Cuore

Horace & Ben | Magazzino abbandonato, 16 giugno 2023 | Contenuti sensibili

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    Non ricordo più com'è che sei andata via. Se sei stata tu a deciderlo o se è capitato e basta. Non ricordo com'è che sono andate le cose, in effetti, né chi si sia impegnato tanto per farle andare bene al posto nostro, so solo che mi hanno sempre detto di abituarmici. E nemmeno ricordo chi sia stato a farlo. Ma insomma, si va avanti. Dovevo andare avanti e magari l'ho fatto. Forse non al meglio, ma se sono qui e tu, insomma, tu non ci sei, forse sono andato davanti davvero. In un modo o nell'altro, nel bene e nel male. Nel male sempre. E sospiro, come devo aver fatto l'ennesima volta che sono finito nel tuo letto. Quello vuoto, che non è mai stato occupato da nessun altra ragazzina. Dopo tanti mesi passati a cacciar via me, poi alla fine si son ritrovati a lasciarmi stare lì. Ma è un'abitudine comunque, non ti rendi conto ma, insomma, lo hai fatto anche tu: mi lasciate stare, sempre, tutti.
    Per questo forse scollo le ciglia dagli zigomi in un ringhiotto leggero. Che sorrido, anche se sono affaticato e l'unica cosa che effettivamente mi viene istintiva fare è proprio questa: sorridere un istante. Anche se sento la faccia intorpidita e i muscoli delle braccia tremano per lo sforzo.
    Io sorrido, piano, anche se ai denti che si scoprono fa compagnia una lacrima: devo aver pianto anche quella volta che non ti ho trovata nel nostro rifugio e quella dopo ancora, quando mi hanno detto che avrei dovuto smetterla di rompere tanto i coglioni. Ho ancora i segni delle sigarette nascoste sotto ai tatuaggi per te. Io non so dimenticare un cazzo di ciò che siamo stati.
    E me li sfioro: infilo le dita sotto gli shorts e cerco il punto preciso. Accarezzo i teschietti e le stelline che ne ricoprono i segni pallidi e sorrido. Ma ogni sorriso è una lacrima.

    "L-l'hai fatta piangere?"
    Biascico piano, anche se poi la risata si fa più rumorosa, più vera. Ma la testa non l'alzo ancora da qui: me ne resto ad occhi chiusi, quasi a non voler lasciar andare via il tuo ricordo. Chissà se hai avuto modo di crescere. Chissà quanto devi essere carina adesso, Flora.

    "Sai come ti aprirebbe il culo Lucian se lo venisse a sapere?"
    Mi stiracchio piano, premendo la schiena contro il palo alle mie spalle. Un po' per rilassarmi, un po' per sciogliere ogni muscolo accavallato. Ogni tendine tirato sino allo stremo. E prendo respiri che sembrano un po' rantoli. Profondi, a riempire completamente i polmoni. Non so se riesco ad alzarmi ora, ma almeno posso parlare, Horace. Posso ricordarti che sei un coglione, ad esempio.

    "Più per questo, che per il fatto che te lo abbia costretto tanto duro"
     
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    Non è questione - adesso - di vedere se respiri, ma solo di aspettare quando la principessina sul pisello si deciderà ad aprire gli occhi.
    Aprili, Ben. Che ogni minuto che ti prendi di riposo è qualcosa di cui il tuo corpo ha bisogno, ma mi impedisce di capire se stai bene. So che è tutto ok, ma a me l'ovvio finisce per non bastare mai.
    Come quando per qualche giorno Lucian spariva, e stavo a chiedermi dove cazzo fosse anche se non erano cazzi miei. Ora con te lo sono.
    E me ne rendo conto, quando il sonno scivola via da me. Le ossa tornano sveglie, il mio cervello lo è, anche se non penso a niente. E' il modo di riposare che mi hanno insegnato. Guardi fisso un punto, spegni le sensazioni sia dentro che fuori, il tuo cervello dorme, ma il tuo corpo resta vigile.

    Così nel momento in cui ti muovi, io ti guardo. Vedo ogni cosa, Ben. Dalle lacrime ai mezzi sorrisi, che quando ti addormenti non stai zitto. Anzi, tu non stai zitto mai. Non c'è un momento in cui il silenzio sia normale tra noi. Forse un po' me la sono goduta mentre dormivi, ma non penso te lo dirò mai.
    Che tanto la prima cosa che sai dire quando ti svegli, resta un commento al mio modo di essere, ai miei atteggiamenti, forse anche a quel piede che allungo per risvegliarti. A calci leggeri: dovevo svegliarti con un bacio?
    Mi costringi ad un ghigno, a dirmi che è di nuovo finita la pacchia e... per fortuna, perché non sai quanto cazzo ho avuto paura. E non lo saprai adesso. Non subito se posso cacciare indietro tutto e rivestirmi da stronzo, perché sei già in vantaggio tu.

    "C'è mancato poco che a Luc andassi a dirglielo tu di persona."
    E fingiamo pure che non mi siano tremate le ginocchia, e che io mi sia forzato a farle restare su, dritte, perché niente è insalvabile, e stanotte ne ho avuto una prova.
    Che ho fatto piangere la sua vedova, solo perché per una volta ho cercato di fare una cosa che andasse bene per tutti. O forse che andasse bene almeno per me. Ma io sbaglio sempre, e neanche dopo un risveglio così cambierai idea. Cane che non sei altro.

    Che poi rido, si, anche se di mezzo c'è qualche rantolo che mi scalda la voce, e poi la infrange contro la gola. Le gambe ancora piegate a cazzo di cane, che sto comodo solo scomposto, ma nel mio. I gomiti sulle ginocchia, a tenerti d'occhio con la testa appoggiata al muro e quel mezzo sorriso del cazzo, che può dirti tutto o niente della notte d'inferno che io ho passato.

    "La prossima volta che fai un giro a Zombieland, portami qualcosa a casa."
    Qualcosa, non qualcuno. Perché non intendo dirti niente di quello che ci hai detto tu. Che magari in ultima eri sveglio, ma non so quanto davvero ti ricordi. E diciamo che non rimarco un cazzo, mh? Nessuna prossima volta.
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    Questo è uno di quei casi in cui ti svegli e ti rendi conto di ricordarlo bene quel sogno che hai fatto. Non come quando aprire gli occhi fa un po' sfumare tutto. Funziona diversamente con gli incubi. E tu per un certo verso lo sei sempre stata, per questo ricordo ogni dettaglio del tuo viso, ogni odore che i tuoi capelli portavano con sé. Ma non è un'accusa, Flora: non so proprio come poterti accusare di ciò che sei stata. Io ho tenuto a te nel modo in cui sapeva farlo un ragazzino della mia età e sono certo che tu abbia, in un qualche modo estremamente personale, fatto altrettanto.
    Ma adesso è giunto il momento di lasciarti andare. Almeno per adesso, solo per un giorno, fino al prossimo incubo che sappia farmi inumidire lo sguardo. E io non piango, ma tu questo lo sai bene. Non ho mai pianto quanto sono stato io a prenderle al posto tuo. Non ho mai sofferto per la lentezza con la quale certe ferite fossero portate a rimarginarsi rispetto ad altre. Sapevo che era giusto così e che così sarebbe stato fintanto che la tua felicità era ancora al primo posto per me. Sei sempre stata al primo posto, finché ne hai avuto la possibilità.
    Ma ti saluto, ciao, almeno per adesso, che ho bisogno di aprire gli occhi e rendermi conto di dov'è che siamo. Perché questo non è qualcosa che posso lasciar decidere all'olfatto o all'udito. Non so cosa farei se fossi una bestia cieca.

    "No, non sarei andato da nessuna cazzo di parte, Ho."
    Te lo confermo con certezza, quasi come se ci fosse uno studio dietro, qualcosa di inconfutabile. Una sicurezza che va oltre la fisica e la matematica. La scienza esatta. Ma è così che la vedo: non me ne sarei mai andato via, non senza portarti con me. Perché è così che sono fatto: io non so né perdere né abbandonare e spero che questo non finisca mai per annoiarti.

    "Mh."
    Mugugno in risposta, cercando con una mano la tua. O insomma, qualcosa di te che mi venga facile afferrare e trascinare qui vicino. Solo perché non ho voglia di restarmene fisicamente solo in questo angolino. Solo perché ho bisogno di rendermi conto che sei reale e non come lei. Non solo un sogno pronto a svanire.

    "Devo aspettare la prossima volta per una carezza?"
    Non te l'ho mai chiesta, non ti ho mai chiesto nulla del genere, in effetti, ma oggi non ho il coraggio di far la faccia di chi sa andare avanti nella rigidità dei propri muscoli. A volte sono semplicemente stufo di essere tanto rigido. A volte ho bisogno che ci sia qualcuno pronto a tirarmi su, a tenermi ben stretto per la vita. E questo diritto, o fortuna, ma insomma, vedila tu, spetta solo e soltanto a te.
     
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    Oh ma lo so che tu non muori. E' la certezza per cui ci siamo fatti fottere da Princip. Perché evidentemente eravamo tanto stronzi da voler ancora tirare avanti gli stenti. In fondo è così che mi piace, così che voglio continuare.
    Non sono neanche così rigido, anche se cazzo quanto mi hai dato da pensare. Ho pensato a come ci sarei tornato, a casa, senza di te. Quanto forte avrei sbattuto la testa di Felix lungo un muro, al punto che forse avrei scappare tutti gli altri. Se ci ha traditi, il culo glielo apro lo stesso, ma non tanto da impedirgli di respirare. Ma se questa sua cosa - anche per errore - avesse finito per ucciderti, dio, non so se mi sarei fermato.
    Ed ho pensato a quella Flora, che ti sei lasciato sfuggire così tanto, ed a come sia stata colpa mia sei lei non c'è più. Ma tanto mi sta bene, Ben. Da che sei vivo, mi sta bene pure se resti in piedi solo per insultarmi. Basta che la tua faccia non si stacchi mai dalla mia.
    Non me ne frega un cazzo se sei ancora sporco di sangue, non dovresti essere un pericolo, Vivianne mi ha detto tutto quello che dobbiamo fare ora, quindi fanculo.
    Appena mi afferri la caviglia, ti prendo in vita, ti porto dolcemente, come se bastasse veramente allungare una mano, mentre borbotto qualcosa di stupido, ma solo perché con le mani ti tiro indietro i capelli. Ci scherzo così sulle ferite che ormai sono rimarginate.

    "Cinque minuti e poi ci alziamo..." mormoro, il viso che si appoggia piano oltre la tua spalla, come se ora potessi chiudere gli occhi e lasciare andare un briciolo di stanchezza. Uno solo ok? Non è tanto, è giusto un respiro, uno strusciare del naso contro le scapole, e non me ne frega un cazzo se puzziamo come cani con la rogna. Dopo che ho visto cosa stavi diventando, va bene qualunque cosa perché non si sia più quella. "... poi tiri su le gambe da struzzo che ti ritrovi..." con il mio fiato sul collo, anche se ci vado più leggero di quanto vorrei. "... e torniamo a casa, prima che pensi che mi viene duro per ogni alito di vento"

    Non sono neanche del tutto serio, quasi sorrido nel dirlo, nel riempire i polmoni e comprimerteli lungo la schiena. E' che mi sta bene se sei vivo, se sei qui a dirmi ancora che sono un coglione per i prossimi... quanto facciamo Ben, vent'anni?
    Che questi cinque minuti me li voglio godere, contandoli nella testa, secondo dopo secondo...
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    Resto inerme, lo faccio per te, per noi e forse perché sono ancora un po' stanco, ancora un po' distrutto. E magari il dolore non è solo nelle ossa, ma dentro, in profondità della carne, in un punto in cui forse non mi è nemmeno permesso di allungar la mano per vedere se riesco a grattar via il fastidio, ad esempio. Ma suppongo che vada bene anche questo, che non debba esserci per forza un motivo per star così o una risoluzione al problema. Insomma, magari questo non è nemmeno un problema vero e proprio, magari è la vita e basta. E non ti dico a cos'è che penso adesso, so solo che mi lascio scivolare a terra e che aspetto di sentirti con il petto stretto alla mia schiena per concedermi di poggiare il muso contro il pavimento. Ed è fresco, diciamo. Fa più fresco qui che altrove, suppongo.

    "L'ho già pensato, scusa."
    Sorrido di nuovo, un po' più rilassato, mesto. Senza dover per forza mostrare chissà quanti denti ma limitandomi semplicemente a tirar su le labbra in una mezza luna.
    Il fatto è che sì, non avrò visto nulla fino ad ora, ma sai che vi ho sentiti. Che ho sentito, seppur non così chiaramente, il modo in cui il tuo sudore è cambiato quando lei ti si è fatta vicina. Io so com'è che funzioni perché è così che funziono anche io e magari così funzionava anche Lucian. Ma credo che adesso tutto questo non abbia importanza. Insomma, mi importa andar da lei e dirle che le sono estremamente grato, ma non so se voglio sapere se le sei piaciuto. So che sei bello abbastanza da far innamorare anche lei.

    "Me ne sono accorto, diciamo."
    Che un po' per rimarcare cos'è che ho percepito. Perché sì, non sarò in ottima forma, ma non sono stupido: le ho sentite le ultime battute, ho sentito l'aggravarsi dei suoi respiri. Mi chiedo quanto ci vorrà prima che tu possa respirar così in mia presenza. Ma forse questo non è decisamente il momento per certe cose, non tra noi due almeno.

    "Non volevo farti rivivere quella merda."
    Non lo so se questo è un osare più del dovuto. Non so nemmeno se questo è il modo giusto per parlarne, se c'è tatto nelle mie parole, diciamo, ma sento di dovertelo dire, perché sì, sono dispiaciuto davvero, anche se non è stata colpa mia, non del tutto almeno.

    "Scusa..."
    Bisbiglio spingendo la schiena contro il tuo petto e così il culo, come le gambe che si intrecciano alle tue. Fortuna che non riesci a vedere alcuna espressione di fastidio e insofferenza.

    "Niente mi ha mai fatto tanto male..."
    Nessun incidente, nessuna punizione corporale ben assestata. E non lo so perché ti afferro una mano. Perché tendo a spingertela contro la gamba, sulla ferita che è rimasta in rilievo e che puoi percepire solo così: Quentin ci ha tatuato sopra, ad occhio nudo non potresti vederla e a Detroit, beh, a Detroit non volevo che mi guardassi in questo modo.
    Lascio che le tue dita sfiorino la coscia, poi chiudo la tua mano tra le mie gambe, dolcemente.
     
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    "Era per darti qualcosa con cui distrarti"
    E sappiamo che non sto mentendo, Benjamin. Sto ironizzando e basta, perché sono sempre troppo onesto quando la violenza si fa strada, ed in quei punti accende le fiamme. E le mie bruciano sempre, come se fossi sempre pronto a scopare e lottare, ma preferisca sempre la seconda delle due.
    Perché poi io non lo faccio tanto per fare, se non c'è niente a tirarmi in una direzione, posso guardarla tutto il tempo che serve, anche da vicino, si, ma poi non la prendo. Poi non ci vado.
    In compenso invece ti stringo, che se è questo vuoi allora fanculo alla freddezza dei giorni di merda, fanculo ai "non sono Joseph" che mi hai spinto contro il petto. Ora qui ci sei tu, anche se la sua ombra l'hai vista alle mie spalle, ed anche se le tue parole mi chiudono un attimo in silenzio.

    Lo sai meglio di chiunque altro, che noi possiamo fingere indifferenza, ma quello che è il nostro stupido cuore batte alla ricerca del compagno da mesi. Forse anni. Ora che si sono trovati non voglio neppure trovarla la forza di separarli. Posso essere forte in tante cose, ma dio non questa.
    Quindi trattengo il fiato che tu spezzi, ci passi attraverso per chiedermi scusa, anche se ci ho messo tutta la mia forza per tenere questo stesso pensiero tanto lontano da me.
    "Lo so"
    Per fortuna non mi guardi negli occhi adesso. Non vorrei li vedessi cedere così piano, così inesorabilmente, come quando mi chiedi altre strette e rispondo veloce, che da questo dipende tanto.
    Ti rispondo senza emettere fiato, con un bacio che si fa strada tra le vertebre, veloce ma fermo.

    "Urlavi come non ti ho mai sentito urlare prima"
    Ringhio anche adesso, come a ricordarmi quanto cazzo è brutto essere impotenti anche quando alla fine
    Non ti faccio andare lontano da me, Ben. Ti giuro che in ogni fottuto caso, sarò sempre qui. O a pararti il culo, o ad aprirtelo in due.
    "Non ho visto uomini soffrire così neanche in quella merda. Ma tu sei temprato dalla fame, e da-" è un complimento, per una volta, anche se quello che fai non lo troverò mai sensato, non importa. Oggi puoi ancora fare tutti gli errori che vuoi. Anche se adesso abbiamo bisogno del silenzio, vero? Di una mano che ti percorra quella cicatrice. Marco i tratti che mi indichi, sento quasi i segni dell'inchiostro nella carne, anche sotto i jeans.

    La mia mano va dove vuoi, ma non è morta, Ben. E' viva, ti rincorre piano, qualche centimetro di pelle più indietro della tua, si infila piano tra le gambe, nei punti caldi, bollenti. Ti mordo un lobo, ci rido dentro.
    "Hai sentito la parte in cui diceva che non devi sforzarti per un po'? Le crediamo?" un brivido.
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    Evidentemente non sono forte come credevo di esserlo. D'altronde non è con l'abitudine che ci addestrano, che ci fortificano davvero. Non funziona esattamente in questo modo, a meno che non si voglia accettare l'idea che esista un'educazione passiva. Io non ho modo di elucubrarci così tanto su, d'altro canto la testa è ancora pesante ed affaticata. Avrò sicuramente bisogno di più tempo per riprendermi. Ma di una cosa sono certo, ormai: non sono stato bravo abbastanza da interiorizzare quel dolore. E la cosa andrebbe bene, se non ne fossi soggetto da anni. A volte ho l'impressione che quella parte cocciuta di me finirà per uccidermi più dell'irrazionalità. Quel buon senso di merda che è simile all'orgoglio. Quell'orgoglio che spesso appartiene solo e soltanto alla bestia.
    Il fatto, credo, è che non so accettare l'idea di dover soffrire. Anche se poi lo faccio e mi schiero in prima linea affinché prendano me e non voi. Ma questo non significa nulla: io non so accettarlo davvero, non come credevo, non come affermavo dinanzi a Flora, quando dandole i bacini sulla bua mi convincevo di poterle strappar via il dolore così.
    A me i baci sulle ginocchia non hanno mai portato a niente.
    La tua mano, lungo la bruciatura di sigaretta, non allieva un cazzo.
    Forse fa persino peggio.
    E mi accorgo di questo malinteso quando la tua presenza inizia a farsi decisamente più ingombrante. Ma non mi infastidisce, sento che è qualcosa a cui sono già stato abituato. Per un certo verso l'adoro: adoro il tuo modo di essere, quel momento in cui sai cavalcare l'onda della leggerezza anche se sotto di te si distende un profondissimo mare di merda. Sei come un funambolo, un artista da circo. Qualcuno che la vita sa davvero com'è che la si vive, nonostante tutto, nonostante la tristezza a cui ci costringe, ad esempio.

    "Forse questa notte..."
    O questa mattina, insomma, non so con precisione in che momento temporale siamo collocati: potrebbero essere passati giorni o solo pochi minuti.

    "...ho bisogno di crederci."
    Perché c'è qualcosa che fa male e credo si tratti proprio della consapevolezza di non esser riuscito in tutto...anzi, di aver sbagliato ogni cosa nella vita. Solo che non so ammetterlo: non a te, benché meno a me stesso.
    L'unica cosa di cui sono certo è che l'ho lasciata andare via di nuovo e che proprio per questo, so rendermi conto di non sapere come tener fermo e buono te.
    Fermo qui, ad un palmo dalla mia schiena senza dover necessariamente alludere al sesso.

    "Io...ho creduto che Flora fosse qui, è stato strano."
    Non te ne ho mai parlato, ma in questo flusso di parole il suo nome sa uscire fin troppo spontaneamente. Non ci penso su, infatti. Lascio semplicemente che fluisca.


    Edited by Chrysalide - 1/7/2023, 00:52
     
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    il nido
    La tua forza si muove in parallelo alla mia.
    Ma non voglio che pensi di non essere una roccia, forse solo io avrei resistito quanto te. Ma tu di più. Ti vedo resistere agli impulsi della fame da quando ti conosco. Sei quello convinto di ripagare il mondo dei suoi morti attraverso un insalata. Tu compri le zucchine scontate perché così almeno non alimenti gli allevamenti, e fai del bene a questo stupido pianeta. E sei sempre quello che uccide una persona ogni luna nuova. Perché a questa fame puoi resistere, se riesci, ma alla mutazione no.
    Ma tu combatti anche quella, sei costantemente in guerra, Benjamin. Sei in lotta contro la scelta della tua vita, come se tu dovessi sempre qualcosa a qualcuno. E cazzo, ti capisco, sai? Io mi illudo di scegliere sempre e solo per me. Ma dopo rincorro il tuo bene prima del mio, dico solo che mi sta bene da morire. Almeno questa è la vita che mi sono scelto. E se mi porta a stringerti lungo il pavimento di un magazzino abbandonato, allora va bene.
    Anche se immagino non sia niente che possiamo superare solo alzandoci da qui. Tu non vuoi alzarti, e prima ti avrei spronato, adesso sento solo che qualcosa non va.
    Magari in un punto che non voglio raggiungere da solo, perché non posso.
    Quindi si, scusa se quello che sentì è lo stesso una parte di me, ma va bene se non è giusta adesso.

    È solo che io delle mie cose non so parlare, non so dirti quanto la "cosa" Joe mi abbia fatto a pezzi, perché il passato l'ho lasciato a casa. Gira con me su di una medaglietta, ma non mi farebbe mai andare avanti se lo guardassi ogni sera. Sta li dietro, Ben. Esiste ma sta lì, e non gli dovresti camminare vicino neanche tu.

    "Chi è Flora?"
    Questa Flora di cui evidentemente non possiamo non parlare.
    Faccio il bravo come riesco, Ben. Non sono neanche uno che ci parla davvero con le persone. Si magari qualche discorso lo facevo con Tamara, ma non credo di averle fatto del bene o averla ispirata.
    E la mano non la sposto, la lascio dove la vuoi ma non la muovo più a cercare quello che voglio io. Sei sveglio, si fa come dici tu.

    "Ti assicuro che non le ho fatto niente... "non penso di essere il mostro dei tuoi incubi, ma se lo fossi, ecco io vorrei non esserlo.
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    Edited by nocturnæ - 30/6/2023, 23:15
     
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    So che la cosa non dovrebbe andare così. So che non siamo capaci di questo: che non parliamo mai noi, non così a fondo. E così come io non ti chiedo di Joe forse non dovrei nemmeno parlarti di lei. Perché non serve, perché siamo abituati a non appesantirci mai con questi discorsi. Per questo mi pento di averla nominata non appena ho percepito un cambiamento nel modo in cui mi stai stringendo.
    Non voglio rattristrarti, né essere un peso. Voglio semplicemente star bene con te, con il problema che so accorgermi solo ora dello sbaglio che ho fatto.
    Cazzo non avrei dovuto fermare la tua mano. Cazzo, non avrei dovuto parlare di lei. E mi sto maledicendo adesso. Lo faccio distruggendo le labbra in uno stringerle poco gentilmente tra gli incisivi. Come vorrei prendere a testate il muro. Ma mi contengo, cazzo Ho se lo faccio. Mi sono messo fin troppo nella merda per riuscire a farla franca adesso. E la cosa ironica, se così possiamo considerarla, è che questo sta succedendo solo e soltanto per colpa mia.
    Per questo prendo un lungo respiro.
    Per questo torno a spingerti la mano contro la coscia. Questa volta la faccio risalire, piano.

    "Solo una vecchia amica dell'orfanotrofio."
    Non lo so perché, ma do per scontato che tu sappia da dov'è che vengo.
    Ti sto dicendo il vero, anche se non era solo quello. Non è mai stata solo e soltanto un'amica. Forse è stata la mia dannazione, la prima sfortuna della mia esistenza. Ma anche la cosa più bella che mi sia capitata prima di questo. Flora è troppe cose per potertene effettivamente parlare e non capisco, in effetti, dov'è che volessi andare a parare. Sono solo uno stolto, cazzo. Sono solo uno sciocco.
    Tanto cosa potrebbe venir fuori da questo racconto? Non voglio sentirmi tanto debole ai tuoi occhi. E non voglio un aiuto, un supporto o quel che sia. Forse devo semplicemente accettare che di tanto in tanto gli incubi possano farsi vivi. Forse devo accettare che nella vita possa esistere questa possibilità e basta. Non è nulla sul quale bisogna indagare. Niente che potrebbe effettivamente impedirmi di vivere la mia vita.
    Avrei dovuto accettare le tue avanches, Horace. Avrei dovuto farmi scopare come si deve nonostante la merda, nonostante la stanchezza. Per questo mi piego di nuovo verso di te. Ti spingo contro la schiena come se fossi al piano delle mie forze e poi mi volto, a strusciare così il naso contro il tuo.

    "Lo so che non faresti male ad una mosca."
    Te lo sibilo, manipolatore del cazzo. Lo faccio nella speranza che tu finisca per concentrarti sul suono della mia voce. Per smettere di parlare di Flora. Per smettere di parlare e basta. Almeno delle nostre cose, di quella roba che non è mai uscita in questi quattro anni allora ha senso che non esca più. E io sono quello che non ha nulla da raccontare: sono sempre stato così, no?

    "Mi sa che ho voglia di baciarti, comunque."
    Piego il collo ulteriormente, sfiorando le tue labbra con le mie in un movimento gentile ed aggraziato.

    "Se riesci a scoparmi piano suppongo che Vivianne e il mio sistema immunitario non avranno nulla da ridire, comunque"
     
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    Io ho un vuoto di memoria. Non la ricordo quell'ora di merda, da quando Vivianne mi ha detto che te ne rimanevano due. Forse, perché non era neanche un conto esatto. Io ho rimosso, sono entrato in quella modalità che non posso più togliermi di dosso. Sono tornato un soldato che sapeva con razionalità che cosa fare, anche se dentro - piano piano - moriva.
    Ma non te lo vengo a dire, Ben, forse perché so bene di essere trasparente, o perché quando ti rigiri tra le mie mani sono i miei occhi a parlarti per primi. Così nei tuoi, e senza neanche scavare. Che lo so che ci sono cose che non ci diciamo, e forse non ce le diremo mai. Ma non servono, noi sappiamo tutto anche quando non lo diciamo, siamo quelli che corrono sul filo del rasoio, che non possono prevenire niente, ma combattere ogni cosa che arriva.
    Sia che venga da un passato da dimenticare, sia che rinasca dalle ceneri del presente.
    Lo so che sei un randagio, che le nostre sono vite nate diverse, ma quando sono diventato come te, penso che si sia formata questa sorta di branco in petto. Una sensazione, un legame più forte della merda da cui venivamo, una spinta che ci unisse ad essere pronti a viverci la merda presente. Giorno dopo fottuto giorno.

    Flora non esiste, Joseph non esiste.
    Ci siamo noi e questa pioggia che prende male il capannone a tener in piedi il magazzino, cazzo se mi piace. E mi piace farti le fusa come un gatto, come se fosse un complimento sentirmi dire che non farei male a nessuno.
    E' che sono una bestia vestita da uomo buono, da persona leale, sicura. Ma l'istinto, non credere che non sia un bruciare continuo. Anche io combatto contro qualcosa, ma adesso lo faccio con una mano che ti porti più vicino a me, dal collo. Te la racconto così la mia paura: baciandoti. Sfregando piano le labbra contro le tue, mostrando una dolcezza che a due mostri non si addice.
    Una mano che poi si infila piano sotto la tua maglia, che scivola dietro la schiena, spinge le dita oltre i jeans.
    Come se non sapessi che significa chiedermi di scopare, di fare quasi l'amore per come stiamo presi male adesso. Come se non sapessi che mi spingi un sorriso lungo le labbra anche mentre ti bacio, ed in questo metto tutta l'intenzione che ho.
    Cristo, le tue labbra sono così perfette per accogliere le mie.

    "Impresa difficile, ma..." ma non è vero un cazzo, so farlo anche piano, terribilmente piano. Che solo pensarci mi distrugge, mi ravviva nelle fiamme del nostro stupido inferno. "... posso provare". Dirlo con un vuoto d'ansimi è da stronzi, Ben? Dirlo quando piano mi faccio avanti con un ginocchio per aprirti meglio le gambe, e poi tenerti giù la schiena, è da bestie? Baciarti ancora, con quei morsi che celano ringhi più dolci che tu abbia sentito da me, basta per dirti che non te ne devi andare da nessuna parte senza di me? E che mi dici se con l'altra mano non smetto di stringerti per la nuca? Ti fa male? "... mi sforzo" sorrido.
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    Lo so da me che non è una forzatura se lo facciamo così: perché è così che funzionano due bestie e se tu sai mettermi in subbuglio lo stomaco allora qualcosa vorrà pur dire. Non me ne pento, insomma, non so pentirmi nell'assecondarti. Perché se lo faccio poi il mio cervello si spegne e se non lo fa del tutto, comunque finisce per concentrarsi solo ed unicamente su di te.
    E va bene così, Ho, va sempre bene così: va bene perché tu esisti ed esistendo sei diventato qualcosa. Una cosa che mi piace, ma che ho bisogno di comprendere meglio. Perché non ti fermi solo a questo: al modo che hai di sfiorarmi. Né alla bellezza e basta. Non sei solo bello, Horace, né solo buono. Non è solo perché sei con me da quattro anni. Io so che c'è dell'altro, qualcos'altro che devo però prendere per mano prima di rigirarmelo tra le dita per capirlo bene.
    E va bene questo intermezzo. Questa voglia che ci impedisce di parlare dei nostri problemi, perché forse non dovremmo averli e basta. Insomma, non giova a nessuno la tristezza e noi non abbiamo bisogno di altri punti di malessere da abbracciare. Magari abbiamo bisogno di qualcosa di più carnale che si riveli capace di tirarci su. E a me tira tanto su il tuo sorriso. Mi piace quando la voce ti si incrina, quando il tono si fa più profondo perché finisci per parlare tra i denti. Mi piace saperti a posto con la mente, rilassato, più qui che in Afghanistan, per dire. E io non voglio essere qualcosa a cui pensare con affanno, con preoccupazione. Quindi sì, magari scusami se ti ho parlato di Flora. Se ho pensato che fosse il momento giusto, se ho pensato che potesse servire a qualcosa farlo: determinate cose devono essere mie e basta, così come Joseph resterà roba tua.
    Per questo mi viene da ridere adesso, anche se piano, che sia mai che qualcuno possa sentirci.
    Ridacchio perché sei carino quando non capisci niente. Quando palesemente ragiona il cazzo al posto tuo. Come se fossi lo stereotipo perfetto del maschio che va in porco.
    Mi sento solo un po' stupido nel lasciarmi sottomettere così. Ma oggi va bene, posso scalpitare più tardi. Agitarmi più tardi. Tipo quando ancheggio per aiutarti a sfilare i pantaloncini e già sono in tiro, perché sono stupido anche io e nessuna cosa potrebbe impedirmi di andare in fiamme per questi momenti così concitato. Così teneri, dico.
    Mi sa che sai farmi sentire a casa o che la mia casa sia direttamente tu.
    Ho una voglia matta e stupida di tornare ad accendere l'abat-jur che hai portata su quando sei stato via con Grace. Se ci fosse modo di idealizzare questo momento, ci immaginerei a far l'amore sotto la sua luce. Un wendigo romantico non si è mai sentito.

    "Tu fa del tuo meglio...come sempre."
    Che ormai mi piace farlo solo con te. Se l'avessi scoperto prima, lo avrei fatto sempre e solo con te. Dalla prima volta che ti ho dato la schiena in quel seminterrato. Da quelle volte che ti sentivo tornare con odori diversi addosso e senza volerlo davvero, me ne restavo lì a sognare di profumar così anche io, un giorno.
    E ti stringo la testa tra le braccia per baciarti. Perché mi piace il momento che anticipa l'affondo. Quello in cui ti premo il ventre contro, sintonizzo il cuore al tuo ed immagino che le tue vene diventino le mie e viceversa. Che il sangue scorresse unico per entrambi. Che la saliva serva un po' a sancire questa unione. Mi piace sentire la tua lingua in bocca, il sapore del tuo alito e le tue labbra, che sono morbide e che vorrei mi baciassero tutto.
     
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    Adesso ti voglio lento, che devo prendermi il tempo per ricordare che cazzo stavo per perdere.
    E non sono un fottuto romantico, o forse si, non mi interessa come lo potremmo chiamare. Voglio sentirti andare lento e forzarti a non essere un cowboy stanotte. Voglio vedere con calma che cosa avrei potuto non avere più, come se ora mi fosse stata data una stupida occasione di riscrivere il passato.
    Ma lo so che non sei Joseph, con lui le cose erano svelte, sempre. Non c'era tempo di amare, solo scopare e guardarsi poi tra una branda e l'altra.
    Ed io a lui non voglio più pensare, non quando mi stringi, ti appendi a me come vorrei facessi sempre. Anche se ora non hai unghie a conficcarsi nella pelle fino a strapparmela via.
    I lividi che crei tu, non voglio vederli rimarginati, voglio che esistano quei solchi stupidi a cui fissarti ogni volta, perché non so come dirti che sono qui.

    E dio se ti bacio. Se smetto di parlare perché ad un certo punto è chiedermi troppo. Dirti belle cose e nel frattempo fare l'amore con le gambe lunghe che ti ritrovi, è troppo.
    Ed i miei ansimi finiscono in questi baci, forzandomi una lentezza che lascia brividi lungo la schiena, mi percorrono fino a spogliarmi loro al posto tuo.
    Ogni gesto è un ringhio che trattengo, un morso che addolcisco, in quegli attimi prima che tu sia del tutto mio. Ti voglio far soffrire ancora un po', far muovere contro di me perché me lo chieda quasi pregandomi di essere utile a qualcosa. Di valere.
    Allora spingo la lingua al pari di quelle dita che ti arpionano un fianco, di fanno dolci nel percorrere una gamba, scostarla perché si apra quando arrivo più vicino, quando ti sento e sorrido in quel morso.
    Sono fusa spinte naso a naso, in respiri presi prima di altri baci. Ogni fiato è eccitazione e non so neanche quanto cazzo posso resistere con la luna che ci chiama a sé con forza. Dio se la userò con te.
    Ti alzo la caviglia, perché si aggrappi alle fossette dietro la schiena, ed allora mi fermo.
    Un secondo, due, ti guardo e non lo so quanto io sia nudo ora. Forse completamente. Non ho un cazzo da nasconderti, Ben, neanche la voglia con cui spingo il primo affondo, do il via al mio Inferno.
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