Formaldehyde

Josh/Morgan/Chrys - 14 Gennaio | Villa Sinister

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    Se sapessi perché l'ho fatto, non mi guarderesti con tutto l'amore che puoi concederti. Che a volte lo merito meno di molti altri, perfino meno di Ray. Ma finché questo non lo capisci, non sarò io a fartelo capire. Non ne conviene a me, non quando lo so che sbaglio per primo e che tenerti al sicuro è il modo migliore per spingerti oltre l'ennesimo dirupo.
    Mi è bastato farlo una volta sola, per vederti correre proprio da Crain ed immolarti come vittima sacrificale, un cazzo di agnello alla mercé di Slater purché io ne fossi fuori: libero da qualcosa di cui ancora nemmeno ti avevo parlato. Ci meritiamo, cazzo.
    Per questo ti ho lasciato una carezza, quando rialzandomi ho rispolverato la tuta, come se niente fosse, come se farlo non mi costi mai un cazzo. E non è sbagliato, non quando poi finisco per volerlo, per volerti in ogni tua forma e non averne mai abbastanza.
    Sono meschino, Chrys. Sceso in ginocchio per darti quello di cui avevi bisogno, perché potessi affrontare l'arrivo di Morgan con meno tensione possibile. Che i tuoi mostri li ho alle calcagna anche quando ti tengo sulle labbra. Ma mi sta bene, mi sta bene tutto perché tutto è meglio di come stavi prima. Anche se questo è sbagliato.
    Mi sciacquo la bocca con la vodka, forse più di uno shot, che al tuo sapore non sono ancora abituato.
    Mandò giù tutti in sorsi che bruciano, e me lo merito cazzo, anche se per una volta farò qualcosa che ti toglierà il panico di dosso. O forse.. forse è solo che lo toglierà a me. Perché la fottuta paura che qualcuno mi porti ancora via, e di non essere ancora in grado di richiamare Faust, è sempre sotto pelle cazzo. Sempre, soprattutto quando per sbaglio incrocio il mio nuovo sguardo, con un occhio che voglio resti diverso finché non arriva a spaventare i bambini, allora lo maschero, allora è l'alchimia che la fa da padrone. Ma io non sono un bambino, io ho bisogno di fissarmi quell'immagine della vetrinetta, specchiarmici come se fosse un cazzo di monito costante. E lo è, lo è davvero.
    "Morgan arriva tra poco.." ti avviso, tornando alle tue spalle, lasciando una mano a premerne una, piano. Inspiro.
    Non ti dirò di allontanare gli Xenomorfi, di smettere di leggere, di seguirmi, se non è quello che vuoi. Ma ti voglio con me, perché te l'ho detto che nulla si fa da soli adesso.
    E poi lo sai di cosa parleremo, lo sai perché gli ho chiesto di venire qui, che abbiamo un discorso in sospeso su Missing. Per questo starò fottutamente attento ad ogni mia parola, non voglio che tu ti senta in colpa di niente, questa è una decisione anche mia. Forse solo mia.
    Faust vuole vendetta, si, io invece voglio solo andare alla porta, con la mia scorta, aprire a Morgan, farlo entrare con un cenno ed un respiro. Che anche lui, per la prima volta, mi vede così come sono ora. Ho ripreso quasi tutto, tranne la vista che a destra resta a volte offuscata, ma perché i nervi giocano scherzi del cazzo. E l'andatura, che nell'essere stabile ancora un attimo mi tiene scoordinato se mi muovo troppo velocemente. "Ehi"

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    morgan crain

    Devo ammetterlo, il fatto che io abbia avuto voglia di ascoltare gli Electric Light Orchestra venendo qui, è un buon segno. O meglio, voglio prenderlo come un buon segno.
    La musica allegra non la ascolto solo per fare finta con me stesso, o con gli altri, di essere felice e di stare bene eccetera. Per farmi il lavaggio del cervello il più delle volte, è vero, ma la ascolto anche quando sono allegro per davvero. Credo di star ancora festeggiando.
    Per Gideon ovviamente, che è vivo, che è qui, e tutto quello che comporta il fatto che qualcuno dei “vecchi” dalla nostra parte sia rimasto, o tornato insomma.
    A tutto volume, Don’t Bring Me Down. Facciamo finta che la Lei a cui si riferisce questa canzone sia l’Apocalisse ed è tutto molto accurato.
    In fondo l’avevo detto, mi serviva qualcosa, una piccola vittoria, e non so cos’è successo ma ne è arrivata una enorme, gigantesca, e improvvisamente sento di essere addirittura capace di combattere. Non so quanto durerà ma non m’importa, finché dura, va bene.
    Spengo la musica un po’ prima di essere troppo vicino a casa di Chrys e Josh, più che altro perché immagino di non trovare lo stesso umore la dentro e non mi sembra carino annunciarmi così.
    Spengo la macchina.
    Sigaretta in bocca, l’accendo mentre esco, chiudo lo sportello, arrivo alla porta e busso tirandomi su gli occhiali tra i capelli di nuovo corti, finalmente. Più o meno corti, non cortissimi come avrei voluto ma già questa è una vittoria sulla fissa di Edie per quella pettinatura che sì, mi sta bene ovviamente, come mi sta bene tutto, ma mi aveva stancato.
    Apre Josh, un mezzo sorriso mi si congela sulla faccia.
    Quelle sono proprio due aberrazioni. Non mi ricordo precisamente il nome ora, ma credo siano di quelli che sputano cose acide. Inquietanti. Li guardo uno dopo l’altro, alternando lo sguardo che rimbalza tornando infine a Josh. Non so se siano più inquietanti loro o il suo aspetto.
    Faccio un passo avanti, dentro casa, ma lo faccio con un po’ di incertezza. Lotto contro il mio istinto che mi vorrebbe a indietreggiare invece. Nel mio cervello ho appena preso l’Oscar per un film incredibile: parla di Josh che per tutto questo tempo mi ha preso per il culo e aspettava il momento perfetto per fottermi con due cosi come quelli. Ho anche smesso di tentare con Magia Bianca, onestamente, passo. Non sono più capace di usarla e fanculo, mi concentro su qualcosa di più utile anche se, in una situazione come quella fittizia e molto fantasiosa che ho immaginato, mi sarebbe sicuramente stata più utile.
    Gli poso contro uno sguardo alquanto confuso, «Che cazzo?» Un’imprecazione del tutto interrogativa perché insomma, sembrano piuttosto minacciosi così, alle sue spalle, pronti a smangiucchiarmi.
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    Edited by hime. - 1/2/2022, 21:49
     
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    Il libri rimane aperto sul bracciolo della sedia. La mano che prima era addetta allo sfogliar di pagine, adesso ricade serrata tra le ciocche dei suoi capelli. Le gambe, prima accavallate perché una serviva a spingere avanti ed indietro la sdraio, adesso scivolano coi talloni lungo il pavimento della veranda. Mi sento nudo come un verme nonostante sia vestito più delle altre volte e l'idea di star facendo qualcosa che, forse, dovrei evitare, non riesce a non piacermi così tanto.
    Ormai Josh mi conosce, sì. Sa dove colpire e quando farlo. Sa che se gli dico ''Dai, potrebbe venire da un momento all'altro.'' Significa che deve rallentare, che deve darmi modo di sentirmi a disagio per ciò che sto accettando di fare. Come se fosse una punizione personale. Una di quelle che mi costringe a goder della cosa ma ad occhi aperti, sbarrati, affinché nel roteare delle iridi io possa rendermi conto se, Alice o Morgan - in questo caso - siano davvero nei paraggi.
    Purtroppo, se così possiamo dire, più sono in tensione e più godo. Per questo lui se ne approfitta, perché sappiamo entrambi che non dobbiamo far rumore. Nemmeno un sibilo. Per questo nell'ultima spinta mi incasso nella sedia. Gli occhiali scivolano piano lungo la punta del naso. Il libro cade rovinosamente a terra. Si chiude, ho perso il cazzo di segno.
    ''Cazzo se sei detestabile.'' Un mugugno anticipa il liberarsi delle labbra dalla morsa dei denti. Riprendo a respirare che lui è giù dentro. Ricomposto, sì, come se non fosse proprio successo un cazzo. Anche se io sono ancora a gamba scoperte e prima di ritirar su mutande e pantaloni, mi concedo un istante di apnea.
    Noi siamo questo ed il matrimonio è servito solo a sancire ogni cosa. Nonostante gli alti ed i bassi, nonostante l'angoscia che continuiamo a portarci dietro, nonostante i sorrisi di cordoglio che di tanto in tanto ci concediamo timidamente. Siamo come i genitori di un bambino nato morto: Sappiamo di aver perso qualcosa, ma non conosciamo davvero i dettagli di tale perdita. Forse sereni non lo siamo mai stati, né felici e fino ad oggi, suppongo, che l'unica cosa che siamo riusciti a fare è quella che ci ha visti credere ad una menzogna meravigliosa. Almeno ci stiamo credendo insieme.
    Mi tiro su che qualcuno ha già suonato la porta. La voce di Morgan sussegue quella di Joshua. Si danno il cambio in un tempo che sembra quasi prestabilito.
    Mi tiro su dalla sdraio e cerco di ricompormi come meglio mi riesce. Ho i capelli corti oggi ed indosso gli occhiali. Non perché me li sia tagliati, ma perché questa notte ho sognato di quella volta che, a diciassette anni, mia madre ha deciso di portarmi dal suo parrucchiere...insieme a lei.
    Mentre gli occhiali, beh, anche se Josh li usa come scusa per appellarmi come ''la nonna'', sono lì perché semplicemente non vedo bene quando leggo. Mi aiutano a non lasciar accavallare le lettere. Forse hanno la stessa funzione delle pillole placebo.
    ''Sono Pincopanco e Pancopinco.'' Mi intrufolo nella ''conversazione'' sbucando fuori dalla porta sul retro. ''Le nostre salamandrine.'' Così ho spiegato gli xenomorfi ad Alice ''Sono bellissimi, vero?'' Sono molto orgoglioso di come sono riuscito ad evocarli e mantenerli su con noi. Mi sentirei perso senza di loro.

    Anzi non mi dispiace di averti conosciuto in un brutto periodo. Perche sei stato piu bello, hai brillato di piu. Una scopata, un peso, non so cosa è stato per te ma...ma non voglio saperlo il perche'━━━━━━━━━━━

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    Gli Xenomorfi per me non sono un problema. Ci convivo da settimane e lo so, ok? Lo so che sono il modo che hai. Chrys, per amarmi. Per tenermi al sicuro, per non sentirti indifeso, incapace di prevenire qualcosa che non dovrà mia più succedere. Lo so io, e di solito mi basta, ma ora capirai perché la prima reazione di Morgan è questa. Che io lo guardo, e sto davvero per aprire bocca, ed invece con gli occhi gli faccio appena cenno di non chiedere, di stare un po' attento come se fosse su un cazzo di campo minato.
    E lo è, perché tu lo sei e non sei sbagliato in questo, Chrys, solo che sono sicuro di saperti prendere davvero solo io. E forse neanche tanto bene da poterti dare quello di cui hai bisogno.
    Quindi si, sono meschino perché inginocchiandomi a te ho guadagnato tempo, secondi preziosi in cui ancora ti alzavi dal dondolo, simulando un respiro più rilassato dopo che te ne ho tolti alcuni per darti modo di impiegare di più a riprenderli.
    Alzo le spalle piano, non è che non mi sia piaciuto, non è che in altri contesti non lo rifarei.. è che oggi mi sono preso gioco di te, e spero che troverai modo di non farmela pagare troppo, quando lo capirai. Perché immagino che lo farai, ma spero ti distrarrai abbastanza da non capirlo.
    Guardo Morgan dritto negli occhi, mentre le tue spiegazioni scivolano quasi leggiadre, quasi se niente fosse. Che la normalità nostra, mi rendo conto, è solo nostra.
    L'allegoria edulcorata creata per Alice funziona solo con i bambini, lo sai, non può far presa su Morgan, anche se è carino comunque il modo in cui lo dici, come se non ti sentissi perso senza di loro, come se non fossero lo stemma di quello che sai fare: un promemoria per te, che ti rubano energia ma in compenso ti tengono tranquillo. Quasi che potessi far preoccupare loro al posto tuo. Cazzo vorrei che fosse così semplice, per una fottutissima volta. Ma chiedo sempre troppo. Ad ogni modo ora devono fare un passo indietro. Non che non li voglia, ormai sono quasi fiero di come li muovi, di come siano i tuoi figli degeneri, creati dalle aberrazioni universali per essere solo ai tuoi comandi, ed in parte non disdegnare i miei. Ormai ci scopiamo con loro nell'altra stanza, ti chiedo solo di tenerli buoni adesso. Glielo dirai no, che Morgan è un amico.
    "...e non ti fanno niente" lo prometto io, al posto tuo, Chrys, anche se la frase è diretta al nostro ospite. Lo so che a nessuno dei due piace avere gente in casa adesso, ma ci sono eccezioni. E questa ha più senso di molte altre. Non che non mi fidi, solo che così lo rassicuro un po' meglio, Morgan dico. Tanto che mi faccio da parte per lasciarlo entrare. "E magari ora possono-" ti sto guardando, Chrys, azzardo con una certa serietà. Sopracciglio alzato, un po' di durezza nello sguardo che no, non ti sto davvero facendo una domanda, ma sto vedendo fin dove puoi arrivare. "- stare un po' fuori dalla stanza" Ti sfioro un braccio, so che non ci trovi niente di male, ma almeno tienili due metri più in là. Non voglio che Morgan si senta in dovere di attaccarli e, per questo, tu dopo ne risenta ancora.
    "Le precauzioni non sono mai troppe..." In questi tempi bui del cazzo, sottolineo, nel fargli strada verso il salone.

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    morgan crain

    Sono sicuro che ci sia una canzone di Bob Dylan che si chiama allo stesso modo.
    Non dirò che questa cosa di avere delle aberrazioni in casa tipo animali da compagnia sia, non solo inquietante, ma anche pericoloso, soprattutto con una bambina. Non sono propriamente cazzi miei, comunque.
    Non so neanche quanto effettivamente un necromante sia capace di controllare cosi del genere. So solo che è meglio che stiano molto lontani da me. Non avrò più Magia Bianca, ma non mi serve la scorciatoia per uccidere delle aberrazioni del cazzo e si sa, per tenersi salva la vita si fa questo ed altro. Che l’idea di farmi salvare il culo di nuovo dal lato brillante della guerra in cui mi trovo, onestamente, mi sta sul cazzo. Anche se potrei, voglio dire, starmene fermo ad aspettare che arrivino a farmi questo favore.
    Sto straparlando nella testa.
    Ogni tanto il buonumore mi fa questo effetto, tipo una droga. Che vorrei, ma non posso, che triste vita di impossibilità la mia.
    «Stupendi,» commento con ovvio sarcasmo. Ora, siamo tutti carini e simpatici, ma che siano bellissimi questi mostri mi pare esagerato. Guardo Chrys, poi loro, poi Joshua. Per lo meno l’idea di tenerli fuori dalla stanza la apprezzo.
    Mentre mi muovo dietro Joshua li tengo sott’occhio, al minimo movimento renderò utili queste mille barriere che sto imparando a fare. Alla fine devo ammettere che Psicocinesi non era una branca così “da pigri” come dicevo a Caiden, ma lo ammetto solo nella mia testa, la versione ufficiale è che non c’era niente di meno peggio tra cui scegliere.
    Scosto la sigaretta dalle labbra per sbuffare il fumo quando mi siedo sul divano, risistemandola lì, incastrata tra le labbra, così da avere le mani libere e sfilarmi la giaccia. La lascio accanto a me e torno a guardare i padroni di casa uno alla volta. «Allora, come sta andando quindi?» La ripresa di Joshua, la ripresa di Chrys anche. Da cose del genere “riprendersi” è qualcosa che cade su tutti i coinvolti, anche indirettamente.
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    Quando Joshua mi guarda così, che forse è solo un batter di ciglia prima che io possa scorgere l'iride all'angolo dei suoi occhi, i muscoli un po' mi si irrigidiscono. Come se dovessi nell'immediato istante divenire ligio come un soldatino. Il soldatino di legno. Che se se ne resta immobili a risponder a dei comandamenti, forse non lo ha mai il tempo per piangersi addosso e farlo così vedere a tutti gli altri.
    Ma uno sguardo più scuro me lo lascio sfuggire. Non lo rivolgo a nessuno di loro. Non a Morgan, certamente, ma nemmeno a Josh, nemmeno quando con una mano mi rivolgo agli Xenomorfi e li scanso così. Come se loro possano davvero capirmi per il modo in cui l'aria tende a farsi pesante in un istante. Che ci tengo a dirmi che non è colpa mia anche se vi è un pensiero, uno solo, già pronto ad afferrare il contrario.
    ''Non è che se te lo succhia hai il diritto di decidere su dove tenere i tuoi cazzo di animaletti.'' Appunto, anche perché è già tanto solo il fatto che lo abbia fatto. Che mi abbia graziato di un dono tanto generoso così come si fa coi bambini quando si sa di volerli tenere un po' più buoni in certe situazioni.
    Però...ecco, spero che l'averlo percepito più distante - e sempre in presenza di terzi - sia solo un'impressione del momento. D'altro canto ne ho di diverse. Russo ha scherzato dicendo che il motivo per cui faccio così è perché sono un'artista.
    Che poi, ecco, non dovrebbe nemmeno importare così tanto.
    Mi basta spostare gli xenomorfi nell'altra stanza. Sorridere a Morgan - cosa che prima forse avrei fatto con più naturalezza - e rispondere prima che lo faccia Josh.
    Dirgli che ''Va alla grande!'' Anche se non è vero un cazzo. Che anche se le giornate sono belle ed il sole finisce per ricreare paesaggi spettacolari fuori dalla finestra, forse ogni tanto mi sento triste nel guardare Josh e rendermi conto di cos'è diventato. Che forse è persino ingiusto trovarlo meraviglioso nonostante tutto. Credo sia una sorta di menefreghismo che da parte mia non merita affatto.
    Però ecco, magari Morgan si fiderà di questa risposta al punto da non farle certe domande di circostanza. Ovviamente avrei chiesto la stessa cosa se fossi stato invitato a casa sua per parlare con sua moglie di ''cose''. Magari lo avrei fatto solo per una questione di cordialità più che per altro. Perché ho l'impressione che per quanto potremmo preoccuparci per qualcuno, poi in realtà non ce ne interessiamo affatto. Resta solo un pensiero immobile in quel determinato punto solo perché ci hanno insegnato a conservarlo un po' per noi. Che chiediamo agli altri come stiamo per essere, inconsciamente, bene con noi stessi.
    Ma glielo dico restando sulla porta del salone. Mentre lo guardo spogliarsi delle vesti più pesanti e lasciarsi andare sul nostro divano. Non mi accorgo di aver sempre studiato per tutto il tempo che lo conosco, il modo in cui si muove ed esiste in determinati spazi. Alla fine trasuda sicurezza anche quando magari non è sicuro di niente.
    Mi scosto dall'uscio solo quando il corpo mi richiede di battere per un istante le palpebre. Sparisco solo per prendere tre bicchieri puliti, ma ritorno subito. Lo faccio per lasciarli scivolare sul tavolino davanti a lui insieme ad una bottiglia di Vodka. Quella da cui si è attaccato Joshua forse.
    ''Edie come sta?'' Per un momento mi fa strano chiederlo a Morgan invece che a Joshua. Come quelle volte che ci incontravamo fuori casa e lui mi diceva che aveva ''tardato perché doveva controllare una cosa'' E quella cosa sapevo fosse Edie rinchiusa in una gabbia. ''Tu?''

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    Ci sono cose che funzionano per noi, ma non per gli altri Chrys. Te lo direi piano, sussurrando nell'orecchio, lento, tenendoti più vicino. Perché a te piace di più se ti parlo così, piuttosto che ringhiarti qualcosa contro cui non appellarti. Ma per questo non c'è tempo ora che non siamo soli. E' chiaro che non te lo stavo chiedendo di tenerli distante. E' un ordine.
    E tu lo esegui, ed io non ti guardo abbastanza a lungo da rendermi conto che qualcosa sta un po' cambiando, che questo tuo essere il padrone di casa di un tempo - adesso - ti appartiene a metà. E non so quale sarà il lato che farai vedere anche a Morgan, ma qualunque cosa sia, sono affari nostri, no?
    Te l'ho giurato, e non intendo smettere adesso che le cose si fanno fottutamente complicante. Anche se cazzo, sto provando a renderle semplici.
    E no, forse non avrei dovuto lasciar rispondere te, perché lo sai che non puoi dirgli un "alla grande" dopo quello che è successo. O meglio, certo che lo fai, e lo so che magari oggi un po' senti sia così. Ma non stai sperando che ti creda, stai sperando di spegnere l'attenzione molto velocemente. Io, per contro, mi siedo davanti a Morgan, e ti lascio muovere, che questi sono tanto i miei spazi quanto i tuoi. Casa sei tu, che ti muovi tra le sue mura. Quindi io non dico niente altro, mi limito a capire che non se la berrà, perché ovviamente nessuno può farlo. Anche se voglio che per te sia già davvero così, che vada tanto bene da non fartene preoccupare, da avere modo di chiedergli perfino di Edie e di lui. Che forse a volte ha una vita che è pure peggio della nostra. Ma sei questo, Chrys, e questo voglio, nel farti cenno di sederti accanto a me sul divano. Forse ho bisogno che tu sia vicino, forse ancora ho la fottuta paura che con la coda dell'occhio io non sappia più capire cosa succede alle mie spalle. Non voglio un altro Peter che apra un buco nero dietro la schiena ed una cazzo di voragine trai polmoni. Non posso ancora fumare.
    Però forse io non voglio sapere come sta Edie che neanche ho il coraggio di chiederlo per primo, quindi niente, mi aggiungo solo alla fine, riempiendo i tre bicchieri. Che l'ultimo l'ho bevuto circa dieci minuti fa.
    "Non se ne fa più niente con Missing" lo so ok? So che il suo nome non vuoi sentirlo, per questo se riesco lascio che una mano scivoli sul tuo ginocchio. Va tutto bene, sto dicendo che la chiudiamo qui.
    "Se il tuo contatto è tanto sicuro di quello che vuole, allora è tutto suo" e sono serio quando, nel dirlo, guardo solo Morgan dritto negli occhi. Io e te ne abbiamo parlato appena, ma io ho già deciso che non sono pronto.
    Sto solo dicendo ad entrambi che ho paura. A te in un modo che conosci, a lui - che leggerà tra le righe della mia cazzo di insicurezza - in un altro.

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    morgan crain

    Alla grande. Considerando la pesantezza del clima in questa casa non so come considerare questo “alla grande”. Se alla pari di un mio “sto bene” generico, che non è mai vero, oppure uno di quelli che si impone per prendermi per il culo da solo e dirmi che effettivamente, sto bene, anche se no, ma lo devo essere e quindi non importa un cazzo di ciò che sono realmente.
    Guardo Chrys mentre lo dice e come spesso mi è sembrato, mi pare solo un qualcosa di caotico e incomprensibile. Oltre al fatto che mi sembrano distratti tutti e due. Non saprei dire se mi sembrano distratti tra loro, uno per l’altro, o dalla situazione della loro esistenza, ma è così. Sto guardando qualcosa dall’esterno, ben attento a non entrare dentro un territorio che non è per me.
    «Tutto bene,» rispondo con un mezzo sorriso che si stende piano. Appunto, a proposito di “sto bene”. In questo caso è un “stiamo bene” di quel tipo. Non mi dilungo, è solo cortesia questa e anche se non so di cosa dobbiamo parlare, perché sono qui, di sicuro non si tratta di questo. Per fortuna.
    Mi allungo per prendere un bicchiere, un sorso che lo dimezza e poi sollevo il braccio sulla sommità dello schienale del divano formando un’inclinazione naturale del corpo, una spalla più alta dell’altra.
    Finalmente poi Joshua parla e si arriva al punto.
    Lo ammetto, sono sorpreso, ma sono anche distratto dal suo gesto da cui tolgo subito gli occhi per portarli da qualche altra parta. Mi sistemo meglio sul divano, una reazione casuale del corpo per trovare una posizione migliore, nello spazio, nella testa. Per quanto mi sforzi di non dare peso a questo genere di cose, perché lo so che è uno schifo anche se sono cresciuto dentro queste concezioni, non posso evitare di sentire quella sensazione. Allora la dissimulo sulla faccia e basta.
    Per fortuna è arrivato in combo con l’inizio del discorso per cui sono qui.
    Mi chiedo il perché di questo ovviamente, forse un po’ lo indago ma non troppo. Perché sono affari suoi, le motivazioni. Mi dispiace solo di aver fatto perdere tempo a Eså, per il resto, potrei anche essere sollevato. È un problema in meno sì ma non solo, e anche una preoccupazione in meno, qualcosa di pericoloso in meno.
    Neanche se fossimo da soli gli avrei chiesto perché. Credo sia una deformazione rispetto a come sono fatto io, io non vorrei me lo chiedessero.
    «Lo è.» Eså sì, lo è, sicuro. Molto. Sono abbastanza certo che quel tizio prima o poi morirà e ha finalmente smesso di essere un mio problema, più o meno.
    «E Slater invece?» È una domanda che mi esce d’impulso. Me ne pento subito dopo. Forse non è il momento di chiedere qualcosa del genere ma si sa quanto cazzo sono impulsivo, e allora eccoci.
    Avrò un sacco di altre cose di cui occuparmi ora ma la verità è che voglio sapere se devo cominciare a pensare ad un altro modo per farlo fuori, o possiamo attenerci a quello che abbiamo pensato con Joshua.
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    Tanto lo so che il motivo per cui non abbiamo più voglia di aver a che fare con gente come Missing è perché io non sto bene. Che Josh deve aver capito che non so regger botta e che probabilmente un altro fallimento non saprei sopportarlo, non quando divento instabile già solo nel percepire gli xenomorfi troppo distanti e torno a sedermi sul bracciolo della poltrona di mio marito per rispettare un'immagine che non so costruirmi bene in testa. Che sono stato io a chiedergli di non escludermi, di tenermi da conto anche se valgo poco, anche se sono solo un pozionista che preferisce starsene chiuso nel suo studio piuttosto che scendere in campo così come fanno loro. Alla fine devo restare anche solo per non doverlo spingere alla vergogna: Che per me lui si è prodigato più di quanto sia riuscito a fare io. Con Missing, con Slater, con ogni cazzo di cosa che sa vorticare nell'orbita della nostra vita.
    Probabilmente, poi, se non ci fossi io ad essere d' intralcio, immagino che Josh si batterebbe anche se ancora cammina zoppicando. Anche se deve imparare a vedere il mondo da capo. A respirare da zero. A non aver più paura. Questo tipo di incontri, poi, sa sembrarmi sempre troppo familiare. Un po' come quando Oleander invitava i suoi amici ed io dovevo essere lì non tanto per dir la mia, quanto perché dovevo imparare ad essere un uomo.
    Un uomo, lo stesso che volta lo sguardo quando Morgan chiede di Slater, di quel piano in cui mi sarei offerto come agnello sacrificale in un modo del tutto infantile e forse ingiustificato. Un uomo che non sa dimenticare lo sguardo che aveva Joshua quella sera, quando Slater è stato visto con Alice e la mano...beh, la mano me l'ha stretta nel medesimo modo in cui gliela sto stringendo ora io.
    Perché lui aveva paura. Era animato dal medesimo sgomento di quella notte in cui me lo hanno portato via. Fa freddo adesso, così come faceva freddo tra la neve. Sembra sempre l'Islanda, ormai.
    Con la mano libera tolgo via gli occhiali dal naso, che mi sembra di vederci più di prima, di non aver bisogno di ausili del genere per guardare Morgan e rendermi conto di star mutando di nuovo. E no che non vorrei avere l'immagine di Josh spaventato nella mente. Perché lo so come funziona adesso, come sarà difficile nascondere ad entrambi un volto che cambia e nel farlo finisce per contorcersi su quella stessa intensità di dolore. ''Non fargli queste comande.'' Stropiccio le tempie come se ciò servisse a distrarre l'attenzione. ''Josh ha paura.''

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    E Slater?
    Beh Slater è un cazzo di problema, perché mi aspettavo che Morgan prendesse bene la parte della rinuncia a Missing, in fondo è solo uno stronzo che ho avuto la fortuna di incontrare nella nebbia.
    Qualcuno che ha tirato un colpo basso, tanto da spezzare Faust, da farmi capire che quello che sapevo non era abbastanza. Né per tenere al sicuro Chrys, né per salvare me.
    L'idea che avevo, di poterci rialzare insieme, di avere le sue aberrazioni in retrovia e me in avanzata è stata spazza via, in ultima, da quella cazzo di lama in petto. Che mi ha visto sanguinare nella neve quindi si, cazzo Morgan. Si che non la dovevi fare quella domanda.
    E penso di guardarlo con un ringhio che contengo a fatica, che nascondo nell'ennesimo shot che non fa niente, neanche mi brucia più. Lo guardo come se volessi dirgli che no, non era un nome da tirare fuori con Chrys. Ma in fondo lui non lo sa, non sa cosa sta cambiando in questo preciso istante. Tra noi, in casa, trai nostro cazzo di piani.
    Che arrivare così vicino alla morte non è qualcosa su cui passo una cazzo di spugna e poi vado avanti. Ma sarò anche rialzato in sella, ma ancora passeggio lento, che il vento in muso non lo voglio. Non così presto, non quando tutto ha la capacità di scivolarmi via troppo velocemente: fuori controllo.
    Sto mantenendo un cazzo di equilibrio che mi pesa sui nervi, che mi rilasso solo quando Chrys dorme, io lo spingo a dormire, gli accarezzo via gli incubi dal viso e li tengo per me. Me e nessun altro.
    Sento solo la mano di Chrys per questo la mia risposta che già resta incastrata in gola, soffoca un po'. Lui sa tutto. Così lo guardo diventare me. Un me diverso, uno che ricordo al concerto, la prima sera, quando poi Slater era.. Chrys. Stringo di rimando, cazzo come se dovessi chiedergli se è sicuro che vuole che Morgan lo sappia, quello che ora sa fare anche non volendolo fare.
    Però tengo un ringhio per me, che non volevo proprio renderlo così fottutamente palese.
    Non posso aver paura, Chrys, non mi è concesso cazzo. Però ci metto un po' comunque a rispondere, un po' di respiri, un po' di quello sguardo che rivolgo solo ai bicchieri.
    "Non sono più pronto a morire, di nuovo, Morgan" mi rendo conto di averlo detto a voce alta. Anche se io non lo so come si traduca con le cose che ci eravamo detti. "Le linee mentali sono andate distrutte e ci vorrà un po' perché io le ricostruisca.. per contro, lui non si è fatto vivo e siamo protetti per quella cosa di cui voi due avevate parlato." Così a dire bene che tutti sanno tutto, che il fatto che Chrys abbia di nuovo la mia faccia, la mia espressione, non può fermarmi. E' tutto normale, no? Stiamo alla grandissima.
    "Succederà, solo.. non adesso, non finché io non-.." saprò camminare come si deve, ad esempio. Anche se la fine ideale della frase, che ben si sposta con l'agitarsi ritmico del piede, è: non finché avrò questa fottuta paura di uscire di casa.

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    morgan crain

    Guardando Chrys, con un’espressione che diventa man mano sempre più concentrata nel dubbio, mi chiedo se alla fine sono arrivate le allucinazioni da insonnia. Le stavo aspettando a braccia aperte, anche se devo dire, in questa forma sono piuttosto inquietanti.
    Non credo, comunque.
    Penso di riuscire a capire se sto guardando qualcosa di reale o meno, quando avevo quelle del patto e dei Mastini cazzo me ne accorgevo. Anche perché pare che pure Joshua veda quello che sto vedendo io.
    Quello che dice Josh mi distrae, e quello che accade alla faccia di Chrys mi distrae. Le aberrazioni mi distraggono, il pensiero che siano lì fuori dalla stanza mi portano a tenere d’occhio le uscite della villa come se dovessi scappare da un momento all’altro. I muscoli tesi, pronti a recuperare la pistola, anche quelli sono un segno del mio stato di allerta.
    È tutto molto problematico qua dentro e non mi aiuta a tenere sotto controllo la perenne sensazione che sia sotto l’occhio di qualcuno che vuole uccidermi. Che, a dire la verità, non so neanche quanto possa essere sbagliato. Mi aspetterei di essere nel mirino di Banditori ora come ora. Quello che dovevo fare, dopotutto, l’ho fatto.
    Fanculo.
    Che vita di merda.
    Cerco di concentrarmi su Joshua, anche se ogni tanto lo sguardo mi scappa su Chrys. «Non devi farlo se non sei pronto a morire.» Piego la schiena in avanti, spostando le braccia sulle gambe vicino alle ginocchia e tenendo il bicchiere in bilico, oscillante tra le ginocchia.
    «Io non so chi sia il tizio che ti ha fatto questo, non conosco le sue abilità, ma lo sai anche tu che Slater è peggio di più o meno chiunque. Potrei stare qui a dirti che andrà tutto bene e che ce la faremo, ma il rischio c’è, ed è molto alto.» In fondo è questo, non voglio che Joshua ci rimetta le penne contro Slater. Se non è sicuro di farcela, se non è pronto alle conseguenze, se ha paura – perché questa è paura e cazzo la conosco anche io, pure se faccio lo spavaldo per tutto il tempo – è meglio che eviti.
    Non è neanche solo per lui alla fine, ma anche per Caiden. È lo stesso concetto di cacciare con civili o amatoriali: diventano un peso e fanno uccidere anche chi il lavoro lo sa fare. Sarò anche duro ma è così che si deve essere quando si parla di vita e di morte. Non possiamo avere un peso, un anello debole, soprattutto se è quello su cui si basa tutta la strategia, perché ci farà finire tutti molto male.
    Mi sembra che loro, entrambi, non siano nelle condizioni e ora che ci penso, questo modo che ha Joshua di consolare Chrys con gesti che, per quanto mi facciano distogliere lo sguardo, analizzo in differita… beh. Diciamo che avere un compagno pieno di tutta questa paura, tanto da dover averne cura in mezzo a un discorso, faccia più male che bene a tutti.
    Per questo a noi dicono che è meglio non fare famiglia con gli esterni, perché loro non sono addestrati a non farci vedere che hanno paura. E alcuni di fronte a una cosa del genere potrebbero retrocedere, dire magari okay non lo faccio, così non stai male. È naturale, lo capisco, anche io ho continuamente la tentazione di mandare tutto a fanculo. Cioè, ora non posso più ma avrei potuto forse, prima. Comunque non è questo il punto.
    Il punto è che non credo si tratti di linee mentali o simili.
    Credo si tratti di loro due che sono stanchi e hanno bisogno di normalità.
    «La paura va bene ma non se è una paura che ti blocca, quella ti fa uccidere. Essere pronto a morire è quello che ti fa andare la fuori con una paura diversa, una che ti fa combattere meglio.» La vodka dentro al bicchiere ondeggia al ritmo di un gesticolare, cornice delle parole. «Non c’entra niente la tua condizione fisica–» mi interrompo.
    Mi interrompo perché qualsiasi cosa sta succedendo è fottutamente angosciante da vedere.
    Torno indietro con la schiena, come se volessi prendere spazio, distanza. «Scusa ma questa cosa mi distrae,» un cenno a Chrys con la testa, «Avete intenzione di continuare a fare finta di niente o posso chiedere che cazzo ti sta succedendo?»
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    Con Morgan funziona sempre così: Lui è come Oleander, è come Erika. Come tutti i loro fottuti amici che, sedendosi su quella stessa poltrona, mi hanno sorriso solo per educazione. Perché sì, ero lì dinanzi a loro e questo doveva comportare un certo tipo di approccio: Filarsi il ragazzino solo perché era figlio dei proprietari di casa, non per altro. Che se avessero avuto più polso avrebbero detto a mio padre di mandarmi via. Che tanto cosa ci stavo a fare lì se tanto avrei capito la metà del discorso che stavano facendo?
    Che poi, di nuovo, immagino che la colpa sia mia. Che Morgan non mi stia parlando perché io stesso, a mia volta, non sono lì a pronunciare una parola che sia una. Non gli dico che Joshua ha paura: Lascio che sia lui a capirlo dal modo in cui gli stringo la mano e a farlo per me. Sempre al posto mio, affinché sia palese come io, in questa situazione sia come le mogli degli anni cinquanta: Qualcosa di scopabile e utile forse alla procreazione. Fine dei giochi.
    Non ci si preoccupa se anche io ho paura di saperlo morire. Non mi si parla nemmeno se non quando, anche lui, si rende conto del fatto che c'è qualcosa che non va.
    E per un momento, preso dalla foga, ho persino pensato di dirglielo. Tipo che non deve sottovalutarmi perché se proprio deve trattare così persino Joshua, usando toni come se lui, a differenza nostra, di paure non ne avesse alcuna, allora no che non ci tiriamo indietro. Non entrambi almeno. Tanto che potremmo cambiare i piani, fare che sia io, nei panni di Joshua, ad avvicinare Slater. Anche se è come tentare un suicidio, anche se poi Joshua mi fermerebbe. Ci ho pensato davvero a dirgli che non sono male. Che sì, ho paura di veder morire Joshua. Ma non di morire a mia volta. Non quando potrebbe persino esserci una buona motivazione alle spalle.
    ''Non siamo come te, Morgan.'' E lo dico che sembra un'accusa, perché nel farlo ci penso a tutte quelle volte in cui, guardando Joshua mi son detto che, nonostante l'odio che nutriva nei confronti del Crain, sarei voluto essere, almeno un pochino, proprio come lui. Perché c'è sempre quell'immagine di vittoria che sa farci imperlare gli occhi. Lui resuscita, lui spezza maledizioni mentre io, ad esempio, l'unica cosa che so fare è cambiare aspetto solo perché mi sto fissando troppo su certi ricordi. I capelli infatti si allungano come i suoi, come quella volta che mi ha lasciato il sonaglino di quel bambino e grazie al quale abbiamo tirato su le protezioni che in questo istante ridisegnano il perimetro della casa.
    Il volto di Josh lascia il posto a quello di Morgan. Ad una barba che cresce velocemente lungo i lineamenti morbidi. Il ghiaccio degli occhi di mio marito si sostituisce al mare calmo del cognato.
    Penso che se per Joshua la paura di morire finisce per paralizzarlo piuttosto che spingerlo fuori casa, allora bisogna dargli più tempo. Ma a prescindere da tutto, io non voglio che rischi, così come non voglio che Morgan, inconsciamente, lo carichi di troppi doveri. Perché noi funzioniamo così e quando lui uscirà di casa i sensi di colpa, involontariamente, torneranno ad attanagliarci le ossa.
    ''Tranquillo.'' Dico in risposta della mutazione. ''Ora la signorina Çevik si placa.'' Ironico. Sorrido col suo sorriso, tirando su i baffoni che tanto piacciono ad Alice. ''...E non ho paura di morire.'' Non me lo sta chiedendo nessuno, ovviamente, ma è il solo modo che ho per dire che Joshua se ne resta in casa e che, se proprio ci serve qualcosa da fare nel minor tempo possibile, allora possono far affidamento su di me anche se non ci sono mai riusciti.

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    morgan crain

    Io davvero lo capisco quanto la situazione sia delicata, complessa, difficile, ma che cazzo? Cristo, cos’è, la sagra del passivo-aggressivo?
    Come se non bastasse la risposta di Chrys che mi lascia in un silenzio interdetto per una manciata di secondi, poi succede una cosa che nemmeno nei miei peggiori incubi. Anzi sì, in quelli è successo molte volte.
    Di parlare con me stesso.
    Terrificante, angosciante, inquietante.
    Se poi succede anche nella vita reale è ancora più inquietante.
    «Ma che cazzo.» Reazione sincera, piuttosto sconvolta, di pancia. Mi alzo dal divano e mi ci sposto pure, girandoci attorno rapidamente per allungare ancora queste stesse distanze che adesso necessito di più.
    Mi viene da ridere e fanculo, lo faccio anche. È più uno sbuffo, quasi isterico, non una vera e propria risata, risale sulle labbra mentre guardo il pavimento. Come cazzo si fa a non ridere in una situazione paradossale del genere? Non so, perché l’altra reazione possibile è incazzarsi considerate le risposte del cazzo di Chrys.
    Quando tiro su la testa, e giuro che ci vuole una certa volontà per farlo e incrociare i miei stessi occhi, io non so neanche che cosa dovrei pensare se non che mi trovo in un covo di pazzi. Non che io stia impazzendo di meno, sono onesto, ma almeno mi sforzo di non farlo di fronte agli altri. Più o meno. A parte quando ero appena tornato dall’inferno ma voglio dire, si spiega da sola la faccenda.
    Però, devo dire che mi stavano proprio bene i capelli così.
    Quante battute potrei fare, veramente ho già perso il conto da quante me ne sono passate dentro la testa nel giro di cinque secondi. Tipo che sono bellissimo. Potrei starmi a guardare per un po’.
    Non è decisamente il caso, Morgan smettila.
    Passo una mano sulla faccia, l’altra si è praticamente arpionata al bicchiere. «Senti Chrys, con tutto il bene. Togliti la mia cazzo di faccia perché non riesco a stare serio, scusa ma è angosciante,» inizio poco prima di scostare il palmo da di fronte al volto, «Possiamo parlare, magari anche senza commentini passivo-aggressivi, oppure possiamo non farlo. La scelta è vostra.» Si sente il retrogusto di un’ironia esausta, un’ombra nel sorriso fermo tra un palpabile stato di disagio, imbarazzo per procura e un prenderla a ridere come ultima spiaggia. «Ma vediamo di essere tutti un po’ più sul pezzo che qui stiamo sulla stessa barca di merda, eh, che dite?»
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    Rido anche io. Rido di un'amarezza che spinge in giù i connotati del viso. Che i suoi occhi me li fa inumidire di un bruciore che li arrossa un istante. Uno solo. Perché gli dico di non aver paura di morire, ma lui non mi ascolta. So che Josh almeno lo ha fatto: Che questo è l'unico modo che ho per dirgli che mi prenderò cura di lui anche se resta palese come l'anello debole di tutto questo sia io e non lui con il suo retrogusto di morte senza successo.
    Sono io che inciampo nonostante sia lui quello a zoppicare. Ed è sempre stato così: Io non posso cambiarlo davvero. Nemmeno quando passando la mano sul viso percepisco Morgan sotto pelle.
    Un cazzo di verme.
    Ma i vermi qui lo sono tutti a modo loro.
    Lo sono io, lo è Josh che mi si annida in petto come un tumore.
    Lo è Morgan che si batte per detenere il ruolo di supereroe indiscusso.
    Si interscambiano così tante volte nella mia testa che quasi fatico a rendermi conto di chi potrei assomigliare adesso. Magari un giorno mi renderò conto di non aver nulla a che fare con loro e che l'idea di aver dato Joshua in pasto a Peter solo per poterlo poi salvare e così avvicinarmi all'idea che ho di Morgan forse è solo figlia di un trauma che non so elaborare.
    Lo ha detto Russo che sono molto fantasioso. Che le cose cerco di capirle ma sempre a modo mio. Che non ho mezzi termini né mezze misure. Io nel grigio non so starci perché mi fa paura. Mi sa di oceano senza terre contro le quali lasciarmi cullare. Mi sa di apnea in una stanza dove l'ossigeno viene fagocitato dalle persone che ho attorno. E a me non resta niente se non l'idea di dovermi accontentare. Il grigio significherebbe disinnescare ed io l'unica cosa che so fare è accendere micce per difesa. Che se saltiamo in aria, allora dobbiamo farlo insieme.
    ''Non ci riesco, Morgan... Un sibilo che so bene com'è che suona. Lo sa persino Josh che in ginocchio sa mettermici sempre e sa farlo senza provar pietà. Non ci riesco perché sto pensando a quella volta in cui ho deciso di rivolgermi a lui prima che a Joshua stesso. Che l'ho fatto perché convinto di non poterlo aiutare ad aiutarsi. Che fosse più facile chiedere a chi le persone le salva di competenza. Le salva, sì, non le lascia svanire tra la neve. Non se le fa tirar via dalle braccia come bambini strappati a forza dall'utero materno. E l'ho fatto perché al festival ha avuto paura ed io quella paura non l'ho saputa gestire. L'ho imparato quella sera che gli eroi sono umani, ma non ho mai capito come usare questa informazione su di me.
    Per questo forse ho capito dov'è che pecco di incoerenza, qual è poi il moto che mi spinge in piedi così come fa lui. Passo per passo, come fossimo dinanzi ad uno specchio ma io mi stessi allontanando per guardarci meglio. Per guardarmi e rendermi conto che l'unica cosa che so fare è principalmente essere la copia fatta male di un'ideale tanto bello nell'infantilità di cui si riveste.
    Così, divenendo Morgan ricerco in me il coraggio di rimodellare l'anello di questa catena. Così, divenendo Morgan, resto a guardare Joshua osservarmi con repulsione.
    ''Che se ti respingono fanno solo che bene.''
    Non sono niente di buono per nessuno di noi tre.
    E credo che Joshua ci abbia provato a dirglielo.
    No, in realtà non credo niente.
    Come un ragazzino a carnevale, sto solo cercando la maschera del supereroe che più mi si addice.
    Oggi vorrei essere quello che, non avendo paura di morire, si prodigherebbe affinché Joshua non debba averne mai, né superarla in fretta solo per portare avanti un piano tanto rischioso.
    Oggi, più di ieri, vorrei essere l'eroe che resuscita per tornare a casa da Josh. L'eroe che sa di perire per qualcosa di giusto.
    ''Non lo faccio di proposito.'' Trattengo il balbettio di labbra per me. Che se non posso sentirmi chiedere cos'è che penso del piano. Com'è che sto o se sono pronto ad affrontare qualcosa del genere, allora me lo chiedo da solo. Mi ci infilo a forza perché Joshua resta la mia famiglia anche se io non so tirarmi su come farebbe Morgan Crain.
    Come stai Chrys?
    Penso bene.
    Ce la faresti ad affrontare Slater?
    Per Joshua? Certo.
    Ed hai paura?
    Sì che ne ho.
    Di cosa?
    Di fallire di nuovo. Di vederlo morire.
    Ma tu sei bravo, se ti rilassi puoi farcela.
    Dici davvero?
    Devi solo rilassarti.
    Noi abbiamo fiducia in te.

    ''Potete cambiare il piano?'' Trovare un modo affinché sia io a portarvelo e non Joshua stesso? Anticipare le mosse prima che Slater possa tornare da un momento all'altro e se non in questa casa, proprio a due passi dalle mura?
    ''Non ho il suo marchio ma...posso far questo.'' Ed alludo a questo mutare seppur ancora senza controllo. ''Non è magia psichica, inoltre ho studiato occlumanzia...magari.'' La sento quella lacrima che è lì, immobile sulle ciglia. Lo sento come vorrebbe scivolar via, ma non lo fa. ''Magari c'è la possibilità che io possa avvicinarlo per quei pochi secondi che vi servono per intercettarlo e circondarlo.'' Purché non debba farlo Josh. Non oggi, non quando si riprenderà. ''Non ho paura di morire per lui.'' Forse troppo romantico, quasi da voltastomaco.

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    Ci sono momenti in cui resto in un fottuto silenzio. Non leggero, quello mai, sempre teso. Tengo d'occhio ogni cazzo di cosa ma sto buono perché lo so come basterebbe che io muovessi un singolo passo per minare la sicurezza di Chrys.
    Che già ne ha poca, se gli confermo che quella che gli resta non ci serve, crolla. L'ultima cosa che voglio è che succeda di nuovo. Ci metterò tutta la vita per ricordargli che mi ha salvato, in fin di fiato, ma l'ha fatto ed ancora adesso credere che ci siano persone migliori di lui che possono plasmarlo.
    Io, per cui non so che cazzo fare quando prende le mie sembianze. Credo di aver capito di essere stato il suo eroe fin dall'inizio, ma quando poi le sembianze sono di Morgan, beh le cose si complicano di molto.
    Il mio sguardo, nell'occhio sano, si fa cupo, basso come quello che neanche gli rivolgo, che punto su Morgan come se potesse vedere che tra le parole di Chrys e le sue, ci sono anche io.
    E quello che sto dicendo? Beh è di andarci piano cazzo. Che magari con lui la terapia d'urto dei Cacciatori ha sempre funzionato, ma non lo fa con Chrys. Non con mio marito. Neanche se non gli piace specchiarsi, che qui ci siamo davvero tutti in questa merda.
    Neanche io so farlo fino in fondo, ma lo faccio quando lui ha bisogno di me, e c'è quella parte che vuole ne abbia sempre.
    Se non scatto a "Signorina Çevik" è perché ancora ho un cazzo di contegno. Glielo avevo detto, a Morgan che non sono io il capofamiglia qui, non da solo, e lo so come sia più facile parlare con me che con lui, ma lui è qui e adesso è così mutato che non può ignorarlo.
    Ma so già che nella risata che segue, quando Chrys si alza, c'è un piano che spezza il fiato. Anche se il tono è lo stesso di Morgan, imparo a distaccarmi da questo, imparo a sentirlo direttamente nell'anima.
    Ed ho già deciso che è troppo. Ma non solo per lui, lo è anche per me, cazzo. Per questo mi alzo, ed al contrario loro, lo faccio con calma, come se io fossi da sfondo a qualcosa che no, non voglio interrompere platealmente, non se mi tengo solo un ringhio che passo piano, un avvertimento, che ora potrei girare intorno a Chrys quasi fossi il suo, di cane. Un cane libero da ogni catena ma che sa reagire agli impulsi, sa mantenersi a distanza finché non vi è l'ordine di attaccare direttamente alla gola.
    A questo Morgan dovrebbe fare parecchia attenzione, anche se la mia scusa per alzarmi è solo quella di prendere una bottiglia diversa. In realtà non lo faccio, passo solo dietro Chrys.
    Apro un canale mentale con lui, perché la mia voce si unisca alle sue e sembri qualcosa a cui credere. Anche se poi l'idea che resta è che me ne sto lavando le mani lasciando a Morgan il lavoro sporco, quello di capire Chrys quando penso che a volte sia difficile anche per me. Quello che veramente voglio, è che lo veda. Non che gli dica che sta vaneggiando, solo che veda come non siamo pronti per Slater adesso.
    *** "Ti prego, basta adesso.." la mia voce lo culla piano, come facevo quando, all'Imperial, si appoggiava a me e mi pregava in silenzio di stringerlo, di convincerlo che non fosse un sogno. O un cazzo di incubo, a seconda di come lo veda oggi.
    *** "Tu non morirai per me. Mai" a costo di un ringhio basso che mi resta in gola, che gli spingo docile nelle meningi, quando mi fermo dietro di lui, e da lì, inquietante come so di essere, guardo Morgan.
    Sono innocuo, quasi, e sulla difensiva, sicuro ma non ho un altro modo per dirgli che deve prenderla larga, piano e con quel contegno che deve aver perso nei meandri dei fottuti inferi.
    ***Colloquium a Chrys

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    Edited by nocturnæ - 7/2/2022, 09:34
     
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