39 Y.O.– Animagus – Father – Royal Air Force – MAFI Agent – Sacred 28

La vedeva che era piccola e fragile nelle sue mani. Sapeva che in quel momento aveva potere di vita e di morte su di lei. E sapeva anche che era un potere dato dalla fiducia e dalla paura.
Detestava che il motivo di quel potere fosse tramite la mincaccia e che sua moglie stesse piangendo. Non è che lo rendeva particolarmente triste, solo leggermente deluso da se. Sapeva il perché era così. Sapeva che era così perché lui beveva e quando il suo corpo prendeva il controllo su di lui poteva finalmente stare in pace. Questo finiva per effetto con i lividi di Thea. Lei che diventava la portatrice del dolore per la sua pace.
E lui era davvero un mostro quando il suo corpo doveniva padrone di quello che era lui. Ormai non sapeva quanto fosse rimasto della bestia violenta da Alcool e quanto in realtà restava di Cyrus Selwyn.
Ma non gli interessava nulla. In quel momento stava facendo la pace con sua moglie che era fuggita da lui per cercare il divorzio.
Aveva paura, una paura immensa, ma non sapeva come toccarla, non sapeva come sistemare quello che vedeva. Era la soluzione e la causa di quel che vedeva. Questa dualità non era una novità, ma era sempre di difficile interpretazione.
Accarezzò con le labbra le guance ed il collo di Dorothea, per poi pulire con un dito la lacrima che scendeva dall'occhio.
"Ci sono" disse che voleva essere un "ci sono per te, ci sono per proteggerti, ci sono per essere il tuo cavaliere e non il mostro". Perché quello lo sapeva fare, proteggere era in grado di farlo. Le diede un bacio sulla fronte, come faceva con sua figlia.
Strinse a sé sua moglie, forse la pensò così per la prima volta effettivamente, dopo anni. Ma lui era lì in quel momento e, nonostante la bottiglia bevuta era incredibilmente sobrio.
"E io voglio che tu continui ad essere mia moglie, fanculo al divorzio" lo disse in un sussurro, come se fosse un tabù, perché lo era in effetti. Essere accusato di essere il marito violento e finire con un divorzio avrebbe reso la sua fama ed il suo status acquisito l'equivalente di carta straccia. Odiava quello che veniva con la sua fama, ma quella permetteva la vita agiata che apprezzava ben più di quanto non detestasse Dorothea quando lo minacciava di andarsene.
Cyrus alla fine era una creatura abitudinaria, non da giudicare. E le abitudini erano difficili da debellare. Fece il suo sorriso più sicuro che riusciva in quel momento dicendole "Sarebbe un peccato usare una camera così bella solo per litigare, no?" prima di darle un altro bacio, questa volta ben più sensuale e con intenti ben diversi.

Cyrus Ira
Selwyn

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Paura. Quella che lei aveva per lui quando era ubriaco. Una piccola parte di Cyrus non fu triste a sapere che lei lo temeva. Il timore è simile al rispetto alla fine, anche se più subdolo.
E fu il momento delle altre promesse vuote. Gli dava quasi fastidio doverle mentire. Ma bastava ed avanzava per rendere le cose più facili.
"Certo, smetterò di bere" lo disse come se fosse stato ovvio. Alla fine si avvicinò a stringerla quando le chiese di buttare l'alcool che si trovava in quella stanza. Prese la prima bottiglia disponibile e la stappò. Andò nel bagno della suite e la rovesciò nel lavandino. Il suono del liquido che usciva in tutta fretta dalla bottiglia era stomachevole, ma necessario. Era un sacrificio necessario alla sua storia. Doveva tenere la bugia anche se a vedere il contenuto della bottiglia gli piangeva il cuore.
Perché gli piaceva bere, anche se era stato negli anni il modo in cui lui poteva muoversi intorno a quel trauma, ma era diventato un piacere.
Lui funzionava bevendo.
Una volta svuotata la bottiglia avrebbe stretto Dorothea a se, forte. Mise la fronte sull'incavo della spalla di lei ed iniziò a baciarla. Le baciò sofficemente le labbra prima di darle piccoli dolci morsi sulle stesse. Sapeva che la facevano impazzire. Accarezzò lento la schiena passando le dita sulla sua colonna vertebrale. Aveva voglia di spogliarla da subito, ma doveva attendere quel momento finché lei non fosse stata sicura di quel che voleva.

Cyrus Ira
Selwyn

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Le ricordava le cose che le aveva fatto. E ne provava vergogna.
Non era buono a fare quello che faceva. Ma era il suo contro effetto. La sua punizione per la ricerca delle cose facili, delle soluzioni al dolore che non comprendeva.
Era incazzato, ma non poteva incazzarsi con lei. Lo diceva perché sapeva che quello era il suo bene.
Aveva provato negli anni a non bere. Ci aveva provato qualche volta, ma i ricordi tornavano forte. Le ansie anche di più.
Urlò dalla frustrazione, tirò un pugno contro il muro. La nocca iniziò ad essere fredda ed a giocciolare cremisi.
Era stanco di fingersi il marito bravo. Na l'avrebbe fatto ancora. Poteva mentire per quella volta, dire che sarebbe diventato migliore, un marito degno.
Di solito funzionava.
"Migliorerò, perché sei più importante e perché devo essere migliore, per te." le disse pacato e tranquillo, credendoci come sempre.
Erano le solite promesse trite e ritrite. Doveva solo ricordarsi di controllare la questione alcool per un poco. Era bravo a volare basso dopo quelle sfuriate inutili di Thea.
Perché questo erano spesso. Sfuriate completamente inutili.
Un paio di notti insonni ed un poco di più di risse avrebbe risolto la questione. Ubriacarsi a casa era più comodo quando lei non ronzava come una mosca intorno a lui.
Per prima: l'ammissione di colpa calcolata.
Il tono di Cyrus si fece più mansueto, serio ed accomodante, in modo da obbedire al primo desiderio di Dorothea.
"hai ragione, ti ho trattata come un'oggeto e ti ho dato per scontata" le colpe che gli sembravano più gravi ai suoi occhi, sapeva quanto voleva sentirsi la regina più importante.
Le carte del divorzio. Lei le aveva preparate per l'ennesima volta. Non era un problema, bastava rovinarle e cancellarle dal computer un'altra volta.
Come suo solito si avvicinò a Dorothea con gli occhi più mansueti possibile e lentamente, dolce, per stringerla in un'abbraccio per proteggerla.
"Ti amo Thea, sei l'unica per me" disse in un sussurro alle sue orecchie. Sapeva quanto era convinta che qualcun'altra potesse sostituirla, quando lei era la sola a permettergli di vivere e distruggersi come preferiva.
Perché le volte in cui la forza non serviva era utile toccare corde più dolci e divenire da cemento una melassa in cui intrappolarla senza che se ne accorgesse. Per un secondo pensò "devo fare più attenzione, prossima volta prima di venire un poco di più di profumo. Così copro l'alcool".
Perché era divenuto tanto una via di fuga quanto un frutto proibito.

Cyrus Ira
Selwyn

37– Weird Accent – Former DCMC – Man of Letters – Brother – Hakka – Spirit Perciever

Come sempre la vista delle sue sorelle poteva dimostrarsi incredibilmente attenta a dettagli che non erano conoscibili ai più, figurarsi ad Archer che, dopo una vita con solo i suoi di ricordi, si trovava con altri pensieri nella mente. Avere sorelle oracoli rendeva la cosa anche più complessa. Perché sapevano bene che cosa succedeva, ma non nei dettagli infinitesimali di quello che circondava il problema.
"Dritta al punto, come al solito" disse senza neanche un istante per stupirsi. Sapeva che era così ed in parte lo ringraziava. Detto questo per un secondo rimpianse di averle dato la possibilità di notarlo senza che lui potesse introdurla.
"Mi sono capitate delle visioni, e mi capitano sogni. Ne ho parlato prima con Rex e quel giorno ho avuto una visione più importante. Ho solo ricordi poco specifici, ma credo di essere un mago molto antico" disse con un tono di voce neutro. Si era preparato il discorso, aveva deciso di essere il più possibile neutrale nei toni e nella sua solita musicalità perché sapeva che sarebbe intervenuta l'emozione. Lo disse come se fosse la cosa più normale del mondo, perché per il momento voleva che lo fosse. Il guanto Motore, l'energia che tutto permea, la possibilità di mettere una parte di sè in un oggetto, la sua gioia a riguardo per il piacere di un processo incredibilmente complesso.
Erano cose nuove, ma così antiche da trascendere il tempo.
"Il nome Xoya del Guanto motore, ti dice qualcosa?". Il nome che aveva sentito rivolgersi nelle visioni dai suoi amici, o erano colleghi, oppure fratelli? Non sapeva bene come incanalare quei nomi e quella fratellanza in modo ben chiaro. Legami che erano di natura strana e legavano i destini con nodi che non erano decifrabili a tutti, ed in particolare a lui che il futuro aveva deciso di lasciarlo da parte per concentrarsi sull'ora e su quello che si può fare.

Archer
Bishop.

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E quando finalmente aprì la porta iniziò a parlare a raffica, come spesso faceva. E la cosa lo feriva sempre. Ma come un cane ferito non poteva permettere a Dorothea di fargli male con quelle parole che erano pesanti come macigni e appuntite come proiettili che lo distruggevano.
Perché lui era un mostro, una persona orribile, ed ogni volta era quella la situazione. Perché non funzionavano in modo normale, funzionavano a suon di dolore. Si facevano male a vicenda per sentirsi vivi dentro, solo che non lo sapevano. E Cyrus perdeva, ma non poteva ammetterlo. Le ansie tutte in un colpo solo, l'apatia, l'aggressività che sentiva dentro di lui con una forza straziante artigliare al suo petto, i sensi che si ritiravano nella mente, quando la testa era troppo pesante.
Chiuse la porta.
Fece un altro respiro per controllarsi, il fuoco dentro ormai pervadeva tutto il suo essere. Altre volte avrebbe sfogato la sua frustrazione su Dorothea nei mille modi che aveva appena descritto nel suo essere sempre la vittima perfetta, e mai l'istigatrice. Ancora anestetizzato la domanda esce quasi sbagliata, quasi errata, ma è l'unica spiegazione che può avere Cyrus "Chi è lui?" perché deve esserci un lui, qualcuno che ti ruba a me e che ti sta traviando.
Cyrus è il vincitore, e qualcuno gli sta rubando il suo bene più prezioso in quel modo subdolo in cui è il bene stesso ad andarsene via dalle sue mani, in cui potrebbe proteggerla. La frustrazione e l'ira montano lentamente, ma costantemente mentre sente Dorothea parlare e parlare.
Risponde alla domanda
"Voglio la mia cazzo di moglie, che magari non mi tradisca con qualche stronzo sarebbe meglio. Se no voglio lui e un tirapugni"

Cyrus Ira
Selwyn

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Ed eccola, finalmente una vista dolce dopo giorni e giorni. Cyrus si placò per un'istante solo. Almeno sapeva dov'era e cosa succedeva. Fece un respiro più profondo, per quanto fosse possibile nel suo stato. Stava cercando con tutto se stesso di non cedere a quell'ira che ribolliva da quando lei era andata via. Da quando l'aveva abbandonato per un altro.
Sapeva che era così, perché chiunque si sarebbe stancato di uno come lui, che era interessante e divertente solo quando beveva quel giusto di Alcool.
Per il momento Cyrus era ancora in equilibrio prima dell'autodistruzione. Ma era ben vicino a perdere la pazienza, e non si piaceva neanche lui quando perdeva la pazienza. "Apri per l'amor del cielo e parliamo" Perché qui ci ammazzano se litighiamo fuori dalle stanze. Non erano in un posto normale e se Dorothea fosse stata un minimo intelligente lo avrebbe ben saputo.
Una volta che fossero stati dentro la stanza avrebbe chiesto cosa succedeva e cosa poteva fare, ma in quel momento Dorothea si stava comportando da bambina viziata ed era suo compito sistemarla prima che facesse cose di cui si sarebbe pentita. Una di queste era farlo arrabbiare di più. Non l'avrebbe toccata perché sapeva che, pur essendo la cosa più giusta, non avrebbe portato effetti utili in quel momento ed in quella occasione. Era ubriaco, ma non stupido.

Cyrus Ira
Selwyn

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La rabbia era palpabile da tempo. Aveva perso il controllo più volte in quel periodo e forse se ne stava quasi pentendo.
Questo però era stato un'affronto troppo evidente, troppo ovvio. Lei gli nascondeva qualcosa, e sapeva che quando lei iniziava ad insinuarsi lontana dalla sua vista e dalla sua vita era ancora più pericolosa. Perché non si faceva altro che ripensare alle sue mancanze, alle sue perdite ed alla sua fragilità.
Non era fragile, era fatto per comandare. E quando lei disobbediva doveva essere debitamente punita. Era un'assioma ineluttabile. Lei rompeva la loro relazione ogni volta che lo infrangeva. Fedele nella buona e cattiva sorte si erano detti, e poi lo tradiva nella cattiva sorte.
Sapeva le regole dell'Imperial, sapeva che l'avrebbero notificata che un Signore la voleva in quella camera che aveva preso. Non gli interessava, come al solito, nulla.
Aveva deciso il da farsi. Aveva scolato una bottiglia di bourbon per calmarsi, ma non era servita a molto. Continuò a procedere, consapevole che l'odore di Alcool e di sudore avrebbero fatto capire subito a lei cosa stava per accadere. Ma a Cyrus non interessava.
Il suo corpo si muoveva per lui in un'incanto di fasci di muscoli e di intenzioni tutt'altro che adatte a parlare con la propria moglie. Forse avrebbe anche parlato, ma non ne era del tutto sicuro. Di sicuro il suo animo bolliva di quell'ira che, come sempre, portava a pessime idee.
Nulla di nuovo.
Bussò alla porta dicendo una sola parola, che era quella necessaria. "Apri". Il resto sarebbe venuto da sè.

Cyrus Ira
Selwyn

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In un solo gemito, all'invito del secondo shot disse un veloce e quasi aggressivo "Dammi", in quel momento era troppo occupato a sentire il suo corpo muoversi. I sensi per un poco si alleggerirono, persero per pochi istanti quella finezza e quella precisione tipica di chi analizza tutto per abitudine e per vizio.
I suoi sensi erano concentrati nel vedere sopra di lui Dorothea che urlava e godeva del suo nome. Non gli interessava troppo altro. Era occupato, come suo solito, a usare il corpo di Dorothea per annebbiare i suoi pensieri più brutti. Perché quelli erano il problema vero. Erano il demone senza nome e senza forma che si muoveva subdolo nelle loro vite e le distruggeva.
I pensieri erano il problema, ed affogarli la sola soluzione per sistemarli. Una volta che lei avesse rimesso il sakè in quella dolce Conca avrebbe di nuovo attinto a lei per bere, e sentire i pensieri svanire. Il corpo di Cyrus era fatto per quello alla fine. Non era un'uomo di parole, se non fossero insulti, ma era di fatti.
Mentre continuava a dare a Dorothea quello che lei implorava iniziò a gemere e sussurrare il suo nome, quasi come una nenia per calmarsi "Dorothea... Dorothea...Dorothea...Thea...Thea...Thea...Thea..." Salvami da quello che sono quando esagero. Un'urlo, un gemito più forte. I muscoli che portavano a spasmi, il segno che la cavalcata stava finendo. E di nuovo esplose dentro di lei. In un'urlo un "Oh... Thea... Thea..." continuò ad esplodere dentro di lei, a gemere e stringerla il più possibile. Un ultimo gemito mentre concludeva e crollava, ora stanco, sul divanetto. La leggerezza che aveva già provato, quella dolce nenia per i suoi sensi. Avrebbe dormito volentieri, ma non era il caso. Prese dei fazzoletti da porle. Era il momento di stare tranquilli, in cui erano loro senza i pesi del mondo addosso. Il sacro momento in cui avevano raggiunto il nirvana.
Le mise un dito sulla bocca in quel modo grossolano che sapeva lui "Shhh, goditi il momento". Non era detto con cattiveria, ma con sicurezza. Era giusto che entrambi potessero assaporare a pieno quel momento dopo il piacere, per farlo sciogliere. Si accoccolò a lei in un'abbraccio che potesse proteggerla da tutto, anche da quel lui peggiore. Un sussurro sulla punta delle labbra, mentre era stretto a lei "Ti amo" appena accennato, prima di un bacio, dolce, senza altri fini se non quello di toccare le sue dolci dolci labbra.

Cyrus Ira
Selwyn

Sheet | Aesthetic | NY Accent | Look | Music | Voice

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Cyrus rideva come un ossesso. Adorava quando riusciva a far arrabbiare sua moglie in quel modo, con quel "Non hai bisogno di un nome fasullo!" aveva ottenuto il miglior possibile intrattenimento della serata. "Quando ti arrabbi sei splendida amore mio bello come il sole dopo una lunga notte". Ed era smielato, sapeva bene che bastava poco per toglierle le armi dalle mani nella lotta, qualche parola dolce, qualche attenzione in più, più freni alla lingua ed alle mani.
Nel momento in cui arrivarono al bancone, scoprendo l'alcool gratis Dorothea fece qualcosa che a Cyrus provocò diverse reazioni.
La prima fu di ira. Non poteva rubargli l'alcool che si era guadagnato con la stella che aveva trovato. Strinse il pugno, ma sapeva che era quello che lei voleva.
La seconda fu invece orgoglio. Lo stava sfidando, faccia a faccia come non faceva da un po' di tempo. Sorrise con il suo miglior sorriso sornione. Era sicura di quello che voleva e quello che voleva era sfidarlo. Fece passare la lingua sui denti a labbra chiuse sempre con quel sorriso che faticava a staccarsi dal suo viso.
Ora era del tutto interessato al prossimo trucco che aveva in serbo per lui sua moglie più di altro. Per quell'istante i rumori e le ansie potevano andare in secondo posto.
"Ed adesso, signora Whatley, che cosa vuole fare di bello? Rubarmi altro Alcool?" disse mentre pagava per il prossimo bicchiere sorridendo a sua moglie.

Cyrus Ira
Selwyn

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La funzione di una stella era di solito quella di indicare. Ma era nascosta, probabilmente faceva parte di quelle cose che facevano parte della festività.
Avrebbe poi chiesto al bancone al prossimo giro.
Per il momento Cyrus stava inziando a sentire il bisogno di rilassare le ossa ed i muscoli. E, purtroppo per tutti, non poteva aproffittare di sua moglie per sciogliere le tensioni nel dolce piacere dell'orgasmo.
In quei momenti aveva bisogno del supporto di sua moglie, ma non poteva dirlo. Lui proteggeva, lei non ne aveva il compito. Il compito di Dorothea era parlare ed essere bella, cosa che era automatica.
"Si, si mi ricordo, Lavinia. Io sono John Wholey per tua informazione" disse con tono stanco. Per un secondo sorrise alla battuta che aveva fatto involontariamente. Mentre lei era What, lui era Who.
Una volta risalito con la stella alla mano avrebbe dato segno di quella voglia che lo pervadeva ogni volta che vedeva Dorothea e le sue forme sinuose, quella di scartare il suo pacchetto e di mangiarla in quel momento. Lo fece nel modo più maschilista possibile, accarezzando il suo fondoschiena perfetto e poi tentando un bacio veloce.
Non gli piaceva la folla, anche se gli piacevano le festività. Scortato da lei andò al bar chiedendo cosa permetteva quella stella. "Oh, drink gratis? Ottimo!" Disse con un altro sorriso. Le festività si presentavano come promettenti. Ordinò per se e per Dorothea un bicchiere del loro miglior scotch per brindare al natale in arrivo "al dolce natale, al bianco natale e a te che sei bella anche fuori dal natale!". Era un brindisi brutto, ma a Cyrus fregava ben poco degli standard dei brindisi americani, inglesi o irlandesi.

Cyrus Ira
Selwyn

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E continuò a bere da quella fonte. Era effettivamente stanco in quel momento, ma la libido stava superando la fatica. E sapeva quanto era facile prenderla ed ogni giorno si arrendeva prima. E lui ne approfittava sempre di più. Ormai del tutto inebriato dalle parole di Thea, continuava a leccare il suo corpo coprendolo anche di baci. Perché quello lo sapeva fare bene, Dio se lo sapeva fare bene quello.
Non voleva ammettere il fiatone che aveva e che non si era ancora ripreso del tutto, ma la libido stava diventando motore più di quanto gli piacesse ammettere.
Era il suo modo di dominare e gestire quella stessa libido il modo malsano che avevano di amarsi. Un modo fatto in parti uguali da liti, insulti e sesso sfrenato. In tutto questo l'ultima parte era l'essere genitori di qualcosa di meglio di loro, non che ci volesse molto ad essere migliori di loro. Perché si amavano, sotto sotto, lui lo sentiva che quello poteva essere considerato amore in qualche modo, in qualche mondo. Il suo impegno, come sempre era renderla felice e protetta, quello era uno dei modi in cui lo sapeva fare.
Le mani scivolavano lente sul corpo di Dorothea mentre lui si stendeva sul divano. Almeno potevano godersi la cosa un po' per uno.
Prese sua moglie per i fianchi guidandola verso la sua voglia e facendo entrare la sua virilità dentro di lei sollevandola e facendola saltare con ritmo lento e costante. Una volta che il ritmo fosse consolidato avrebbe usato le mani per stimolare e pizzicare i suoi capezzoli e passarli tra le dita.
Sapeva che erano un punto sensibile, e sapeva che alternare il ritmo dei suoi colpi dal basso al gioco che faceva con le dita era ricetta sicura di un altro orgasmo assicurato.

Cyrus Ira
Selwyn