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Josh & Chrys | Villa Sinister - 16 Marzo

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    Ci stai mettendo troppo, lo sento sulla pelle quando provo a tenere Alice tranquilla, e lei invece non ne vuole sapere. Ho dovuto spiegarle che non faremo niente a "Zio Eddy", anche se lei insiste che ti aveva detto di lui. Forse a quel tempo non aveva senso crederle, forse abbiamo sbagliato tutto, cazzo come sempre.
    Non lo so se ci ho messo io un'eternità, convinto di non voler sapere niente di questo intruso con il mio cognome, o se tu sei stato troppo a contatto con lui, da solo. Lei voleva parlarne.
    Sento che vuole anche quando le abbraccio piano la schiena, mi infilo sotto le coperte con lei, e giuro che le provo tutte perché stia tranquilla, perché non mi dica che vuole lui al posto mio, perché non decida di sparire sotto i nostri occhi, come ha fatto da casa sua, e tornare lontana.
    Lei è mia. Ed è nostra. Non può andare via non può dirci così brutalmente che siamo stati dei padri di merda, cazzo se non potrei accettarlo mai. Neanche per scherzo, neanche per sbaglio.
    Mi aggrappo solo al legame che sento, perché questo con lei posso farlo io e non tu, non nelle condizioni in cui sei, non quando ho visto qualcosa rompersi nei tuoi occhi.
    Dammi tempo, ed aggiusto anche questa.
    Se davvero era fratello di quel Joshua, non avrà gran motivo di restare qui, non sapendomi così diverso da lui. Lo manderemo via, Chrys, te lo prometto. E tu lo sai, io le promesse le mantengo sempre tutte.
    Mi alzo solo quando sento il suo respiro regolarizzarsi, e tu non sei qui, non ancora. Ma arrivano loro, a guardia della porta, ti precedono. Lo sai che non li voglio dentro, perché lei si spaventa se per sbaglio apre gli occhi nella notte e se li trova lì, a fissarla come fosse un prigioniero del tuo amore immenso. A me sta bene, a lei no. Ma stasera è ok, stasera li lascio entrare perché la tua paura, cazzo, è la mia paura.
    E comunque non si sveglierà fino a domani, tarda mattinata, me ne sono assicurato. La lascio sognare qualcosa che non la agiti, così noi possiamo parlarne tutta la notte.
    E poi, lo sai, quando ti vedo non posso non guardarti. Dai piedi, al busto, alle gambe, alle mani - per cui trattengo un ringhio che sa di rabbia pura, incastrato in gola - al collo, alle spalle, al viso. Cazzo, quanto male ci farà anche questo? Mai abbastanza, mai che sia qualcosa a cui non resistiamo. Insieme, almeno questo.
    Mi spingo piano verso di te, a dirti che si, si aggrappati ancora a me Chrys, dimmi che non ho già perso anche questo. "Che cazzo ti ha detto?" amore mio. Perché le tue mani sono il segno di quel coraggio che ti è mancato, che hai cercato in me, ed io voglio sapere cosa ti ha reso così.
    E quanto in fretta dovrò ucciderlo. Che tu a Mordin sei sensibile, lo ricordo quando ti ho portato Alice in casa la prima volta, quando ti ho detto che da solo non volevo farlo. Ora è uguale, solo che tu forse lo chiedi a me, ed io non vado via Chrys, mai.

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    Mi sento pesante, terribilmente, come se salendo le scale stessi facendo fatica a tirar su i talloni da terra. Come se non ce la facessi davvero a camminare e per questo forse lascio che siano gli xenomorfi ad anticipare le mie mosse. A risalir di scatto le lunghe pareti scure. Che non l'accendo la luce: Lascio che il calar del tramonto porti per me l'oscurità di cui ho bisogno per nascondere ciò che sono. Non vado bene in nessun universo, da quel che sembra. E questa concezione seppur sciocca, seppur figlia di un'insicurezza che sa annidarsi in petto già da prima che io fossi un adulto, non fa altro che schiacciarmi. Ci penso, a volte, di come ciò che vorrei in realtà poi finisca sempre per rivelarsi il contrario. Più macchinoso, più difficile. Ed io ho il timore, adesso, che con il suo arrivo tu possa pensarlo nel medesimo modo in cui sa frullar nella mia testa. Che lui possa convincerti, con il suo modo di parlare e tutto il resto, che magari sarebbe persino meglio abbandonare quel senso di solitudine che hai qui per tornare laddove, magari, verresti persino accolto meglio. Un mondo dove tu sei il buon oper eccellenza e magari i cacciatori ed i maledictus nemmeno esistono. Non esisto nemmeno io, d'altronde. Io che devo averti avvelenato la vita senza volerlo davvero.
    ''Forse troppe cose...''
    Mugugno distante, assorto, come se non fossimo davvero l'uno dinanzi all'altro, ma solo immagini statiche che si riflettono in uno specchio rotto. Ti guardo e sì, ti vedo, certamente, ma questo non sa bastarmi. Non ora che vorrei toccarti, rendermi conto così che ancora esisti e che qui ci vuoi stare. Stretto a me, a respirar i respiri miei.
    ''Tipo che lì, da dove viene lui, ci sono ancora i miei genitori e che Mordin...''
    Sta diventando così difficile pronunciarlo da che lei è venuta qui a piangere nella mia cucina. C'è una parte di me che quasi vorrebbe cancellare l'esistenza di questo nome, di quello che sono stato sino ad oggi, quasi come a voler proteggere un futuro che comunque resta incerto. Che non so, affatto, se io sarò come il Mordin di Edric. Non ora che il suo nome è stato sostituito da quello di Atropo.
    ''Mordin non era una brutta persona...''
    Ma io questa cosa non l'ho capita, non ho saputo come decifrarla, affatto.
    Mi faccio più vicino, ma non quanto basta per afferrarti le mani, per tirarti come avrei fatto fino a ieri, verso di me. Non voglio stringerti contro la tua volontà. Non voglio braccarti come saprei fare. Mi sento così sbagliato adesso.
    ''E...e ha detto che tu sembri felice qui.''
    Ti guardo e non so nasconderla quella domanda che rimane incastrata tra le ciglia. Lo sei davvero? Lo sei con me?

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    Lo sento da come ti muovi. Dal modo duro che usa la mascella, la mia, per chiudersi contro i denti. Per stringerci dentro un respiro che non sa uscire diverso da un digrignare continuo. Uno sbuffo che mi scuote i nervi.
    Sapevo, come so adesso, che avrei dovuto taglia la gola a quel tipo, immediatamente. Ho perso tempo, mi sono fatto ingannare da un cognome che non gli appartiene, non è suo. E' mio.
    Lasciati andare, adesso, dimmi che cazzo ti ha detto, come ha minato la tua stabilità, così fragile che mi sento uno stronzo per averti lasciato da solo.
    Ma se poi non ti do fiducia sono più stronzo ancora, perché lo so come sei. So che se non ti do modo di sbatterci contro, pensi già di non essere all'altezza. Cristo, perché sempre a noi?
    Non mi limito, ti risalgo piano il braccio con le dita, mentre mi parli, e lo fai senza rivolgerti a me, che se ci fosse un muro tra noi useresti le stesse identiche parole. Cazzo, lo voglio uccidere ogni secondo di più, e lo sento come ribolle il sangue nelle vene, come la mia fottuta instabilità sia pronta ad uscire.
    Mi basterebbe schioccare le dita, una volta sola, per riprendere la maschera e distruggere del tutto la vita di Alice. E' la sola cosa che mi ferma, lei. Perché cazzo se fosse solo una cosa tra me e te, l'avremmo già chiusa. Subito.
    "Quali.." sussurro, come a tirarti fuori una parola dopo l'altra, calmo, a ricercare il filo spinato che ti esce dalla gola. La tua bellissima gola.
    Le dita si fermano al fianco, forse tu neanche ti accorgi che ti sto tenendo con me, più di prima, non ti lascio senza un fottuto salvagente. Usami, cazzo.
    I tuoi genitori. Quei due stronzi che ti hanno solo fatto credere di essere l'erede sbagliato, non credo vorrei vederli adesso, ma non sta a me dirlo. Non se poi sei tu che, in fondo, ne senti ancora la mancanza ogni tanto. Non vuoi andare a vederli, vero? Non mi vuoi lasciare qui da solo... neanche lo chiedo.
    E' facile, troppo, per me risalire con l'altra mano, sfiorarti piano il viso, mentre si, io non la smetto di guardarti negli occhi. Guardarmi, sto ascoltando ogni sillaba.
    "Tu non sei Mordin.. non mi farai niente, Chrys.. la loro vita è stata diversa, totalmente" a volte sento solo di doverlo ripetere, che Atropo è diverso, che lui è diverso. Che qualunque cosa sia successa è evidente che non c'è un cazzo di parallelismo tra noi. Io non sono un mago bianco, tu non sei un assassino senza scrupoli, un folle, un pazzo ossessionato da me. Perché io sono qui, con te. E non ho una figlia, ce l'aveva Josh, e adesso beh, ce l'abbiamo noi, ma non come sarebbe dovuto accadere qui.
    "E non dovrebbe fregarcene un cazzo di com'er-..." sono felice?
    Io.
    Io sono felice Chrys.
    Magari no, magari non nel modo in cui lo sarei stato se la nostra vita, la mia, non fosse stata costellata di merda fin dall'inizio. Magari avrei potuto essere più felice di così, ma non me ne frega un cazzo, io sto bene. E tu non te li puoi far venire i dubbi perché uno stronzo di un altro tempo ti dice cose che, qui, non hanno senso.
    "Lui non sa niente di me" lo devo premettere, perché quello che sa di più, che può giudicare come sto io, sei tu.
    La carezza si ferma sul collo, stabile, immobile, forse un po' dura. Lo so come ti guardo, come se non fosse giusto dovertelo dire, quando lo sai meglio di me. Meglio di lui, meglio di chiunque altro. "Sì, cazzo" sicuro, di questo almeno. "Si che lo sono" e non capisco perché sia diventato un punto a cui credere di meno.
    Fronte a fronte, chiudo piano gli occhi. "Perché mi guardi così?"non mi credi?

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    Le sento le dita che risalgono le braccia. Le tue, le mie. Le sento bene, anche se finisco per dargli poco peso, anche se non le sfioro a mia volta. Non ti cerco così, non ci riesco quando nel cervello mi si impianta l'idea di dover mantenere le distanze. Di doverti dar respiro anche quando non me lo richiedi e so bene come non ne sei nemmeno il tipo. E so, so bene che sbaglio, che il mio è solo un modo un po' stupido che ho di difendermi, di farmi roccia quando non ho mai imparato ad esserlo. Forte, intendo. Forte per tutti, come al solito. Forte per me, per te e per Alice. Ho un respiro che si blocca in gola quando finalmente gli occhi li alzo per guardarti. Che ho bisogno almeno di quello, di cancellare i suoi per lasciar spazio ai tuoi. Che sono più buoni, più limpidi.
    ''Non lo so cosa sono, Josh.''
    Balbetto. Non so se non sono Mordin, non quando lo sono già stato, non quando non ho idea di come funzionano queste cose. Se sono cicliche, se siamo comunque portati, seppur tramite strade diverse a ripetere comunque la stessa storia. A far del male perché siamo nati per questo. Perché siamo crudeli, i cattivi di ogni storia a prescindere dal narratore.
    ''Dopo Peter io...io non lo so.''
    Resta un sibilo così basso da incastrarmisi nel palato. E fa male, malissimo, come fosse la spina di un pesce.
    E qui forse la distanza l'accorcio, ma solo per sfiorarti a mia volta. Per incastrare il pollice e l'indice nelle tue clavicole e respirare il profumo che porti addosso, che poi è lo stesso di Alice. Come se aveste la stessa pelle, come se fosse davvero una te in miniatura. Il mio amore, il mio piccolo amore.
    ''Come - come ti sto guardando, Josh?
    E lo faccio di nuovo, ma non so se nello stesso modo, non quando non so cosa intendessi tu. Che non so com'è che ci si comporta in questi casi: Se devo chiederti scusa, se devo andarmene davvero, lasciarti stare, liberarti del mio peso. Sei libero, libero in queste mura che sono la tua cella.
    ''Josh...''
    Ho bisogno di una promessa, lo sento.
    ''Se dovessi diventare un mostro, mi fermerai tu?''

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    "Shhh.." non dirlo, non nominare Peter, non parlare di come ti senti dopo quello che ci ha fatto. Che io mi sono lasciato fare. Non ricordarmi che non sono stato abbastanza neanche per risparmiarti questo.
    Che di volte, in cui ho creduto che lasciarti sarebbe stato meglio, non ce ne sono mai state. Perché non ci riesco Sono un fottuto egoista, e paranoico, e non voglio, non esiste che tu pensi di non essere la persona giusta. O di non sapere cosa sei.
    Io lo so, Chrys.
    Chiedilo a me, anche se non ti basta, chiedimi di definirti, di modellarti, anche se posso solo aiutarti a vederti come ti vedo io. Un cazzo di pilastro, il mio che senza te neanche respiro. Non mi ricordo come si faccia a dormire in un letto vuoto, uno in cui se m giro non ci sei tu. Nell'espressione dura dei tuoi incubi o in quella morbida quando ti appoggi a me, al mio profumo.
    Ed è solo quando la presa la stringi, di poco, che respiro. Appunto. Respiro ma perché sei qui, perché ho imparato a sopravvivere in apnea tutto il resto del tempo. "Sicuramente non sei quello che un biondo del cazzo viene a dire da un'altra dimensione.." che sia chiaro, almeno questo. Non devi fidarti delle parole di qualcuno che non conosci. Cristo, fidati delle mie.
    Che io sarà un paranoico del cazzo, si, ma tu non sei da meno, amore mio.
    E lo chiamo così perché non può avere un nome, non può essere mio fratello e nemmeno provarci lontanamente. La mia famiglia è chiusa, come lo sono io. E' questa, adesso lo è con Alice, e nessun altro. Siamo noi tre del nuovo nucleo, la mia cazzo di sicurezza.
    Tu lo sai come mi stai guardando, non devo dirtelo io, che invece premo la fronte contro la tua, di più. Ho bisogno che non cancelli questo, ti prego.
    Non annullare ogni progresso dopo quel cazzo di giorno, solo perché arriva qualcuno che si ricorda di Mordin, di cos'era, di cosa ha fatto.
    Non sei tu.
    E se diventerai un mostro, lo diventeremo assieme, ma noi non siamo fottuti maghi bianchi, siamo già nei mostri negli occhi di chi guarda.
    Però lo so cosa vuoi, lo so che il mio pollice ti accarezza il mento, con calma, lo so come sospiro.
    Ti serve un fottuto appiglio, e lo annuncio lentamente, come a cullarti con la sola voce, come se almeno ad occhi chiusi tu sapessi credermi di più. Non è il momento in cui posso dirti che siamo già dei mostri, siamo già assassini, siamo già pronti ad affondare la lama in chiunque ci entri in casa senza permesso.
    Noi siamo i cattivi, Chrys.
    Non posso dirti, allora, che non diventerai un mostro. Posso assicurarti però, che "Non arriverai mai a farci del male, te lo prometto" perché per questo posso dirti che "Sì, ti fermerò" Ad un solo respiro di distanza, solo un punto del petto che duole adesso, solo un momento in cui vorrei che mi stringessi di più anche solo per dimenticare. Perché Alice dorme, l'estraneo è lontano, e ci siamo solo noi Sempre noi, la sola fottuta cosa che voglio. "Nessun altro può toccarti"

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    E non so leggere ora, diversamente da come avrei fatto prima, la tua violenza come forma di un desiderio che si fa vivido lungo le vene. Che ci anima, ci muove come burattini. Non so leggere ora altro che non sia pietà ed un desiderio tanto forte di protezione. Come se fossi piccolo, insignificante e tu conoscessi tutti i trucchi affinché a nessuno capiti mai di schiacciarmi. Non sono cose che permetti. Non a me, anche se magari dovresti. Dovresti lasciarmi andare. Dovresti liberarti di un peso tanto fastidioso come l’incoerenza che mi porto dietro e che non so per quale sbaglio o quale fortuna hai sposato. Mi chiedo tante cose in realtà. Tipo come si faccia a restar calmi in momenti come questi: Che paiono quieti anche se a distanza esplodono mondi. Saltano in aria terre, zolle di terra, tutti i nostri fiori.
    Mi chiedo quale dovrebbe essere la giusta risposta che potrei dare a tutto questo. Se può bastare davvero un “grazie” sussurrato tra il pianto od un annuire calmo del capo. Mi chiedo che faccia abbia la resa, se la stessa mia, o quella di qualcun altro che nemmeno conosco. Mi chiedo cos’è che vedi, quando mi guardi e ti rendi conto che sto cambiando di nuovo. Che a volte cresco, a volte invece torno indietro. Resto in posizione fetale, nel silenzio che decreta la mia morte. Suo figlio non c’è l’ha fatta, ma lei é stata bravissima. A volte, anche per cose così futili. Anche per cose che ad altri non saltano nemmeno all’occhio, prego mia madre di non mettermi mai al mondo. Che mi sento così inadatto, così fallace. Non vado bene nemmeno per me stesso e lo dimostro, eccome se lo dimostro. Lo puoi notare anche adesso no, che un po’ mi odio? E che il poco, per me, è sempre un tanto, un troppo. Ed il troppo stroppia. Il troppo mi fa venir il vomito.
    Quindi dimmi, ti prego, cos’altro potrei fare adesso se non questo? Uno slancio, un bacio. Una stretta che ti avvolge affinché tu possa ricambiare in altrettanto modo. Un mancar di fiato, un sospiro lento. Ti amo, grazie di tutto. Ricambia, ti prego, come se dovessi andare adesso, come se ci stessimo lasciando per sempre e per questo un po’ finirei per mancarti.
    Baciami perché io non so far altro. Perché io ho bisogno di questo. Di te, di noi, di ciò che abbiamo tirato su a fatica.

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    Non ti perderò stasera, Chrys. Non perché ti fai venire queste idee del cazzo e te le sento tutte. Anche ad occhi chiusi le vedo arrampicarsi lungo le braccia, stringerti i nervi, giocarci come le stronze che sono. E ti giuro che te le strappo via io, a costo di dissanguarti. Che questo non esiste.
    Non esiste che vengano in mille a dirti che se qualcosa di diverso da ciò che senti. Mordin non esiste.
    E nel non farlo è un cazzo di rampicante, è come tua madre, o tuo padre, come le loro voci. Si fa edera tra le costole, che se ti aprissi adesso lo vedrei avvelenarti piano. Lasciami entrare, Chrys, dimmi a che cazzo pensi, e fallo anche senza emettere fiato. Che ci penso io, che sono qui cazzo anche per te. Non ti permetterò di andare via, di allontanarsi come se la tua barca non avesse un'àncora, o una corda per tenerti stretto al porto.
    Cazzo li uccido tutti se anche solo provano a portarti via da me.
    Io sono il tuo posto.
    Io che ti bacio con la stessa intenzione, con la speranza che sia adesso un modo in più per dirmi che mi vuoi, che vuoi restare, che non stai pensando di allontanarti perché ti fa male. Perché ti vedo, vedo quello che saresti se ti lasciassi andare. Io non ne sono capace, Chrys, perdonami per questo.
    Perché è in un ringhio - dolce - che ti ricambio, che ti infondo quel poco che mi resta, che io ci voglio pensare anche meno di te.
    Non è pietà, ma cazzo se ci sono vicino, quando poi le mani te le fermo al collo, e ti tiro a me. Contro questa porta, in un fottuto abbraccio che potrebbe durare anni, secoli, la fottuta eternità.
    Non è un addio. Non è niente di quello che pensi, che trattengo i tuoi respiri per farli miei, per aiutarti a respirare con me, come se potessi immetterti ossigeno direttamente nei polmoni. A fondo, più a fondo finché non riuscirai a farne a meno. Ed anche allora, non andare via cazzo. Io ho bisogno di te. "Non cambia niente, amore mio" Ma forse sono io che prego. Prego sempre.

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    Non so cosa dire. Per una volta, dopo tanto, per una volta come quella notte che ti ho portato all'Imperial, io non so più cosa dire. Non ho fiato. Non ho voce. Ho solo delle immagini che si accavallano piano nella testa. Più lentamente di quando si sovrappongono arrabbiate, nervose. Tanto lentamente da scavar ancor più a fondo. Ma va bene così: Non posso imparare in così breve tempo a gestir tutto come se mi fosse già stato insegnato a farlo. Come se per Erika ed Oleander non fossi stato altro che un figlio fatto a loro immagine e somiglianza e per questo, meritevole di abbandono.
    Non ho alcuna forza, adesso, contro la quale aggrapparmi fermamente. Anche se la tua voce rimbomba in questa testa vuota. La riempie del suo calore. Ed io metto in play, come quando ero solo e tu eri via. Metto play e ti riascolto in loop, sino allo sfinimento. Che è di questo che ho davvero bisogno: Una voce buona che nella testa sappia dissipare tutte le altre. L'unica che si può seguire, perché è quella che non fa male, è quella che ragiona, che non va ad impulsi, che non spinge i muscoli laddove non vorrebbero essere.
    La tua voce è la calma, anche quando la spingi allo stremo. Anche quando ringhi e nel farlo brucia, graffia. La tua voce è l'unica bussola che dovrei tener da conto. L'unica, soprattutto oggi, che ho bisogno di chiudere gli occhi, di sentirmi perdonato, ok, giusto in queste braccia.
    ''Promettimelo un'altra volta...''
    Te lo sussurro e non perché io non ci creda, perché abbia bisogno di altre conferme, quanto perché adoro sentire la tua voce. Voglio che mi culli ancora una volta. Un istante solo, quello che precede l'ennesimo bacio. Una stretta più salda contro i fianchi. Un respiro che è il tuo. Te lo rubo, ti rubo ciò che posso, ciò che è mio e che a proprio modo ritorna a te.
    Incastrami qui. A casa nostra, contro mura nostre, stanze che abitiamo sempre a metà ma che quando lo facciamo, cavolo se sanno di noi. Tutto qui profuma di te. L'aria, ogni intonaco, anche la luce che fa capolino timida dalle finestre. Questo sarebbe stato un tramonto meraviglioso da poter scorgere dal tetto. Ancora vorrei salire, sedermi lì, fingermi piccolo, minuscolo, debole, fragile ma nel giusto. Che ancora devo crescere, devo ancora capire cosa sono.

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    "Ça ne change rien", neanche se arrivasse l'intera famiglia dall'altro fottuto universo. Te lo ripeto, in un francese che un po' odi, un po' ami, un po' mi si incastra lungo la gola.
    Lo mastico in quel baci che ti tiene più vicino, più contro di me, in una lotta in cui io devo vincere. Devo farlo per la tua sanità, amore mio, perché ti perdi e cazzo se non voglio che tu lo faccia.
    Non così facilmente, non se poi mi tocca scendere fino all'oblio in cui ti isoli e pregarti di uscire. Di ricordarti che siamo la tua famiglia e tu, cazzo, se la nostra.
    So di parlare per Alice, anche se ho paura che quel tipo del cazzo sia un affetto più forte di noi. Di me, di te. Lui è con lei da sempre, noi neanche la meritiamo. Ma non cambia che per questo, per noi, darei la vita.
    La do quando poi mi trattieni, quando sentirti volermi è la fottuta libertà che anelo, che respiro, in graffi che sento già aprirsi lungo la schiena. Che il sesso è la nostra scusa a tutto. Ogni volta che qualcosa è più forte, più grande e più aggressiva di noi, rispondiamo così. Cercandoci come dei folli, incastrandoci come se l'uno non potesse essere in piedi senza l'altro. Ed io questo lo voglio come l'aria che respiro, come il solo modo che ho per dimostrarti che ti amo, Chrys, e che non cambierà niente. Non l'amore, non la spinta che mi lega al tuo sterno, che ci incastra perché ho sempre la fottuta paura che qualcosa mi porti via da te.
    Ma quella più grande, che non so dirti, che mi blocca il respiro, è che tu... che tu ti porti via da solo. Ti allontani, possa arrivare in punti oltre i quali dovrei sfondare porte per riaverti. Ma cazzo se le sfonderei. Una ad una.
    E lo sai, puoi sentirlo se premo di più in un bacio che mi chiude gli occhi, che lascia andare le labbra lentamente contro le tue, come se le accarezzassero tra un respiro e l'altro. Dobbiamo sopravvivere a tutto, ce lo siamo promessi. Vivere per noi.
    "Bu hiçbir şeyi değiştirmez" te lo dico in turco, aggredendo ogni sillaba.
    Non sa essere dolce anche se lo sciolgo sulla lingua. "Mai" però lo aggiungo perché tu capisca, che quello che dico ha sempre lo stesso sapore, lo stesso senso.
    Una promessa che spingo nella presa che dal collo passa alla nuca, nella carezza che ti lascio trai capelli, quando le spalle al muro diventano le tue. Lascia che io ti protegga da quello che ti è successo qui fuori, da parole che non possono entrarti nel profondo. Non quando ho promesso. "Non cambia.." ripeto.

    We're only killing the ghost of your ego. Rise with the villains or die with the heroes. We're only killing the ghost of your ego. Rise with the villains or die with the heroes━━━━━━━━━━━━━━

    joshua çevik
    black magician ━ brotherfatherhusband ━ rockstar ★ ★ ★ ★ ☆
     
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