perdere tempo ad elencare le conseguenze.
    «Dimmi se hai capito tutto», continuo a sollevare la bottiglia e di nuovo la avvicino per bere un po’ di whiskey. Quando la abbasso sto andando a prendere il pacchetto di sigarette dalla tasca della giacca. Glielo sventolo davanti intendendo la domanda ovvia, se posso accendermene una.


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    La corruzione è qualcosa che ormai fa parte di me. La sento nel ribollire lento della sfiducia contro il prossimo. Che io non mi sono mai fidato di nessuno ed in genere è sempre stato giusto così: non aveva senso farlo. Quindi no, non potrei mai abbandonarla, non è qualcosa da cui disintossicarsi, né mi privo del sottile filo che tendo quando la morale ha sempre un modo per piegarsi a mio favore. Il fine ha sempre fottutamente giustificato i mezzi, i miei, e lo farà ogni volta. Quindi si non è una cosa che potrei promettere, anche se ho comunque il sospetto che per grazia divina Morgan non mi chiederà una stronzata simile. E infatti non lo fa. E' solo per questo che mi forzo di ascoltare, e perché una parte di me vorrebbe anche fargli capire che l'ho sempre fatto. Lui non ci ha mai creduto, ma io l'ho sempre ascoltato. Però no, non mi fermo a questo adesso. Ora ho solo i nervi tesi nel modo in cui è impossibile per me scioglierli. Non ho lo spazio per essere un debole del cazzo che si piega a cercare aiuto dall'ultima persona al mondo a cui vorrebbe chiedere. Mi dico che è solo un'alleanza temporanea, durerà finché la testa di Slater non rotolerà al suolo, dopodiché non mi farò fare la morale da Morgan Crain, mai. Se me lo ripeto di continuo, forse ricordo anche come si respira. Ma la verità è che so di aver perso anche questo, anche la rabbia che mi teneva incollato ad un ideale per cui mordere in continuazione le caviglie. Ora, beh ora mi sembra di star per perdere anche l'ultima cosa che mi resta e non c'è niente di più brutto del vuoto che mi scava dentro e delle fottute voci che lo abitano. Ucciderei chiunque senza alcun minimo rimorso se servisse a proteggere Chrys, ed Alice. Lei che ha come esempio un padre modello, un cazzo di eroe, che ora capisco perché sia tanto in fissa proprio con Morgan, anche se mi da un fastidio atroce. Io, io non sono neanche all'altezza di averne le fattezze, un qualcosa che glielo ricordi. Ma ha me, e cazzo farò di tutto perché questo non sia un punto instabile della sua vita. Penso a tutto questo mentre lo ascolto. A volte chiudo gli occhi, altre stringo i denti, perché in fondo sto soffrendo anche adesso, anche se resto in silenzio: il tutto per non mollare mai la presa sulla mia dannata stabilità.
    «Mh» non voglio dimenticare, né mi lascerei manipolare la memoria dal primo che passa, questo è ovvio. Solo che il piano di Morgan ha senso, e per questo trovo fottutamente ironico riuscire solo a dargli ragione. Va avanti, lo lascio parlare, lascio che questo mi entri nella testa ma che resti comunque sospeso onde evitare che tutti possa diventare leggibile. Slater sa essere veloce. Non è la sua mancanza di empatia che mi spaventa, quella la conosco ormai, e nemmeno la sua forza, perché non mi sento più quel pivello che stava crescendo.. è che non ha uno schema. Slater non è intuibile, né prevedibile: perché la sua logica è fottutamente privata. E, l'altra piccola cosa, è che non c'è stata una minaccia che io gli abbia sentito pronunciare, che non abbia trovato compimento. «Mosse eroiche.. » quasi rido. Ma quasi. E penso che lo sappiamo entrambi perché. Però niente, nonostante tutto non sento quell'ascia di guerra che speravo mi preservasse almeno un po'. Sono proprio preso di merda, e «Sì ho capito tutto» mio malgrado.
    Ho due ore, posso prendermi tempo anche per respirare con più calma e «Nessun problema» se vuole fumare qui dentro. Roger è una cazzo di ciminiera, la sua macchina non ne risentirà minimamente. Torniamo a Slater, però. «Posso farlo, lo faccio da tutta la vita» nascondere, deviare, fingere così bene che le cose siano perfette da non dare il dubbio a nessuno. Perché Edie stava bene ed io a volte dovevo convincermene così tanto da finire per crederci. «Ci vorrà del cazzo di tempo però, perché dev'essere fatto ad opera d'arte. Dopo quel mese, non ho barriere con lui. Se anche solo ne alzo mezza, è finita.» Espiro con calma, e si, un po' lo guardo di traverso e dun po' no, che adesso non ho proprio voglia di mettermi a fissarlo. Le tempie premono così tanto che mi fermo a massaggiarle un attimo, la mia fottuta ansia è qui.
    «Se ti preme saperlo, non intendo morire Morgan.» Solo che poi c'è un cazzo di problema di cui parlare, ancora, adesso anche se dovevamo pensarci o dovevo avere tempo per farlo. «Solo che in mano non ho un cazzo di quello che ci serve. Nessuna delle informazioni che mi chiedi.» Alzo le spalle, arreso anche in questo. «Te lo dico adesso perché non conti su qualcosa che non esiste. Non mi ha mai parlato di altri adepti, non l'ho quasi mai visto fuori dalla Dimensione Ombra, né ha mai dato modo di farsi seguire dopo un allenamento. Non so cosa faccia quando non sono con lui, né quali siano i suoi piani a lungo termine.» E, per essere ancora più chiari: «Non c'è un momento "maestro allievo" come nei cazzo di film, con lui funziona diversamente ed io non gli ho mai chiesto un cazzo.» Questo preme più di tutto, che mi sento un coglione e con la persona sbagliata con cui sentirmici.
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    Morgan Crain


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    iro fuori una sigaretta con i denti trattenendola così, gentilmente per non schiacciare il filtro. Il pacchetto torna in tasca, prendo lo zippo. Scatta la fiamma e chiudo le labbra per tirare. La scosto con un gesto rapido, infilandola vicino alla piega tra indice e medio. Sbuffo di lato.
    Non intende morire, buono a sapersi. Non è una cosa da dare per scontata, anche se forse sono io che ho una concezione un po’ sbagliata della cosa. Se dovessi parlare di morte, di desiderio di morte, aprirei una parentesi troppo grande quindi lasciamola chiusa.
    Sto a guardare il fumo sbattere contro il finestrino della macchina per un po’ mentre Joshua parla.
    Non mi aspettavo che fosse a conoscenza dei più intimi segreti di Slater.
    Ho sempre pensato, invece, che su di lui ne sapessi di più io.
    È un problema? Relativamente.
    L’unico problema è che la mia idea per risolvere questo intoppo potrebbe essere difficile, troppo pericolosa anche e quindi nemmeno so se proporgliela davvero. Ci devo pensare, devo capire prima come stanno le cose tra di loro e comunque, penso che Den potrebbe avere idee migliori delle mie a riguardo.
    Lui è sempre stato più bravo di me in queste cose. Io sono bravo a fare casini più che altro. So guidare, aggiustare un motore, sparare. Niente di incredibile insomma.
    «Possiamo pensare ad un piano anche per avere informazioni», mi giro verso di lui sul finire della frase, «E probabilmente neanche ti rendi conto di sapere già delle cose, è normale, possono essere dei dettagli che magari sono più importanti di quanto pensi. Non sei addestrato a pensare sempre costantemente in quel modo. Tra l’altro io so delle cose su Slater, magari parlandone ti viene in mente qualcosa». Tipo che ho conosciuto suo figlio, e che so come funziona la sua stupida setta. Che è interessato alle pietre di Tharizdun, a dei fottuti sassi del cazzo. Dei fottuti sassi del cazzo che però potremmo usare come trappola.
    Ci penseremo più avanti a questo, una cosa per volta.
    Mi raddrizzo sul sedile, lanciando un cenno con la testa al motel, «Entriamo? Così iniziamo a metterci sotto già da ora per la prima parte del piano malefico. Tre teste sono meglio di due, soprattutto se la terza è di Den Crain, che è molto più bravo di me a pensare ai piani» e sorrido credo con un principio di orgoglio, misto ad altre cose che vengono a galla ma che tengo a bada, «Io vado più forte con i colpi di testa in mezzo all’azione». Nel senso che sono impulsivo; nel senso che sono più uno da improvvisate folli e geniali, lì per lì, sul momento. Nel senso che sono un coglione insomma, riassunto definitivo.


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    Un Crain è un palo nel culo, sopportabile. Presi un separatamente sono quasi gestibili, a volte perfino divertenti da intercettare. Tanto quanto non lo è stato trovarmi affisso al muro della sala parto, ma questa è un'altra storia che sembra lontana anni luce. Come se Morgan non fosse quella persona, anche se ancora non lo so se mi basta come garanzia. In fondo devo anche dirmi che è un modo come un altro per stare un filo più vicino ed assicurarmi con in miei occhi che l'Inferno non lo ha fottuto. Ma dicevo che un Crain è fattibile, due Crain - invece - sono un'infinità di cose da cui tenermi ben distante e che già mi divorano dall'interno. Soprattutto perché Caiden è una testa di cazzo. E lo so anche nei punti che non sono tanto diversi tra me e lui. Immagino si veda dal momento che mi irrigidisco più di prima. Non che sia proprio rilassato, ma adesso sono perfino teso. No, non mi aspettavo che la cosa restasse tra noi, anche se in qualche stupido modo del cazzo una parte di me lo sperava. A quanto pare se devo sventolare questa fottuta bandiera bianca, devo farlo sul muso di entrambi. Bene.
    Mi fermo solo un istante, uno che sosta tra "entriamo" e "azione". Uno per dirmi che lo sto facendo sul serio, che sto rischiando - perché è fottutamente innegabile - e non posso più fare un passo indietro. Tanto che non lo farei comunque, perché ho deciso. L'ho deciso dal momento in cui Chrys ha capito che avevo paura e da quel momento inizio a pensare che non sappia sentirsi al sicuro con me e, beh, questo non è accettabile. Non lo sopporto. Non sopporto il modo in cui credo di leggere la sfiducia nei suoi occhi o, peggio, quel desiderio insano di liberarmi dalle mie catene quando posso farlo per conto mio. Non da solo, ovviamente è chiaro, ma non che lo faccia lui per me. Al massimo "con me".. ma questa è un'altra storia ancora. Magari non è l'ultima possibilità che ho, ma una delle prima è che io accetti. Devo accettare anche quello che non voglio vedere, né avere. Solo che non lo farò a testa bassa. Sono comunque una testa di cazzo anche io, tanto vale esserlo fino alla fine. La fine, appunto, che va evitata. «Va bene.. »
    Sono così docile da farmi schifo. Ma quello che mi muove è più importante anche dell'orgoglio, almeno stasera, almeno questo due cazzo di ore. Stacco le mani dal volante, annuisco praticamente al nulla di merda che ho davanti. Non ho tempo per impuntarmi su qualcosa che perde improvvisamente d'importanza. Niente ha valore, niente ha sapore. Non ci sono colori, non sento niente, sono immune praticamente a tutto e non in un modo per cui andarne fieri. E' solo che quella "cosa" che ho da perdere adesso è arrivata al limite per me. E Slater è una minaccia molto concreta.
    «Magari potete chiedermi qualcosa che viene in mente solo a voi ed io do per scontata.» Aggiungo anche se è inutile. Spingo la mano sulla maniglia, stringo le chiavi in mano e scendo dall'auto senza neanche guardarlo. Andiamo dove cazzo vuoi Morgan, ma veniamo ad un punto il prima possibile. E si, so che non ho nessuna pretesa da estendere e se Caiden deciderà che non gliene frega un cazzo, mi andrà bene comunque, troverò un modo per farlo da solo. Non ho grazia nel chiudere la portiera, solo un ringhio sommesso in volto. Che cazzo sto facendo...
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    Morgan Crain


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    «G
    rande». Appena vedo che comincia a muoversi lo faccio anche io, incastrando la sigaretta di nuovo tra le labbra, la bottiglia ancora in mano, mi chiudo lo sportello dietro con una cura che non dico essere la stessa che riservo a Baby, ma quasi.
    È tipo sua cugina, una roba del genere, mi sembra doveroso avere lo stesso tipo di rispetto.
    A Joshua lancio solo un’occhiata veloce per vedere se mi sta seguendo verso la camera e lo precedo lì, aprendo la porta che non ho chiuso a chiave prima, quando sono uscito. «Den, abbiamo un ospite,» esordisco subito, appena entrato. Giusto per avvisare che non sono da solo.
    La tv parla di qualcosa di storico e molto noioso quindi la ignoro.
    Tiro fuori la pistola dalla tasca intera della giacca che mi sto avvicinando al mio letto, la poggio sul materasso. Poggio il whiskey sul comodino. Sfilo il giubbotto lasciando anche quello accanto alla pistola e mi giro a guardare mio fratello, poi Joshua.
    Inizio che ancora sto su di lui con lo sguardo, «Joshua ha deciso di cominciare a ballare con Slater.» Vado a Caiden con gli occhi, sorrido sghembo sottilmente divertito. Diciamo che sono di buon umore adesso, non è una cosa che succede spesso quindi me la godo finché dura.
    Tiro via la sigaretta dalle labbra con un inalare rapido nel mezzo, uno sbuffo ne spinge fuori il fumo.
    Mi lascio cadere pesantemente sul letto mettendo una mano sulla pistola per non farla rimbalzare nel movimento. Quella stessa mano la alzo poco dopo, facendo il segno di un uno con le dita per tenere un conto che non serve davvero, «Problema numero uno: dopo il matrimonio si farà vedere, quindi si temeva lettura mentale. Ho proposto di creare una pista di falsi ricordi, che cancellare roba è troppo pericoloso. Questo dovrebbe essere risolto quindi.» È il resto a richiedere più ragionamenti, sì, ma Caiden potrebbe avere idee migliori anche su questo punto quindi lo faccio presente.
    Il dito alzato diventano due, «Problema numero due: non abbiamo molte altre informazioni oltre quelle nostre. Non risolto.» Riprendo la sigaretta tra i denti e mi zittisco, alternando sguardi lenti tra mio fratello e Joshua, che sembra vivo quanto uno zombie in questo momento. Posso capire, davvero, ma deve tirarsi un po’ su.
    Non può andare ad affrontare tutto questo con la motivazione sotto ai piedi. Senza un minimo di speranza non si arriva da nessuna cazzo di parte, è quella che ci tiene in piedi, con me per lo meno funziona così.


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    caiden crain
    È davvero terribile non poter accedere ad una birra in momenti come questo. Non è neanche per l’alcol, è per il sapore. Sembra una cazzata, ma mi ero così abituato che quasi mi manca. Senza il quasi, diciamo pure che vorrei una cazzo di birra. Così, per ammazzare il tempo mentre aspetto che Morgan torni. Non ci metterà molto, almeno credo. Probabilmente perché suppongo che a nessuno dei due piaccia stare in presenza dell’altro, ma questa è solo una mia modestissima opinione, una vaga, vaghissima, sensazione. E ammetto, ammetto che sono anche curioso di sapere di che cosa si tratta. Anche se dall’altro lato, sono anche un po’ preoccupato. Ma questa ormai è la base. Voglio dire, è davvero difficile non essere preoccupati quando la nostra attuale situazione, beh è quella che è. Sento il rumore di passi in sottofondo e non mi scomodo più di tanto, perché dopo tutti questi anni, e anche un po’ per forza, ho imparato a riconoscere quelli di mio fratello, così da non scattare sull’attenti ogni volta che qualcuno si avvicina alla porta. Anche se comunque, tengo pistola e coltello a portata di mano. Quello, sempre a prescindere. Giro appena la testa, seguendo la voce di Morgan mentre mi metto un po’ più dritto, finendo a spingere alla fine gli avambracci sulle gambe. Non che ci voglia un genio a immaginare di chi è che parla, e infatti. Ad essere onesto, non credevo avrei mai visto nascere questo giorno; e non so se sia più la cosa di Joshua nella nostra umile stanza, o il fatto che abbia finalmente deciso di fare questa cosa. Metto su un’espressione che per un secondo, è un po’ come un sorriso, perché alla fine, è decisamente la cosa migliore che potesse succedere e, direi anche, finalmente. Anche se non so, forse non sono proprio uno che può parlare in merito, ma questa è un’altra storia. Muovo il braccio per raccattare il telecomando e spegnere la tv, afferrare il portasigarette e sfilarne una per portarla alle labbra e accenderla. E poi, li guardo uno ad uno, fermandomi su mio fratello in attesa che riassuma la situazione. Che non è buona. Per niente. L’ultima volta che ho avuto a che fare con Slater, mi ha quasi sgozzato, e vorrei dire che è un modo di dire, ma sono piuttosto sicuro che Mister Simpatia fosse abbastanza serio nella cosa. Ma tant’è, è andato “tutto bene”. Prendo un respiro, stringendo appena le labbra prima di portarci contro il filtro. «Potevi almeno prendermi un caffè, prima di salire» lo sbuffo insieme al fumo, guardando mio fratello. Dopo il matrimonio, quindi dire che abbiamo, se non altro, un po’ di tempo per inventare qualcosa, e questo è già un bene. Almeno, possiamo evitare di preoccuparci di eventuali imboscate, se ho capito qualcosa di Slater è che tende ad essere abbastanza letterale, e almeno questo ci può dire, da ora, che possiamo non aspettarci una qualche imboscata simpatica ai danni di Joshua o chi per lui. Non accenno neanche ad una battuta, invece, con Josh. Non una cazzata qualsiasi che potrei dire, e che sarebbe inutile. Lo so quant’è complesso mangiarsi l’orgoglio e abbassare la testa, e adesso, beh direi che lo sa anche lui. Anche se potrei riservargli lo stesso trattamento di quella volta, sul tetto. Ma non lo farò. Questo è lavoro, tutto il resto rimane fuori. È sempre stato così. «Sì, probabilmente è anche l’unica soluzione, ma va fatto bene perché basta poco a lasciare tracce che svelano il trucco, se hai a che fare con un buon Legilimens» mi giro per fissare per un secondo un punto casuale, solo per raccogliere i pensieri in merito a quelle che, effettivamente, sono le informazioni che abbiamo. Non molte, questo indubbio. Un Mago Nero che definirei oltre il bravo, ha uno strano fetish per i bambini, ma immagino sia perché sa che sono dei punti in cui può premere facilmente. Come in quel Diner, dopo Borromé. Come al festival, neanche un mese fa. «Stanarlo potrebbe essere difficile, ma non impossibile, il problema in questo è che deve essere fuori dalla Dimensione Ombra, perché lì dentro niente può rintracciarlo, almeno per adesso. E se anche andassimo a prenderlo lì, capirai che usare una Locazione su base di Corrizione in un posto che è letteralmente fatto di Corruzione, è alquanto inutile» mi alzo dopo aver incastrato la sigaretta fra i denti, smuovendo appena le spalle per scrocchiarle a destra e sinistra prima di riprendere il filtro e lasciar scappare il fumo. «Ma certo tutto questo è assolutamente secondario se prima non abbiamo la certezza di colpire per uccidere, e questo ci porta alla logica domanda del: come cazzo si ammazza Slater? Per adesso, conosco solo cose tecniche. So che tipologie di Magia usa, almeno, di quelle che ha usato in mia presenza» mi fermo di fronte a entrambi, restando a guardarli prima di riportare la sigaretta alle labbra. Ora, non voglio fare il figo della situazione, è ovvio. Ma in due volte che ho provato a scontrarmi con lui, beh, due volte è stato un enorme buco nell’acqua. questa cosa del prevviso, poi, non mi piace. Si parla di mesi, e non è una cosa da sottovalutare. Non che pensi che abbia sospettato che Joshua potesse decidere di fare questa mossa, da quel poco che ci ho avuto a che fare, mi pare di aver vagamente compreso che non sia così portato verso la comprensione umana, ma insomma. Sono comunque mesi. Lancio uno sguardo a Morgan, per un secondo. Più che altro, perché non sono davvero sicuro di quanto voglio sbottonarmi con Joshua, visto che poi a dirgli le cose non è che andata sempre alla grande. Ma so anche che non è che possiamo fare questa cosa, senza mettere in mezzo tutte le carte che abbiamo nel mazzo. «Sappiamo che ha contatti con i piani alti dei Banditori» lo sbuffo, ed è per motivi che sono decisamente oltre questa conversazione. Che sono motivi molto più miei che altro, e infatti per un secondo mi giro, e mi muovo fino ad arrivare alla mia fidata bottiglia d’acqua, da cui prendo un lungo sorso. «Ed è una cosa che sappiamo per certo, hanno collaborato in passato» anche se le mie informazioni, in merito, sono decisamente datate. Ma non è una cosa a cui pensare adesso. Anche se lo faccio. Prendo un altro tiro. «E che probabilmente non prova neanche un filo di emozione, neanche a pagarlo, ma credo che questo fosse ormai noto a tutti» alzo le spalle, e penso che più o meno, sia tutto. Eccetto cose un po’ più private di Morgan, ma quelle non ho intenzione di dirle io. Insomma, non si fa così e basta. «Tu ci hai avuto a che fare più di tutti, cos’è che sai?»
     
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    Cammino, sono pochi passi, non ci faccio caso. Non guardo neanche il numero della stanza, non ne ho bisogno e, meno cose so, meno portà saperne lui. Però, per questi pochi minuti che sembrano ore, l'unica cosa a cui riesco a pensare è Chrys. Ed anche Alice. Il mondo in cui Slater aveva la mano sulla spalla di mia figlia. Che sì è qualcosa per cui non sono pronto. Non lo sarei stato se Lilian, la vera Lilian, l'avesse tenuta, figuriamoci ora che ha dodici anni e forse io non ne ho tanti di più. Ma non importa, perché lei si è fidata di me. Tutti hanno fatto quel cazzo di errore che è stato fidarsi di me. Delle mie scelte, delle mie idee.. perfino dei miei fottuti modi. E adesso tutti sono in pericolo. Dovevo stargli sotto, dovevo esserci quando chiedeva di me, non dovevo pensare di farmi una cazzo di vita nel frattempo. Ho commesso un errore, sì: uno di quelli che si ritorce contro come un cazzo di serpente velenoso. E forse neanche ti accorgi che ha già morso in più punti. Merda.
    Non ho voglia di pensare a quanti problemi nasceranno adesso, è come se vedessi le ramificazioni dei miei pensieri, dei ricordo, quello che diceva Morgan. Ora spero che abbia capito perché cazzo non potevo farlo prima il doppiogioco o qualunque cosa sia. Non ero pronto a trovare su due piedi una via plausibile e poi, beh, poi c'era il caso e l'Apocalisse che non so più un cazzo neanche di quello e va bene, va bene perché a me non è mai stato detto niente e no, no che non va bene, ora è un nostro problema.
    Devo dire che non lo so come si ringraziano le persone e che, ora come ora, non ci riuscirei. Va bene tenere l'orgoglio sotto le suole delle scarpe ma non mi forzerei più di tanto. Quindi sì, un po' ci spero che Caiden non metta a rischio il mio sistema nervoso. Eppure quando davvero non lo fa, mi priva di qualcosa che è ovvio: non posso neanche fare lo stronzo. Perfetto.
    «Slater non è solo un buon legilimens.» E' davvero la prima cosa che dico dopo le loro idee, dopo aver visto il modo che hanno per inserirsi uno nell'altro. Sono addestrati a questo, come io lo sono ad altro. «E' il migliore che conosca, e ne ho conosciuti parecchi negli anni.» Quei famosi anni che nessuno calcola più da quando la corruzione mi scorre nelle vene. «Gli basta trovare una leva, ovunque sia, per demolire ogni stronzata che gli si può raccontare e beh, parlo per esperienza anche qui» che no, non ho il tono di chi sa più cose, quando poi non è neanche così, è solo la realtà di quello che ho passato. «Ma ho imparato che tutto conta nei primi minuti.» Un lato positivo? Non lo so, so che guardo Caiden per un po'. «Non verrà lui da me, si aspetta che vada io da lui dopo il matrimonio. Deve vedere che va tutto bene nei primi minuti, quando poi mi dirà di cosa ha bisogno e smetterà di guardare.» Questa è la previsione più rosea che riesco a fare, anche quando mi lascio scivolare seduto da qualche parte perché ho bisogno di non stare in piedi ora. E sì, Slater è infallibile perché non sembra essere toccato da nessun impatto emotivo, neanche i miei che sono un fottuto empatico. Però la cosa che so è che proprio per questo gli interessano. Gli piace vedere come si muovono le increspature quando lancia una goccia nell'oceano di vite che tiene in mano. Ma sono tutte cose che non sono utili, quindi prendo il respiro.
    C'è un cazzo di attimo in cui, adesso, mi manca il fiato. Mi blocco nel punto preciso in cui i miei incubi peggiori prendono vita e forse prima ho mentito a Morgan. Non è vero che non intendo morire. Non nella misura che può aver capito lui. Ma no, certo che non sono tanto stronzo da rettificare adesso.
    «So che la Dimensione Ombra non sembra scalfirlo. In genere neanche un mago nero può sopportarla così a lungo e questo non credo sia un buon segno.» Così per iniziare leggeri. «Ci siamo sempre allenati da soli, o con i mostri che abitano le ombre. Non escludo che abbia altri adepti ma non ne ho mai visti.» Credo che le stronzate emotive, però, siano le peggiori. «Di lui, di cosa sia quando esce, non so un cazzo. Non so chi conosce, né cosa fa quando non indossa la maschera.» Questo è il problema. «Vorrei dire che potrei provare a scoprirlo, ma devo fare ancora più attenzione, perché non mi sono mai interessato e se lo faccio adesso, dal nulla.. » alzo le spalle, penso sia ovvio per tutti e tre dove sto andando a parare. Però non ci sto quasi capendo un cazzo, mi mancano informazioni fondamentali che ho bisogno di chiedere. «Avete capito cosa è andato storto l'ultima volta?»
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    Morgan Crain


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    lzo le spalle in risposta a mio fratello. Potevo prendere un caffè, sì, ma ora come ora credo che una scarica di adrenalina mi abbia risvegliato ogni centimetro del cervello. Non ho bisogno del caffè.
    Tengo gli occhi su di lui mentre continua, o meglio, inizia il discorso. E nella mia testa suona più o meno così: “ma va fatto bene perché blablabla, gnegnegne”. Insopportabile saccente. Vorrei rispondere che no, di sicuro lo faccio di merda, ma ovviamente me lo tengo.
    «Di sicuro non capisce il sarcasmo,» rispondo con il cenno di un mezzo sorriso, girandomi per andare a riprendere la bottiglia di whiskey. Ne getto in gola un sorso abbastanza lungo, spero che riesca ad accompagnarmi meglio in quella fantastica avventura che è il mio sonno, tra due ore. Senza bisogno dell’aiuto di mio fratello, non che mi infastidisca ma insomma, sì, mi infastidisce; l’ho detto anche prima, non mi piace chiedere aiuto.
    Mi siedo meglio sul letto in modo da poter guardare entrambi, poggiando i gomiti sulle gambe e piegando la schiena in avanti, la bottiglia che pende in mezzo. «È meglio che non te ne interessi così dal nulla no, potrebbe sospettare,» confermo. «È scappato. Ha individuato il punto debole dell’offensiva e ha mirato a quello per poter scappare. Questo è il tipico atteggiamento in combattimento di chi ha una preparazione paramilitare. Si vede anche dal fatto che gli piace sgozzare la gente: la gola è il punto debole per eccellenza.» Lancio un cenno a Caiden. «Ma Den lo sa meglio di me, io non ero lì,» aspetto che ne parli, che dica qualcosa approposito se deve, prima di continuare.
    Questa volta è il turno delle domande quindi mi rivolgo solo a Joshua.
    «Avete ucciso insieme altra gente, o ha ucciso qualcuno di fronte a te? Chi era? Come vi siete liberati del corpo? Sepolto, lasciato lì, bruciato, roba del genere e dove soprattutto. L’hai visto utilizzare altri tipi di magia? Armi? Corpo a corpo?» Sono molte domande me ne rendo conto, ma abbiamo “solo” due ore che per quanto possano sembrare lunghe, in realtà non lo sono poi così tanto e dobbiamo sfruttare tutto il tempo a disposizione. «Ha mai parlato di piani futuri? Obiettivi a lungo termine per voi o per lui, o per i maghi neri in generale? Ti è mai sembrato si riferisse a qualcuno che non conosci in qualche circostanza? Una certa Esther Delano? Ruben?»
    In realtà nella mia testa si sta costruendo un'idea, che però è basata su una teoria che potrebbe aver appena avuto un altro indizio di conferma, resta solo una teoria comunque. Aspetto ancora un po' prima di buttarla giù.


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