Carried From The Start

Josh/Morgan | 3 Dicembre

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    Parcheggio la moto abbastanza vicino, è meno riconoscibile della mia macchina e con il casco, gli occhiali, anche io lo sono. Il rombo dell’ultima accelerazione diventa quel ribollire costante del motore prima che lo spenga, niente dieci minuti ad ascoltarla adesso, non ho tempo per queste stronzate da ragazzino che si compiange. Anche se vorrei, perché questo suono mi rilassa. La vibrazione lo fa, l’alta velocità che mi fa sentire parte dell’asfalto stesso e poi divento la strada, divento la moto, lei diventa me, tutta un’unica cosa senza pensieri.
    Ma no, tutto ciò è per dopo, per quando sarò sulla I-287.
    Questa è un’altra di quelle tappe veloci prima di andare al bunker, non che stia trovando cose utili a parte una marea di conoscenze mitologiche sui cazzo di Banditori ma va bene così. Continuerò, non posso fare altro. Spero solo che dall’altro lato si risolva qualcosa e nel frattempo io immagazzino cose che magari, non si sa mai, un giorno mi torneranno utili.
    Almeno da quest’altro lato sto facendo qualche progresso in più.
    Mentre arrivo alla porta slaccio il casco, riallacciandolo poi così da tenerlo appeso al polso, con l’altra mano tiro su gli occhiali. Busso e prendo le American Spirit dai jeans, tirandone fuori una coi denti direttamente dal pacchetto. Aspetto e l’accendo, so che si può fumare quindi perché perdere tempo inizio di già. Mi chiedo quanto sia palese che ho fretta, in questo periodo, una fretta atavica, una fretta che mi vive nelle ossa. Forse ancora di più rispetto a quando il patto stava scadendo.
    «Ohi,» saluto con un mezzo sorriso appena apre la porta, «Come va?» Entro sputando il fumo fuori prima di varcare la soglia, un automatismo inutile visto che fumerò anche dentro ma non importa. Abbasso la voce per continuare e anche questo lo faccio in automatico. «Ho informazioni sul tuo nuovo amico.» Gli lancio un’occhiata poi, una che lo osserva e lo studia per un attimo, le sue condizioni fisiche più che altro, quelle mentali credo siano una diretta conseguenza, per lo meno in parte.

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    Vorrei solo che le cose non andassero in merda a pochi giorni dal matrimonio. Il nostro è un cazzo di punto instabile su una linea anche troppo tesa.
    Non c'è equilibrio dopo la nebbia, dopo il mio braccio, dopo quei ragazzini fuori dalla porta. Non c'è spazio per altre spinte ai fianchi, quando il dialogo con Morgan è bastato a rischiare di minare tutto.
    Perché io so sempre cosa pensa Chrys, e so come ha saputo demolirsi solo perché all'inizio, quella fottuta mezz'ora, non l'ho coinvolto. Non si fida, ancora.
    Quindi non mi pare neanche di chiedere una fottuta grazia, o qualcosa di impossibile. E va bene, lo so che con me le cose vanno sempre male, ma cazzo se mi sto impegnando perché questo matrimonio sia qualcosa di oltre. Oltre lo schifo, oltre le nostre vite, oltre il modo in cui sapremmo rovinarlo appena finirà. Oltre tutto.
    "Ehi" ma non dico di no a Morgan, che mi si presenta al portone. Non lo tengo distante neanche quando ancora so bene che non esistono visite di piacere tra noi. La tregua esiste, si, ma non ci siamo mai impegnati ad arrivare già al momento in cui ci scriviamo per sentire come cazzo stiamo. E, cristo, spero non accada mai. Significherebbe che sto parecchio male e no, non voglio più stare così male.
    Chrys non c'è, cazzo riderei se non fosse che i giorni stanno volando, che mi sembra ieri che con Morgan abbiamo stretto quell'accordo, quella cosa.
    Così in fondo già lo so cosa vuole dirmi, quando prendo un respiro e mi ricordo che no, il mondo non si fermerà solo perché lo voglio io. Non smetterà di piovere merda dall'alto, solo perché ho chiesto dei cazzo di giorni di pietà. E se mi va tanto di culo, probabilmente il mondo finisce che siano in Finlandia. Merda. Quindi si, magari non sprizzo gioia da tutti i fottuti pori, ma penso vada bene anche così, che lui non la chiede e io non so darla.
    "Puoi dirlo anche ad alta voce, Alice è fuori con Chrys oggi.." anche se vorrei che non lo dicesse e basta. Lo vorrei mentre richiudo il portone, mentre gli faccio strada lungo il salone, il piano bar, le bottiglie che si sommano tra piene e vuote. Tutto in quell'ordine casuale in cui Chrys ha sempre vissuto e che io, adesso so di amare.
    "Immagino sia troppo, sperare che sia già morto.." così, tanto per credere agli ufo. Questo mezzo ghigno non me lo toglie nessuno. Espiro, lento.

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    Lo seguo in salone, figuriamoci se uno come quello muore così, dal nulla. No, quelli come lui non muoiono e basta, vengono uccisi. Come Slater, come Sirthareth, credo che siano tutti dello stesso club dei villain del momento.
    Chissà se anche lui ha il mantello.
    Lancio un’occhiata a Josh si sfuggita mentre mi lascio andare sul divano tornando bene indietro con la schiena. «Whiskey?» Non m’importa proprio che sia mattina, io faccio colazione col caffè corretto comunque. E penso che orma Joshua l’abbia capito che ho un po’ di problemi con l’alcool. Cioè, uno che va in giro con una fiaschetta ha per forza problemi con l’alcool.
    Anche se, se me lo chiedessero, io non ho alcuna dipendenza.
    Whiskey? Cocaina? Ma quando mai. Non sono così attivo, sveglio, in piedi e non a compiangermi in un angolo di casa mia, solo perché mi sono tirato un paio di strisce prima di uscire. Proprio no. Anche se vorrei concedermi il permesso di dirmi che non sono imbattibile e ho bisogno di un po’ d’aiuto, ma no, non lo farò.
    Poggio il casco accanto a me sul divano e ci lascio dentro i guanti che sfilo dalle mani.
    «A quanto pare hai avuto un incontro ravvicinato con uno scienziato pazzo a capo del Tempio del Popolo versione distruggiamo mondi,» mentre parlo mi alzo di nuovo solo per individuare con gli occhi un posacenere e portarmelo sul divano quando torno a sedermici. Traduzione: «È un fisico che se ne va in giro con armi di distruzione di massa a… beh, non so come, ma sì a distruggere pianeti o giù di lì. E ha un seguito, non so quanti.»
    Non so perché la gente faccia sempre così fatica a capirmi quando parlo per battute, ma pazienza, certe cose devono essere comunicate in modo comprensibile.
    Un tiro veloce interrompe solo per un momento il discorso, sbuffo insieme alle parole successive, «Non è uno facile da uccidere a quanto ho inteso, però la mia fonte dice che, secondo lui, non lavora con Slater.» Che è sia una cosa positiva che una cosa negativa. Sarebbe stato bello scoprire un alleato di Slater, ma insomma, chi siamo per pretendere cose del genere dall’universo insomma.
    Blocco la sigaretta tra le labbra per togliermi la giacca adesso, lasciando anche questa accanto a me sul divano. Sistemo la fondina da spalla per il revolver che si intravede sotto la camicia, tirandola un po’ verso il collo. Quanto cazzo odio New York che non permette il porto visibile. Tanto, ecco la risposta, tanto.
    Riprendo la sigaretta tra pollice e indice, allontanandola dopo un tiro e un soffiare leggero del fumo. «Però, ti devo fare una domanda.» Non aspetto troppo, senza troppe cerimonie, premesse, roba che mi faccia perdere tempo quando devo essere al bunker sempre il prima possibile e andarmene il più tardi possibile. «Quanto vuoi la tua vendetta da zero a dieci? Perché posso fartela avere.»

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    Whiskey. Ed ho già una mano che si allunga verso la bottiglia giusta, un po' ampia sul fondo, qualcosa che Chrys ha comprato probabilmente millenni fa. O forse quando io ero in tour.
    Ma so che non gli piace, quindi non me lo chiedo, prendo solo due bicchieri nel trascinarmi verso la mia poltrona, e posare tutto sul tavolino. Niente sottobicchieri, sono proprio una merda. E faccio caso a queste stronzate per ragioni che non conosco, che forse è meglio io mi concentri lì, piuttosto che sul fatto che non ci sono buone notizie.
    Almeno non abbastanza buone da vedere Missing già morto, ingannato dalle sue stesse trame.
    Riempio i bicchieri. Non chiedo un cazzo, ne mando giù uno come niente, che ho già idea di come andrà. Cristo, sarebbe il colmo se uno di quei sigilli del cazzo lo avessi spezzato io, quando ho deciso di sposarmi. Così perché la quantità di merda che sta girando qui intorno è aumentata da quel giorno preciso. Vaneggi del cazzo.
    Sposto lo sguardo su Morgan, lo so cosa fa, so come analizza, lo sento sulle pelle quando qualcuno mi guarda più a lungo di quanto vorrei. Sono vivo. Sto. Non ancora bene, ma sto. Ormai devo tenermi in piedi perché tra pochi giorni mi prenderò qualcosa che non ammetterà errori. Non stavolta.
    "Cristo" beh il cazzo di filosofo dimensionale era proprio quello che mancava al mio quadro di stronzi. E si, si lo sento il fastidio alla bocca dello stomaco, punta proprio dritto al centro, preme e stringe malissimo.
    "Si beh la sensazione che mi abbia risparmiato per..." Pietà? Compassione? Perché sono un cazzo di debole? ".. disinteresse, un po' ce l'avevo" e non è che sia una cosa di cui mi piace parlare, proprio per il cazzo, ma ci siamo, e lui lo sa. Insomma, ovviamente non mi è passata.
    "E adesso si spiega come cazzo abbia distrutto la maschera. Non sono cose che si spezzano facilmente, è la nostra fottuta identità" che mi parte il nervo adesso, e riempio ancora i bicchieri, e chiudo gli occhi nel mandare già un'altro sorso, così da lasciare che quasi neanche bruci. Non quanto lo fa se tocca il mio orgoglio.
    "Devono mettersi in coda, un distruttore alla volta." Lo dico senza guardarlo, tenendo gli occhi per un po' su quel bicchierino fermo tra le dita, ora vuoto di nuovo. Non è mai finita, è un continuo circolo del cazzo per cui neanche un secondo si può respirare e beh, questo è tutto. La mia identità.
    E' la domanda che mi spinge a guardarlo di nuovo, ancora ricurvo sulle gambe, a respirare come se mi avesse chiesto se voglio morire oggi o domani. In fondo non è questo il punto di tutto?
    La voglio la mia cazzo di vendetta? Dio, si. Si nel modo in cui è un ringhio il primo a muoversi, lento, basso, che parte dall'anima. Ho sempre bisogno della vendetta, è la mia fottuta amante e no, non so neanche quanto sia giusto. Che dovrei dire no.
    No, per Alice che qualunque merda io attiri, la mette in pericolo.
    No, per Chrys, che andrebbe fuori di testa se io mancassi il bersaglio una seconda volta, perché lo so che un fallimento ora chiama la morte.
    No, per Edie, il che mi lascia fermo su Morgan un po' di più: lo sa cosa cazzo mi sta chiedendo, lo sa anche se stringo le labbra e mi costringo a pensarci. Come se servisse, cazzo.
    "Credo che non sia in scala di dieci." Ed è un'ammissione di colpevolezza, in pieno, che mi lascia fisso sempre sul quando lo dirò a Chrys, perché lo farò, gliel'ho giurato. "Come puoi fare?"

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    Mi allungo verso il tavolino a prendere il bicchiere. Probabile che fosse per disinteresse ma mi sembra strano comunque; gli psicopatici sono facili da comprendere, e fanno le cose per poche motivazioni. Per gioco, per noia, oppure per curiosità. O perché hanno qualche obbiettivo personale, ma insomma, siamo lì comunque. È tutto un gioco per loro.
    In ogni caso, non vale la pena interrogarsi su uno stronzo che morirà presto. Almeno spero. Spero che Eså ce la faccia e ci tolga dalle palle questo problema in più.
    Prendo un sorso e in automatico mi pare una riflessione, nel retro della testa, su questa fissazione di Joshua per la sua maschera. Un po’ come io ce l’ho per la mia macchina. Mi ricorda quello che ha detto Daniel sugli oggetti, persone come Slater che reputano degli oggetti parte della loro identità. Non so se voglio andare a guardare fino alla fine dove mi porta questo ragionamento.
    Tiro nicotina fin dentro i polmoni.
    Sarebbe carino se prendessero il numero sì, ma visto che non lo fanno, tocca a noi fare il lavoro sporco. Uno per uno, possiamo dividerceli più o meno equamente a me in fondo non interessa se non per quei due nomi su cui continuo a sottolineare la bandiera che ci ho messo sopra.
    Anche se io, me e me medesimo, sappiamo benissimo che questo non è vero.
    Ma lasciamo stare, questi sono discorsi da fare di fronte ad uno specchio.
    Prendo una cosa per volta comunque, soprattutto in momenti come questi. Allungo il braccio col bicchiere sulla spalliera del divano, alzando un po’ il mento mentre guardo lui. «Il ragazzo da cui ho avuto queste informazioni lo vuole uccidere, ci ha avuto dei trascorsi particolari» che nemmeno io so quali siano, ma non era importante chiederlo. Io non mi metterei a raccontare al primo che capita che Slater ha ucciso tutta la mia gente una volta e poi ha cercato di farlo di nuovo, in un’altra dimensione. Non mi metterei di sicuro a raccontare di quello che mi ha fatto Sirthareth all’inferno.
    «Noi non rubiamo le vendette altrui,» lo do per assodato nel momento stesso in cui lo dico, anche se c’è un noi che precede tutte queste parole e in realtà, proprio perché c’è quel “noi”. «Ma sospettavo che ne volessi una fetta anche tu e quindi diciamo che gli ho chiesto di spartircela, una specie di accordo: a lui il colpo di grazia, a te qualcosa prima, quello che vuoi.» Questo è quello che faccio per chi reputo all’interno della mia famiglia. Questo e altro. Proteggerli tutti, anche lui, e tutto ciò che li riguarda ed è importante. La vendetta lo è. La vendetta è sacra.
    Gesticolo distrattamente con la mano che ha tra le dita la sigaretta, «Il nostro Ron Hubbard qui è molto pericoloso a quanto pare, ma qualcosa ce la si può inventare,» la porto alle labbra per un aspirare rapido che non crei una pausa troppo lunga, «Per questo volevo organizzare un incontro, se a te sta bene, con il mio contatto, tu e Chrys se vuoi. Ne parliamo, ci mettiamo d’accordo sul da farsi, vediamo un po’ com’è la situazione insomma. Che dici?»

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    Resto fermo, anche quando vorrei solo masticare nervosamente ogni centimetro di questa casa. La conosco come le mie fottute tasche, e non posso farlo, non posso perché non servirebbe. Perché adesso ogni cosa deve restare in equilibrio, sulle mie spalle. Decisioni, bivi, problemi del cazzo: tutti che si sommano e ci sono sempre io sotto a tenere in piedi quello che resta di giusto nella mia esistenza. Chrys, Alice, la famiglia.
    Magari non la intendo come la intende Morgan, ma cazzo se conta come i miei respiri.
    E' per questo che non voglio neanche chiedermi come sia venuto a conoscenza di quel "ragazzo" che ha lo stesso un problema con Missing. Siamo troppi e non penso di essere l'unico a pensarlo e no, no questo non mi piace. Io non lavoro in squadra.
    Quindi trattengo il silenzio, finché la vendetta non torna il piatto principale, allora questo bicchiere lo appoggio piano al tavolino. Mi fisso di nuovo, lì, come se ci fosse scritto qualcosa su fondo. Ma neanche voglio saperlo, tanto è merda, e quella preferisco sia un imprevisto.
    "Il classico che semina vendette perfino respirando" Tanto per dire che non me ne frega un po' un cazzo del codice che usa, siamo già in tre a quanto pare a volere la testa di questo fisico, e va beh, sicuro siamo anche molti di più. Non la faremo la gara a chi arriva primo alle sue spalle con un'ascia.
    E si so anche che Morgan non me lo ha chiesto, ma la cosa che più so di volere è sempre la stessa, mi scivola veloce come una certezza, una conferma per me. "Il braccio destro.." con cui ha sparato ".. e la sua maschera" e lo so che non è adesso il momento in cui contrattiamo, ma perché lo sappia: è quello che voglio da Missing. E si, il braccio è un extra, un ricordo dei ragni del cazzo.
    "Dopo può fare il cazzo che vuole" e forse è perfino chiaro che non sto parlando con lui, non finché non mi decido ad abbassare un attimo il tono per qualcosa che non gli ho detto, sul momento. Che mi servivano le conferme del Fabbricante.
    "Sì. Ci saremo." E' facile adesso parlare per Chrys, "..ma dopo il matrimonio" che è invece la sola fottuta cosa che chiedo. Dopo, tutto dopo. E si adesso non me ne frega un cazzo che le cose abbiano un tempo, che questa sia una scelta egoista. Che forse davvero per la fine del mondo si contano i giorni, ma è proprio per questo che non voglio che niente lo fermi, lo blocchi, o lo rovini. Almeno un giorno lo ricorderò come il migliore.
    "Anche io ho trovato una cosa che no, beh, non rende un cazzo più facile" e ci mancherebbe, tanto che mi tiro su quel ghigno che ormai è solo un simbolo di sopravvivenza, la mia, scarsa come sempre.
    "Non ho toccato l'argomento perché, beh.." che fa male penso si veda ancora, non lo specifico, non sono un bambino bisognoso. ".. comunque, la maschera di un mago nero non è qualcosa che si rompe facilmente" Non la sto neanche prendendo così larga, ma almeno lo guardo mentre lo dico, perché ho la sensazione che per una volta riesca ad essere lui quello che mi prende sul serio. Che crede in quello che dico e nel modo in cui lo faccio. "E' costruita sul mago, sulla sua anima. Spezzarla significa.. perderne un pezzo." e ancora, il punto non è questo. "Ma il punto è che ognuna ha un potere, un senso ed uno scopo." Ok è una cosa che richiederebbe un sorso diretto dalla bottiglia, ma no, no io guardo lui e basta. "La mia era tarata su di te. Beh, su un'idea che mi ero fatto tempo fa, ti ho un po' preso ad esempio. E te la faccio breve, è uno specchio e non ci devi mai guardare dentro. Se capitasse di vederla, di..vedermi, tu chiudi gli occhi. Ti fa entrare in un loop mentale di rimpianti e te li tira fuori anche quando pensi di averli seppelliti e beh, magari ora neanche ha più presa dopo quello che potresti aver.. lo sai. Ma basta che ci sia una cosa che non ti perdoni, e la trova, e più la guardi, meno hai la forza di uscirne. Il problema-" e qui la cosa si fa una fottuta spina nel fianco. "- è che con Missing non ha funzionato. Ed è il primo che incontro che non ha un cazzo di rimpianto nella sua vita, non uno scheletro psicologico nell'armadio da tirare fuori. Zero, calma piatta. E' così che ha avuto lo spazio per colpire. Lo rende più pericoloso."

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    Il braccio destro e la maschera.
    Torna questa fantomatica maschera.
    Non che debba dirlo a me, questa è una di quelle cose da discutere con Eså. Ma intanto, comincio a chiedermi se anche Slater ne abbia una, di maschera. Se sia una di quelle cose su cui puntare, oppure se questa storia delle maschere non riguardi proprio tutti i maghi neri. Voglio dire, Zane non ne ha una che io sappia.
    Quando Josh continua però, quello che dice mi strappa violentemente da queste riflessioni. Soprattutto mi strappa un sorriso che prima inizia così, semplicemente, come un sorriso sempre più ironico fino a diventare una risata. Non lo prendo per il culo, è più auto-ironia, devo dire che l’ha tarata proprio bene su di me. «Oh cazzo,» lo dico tra i singhiozzi della risata che nonostante sia sveglia, quasi pungente negli occhi, rimane bassa. Agito la mano con la sigaretta davanti a me, «Scusa, non sto ridendo di te. È solo che… ci hai davvero visto giusto. Funzionerebbe molto bene anche adesso.» Soprattutto dopo l’inferno.
    Mi passo una mano sulla faccia con ancora il residuo della risata incollato ai lineamenti.
    Sarei stato davvero fottuto.
    La mano scivola fino al mento, scende sulla barba fino a tornare giù, «Voglio dire, tutti stanno lì a dire “cazzo Morgan sei pieno di sensi di colpa, li userò contro di te”,» faccio la voce grossa imitando quella di un cattivo dei cartoni, abbruttendo anche lo sguardo giusto per dare un tono più serio a tutta la questione. Quando continuo torno alla mia voce ed espressione normale, contagiata da ciò che resta dell’ironia della situazione, «Ma tu mi avresti davvero fottuto con quella roba.»
    Ovviamente i miei pensieri non si fermano solo a questo.
    Penso anche a quello che ha detto, riguardo all’anima e tutto, l’identità soprattutto. Doveva odiarmi davvero molto, Joshua. Devo ammettere che mi dispiace, come mi dispiaceva anche prima nonostante mi comportassi come lo stronzo che sono quando faccio finta che niente mi tocchi e tutto mi scivoli addosso. Ma è sempre tutto molto più complicato di quello che sembra.
    Faccio un respiro prendendolo dal naso per dare un colpo di assestamento al mio contegno e continuo, «Comunque, c’è gente – li chiamiamo psicopatici in modo informale ma lo sono davvero – che hanno problemi al cervello nel senso, cose che non funzionano come dovrebbero. No rimorso, no sensi di colpa, no empatia.» Tengo il conto le dita di una mano sui tre ultimi punti, prima di scostarla e usarla per avvicinarmi il bicchiere alla bocca, un piccolo sorso e continuo, «Può renderlo più pericoloso ma in realtà è anche uno svantaggio. Gli psicopatici sono impulsivi e si annoiano facilmente, alcuni non hanno un gran controllo sulla rabbia. Basta capire dove pungere e scattano, è questo il punto, e quando scattano fanno errori.»
    Mi faccio automaticamente più serio nel parlare di queste cose. In realtà non è davvero così facile definire il tipo di psicopatia di una persona, ma ci sono più o meno certi punti fissi che a volte aiutano. Tipo la domanda che faccio appena dopo, «Con che arma ti ha sparato? Era un fucile, un’arma lunga? A raffiche di colpi o a colpo singolo? O un’arma corta? Una semi-automatica,» fermo la sigaretta tra le labbra e mi piego laterale per mettere mano alla fondina sulla destra, tirandone fuori la 1911 Govt. La alzo per fargliela vedere, così che abbia un’immagine visiva e possa discernere meglio. «O un revolver?» Lascio il bicchiere per prendere il revolver con l’altra mano, nella fondina dalla spalla, facendogli vedere anche questo.
    Può sembrare una cazzata, ma dalla scelta dell'arma si possono dedurre molte cose.

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    Lo so. So che Faust funzionerebbe bene e si, in parte un po' tiro le labbra in quel mezzo ghigno che gonfia l'ego. L'ho studiato, ci ho lavorato, li uso bene i miei gettoni vendetta, se devo.
    Ora il problema è che con Morgan non devo più, ed è - a volte - come avere una catena al collo, molto corta. Si tira appena i pensieri vagano più in là.
    Tengo questo per me, in quel piegare la testa a lato e mostrarmi a lui per quello che sono, o che ero: una minaccia che avrebbe volentieri potuto sottovalutare. Cazzo è come guardare un anno di vantaggio, andarsene a fanculo. Ed è merito mio, sempre. Artifice del mio destino di merda, o anche no, non lo so più nemmeno questo.
    "Io te l'avevo detto di non sottovalutarmi. Volevo fotterti, eccome. Ma cazzo sembra una vita fa, adesso." ma un po' ne rido adesso, che in fondo che cazzo altro posso farci con questo? Nulla, non dopo che gli ho detto di chiudere gli occhi. Perché Lo Specchio adesso è di nuovo da me, posso richiamarlo se ne vuole una prova, ma dubito sarebbe qualcosa in grado di aiutarci. No, a questo punto non può più farlo. Né con lui, né con Missing che ne è fastidiosamente immune.
    "Diciamo che quando mi ci impegno, e sono motivato, non tralascio i dettagli. E comunque, funzionerebbe con te, perché funzionerebbe con me..." che i miei fottuti rimpianti li calpesto ogni mattina. Anche se no, non pensavo mi servisse un riconoscimento da Morgan, una parola in grado di dirmi che, cazzo, ho un valore anche come Corrotto. Uno che tendono troppo spesso a strapparmi di dosso. "Però fa bene al mio ego eh, quindi quando vuoi ripeterlo, non ti fermo" muovo piano le dita, non per richiamarla, solo per arrivare a riempire un bicchierino di nuovo. Mi tiro indietro per appoggiare la schiena del tutto, tirar fuori una stecca al mentolo, la accendo piano nel sentire cose che già so.
    "Sì, direi che Missing rientra tra quegli stronzi lì" psicopatici che spengono i sentimenti, che si gelano come iceberg al cui fondo però non c'è più niente, e quindi non c'è modo di prenderli per quello che io so usare meglio: il fottuto senso di colpa. In fondo pure Morgan me l'aveva detto, che non stavo facendo nulla se non far sentire in colpa Edie, per tutto.
    Prendo un tiro che rilassa piano i polmoni, non so più sopportare il sapore puro della nicotina, non dopo quel vapore di merda a cui mi sono convertito per la voce.
    Ricordare la sua arma è difficile, è un problema che trattengo in fondo agli occhi, come il ricordo che gli ho mostrato. E' stato tutto molto... veloce.
    Osservo l'armeria uscire dai ganci che si porta addosso ogni volta. E mi sforzo, lo faccio tornando serio. "Non era un revolver, ma non ho mai visto una cosa simile. Era di sicuro una raffica, almeno..-" e mi li conto addosso. Uno, per la maschera, uno per la spalla, uno per la gamba.. e forse erano quattro.."- quattro colpi. Ma erano ravvicinati, e poi ero piuttosto impegnato a perdere litri di sangue.." Ora di quelli non c'è più il segno, ma se passo sul punto giusto, immagino il foro con esattezza.
    "Grosso calibro, uno mi ha passato la spalla da parte a parte" e sono cose che nemmeno Edie sa, le spiego piano come farebbe chi non le ha vissute sulla pelle e devo, devo fare così per andare avanti, che non sarà questo a fermarmi, a spaventarmi ora che ho di nuovo Faust.
    "Penso non sia un Negromante. Come Chrys, dico. Gli servivano le nostre ombre, ma penso soprattutto la sua, per usare la negromanzia. Ma usa un tipo di magia corrotta che non è da tutti, almeno noi sappiamo anche quali errori non commettere due volte." E ancora è un tiro che mi riporta a lasciare che il fumo corra verso il soffitto, in un alone che mi dà già alla nausea.
    "Ma è vero, non è infallibile. Ha fatto un errore che noi non commettiamo" noi maghi neri, dico. "Ci ha lasciato in vita, testimoni si, convinto che questo crei la nomea che gli serve, ma in genere con un altro mago nero, o ti allei, o sei nella lista sbagliata" Come con Slater ora.

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    Io non sottovaluto nessuno; valuto coerentemente alle informazioni che ho.
    Ma lasciamo perdere questo discorso. Piego la testa, lo guardo un po’ così come se stessi raccogliendo qualcosa nella mia testa o fuori, non ha importanza in fondo. Molte cose hanno smesso di averla.
    Diciamo pure tutte, anche se ora sono qui a fare qualcosa che non ha nulla a che fare con quell’unica che, l’importanza, l’ha mantenuta. Ma è questo il senso di “andare avanti” anche se non c’è più una strada per farlo, fare e basta, senza pensare al perché, chiudere gli occhi e proseguire alla cieca. Penso che farei esattamente questo, sì, se dovesse succedere qualcosa che non può succedere.
    Sorrido a Joshua con un cenno della testa, come a dire che sì, è divertente, sicuramente lo farò, continuare a dire di quanto quella maschera mi avrebbe fottuto. Ma anche questo, non è una cosa importante.
    Rimetto nella fondina la 1911, poi la Smith & Wesson. «Una specie di misto tra un fucile d’assalto e un anti-materiale, quindi. Probabilmente proviene da un’altra dimensione, per questo non l’hai mai visto prima,» rifletto ad alta voce più che altro. «Armi del genere non le impari ad usare da solo, avrà un addestramento paramilitare o militare.» Utili conoscenze di profilazione, quelle due o tre che ho, servono davvero quando stai dando la caccia a cose che si credono persone e che la società reputa tali, e che quindi si comportano proprio come tutti gli altri.
    Torno a prendere il bicchiere, un sorso che fa da pausa, troppo corta comunque per esserlo davvero.
    «Gli psicopatici tendono ad avere problemi con le autorità, se ha lavorato in qualche organo militare sicuro avrà una carriera di note disciplinari. Posso fare una ricerca, giusto per sfizio, anche se non credo sia di questa dimensione.» Non farò io questa ricerca perché le mie conoscenze al computer si limitano a non so, aprire Tor per andare su findagrave.com e navigare in incognito quando guardo i porno. Ma insomma, non credo neanche frutterà davvero qualcosa ma tanto vale provare, come la maggior parte delle cose.
    Cambio in fretta discorso infatti, perché questo penso che sia finito.
    «Che tu sappia, Slater ha una maschera o un oggetto del genere a cui è legato in qualche modo?»

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    Rido, piano, più per la cazzo di sfiga che mi ritrovo. Che quando lo dirò a Chrys penso sarà d'accordo con me: ci mancava solo l'arma dimensionale. Come se quella nebbia non fosse stata già un problema, tra contaminazioni, ragni, e... beh quei ragazzini di cui non intendo proprio mai parlarne con Morgan.
    Non credo sarebbe qui a raccontarmi queste cose, bevendo quasi tranquillamente, se sapesse davvero quello che abbiamo fatto fuori dal Barber Shop. Per fortuna non ci sono tracce, per fortuna i nostri piccoli testimoni non ne ricorderanno nulla.
    Armi di altre dimensioni. Cazzo. Sul serio? Doveva capitarmi anche questo? Non mi bastava la fottuta piega che aveva preso la mia vita. "E lui la sa usare veramente bene" rimarco, masticando con calma il fumo che resta incastrato trai denti, come parole che dico a fatica. La chiudo qui, con la sensazione che se non fossi stato bravo abbastanza a ricucirmi per tempo, non sarei neanche qui a parlarne.
    Ma tanto siamo a posto no? Perché sappiamo che gli psicopatici hanno problemi con le autorità, quindi in sostanza un punto di partenza per rintracciarlo esiste. Stringo i denti.
    "Sì" Slater ha una maschera, e sì il suo nome è ancora un punto irrisolto nella mia testa, ricordo che questa è una delle conversazioni che devo tenere sull'altro binario di pensieri. Quello che non gli farei leggere. "Tutti noi abbiamo una maschera, ed in genere la usiamo sempre quando usiamo la magia nera a scopi... illegali." Però esistono obiezioni anche qui, punti ciechi che non ho mai visto prima che qualcuno me li facesse notare. Come un testo che ho sempre avuto davanti, ma che riesco a decifrare solo adesso. Merda. "Ma non ha mai attivato il suo potere con me, quindi non lo so cosa ci sappia fare. Ed il fatto che non la usi sempre, significa che non crede gli serva, non la ritiene utile in ogni occasione o, come Missing, vuole essere riconosciuto.. Io, non me lo sono mai chiesto." Non mi sono mai chiesto un cazzo e non gli ho mai chiesto un cazzo, avevo solo bisogno che mi addestrasse, che mi preparasse ad uccidere Morgan, e controllare la corruzione. Ma Morgan è vivo, quindi palesemente nel mezzo c'è stato qualche problema, ed il fatto che ora non lo voglia morto, alimenta la cosa. "Di lui non so nemmeno il vero nome" perché Slater è come Faust, ma dietro Faust c'è Josh.

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    Non credo proprio che Slater voglia essere riconosciuto, in alcun modo. Se non in determinate occasioni, ma per quello preferisce mandare messaggi decisamente palesi che lo urlano, lo urlano forte, che è stato lui.
    Scuoto la testa in un cenno casuale, portando gli occhi sul bicchiere prima di prenderne un sorso.
    Avevo quasi dato per scontato che Slater fosse il suo vero nome. Come chiunque immagino lo darebbe per scontato per “Shaw di Dhomar”, sapendo che vengo da un’altra dimensione. Ma quasi, perché una delle prime regole della caccia è non dare per scontato niente. Anzi, è una delle prime regole di qualsiasi investigazione, dopo il Rasoio di Occam. Un’altra cosa che tengo ad utilizzare spesso quando ragiono.
    Accartoccio il mozzicone nel posacenere e ci fisso lo sguardo contro ancora per un po’, mentre inizio a parlare. «A lui non importa della fama o di farsi una nomea. Se non la usa è solo per utilitarismo, o non l’ha ritenuta necessaria oppure non vuole che si sappia come funziona.» Mi ricollego al fatto del nome poi, per arrivare ad un punto che non so se abbia senso tirare fuori con Josh, ma mi è sembrato si sentisse inutile, per come ha detto questa cosa, di lui non so nemmeno il vero nome.
    «Il suo vero nome potrebbe non è essere tanto importante, ammesso che sia falso,» inizio tirando su lentamente la testa. Non la chiamerei consolazione, quella che sto iniziando a mettere sul tavolo di questa conversazione agli sgoccioli, è solo che vorrei che capisse che tanto, per quanto abbia potuto scoprire e ipotizzare, la maggior parte delle cose che so su Slater sono più o meno inutili quando si tratta di cercare di accopparlo.
    «Se Slater è stato una persona prima, adesso comunque non lo è più. Credo che tutto quello che faccia, o per lo meno la maggior parte, siano abitudini che gli sono rimaste da quando era piccolo o qualcosa del genere. Ma sono solo abitudini», era qui che volevo arrivare, «Posso mettermi a dedurre che Slater abbia avuto un’infanzia difficile e dei genitori assenti o troppo rigidi, che abbiano preteso grandi cose da lui e che l’abbiano reso quello che è perché volevano una macchina, non un bambino. Ma non creda serva a molto, perché non prova le emozioni come le proviamo noi e non c’è un modo di colpirlo da quel punto di vista.»
    Poi, che dire, non si sa mai. Infatti aggiungo: «O almeno, questo è quello che penso adesso.» La vita è piena di sorprese, la maggior parte te le mette in culo ma alcune a volte, si rivelano dei bellissimi fottuti pacchetti sotto l’albero quando fuori fa freddo. «Il mio sogno nel cassetto è renderlo più umano e farlo soffrire, ma non si può avere tutto dalla vita,» lo dico tanto per dire, con un tono che sembra la manifestazione vocale di uno scrollare le spalle.
    Mi alzo dal divano, butto giù l’ultimo sorso di whiskey nel movimento. Raccatto i guanti per metterli e lancio un’occhiata a Joshua, giusto per capire se voglia aggiungere altro o se abbia altro da dirmi, anche se per i miei gusti ho già speso troppo tempo fuori dal bunker.

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