I'm Gonna Crawl

Josh/Morgan | 16 Novembre | Casa Sinister

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    Morgan Crain


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    È
    passata una settimana, ed è vero che ci sono state altre cose di mezzo ma avrei dovuto venire qui prima ovviamente. Visto che mio fratello continua a scegliere lei e io mi sento così disarmato di fronte a questa situazione, nonostante sappia, con una certezza che devo solo confermare, che era proprio quella puttana di cui aveva parlato Joshua quel giorno di Maggio, mesi e mesi fa.
    Spero che mi dica di sì, spero che mi dica che è lei.
    Spero che mi dica uomo giusto, che usi queste esatte parole. Così che possa andare da mio fratello e sbattergli in faccia un’altra cazzo di prova di lei che sapeva. Sapeva tutto. E non ha detto niente, e ha lasciato che succedesse. Mentre gli riempiva la testa di stronzate su un aiuto che non gli stava dando.
    Al tempo stesso non lo spero.
    Voglio che Joshua mi dica che “uno come te” erano le esatte parole che gli ha detto quella volta. Così che questo, tutto questo, la nostra vita, non fosse in qualche modo predestinata. Che non fosse stato già scritto che avrei dovuto incontrare Edie, avrei dovuto spezzare la sua maledizione vendendo la mia anima a Samenar, andare nel Calvario, spezzare il primo Sigillo e iniziare la cazzo di fottuta Apocalisse.
    Che esiste ancora una cazzo di briciola di libero arbitrio nella nostra esistenza.
    Sono troppe cose, troppe, per non arrivare ad avere di questi dubbi, e li abbiamo da tanto tempo. Oracoli che dicono che eravamo predestinati, io e lei; il secondo diario di papà; mamma che ci spinge tra le braccia di Aaos e Samenar; Slater che sapeva la data precisa in cui si sarebbe spezzato il primo Sigillo, la mia morte, il mio cedere laggiù.
    Sono troppe cose.
    E adesso ho bisogno di una fottuta conferma.
    Anche se non la vorrei, perché significherebbe che neanche quella scelta, quella scelta così importante, quell’errore irrimediabile che ho commesso più di un anno fa. Neanche quella scelta sono stato io a farla. Come tutte.
    Come tutta la mia vita, che non è mai stata mia.
    Forse è stupido avere la necessità di sapere che uno sbaglio come quello, la colpa di una Apocalisse, sia interamente mia responsabilità e che non ci fosse alcun sentiero prestabilito che dovevo percorrere per forza. Forse è stupido disdegnare la possibilità di scrollarsi dalle spalle tutto questo.
    Ma io pensavo di aver deciso di salvare Edie e di suicidarmi, se così lo vogliamo chiamare. Un cazzo di atto di auto-determinismo, per una volta.
    E invece, invece probabilmente non è così.
    Probabilmente siamo sempre stati condannati.
    Significa che non posso salvare mio fratello. Significa che in un modo o nell’altro, per forza, mi troverò a fare quello che Aaos vuole da me, qualsiasi cosa sia. Significa che non ho scelta e non l’avrò mai.
    Mi sto fasciando la testa prima di sapere, lo so.
    Lo so benissimo.
    Ma credo anche che la mia testa, proprio lei, abbia preso una direzione scomoda da una settimana a questa parte. Non lo dice solo il livello di alcool che ho nel sangue oggi, non lo dice come cazzo ho reagito ieri e l’altro, nella nebbia, dopo quel fottuto incubo. Quanto velocemente ho pensato che stessimo subendo una fottuta invasione, che stesse iniziando una guerra. Bombe che sento ancora, fucili, maschere antigas, nebbia, fuoco, torture, cedere cedere cedere, sangue versato nel Calvario. La voce di Sirthareth. Lui che lo sa, che mi è piaciuto.
    Ci metto così tanto tempo a uscire dalla macchina, parcheggiato poco lontano dalla casa di Chrys.
    So anche che non dovrei restare qui perché non so se questo è un luogo conosciuto, dalla gente che ascolta Josh, oppure no. Ma tanto, che m’importa. Sta andando così velocemente tutto a puttane.
    Poggio la fronte contro il volante e chiudo gli occhi per un po’.
    Poi di scatto mi rimetto seduto, prendo un lungo sorso dalla fiaschetta, infilo una sigaretta in bocca mentre esco, chiudo lo sportello e l’accendo, chiudo a chiave e mi muovo verso la porta. Busso. Aspetto che venga ad aprire. Sono dieci minuti in ritardo rispetto a quanto gli avevo scritto nel messaggio. Dieci minuti che ho passato in macchina a fissare il vuoto.
    «Ohi. Come va?» Gli faccio un mezzo sorriso, aspettando che si scosti per farmi entrare. «Come state?» Domande che escono velocemente. Mi importa davvero sapere se stanno bene, ma ho il cervello in panne in un modo complicato. «Vi siete fatti decontaminare da quella merda?» La sigaretta penzola dall'angolo delle labbra, scuotendosi ad ogni parola.


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    So che è nel vialetto. Ha spento il motore, ma provo a non concentrarmi sul tempo che passa prima che si decida a bussare, che in realtà sono già dietro la porta. Sto provando, male, a tirarmi su un'espressione che non sia lo specchio di quello che ho perso nella nebbia. Di Missing e come sia andato a fondo in qualcosa che era già una crepa. Ne ha fatto scempio, aprendo la pelle con le mani, rimestando gli organi e, dopo, lasciandomi a sanguinare in un angolo della strada e no, non pensavo sarebbe più successo. Non dopo gli allenamenti con Slater. Trattengo il fiato.
    Non voglio vedere nessuno.
    A stento guardo Chrys, accennando qualcosa che sia una vaga rassicurazione ma che, oggi, non regge. E' presto. Sono ferite fresche, ed a me fanno male tanto quanto ne fanno a lui. E non importa se poi scopare ci riesce comunque, io credo sia quasi l'unica cosa che riusciamo a fare. Se parlassimo, parleremmo di Missing e non voglio. Nessuno di noi lo vuole. Allora sono ore che non dormiamo, io lo faccio quando le dosi mi stendono, lui probabilmente non lo fa e basta. Ci ascolta dormire, credo. Ma quando mi sveglio, nella mia testa ricomincia tutto. Umiliazione, rabbia, frustrazione, sofferenza, e tutto quello che una bambina non dovrebbe vedere nei miei occhi; non ora che mi sta identificando come un padre. Io. Io un cazzo di padre, che neanche posso più chiedere al mio come si faccia. Non è-.. non so cosa fare.
    Anche se non voglio vederlo, né parlargli, né farmi dire da lui come sia la quarantena di Edie, non ho niente a fermarmi dall'aprire la porta.
    Credo solo - e questo, cazzo, è il problema - che mi si veda negli occhi, in viso, nell'espressione che non cambio, che qualcosa non va. Beh, tutto non va. "Ehi".
    So di essere molto sbrigativo, che le domande quasi non le sento. Gli faccio spazio, guardo ancora un attimo Chrys, ricurvo sul piccolo tavolino, e poi Alice, mezza nascosta da un'altra porta semi-aperta. Non voglio disturbarli, ho quasi paura di infrangere la bolla di Chrys, quella in cui si chiude per andare avanti. Gliel'ho visto fare per anni, ma adesso immagino sia colpa mia, e non ho neanche la lucidità per capirlo. Scusami. "Sì-.. loro... noi.. " Cosa? Come stiamo noi? Di merda, che non c'è molto altro da dire. "Noi stiamo", nell'unico senso che esiste: respiriamo, esistiamo, fine. Le bende tirano mentre gli unguenti lavorano per ricostruire i tessuti lacerati del braccio destro, ma ho così tanta panacea in corpo che sento solo un pizzicore lieve, quasi rassicurante. "Ci siamo ripuliti, si. Anche se non siamo rimasti a contatto con la Nebbia tanto quanto voi.." parlo in automatismi, dati che spiego senza metterci dentro niente, che forse fatico anche a guardarlo diritto negli occhi. Mi sa che non lo faccio proprio, che guardo ovunque tranne lì, che ci sposto in automatico in biblioteca. Lascio uno sguardo a Chrys, che provi a dirgli di non preoccuparsi anche se resto convinto che Morgan non sia stabile, ma peggio di così non è che possa andarmi, quindi...
    "Voi? I bambini erano fuori.. almeno quello" già.
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    Morgan Crain


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    eggere le stanze è una cosa che mi è sempre venuta automatica, ma dire che adesso sia facile è riduttivo. L’atmosfera dentro questa casa è veramente in basso, giù, come penso quella che si possa respirare anche a casa mia, vista la situazione tra me e mio fratello.
    Fa sentire ancora più estranei.
    Fa sentire di troppo.
    Spinge fuori.
    Dev’essere successo qualcosa, nella nebbia o anche fuori.
    Lancio un’occhiata a Chrys guardandolo mentre seguo Joshua verso la biblioteca, faccio un sorriso anche a lui in caso mi veda; mi sporgo solo per un momento cercando di intercettare anche Alice e sorridere anche a lei. Ma seguo Josh, non voglio essere invadente, ma è così palese tutto ciò che mi sento quasi in dovere di dire qualcosa.
    «Ci siamo fatti ripulire dal nostro medico di fiducia,» tiro su gli occhiali incastrandoli tra i capelli e quando ci fermiamo, mi prendo qualche secondo per guardarlo mentre lui non lo fa con me. Non come ha sempre fatto normalmente per lo meno.
    Prendo il pacchetto di American Spirit dalla tasca dei jeans, mostrandoglielo, «Posso?» Chiedo prima di accendere, anche se inizio a prenderne una e infilarla tra i denti, anche se non potessi fumare comunque ne avrei quella sorta di sensazione, palliativo, di trattenerla in bocca.
    Riprendo dopo una manciata di istanti, continuando a tenere gli occhi su di lui sì ma non con un fare troppo indagatorio. Senza mettergli pressione. «Quando si cade da cavallo si usa risalire subito, si deve fare, è una cosa che dicono a tutti quelli che stanno imparando.» Sembra una stronzata che adesso non c’entra niente, ma penso che Joshua possa capire che “cadere da cavallo” è una metafora per qualsiasi cosa possa succedere di brutto. In generale. Aggiungo anche: «È per esorcizzare il trauma della caduta.»
    Può cogliere la palla al balzo per condividere, se vuole, oppure no. Ignorare del tutto e chiedermi che cosa voglio, visto che gli ho scritto che volevo parlargli. È una scelta sua. E infatti per concludere dico solo: «Così, giusto per dire.» Scostando gli occhi per andarli a far arrampicare sulle coste di libri che si susseguono uno dopo l’altro, scorrendoli senza davvero guardarli.


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    27.
    Voglio preservare quello che resta, e proteggere la mia famiglia. E' un po' per questo che Morgan lo porto lontano, alla fine del corridoio, perché quello che adesso mi salva, sia ancora al sicuro. Non che lui possa davvero fargli qualcosa, ma lo ricordo lo sguardo combattivo di Alice in ospedale e no, nel caso vorrei che non si ripetesse. Che lo sa anche lei che qualcosa non va tra me e Chrys, ma è solo tempo, sono solo ferite e prima o poi si rimargina tutto.
    Sì ma noi non abbiamo tempo, noi in venti giorni ci sposiamo ed a me manca il fiato per ieri. Non so neanche guardare a domani, cazzo. "Sì" che può fumare, in fondo neanche ai Sinister interessava davvero preservare i libri contenuti nella biblioteca e Chrys non la chiudeva a chiave durante le feste, quindi hanno visto ben di peggio che una sigaretta innocua.
    Sarà che comunque non me la bevo, che lo so come può iniziare tutto piano e finire in un cazzo di dramma dei nostri, dei miei.
    Chiudo la porta alle sue spalle, ma resto lì un attimo con la maniglia in mano. Risalire da cavallo. E cazzo se riderei se non fosse che sto così male da non saper usare un briciolo di sarcasmo. Sono ore che passo a sospirare e basta, in silenzio, che la forza di parlare ce l'ha Chrys, io vago nella speranza che il tempo faccia per me quel che non so fare io.
    E vorrei dirgli, si, che ci si rialza finché non ti spezzano la schiena. Allora arriva la paralisi, il blocco delle vertebre, la fottuta sensazione che non sarà più come prima. E non voglio sentirla, non voglio viverla cazzo, non voglio niente. Mi chiudo e basta, da bravo istrice di merda quale sono. Almeno il totem c'è ancora, almeno quello non è sbagliato.
    Mi stringo nelle spalle, come serro le labbra e non ho neanche voglia di guardarlo negli occhi e fargli leggere che in questo momento potrebbe vomitare oro ai miei piedi, e non lo vedrei, non ne approfitterei. Ma Morgan lo sa. Lo sa come sono fatto. Tanto che ora sembrano saperlo tutti tranne me. Ma non può essere venuto qui per dirmi che devo smetterla di soffrire per i cazzi miei, che neanche conosce.
    "Mh, cosa ti porta qui Morgan?" che non ho voglia di niente, solo capire la sua urgenza a cosa sia dovuta e, dopo, passivamente, rimandarlo a casa. E' così che si fa in famiglie civili no? Ecco, è quello che farò. E sono insofferente, sono stanco, sono ferito e non è colpa sua, stavolta. Spero che almeno quest'ultima cosa si veda, che non sto accusando lui di niente. Appoggio le spalle alla prima colonna, e aspetto.
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    Morgan Crain


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    B
    eh, ci ho provato.
    C’è evidentemente qualcosa che non va, ma non importa. Parlarne o meno è una sua scelta, io sono il primo a non farlo, a non mettermi qui a piagnucolare perché ops, ho iniziato l’Apocalisse perché sono un debole del cazzo.
    Prendo lo zippo, tiro indietro il coperchio per innescare l’accensione e tengo ferma la fiamma intanto che aspiro per accendere la sigaretta. Lo guardo da dietro l’accendino, il fuoco e il fumo che scivola pesante fuori dalle narici.
    Joshua cerca sempre un posto alle pareti.
    Come se si sentisse costantemente troppo allo scoperto al centro di una stanza. Per un periodo l’ho fatto anche io, dopo che mia madre era morta. Era diventata un’abitudine strana, una di quelle di cui ti accorgi e mentre lo fai ti chiedi perché cazzo ti venga così automatico. Nei tre anni successivi alla morte di mio padre invece, dopo un po’, ho smesso.
    Da un certo punto di vista quegli anni mi mancano.
    Ero diventato così bravo ad essere una macchina.
    Mi attraversa la domanda: che cosa avrebbe pensato Josh di me, se mi avesse conosciuto in quel periodo? Ancora di meno mi avrebbe voluto vicino a sua sorella, probabilmente. Lo capisco, neanche io mi sarei voluto vicino a nessuno. Neanche ora, certo, ma in quel periodo ero davvero molto lontano dall’umanità che ho ora. Persino dopo il Calvario.
    Lo dico a ragion veduta, che togliermi tutto è un errore, dopotutto. Avere gente intorno ci rende tutti deboli, credo che sia una di quelle cose con cui Joshua sta cercando di avere a che fare in questo periodo.
    Seguo il fumo con gli occhi mentre l’accendino finisce in tasca insieme al pacchetto di American Spirit. «Volevo chiederti una cosa,» porto lo sguardo su di lui, «A Maggio mi hai detto che avevi parlato con un Banditore, era Cora?»
    A questo punto ne sono così sicuro che mi basterebbe uno sguardo per capirlo. Ma l’ho detto, ho bisogno di conferme innegabili o penso che impazzirò dietro questa cosa.
    «Puoi dirmi le esatte parole che ti ha detto? E intendo davvero esatte. È molto importante.» Ci passo sopra con una certa dovizia, su quel “esatte” perché quando si tratta di cose religiose, di cose divine, profezie e altre puttanate del genere, le parole sono molto importanti. Quelle precise.


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    27.
    L'unica cosa bella di Morgan, è che quando un discorso cade, lo lascia morire. Forse in questo caso è pietà, ma non ho neppure la forza di dirmi che è così, che sono un pietoso del cazzo. Che almeno ho imparato fin da bambino a stare zitto, a tenermi le mie stronzate perché a nessuno sarebbe fregato mai un cazzo: perché noi ci salviamo da soli, oppure moriamo provandoci, tentando di guadagnarci una libertà che non esiste. E sulla morte non metto la mano sul fuoco. Non ho neanche lo stimolo a seguire il suo esempio, a prendere una sigaretta, che mi piace rubarle a Chrys, o accendere l'elettronica. Niente, zero, una fottuta calma piatta del cazzo. La scandisco in respiri che mi annullano perché non ci sia niente in testa, niente che possa in qualche modo distrarmi da tutto. Che l'urgenza di bere è pressante ma resisto, che sono un masochista del cazzo e neanche quello mi concedo. Non sono mai stato un alcolizzato, non devo iniziare adesso. Sono già un marito, sono stato eletto perfino come padre e non so reggermi se non ad una libreria centenaria. Cazzo che bravo sono. Tengo tutto dentro.
    Annuisco, si, Cora con un altro aspetto e un altro nome. Come posso dimenticarlo? "Si chiama Abigor adesso" secco, come la mia gola. Che evidentemente devo proprio diventare una cazzo di statua perché niente mi metta ogni giorno più nei casini. Adesso una rogna con i Banditori non la voglio. Nonostante tutto, so solo irrigidirmi un attimo, che questa cosa la tengo sempre al limite della sopportazione, questo suo chiedere senza spiegare un cazzo e Dio sarebbe anche il momento che mi dicesse come cazzo è tornato dagli Inferi, che quella del "non lo so, magia e miracoli" non so bermela. "Che cazzo succede?" So che non è la prima cosa che vuole sentirsi dire, ma è la prima che dico, a muso duro, indagando dove non so leggere neanche io: nei suoi occhi diretto. Ma poi...
    Poi credo che neanche di quello mi freghi più un cazzo, quindi niente, quindi ricordo tutto. Figuriamoci se so dimenticare una delle tante pugnalate alla schiena. E sono fottutamente preciso quando c'è da rivivere un tormento interiore. Che bravo. "Ha detto che-.." però un respiro lo devo prendere, che nei miei occhi penso si legga ancora tutto, ancora quanto mi pieghi in due questa cosa. E' faticoso. ".. non era mio destino spezzare la maledizione di Edie. Che dal momento che ho dato il mio sangue a Tharizdun, ho firmato il motivo preciso per cui non avrei potuto salvarla mai." L'ho detto, sono un masochista. Le sue parole? Le so a memoria tanto mi sono andate di traverso, aghi in gola. "Per salvare Edie era richiesto un uomo giusto."
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    Morgan Crain


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    S
    ento l’eco della voce di Sirthareth dietro quella di Joshua.
    Continuo a guardarlo mentre il corpo diventa di marmo, ma non per una solidità di contrattacco. È solo pesantezza. I tratti del volto, anche loro, diventano pesanti. Così tanto che li posso immaginare scivolare in basso, tutti, nell’arrendevolezza. Nella stanchezza.
    Non ci provo neanche a fingere un’altra espressione, una che copra questa.
    Lo so che adesso non ce la farei e Josh sarebbe solo testimone di un tentativo che non va in porto. In fondo, nemmeno mi importa davvero che veda questo sulla mia faccia ora. Il momento in cui capisco che è tutto inutile, che davvero è come avevo pensato, che non ho mai avuto neanche lo straccio di una scelta.
    Ho dovuto spedire mia madre lontana dalla Prateria, per colpa di tutto questo.
    Non potrò vederla mai più, per colpa di tutto questo.
    Una cazzo di trappola in cui dovevo cadere per forza.
    Non so per quanti secondi sto zitto mentre lo sguardo smette di essere a fuoco su di lui, la sigaretta la dimentico tra le dita di una mano, le braccia molli vicino ai fianchi. Giro lentamente la testa guardando il vuoto, annuisco al nulla. Espiro dal naso dopo non so quanto in apnea.
    Un uomo giusto.
    Io davvero non so secondo quali cazzo di parametri Samenar abbia potuto decretare che lo fossi.
    Un uomo giusto.
    Sorrido, finisco a sbuffare una risata amara, ma è solo un inizio che non si conclude, un respiro su una smorfia storta delle labbra. La mascella si contrae, serrata in una morsa stretta che sembra possa spezzare le ossa da un momento all’altro.
    Sono davvero troppo stanco per tutto questo.
    Hanno sacrificato un’intera famiglia per questo, per un’Apocalisse. Un fottuto capriccio del cazzo. Hanno sacrificato due famiglie per questo. E a loro non importa niente, non importa un cazzo di noi, siamo solo pedine, dei fottuti oggetti che usano per le loro questioni. Ma noi qui ci stiamo affogando dentro.
    Aaos viene a spararmi puttanate come che devo impedire qualcosa che ho iniziato io, e forse ha un qualche senso. Ma cosa fa? Niente. Assolutamente niente. Neanche a lui importa un cazzo di tutto questo e io sono stanco. Sono stanco per qualsiasi cosa, figurarsi per fermare questa cosa.
    Mio fratello morirà, perché così è scritto. Tutti moriranno, perché quei Sigilli li stanno spezzando e noi che possiamo fare? Proprio un cazzo. Tutti continuano a morire, uno dopo l’altro. Dovevo essere io magari, o un altro uomo giusto, a questo punto non lo so più, ma non importa. Perché sono stato io e mi ci hanno portato. A questo punto mi chiedo se non sia colpa loro anche la morte di mia madre, che è diventata così in fretta uno strumento nelle loro mani; qualcosa che magari mio padre aveva scoperto e quindi, quindi ecco il perché di quel secondo diario, della Colt nel Valico, di tutti quei segreti. E quel litigio, Caiden a New York, l’università, la mia vigliaccheria che mi ha portato a nascondermi nel Bronx per mesi prima di andare da lui, il Webster, io e Edie. Predestinati.
    Alzo le mani con un passo che gira e mi conduce in una direzione diversa da quella verso Joshua, la sigaretta cade dalle dita, non la vedo nemmeno.
    Alzo le mani, finiscono in faccia, la mia faccia ci si nasconde dietro. Piano premono contro la pelle, premono con un altro passo che si ferma.
    Io non credo proprio di farcela, a questo punto.
    Ho detto a Daniel che posso sopportarlo, tutto. Ho detto a Daniel che posso sopportare tutto. Ma forse non è così, forse sono arrivato al limite, oggi, ora, in questo preciso momento.
    So che dovrei dire qualcosa a Joshua ma l’unica cosa che mi esce dalla bocca è: «Dammi un momento.» Non credo che mi basterà, un momento. Ma glielo chiedo comunque, ancora girato, ancora con le mani che premono sulla faccia e ovattano la voce. In fondo, come tutte le altre volte, non si è mai trattato di quello che posso fare, ma di quello che devo fare.


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    Edited by hime. - 1/12/2021, 10:33
     
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    Ormai respiro solo dalle narici e non ho gran voglia di capire che cazzo gli stia passando per la testa. Però davvero, se si trattasse di una stronzata potrei anche ignorarla. Ma si tratta ancora, e sempre, di Edie. Della mia famiglia, della mia storia, di quella in cui si è infilato lui, della fottuta predestinazione che a me è stata tolta dalle mani. E si, quanto cazzo mi ci sono logorato non so più dirlo, tanto che ancora fa male, ancora brucia, ancora mi toglie il fiato ricordare che non ero destinato a niente. Non lo sono mai. Ci provo sempre ma non serve ad un cazzo. Che io combatto, ma male e contro qualcosa per cui non ho mai potuto niente da quando sono nato. Vent'anni spesi a soffrire con la sola cazzo di punta su un obiettivo: salvarla a tutti i costi, senza però finirci in mezzo, senza avere il coraggio di sacrificarmi davvero. Con la presunzione che morendo l'avrei uccisa comunque. Già, so darmi un valore che forse non ho, ma non me lo chiedo questo, che so crederle ciecamente, sempre.
    Quello che non capisco è perché. Perché Morgan se lo voglia far ridire adesso, dopo che già ne avevamo parlato, dopo che in fondo le parole sono sempre le stesse.
    Un uomo giusto. Quanto cazzo me lo sono detto. Che lo so, io sono una merda sotto tantissimi aspetti, ma Cristo, Morgan un uomo giusto? E poi no, poi mi sono calmato nel dirmi che semplicemente si intendesse un "non corrotto", e che quindi se solo non avessi scelto un Dio sbagliato, quell'uomo sarei stato io.
    Ho il sospetto che c'entri con il ritorno dall'Inferno e vorrei incalzare, sì, ma lo vedo cosa gli passa in viso. Non lo maschera, per una fottuta volta non lo nasconde, e credo che - come me - non ne abbia più la forza. Siamo al limite, e lui non è un Dio. Né un eroe.
    Qualunque sia il suo loop. Ci è dentro e faccio esattamente come dice, giro lo sguardo altrove, lo lascio a gestirsi da solo. Che a fatica so come tirar su Chrys, o Alice, ma più di questo non sono. Non sono un brav'uomo, né un bravo fratello, e sono decisamente un amico di merda, quindi resto ai confini. I miei frastagliati confini.
    Sono solo contento di aver chiuso la porta, che questo un po' mi risveglia dal torpore, perché Morgan non sta bene e sinceramente se non fosse parte della famiglia, in qualche modo che non ho mai approvato, me ne sbatterei il cazzo, eppure mi preoccupo abbastanza da sigillarci qui.
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    on mi basta, ma deve bastarmi.
    Non sono mai stato bravo in niente, a parte quelle cose inutili come sì, guidare, riparare un motore, giocare a poker e a biliardo. Con le donne anche, forse? Cose inutili comunque. Quello intelligente è mio fratello.
    Ma credo anche che una cosa, una singola piccola cosa io l’abbia sempre fatta con un certo tipo di insistenza e forse per questo, alla fine, mi usciva sempre più o meno bene. Ed era avere speranza. Anche quando tutto andava troppo male, anche quando stavo morendo e per quanto non volessi, mi dicevo che era quello che mi meritavo. Anche lì ho saputo avere speranza. Nel peggio, nei momenti più bui, alla fine ad un certo punto mi si svegliava qualcosa nel cervello e sì, ce l’avevo di nuovo. Anche quando pensavo di non averne più e improvvisamente, toh, eccone un’altra briciola a cui aggrapparsi.
    Di fronte a questo posso averne davvero ancora?
    Dovrei essere un idiota per non rendermi conto che è tutto andato a puttane. E neanche io sono così stupido. Il fatto che io debba mostrare di averne sempre, anche quando non ne ho, è un altro discorso. Lo stesso dei va tutto bene, lo stesso delle battute, del modo di fare da coglione, lo stesso di ogni cosa di me; è mio compito anche questo, tenere alto il morale quando ce l’hanno tutti a terra.
    Mi è stato più chiaro quando mamma era morta. Mi è stato tremendamente chiaro, perché da quel momento in poi ho cominciato a cavarmela da solo. Caiden era troppo piccolo e si fidava troppo di papà, e io volevo che lo facesse anche se lui non c’era già più.
    Non so perché sto pensando a queste cose.
    È inutile.
    È tutto andato. Da sempre, è tutto andato.
    Mi giro verso Joshua lasciando cadere le braccia ai fianchi. Potrei dire che non me ne fotte un cazzo di lui e starei dicendo un’enorme cazzata, come dopotutto l’ho fatto molte volte, seguendo lo schema secondo cui quello che dico è vero solo nel momento in cui lo sto dicendo e magari, magari venti minuti dopo è vero il contrario. Devo essere parecchio destabilizzante. Ma non è questo il punto.
    Il punto è che nessuno in questa casa sta bene, che sia per Slater o per altri motivi, non lo so. E in fondo, per quanto loro non siano Crain, mi sento in dovere di fare quello che devo fare con la mia famiglia, anche per loro.
    Prendo la fiaschetta, un lungo sorso. Con gli occhi cerco la sigaretta per terra, la ripesco che un po’ è andato, la cenere a terra. Chissenefotte della polvere. Un tiro, anche questo lungo.
    Un momento non mi basta, ma deve bastarmi.
    Un altro tiro che velocemente si collega a quello precedente, il fumo esce dalle narici con uno sbuffo. Mi sposto più vicino a Josh, mantenendo però una distanza personale davvero molto elevata.
    Prendo un respiro che sibila fra le labbra, riempie i polmoni e alla fine inizio a parlare: «Joshua, voglio che pensi bene a quello che sto per dirti prima di rispondermi. Con la premessa che non posso dirti tutto, ma solo quello che ti riguarda e che comunque, credo dovresti parlarne in realtà con Edie, in famiglia.» Anche se a lei non posso dirlo ora, dobbiamo aspettare che esca da quella stupida fottuta quarantena del cazzo.
    Parlo con una flemma che come sempre, in questi casi, riesco a posizionare a forza sulle parole ma non riesce davvero bene. C’è il sottofondo agitato di una stanchezza nervosa. «Sapere determinate cose potrebbe metterti più in pericolo di quanto tu già non sia. Tu e la tua famiglia. Ci sono alleanze e cose che esulano parecchio dalla nostra portata. È tutto molto più grande di noi. Molto. Oltre al fratto che c’è sempre il problema della diffidenza di Slater, e questo peggiorerebbe tutto. Sarebbero altri ricordi da nascondere e più ne aggiungiamo, più è difficile farlo. Hai la fortuna di poterti tenere fuori e di tenere fuori loro, se fossi in te la sfrutterei.» Cerco di essere pratico e logico, con Joshua, e spero vivamente che lo sia anche lui, che non si faccia prendere dalla foga di sapere perché in fondo. Ed è una cosa che penso da un po’, sapere non porta a niente. Non all’accettazione, non ad una forzata comprensione, non porta proprio ad un cazzo se non soddisfare un proprio stupido egoismo e poi, altra merda. Esperienza.
    Spero che decida di prendere la strada più semplice, quella più sicura.
    «E se decidi che lo vuoi sapere, non puoi dirlo a Chrys, non puoi dirlo a nessuno. C’è già stata una gran fuga di informazioni riguardo a quello che sapevi ed è importante che nessuno sappia niente, perché questa è una cazzo di guerra e non è un modo di dire.» Sono molto più duro nel dire queste ultime parole, perché quello che sapeva Joshua in precedenza ha fatto il giro del mondo prima di tornare da me e non si può più ripetere questa cosa. Soprattutto perché c’è Slater in agguato, troppo vicino a Sirthareth.


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    Edited by hime. - 1/12/2021, 10:34
     
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    Io questo tono lo capisco al volo. E ne sono già stanco, è un punto che si fa largo nelle ossa, che scava lo sterno e mi ricorda che no, non c'è una scelta facile. Mai nella mia fottuta esistenza ho potuto farne una. Una che per una volta non fosse fottutamente difficile, o perfino dolorosa. Quindi sì, lo riconosco il tono di Morgan e lo fisso per questo, con l'intensità di chi implora che non sia niente di troppo brutto. Non la voglio un'altra cattiva notizia, e non me ne frega un cazzo se è un discorso egoista, se è un capriccio, non voglio sapere neanche cosa pensino di me. Ora sono solo stanco di finire sempre nei casini e non capire perché cazzo ci sto finendo. Ed è vero, Morgan ha le risposte e per un attimo il mio è un tenere i denti stretti fino a stridere tra loro, in un morso che fende l'acciaio in bocca. Solo perché no, no basta con la cosa di non dire un cazzo a nessuno. Che dovrebbe saperlo da solo che se le informazioni sono girate, è perché non ne ho mai avute. Ed io, come fratello di Edie, ne ho sempre avuto il fottuto diritto, forse più di lui che non ha passato anni a capire come salvarla. E' solo arrivato a fare Dio.
    "Morgan, cazzo" mi esce con la confidenza rapida di chi si è studiato per più di un anno, e no, forse abbiamo ancora i nostri segreti, ma io non voglio più neanche quelli. E lo so che quello che mi sta mettendo davanti è un problema lungo una vita. La mia, quella di Edie. Mi sta chiedendo di decidere se voglio sapere tutto, tutto quello che posso sulla mia famiglia al costo di escluderne mezza. O se resto ignorante ma non da solo. Matrix del cazzo. E' che io non lo accetto. Mi stacco dal muro e faccio mezzo passo avanti, che sto già scuotendo la testa per quanta fatica mi costi ammetterlo. Ieri sono quasi morto. Non posso dimenticarlo oggi. "No." Duro ma non tassativo. "Includi Chrys, o ne resto fuori anche io." Adesso sono serio. Stanco ma fottutamente risoluto e visto che abbiamo tempo, voglio che ci provi per una volta a capire il mio punto di vista. Una, una ti prego Morgan. "Non sto facendo la ragazzina innamorata del cazzo, voglio che tu lo sappia. Io-.." un respiro pesante, lento come la vita. ".. sono quasi morto ieri, e l'ultima fottuta cazzo di cosa che voglio è che Chrys non sappia il perché". Ho smesso di credermi immortale, o intoccabile, o così bravo da saper proteggere chiunque. E sì, io la scelta l'ho già presa e un po' fa male al cuore. Anzi forse fa malissimo, ma non importa. “Non sono un cazzo di immortale Morgan, e per quanto tu voglia dirmi e cazzo se lo voglio sapere, non sono il capofamiglia. Siamo in due. E se dovesse succedermi qualcosa lui deve sapere come difendere Alice e da chi o da cosa ci minaccia per quello che conosciamo.” non transigo su questo punto. Non oggi. Magari un mese fa si, ma dopo ieri.. dopo ieri no. All-inn, o non se ne fa niente. “E visto che è parecchio rilevante, da come credo… questo è il mio punto. Se tu non ti fidi di Chrys, è un’altra cosa, ma lui cammina al mio fianco come Edie al tuo, come Caiden, un’unione dei due, per farti capire. E so, che anche se non vuoi, lo puoi capire.” Ho detto che ho scelto, e così è. E' tutto solo un mare di merda in cui di nuovo sono dentro, ma sarò anche un coglione e non voglio entrarci da solo. E' questo il matrimonio: condividere anche la merda. Che lui non sa, ma nella fragilità è anche più forte di me. Ha più esperienza, Chrys, di quanta si pensi. E non deve dirmelo, né confermarlo nessuno. E' con me, e basta. “Voglio saperlo. E voglio dirlo a Chrys perché sia pronto, anche a fare quello che non riuscirò a fare io. Ma se non posso, allora non dirmi niente Morgan. Torna a casa, tieni Edie al sicuro, e risaliamo su sta cazzo di sella” Adesso è così, o niente.
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    olto la testa verso una direzione casuale. Non è un modo di sollevare gli occhi al cielo, ma solo di cambiare il punto di focus dello sguardo.
    Non pensavo che sarebbe stata facile, ovviamente. Ma dire che ora non ho il cervello abbastanza funzionante per questo è poco. Eppure come ho detto, devo. Il punto è che arriva sempre un momento in cui, anche nel punto più basso, devo mettermi a fare qualcosa, a pensare a qualcosa, a comportarmi in un certo preciso modo.
    Va bene, per carità, va bene. È quello che mi ha insegnato, l’unica cosa che mi hanno insegnato oltre cacciare, quindi per forza che va bene. È stancante, ma stancante non significa che posso evitarlo.
    È che io penso che Josh questa cosa debba saperla, è una cosa che lo riguarda. È suo diritto saperla e ho fatto troppe poche cose giuste di recente, troppe sbagliate, e mi sono impegnando anche solo un minimo per tornare quello di prima per quanto possa essere difficile. Ma dico, sono passati mesi da quando sono tornato dal Calvario, non posso continuare a compiangermi e crogiolarmi in quella giustificazione per fare merda.
    Volevo così tanto uccidere quei due agenti, l’altro ieri.
    Ma alla fine non l’ho fatto.
    Dovrà significare pur qualcosa, no?
    Deve, perché altrimenti è davvero tutto andato. Tutto, fuori e dentro di me. E non posso permettermelo, perché Daniel ha detto una cosa. Daniel ha detto che la mia vita ha importanza tanto quanto ce l’ha per me quella di Edie, o dei miei figli. Non posso tornare in quella casa, ogni giorno sempre peggio, e diventare un’infestazione di qualcosa di distante, che lentamente svanisce.
    Non sono mio padre e non voglio essere come lui.
    Stringo il filtro tra i denti facendolo rotolare distrattamente di qualche millimetro da un lato all’altro, guardo ancora altrove. Penso. Penso che sì, lo capisco. Se qualcuno mi dicesse che non devo dire qualcosa a Caiden o a Edie, risponderei nello stesso esatto modo.
    Dopo un po’ inizio, «Non c’è niente da fare, Joshua. C’è solo da schivare altra merda.» Riporto lo sguardo lì, verso di lui. L’ho sentito quello che ha detto, che è quasi morto. La morte ti ridimensiona, anche solo sfiorarla. Quindi forse ora ha un senso perché abbia questa faccia, questa maniera di comportarsi oggi.
    Prendo un tiro, sbuffo fuori lateralmente.
    Conservo una calma che non vira nell’eccessiva secchezza, sono autoritario come lo sarei con un qualsiasi altro membro della mia famiglia a cui devo ricordare come funziona. Lo sono come lo sono stato l’altro ieri con Edie, nella nebbia. «Lo capisco quello che dici, e per la cronaca, non ho mai voluto “non capire”. Anzi. Ma chi non vuole essere capito non sa spiegarsi, Joshua. Adesso evidentemente sei tu il primo a volerlo. Anche io voglio che tu sappia perché faccio quello che faccio e ti dico queste cose, quindi ascoltami.» Un momento di pausa, per sottolineare l’importanza di una sola parola, “ascoltami”.
    Il peso del corpo si sposta da una gamba all’altra lentamente.
    So che probabilmente lo infastidisce come parlo, ma si deve arrangiare su questo punto. Magari ha ascoltato anche tutte le altre volte, magari semplicemente non gli importava o aveva preso altre scelte, non me ne frega un cazzo dei perché ora come ora, quello che è successo è successo. Adesso voglio solo ricevere una cazzo di risposta.
    «Io lo sono, il capofamiglia. Devo portare avanti un cognome oltre i Crain che sono rimasti, il problema non solo soltanto Banditori o Slater, ti ho già detto che è una guerra quindi meno cose sanno che sappiamo, più vantaggio abbiamo. Ma anche gli altri Cacciatori e le altre famiglie. Se sapessero che ho fatto un patto per spezzare la maledizione di Edie, sai che succede? Lo sai già, ma te lo ripeto, perché fa sempre bene ricordarlo. Sono morto io, mio fratello, i miei figli e ovviamente Edie e la tua famiglia di conseguenza. Ci sono famiglie di Cacciatori che aspettano solo una scusa per affibbiare l’etichetta di “traditori” alla loro stessa gente, soprattutto se ci sono faide, e i Crain sono in faida.»
    Se la risposta sarà no, pazienza, è stato bello provarci. Se la risposta sarà sì, allora magari ci sarà della vera e propria collaborazione e comunicazione anche con questo lato della famiglia. «Ti ho già fatto questo discorso mesi fa, ma non te ne fotteva un cazzo o non so, qualsiasi motivazione ti abbia portato a prendere le tue scelte quella volta è acqua passata. Ora però abbiamo i riflettori puntati addosso, se esce anche una sola cosa di quelle che già sai, finirà molto male. Quindi cose come: parlare, far girare la voce, colpi di testa che possono mettervi in situazioni in cui leggervi la mente è semplice, azioni che in generale vi espongono per qualsiasi motivo. Tutte queste cose, no e quest’ultima sillaba la faccio risuonare con un tono di solidità in più.
    «Tutto quello che ti dico di fare o non fare, è per il bene di tutti noi, al massimo ne possiamo parlare come stiamo facendo adesso se non sei d’accordo. In generale, su tutto quello che può metterci in pericolo.» In fondo è solo questo quello che voglio, che non muoia più nessuno e soprattutto, che non muoia nessuno di noi, o ci capiti di peggio della morte. «Questo è il mio punto. Ci stai?»


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    Edited by hime. - 1/12/2021, 10:34
     
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    Non so neanche perché cazzo io abbia pensato che sarebbe stato facile. Forse lo speravo e basta, che bella la speranza, non serve mai ad un cazzo. E non mi piace, non mi piace mai come si rivolge a me. Come se stessi costantemente sbagliando, come se avessi bisogno di un padre, come se in fondo fosse qui lui a rimettere a posto le ossa. E no, sarà anche il capofamiglia della sua tribù di spostati, ma non è il mio. Perciò davvero, davvero resto fermo ad ascoltare. E mi so solo maledire, perché ho creduto che ci fosse una scappatoia, cazzo. Che se dico "no" è "no", quanto può esserci di difficile? Dio. Ha solo ragione su una cosa: io non voglio ascoltarlo, io non ne posso più di trovarmelo trai piedi con congetture, soluzioni, piani e stronzate varie che per inciso con me non funzionano mai. Voglio solo il mio cazzo di angolo di pace e non l'ho fatto entrare perché me lo portasse via, non quando mi ha dato una scelta e penso fosse palese il mio sottinteso. Che, per inciso, non sa cambiare.
    Anche se..
    Lo sento, come si sente sempre, che adesso è quel momento. Quello in cui una scelta può cambiare tutto. Quello che ho sempre pensato di fare nel modo giusto. Quello che mi ha corrotto, che mi ha fatto accettare Slater ed il suo patto, che mi ha fatto detestare Morgan, che mi ha fatto uccidere Lilian, che mi ha fatto tenere Alice. Che mi ha fatto scegliere Chrys. Ma io ho già scelto, ed è lui che non vuole accettarlo. "Ma io non sono un cacciatore, non sono tuo fratello, non sono altro che qualcosa che ti sei fatto andare bene. Non sono la tua famiglia fino a quel punto. Non sono un uomo onesto e non sono una brava persona. E no, non serve che me lo ricordi: lo so cosa sanno fare i tuoi." e non c'è pietismo nella mia voce, non c'è tristezza, né rabbia. Ci sono punti fermi che proprio non serve smentisca e di cui non mi sto lamentando, non lo farei mai. Io, almeno, so chi sono. Però non vado neanche avanti su questa linea. Lo so che è un capolinea infinito, quindi resto solo in silenzio, ancora un po'. Prendo un respiro, ne prendo quattro, mi muovo versoi volumi più bassi, poi torno indietro e poi avanti. Tutto lentamente. Tutto senza guardarlo una sola volta. Scuoto la testa.
    "Lo sai che quella volta non ne sapevo un cazzo. Cristo lo sai Morgan." e quindi non ripetermelo ancora che quella cosa non dovevo chiederla. "Stavo cercando di capire perché cazzo qualcuno avesse deciso che non ero degno e basta. Dopo tutto quello che-.. dio: eri piovuto dal cielo e per quanto ne sapessi, disinfestavi case! Mi sembra normale cristo santo." No, basta, non ne posso più. Le ossa fanno male, il respiro fa male, gli occhi bruciano e che due coglioni. Non sono neanche davvero incazzato, sono solo teso e mi sto controllando perché la stanchezza mi uccide, come i flashback ogni dieci minuti. Circa. "Se la metti così sembra che tu voglia che io scelga la prima parte mh? Il non dirgli un cazzo neanche stavolta." Non lo posso fare, non posso farlo a Chrys, non avrei neanche la faccia da cazzo di sposarlo con qualcosa di palesemente importante alle sue spalle. All'oscuro. No, non è possibile e basta. "Chrys non sta a casa ad aspettare, il minimo sospetto e farà più danni lui di me inconsapevole, è dentro la cosa. O così o vorrai ucciderlo perché smetta di fare le sue ricerche. Non sto parlando a caso o per il piacere di contraddirti, lo conosco." Quindi, di nuovo, la cosa è questa. O con Chrys, o senza di noi. "Nel bene nostro, c'è anche lui, e adesso te lo sto dicendo cosa gli sta bene e cosa no. Nessun altro. Solo lui. L'ultimo nel cerchio. Andiamo Morgan, questa è l'unità giusta." Ti prego, cazzo dai.
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    asso le mani sulla faccia, come se stessi strofinando qualcosa di sporco per cancellarlo via. Anche se ormai è tutto troppo sotto, infiltrato oltre la pelle, per poterci davvero riuscire. La sigaretta tenuta stretta nell’angolo tra l’indice e il medio.
    Non so nemmeno perché sto dicendo quello che sto dicendo, quando in realtà vorrei solo dire basta; a tutto, a lui, a mio fratello, a ogni cosa.
    Ogni intuizione solleva altre domande.
    E ogni domanda, solleva un cazzo di enorme tappeto che ha tonnellate di polvere nascoste lì sotto.
    E alla fine non risolviamo mai niente.
    Mai.
    C’è solo qualcosa che giustifica perché stia andando così male tutto, o neanche, semplicemente lo peggiora. Penso di non aver mai odiato tanto il concetto di Destino.
    Sono troppo stanco ora per comportarmi come dovrei e giuro che ci sto provando, ma è difficile. Papà mi aveva detto che sarei dovuto essere in grado di prendere una decisione anche con tutti contro, anche a costo di farmi odiare, a patto che sapessi che era quella giusta. Giusta per la situazione sì, ma anche “la cosa giusta”. E io ci sto provando, davvero. Ci sto provando nonostante tutto.
    D’impulso, togliendo le mani di scatto dalla faccia e rispondendo a Joshua, dopo che ha finito, la voce esce più alta. Esasperata, ma non è per colpa sua. «Lo so prendo un respiro trascinandolo a forza tra le narici. Continuo più piano e con più calma, «Lo so che vi ho incasinato l’esistenza.» Sto cercando di rimediare. Questo non lo dico, suonerebbe troppo come una giustificazione.
    «Quello che ti ho appena detto, su cosa fare e cosa no, era accettando che tu lo dicessi a Chrys. Lo stavo sottintendendo quando ho usato il plurale. Tu sei parte della mia famiglia, Joshua, anche se quella allargata. Così come lo sono Chrys e Alice.» Soltanto un paio di mesi fa mi sarei preso a pugni per un’uscita del genere, ma adesso che so che la mia vita è una bugia praticamente e che è colpa mia, in un modo che è davvero troppo grande per poterlo realizzare completamente. Direi che è arrivato il momento di prendere questa situazione e risolverla una volta per tutte.
    Basta con le stronzate, basta con il risentimento.
    Non c’è spazio per queste stronzate da bambini a questo punto.
    Mi muovo, faccio qualche passo dalla parte opposta a Joshua, ma restando a guardarlo. Con un gesticolare casuale accompagno parole che cerco di misurare perché tornino a suonare più calme, «Vuoi dirglielo, va bene, lo capisco, lo accetto. Lo farei anche io fossi in te. Ma devi rispettare anche i miei punti se io rispetto i tuoi, e fare in modo che anche Chrys li rispetti.»
    Sollevo la testa fissando il soffitto per una manciata di secondi. Un sospiro. Torno su di lui. «Sono abituato a dettare regole per tutti, lo so che ti viene voglia di spaccarmi la faccia ogni volta che apro bocca. Non sono il tuo capofamiglia, so anche questo, ma per far funzionare le cose dobbiamo collaborare e comunicare. E questo significa che io ascolto te, tu ascolti me, e vediamo di trovare un compromesso.»
    La rincorsa di energia che ho preso per dire tutte queste cose si esaurisce in un gesto che appesantisce le spalle, le braccia, reclina la testa leggermente all’indietro e così lo guardo, fermandomi. «Possiamo semplicemente smetterla di combattere per ogni cosa?» So che questo mi è venuto fuori troppo trascinato, arrancando fuori dalle labbra con un sospiro muto che sa di troppa stanchezza accumulata. E lo dico, «Sono solo stanco di vedere la gente morire, Josh.»
    Basta, alla fine è solo questo, la pura e semplice verità.


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    Edited by hime. - 1/12/2021, 10:35
     
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    Ok. Ok posso prendermi un respiro adesso, uno che segue Morgan con lo sguardo. Che siamo tutti stanchi di questo e io, io non so mai uscirne bene. Per me è solo un mordere continuo di un osso senza più carne. Incido i denti più a fondo, lo spezzo e questo torna di nuovo a tormentarmi ogni fottuta volta. E Slater l'ha sempre detto, l'ha capito al volo che cosa sono e come sono. E non è che io non abbia provato a cambiare, è che-... fanculo.
    "La nostra esistenza era incasinata anche prima.." che non è proprio un modo per scusarlo, io credo che non ci sarà mai spazio in me per questo: per perdonargli il modo in cui è entrato nella mia famiglia e l'ha fatta sua, con prepotenza, senza chiedere, senza usare i fottuti giusti modi. Ma non è neanche una cosa che voglio davvero portarmi dietro per sempre, quel punto di vendetta è andato via, lentamente, si, ma non mi altera più come prima. Certo che mi girano i coglioni, ma adesso fa semplicemente male. Non un male che attiva la corruzione, un male e basta. Voglio chiuderla qui.
    Però siamo ad un punto. Che lo vogliamo entrambi, non ce la siamo mai davvero messa alle spalle, perché ogni occasione è stata buona per tirar fuori tutto di nuovo, per mandare me lungo il mio fottuto burrone impossibile e lui sul punto di trattarmi ancora più da ragazzino incapace.
    Le tempie bruciano, ma non importa. Non ho davvero più voglia di combattere contro Morgan, voglio trovarlo anche io questo accordo che ci metta anche sulla stessa strada ma per una cazzo di volta, nel giusto.
    E sì, l'ho sentito quando ha detto che sono parte della sua famiglia e qualcosa si è solo rotto dentro, tanto che a me il fiato manca per un secondo, uno che uso per provare a non sentirmi veramente quel debole ragazzino del cazzo che doveva - e voleva - sempre fare tutto da solo. "Ok".
    Non me ne è mai fregato un cazzo di essere accettato da qualche parte, o in qualche gruppo, ma ieri sono quasi morto e la cosa cambia molto su tanti piani, e li sento tutti nella testa adesso. Martellano, dilaniano. Apro di più gli occhi quando me lo spiega che ha accettato Chrys nel piano, e cristo se è un sospiro di sollievo il mio: come se ora fossi pronto a rimettermi in piedi di nuovo. Anche se è presto, anche se il mio braccio destro è inutilizzabile al momento. "Li rispetterà". Mi prendo carico di questo.
    Trascino lentamente una sedia, che la tensione mi sta uccidendo le gambe e credo che continuare a muovermi nervosamente non sia l'ideale per nessuno. Così nel farlo finisco per massaggiarmi le tempie con la mano sana, il gomito appoggiato alla grande scrivania.
    "Hai ragione. Non ne posso più neanch-.." non so finire la frase, perché non ho tempo, perché Morgan è stanco di vedere morire la gente. Ed io sono stanco di sapere che morirà e non poter fare un cazzo per impedirlo. "..io" sbuffo la fine della frase che è senza contesto, che trattengo le labbra in un morso che mi sposta lo sguardo altrove. Che lo so cosa vuole dire.
    Resto in silenzio, che la mia voce cambia, il tono si abbassa, batte contro un nodo in gola. "E io sono stanco di aver paura che succeda ogni volta che mi avvicino a qualcuno." una verità per un'altra.
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    on credo fosse incasinata tanto quanto lo è ora, la loro esistenza, ma lasciamo perdere questo punto.
    Però, diciamo che colgo il punto del perché l’ha detto.
    Non fosse che non ho voglia di scherzare, direi che sono quasi commosso di essere finalmente arrivati ad un punto in cui c’è davvero della collaborazione. Però la verità è che ne sono felice e basta.
    Ho davvero bisogno che questa cosa funzioni. Per me, e anche per Edie.
    Perché lo so quanto le sia pesato che ci fosse questo “problema di comunicazione” tra me e Joshua, e tra Joshua e tutto il resto dei Cacciatori e di quello che ormai, è diventato anche il suo mondo.
    Questa io la definisco una vittoria.
    Una vittoria in generale, qualcosa di cui avevo bisogno.
    Non so se Joshua si rende conto delle implicazioni di quello che ho detto; il fatto che lo considero parte della mia famiglia, per quanto allargata, ma sì. Parte della mia famiglia, e sebbene non possiamo metterci ad appendere manifesti per ovvi motivi, significa molte cose. È importante. È molto importante, perché io faccio di tutto, di tutto, per proteggere la mia famiglia.
    Mi si scorge un breve sorriso sulle labbra. Ovviamente un sorriso con i contorni di una sorta di vecchia disillusione. «Sì, conosco la sensazione,» lo mormoro più che dirlo per davvero ad alta voce, senza guardarlo. Prendo un tiro forte, quasi succhiando via ultime stille di nicotina dalla sigaretta; cerco un posacenere con gli occhi per accartocciarci dentro la sigaretta.
    È una pausa breve, perché ora arriva il momento di parlare per davvero.
    Torno più o meno al centro della stanza, infilo le mani nelle tasche della giacca. Lascio gli occhi contro Joshua e inizio: «Sono quasi sicuro che la maledizione della vostra famiglia servisse a trovare un “uomo giusto” che vendesse l’anima a Samenar, che finisse nel Calvario e che servisse a rendere l’Apocalisse molto più concreta. E che quindi sia stata lanciata da Samenar o da chi per lui.» Non posso immaginare quanto possa essere una merda da sentire, per lui; una merda diversa da come lo è per me. Il risultato è simile, ma i passi che compie per arrivare a quel punto sono molto lontani.
    Il punto è che genericamente, lo so che fa schifo.
    Soprattutto, che fa venire voglia di arrendersi, in un modo piuttosto definitivo. Quindi cerco di avere tatto, per lo meno nel tono della voce; di parlare lentamente, di non avere neanche un tratto di aggressività e mascherare, almeno un po’, la stanchezza che c’è dietro. E anche tutto il resto, tutto quello che invece significa per me, perché ora non è di Morgan Crain che si sta parlando.
    «Non so se quell’uomo dovessi essere per forza io o meno, ma non ha importanza. Sono stato io ed è andata così ormai.» Un gesto spontaneo mi stringe le spalle, è un principio di arrendevolezza, accettazione. Quello che è stato non possiamo cambiarlo. È lo stesso principio per cui dico che quello che ha fatto lui è acqua passata.
    Dobbiamo guardare avanti, risalire sulla sella insomma, sì.
    Anche quello, non me lo sono perso tra le sue parole.
    «L’Apocalisse di Samenar è un rischio che c’è, ora, realmente, ed è ovviamente fuori dalla portata di tutti noi. Molto fuori. Ma c’è un altro dio che sta contro Samenar, con cui ho avuto contatti e forse, potrebbe fermarlo,» non ne sono convinto, ma l’ho detto. Non posso mostrarmi totalmente sconfitto. Non è questo quello che fa un capofamiglia. «Non c’è altra possibilità» e questo lo dico per fargli capire che davvero, non ci sono grandi piani da fare, strategie o altre stronzate.
    È fuori dalla nostra portata.
    «Quello che ti posso dire è di goderti tutto il tempo che hai con la tua famiglia.»


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