Be My Quarantine

Horace & Ben | 1360 Merriam Avenue, 16 giugno 2023, ore 00.17

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    Si è trattata di pura follia. Una follia insensata e basta. Si è trattato di immagini, di suoni, di odori così forti da farmi credere che sì, forse tutto quello che abbiamo visto non è stato poi così reale. Però poi ci sono questi dettagli che mi rimangono impressi nel cervello e allora ogni convinzione va a farsi fottere. Ma che questa sia una follia ne ho la conferma. Me ne rendo conto quando uscendo dallo stabile sgattaiolo tra il sudore e l'affanno. Che quasi sono costretto a piegarmi sulle zampe per riprendere un respiro. Dell'aria in più, in effetti, rispetto a quella che sto buttando fuori. Un po' come fossi semplicemente ingordo, un po' come se mi venisse difficile respirare, trovare un posto, una posizione comoda.
    Infatti mi faccio smanioso: agito le gambe come a rilassare i muscoli, come a scioglierne i tendini, ma mi rendo conto che più mi muovo, più mi innervosisco. Ed è un nervoso strano, non come al solito. Questo è quel nervosismo che va contro ciò che sono sempre stato. Mi sembra decisamente peggiore di un tempo, peggiore di qualsiasi cosa io abbia mai provato fino ad oggi. Ma è solo una sensazione, suppongo. La risoluzione esatta di questa giornataccia del cazzo e della sua impossibile risoluzione. Magari ringhio per questo, perché non so star buono e i denti finiscono per scontrarsi a vicenda involontariamente. Un po' come quando dormo, solo che adesso me ne accorgo: ne sento il digrignare nella testa.

    "Cristo non toccarmi eh!"
    E te lo dico imperativo, Ho, anche se poi sono il primo a dondolare un po' sulle gambe, ad aver bisogno, probabilmente, di un appiglio. Della stampella umana che potresti essere tu.

    "Ho un caldo del cazzo..."
    Mi mangio le parole, barcollando dinanzi a te quasi come a voler mantenere le distanze. Mi darebbe fastidio, ora, sentirti tanto vicino al mio spazio vitale. E mi sfilo la maglia, perché ho l'impressione di averla incollata alla pelle. Perché non respiro e se non respiro vado su di giri, divengo letteralmente ingestibile.
    E non faccio caso, no, a quando la getto a terra. Che sì, potrebbe essere una prova, ma di cosa? Del fatto che faccia terribilmente caldo? Del fatto che non ho un briciolo di pazienza?

    "Tu non lo senti? Mi sta mandando ai pazzi sto sole di merda."
    Peccato non sia giorno.
    Soffio verso l'alto, cercando di scostare un ciuffo di capelli con il mio respiro.
    Mi sento zuppo, umido, tanto da volermi staccar la pelle.

    "Cazzo, Horace!"
    E sono rumoroso, perché il disappunto, se deve essere decantato, va mostrato a voce piena, va gridato ai quattro venti.
     
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    "Cristo non ti sto toccando!" te lo ringhio in egual misura, alzando i toni quando lo fai tu. Perché anche quello che ho visto io non mi è piaciuto per il cazzo e perché stiamo quasi tornando a mani vuote. Vuote per quella che era la missione, il compito di oggi. Vuote per un ragazzino che magari lì dentro ci è morto perché non siamo arrivati in tempo, o che se l'è data a gambe.
    Non so neanche se sia stata una cazzo di trappola, o solo un incubo, ma la tua rabbia è la mia, ed il tuo ringhio è mio. Lo so che volevi che salvassimo quel tipo, ma penso che fosse insalvabile, e so bene che non siamo mai d'accordo, ma mi sembrava solo uno splatter di merda e so bene che avrei fatto io se non ci fossi stato tu. Lo avrei ucciso. Un colpo alla testa, che si fa così con gli zombie e gli infetti, e poi via di corsa prima di dover dichiarare legittima difesa, o via di corsa prima dell'arrivo della autorità.
    Sento le voci in lontananza, per questo siamo rintanati, qui, ma tu devi stare zitto.

    "E fai silenzio, cazzo! Se ci beccano siamo fo-" ttuti, si. Ma non mi piace la tua cera.
    Non mi piace ora che mi giro a guardarti e quello vedo è che sudi. Ti spogli. Sei pallido. "E poi... di che sole parli?" sorrido, male e sottovoce, spengo il tuo tono contrastandolo con un sospiro, quasi. Nel farmi avanti. Che non sono mai gentile io, né troppo delicato.
    La mia è una premura brutale, ma quello che so su di noi me l'ha insegnato Princip, e poi qualcosa l'ha aggiunta Lucian con l'esperienza, e tu non dovresti sudare. Non dovresti prenderti mai nessuna infezione, il nostro corpo quelle stronzate le mangia e le risputa come piscio. Quindi no, non mi piace niente adesso.
    Ho un brivido che scende viscido lungo la schiena, mentre cerco il tuo sguardo, piego appena la testa, e ti fermo la nuca con una mano sola.

    "Guardiamo quel morso" Non è una domanda, non è neanche un ordine, è il mio spiegarti quello che faremo adesso. Ti tiro piano verso un muro, protesta quanto cazzo ti pare, ho una presa piuttosto ferrea. Ma devi fare silenzio e parlarmi piano perché qui intorno i lampeggianti sono troppi e noi siamo troppo fuori legge anche solo per respirare.
    Fammi vedere che cazzo hai. La tua pelle scivola.
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    Odio questo tono di merda che usi. Odio il modo in cui mi parli, come se ti sentissi sempre sto gran cazzo e io fossi solo l'ennesimo stupido pronto a far le cose in modo sbagliato. Figurati, certo. Tanto a sbagliare sono sempre e solo io. Non tu, che cerchi di toccarmi quando ti chiedo di star per i fatti tuoi. Figurati, cazzo! Tanto che oppongo resistenza. Controlla sto cazzo, Horace. Continua a non darmi ascolto. Tanto figurati, che fai, si da spago a un pazzo? Alla fine sembra che mi tratti sempre così e per sto motivo, come fossi un rincoglionito che le cose non le capisce. Che non può capire bene determinate dinamiche perché sia mai, essere tanto svegli, con te, mica va bene.

    "Ma che cazzo devi controllare Ho!? Non c'è niente da controllare, fa solo un caldo fottuto."
    Un caldo boia che da alla testa. Mi vien da vomitare. Mi sembra di essere chiuso in una di quelle cazzo di gabbia in cui all'inizio Princip ci addestrava. Solo che lì, almeno, riuscivo a infilare il muso tra le grate. Riuscivo quantomeno a campare decentemente.
    E ringhio quando mi spingi al muro. Quando comunque usi violenza nei miei confronti. Sempre perché non sai accettare mezzo no. Sempre perché credi di essere il migliore tra tutti. L'unico che sa fare le cose, l'unico che può capirle. Ma qui, Horace mio, se non diventi un ventilare vivente hai pochi cazzo da fare o pensare. O ti trasformi in un cazzo di ventilatore, o mi sei davvero inutile. E immagino di dirtelo con lo sguardo, anche se poi poggio la schiena al muro e la testa te la porgo comunque.

    "Ecco! Ora va a spararti una pippa sul tuo orgoglio offeso."
    Sbuffo, indisponente, decisamente troppo infastidito da te. Anche se poi, insomma, in situazioni diverse magari queste attenzioni potrebbero persino piacermi. Ma non ora. Insomma, Horace, ci sono momenti e momenti e spesso la tua ansia io non la sopporto. Quel modo che hai di fare, di vivere ogni cazzo di momento, mi urta. Mi destabilizzo. Ma la schiena al muro la appoggio. Perché sto sudando troppo e forse le gambe mi tremano anche se per un istante solo.

    "Cazzo, se si muore."
     
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    Aspetto le tue proteste, perché arrivano ogni dannatissima volta. Tu ti lamenti per ogni cosa, Ben, ogni mio movimento è sempre sbagliato. E a volte sono tanto sbagliati che finiamo per scopare come conigli del cazzo, ed altre per non parlarci, ma alzo le mani.
    Tanto queste cose le decidi tu, le scegli tu, io posso solo essere quel cane che sono e prendermi cura quando tu non pensi che ce ne sia il bisogno.
    Quindi vai a fanculo mentre mi fai vedere che hai. Vacci bene, guardando com'è la strada prima che sia tardi, non sia mai che ti ci mandi tante volte da fartela imparare a memoria.
    Ti ho anche detto di fare silenzio, e per un cazzo di motivo. Uno serio per una volta tanto, anche se tu non fai differenza, né quando il tuo corpo si oppone al mio, né quando si piega.
    Non mi interessa se non sono come vuoi tu. Sono questo, e ti va bene o non ti va.
    Tocca che ti accontenti perché adesso ci sono solo io a spingere il busto contro il tuo e distanziarmi di mezzo braccio, così non ti sto addosso quando muori di caldo, mh?
    Che tu puoi protestare, ma ancora qualche parola e la bocca te la chiudo a mano a costo di toglierti il fiato per qualche secondo di troppo, chiaro? Credo che sia la mia cazzo di risposta con gli occhi.
    Perché dio, che cazzo ho fatto perché mi trattassi di merda pure adesso? E sbuffo, si, che quello che vedo non mi piace. Ti tengo come si fa con i cani, quelli che sono nati per non imparare mai niente.

    E anche se mi fai incazzare come un demone, alla fine non ringhio nemmeno tanto, forse lo sibilo trai denti. Anche se ppi le tue lamentele mi addolciscono sempre. Hai caldo, ho capito, fammi capire che cazzo fare per evitarlo, ok? Non c'è niente di fresco qui, forse un idrante, forse non funziona.
    E non sono neanche quello che non ti dice le cose come stanno, Ben. Per questa ragione, le dita trovano il punto del morso, ed il mio sospetto non è niente di buono. Mi prende un crampo in gola.

    "Non si è rimarginato" e tu volevi fare il medico, no? Lascia che ti stringa di poco il collo, che ti porti a guardarmi e che almeno stando così vicino ti passi la voglia di gridare, o ti prendo a pugni. Pure questo te lo puoi leggere da solo, si.

    "Oltre al caldo, il sole e l'odio per me, che altro senti?" già lo cerco il telefono in tasca. Ti sento la febbre con il dorso della mano, anche questa in ogni caso non dovresti averla tu. Non noi due. "Senzaurlare" ringhio.
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    Non mi preoccupa la ferita che non si è rimarginata come avrebbe dovuto. Sinceramente neanche ci penso a quella cosa, non ora almeno, non quando la testa è già piena di troppi, troppi stimoli e immagini. Io penso a come sia stata fallimentare questa serata del cazzo: certo, ci abbiamo rimediato una reflex ed un portatile, ma per ora sono solo un peso. L'hard disk infatti mi pesa nella tasca. La macchina fotografica mi pesa al collo. E mi sento un macigno del cazzo, roba che vorrei tornare al nido prima di essere inculato da quei maghi lì e sdraiarmi sul letto. Il mio cazzo di letto, che poi è l'unico che si spinge sotto la finestra.
    Voglio solo tornare a casa nostra, Horace, ecco cosa sento. Sento il fottutissimo bisogno di sfilarmi le scarpe, i pantaloni e di girare a cazzo al vento talmente fa caldo. Ed è accecante, fastidioso, al punto che per guardarti devo affilare lo sguardo. Chiudere gli occhi in fessure leggere, perché tu mi sembri la metafora perfetta della venuta di Cristo o chi che sia. Quel sole di merda sì, verrà anche coperto dal tuo musino squadrato, l'incrocio perfetto tra un micione ed una bestia mangiacarne, ma mica sparisce, no. Vedo i suoi fottuti raggi irradiarti il volto. O uscire da lì, da ogni poro della tua pelle e io questo lo odio. Lo odio perché mi impedisce di vederti. bene e tu sai come mi viene duro se ti fisso il mento quando parli.

    "Mi viene da vomitare. Ho mal di stomaco."
    Come se qualcuno me lo stesse aprendo a mani nude dall'interno. Un bruciore del genere non l'ho mai provato in vita mia, sarà perché seguo una dieta decente. Sarà che in un posto che puzza così tanto di merda non ci sono mai stato per tanto tempo. Certo, la nostra stanza non profuma di rose e gelosimini, ma l'odore dei tuoi ormoni è decisamente meglio di quello schifo.

    "Cristo"
    E rido. Ma sì, faccio come dici tu: rido piano, a bassissima voce. Così piano che quasi mi sembra di doverlo risucchiare il suono e se lo faccio, insomma, poi finisco per strozzarmi con l'aria.

    "Dovevi proprio portartelo dietro? Seriamente!?"
    No, seriamente, Joseph poteva restarsene a casa sua. Non è di qui, non saprebbe come cazzo viverci nel Bronx di New York. Sei stato davvero un'incosciente, Horace, a farlo girare qui. E non dirmi che ti sei confuso con Quentin. Sì, ci assomiglierà terribilmente, ma questo è Joseph. Quello stronzetto dell'amore della tua fottutissima e frocissima vita.

    "Se è un modo per dirmi che devo impegnarmi a fare il fidanzato per bene hai capito male, malissimo!"
    E cerco di divincolarmi che insomma, figurati se resto qui a farmi prendere per il culo da te. Ma per piacere.

    "Io vado bene anche così!"
     
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    La mia pazienza certe volte con te è infinita. Mi rendo conto che potresti urtarmi nello stesso punto, ripetutamente, e finirei per trattarti con questa stupida dolcezza lo stesso.
    Anche quando fremi tra le me dita, ti agiti e passi dall'essere di marmo all'essere liquido, da volpe a lombrico, sgusci ma io questo non te lo faccio fare.
    Io ti do solo l'illusione di poter scegliere che cosa fare di te quando stai male. Perché non puoi, Benjamin. Guarda come i muscoli si tendono piano, come qui - al buio - io ti veda bene. Ti apro quasi gli occhi con due dita, veloce per vedere si ti si è staccato qualcosa qui dentro. Non lo so neanche se si vede ad occhi nudo, ma finché non stai fermo non posso neanche tenere il telefono in mano, non posso chiedere aiuto se prima non ci accordiamo noi due.

    Quando una volante passa, mi spingo con più naturalezza verso di te, così da premere qualche dito tra lo stomaco e la gola. Ti respiro, ma sono troppo teso anche io.

    "Dimmi bene dove, di preciso" languido, te lo dico col sorriso, come fossi fatto di qualcosa che ci sballa tutti e due. Cristo, se fosse droga sarebbe facile, ma temo sia un batterio che è pure più forte di noi.
    Non premo troppo, non voglio il tuo vomito sulla maglia, e non vorrei neanche che stessi male, per questo il mio respiro non è come dovrebbe, è un forzarsi alla calma quando non c'è nessuna calma da mantenere.
    Io non so che cazzo fare, o meglio: ho un piano d'azione, ma può benissimo non funzionare, ci va di fortuna solo che non sono uno facile al panico.

    Quello che hai non è normale, e non lo è quello che ho visto su quell'uomo e non voglio, per nessuna cazzo di ragione, vederti nello stesso stato. Solo questo mi spinge più sangue nelle vene, aumenta i battiti e non in quel senso che può piacerti quando ci incazziamo tanto da prenderci a morsi e baci.

    "Dove cazzo vai, stai qui fermo un attimo. Non fa meno caldo in giro" sempre con questa stupida dolcezza a cui siamo tutti abituati, che mi esce dalle labbra come un ordine, uno bello rigido ma sussurrato. So fingere un sorriso quando un uomo muore, Benjamin, non ti dovresti fidare così tanto di me. Seppur a te non mentirei mai se non fosse necessario.

    "Mh? Chi altri c'è con no- ? Sta fermo, dai Ben" Ho solo il bisogno che le mi preghiere tu le percepisca come ringhi. Come mani che ti percorrono per capire se hai altre ferite, qualcos'altro di rotto, qualche punto che al passaggio ti faccia un male del cazzo quasi insopportabile. Perché non esistono medicine per Wendigo, e l'unica persona che lavora in quell'ambito oltre a Triss è-... Cristo, non ti piacerà per niente.

    Farnetico con te, un po' mi stanchi, ma non tanto da perdere la presa, non ci sperare.
    "Si che vai bene così, e andresti anche meglio se stessi fermo. Fammi trovare una cur-...dell'acqua"
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    Se mi tocchi io mordo. Se tocchi nei punti più delicati io ti stacco le dita. Te le strappo via con i denti, le digerisco senza nemmeno masticarle prima. E non me ne frega un cazzo se sono vegetariano. Se non sono ancora in wendigo e la voglia di nutrirmi di carne non la sento. E ti ringhio contro, mi faccio sovversivo, anche se poi, di per sé, non ti spingo via perché, sai, non è che ci riesco. Mi sembra di aver la forza ovunque, in ogni fottutissimo muscolo. E ecco, se lei è ovunque io non so proprio come incanalarla. Implodo, o esplodo, devo ancora capire com'è che funziona, in realtà...se solo riuscissi a rilassarmi un istante. Ma è difficile. Tu me la rendi difficile. Perché nonostante questo sole accecante del cazzo sei bello da morire. Sei così bello che lo stomaco me lo fai vorticare tu. E magari non ho le fiamme nell'intestino, no, ho solo le cazzo di farfalle che fanno a capocciate tra di loro. Che si sfidano, che vanno dritte a testa bassa. Come muli. Come tori davanti al rosso. E sei il cazzo di rosso della mia vita. Sei il sangue che mi pulsa nelle vene quando spingendo le dita contro la pelle mi fai incazzare. Sei ogni battito che si accelera per la fatica. E sono affaticato, sto proprio una merda adesso.

    "Non voglio che quello stia lì a guardarmi."
    Per questo non ti bacio. Per rispetto. Ok? Insomma, anche se lui è morto e ora è con me che tu scopi, non ti bacio perché se c'è Joseph a guardarmi un po' finisco per sentirmi in soggezione. Ma tu te ne sbatti il cazzo, cristo. Te ne freghi proprio. Tanto che vorrei essere spinto così forte contro questo muro da incastrarmi tra una mattonella e l'altra. Voglio incastonarmi qui come un gioiello...se solo la pelle non mi bruciasse così.

    "Dio, non deve guardare neanche te. Non me ne frega un cazzo che è un ragazzino! Anche io sono un ragazzino. Anche io ho bisogno del tuo cazzo di amore."
    Ma non mi rendo conto di ciò che dico, non quando digrignando i denti poi guardo oltre la tua spalla e lui, in un ghigno del cazzo, che è un po' quello di Quentin, si mette in piedi. Ed è gigante. Più distende le gambe, più ti supera. E io alzo lo sguardo per seguirlo, per far sì che non venga perso il contatto visivo. Me lo oscura lui quel sole del cazzo che per tutto il tempo è stato lì a farti da corona.
    E se non fosse che alla nausea si somma il mal di testa, forse riuscirei a rispondergli. Vorrei dirgli di andarsene, di lasciarci da soli. Che dobbiamo tornare a casa. Che dobbiamo sdraiarci sul mio letto. Dobbiamo avvicinare il tuo al mio, dobbiamo andare in piscina a farci un bagno. E mi si appanna la vista. Forse sto chiudendo gli occhi. Forse non vedo per via delle ciglia che sbattono contro le guance.
     
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    E noi siamo due cazzoni. Due cani randagi che corrono trai vicoli prendendosi a spallate. Che lo so, è quello che faremmo ora se tu non stessi in queste condizioni. Non so dire quali siano, mi allarma ogni respiro rauco che prendi, ogni volta che i tuoi occhi roteano male e cercano punti in cui non c'è altro che un vicolo. Un muro, il cazzo di niente.
    Ed è vero si che siamo cazzoni, ma tu così ci sei nato, io lo sono diventato per sopravvivenza, per capire come vivere una nuova vita che mi lasciasse libero di essere me. Il nuovo me.
    Lo siamo quando prendiamo una cosa potenzialmente terribile come questa, e la sminuiamo tra noi in risa basse e corpi stretti. Il tuo che cerca il mio, in quel modo di scherzare che ci rende immuni alla merda. Possiamo affrontare ogni cosa, Ben, anche quelle che poi finiscono per spaventarmi.
    Che spingono ingranaggi del cazzo che adesso sto tenendo a bada con tutta la forza che possiedo. Posso ancora sorridere quando le cose vanno così di merda da tendermi le vene del collo, pulsano, si agitano come fai tu con me.
    Vorrei che mordessi, per capire che sei ancora tu, che sei ancora tra noi, che sei almeno un briciolo più cosciente.
    Però mi sa che hai le visioni, e questi i denti me li fa stringere un po' troppo.

    "Ehi, ehi, piano Rocky... ora lo faccio andare via io" che un po' il ruolo del difensore, quello grande e grosso che si mette a fare ombra, ce l'ho. Si anche in quei momenti in cui di me non hai bisogno, in cui sono inutile e non perdi certo l'occasione di ricordamelo. Io lo faccio sempre, lo farò finché avrò fiato. Lo stesso fiato che ti soffio vicino, solo per distrarti. Così, mentre tu mugugni e blateri, io posso tirar fuori il cellulare dalla tasca e sentire Vivianne.

    Ma mi fermo, che non sarò il più sveglio della mia famiglia - quel ruolo spetta a Tamara - ma cristo, forse ho capito di chi parli. Tanto che gli occhi si fanno un po' più lucidi, ma niente che tu forse ora riesca a cogliere. Lo so che questa non è una competizione giusta, che non dovresti sentirtici, che siete due persone così fottutamente diverse. Siete due vite diverse, Benjamin, non ci devi neanche pensare. Tu sei la persona con cui sto adesso, e basta. Fattelo bastare, ti prego. Sei praticamente tutto quello che ho.

    "Ben, che dici? Ce l'hai già, sono qui, sentilo. E' per te. E' praticamente tutto per te, cazzo." ti porto giusto una mano al cuore, perché così in qualche modo ti tengo ancora fermo.
    "No no ehi, ehi, non si chiudono gli occhi, sei di guardia stanotte, tienili aperti." Ci provo a suonare perentorio ma mi sto anche preparando a sorreggerti per tenerti io se dovessi perdere i sensi.
    Cristo devo sentire Vivianne, adesso. Questa febbre corre più di noi quando abbiamo fame.

    Porto il telefono all'orecchio, ti guardo da vicino, non fronte a fronte perché faresti fatica ora ad incrociare gli occhi e non voglio che tu li chiuda, per nessuna ragione: guardami ed incazzati per quello che sto per fare.

    "Ehi. Ho un problema. Ben è nella merda" ti guardo ancora.
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    Tu non mandi via proprio nessuno. Non lo hai mai fatto. Non è nella nostra natura. Non ci aiutiamo in quel senso: siamo orgogliosi abbastanza da sapere come ci si deve muovere. E tu non lo manderai via, lui è dentro di te. Insito in te. E deve bruciare, sempre, così come mi sento bruciare io seppur di un fuoco diverso.
    Avevo anche io diciannove anni quando Lucian mi ha spaccato per la prima volta le costole dicendomi che avrei dovuto fare altrettanto con te. Avevo anche io diciannove anni quando il wendigo ne ha compiuto uno e non sai, non sai mai cosa cazzo voglia dire sta cosa, Horace. Quindi non rassicurarmi. Non dirmi che ci sarai tu per me: ci sei sempre stato, ci siete sempre stati, ma in un modo totalmente diverso, del cazzo, così diverso da darmi fastidio. E so di doverlo accettare. So com'è che vanno le cose da una vita intera: non avrò mai un momento per essere orgoglioso solo e soltanto per ciò che faccio. Non avrò mai un momento da associare a qualcuno che non sia tu o Lucian. E tu Lucian non me lo hai mai tolto dal cazzo.
    Quindi non mi va di star ad ascoltarti adesso. Perché la tua voce raggiunge toni che mi fanno infuriare. Perché raggiungi decibel che mi fanno venire i brividi. E sarà per quello, magari, che sudo come un cane bagnato. Che sono così zuppo da avere i capelli incollati alla fronte. E no, più mi chiedi di tenere gli occhi aperti più io non li apro. Lo facevo anche con Flora, era un gioco nostro: un mondo da scoprire sotto le coperte tirate su. Il nostro bel fortino, ecco. Lì era lei a raccontarmi delle belle storie. In quelle storie ero io il cavaliere. Il suo principe.

    "Sto combattendo per la mia principessa."
    Lacrimo per il dolore, non perché io stia piangendo davvero. Perché il fuoco nello stomaco è così forte da sembrare ingestibile. E non sono stato così nemmeno con la fame ed il digiuno intermittente al quale ci costringeva Princip. Tu non c'eri quando le prime volte ci lasciava aspettare la luna nuova costringendoci al digiuno. Tu non sai com'era combattere con la fame.

    "I-il drago mi sta mordendo la pancia."
    Mugugno, piagnucolo, che cazzo ne so, Horace? Non riesco nemmeno ad accertarmi di averti ancora davanti a me. Non riesco ad aprire gli occhi: ho il viso in fiamme. Ho i capelli che bruciano a contatto col fuoco.

    "Portali tu Flora e Joseph al castello! Portaceli tu, cazzo!"
    Ma per quanto io possa urlartelo la voce non è che esce come dovrebbe. E il fuoco è così potente che cerco di spegnerlo con le mani. Mi copro il viso con le mani. Tiro gli angoli degli occhi. Graffio la pelle, ma non riesco a spegnerlo, non ci riesco, Horace.
     
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    E riderei se fosse una cosa diversa, questa. Se nel guardarti sapessi dirmi che hai finalmente trovato una droga del cazzo che può superare le nostre difese e farci a pezzi per qualche ora. Così tanto per stenderci, che siamo dei bisonti noi due. Siamo quello che volevo essere.
    Siamo in due in un vicolo buio circondati dalle autorità, da chi metterebbe fine alla nostra esistenza senza sentire alcuna spiegazione. Ma io non ho paura per me, ho paura per il silenzio di Vivianne e per te, che più soffri e stringi i denti e più mi fai male allo stomaco. Mi sembra di sentire lo stesso fuoco che ti sta divorando, solo che mi prende le caviglie. La mano è ferma lungo la tua gola, il posto più facile da raggiungere per bloccarti se volessi andartene ancora. Ma lei risponde, ed io ti fisso.

    -No, ehi non riattaccare. Ben è stato morso da un tipo che sembrava un cazzo di zombie. Non si rimargina. Non si rimargina niente.

    Non posso lasciarla attaccare così, non esiste. Neanche quando ti trasformi in un principe azzurro, perché rinsaldo la presa su di te, ti vengo appena più vicino. Non ti ho mai visto sudare così, tanto gelido da bruciare. Mi fai sorridere da quanto sei stupido in questo momento, perché questi discorsi me li fai anche quando stai bene, ma adesso... adesso stai troppo male perché io possa tollerarli con tutta la mia onestà. Adesso ho paura, Ben. Una che tengo ben ricacciata in gola, ma è qui. Tra me e te a fare da barriera, a farmi chiudere gli occhi mentre da una parte la voce di Vivianne mi dice cosa fare e dall'altra, tu vaneggi di Joseph e Flora? Chi cazzo è Flora adesso? La stai immaginando?

    "Li portiamo in salvo tutti e d-" Quello che sento mi spezza il fiato per un attimo, svuota i pensieri, mi toglie quello che stavo per dirti. Apro di più gli occhi, perché all'elenco delle cose che ti stanno succedendo, se ne aggiungono di nuove, continuamente. Ti spingo il muso vicino, non graffiarti così, ti prego sta fermo cazzo! "Fermo, shhh, stai fermo e andiamo a lavarci, non pensare a loro, non pensare a niente. Solo noi due."

    Noi due contro un drago che mi sta rendendo difficile anche respirare. Anche dire quelle poche cose mentre la voce al telefono scorre, mi informa, e mi fa stringere i denti di più. Felix muore. Se ti succede qualcosa, Ben, giuro che Felix muore. Così puoi odiarmi anche dall'aldilà.
    - No, io sono pulito
    - Ti dico dove ci spostiamo.
    - Dimmi quanto tempo ha.
    - Un'ora, quasi due
    - Prima di cosa?

    Prima di cosa, Vivianne? Che cosa stai per diventare, Benjamin? Guardami, ehi, ehi guardami in questa paura ti prego, guarda qui.

    "Ehi, dimmi ancora del drago, dove si sta spostando?" ti tengo occupato. Non posso fare diversamente, cazzo. E dobbiamo andarcene da qui, per questo si, provo a fare leva con una spalla perché tu possa appoggiarti a me, con il capo contro il collo, e non mi frega un cazzo se così sono vulnerabile, basta che tu riesca a seguirmi fino ad uno stupido capannone. Resisti Ben, resisti finché Vivianne non ci trova. "Chi è Flora?"

    - Si. Ti scrivo. Facciamo presto. Mi diresti che sono patetico se sapessi che tono sto usando con lei, se sapessi quanto cazzo di valore hai tu. Non Joseph, tu e basta.
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    Non posso ringhiare e risponderti nello stesso momento. Non posso combattere il drago se tu mi distrai. Se mi inibisci un arto. Se mi stringi a te e mi impedisci di combattere con entrambe le mani. Non posso fare così tante cose insieme, non sono mai stato bravo nemmeno con una, quindi figuriamoci con così tante. Non sono bravo in niente, Horace. Non sono come te e Lucian, non lo sono mai stato e sai com'è che funziona, no? Adesso funziona che se non riesco nemmeno in questo intento allora posso solo che considerarmi finito, fallito, come cazzo si dice, ecco.
    Ma smetto di oppormi quando mi trattieni a te e lo fai per spostarci. Non mi oppongo fisicamente perché mi sembra di non aver più controllo degli arti. Non lo faccio, perché ora il fuoco si sta irradiando e la mia faccia forse non c'è più. I miei occhi, forse, non ci sono più. Per questo spingo il muso contro la tua spalla, contro il tuo petto. Perché ho bisogno di sentire la tua maglia addosso. Perché forse le fiamme posso spegnerle così: con il tessuto, con qualcosa che possa in un qualche modo sostituire l'acqua.
    E non ti rispondo, non a tutto, perché parlare mi affatica, perché non è questo il tempo per lasciarsi andare a certi discorsi. E magari qualche metro lo facciamo davvero. Non so per quanto tempo camminiamo, ma sento come la punta dei piedi strusci a terra prima di appoggiare la pianta totalmente ed è così per una buona manciata di minuti...credo. Mi sembra faccia così da un'eternità, in effetti. E io continuo a mordermi le labbra. Continuo a digrignare i denti. E ti guardo, oh sì, ora ti guardo. Anche se dagli angoli degli occhi. Anche se lo sguardo lo assottiglio, furbamente, perché non devi vedere che sono sveglio, che posso fissarmi di nuovo sul tuo mento. Non devi capire cos'è che sono. Tu sei come me, non è vero? Siamo la stessa identica merda, ce lo siamo già detti.

    "Via."
    Flora è via. Se ne è andata via, me l'hanno portata via. Me l'hai portata tu via. E mi stai impedendo di raggiungerla. Mi stai tenendo incollato qui, egoisticamente, perché sei un egoista del cazzo, perché non ti interessa di nient'altro se non di te. Tu pensi solo a te, al tuo benessere. Pensi solo a Joseph e al modo in cui ti piace quando ti tocco dove ti tocco. Ti interessa solo di questo. Per questo mi stai indebolendo. Per questo mi tieni fermo, immobile. Per questo mi impedisci tu di camminare.

    "Me l'hai portata via!"
    E ti batto un pugno sul petto, uno solo, perché il resto del corpo è adagiato contro la tua spalla. Perché non ho forza, ora, ma solo rabbia, tanto rabbia. E non capisco perché tu mi stia facendo questo. Allora ti premo il muso contro. Fronte a fronte, naso a naso, in un ringhio che è soffocato, sommesso, che ha solo un briciolo di fiato da ostentare.

    "Io non ce la faccio più..."
    E premo con la fronte, premo così forte che potrei prenderti a testate.
     
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    "Bravo, così dai" che devi stringerti di più a me, fidarti per qualche altro passo, non ti sto neanche chiedendo la luna. E lo so che è difficile, lo so che io sono difficile, Ben. Più di te, io sono un pezzo che a volte non si incastra bene con niente di ciò che lo circonda, nulla assoluto. Solo con te io credo che- beh, non lo so, adesso non ci dovrei pensare così tanto. Mi ci fai pensare tu, quando mi costringo a tenere gli occhi aperti, che in risposta li chiuderei ringhiando.
    Anche se sento il tuo muso farsi più vicino, e spingere. E finché questo riesci a farlo, allora va bene. Va bene se non ti rispondo, che ho messo via il cellulare, ho tenuto tutto distante da te anche se io ti sono addosso. O tu mi sei addosso, non proprio come nelle raccomandazioni di Vivianne.
    Ma non importa, se ne salva solo uno, quell'uno sei tu.

    "Allora dopo devi proprio incazzarti con me" che se non è l'amore, fatti guidare dal cazzo di odio che provi. Va bene se adesso mi detesti, se boh, ti ho portato via l'amore? Chi cazzo era Flora? Non mi hai neanche mai parlato di lei, ma va bene quando apro con il piede la porta di questo magazzino, quando ti spingo piano dentro e nel farlo ti controllo. Guardo che non ci siano quei segni che possano accomunarti al tipo della 29.
    Recupererai la forza di farmi a pezzi, si. Ma adesso io devo tenerti con me, e con due mani libere ti avvicino dalla schiena al mio petto. Il viso lontano dal mio. Non importa se non capisci, va bene per farti stare bene.
    In questo sono ancora un militare, non posso scendere in basso, né spaventarmi così. Sono addestrato a pensare che finché qualcosa la si può evitare, la eviteremo. Io e te. E Vivianne, che prego corra, cazzo.

    Questa cosa ti galoppa dentro, io la voglio uccidere. "Fidati di me, per una cazzo di volta, Ben, fidati" non so perché ti prego così, come a chiedere ad un folle che ne pensa del sole: che cazzo puoi rispondermi? Magari la verità, magari così posso sentirlo senza filtri che non hai fiducia in me. Neanche quando devo recuperare il punto esatto in cui fare pressione per farti perdere i sensi.
    Prima però voglio sentirlo cos'hai da dirmi. Che ti morderei io trai capelli adesso, ma non posso. Devo stenderti, legarti e poi starti lontano. "Ce la fai, si"
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    "S-sì, mi fido. Mi incazzerò da morire."
    Lo biascico ancora, perché un po' di forza di oppormi la ho. Almeno a parole, ecco, che è forse una delle cose in cui sono stato sempre meno bravo. Magari andavo bene per le botte, per i graffi, per quei morsi che servono a noi per assicurarci una certa stabilità, ma non con le parole. So solo insultare, ecco. So solo essere pungente, ma dubito che questo possa in un qualche aiutarci adesso. O aiutarmi, insomma, non so com'è che funziona, ok? Non ci sto capendo molto. Non so nemmeno dov'è che siamo o dov'è che sono le tue mani. Cerco solo di convincermi che le cose debbano andare bene così, un po' perché me lo stai dicendo tu, un po' perché Joseph se ne andato e Flora non mi parla. Non mi parla nessuno a parte te, come a Detroit, alla fine, quando persino per Lucian ero solo un saluto. Un pugno e un saluto, nient'altro che questo. E mi va sempre troppo bene, alla fine. Sì, credo che alla fine saprebbe andarmi bene così, a vita, perché tanto non so dare un supporto diverso da questo. Non ho parole giuste da usare, non so nemmeno convincere me stesso. Sono solo passivo, ecco. Passivo dinanzi ai tuoi occhi. I tuoi grandi occhi di fuoco.
    Mi sa che ti amo, per questo devi andartene via. Lasciarmi da solo, toglierti dal cazzo. Perché non ho voglia di baci adesso, di carezze, di parole di conforto. No. Devi lasciarmi stare anche se poi nella tua presa non mi muovo. Non mi oppongo, non faccio alcuna resistenza. Non quando ho bisogno di premere la schiena contro il tuo petto e respirare così, un istante solo. Uno nel quale l'aria brucia nei polmoni, raschia lungo la gola.

    "Sì che ce la faccio...ce la faccio, Ho, ce la faccio."
    Ma il peso grava sulle gambe. Tanto che lo assecondo. Mi si piegano le ginocchia e se quelle vanno verso il basso allora ci vado anche io, per forza di cose. Perché magari finisce qui il tempo dell'opposizione. Perché ho sonno, sono stanco, ho male ovunque. Ed è un dolore interno, penso lo stesso che devi aver provato tu quando Joseph è morto. Joseph è morto, sì e magari è morta anche Flora. Per questo so andar avanti solo a ringhi. Per questo non so aggiungere altro. Non so avvalorare alcuna tesi, non so addolcire alcun momento. Perché sto scalpitando e mi sento terribilmente scomodo in ogni posizione. Sono terribilmente scomodo. Terribilmente dolorante. Terribilmente annoiato, stressato, al limite. Anche se non so a limite di cosa. So solo che vorrei morderti la faccia. E il mento. Che quello è mio, lo sarà sempre.
    Urlo.
     
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