Remix #Vol 2

Party | Wolf Wool | 29 Maggio

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    Raga è un post a cazzo di cane, chi si vuole cagare Mitja considerate che sta attaccato al tavolo con un bel bicchierozzo di vodka rigorosamente liscia e BASH

    wolf wool pack ▪ ex-whyos ▪ 30 y.o. ▪ sheetvoicemusictattooslook
    mitja

    grimes
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    Quella sera, non importava un cazzo di quello che era successo. Forse era una cosa tipicamente Grimes riuscire a dimenticare ogni merda successa di fronte ad un evento positivo, o forse era solo uno della sfilza di problematiche che rendeva lui, tendenzialmente, una testa di cazzo. Non importava, alla fine, importava solo che aveva potuto portare quella vecchia macchina fino alla prigione, dove aveva tirato su Jesse. Jesse che era fuori, Jesse che, giustamente, aveva dovuto passare anche lui quel rito di iniziazione che lo aveva portato dietro le sbarre. Non è che fosse così strano, del resto difficilmente lui o suo fratello si erano dedicati a qualcosa di legale, ed era solo una questione di tempo prima che finissero a farsi un giro al fresco. E infatti, così era stato. Normalmente qualcuno avrebbe potuto vederla come una cosa tragica, ma era sempre diverso quando uno sulla strada ci era cresciuto, e certe cose le vedeva un po’ ovunque. Poteva o non poteva essersi fatto già qualche striscia prima di mettersi in macchina, perché il pensiero che un giorno questo avrebbe potuto aggiungere alla sua collezione anche un incidente era, ovviamente, un problema che la sua testa non avrebbe mai saputo neanche considerare. Gli piaceva il fatto che adesso avessero un posto in cui poter fare cose del genere. Uno che non fosse casa Grimes, con quei pali al culo sempre presenti, e che non fosse una piccola stanza di un college che era chiaramente un capitolo bello che chiuso per lui. Dubitava qualcuno avesse davvero scommesso che avrebbe finito l’università, e in fondo alla fine non è che ci si fosse impegnato più di tanto, anche se gli mancava quel buco di culo che divideva con Austin. Era più l’atmosfera a cazzo dei dormitori, che probabilmente era a cazzo solo per lui che dei corsi se n’era sempre altamente sbattuto, che altro. Non che si lamentasse del Wolf Wool, gli piaceva anche quello di buco, sopratutto gli piaceva poter prendere e infilare tutta quella roba nel seminterrato, senza avere la rottura di palle di nessuno proprio. Ad essere onesti, non fosse stato per Lara, probabilmente ci sarebbe stata solo vodka, droga e musica troppo alta, perché difficilmente avrebbe pensato a qualcos’altro che, magari, era importante. Tipo del cibo o altre stronzate simili. Avrebbe potuto andare avanti a strisce e non rendersi neanche conto di cosa gli succedeva intorno, e questo era un dato di fatto sperimentato in più occasioni della sua vita. Quindi sì, alla fine chi se ne fregava dell’ennesimo casino che aveva fatto, Jesse era uscito, la banda si riuniva, e il resto era un problema a cui magari poi avrebbe pensato. Più probabilmente, a cui magari poi avrebbe pensato Jesse, quel povero figlio di puttana che alla fine era stato sempre l’unico con un po’ di sale in zucca, almeno fra loro due. Non che fosse difficile quando dall’altra parte c’era Mitja, che al massimo la testa poteva usarla per sfondare un muro. Come ogni volta, il suo ruolo organizzativo era stato più che altro quello da mulo da soma. Aveva preso casse di birra, bottiglie, e aveva spostato diligentemente tutto di sotto, avanti ed indietro, perché chi ormai lo conosceva sapeva che dava il meglio quando doveva eseguire, piuttosto che pensare a qualsiasi cosa. Era un accordo non scritto che ormai, dopo tutti quegli anni, era per forza un dato di fatto, e probabilmente il fatto che ogni volta che aveva cercato di pensare qualcosa fosse successo un casino quasi paradossale, al limite del ridicolo, doveva aver confermato di più la cosa. Per lui, poco ma sicuro, sì.



    NOTE OFF


    • Il Party è per la scarcerazione di Justin Grimes ed è aperto a tutti quelli che vogliono partecipare FATTA ECCEZIONE per pg del MACUSA (qualsiasi organo) e pg Cacciatori o legati ai Cacciatori (sono quasi tutte creature, legate a NHR, ci sono un sacco di cose illegali etc quindi ecco non è il caso). Considerate che è girata la voce per via messaggi sul cellulare, quindi nada this
    • Il luogo della festa è il Wolf Wool
    • È stato detto di arrivare "un po' quando cazzo vi pare dalle 21 in poi", perché siamo persone precise
    • Mitja ci tiene a dire che ci sono grossi striscioni a suon di "WELCOME BACK", in Russo e inglese perché sempre Madre Russia
    • Ci sono alcol, cibo (ragà patatine e company, che qua il cibo non è una priorità) e anche bibite analcoliche (il pensiero era quello dei cocktail, perché again la sobrietà che è). È tutto su un tavolo messo anche questo un po' a cazzo di cane, se non si è capito il mood della festa è questo
    • Ci sono un paio di poltrone messe un po' random tutto intorno, niente di fancy
    • Inutile dire che gira droga a gogo, c'è un po' di tutto messo sul tavolo perché ormai la discrezione non si sa cos'è
    • Per la musica, ci sono le classiche casse bluetooth a cui attaccare il cellulare, ma per ora l'ha scelta Mitja (mi disp per voi) e ha selezionato questa (chi la cambia si prende i fischi di Mitja)
    • Di base potete considerare che siete venuti prima ad aiutare, dopo, adesso, quando vi pare, l'orario attuale è, per comodità, le 22.00

     
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    Lara Lilnoir
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    Sta tornando tutto come doveva essere Voi tutti uniti, e questa cosa ti fa quasi esplodere il cuore di gioia. Troppe cose vi hanno divisi, troppe eventi che sovrapposti tra loro vi hanno portato ad allontanarvi. Ora non più. Mitja, Noah, Justin…Isobelle che per quanto non sia una Lycan, fa parte del branco. Tutti insieme, dopo troppo tempo, a festeggiare. E quanto sei cambiata Lara, tu con le tue lotte, la tua giustizia. Hai visto quanto sia marcio il sistema, quanto questo non sia pronto per un cambiamento pacifico, dall’interno. Ma uno scossone serve, ed ora lo hai compreso. Le cose non possono rimanere così ed in qualche modo qualcuno deve pur far qualcosa. E’ per questo che stai progettando di aprire il rifugio, ne hai parlato con Noah, con Mitja, soprattutto con Isy e Jesse. Ma ora non è il momento di pensarci, è solo il momento di ridere, scherzare, bere e divertirsi, con leggerezza, per una cazzo di volta. Non ti importa del come, del fatto che non sia tutto perfetto. Cazzo voi non siete perfetti, ma andate bene così. Pensi solo a qualche dettaglio in più, come a portare del cibo commestibile, patatine, snack, qualche trancio di pizza, che fate sempre in tempo ad ordinare ancora da asporto, così che non ci sian solo alcol e droga. Ci sono persino bibite analcoliche, ma non prendiamoci in giro, verranno usati e mischiati insieme all’alcol. E va bene così. Per una volta nella tua vita, davvero. Sei stanca di come vivi, dei pesi che ti addossi, dei limiti che ti imponi. Non ha funzionato niente di tutto questo, e sei stufa di rinunciare a certe cose per amore di una cosa che non vuole essere vinta giocando secondo le regole. Perciò, almeno per stasera, fanculo a tutto il resto. Conta solo Justin, il branco, gli amici. Le persone reali nella tua vita, quelle che contano tutto.
    Vedi Mitja, ti avvicini a lui con un largo sorriso, di quelli che partono dal cuore. Birra? Allunghi una mano per prenderne una a testa, un rapido movimento delle dita per stapparle. Sai, ho deciso; per stasera niente palo nel culo. Mi sono rotta. Una frase che forse non ha nemmeno un significato per altri, forse non è nemmeno corretta. Ma sai che capirà, non fosse altro per l’accesso diretto ai tuoi pensieri, una finestra sul casino che ognuno di voi ha, e da cui ognuno di voi può accedere.
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    Edited by _ZoRa_ - 1/7/2023, 14:18
     
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    Lancia bicchieri a Mitja e Lara, già comincia a fare il molesto

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    Non gli era piaciuta la piega che avevano preso le cose recentemente. Da quando Lara era tornata, poi, era diventato più reale che mai. Lei era sempre stata un punto fermo che dettava la morale di tutti gli altri e si era detto che se persino Lara aveva scelto di stare dalla parte di No Human Race, allora non c’era altra maniera. Era passato troppo tempo da quando le cose erano state difficili, quando erano morte tutte quelle persone, quando aveva fatto cazzate su cazzate per scelte del cazzo. Si era disintossicato da quella merda. Così come si era disintossicato anche dal resto. Però sembrava voler tornare a tutti i costi, rischi e pericoli. I vampiri sostituiti da qualcosa di forse peggiore, si erano fatti notare, avevano segnato una tacca e l’avevano fatto su qualcosa di innocuo.
    Si era tolto tutta quella roba dalla testa con un paio di strisce appena la musica aveva cominciato a far tremare le pareti. Gli avevano ripulito la mente, un colpo di spugna composto da un bel respiro di polvere bianca e così aveva potuto concentrarsi su tutt’altro. Era una festa. Era per Jesse. Finalmente era uscito da quella fottuta fogna del cazzo. Che poi gli avevano anche rovinato la vita, spezzato le gambe con tutto quello che avrebbe potuto fare e ora sarebbe stato difficile. Un altro motivo per lottare dall’altra parte, non quella del governo, che era così facile a condannare uno di loro e si cagava addosso a farlo con gli altri, Cacciatori, che avevano rilasciato e nemmeno cercato.
    Era seduto da un po’, stravaccato su una delle poltrone, un bicchiere mezzo vuoto poggiato sul bracciolo e sempre una nuova sigaretta accesa nell’altra mano. Era quasi il momento del secondo round, comincia a sentirla scivolare via dalle labbra, spegnersi nel sangue, appesantirgli i muscoli. La testa troppo vagante e non affilata come voleva che fosse.
    Prese il bicchiere di carta e ingurgitò con un sorso quello che restava dentro. Mirò a Lara al meglio delle sue possibilità, non eccellenti nello stato in cui era, e lanciò il bicchiere ormai vuoto verso di loro, non sapeva se avrebbe colpito Lara che aveva mirato, o Mitja accanto a lei. «Che fate, vi scambiate intimi segreti?» Urlò poi per passare sopra la musica, subito dopo, agitando una mano come a invitarli a raggiungerlo. Magari anche con il rifornimento, ma sperava che Mitja lo intuisse da solo.
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    natural traveller – alpha lycan – extreme sports influencer – iron arm – aes – sheet
     
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    ᗷOYᔕ ᗪO ᑕ(ᕼ)ᖇY(ᔕ)
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    Arriva con Horace e si impala a guardare Mitja



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    So bene che abbiamo bisogno di uscire. Che forse, per quanto le amiamo, queste mura iniziano a farsi un po' strette. Sarà che ormai siamo più di soli due fratelli. Sarà che la famiglia si è allargata naturalmente. Sarà che ho bisogno di conoscerti meglio, di esplorarti meglio, e allora sì, questa stanza finisce per starmi tanto stretta. Stretto è persino questo letto, lo sono questi vestiti, a volte.
    Per questo non ho pensato effettivamente a cosa significasse scendere giù nel queens. Non ho fatto l'elenco mentale delle persone che avremmo potuto incontrare, né ho rimesso insieme i puzzle delle parentele.
    So solo che mi sono fatto una doccia, una di quelle lunghe che finiscono l'acqua calda e poi mi sono persino vestito bene, con abiti stirati, s'intende.
    Mi sono improfumato col dopobarba, anche se a malapena mi crescono i baffi ed è con stile che sono uscito a far la spesa. Insomma, a far quello che facciamo sempre noi per campare. Almeno fino a che non ci scopriranno. Almeno finché uno dei due non finirà in carcere e allora spetterà all'altro pagare la cauzione.
    Così son tornato dalla pasticceria di Kash con una torta per dodici persone. Non so quanta gente ci sarà alla festa, d'altro canto non ho pensato nemmeno a questo: la cosa che mi ha convinto a prenderla è che la torta è stata realizzata per una certa Jessica e di Jessiche, insomma, ne è piena l'America.
    Quando l'ho aperta sul letto, ancor prima di prendere i caschi per la moto, ho passato l'indice contro "ca" per correggerne la decorazione: la crema non sa di un cazzo, ma visivamente non è così malvagia. Certo, i suoi colori toccano sfumature rosee ma sono convinto che nessuno ci farà caso.
    A svettare tra i fiorellini di marzapane e zucchero c'è scritto: "Happy Birthday Jessica!" il che mi sembra ottimo, un buon regalo, qualcosa che si rivela forse migliore di quei vasi di fiori che solitamente si portano come ringraziamento a casa di chi ospita.
    Poi oggi è il compleanno di Jesse o almeno, è questo quello che credo di aver capito quando ti ho proposto la cosa e insomma, il fatto che io non sappia affiancare un volto a questo nome non significa molto. Ci sarà comunque una festa, una festa sicura, dove possiamo andare senza sembrare strani o fuori posto: cosa potrebbe esserci di meglio?
    Poi tu sei così carino sta sera, con quel barattolo di sottaceti sotto braccio che quasi mi sciolgo. Non so da dove venga questa usanza: l'unica cosa che so io sui cetrioli è che mi hanno raccontato troppe storie cringe a riguardo.
    Storie che non ti racconterò, perché guido io e quando guido non amo parlare. Che chiederti di stringerti ai miei fianchi mi è sembrato già troppo, decisamente troppo.
    Non ti rivolgo la parola nemmeno quando parcheggiamo e il casco lo ripongo nel bauletto. Ma non perché io si arrabbiato con te, affatto: semplicemente ho voglia di fare quello misterioso, sensuale.
    Sexy anche mentre reggo tra le braccia una torta di compleanno palesemente rubata.
    Accattivante, quando superandoti per entrare, mi fermo, immobile, alla vista di Mitja Grimes.
    Non ti ho mai raccontato, Ho, quanto fosse figo quello lì.
    Facciamo che non te lo racconto nemmeno adesso.
     
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    𝔅𝔩𝔬𝔬𝔡 𝔄𝔫𝔱𝔥𝔢𝔪
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    Entra con Ben e, coattissimo, va diretto a salutare il bro ( Mitja) e omaggiare la festa.
    Con i cetrioli. Al centro della tavola. Scusatelo.
    Ciao anche a Lara e Noah :3

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    horace armstrong
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    I giorni belli servono anche a me, e questo è un cazzo di giorno bello. Uno di quelli in cui posso guardare Quentin - male ok? - e dirgli che il Nido glielo affido per una notte, che non so neanche se ci torniamo su due gambe a casa o se è una festa di quelle in cui ti svegli sul divano di qualcuno, dopo aver sudato tutto l'alcol che hai bevuto.
    Comunque sia, voglio farlo. E' da tanto che non ci facciamo un giro trai lupi, veri e propri. Anche se della nostra bestia stasera c'è poco, la luna quasi piena tiene a bada gli istinti, so che la catena alimentare ha una certa importanza, ma che noi siamo gli esterni.
    Non siamo bestie da branco, ma lo siamo per gli amici. E oggi pare che torni un amico.
    Così si, mentre tu facevi il ladruncolo da Kash, io mi sono girato i pollici finché non ho accettato che con tutta. la merda che berremo servirà dell'acido corrosivo: sotto forma di due kg di cetriolini sotto aceto ben sigillati.
    Li tengo con una mano mentre guidi tu.
    La torta è in bilico e penso che ci arrivi dritta solo perché qui qualcuno ha un buon equilibrio. E ti ho sorriso prima di salire in moto, come sorrido ora tra le luci stronze del Queens. Lo so che vuoi silenzio quando guidi, ed io non voglio perdere il collo per questo. Quindi il silenzio me lo faccio andare bene, seguendoti fino all'ingresso di casa.
    Si fino a quando ti pianti. Ed io ti passo accanto. Punto a Mitja, che poi è dove guardi tu, no? Mi tengo un sorrido idiota, figlio di due birre con cui abbiamo carburato prima, o almeno l'ho fatto io, e lo saluto con una manata sulla schiena.

    "Ehi, amico!"
    Alzo la voce oltre la musica, che è un frastuono degno di chi qualcosa l'ha già presa per poter reggere quei bassi che gracchiano. E lo dico, si, ma poco prima di far sobbalzare il tavolino con il vaso di cetrioli. E riempirmi un bicchiere di qualunque cosa ci sia su questa tavola. Conoscendolo, è vodka.

    Un cenno anche alla ragazza (Lara) e al tipo (Noah) che penso di aver visto da qualche parte, forse ad un'altra festa qui, forse in giro per gli affari del No Human. Il Nido lo so che va a rilento, ma non siamo neanche nati come cellula, lo siamo solo diventati. Nonostante questo, di quegli stronzi vado piuttosto fiero, lo sai, Ben.
    E dove cazzo sei? Dai, vieni qui che ti faccio cenno di raggiungermi e che ho riempito uno shot anche per te, il primo di non-voglio-sapere-quanti.
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    niente raghi sta qui che girella con la sua borraccia e aspetta Jesse

    dionne ochoa
    Forse non sei nel tuo posto. No, forse questo è troppo anche per te.
    Definisci troppo: troppo caotico, troppe persone, troppa gente che a un progetto ci crede veramente, forse troppo, forse è più di quanto l'immaginario di Jesse potesse concepire, o forse no, forse lo sapeva sin dall'inizio, ma tu non lo avevi capito bene o lui non era stato in grado di dipingerla con tratti più nitidi quella visione. Forse non sei giusta qui, perché ti aspetti che sia tutta questa gente a ricordartelo. Forse addirittura perché sei una creatura, sì, ma troppo fluida anche per loro, anche per gente che ha i piedi ce li ha ben piantati a terra, mentre te sei acqua. Forse non sei nel tuo posto, forse non ci credi abbastanza a questo progetto, forse non lo condividi a pieno, non ti piacciono certe direzioni, quelle poi alla fine, quelle che non si possono ignorare. Ma non importa, non è per quello che sei venuta. Sei venuta perchè è tornato Jesse, e sei pure grata che qualcuno ti abbia avvertito di questa festa.
    Girelli ondeggiando le anche magre tra i tavoli, ti soffermi su ogni dettaglio, ogni colore brillante, ogni rilesso di vetro e piccole geometrie che fanno da motore e carburante alla festa. Ci hai provato una volta, sì, sempre con Jesse, ma probabilmente non lo rifaresti, no, non ce ne è bisogno. Certe cose il tuo organismo le digerisce a modo suo, in quel modo che solo le creature mitologiche rarissime in via d'estinzione patiscono. Nonostante gli anni in questa città continui a non incontrarne di creature come te. Tutto sommato siete davvero in via d'estinzione, o forse questo non è semplicemente il vostro habitat naturale. Sì, sì molto più probabile questo. Che la città ad una certa stanca. Non è il momento giusto per dirlo a Jesse, proprio adesso che se ne è uscito, ma se poi a sparire dovrei essere tu allora questo discorso meriterà affrontarlo anche con lui. Ma non stasera, no, stasera questo rimane, come tanti altri, un pensiero solamente passeggero.
    Ti stringi la tua borraccia. Vedrai che Jesse lo troverà il modo di fartela riabboccare d'acqua pulita e non di qualche altra roba strana. Sei una creatura in via d'estinzione che probabilmente guarderanno con un certo occhio quando vedranno l'acqua, semplicemente acqua, ma non importa.
    Continui a girare tra i tavoli e la gente, allungando il collo, cercando tra i gruppetti più serrati un volto familiare, perché nel caos Jesse non ti è ancora riuscito vederlo.
    mermaid
    29 y.o.
    antigua
    caribbean
    journalist
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    If we don't know what we're speaking and we are not who we've been there's a chance we're only waking from a dream. How will we be in that waking? How will we be in the womb?
     
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    Salutino a Mitja con la manina e poi niente sta già di fuori come una pigna con Søren

    beatrice
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    lemoine
    È mia intenzione aiutare la loro rivoluzione.
    Gli occhi ti si aprono diversamente la mattina, appena ti svegli. Forse perché si aprono ad ore dove ancora tutti dormono e il cielo è di tonalità ancora estremamente notturne. Ci sono notti in cui non ti riesce dormire, notti in cui ti ritrovi come un gatto a guardare e miagolare a fantasmi che sono soltanto nella tua testa, nel modo con cui si sovrappongono certe immagini, certi ricordi, memorie di tempi lontani, troppo lontani per essere i tuoi. Aveva ragione Callum, sarebbe stato tutto diverso dopo aver visto con i tuoi occhi ciò che c'era dentro l'Animus, ciò che ha voluto mostrarti di ciò che hai dentro, come sottilissime cicatrici, come matrici che si ripetono di secolo in secolo e rimangono custodite dentro il sangue, dentro le ossa, forse pure lo spirito. Aveva ragione, sarebbe stato diverso, ha spazzato via diversi dei tuoi dubbi, persino delle tue titubanze e perplessità. Paradossalmente, è stato come un ritornare a casa all'improvviso, niente di così straniante come immaginavi, niente di così impossibile. Allucinante, folle, sconosciuto e distante, sì, tutto questo sì, ma alla fine è stato come se ti avessero tolto una spina. Una sensazione che non si spiega bene. T'è sembrato di appartenere a qualcosa, o meglio di appartenere a te stessa, più di quanto tu abbia mai provato. E questo ti ha dato forza, più di quanta tu ne potessi davvero immaginare, e se non è forza quantomeno è speranza, e se non è speranza è consolazione. A te, che ti è sempre servito qualcuno a cui appartenere, sentire di farlo a te stessa è una sensazione decisamente bella, nonostante tutti i doveri, i grossi rischi di cui, attraverso il tuo sì, devi farti carico ogni singolo giorno, nonostante il credo e questo strano viaggiare in equilibrio, su un filo sottile, quando si tratta della tua famiglia.
    Gli Assassini hanno sempre fatto anche questo, insorgere con i rivoltosi per infiammare il mutamento della società.
    Ma sembra tutto tranne che questo stasera. Sono un eco le parole di Callum, uno lontano - sapevi già di doverne prendere le distanze questa notte. Ma ti mettono pace, lasciano una scia, il residuo tiepido di un senso di sollievo. Era qualcosa a cui, del resto, in realtà non potevate di per sé mancare. Già solo per quanto ci tiene Mitja, e perché Justin resta un amico. Perché è il lato della famiglia che hai sposato, indipendentemente da come sono andate le cose e si sono diciamo evolute negli ultimi tempi. Perché adesso può diventare tutto molto difficile, molto più difficile di così, e sai che in un certo senso c'è bisogno anche di questo, di immergerti in quella parte della vita nuova di Søren, forse l'unica che possiate ancora condividere per davvero. Altrimenti cosa vi resta?
    Søren ha una resilienza disarmante. Forse ci è nato e basta per essere questo, per questa trasformazione, forse doveva semplicemente succedere, aspettava soltanto questo e finalmente è completo. Era la sua storia che doveva realizzarsi. Oppure è semplicemente nato per adattarsi, per essere realmente un uomo d'acqua. Mentre a te tutto fa soffrire, ogni piccolo cambiamento è doloroso e faticosissimo, lui invece lo ingloba, lo lascia penetrare e si ridefinisce, costantemente, senza mai cambiare nelle cose importanti, senza perdere di vista delle costellazioni fisse.
    Scendi nel seminterrato e la musica forte e martellante ti fa strizzare subito gli occhi, ti attacca così di impatto i timpani, forse anche perché la testa già ti vorticava un po' di per sé, anche se pure in questo la tua percezione è cambiata, nel modo che hai di non lasciarti sfuggire proprio più alcun dettaglio, anche quando la tua attenzione vorrebbe non essere così alta. Una sorta di deformazione di qualcosa a cui qualcuno, prima di te, doveva essere molto più avvezzo.
    Ti guardi attorno, in mezzo alla gente, per cercare quantomeno di scorgere Mitja e salutarlo con un cenno della mano sollevata quasi fin sopra la testa.
    Questa sera hai deciso di affrontarla in una certa maniera, una molto precisa, una che con tutto il caos rischia di andare perduta. Lo farebbe anche nella completa normalità del quotidiano, del banale.
    «Vedi qualcuno da salutare? Ne conosci qualcuno?» chiedi a Søren. Sai già che ci saranno nuove presentazioni da fare, del resto non ha potuto fare altro che affidarsi a Mitja in questo periodo, per tutta la parte delle "estreme novità". Ci sarà un branco ad un certo punto, se non c'è già. Ci sarà da appartenere ad una famiglia più grande, forse già questa.
    C'è una cosa di cui ora più che mai non ti vuoi dimenticare, ed è il fatto che siate stati insieme una volta, che siate stati altro da questo, ma un altro che è andato perduto o che è morto sotto il peso di tutti i drammi e le banalità della vita. È semplicemente rimasto lì sotto, sotto tutti gli strati, forse un po' sepolto, ma non ancora del tutto soffocato - Dio, speriamo di no. È dannatamente importante ricordarselo. Stasera? Sì, e quando sennò? Non c'è tempo, non c'è mai tempo, neanche la notte quando ti ritrovi come i gatti sui tetti ad ascoltare sussurri di fantasmi del passato.
    «Mi prendi da bere?» mentre tu ti distrai e a scorrere sullo schermo del cellulare una lista relativamente lunga, mentre con l'altra mano razzoli e cerchi nella borsa gli ultimi airpods funzionanti.
    Forse a sorpresa, forse che nemmeno se lo aspetti. Meglio, ti va proprio di vedere la sua faccia quando all'improvviso si ritrova sul molo di Staten Island ad aspettare che cali il sole e arrivi la pioggia.
    «Senti una cosa.» gli dici passandogli la auricolare e di nuovo girellando tra le canzoni sullo schermo del cellulare. E arrivata quella giusta, aspetti due secondi, due che parta la sua Silver Wings, e poi ti tieni una bocca sulla mano per ridere, già solo per l'estrema dissonanza con tutto ciò che vi circonda e che entra dall'altro orecchio. Senza un motivo. Ridi anche perché non ci sta un motivo se non quello, tornare improvvisamente indietro a quel bar marcio di Staten Island. E allora guardi la sua espressione, continuando a ridere e gli prendi intenerita il volto tra le mani per lasciare un bacio sulla sua guancia.
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    Un saluto generale a chiunque si giri in sua direzione.
    Un cenno a Mitja di caricare il cocktail per Beatrice.
    Amoreggiamenti vari con la moglietta :3


    C6RRC2C
    C6RRC2C
    søren pott | padre - compagno - amico - 31 aa.
    Søren è sempre stato un tipo da festa. Forse più un tipo da chiasso. Uno che comunque non sa badare alle decorazioni o al buffet, anche se quando c'è non lo disdegna affatto. Søren è sempre stato un tipo da chiasso, da baraonda, uno di quelli a cui piace star sotto cassa in attesa, anche se non si sa mai di cosa. Uno di quelli a cui piace percepire il mondo vivergli addosso, stringerglisi con forza contro la schiena, pogare contro le sue spalle. Questa è forse una delle poche certezze della sua vita.
    Un po' come lo è il matrimonio adesso: sua moglie, i suoi figli che oggi non sono con loro. Søren è così da che lo si conosce: un vent'enne nel corpo di un uomo ormai maturo, un sorriso ragazzino sotto la barba scura e i capelli lunghi. Uno sguardo vispo, acuto, sempre pronto ad accompagnare Beatrice come una mano lungo la schiena anche quando c'è da ballare e allora i due ballano, per forza di cose, danze diverse.
    Questo è il suo mondo, una convinzione che gli si snoda nello sguardo, nel brillare di quelle oscurità celate dalle lunghe ciglia. Lo lascia notare a sua moglie, in un sorriso che accompagna sempre un bacio, in una mano che gli stringe sempre un fianco. Se la tira a se quando camminano, perché per Søren lei è il bastone e non si va da nessuna parte se non ci si può arrivare insieme. Glielo ha promesso allora, glielo ricorderà fintanto che avrà vita.

    "Mi sembra quella scena in cui la mamma accompagna suo figlio alla festa della scuola."
    Søren è solito parlare di cose che lo fanno sorridere e di quei desideri, che seppur leggeri, già gli puntellano il petto in attesa di essere realizzati. Non vede l'ora, infatti, di fare con i suoi figli tutte quelle cose per cui ci sarà bisogno della sua presenza: una festa con altri ragazzini scalmanati, regali di compleanno che prevederanno un giro a cavallo, i compiti di geometria e matematica che richiederanno tanto caffè e pazienza. Sembrano cose così astruse, così spaventose, a dirla tutta, eppure lui non vede l'ora di arrivarci. Quasi freme. Lo fa nel sorriso che non si spegne, nel bacio che rivolge a Beatrice quando con un cenno del capo si china verso di lei.

    "C'è Mitja..."
    Che per lui è come una certezza in un mare di fottute incertezze. Una zattera che si scorge all'orizzonte. La nave che arriva sempre in soccorso quando la si chiama. Anche se i fuochi di segnalazione non funzionano. Anche quando ti senti affondare come il Titanic.

    "Ci sono i suoi fratelli."
    Che non sono solo Jesse ed il resto dei Grimes, no, lo sono tutti, Noah compreso, per quanto lui sia l'alpha. Un uomo che non si è di certo tirato indietro quando c'è stato bisogno di accoglierlo. E li saluta. Alza un cenno della mano in segno di chiunque possa incrociare il suo sguardo. Almeno per ora.

    "Ok capo. Qualcosa di secco per voi, che si accompagni bene col profumo che avete indossato questa sera."
    Una fusa: il naso che si struscia contro la guancia e la mandibola di sua moglie, poi la separazione.
    Un sorriso in direzione di Mitja, un cenno che lascia intendere di riempirgli qualcosa e che quel qualcosa sia forte, perché oggi non ci si va giù leggeri, no? Beatrice questo lo sa. Ne è stata avvertita.
    Un cenno d'intesa, il loro, che forse supera il bisogno di spaccarsi i polmoni a suon di pacche sulle spalle.

    "Mi dica..."
    Ma non fa mai aspettare sua moglie, nemmeno quando viene interrotto. Nemmeno quando c'è altro a catturare la sua attenzione.

    "Qualche secondo di attesa per il primo brindisi della serata."
    Se la fa salire sui piedi o almeno, ce la porta d'istinto quando vede le cuffie. Un modo loro tanto stupido quanto tenero di isolarsi dal mondo, di ricordarsi per cos'è che esistono o per chi, in questo caso. Allora il resto assume meno importanza, scema delicatamente.

    "Don't leave me, I cried. Don't take that airplane ride..."
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    Interagisce con Mitja e Lara (con "top gun" si riferisce a Horace), poi da lontano con Noah

    «
    Oh, era ora, cazzo» esordì così, sbucando fra Mitja e Lara facendosi spazio grazie alle sue graziose dimensioni che le permettevano di infilarsi un po' dove voleva. Ironico fosse lei, agente M.A.F.I., madre di 3 figli, a festeggiare il fatto che Lara allentasse la presa. Che dire, alcune persone erano fatte per avere un po' la testa piena di merda sempre, anche quando pontificavano il contrario.
    Versò da bere nel suo bicchiere, come prima cosa, solo birra dovendosi riabituare a bere seriamente dopo i gemelli. Seriamente, un po' l'aveva già fatto. L'aveva sempre detto che non era la persona più responsabile del mondo.
    «Tu lo sai quando si farà vivo il festeggiato?» lo chiese a Mitja, più che altro perché con la coda dell'occhio aveva notato una certa impazienza da parte dell'enorme carico di muscoli scatafasciato sul divano. Anche prima che facesse in modo di non essere ignorato in alcun modo, quando diventò molesto. Uno sguardo che le permise di vedere anche un volto non della cricca, che però sembrava conoscere un po' tutti. Un bel tipo, ma forse erano la giacca e le medagliette a parlare. «Chi è il top gun laggiù, sembra lo conosciate tutti» anche Noah, e quello le sembrava solo relativamente strano, non era proprio il tipo a cui piaceva socializzare, ma dopo due bicchieri e per lavoro sapeva tirar fuori tutto il suo fascino. Strano perché non lo ricollegava a nessuno di cui le avesse parlato, doveva essere stata una conoscenza superficiale.
    Meglio smettere di guardarlo, comunque, poteva diventare strano.
    Portò infatti gli occhi su Noah, la fece sorridere quell'immagine un po' annoiata, un po' furbetta.
    «Penso che il mio non-marito stia cercando di attirare la tua attenzione» accennò a Mitja, con un residuo di vecchie abitudini che dal momento in cui tutti si erano più o meno allontanati era tornato in fretta, ma in modo più leggero.
    Cercò il Jack Daniel's, era ovvio ci fosse, e lo versò in un bicchiere nuovo, non finito per terra. Una volta riempito in modo più che generoso, lo passò al Grimes più rincoglionito, riuscito in un'impresa per niente semplice. «To', portagli questo, gli farà piacere» passò a Mitja il bicchiere, poi guardò Noah, da lontano, lanciandogli uno sguardo più intrigante, un muoversi della bocca che iniziava a mimare un bacio da lontano senza farlo, affondando poi nel bicchiere.
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    isobelle lagrange;
    when you sent me to the brink
    you desired my attention
    but denied my affections
     
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    Ragà, c'è riuscito. È passato da tutti, ha interagito o come minimo salutato tutti. Per praticità ho messo sottolineati i nomi nel post per capire dove andare a cercarli che se non CIAONE.

    L
    uce, era stata solo quella all'inizio, luce, grande, non come quella che si vedeva dal cortile, una luce enorme, abbagliante, spiazzante, espandente, come una bomba sonora, si dilatava esplodeva collisione con tutto quel cemento che sprizzava di fuori e sembrava soffocare, troppa aria che sembrava davvero soffocare.
    «Ehi, tu, vuoi salire o no?»
    interruzione che era improvvisa. Troppa luce, e troppo spazio, e si riduceva tutto, fra un sacchetto di carta nelle mani con due cose dentro e il pullman che lo avrebbe riportato a casa. Palazzi e palazzi, lasciando l'isola alle spalle, il traghetto alle spalle, un viaggio lungo verso una casa che non era il Bronx a cui era abituato, era un altro posto, quello del branco, quello dove forse poteva imboccare o lo avrebbe fatto a casa di qualche amico, Dylan, probabile, che quella testa di cazzo di suo fratello aveva già sbarcato il lunario, con i modi loro, quelli da cui lui aveva cercato di fuggire e non aveva funzionato, e aveva abbassato la guardia, e ora traboccava troppa aria ogni momento in cui la porta del pullman si apriva e lo bloccava il pensiero di poter fare un passo e un passo che non sarebbe stato fermato, poteva andare dove voleva, non aspettare orari, né sguardi, né regole, che regole c'erano ma non servivano a fare un cappio intorno al collo fra una cella e l'altra.

    Vetrine coperte, negozio chiuso e lo sapeva, un silenzio di tomba, polvere e caldo di sole a serra da fuori, un sospiro di sollievo fra quella fuga che gli era sembrata girare in libertà per strade e strade, e linee di bus e troppi rumori, una vita che era la sua e si sentiva vomitato come corpo estraneo, ora finalmente silenzio e sensazione colpevole di sentirsi meglio, perché lui non era da silenzio, lo aberrava, rinnegava, boicottava, perché poi il silenzio come le bocche si spalancava e aveva nero dietro, un buco che arrivava fino ad acidi che ti digerivano e facevano a pezzi. Rumore e silenzio, silenzio e rumore, li voleva e cercava il telefono, scarico, nessun cavetto, doveva chiederlo, scese le scale per andare nella parte segreta, era stato lì Mitja, era stato lì e doveva esserci ancora, pure se non l'aveva potuto avvertire, dire quanto mancava e quando serviva, un tragitto fatto di pause come quella in un market di second'rdine, aveva fermato il tremolio, quello scatto delle mani e tanto altro. Un cunicolo in cui perdersi adesso ma sentiva rumore, tanto rumore, e anche se sapeva di soffocamento la bocca gli scattò in su che lo sapeva che significava e significava gente, forse tutti, proprio lì dietro una porta. E la aprì, invasione di facce, li salutò uno ad uno che erano troppe e per un attimo non abbastanza, un riempirsi che lo spremeva e tirava fuori quel bisogno di silenzio e altro vuoti quando ne aveva avuto troppo, si voleva perdere in quel qualcos'altro, Søren, si vedeva che era in disparte con Bea, ed era un abbraccio unico, «Cazzo, ancora due vecchi sposati» che era passato così tanto tempo che non lo sapeva, là dentro il tempo si fermava, poi si stirava sempre più per rallentare ancora, finiva a sanguinare ed era quello il momento in cui ti accorgevi che aveva latrato tutto il tempo, ma con un piede a premere la testa nell'asfalto non era mica facile sentire, più facile annebbiarsi e girare gli occhi con roba così lercia che a lui avrebbero dovuto dare un premio e non la prigione per la gente che aveva salvato da roba brutta come quella. E si scostò, altra gente, Horace, che aveva quella faccia vista un paio di volte, come il suo amico affiancoBen, li salutò entrambi con quel pugno che andava bene fra le riunioni di No Human Race a cui li aveva visti, forse entrambi, non importava la memoria che si crepava, ma ne cercava una o due o tre, tutti quelli che c'erano della sua famiglia ed eccoli lì, ubriaconi impenitenti, tutti intorno il tavolo delle bevande e del cibo, c'era una torta, pure una torta, la guardò mentre spalancava le braccia per Lara, lei gli era stata vicina tanto, «Liberato ed è pure il mio compleanno» e a vederla pensò che aveva fame di cibo e di famiglia, e di qualcos'atro, e di cibo e di famiglia, lasciò Lara solo perché erano tanti e lei già l'aveva fatto diventare sentimentale, lì affianco la nana, Ecco il responsabile del mio matrimonio saltato e un sorrisetto perché touché, non ci poteva credere, che quello non se l'era perso, ed era contento, anche di quel saluto che non aveva affetto normale ma era quello normale per la tappetta, ed eccoli lì, poi, alpha e famiglia, un chiudersi del branco, e andò lì, un abbraccio a Mitja che gli colpiva forte le spalle, era passato così tempo, tanto tempo, che non riusciva nemmeno a parlare, qualche secondo in più per lui che era il suo sangue in modo diverso, del tipo sputato sul marciapiede quando veniva cacciato di casa, e buttato come un rifiuto, ma non lo erano stati mai insieme si alzavano sempre. E poi Noah, l'alpha, stravaccato gli allungò una mano per un saluto che era del Bronx che poi si ricordò che quel ricco figlio di papà non veniva dal Bronx, un sorriso masticato mentre neanche ci provava a sollevarlo da lì per un abbraccio vero, da uomo a uomo, che uomini lo erano tutti ormai anche se era superato il passo in cui dovevano annunciarlo, un limite sorpassato che alla fine si era incastrato nella carne e l'aveva fatto ammettere e basta, costrizione, dopo diniego, e speranza che il tempo non sgocciolasse, ma l'aveva fatto come una coltellata nel braccio lasciato disteso lungo il fianco. «La tua dolce metà mi ha già incolpato per il vostro matrimonio saltato» che lo sottintendeva, un grazie, perché quello almeno non lo aveva perso. non lo aveva perso. Istinto improvviso, a prendere la testa di cazzo di suo fratello, non importava chi fosse il più alto, tirarla giù e spintonarlo che dalla canottiera un braccio diverso si gonfiava ma le gambe erano ancora quelle fatte per correre quando tirava troppo la corda, e un po' ci provava sempre «E tu ancora qua stai» qua nel Wolf Wool, in quel posto che era stato il loro posto così a lungo, dove alcuni di loro erano stati reclusi, costretti, a smettere qualcosa che era andata troppo oltre, e cose che ormai erano passate, non doveva diventare nostalgico con il peso di tutto quel groppo dimenticato, anche se gli aveva fatto visita, di notte, nella branda, laggiù fra quelle pareti storte e spoglie, e brute e marce, e voci di un tempo passato, si erano conficcate nella testa e avevano ricordato ogni giorno, lavevano sedimentato, e l'aveva capito cosa avesse passato pure suo fratello, che a furia di quel rimuginare, laggiù, il passato si sedimentava, assumeva contorni precisi che prima erano grafite e poi metallo, immodificabili, dicevano io sono così e diventava la mia storia sarà sempre così, tutta così, sempre questo e sempre il dietro a condannare e mettere cappi fatti di cemento.
    E sfuggì, svicolò ancora anguilla, da quei pugni di fratelli che si scambiavano lui e Mitja, modo normale, e voleva restare lì, e infatti «Che gira, guyz» che era un intercalare già su di giri, di più dopo il bicchiere, rubato, a suo fratello e lo trangugiò in fretta, che poi però vide qualcosa, meglio vide qualcuno, e allora un attimo che la famiglia doveva aspettare, e lì sarebbe tornato ma «'Spettate che ho saltato una cosa» e l'aveva vista, ammaliante sirena, che non importava se ci pensava quando non c'era importante era che il suo volto si faceva presente, sempre, una virgola accattivante, inebriante, e sapeva di un contatto mancato così tanto che doveva sentirsi una rockstar ad attraversare la gente e non dire neanche ciao, solo un «Non hai ancora preso il largo» che si modulava, si abbassava man mano che si avvicinava, perché ragazza, aveva già in mente di tirar giù quel tipo di corazza, solo un sorriso che si allargava perché tre due uno e si allargava pure la bocca, che un saluto vero per le creature leggendarie si faceva con la lingua, come i marinai che approdavano allo scoglio, e la sensazione che non aveva avuto, mani fra capelli spessi, intricati, legati, stretti, ma una doveva riconoscere tutte le curve leggendarie prima ancora di prendere aria, ed era troppo, solo un bagnarsi i piedi quando si voleva tuffare, e nuotare, e non se lo toglieva dalla testa, figurarsi mentre con la mano sollevava tutte quelle frange contro il polso come il vento faceva con quei cosi appesi fuori lì dove seguivano una magia di superstizione. «Dovevi aspettarmi sopra, non ti posso venerare mica davanti a tutti» quando già lo faceva stringendo le dita, sul suo fianco e la pancia, morbidezza non squamata, ma lo sapeva che si era tenuta idratata e non era solo l'acqua ma perché l'aveva imparata a riconoscere la differenza quando per le creature come lei si faceva di pelle, come a lui diventava odore, e quello lo sentiva intenso che gli inondava la testa e in un attimo era già naufragio.
    voice - 28yo

    lycan - βeta - look

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    Principalmente con Isy, Noah, Justin e poi TUTTI PERCHE' UN BRINDISI IMBARAZZANTE E' OBBLIGO

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    Ed eccolo lì, il motivo di questa riunione, legame che sa di famiglia anche senza il sangue ad unire. Quello, in fondo Lara, lo hai capito che non serve davvero. Dentro in quella stanza c'è tutta la famiglia che ti sei scelta, di cui hai bisogno. E cazzo se ti era mancato tutto questo. Per niente al mondo ci avresti più rinunciato, avresti lottato e combattuto chiunque e qualunque situazione pur di farvi rimanere insieme.
    Sorridi ad Isy, perché in fondo aveva ragione. Ehi, ci ho messo un po' a trovarlo, talmente era in fondo. Si, il riferimento al palo che per quella sera avevi deciso di toglierti dal culo era piaciuta, anche se per fortuna (o forse apposta) Mitja non sembrava aver colto l'ironia del dirlo proprio a lui, e Noah era troppo impegnato a fare il molesto, cosa che per altro gli riusciva davvero bene. Hai una pessima mira. Bevi che forse migliora! Lo dici riferito all'alpha, puntando la testa a Mitja che come una fiaccola olimpica porta a destinazione quel bicchierone di whiskey. Per il momento ti accontenti di sentire il freddo della bottiglia di birra sulle tue labbra. I bimbi come stanno? Sai bene quanto l'argomento tocchi qualsiasi madre, e per altro sono i figli della tua migliore amica e del tuo alpha, l'interesse non ti manca. Poi, arriva, l'abbraccio dell'atteso, caldo e cario di sentimento, un valore che non vuoi perdere. Passa a salutare tutti, torna, e poi scappa di nuovo, stavolta da una bella. Adoro come certe cose non cambino mai. Com'è possibile sia sempre circondato da belle donne? Ridi, mentre cerchi di guardare altrove per non imbarazzare la ragazza che ha solo la colpa di essere lì nei panni della bella di turno, che forse però è solo amica, ma con Jesse non ci crederesti mai troppo. Bene signori e signore. Un brindisi direi che è così cliché e sdolcinato, che è d'obbligo! Bentornato a casa. A Justin! Alzi la voce perché tutti ti sentano, e si, forse per metterlo un po' in difficoltà ed in imbarazzo. Che cazzo, senza palo nel culo non sai se starai in piedi.
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    Nada only Jesse <3



    dionne ochoa
    Ti rimbalzi la borraccia da una mano all'altra, te la incastri poi ad un anello della borsa, giunto per non sembrare troppo fuori luogo. Forse una puntura leggera di noia, mentre continui a girare tra i tavoli osservando tutte le vivande lì disposte e già mezze spolverate. Si devono essere raccomandati, ad un certo punto, di aspettare il festeggiato, ma deve essere durata pochissimo. Comunque non hai fame, l'acqua ti basta. Ti è sembrato di aver imparato qualcosa in più sulla tua natura, tutto il tempo che sei rimasta ad Antigua, a casa. È come se questa città, nel bene e nel male, finisse per costringerti ad una certa pressante "umanità". Non è terribile, ma a volte rischia, involontariamente, di gonfiare le bolle d'aria dentro l'acqua, la fanno gorgogliare, fino a bollire: l'asfalto li brucia i piedi. È bello tornare a casa, è bello non sentire nemmeno la spasmodica necessità di appartenere per forza a qualcosa, di avere radici per forza così profonde. Fa parte della tua natura: il galleggiamento, il fluttuare trasportata da correnti fredde e calde. Le radici sono solo filamenti che di tanto in tanto si incastrano tra qualche sasso, tra qualche scoglio, prima dell'onda che li sollevi di nuovo.
    Il fatto è che tu il largo lo prendi, ti spingi fino in mare aperto, trascinata da correnti naturali, silenziose e, a volte, persino meno crudeli. Però torni sempre, scivoli sempre verso queste sponde. Non per nostalgia, non per paura di vedere le stagioni cambiare, nemmeno perché questa è casa tua adesso, ma, di nuovo, perché ci sono delle risacche che un po' ti incastrano tra queste onde. Il tempo di restare incastrata e poi ripartire di nuovo con la serenità di chi poi prima o poi ritorna. Prima o poi ritorna.
    Non c'è fretta, prima o poi le correnti vi spingeranno di nuovo anche all'interno di questa stanza, e nel momento in cui fai tuo questo pensiero, una scia improvvisa ti sorprende, ti spedisce direttamente contro Jesse, come se le stagioni davvero non fossero passate. E allora anche tutto il resto, tutto il caos della gente intorno, comincia a importare poco adesso che ti senti grata e quasi inorgoglita dal fatto che ti abbia notato come fossi un faro in mezzo alla gente. Il privilegio di chi gli può stringere il viso con le mani che un po' tremano, colte alla sprovvista, e premere alla stessa maniera le labbra sulla sua bocca, a dispetto pure di tutta la gente che cerca ancora di rivolgergli un saluto o un contatto.
    «Macché venerare, avevo paura ti fossi già dimenticato di me.»
    Anche soltanto adesso, in mezzo al caos, difficile notarla apparentemente. Non urla, non solleva bicchieri. Apparentemente difficile notarla in mezzo a tutte quelle onde.
    «È bello che sei qui.», stringendo i bordi della sua maglia.
    È bello davvero.
    mermaid
    29 y.o.
    antigua
    caribbean
    journalist
    activist
    If we don't know what we're speaking and we are not who we've been there's a chance we're only waking from a dream. How will we be in that waking? How will we be in the womb?
     
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    Arrakis

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    TUTTI, tanti cenni alla gente per avvicinarsi a lui e Noah (e offrire droga a tutti)
    a voce interagisce per lo più con Noah, Isy, Lara & JESSE <3


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    mitja

    grimes
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    Era da un po’ che non aveva quel tipo di sensazione lì, quella che partiva da qualche parte nella bocca dello stomaco. Ma forse era solo la droga, anche se dirlo sarebbe stata una cazzata. Era la droga, sì, ma anche la droga con le persone giuste, quelle che gira e rigira avevano iniziato ad essere parte della sua vita, e che per anni avevano retto tutte le sue cazzate. Guardò Lara, i canini fuori in un sorriso che gli fece alzare le sopracciglia. Non è che succedesse tutti i giorni che decidesse di togliersi di dosso il ruolo di mamma de branco e decidesse invece di unirsi alle loro cazzate. In altre circostanze lo avrebbe preoccupato, o forse no perché avrebbe richiesto uno sforzo eccessivo da parte dei suoi due neuroni, ma in quel momento sapeva solo di quel tipo di cose perfette che sono perfette solo in momenti come quelli: quando la gente è ubriaca o pronta ad ubriacarsi, ad andare fuori di testa e passare una cazzo di bella serata. Era convinto che se la meritassero tutti, e alla fine era questa la cosa impostante. Si esibì in un lungo, alto, «ohh», alzando una mano e muovendola a caso nell’aria. «Sono l’uomo per te, mama» si scostò giusto un po’, quanto bastava a far infilare l’anguilla fra di loro, senza neanche prendersi briga di abbassare lo sguardo verso di lei, forse perché ormai si era abituato ad avere quella gente intorno così tanto che le cose sapevano semplicemente di normalità. Anche Iyagushka era inevitabilmente parte di quella cornice, anche se una parte di lui avrebbe sempre detto che aveva qualcosa di un po’ inquietante, ma alla fine bastava prenderla dal lato giusto, e cazzo poteva tranquillamente dire di saperlo bene, in prima linea. In fondo, poteva dire con un certo orgoglio che era davvero l’uomo giusto quando si trattava di fare cazzate, che fossero quelle stupide o quelle che diventavano problemi giganteschi faceva poca differenza, era sempre lui quello perfetto per certe cose. «Da dove vuoi iniziare?» un cenno della testa a Lara, prima di buttare giù un altro sorso. «Lo sai che le principesse devono farsi aspettare, Iyagushka» ed era vero, sopratutto era vero che Jesse fosse una principessa. Una principessa che andava libera nei campi con le sue gambette, battendo i chilometri orari di una gazzella. Anche se poi lo avevano beccato, ma lo aveva detto, era un rito di passaggio. Non si poteva dire di essere davvero un Grimes senza passare per lì, prima o poi anche a Dylan sarebbe successo, e ci avrebbe scommesso i soldi veri. Spostò gli occhi, la vodka ancora sul fondo del bicchiere che molto presto avrebbe riempito di nuovo, mentre sentiva già il bisogno di un’altra striscia con la sensazione dell’ultima che iniziava a farlo scivolare giù dal picco. «Yo!» un saluto verso Horace, il braccio con il bicchiere che si alzò sopra la testa. «Horace e Ben» rapido ad Isy, già ficcato in mezzo a tutto. Gli piaceva quando c’era tanta gente, tanti corpi, tante persone da stringersi tutti uno contro l’altro ed essere sopra ogni cosa. Doveva decisamente farsi un’altra botta. Il bicchiere di Noah lo guardò con uno sbuffo, un altro sorriso che tirava fuori i denti mentre prendeva le indicazioni di Iyagushka e una bottiglia di vodka tirando già fuori una delle bustine dalla tasca dei pantaloni con la mano libera. La buttò su Noah che neanche si era davvero avvicinato, premendo il suo bicchiere nuovo vicino l’altro sul bracciolo. «Acchittane tre, Boss, che stasera ci prendiamo cura di Lara» un cenno della testa alla ragazza di cui parlava, mentre tirava fuori il telefono per lanciare anche quello a Noah, senza il bisogno di dire altro quando era tutto molto logico e palese, e lo sarebbe stato anche se non avessero avuto le loro cose da branco in mezzo. Si girò ancora, già euforico solo per la consapevolezza che lo sarebbe stato di nuovo di lì a poco, perché era così che funzionava la sua testa. Un fischio alto in direzione di Bea e Søren, alzando la bottiglia e un cenno per farli avvicinare. Un secondo cenno anche ad Horace e Ben, la testa che indicava la cocaina come ad invitare tutti a servirsi, perché per lui le cose funzionavano così, ed era così che avrebbero sempre funzionato. Ed eccolo là, alla fine. Lo accolse con un ovazione che gli uscì dalla gola aprendogli il sorriso, la mano che batteva contro l’avambraccio che aveva ancora la presa salda sul collo della bottiglia, seguendo suo fratello nella giungla di gente che era lì per lui. Era così che dovevano essere le cose, giuste e perfette, fatte su misura. Erano sempre stati dei casinari un po’ a cazzo di cane, loro, ed era esattamente così che voleva restare. Picchiò sulla schiena di Jesse, con la sensazione di casa attaccata alle costole. Anche negli scambi regolari che erano mancati, ed erano fatti di colpi e lividi di gioco, e anche quello era esattamente come dovevano essere le cose. «E chi mi scolla da qua» nessuno, anche perché avrebbe implicato cercare un buco, e alla fine non era una cosa di cui gliene fregava. Una casa, quelle stronzate lì più regolari, erano tutte cose di cui sinceramente non sapeva che farsene. Stava bene nel suo buco che in realtà era il buco di Isy e Noah, e andava bene così. «Neanche il tempo di tornare e guarda come subito si butta» uno sguardo rapido a Noah, un sorso di vodka giù, direttamente dalla bottiglia, senza riguardo per niente e nessuno. Un altro fischio, questo verso Jesse e Dionne, tirato fuori con due dita premute nelle labbra, così che fosse bello alto. «Yo Jesse guarda che stiamo facendo un brindisi per te, khuy1» la mano a coppa vicino la bocca perché alzasse di più la voce, mentre alzava la bottiglia alle parole di Lara.


    1 cazzone, perché l'amore lui sempre così
     
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    Saluta Jesse, Søren si limona, no ske ancora no #verysad, e poi Mitja e tutta la gente che sta lì.

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    lemoine
    Sei partita con anticipo, già lo sapevi, lo sentivi che era necessario, altrimenti le luci e le musiche sarebbero state subito troppo violente per te, che adesso passi le notti sveglia per più di una ragione, l'una più grave dell'altra. E hai cominciato allora ad abituarti alla luce notturna, a discernere con più chiarezza le ombre, certi tipi di sagome lente che scivolano lentamente anche quando sembrano completamente immobili. Non sono tuoi a volte questi occhi, a volte lo pensi, negli intervalli in cui il tuo passato e il tuo passato ancora più remoto, ora presentificato, si scollano, non collimano. Ma cominciano a diventare intervalli sempre più brevi, compaiono solo certe volte, con meno regolarità, come scosse sismiche, balzi che ti fanno saltare dentro, ti tolgono qualche battito e ti tagliano l'aria. Ma dura sempre meno.
    Sei partita con anticipo, con una premeditazione; ormai la spensieratezza va cercata, non si attacca più spontaneamente addosso, e sempre più difficilmente si lascia trovare. È una delle nuove sfide, anche se sembra una cosa stupida. È che tutto adesso sembra importante, tremendamente importante, fin tanto che vivi nell'incertezza di non sapere per quanto ancora potrai anche solo stringere con questa tranquillità la mano di Søren. Le cose erano più semplici prima, quando ancora neanche riuscivi ad accorgertene, quando già tutto sembrava complicato. Ma quella complicatezza era profondamente innocente, adesso è diventato difficile, se lo metti a confronto. E non è questa la parte più complessa, quella che viene da Søren e da una serata come questa, viene sempre tutto da te. Per te non esisteranno forse mai serate come queste da potergli offrire alla stessa maniera. Proprio per questo questa serata, così collocata fuori dalla solita, seppur fragile, quotidianità, deve diventare paurosa, da ricordare. Deve far paura immaginare che possa persino essere l'ultima. Tragico, troppo tragico se detta così, avanti, ma una cosa non necessariamente deve finire drammaticamente nel sangue per terminare. Basta molto meno, basta cominciare a provare veramente paura e, a causa di essa, fare scelte sagge ma sofferenti.
    Come se fosse l'ultima, c'è il rischio che diventi una filosofia di vita, ma nel tuo caso in maniera molto meno ingenua.
    «Sì, sono palesemente la tua mammina che ti accompagna alla festa di scuola.» gli rispondi scivolandoci su quel cliché che dal tono più dolce e paterno di lui finisce nel tuo che si veste di una nota più evidente di malizia.
    Sei partita con anticipo, anche per tollerare questi suoni forti, tutte queste persone. Che forse appoggiarti a Søren in tutti questi modi è anche il modo per sopportarlo. Lasciarsi scivolare un po' le mani addosso come due adolescenti che si devono aggrappare un po' per stabilire un primato, un po' per sentirsi dell'altro, un po' per gioco, un po' per necessità, un po' perché si è stupidi, un po' perché si è troppo intelligenti per staccarsi dalla propria ancora.
    «Ma non farti prendere troppo, sennò ci parte la botta e torniamo indietro tutti insieme.»
    Che non sarebbe male, che è un po' l'intento alla fine, tornare indietro. Sì, ma non troppo, non così tanto da ignorarla quella paura che ti fa stringere di più alle cose adesso, mentre forse prima davi tutto molto più scontato.
    Ma basta Justin, basta che arrivi il festeggiato, e allora scoppia come una bomba di ovazioni, e diverse battute di Silver Wings saltano tutte assieme rovinando il fragile incantesimo.
    «Sapessi la noia. Bentornato Jesse…» gli dici, quando riesce a intercettarvi, allungandoti verso di lui per stringerlo e salutarlo con un abbraccio, prima che venga rapito di nuovo, perché c'è tanta gente, veramente tanta.
    Prendi il bicchiere tra le mani di Søren, mentre l'altro braccio ritorna ad aggrapparsi dietro il suo collo. Ci butti un occhio dentro soltanto per provare a capire, dal colore e dalla trasparenza falsata dalla plastica rossa, cosa aspettarti. Butti giù un sorso e colpisce subito.
    «Søren, cazzo.» Strizzi gli occhi, arricci il naso e ti tamponi un colpo di tosse direttamente con il dorso della mano, volgendo appena la testa per non tossirgli direttamente negli occhi.
    «Ma sono francese io, oh!» anche se nel dirlo vorresti calcare di più l'accento, ma la gola ti punge e la voce esce strana, terribilmente rauca. Tutto tranne che parigina. Fa ridere, ti frega da sola.
    Parte il brindisi, fai per allungargli il bicchiere, poi te lo riporti alla bocca e butti giù di nuovo. «Ora muoio.» ancora più rauco.
    «Andiamo dal tuo fidanzato, va'.» ci aggiungi indicando Mitja sollevando il bicchiere in sua direzione, come per rispondere al suo gesto da lontano, prima di muoverti effettivamente nella sua direzione in mezzo alla calca della gente che cerca Jesse.
    «Guarda, Mitja, mi vuole già ammazzare. Fa' qualcosa!» gli dici quando sei abbastanza vicina perché ti possa sentire in quel caos, salutando con un gesto i presenti che ancora non conosci.
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    Interazioni con Dionne (che cerca di portare a giro, io te lo dico), Mitja e Lara <3

    C
    ontatto, calda, la pelle, di più in alcune zone, un archeobatterio verso quel calore, sapeva di vita, non di pareti freddee piene di sangue e di lacrime e saliva, quello che usciva fuori quando prendevi un uomo e ce lo strizzavi contro, dentro, a trovare una via di fuga quando le finestre erano sbarrate, e le porte erano sbarrate, e le menti, erano sbarrate, tutti sull'attenti per non far uscire mai troppo, mai niente, erano soprattutto bugie oppure confessioni disperate, e lo scoprivi chi non sarebbe arrivato alla fine solo che era quasi impensabile e arrivava così tutto d'un fiato. Respiro contro respiro, affamato di qualcosa che era così innocuo e sperato e un bisogno, lontano anche troppo quando era laggiù, e infatti gli colarono fuori le parole, quel «Pensare alle cose belle era tutto quello che avevo» che suonava come una battuta ma aveva un sottofondo molto più vero e doloroso, uno strazio che si strinse e strinse e strinse per finire ad affondare nel collo fingendo fossero baci e non il bisogno di nascondersi e stare contro la carne a sentire qualcosa che gli ronzava nella testa, ancora e ancora, perché era bello essere lì e forse non capiva quanto fosse vero.
    Definitivo, esteso. Qui fuori e qui nel mondo, quando nessuna delle due cose era un dato scontato.
    Ma lo chiamò il suo nome, ancora e ancora, a girarsi per guardare Mitja che aveva già uno sguardo diverso, allegro, felice, resistente, «E allora datemi qualcosa da bere, mudak1» e si spostò, trainando Dionne mettendosela sotto il braccio, verso il tavolo e Lara, a prendere qualcosa da bere che fosse forte, alzando il bicchiere per trangugiarlo dopo quel brindisi sapendo bene che un'altra cosa la doveva dire, troppo tempo passato con quelle due all'università in quell'altro mondo così lontano da non saper leggere tra le righe di una situazione, una vicinanza, e allora con il bicchiere svuotato le indicò tutte e due, Lara e Isy, Lara e Isy Lara e Isy «Guardate che l'ho capito che state di nuovo sparlando» uno sguardo di avvertimento che era un retroscena docile, amichevole, gli faceva bene ritrovare quelle complicità perdute, interrotte, come la vita che aveva vissuto e non sapeva ancora se poteva ritornare uguale ma non era un pensiero per quel momento, lì c'era il suo branco e lo spinse a compattarsi, riunirsi di più tornando verso Mitja e cercando di farsi seguire anche dalle altre due. «Dionne, queste teste di cazzo sono la mia famiglia quasi al completo. Quello grosso e stupido è mio fratello Mitja, la carcassa lì è Noah, le due signorine di cui non devi fidarti sono Lara e Isy».


    1stronzo, coglione, anche lui è per le parole gentili
    voice - 28yo

    lycan - βeta - look

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