Posts written by .happysong.

  1. .



    metamorphomagus – 25 y.o. – supporter – brooklyn




    «Che genialata, eh?» come farmi girare il cazzo, subito, così, a fine giornata.
    Non ci vengo sempre, solo quando ho voglia di spostare qualche ora dal Sacred a qui, che è più vicino a casa, che mi trovo in mezzo alla gente normale, e mi fanno fare poco, molto poco, per lo più guardare. E allora lo faccio apposta di venire, quando so di non avere tante forze per ragionare con la mia testa. Ed oggi è stata una giornata così, senza la testa, come se già lo avessi poi deciso da me stamattina appena svegliata. Come si sceglie un vestito da indossare, un tipo di emozione da provare per tutto il giorno. È un tipo di sensazione che forse mi terrebbe a letto tutto il giorno, e allora anche venire qui è solo il modo crudele che ho di farmi violenza per stare al passo con il mondo, quando il mondo ormai va a una velocità completamente diversa dalla mia. Il mondo corre qui fuori, io sono diventata estremamente lenta, così tanto da vedere questo scompenso, da vedere come tutto mi sorpassi. La cosa peggiore è sapere che non finisce, che non c'è cura, non c'è rimedio. Quel fatto che le persone continuano a vivere nei ricordi di chi resta è una stronzata, per me non funziona. Per me quelle sono immagini di un film che posso riguardare all'infinito, ma che resta una sequenza registrata: non c'è niente di vero, sono solamente dei fermoimmagine che posso estrapolare soltanto per farmi male. È la mia attività preferita, prendere tutti i filmati di Lucian che vivono nella mia testa e tirarne fuori i singoli ritratti, così, immobilizzati nel tempo.
    So di non averla persa la tessera. Vorrei dire che mi sento un genio, ma non è onesto, perché prima di arrivare a delle conclusioni mi sono ripercorsa tutti i corridoi dove ho avuto la consapevolezza di avercela ancora attaccata al camice. E poi ho provato a fare appello alle basi insegnate da papà, e alla fine, mezza sconfitta, sono ricorsa alla magia e ho seguito una traccia, e mentre salivo su verso il tetto ho avuto la conferma di non aver perso niente da sola.
    È proprio l'ora giusta, niente da ridire su questo. Li abbiamo fatti anche noi i deficienti sui tetti degli altri a guardare lo skyline di Manhattan. E ci piaceva, e un cielo del genere sarebbe piaciuto un casino anche a Lucian. Voglio pensare che adesso possa vedersi tutti i cieli del mondo, ovunque sia, se qualcuno ha avuto pietà di concederglielo un qualche paradiso, che qualcuno abbia almeno ascoltato le mie di richieste.
    Ci sarebbe piaciuto un casino, ma ora, forse proprio per questo, mi si è indurito il cuore.
    «C'è poco da brindare, è stata una cazzata immane.»
    Sono diventata più intransigente. Forse proprio perché sono stanca e perché non mi va di ricordare proprio niente, si imbruttisce tutto adesso.
    «E non sono dottore.»
    No, tecnicamente non sono un dottore. Sono una che ci prova, che dovrebbe forse stupirsi anche di più per essere riuscita ad arrivare fin qui, ma non mi riesce gioire di niente adesso, di nessuno sforzo, di nessun traguardo. Mi avvicino per guardarlo.
    «Posso riavere il mio badge o aspetto che tu finisca?»

    Vivianne
    Comstock
    Dixon.

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  2. .
    Horace A.
    Online

    17 Giugno 2023

    Ehi, come è andato il rientro?
    8.50


    Non ho ancora capito come hai fatto,
    ma Ben si è quasi ripreso del tutto...
    8.50


    Da me non ho fatto niente.
    La cura è stata formulata da Macusa e
    Sacred
    14.09✓✓


    Ho solo fatto in modo che
    sentisse meno male possibile
    14.10✓✓


    Era il massimo che si potesse fare
    14.10✓✓


    Tienilo a riposo
    14.11✓✓


    Sì, lo faccio.
    14.15


    Ti hanno detto qualcosa, quelli del
    Macusa? Per quello che hai fatto?
    14.15


    No. Lo scopo era che non lo sapessero
    14.30✓✓


    Non te lo voglio fare un terzo grado, ma
    io e Ben non staremo chiusi a lungo nel
    nostro posto. Abbiamo qualche responsabilità, ma voglio capire quanto
    di questo aumenterà i casini con tuo
    padre, e come... per favore.

    Che se finisco nella merda io, non è un
    problema, ci navigo dentro. Ma non ero
    venuto da te per complicarti la vita.
    14.45


    È andata come doveva andare.
    Ho cercato di dirgli il meno possibile
    e di sistemare le cose nel modo giusto.
    Non dovreste avere problemi con lui
    15.02✓✓


    Senti, penso che non ci
    dovremmo vedere più
    15.07✓✓



    È la cosa migliore per tutti
    15.07✓✓



    Ti ha messo sotto chiave?
    17.25


    No, sul serio
    È meglio per tutti
    17.30✓✓


    Non sarò il più sveglio in circolazione,
    e va bene. Ma tu non hai il senso
    dell'umorismo.

    Dimmi perché sarebbe meglio. Per
    favore.
    17.35


    Perché sono successi veramente troppi
    casini ed è meglio che le cose cambino.
    Non posso più permettermi di fare
    casini. Voi avete le vostre responsabilità,
    si finisce per crearci problemi e pestarci i
    piedi a vicenda. Io non posso permettermelo.
    17.37✓✓



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  3. .
    Saluta Jesse, Søren si limona, no ske ancora no #verysad, e poi Mitja e tutta la gente che sta lì.

    beatrice
    beatrice
    beatrice
    beatrice
    beatrice
    lemoine
    Sei partita con anticipo, già lo sapevi, lo sentivi che era necessario, altrimenti le luci e le musiche sarebbero state subito troppo violente per te, che adesso passi le notti sveglia per più di una ragione, l'una più grave dell'altra. E hai cominciato allora ad abituarti alla luce notturna, a discernere con più chiarezza le ombre, certi tipi di sagome lente che scivolano lentamente anche quando sembrano completamente immobili. Non sono tuoi a volte questi occhi, a volte lo pensi, negli intervalli in cui il tuo passato e il tuo passato ancora più remoto, ora presentificato, si scollano, non collimano. Ma cominciano a diventare intervalli sempre più brevi, compaiono solo certe volte, con meno regolarità, come scosse sismiche, balzi che ti fanno saltare dentro, ti tolgono qualche battito e ti tagliano l'aria. Ma dura sempre meno.
    Sei partita con anticipo, con una premeditazione; ormai la spensieratezza va cercata, non si attacca più spontaneamente addosso, e sempre più difficilmente si lascia trovare. È una delle nuove sfide, anche se sembra una cosa stupida. È che tutto adesso sembra importante, tremendamente importante, fin tanto che vivi nell'incertezza di non sapere per quanto ancora potrai anche solo stringere con questa tranquillità la mano di Søren. Le cose erano più semplici prima, quando ancora neanche riuscivi ad accorgertene, quando già tutto sembrava complicato. Ma quella complicatezza era profondamente innocente, adesso è diventato difficile, se lo metti a confronto. E non è questa la parte più complessa, quella che viene da Søren e da una serata come questa, viene sempre tutto da te. Per te non esisteranno forse mai serate come queste da potergli offrire alla stessa maniera. Proprio per questo questa serata, così collocata fuori dalla solita, seppur fragile, quotidianità, deve diventare paurosa, da ricordare. Deve far paura immaginare che possa persino essere l'ultima. Tragico, troppo tragico se detta così, avanti, ma una cosa non necessariamente deve finire drammaticamente nel sangue per terminare. Basta molto meno, basta cominciare a provare veramente paura e, a causa di essa, fare scelte sagge ma sofferenti.
    Come se fosse l'ultima, c'è il rischio che diventi una filosofia di vita, ma nel tuo caso in maniera molto meno ingenua.
    «Sì, sono palesemente la tua mammina che ti accompagna alla festa di scuola.» gli rispondi scivolandoci su quel cliché che dal tono più dolce e paterno di lui finisce nel tuo che si veste di una nota più evidente di malizia.
    Sei partita con anticipo, anche per tollerare questi suoni forti, tutte queste persone. Che forse appoggiarti a Søren in tutti questi modi è anche il modo per sopportarlo. Lasciarsi scivolare un po' le mani addosso come due adolescenti che si devono aggrappare un po' per stabilire un primato, un po' per sentirsi dell'altro, un po' per gioco, un po' per necessità, un po' perché si è stupidi, un po' perché si è troppo intelligenti per staccarsi dalla propria ancora.
    «Ma non farti prendere troppo, sennò ci parte la botta e torniamo indietro tutti insieme.»
    Che non sarebbe male, che è un po' l'intento alla fine, tornare indietro. Sì, ma non troppo, non così tanto da ignorarla quella paura che ti fa stringere di più alle cose adesso, mentre forse prima davi tutto molto più scontato.
    Ma basta Justin, basta che arrivi il festeggiato, e allora scoppia come una bomba di ovazioni, e diverse battute di Silver Wings saltano tutte assieme rovinando il fragile incantesimo.
    «Sapessi la noia. Bentornato Jesse…» gli dici, quando riesce a intercettarvi, allungandoti verso di lui per stringerlo e salutarlo con un abbraccio, prima che venga rapito di nuovo, perché c'è tanta gente, veramente tanta.
    Prendi il bicchiere tra le mani di Søren, mentre l'altro braccio ritorna ad aggrapparsi dietro il suo collo. Ci butti un occhio dentro soltanto per provare a capire, dal colore e dalla trasparenza falsata dalla plastica rossa, cosa aspettarti. Butti giù un sorso e colpisce subito.
    «Søren, cazzo.» Strizzi gli occhi, arricci il naso e ti tamponi un colpo di tosse direttamente con il dorso della mano, volgendo appena la testa per non tossirgli direttamente negli occhi.
    «Ma sono francese io, oh!» anche se nel dirlo vorresti calcare di più l'accento, ma la gola ti punge e la voce esce strana, terribilmente rauca. Tutto tranne che parigina. Fa ridere, ti frega da sola.
    Parte il brindisi, fai per allungargli il bicchiere, poi te lo riporti alla bocca e butti giù di nuovo. «Ora muoio.» ancora più rauco.
    «Andiamo dal tuo fidanzato, va'.» ci aggiungi indicando Mitja sollevando il bicchiere in sua direzione, come per rispondere al suo gesto da lontano, prima di muoverti effettivamente nella sua direzione in mezzo alla calca della gente che cerca Jesse.
    «Guarda, Mitja, mi vuole già ammazzare. Fa' qualcosa!» gli dici quando sei abbastanza vicina perché ti possa sentire in quel caos, salutando con un gesto i presenti che ancora non conosci.
    assassin
    recruit
    spirit perceiver empathetic 27 y.o. mother italian-french
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  4. .

    Nada only Jesse <3



    dionne ochoa
    Ti rimbalzi la borraccia da una mano all'altra, te la incastri poi ad un anello della borsa, giunto per non sembrare troppo fuori luogo. Forse una puntura leggera di noia, mentre continui a girare tra i tavoli osservando tutte le vivande lì disposte e già mezze spolverate. Si devono essere raccomandati, ad un certo punto, di aspettare il festeggiato, ma deve essere durata pochissimo. Comunque non hai fame, l'acqua ti basta. Ti è sembrato di aver imparato qualcosa in più sulla tua natura, tutto il tempo che sei rimasta ad Antigua, a casa. È come se questa città, nel bene e nel male, finisse per costringerti ad una certa pressante "umanità". Non è terribile, ma a volte rischia, involontariamente, di gonfiare le bolle d'aria dentro l'acqua, la fanno gorgogliare, fino a bollire: l'asfalto li brucia i piedi. È bello tornare a casa, è bello non sentire nemmeno la spasmodica necessità di appartenere per forza a qualcosa, di avere radici per forza così profonde. Fa parte della tua natura: il galleggiamento, il fluttuare trasportata da correnti fredde e calde. Le radici sono solo filamenti che di tanto in tanto si incastrano tra qualche sasso, tra qualche scoglio, prima dell'onda che li sollevi di nuovo.
    Il fatto è che tu il largo lo prendi, ti spingi fino in mare aperto, trascinata da correnti naturali, silenziose e, a volte, persino meno crudeli. Però torni sempre, scivoli sempre verso queste sponde. Non per nostalgia, non per paura di vedere le stagioni cambiare, nemmeno perché questa è casa tua adesso, ma, di nuovo, perché ci sono delle risacche che un po' ti incastrano tra queste onde. Il tempo di restare incastrata e poi ripartire di nuovo con la serenità di chi poi prima o poi ritorna. Prima o poi ritorna.
    Non c'è fretta, prima o poi le correnti vi spingeranno di nuovo anche all'interno di questa stanza, e nel momento in cui fai tuo questo pensiero, una scia improvvisa ti sorprende, ti spedisce direttamente contro Jesse, come se le stagioni davvero non fossero passate. E allora anche tutto il resto, tutto il caos della gente intorno, comincia a importare poco adesso che ti senti grata e quasi inorgoglita dal fatto che ti abbia notato come fossi un faro in mezzo alla gente. Il privilegio di chi gli può stringere il viso con le mani che un po' tremano, colte alla sprovvista, e premere alla stessa maniera le labbra sulla sua bocca, a dispetto pure di tutta la gente che cerca ancora di rivolgergli un saluto o un contatto.
    «Macché venerare, avevo paura ti fossi già dimenticato di me.»
    Anche soltanto adesso, in mezzo al caos, difficile notarla apparentemente. Non urla, non solleva bicchieri. Apparentemente difficile notarla in mezzo a tutte quelle onde.
    «È bello che sei qui.», stringendo i bordi della sua maglia.
    È bello davvero.
    mermaid
    29 y.o.
    antigua
    caribbean
    journalist
    activist
    If we don't know what we're speaking and we are not who we've been there's a chance we're only waking from a dream. How will we be in that waking? How will we be in the womb?
  5. .
    Horace A.
    Online

    17 Giugno 2023

    Ehi, come è andato il rientro?
    8.50


    Non ho ancora capito come hai fatto,
    ma Ben si è quasi ripreso del tutto...
    8.50


    Da me non ho fatto niente.
    La cura è stata formulata da Macusa e
    Sacred
    14.09✓✓


    Ho solo fatto in modo che
    sentisse meno male possibile
    14.10✓✓


    Era il massimo che si potesse fare
    14.10✓✓


    Tienilo a riposo
    14.11✓✓


    Sì, lo faccio.
    14.15


    Ti hanno detto qualcosa, quelli del
    Macusa? Per quello che hai fatto?
    14.15


    No. Lo scopo era che non lo sapessero
    14.30✓✓


    Non te lo voglio fare un terzo grado, ma
    io e Ben non staremo chiusi a lungo nel
    nostro posto. Abbiamo qualche responsabilità, ma voglio capire quanto
    di questo aumenterà i casini con tuo
    padre, e come... per favore.

    Che se finisco nella merda io, non è un
    problema, ci navigo dentro. Ma non ero
    venuto da te per complicarti la vita.
    14.45


    È andata come doveva andare.
    Ho cercato di dirgli il meno possibile
    e di sistemare le cose nel modo giusto.
    Non dovreste avere problemi con lui
    15.02✓✓


    Senti, penso che non ci
    dovremmo vedere più
    15.07✓✓



    È la cosa migliore per tutti
    15.07✓✓



    Ti ha messo sotto chiave?
    17.25


    No, sul serio
    È meglio per tutti
    17.30✓✓



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    Edited by .happysong. - 13/7/2023, 15:57
  6. .
    Horace A.
    Online

    17 Giugno 2023

    Ehi, come è andato il rientro?
    8.50


    Non ho ancora capito come hai fatto,
    ma Ben si è quasi ripreso del tutto...
    8.50


    Da me non ho fatto niente.
    La cura è stata formulata da Macusa e
    Sacred
    14.09✓✓


    Ho solo fatto in modo che
    sentisse meno male possibile
    14.10✓✓


    Era il massimo che si potesse fare
    14.10✓✓


    Tienilo a riposo
    14.11✓✓


    Sì, lo faccio.
    14.15


    Ti hanno detto qualcosa, quelli del
    Macusa? Per quello che hai fatto?
    14.15


    No. Lo scopo era che non lo sapessero
    14.30✓✓


    Non te lo voglio fare un terzo grado, ma
    io e Ben non staremo chiusi a lungo nel
    nostro posto. Abbiamo qualche responsabilità, ma voglio capire quanto
    di questo aumenterà i casini con tuo
    padre, e come... per favore.

    Che se finisco nella merda io, non è un
    problema, ci navigo dentro. Ma non ero
    venuto da te per complicarti la vita.
    14.45


    È andata come doveva andare.
    Ho cercato di dirgli il meno possibile
    e di sistemare le cose nel modo giusto.
    Non dovreste avere problemi con lui
    15.02✓✓


    Senti, penso che non ci
    dovremmo vedere più
    15.07✓✓



    È la cosa migliore per tutti
    15.07✓✓


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  7. .
    Horace A.
    Online

    17 Giugno 2023

    Ehi, come è andato il rientro?
    8.50


    Non ho ancora capito come hai fatto, ma Ben si è quasi ripreso del tutto...
    8.50


    Da me non ho fatto niente.
    La cura è stata formulata da Macusa e Sacred
    14.09✓✓


    Ho solo fatto in modo che
    sentisse meno male possibile
    14.10✓✓


    Era il massimo che si potesse fare
    14.10✓✓


    Tienilo a riposo
    14.11✓✓


    Sì, lo faccio.
    14.15


    Ti hanno detto qualcosa, quelli del
    Macusa? Per quello che hai fatto?
    14.15


    No. Lo scopo era che non lo sapessero
    14.30✓✓



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  8. .
    Horace A.
    Online

    17 Giugno 2023

    Ehi, come è andato il rientro?
    8.50


    Non ho ancora capito come hai fatto, ma Ben si è quasi ripreso del tutto...
    8.50


    Da me non ho fatto niente.
    La cura è stata formulata da Macusa e Sacred
    14.09✓✓


    Ho solo fatto in modo che
    sentisse meno male possibile
    14.10✓✓


    Era il massimo che si potesse fare
    14.10✓✓


    Tienilo a riposo
    14.11✓✓




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  9. .
    Ohh welcome! Io sono la Gine! Benvenutissima in questo angolino di mondo magiko <3
  10. .
    Salutino a Mitja con la manina e poi niente sta già di fuori come una pigna con Søren

    beatrice
    beatrice
    beatrice
    beatrice
    beatrice
    lemoine
    È mia intenzione aiutare la loro rivoluzione.
    Gli occhi ti si aprono diversamente la mattina, appena ti svegli. Forse perché si aprono ad ore dove ancora tutti dormono e il cielo è di tonalità ancora estremamente notturne. Ci sono notti in cui non ti riesce dormire, notti in cui ti ritrovi come un gatto a guardare e miagolare a fantasmi che sono soltanto nella tua testa, nel modo con cui si sovrappongono certe immagini, certi ricordi, memorie di tempi lontani, troppo lontani per essere i tuoi. Aveva ragione Callum, sarebbe stato tutto diverso dopo aver visto con i tuoi occhi ciò che c'era dentro l'Animus, ciò che ha voluto mostrarti di ciò che hai dentro, come sottilissime cicatrici, come matrici che si ripetono di secolo in secolo e rimangono custodite dentro il sangue, dentro le ossa, forse pure lo spirito. Aveva ragione, sarebbe stato diverso, ha spazzato via diversi dei tuoi dubbi, persino delle tue titubanze e perplessità. Paradossalmente, è stato come un ritornare a casa all'improvviso, niente di così straniante come immaginavi, niente di così impossibile. Allucinante, folle, sconosciuto e distante, sì, tutto questo sì, ma alla fine è stato come se ti avessero tolto una spina. Una sensazione che non si spiega bene. T'è sembrato di appartenere a qualcosa, o meglio di appartenere a te stessa, più di quanto tu abbia mai provato. E questo ti ha dato forza, più di quanta tu ne potessi davvero immaginare, e se non è forza quantomeno è speranza, e se non è speranza è consolazione. A te, che ti è sempre servito qualcuno a cui appartenere, sentire di farlo a te stessa è una sensazione decisamente bella, nonostante tutti i doveri, i grossi rischi di cui, attraverso il tuo sì, devi farti carico ogni singolo giorno, nonostante il credo e questo strano viaggiare in equilibrio, su un filo sottile, quando si tratta della tua famiglia.
    Gli Assassini hanno sempre fatto anche questo, insorgere con i rivoltosi per infiammare il mutamento della società.
    Ma sembra tutto tranne che questo stasera. Sono un eco le parole di Callum, uno lontano - sapevi già di doverne prendere le distanze questa notte. Ma ti mettono pace, lasciano una scia, il residuo tiepido di un senso di sollievo. Era qualcosa a cui, del resto, in realtà non potevate di per sé mancare. Già solo per quanto ci tiene Mitja, e perché Justin resta un amico. Perché è il lato della famiglia che hai sposato, indipendentemente da come sono andate le cose e si sono diciamo evolute negli ultimi tempi. Perché adesso può diventare tutto molto difficile, molto più difficile di così, e sai che in un certo senso c'è bisogno anche di questo, di immergerti in quella parte della vita nuova di Søren, forse l'unica che possiate ancora condividere per davvero. Altrimenti cosa vi resta?
    Søren ha una resilienza disarmante. Forse ci è nato e basta per essere questo, per questa trasformazione, forse doveva semplicemente succedere, aspettava soltanto questo e finalmente è completo. Era la sua storia che doveva realizzarsi. Oppure è semplicemente nato per adattarsi, per essere realmente un uomo d'acqua. Mentre a te tutto fa soffrire, ogni piccolo cambiamento è doloroso e faticosissimo, lui invece lo ingloba, lo lascia penetrare e si ridefinisce, costantemente, senza mai cambiare nelle cose importanti, senza perdere di vista delle costellazioni fisse.
    Scendi nel seminterrato e la musica forte e martellante ti fa strizzare subito gli occhi, ti attacca così di impatto i timpani, forse anche perché la testa già ti vorticava un po' di per sé, anche se pure in questo la tua percezione è cambiata, nel modo che hai di non lasciarti sfuggire proprio più alcun dettaglio, anche quando la tua attenzione vorrebbe non essere così alta. Una sorta di deformazione di qualcosa a cui qualcuno, prima di te, doveva essere molto più avvezzo.
    Ti guardi attorno, in mezzo alla gente, per cercare quantomeno di scorgere Mitja e salutarlo con un cenno della mano sollevata quasi fin sopra la testa.
    Questa sera hai deciso di affrontarla in una certa maniera, una molto precisa, una che con tutto il caos rischia di andare perduta. Lo farebbe anche nella completa normalità del quotidiano, del banale.
    «Vedi qualcuno da salutare? Ne conosci qualcuno?» chiedi a Søren. Sai già che ci saranno nuove presentazioni da fare, del resto non ha potuto fare altro che affidarsi a Mitja in questo periodo, per tutta la parte delle "estreme novità". Ci sarà un branco ad un certo punto, se non c'è già. Ci sarà da appartenere ad una famiglia più grande, forse già questa.
    C'è una cosa di cui ora più che mai non ti vuoi dimenticare, ed è il fatto che siate stati insieme una volta, che siate stati altro da questo, ma un altro che è andato perduto o che è morto sotto il peso di tutti i drammi e le banalità della vita. È semplicemente rimasto lì sotto, sotto tutti gli strati, forse un po' sepolto, ma non ancora del tutto soffocato - Dio, speriamo di no. È dannatamente importante ricordarselo. Stasera? Sì, e quando sennò? Non c'è tempo, non c'è mai tempo, neanche la notte quando ti ritrovi come i gatti sui tetti ad ascoltare sussurri di fantasmi del passato.
    «Mi prendi da bere?» mentre tu ti distrai e a scorrere sullo schermo del cellulare una lista relativamente lunga, mentre con l'altra mano razzoli e cerchi nella borsa gli ultimi airpods funzionanti.
    Forse a sorpresa, forse che nemmeno se lo aspetti. Meglio, ti va proprio di vedere la sua faccia quando all'improvviso si ritrova sul molo di Staten Island ad aspettare che cali il sole e arrivi la pioggia.
    «Senti una cosa.» gli dici passandogli la auricolare e di nuovo girellando tra le canzoni sullo schermo del cellulare. E arrivata quella giusta, aspetti due secondi, due che parta la sua Silver Wings, e poi ti tieni una bocca sulla mano per ridere, già solo per l'estrema dissonanza con tutto ciò che vi circonda e che entra dall'altro orecchio. Senza un motivo. Ridi anche perché non ci sta un motivo se non quello, tornare improvvisamente indietro a quel bar marcio di Staten Island. E allora guardi la sua espressione, continuando a ridere e gli prendi intenerita il volto tra le mani per lasciare un bacio sulla sua guancia.
    assassin
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    metamorphomagus – 25 y.o. – supporter – brooklyn




    Fa impressione come lo dici. È come se ce lo avessi dentro da sempre e solo adesso lo tiri tutto quanto fuori. Fa quasi paura.
    Vorrei anche dirti che se non importa un cazzo allora probabilmente neanche dovrei starci al Sacred Hospital. Non per stasera, non per quello che è successo, ma in generale, dovrei rivedere tutte le mie scelte. Vorrei dirti che non è giusto, che sei incoerente perché dovresti essere partito per questo, perché quando ti ho chiesto di restare e tu sei voluto tornare laggiù sul campo, dove hai perso anche la gamba, tu avresti dovuto farlo per il dovere che hai verso questa cazzo di nazione, comunità, per la gente. Non dovrebbe essere così? No, per te non lo è mai stato, papà, per te non è mai stato questo. Lo sappiamo tutti. E allora sei incoerente per un motivo in più, perché a te non è mai fregato un cazzo di salvarti, di tenerti al sicuro, quantomeno per me, quando ero io cazzo a chiedertelo, perché quando hai potuto scegliere lo hai fatto e hai scelto di andartene. Perché questo non vale? Perché questo funziona solamente in una direzione? Perché se muori te invece ha più senso? Se mi lasci di nuovo da sola allora vale? Allora ti sta bene? Sei incoerente ed egoista così.
    Non è giusto, così non è giusto.
    Aspettavo solo questo, probabilmente, che tu lo dicessi.
    Che le cose non stanno andando bene. Che non va bene. Saperlo è una cosa, sentirselo è una cosa a sé, ma sentirtelo dire è come una sorta di sentenza o di verità marchiata nell'aria. Ed è cominciato forse solo adesso il peggio per me, da quando non c'è più Lucian ed io non so come fare. Prima stavamo bene dopotutto. E non andava bene. Già non andava bene.
    Mi sento così male. È una frase che mi spalanca di nuovo un buco nel petto e che non riesce a trattenere le lacrime che cominciano a scendere e a rigare il viso, ne sento quasi il peso dei solchi. Non mi riesce pensare più a niente, tranne che a questo, a queste parole, rimanendo a fissare il vuoto, un angolo del divano, dei tuoi piedi, delle tue ginocchia, mentre continuo a rigarmi il viso. Non riesco a pensare ad altro.
    Al fatto che sia sbagliata. Che abbia sbagliato qualsiasi cosa. Che forse vale pure la pena lasciarmi, perché non ho fatto altro che dimostrarmi un fallimento. Ecco, è questo che adesso mi apre dentro, sapere di essere un fallimento, nonostante tutti gli sforzi. Nonostante gli sforzi rappresento solo una delusione, prima per te e poi per tutti gli altri, compresa me stessa.
    Tutto.
    Perché vuol dire che non sono più in grado di fare niente da me. Perché sono un pericolo ambulante, per me stessa, perché non sono attenta abbastanza, non sono furba abbastanza, abbastanza incapace da non potermi più permettere di scegliere per conto mio.
    E allora sai che c'è? Che forse da quando c'è stato Lucian davvero è peggiorato tutto, davvero non ho fatto altro che rischiare di morire. Come se non fosse perché in fondo, credo ancora, che ci sia qualcosa che continua a renderci uguali, a me e a te. E a te comunque non sta bene, per tutti i motivi del mondo. Ma non posso farci niente. Io sono così. Per niente diversa da questo.
    Ho detto ad Horace, a questo punto, di non potergli assicurare più niente, di non poter mantenere più alcuna promessa. Era il prezzo che doveva pagare lui.
    «La persona per cui mi serviva la cura. Erano due compagni stretti di Lucian. Non sono della mafia, si conoscevano sin dai tempi in cui stavano tutti a Detroit, erano amici niente di più.» lo dico a voce bassa, grattata dal nodo che mi si è stretto alla gola.
    Meglio partire dall'elefante nella stanza, da tutto quello che è successo stasera e finirla, finirla velocemente con le cose per cui devo imputarmi da sola stasera.
    «Anche loro wendigo.» è difficile da dirlo. Vorrei aggiungere, accavallare altre parole, per dirti quantomeno che sono più innocui di Lucian, che a loro manca quell'implicazione dovuta all'essere parte di una cosa tanto pericolosa. Ma è inutile, so che non serve a niente adesso cercare di convincerti di qualche cosa che hai già deciso di non voler sentire.
    «Non sapevo fossero lì anche loro, e non so per quale motivo. Uno di loro, quello non contagiato, ha chiamato subito me per supplicarmi di aiutarlo. Non volevo lasciarli morire.»
    Anche se non credo ti importi, se pensi che tutto il resto di quel palazzo potesse andare a farsi fottere. Ma a me importava, a me importava che non morissero. È così sbagliato? Cristo, è così sbagliato cercare di aiutare qualcuno a sopravvivere? È davvero così crudele e disumano il mondo in cui viviamo, papà? Dovremmo diventare anche noi così per questo?

    Vivianne
    Comstock
    Dixon.

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  12. .
    emeraude
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    kabakov
    Era l'ora. Sì, è un pensiero costante, ma, del resto, è una tua prerogativa vivere con una certa fretta. Lo hai sperimentato con tua figlia, rendendoti conto di quanto tempo sia stato necessario per ridarle quel braccio che solo ora impara di nuovo a utilizzare, come se non fosse una cosa naturale, come se un arto ce lo avesse ora per la prima volta. Troppo piccola, troppo semplice dimenticare cose così naturali. Troppo tempo. Quando passa troppo tempo da qualcosa diventa difficile, sempre più complesso metterci le mani. È vero anche che questa è una cosa totalmente diversa, che qui una distanza serve, serve per calmare gli animi, per guardare con più lucidità un disegno che nella stretta prossimità non appare, restano solo macchie gigantesche di un colore solo, non appare lo schema. Non si poteva fare niente quel giorno. Lo hai detto a Dmitri, lo hai pensato guardando lo schermo del televisore frizzarsi all'improvviso e veder sparire Polly ed altri insieme al loro destino.
    Un cacciatore difficilmente muore di vecchiaia, nel proprio letto.
    Sì ma non così. Morire è una certezza, l'unica cosa che vi rimane da sperare è l'onore, e in questo non ce ne è alcuno.
    Quasi ironico, anche, che questo monito torni a valere di nuovo anche per te, forse proprio quando la logica avrebbe voluto vederti ancora più ritirata, ancora più assicurata ad un destino possibilmente certo. Ma non c'è niente di certo, lo hai imparato in quest'ultimo anno. La tragedia entra anche dentro le mura di casa, l'imprevisto serpeggia tra mattone e mattone e poi qualche trave la fa tremare.
    Sei grata che sia stato Rufus a chiamare questa assemblea, dopo tutto quello che è successo, e dopo tutte le faide nelle quali anche tu, come Foulger, sei rimasta coinvolta o hai rischiato di fomentare. Significa tanto, palesa delle intenzioni serie, la volontà di preservare un benessere superiore, oltre a tutte le differenze. Hai salutato Mireya, hai abbracciato tuo cugino; non importa il ruolo che ricopri adesso, quella cosa tra voi due comunque resta.
    E mentre la discussione comincia e ascolti, da un lato una sorta di sorriso si incapriccia nella tua mente: dovete avercela come vocazione, voi di sangue Foulger, quella di chiamare assemblee. No - il sorriso si intiepidisce - se non ci fosse stato quel wendigo tu non avresti chiamato proprio niente. Se non ci fosse stato quel wendigo, non sarebbero successe probabilmente tante altre cose.
    «Sì, ma non possiamo diventare neanche i paladini del MACUSA. Una volta finito con loro verranno da noi.» prendi parola dopo aver ascoltato Sadie. «Io penso sia stata invece una mossa intelligente, spostare la questione sul piano pubblico. Saranno anche terroristi per il MACUSA ma adesso la gente li conosce e con questo giochetto conosce il suo ideale.»
    Quello è un dato certo: con qualcuno devono pur prendersela, con quello sul momento più pericoloso, ma ciò non significa che si vogliano rabbonire nei vostri confronti.
    «Ha ragione Sadie, devono farne una grossa abbastanza da convincere i dubbiosi o i simpatizzanti, o anche solo i cazzo di sani di mente a prenderne le distanze. Devono fare una roba pericolosa per cui i molti non avranno voglia di scommettere, o almeno ci penseranno due volte.»
    Ma anche provocare è pericoloso, si corrono tanti rischi, troppi rischi.
    «Non sono soltanto militanti, questa roba si allarga a macchia d'olio. Giocano con le proteste, con le rivendicazioni che la comunità ha già palesato e sottoposto all'opinione pubblica. Abbiamo no human race oggi, ma questi lasciano un germe per il domani, lo stanno già facendo. Per questo bisogna agire il prima possibile senza scatenare una cazzo di guerra che ci porti alla ribalta.»
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    Edited by .happysong. - 2/7/2023, 17:07
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    niente raghi sta qui che girella con la sua borraccia e aspetta Jesse

    dionne ochoa
    Forse non sei nel tuo posto. No, forse questo è troppo anche per te.
    Definisci troppo: troppo caotico, troppe persone, troppa gente che a un progetto ci crede veramente, forse troppo, forse è più di quanto l'immaginario di Jesse potesse concepire, o forse no, forse lo sapeva sin dall'inizio, ma tu non lo avevi capito bene o lui non era stato in grado di dipingerla con tratti più nitidi quella visione. Forse non sei giusta qui, perché ti aspetti che sia tutta questa gente a ricordartelo. Forse addirittura perché sei una creatura, sì, ma troppo fluida anche per loro, anche per gente che ha i piedi ce li ha ben piantati a terra, mentre te sei acqua. Forse non sei nel tuo posto, forse non ci credi abbastanza a questo progetto, forse non lo condividi a pieno, non ti piacciono certe direzioni, quelle poi alla fine, quelle che non si possono ignorare. Ma non importa, non è per quello che sei venuta. Sei venuta perchè è tornato Jesse, e sei pure grata che qualcuno ti abbia avvertito di questa festa.
    Girelli ondeggiando le anche magre tra i tavoli, ti soffermi su ogni dettaglio, ogni colore brillante, ogni rilesso di vetro e piccole geometrie che fanno da motore e carburante alla festa. Ci hai provato una volta, sì, sempre con Jesse, ma probabilmente non lo rifaresti, no, non ce ne è bisogno. Certe cose il tuo organismo le digerisce a modo suo, in quel modo che solo le creature mitologiche rarissime in via d'estinzione patiscono. Nonostante gli anni in questa città continui a non incontrarne di creature come te. Tutto sommato siete davvero in via d'estinzione, o forse questo non è semplicemente il vostro habitat naturale. Sì, sì molto più probabile questo. Che la città ad una certa stanca. Non è il momento giusto per dirlo a Jesse, proprio adesso che se ne è uscito, ma se poi a sparire dovrei essere tu allora questo discorso meriterà affrontarlo anche con lui. Ma non stasera, no, stasera questo rimane, come tanti altri, un pensiero solamente passeggero.
    Ti stringi la tua borraccia. Vedrai che Jesse lo troverà il modo di fartela riabboccare d'acqua pulita e non di qualche altra roba strana. Sei una creatura in via d'estinzione che probabilmente guarderanno con un certo occhio quando vedranno l'acqua, semplicemente acqua, ma non importa.
    Continui a girare tra i tavoli e la gente, allungando il collo, cercando tra i gruppetti più serrati un volto familiare, perché nel caos Jesse non ti è ancora riuscito vederlo.
    mermaid
    29 y.o.
    antigua
    caribbean
    journalist
    activist
    If we don't know what we're speaking and we are not who we've been there's a chance we're only waking from a dream. How will we be in that waking? How will we be in the womb?
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    Lo che è morto, cazzo. Lo so che Lucian è morto. È morto.
    Ma un conto è se me lo dico io, che la verità posso girarla, accomodarla come voglio, come preferisco, come più riesco a tollerarla per alzarmi anche ogni singolo cazzo di giorno dal letto e vivere una giornata che non ho voglia di fondamentalmente di trascorrere. E un conto è sentirlo dire da te, e allora non ci credo, non riesco ad accettarlo, perché fa troppo male. È straziante sentirlo dire. Sento un buco in mezzo al petto, mi si gonfiano di nuovo gli occhi di lacrime e mi trema ancora la bocca.
    Lo so cosa hai sempre pensato di Lucian. So che sei stato anche paziente, troppo paziente, ma so cosa hai sempre pensato di lui. E non è vero, non è vero niente, non è giusto niente, non era un uomo da odiare, non lo era affatto, non è giusto. Combatto tutti i giorni per cercare di restituirgli una dignità, dopo una morte poi così infame e miserabile. Miserabile, lo hanno ammazzato come un cane. Voleva essere migliore, tu non sai nemmeno quanto, voleva togliersi di dosso tutti gli scarafaggi e le pulci di Detroit, di quella vita del cazzo, miserabile, ed è morto alla stessa maniera, secondo la stessa natura. Come un cazzo di scarafaggio. Se c'è una cosa che mi fa male, che mi uccide veramente, oltre al fatto in sé che sia morto, è proprio che abbia sofferto così tanto, che non sia riuscito a salvarsi e a liberarsi da niente. Io non ci posso pensare. Se ci penso è questo che mi ammazza per davvero, non la Corruzione, non l'idea di aver rischiato di nuovo.
    È questo che mi fa stare veramente male, che mentre lo dici so che lo hai sempre profondamente odiato.
    Mi apre un singulto improvviso nel diaframma, ma mi faccio violenza per cercare di ricacciare tutto quanto indietro, e cazzo se fa male, ma così male da mordersi la lingua e le labbra come se fossero il freno per impedirmi di prendere la rincorsa giù verso un pianto disperato.
    Io non voglio morire, non ho corso questo rischio per vedere quanto vicino posso andare a toccargli una mano, io non so neanche dove cazzo stia adesso Lucian. Io non voglio morire, perché ho troppa voglia di sapere la verità, e perché non ce l'ho davvero il coraggio di farlo, di morire.
    Il nome? È questo il problema? Il nome. Cinque minuti prima e neanche si sarebbe saputo che ero lì, neanche tu saresti stato in grado di ritrovarmi in mezzo a quel dedalo di volti mescolati e rimescolati poi. Quale nome? Il tuo, alla fine è il tuo, quello che ti sei fatto tu, con tutte le tue scelte, anche quelle per le quali di fronte ai miei "ti prego" hai sempre risposto "no".
    «Ho… ho capito che era Corruzione soltanto una volta dentro, poi è scattata la quarantena.»
    Lo so cosa poteva succedere. Lo so ma non ci ho pensato abbastanza, non ci potevo pensare, non ci volevo pensare. Forse proprio perché non era tra le opzioni, non era una possibilità contemplabile. Non è abbastanza, non è una giustificazione, perché ad un certo punto le cose succedono e basta, senza averle potute prevedere, contro tutta la propria forza, la propria capacità, attenzione, prudenza. Le cose succedono e basta, con una ingenuità disarmante. No, io non ho pensato in quel momento a cosa poteva succedere, a quello che avrei potuto lasciarmi dietro. Ma mi preme adesso in testa, come un ago frustrato che punge e continua a farlo, il pensiero che questa tua stessa domanda avrei potuta rivolgertela io tante e tante volte in passato, neanche troppo tempo fa, tutte le volte in cui tu hai deciso di rischiare sapendo che stavolta ad aspettare e sperare che non succedesse niente di male c'ero io.
    È giusto così?
    «Se non fossi stata lì ne sarebbero morti altri.»
    E non te lo dico cos'è che ho visto, perché ormai è andata, rientrerebbero tra tutte quelle cose che non avresti mai voluto che vedessi, eppure è successo. È successo e basta, quindi non ha senso tirarlo in ballo. Ce l'ho dentro, ormai non si toglie.

    Vivianne
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    Questo è il fondo. Perché se fino a qualche ora fa desideravo tornarmene a casa e avevo solo quello in testa, solo quella meta, solo quel desiderio di andarmene - che poi l'andare ha sempre una destinazione - io adesso non posso andare più da nessuna parte. Perché sono arrivata. E non è meglio, è forse più doloroso di qualsiasi altra cosa abbia affrontato oggi. Doloroso sapere di dover mettere le mani nella ferita e di doverlo fare proprio qui, proprio a casa. Non esiste altro posto dove potrei andare per stare meglio, per scampare al male dei tagli e dei graffi. Tanto è tutto quanto dentro: stare qui mi costringe solamente ad affrontare il fatto che non posso scappare da qualcosa che in realtà ho dentro, mi perseguita qui, proprio qui, tra lo sterno e la gola.
    Mi passo il dorso della mano sotto il naso muovendomi per sedermi sulla poltrona di fronte a te.
    Non ho imparato niente. Non ho imparato come è che si fa a non mascherare l'egoismo con una veste ben cucita di buonismo, quello con cui mi convinco di far del bene alla gente, di aiutare qualcuno, di essere utile ad una causa, giusta, corretta, e invece dall'altra parte qualcuno lo ferisco, gli spacco l'anima. Non ho imparato niente di come è che si fa a non farsi prendere in giro dagli altri, dalla storia, dal passato che torna, dalle cose ingiuste che succedono e allora provo a vendicarmi ma loro si sono già dimenticate la mia faccia e il mio nome. Non ho imparato niente sul fatto di non aspettarsi mai davvero qualcosa in cambio dalle persone. Uno deve dare quello che può, quello che vuole ma soprattutto quello che è disposto. Ed io mi aspettavo qualcosa forse anche stasera, ma la verità è che ognuno vive per sè e ruba sempre dagli altri, da quelli più ingenui che si dannano l'anima e corrono da una parte all'altra della città, e compromettono sè stessi buttando tutto all'aria. Ho buttato tutto all'aria.
    Ma sarebbero morti.
    Sì, ma ho buttato tutto all'aria, guarda come stiamo adesso.
    Non ho imparato nemmeno cosa voglia dire proteggerne alcuni prima di altri, stare dalla parte di chi è veramente importante, di quelli per cui dovrei correre più velocemente. Ho sbagliato le mie priorità e questo ci ha ferito. Ed io penso che pure questa cosa avrà un prezzo, uno da pagare sul lungo periodo, qualcosa che lascerà l'ennesima cicatrice. Ci provo, ma non mi riesce risanare niente, nemmen tra di noi.
    «Tra la roba di Lucian c'era quell'indirizzo e il nome di una persona.»
    Già, ma tanto non fregava a un cazzo di nessuno, nemmeno ad Horace, che aveva ben altro per la testa, tutto focalizzato sulla sua di problematica; risolta, cazzo, gliel'avevo appena risolta. Quel nome potrebbe essere stato l'ultimo pronunciato da Lucian, quello potrebbe essere stato l'ultimo posto visitato prima di morire. Solo a me importa del dettaglio, del dato apparentemente secondario ma al quale mi ostino ad aggrapparmi sì, perché l'evidenza ancora, invece, non è stata capace di spiegarmi come e perché sia morto veramente.
    «Dovevo vedere cos'era prima che sparisse tutto.»
    Dovevo. Non "avevo la possibilità, il modo, l'occasione, la voglia", no io dovevo. Anche la parole da sè mi vincolano a questa cosa. Non si trattava neanche più della semplice voglia di farlo, papà, lo sentivo come un dovere morale, una responsabilità nei confronti di Lucian o almeno di quello che sta diventando. Una sorta di immagine intoccabile, congelato così per come mi ha lasciato, epurato da tutte le brutture e gli sbagli che lo contaminano, che lo farebbero invecchiare, che lo rovinerebbero. Si trasmette così il ricordo solido di una persona: immacolato, il giusto per eccellenza. Mi sembra quasi adesso, papà, che ogni scelta e decisione che prendo passi dal giudizio di Lucian, come una cazzo di sfinge bloccata nel tempo che mi scruta dall'alto e che reputi tutto un errore, che mi giudichi sbagliata, cattiva, detestabile, e che quindi non mi meriti più neanche di ricordarmelo felice, quantomeno un minimo innamorato di me.

    Vivianne
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