Votes given by .happysong.

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    horace armstrong
    ex sergente air-force | wendigo | nhr | 28.
    brooklyn's hospital
    Mi sembra un cazzo di già visto. Ma mi costringi a questi movimenti stupidi, Vivianne, perché sparisci. Non sono un cazzo di stalker, vorrei solo capire se stai bene. Perché la risposta è sempre "no" ma... ho bisogno di vederlo con i miei occhi. Ho bisogno di sapere se c'è qualcuno che ti rompe il cazzo, quando mi sto trattenendo dal prendere la mia moto e correre fino a dove si nasconde Lucian, per aprirgli il culo.
    Ma è proprio perché so dov'è e - dai racconti sconnessi di Ben - so che cosa fa, che non sono qui per parlarti di lui, ma prendermi in carico, senza che nessuno me l'abbia chiesto, del suo lascito.

    "Parliamo?"
    Horace

    Ho scritto di fretta e furia su un pezzo di carta strappato da un cassonetto. C'è anche una freccia, Vivi, niente di complicato, che indica un piccolo albero alla fine del parcheggio. Io sto solo qui, e aspetto. Puoi salire sulla tua Yamaha e toglierti di mezzo, o non mettere il casco e venire da me.
    Non parliamo con decenza da quando hai salvato il culo a Ben, hai rifiutato ogni cazzo di invito e sei completamente sparita pur restando qui, nella stessa città. Lo so che avere a che fare con i wendigo non è il massimo, ma non siamo così orribili, Vivi.
    Però questa è l'ultima volta. L'ultima deviazione che faccio sulla strada verso casa, e l'ultima volta che rischio di litigare di nuovo con Ben per questo. Perché sono un testardo, ma mi arrenderò dopo oggi.
    Non posso proteggere chi non vuole essere protetto, né cercare di annetterti al nostro gruppo se non ne vuoi sapere niente.
    Mani in tasca, e basta, resto appoggiato a quest'albero.
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    licantropo . α . mago hodoo . new york accent . 29 y.o
    C6RRC2C
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    sasha grimes
    ospedale di Brooklyn
    Sasha non conosce rituali ad personam che possano svegliargli chi ha davanti. Conosce solo quelli che avrebbero dovuto proteggere il branco giù a Venice Beach e che poi, alla fine, sono comunque stati raggirati con noncuranza. Quello su cui può far affidamento è solo il suo istinto, quella propensione al lasciarsi affascinare dal nuovo tanto da finire per distruggerla totalmente quella bolla che dovrebbe fungere da barriera. Scoppia in un plop leggero quando nel sentirla parlare le sorride e allora si rende conto di non aver più così tanta voglia di muovere i muscoli adesso. Perché sì, non gli ha risposto sull'ubicazione della prima caserma dei pompieri, ma questo poco importa. D'altronde il tempo è un concetto profondamente dilatato, nonché un'incognita alla quale adesso non fa che aggrapparsi saldamente. E non sapendo va avanti, ignorante, perché gli ignoranti non hanno paura e lui ha bisogno di mantenersi quanto più saldo all'asfalto, a New York e percepirsi così esistente.
    Ha bisogno di rendersi conto di saper ancora respirare e per questo di aver libertà sulle proprie scelte, anche se queste fanno una paura folle solitamente. Anche quando le cause e gli effetti non sono mai piacevoli.
    L'ignoto fa paura, ma se non lo si guarda in faccia allora le cose migliorano. Come quando si è bambini e allora ci si copre col lenzuolo nella convinzione di poter sparire sotto lo sguardo di qualsivoglia mostro, fino a che poi non ci si rende conto di esserlo a propria volta e che allora non bastano davvero coperte e lenzuola per cacciarsi via.
    Sasha guarda la donna che ha davanti, il mostro che si annida in se stesso e allora avanza un passo.
    D'altronde glielo ha fatto capire: lui non ha un'assicurazione sanitaria e questo significa che non ha intenzione di sborsare fior di quattrini per farsi visitare la testa. Piuttosto smette di dormire per sempre, d'altro canto bastano davvero poche ore per non impazzire del tutto. Forse anche meno. Dovrebbe rileggere l'articolo sull'esperimento della privazione del sonno, ma è già tanto se la sua sim ha una linea e se il suo telefono riesce a spedire messaggi a quello di Nate.

    "In bocca al lupo..."
    Ridacchia piano. Scuote appena il capo, poi si guarda i piedi e il modo in cui questi prendono le stesse fattezze dei suoi, quasi. Che si muovono nel medesimo modo, con la stessa cadenza. Prima il sinistro col sinistro, poi il destro col destro e così ad alternarsi. Magari è un'abitudine anche questa o semplicemente un gioco che non sa sostituire nel suo immaginario. Come quando cammina calpestando le fughe delle mattonelle o sui bordi frastagliati dei marciapiedi.

    "Grazie -"
    Mugugna seguendola, con lo sguardo che saetta un po' ovunque, che ricerca in un posto del genere delle vie di fuga. Istintivamente, anche se il corpo comunque non va contro questi bisogni e allora avanza al fianco di Vivianne. Fa per somigliargli quanto possibile.

    "Te l'ho detto che non ho l'assicurazione sanitaria...sì?"
    Lo ripete, per sicurezza. Anche un po' sottovoce perché ha paura che qualcuno possa sentirlo e così burlarsi di lui, della condizione in cui riversa, anche se questo è un ospedale per chi non se la passa benissimo, nemmeno economicamente parlando.
    Ma si lascia guidare, nella speranza di ottenere comunque qualcosa: magari una prescrizione medica falsa, magari davvero un po' di benzodiazepine. Giusto perché lei sembra una santa e una sacerdotessa anche se non sa di cos'è che Sasha ha parlato fino a poco fa. Ma lui è abituato a dar fiato ai pensieri e spesso quelli che gli saltano alla mente sono proprio i suoi libri. I libri che non potrà ricomprare troppo presto e che sono andati via nelle fiamme.

    "Non posso pagarti Vivianne." Un sospiro, l'ennesima speranza di renderle chiara la faccenda senza sembrare tanto bisognoso, un pezzente. "Mi dispiace anche solo farti perdere del tempo così..." Però l'ha seguita e in quello studio vuoto è entrato senza opporsi davvero.
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  3. .
    licantropo . α . mago hodoo . new york accent . 29 y.o
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    sasha grimes
    ospedale di Brooklyn
    "Ti giuro, l'ho detto tanto per dire. In realtà pensavo mi fosse rimasto quello del Bronx, sai, certe parole tanto marcate, le parolacce." Non scompone il corpo quando parla, ma per dar enfasi alla cosa muove appena le mani. Sempre nella sua zona, che a lei non si avvicina più di così e non solo per rispetto, forse perché quello che è successo giù a Venice Beach ha alzato a modo suo una barriera. Roba apparentemente intangibile, ma che rischia di far male se ci si sbatte contro. A forza di fumare nel medesimo modo in cui lo fa lei, quasi studiandosi la postura e la cadenza del respiro, il drummino diviene un mozzicone giallo in poco più di qualche minuto. Incastrandolo tra pollice e indice Sasha lo lancia cercando di mirare un tombino e ce la fa, bingo.

    "Vivianne, come la sacerdotessa di Avalon" ha approfondito poco il ciclo arturiano o del romanzo bretone che dir si voglia. Non è parte della letteratura americana, anche se gli americani provengono dagli inglesi e sono il popolo meno autoctono, cioè, gli americani che conosciamo noi, ecco, quelli che son venuti su dalle colonie e dallo schiavismo.
    Non che a Sasha non interessassero anche quelle di opere, ma ha sentito il dovere di specializzarsi in qualcosa e quel qualcosa non poteva che essere parte del proprio vissuto. È difficile che nelle scuole qui si studi Shakespeare. Gli insegnanti preferiscono J.D. Salinger e far agli studenti una testa tanta con il Giovane Holden. Che poi, volente o nolente è ciò che resta in testa più del resto. Rimane più utile di un corso di falegnameria, ad esempio. Perché nei libri c'è sempre qualcosa che colpisce a segno. Che fa i suoi punti al gioco delle freccette. Tanto che nel sorriderle pensa ai dibattiti avuti con Nate e al fatto che tutto questo, tutto questo viaggiare, scappare, scomparire, diverrebbe molto più semplice se il Giovane Holden fosse stato interiorizzato a dovere. Con il giusto accompagnamento, senza lasciarsi andare al proprio e facile buonsenso.
    Che anche Salinger lo scriveva: Voglio dire che ho lasciato scuole e posti senza nemmeno sapere che li stavo lasciando. È una cosa che odio. Che l'addio sia triste o brutto non me ne importa niente, ma quando lascio un posto mi piace saperlo, che lo sto lasciando. Se no, ti senti ancora peggio.

    "I tuoi erano appassionati dal romanzo bretone o suonava semplicemente bene?" parla e se parla non pensa, spinge un po' più in là la barriera, fa sì che almeno una persona, una sola per volta, possa entrarvi.

    "È confortante sapere che se si ha bisogno e un'assicurazione sanitaria si può venire curati da una sacerdotessa." Ma non può parlare troppo, d'altronde non sa se Vivianne ha da fare, se è in pausa o se semplicemente ha staccato dal suo turno e allora vuole tornarsene a casa a dormire. Si chiede dov'è che possa abitare una come Vivianne: se è della zona o una viandante come lui. Qualcuna che fa da pendolare, che a breve siederà su un treno e lì prenderà sonno. Ha gli occhi stanchi. Magari lo è anche nella voce ma non è qualcosa che Sasha può permettersi di giudicare. D'altronde non la conosce e probabilmente non avrà modo di sentirla parlare ancora. Non in momenti diversi, non in situazioni diverse.

    "Tante cose, in realtà..." e si morde l'interno della guancia, colpito in fallo, sul punto di essere smascherato.
    "Cercavo qualcosa di più forte della melatonina per combattere l'insonnia e un lavoro. C'è una stazione di pompieri qui vicino? È da quando sono un ragazzino che nutro la stessa aspirazione di Grisù." Ma Grisù è il personaggio di una serie animata italiana. Non è detto che Vivianne lo conosca.
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  4. .
    33 anni . archeologo . mago bianco . inquisitore . avitus
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    Kosta Papadopoulos
    MET
    Avrebbe potuto proporsi per i bandi del Louvre, o per quelli dell'Ermitage, ancora più in culo al mondo, senza però dire di essere un greco con un permesso di lavoro per l'America. Uno che per anni ha vissuto nel Maine e si è lasciato influenzare dalla cultura di quelli. Avrebbe potuto andare ovunque, tentare la fortuna altrove, magari senza nemmeno cambiare davvero Stato. Magari scendendo giù, oltre l'America centrale, quasi oltre quella del sud, fino all'Argentina, laddove adesso fa un po' più fresco perché basta superare la linea dell'equatore per vivere quasi una vita all'opposto di questa.
    Avrebbe potuto scegliere qualsiasi via, una vita diversa, vendendo la casa che ha e magari acquistandone un'altra più piccola, modesta, con meno piante da gestire e meno spazi da pulire. Avrebbe potuto davvero avere ogni cosa tra le proprie mani: le scelte, le possibilità, ma non l'ha fatto.
    Kosta è salito sulla sua auto, quella di sempre, dei viaggi senza metà per tutto il settentrione ed è arrivato a New York. Prima si era detto fosse per poco tempo, tanto da aver affittato una casa modesta, piccola, necessaria in ogni sua forma. Perché non avendo un lavoro fisso, ma a chiamata, gli sarebbe bastato indagare in giro per conto dell'associazione e poi tornare indietro. Sempre verso casa, ma più vicino il Vermont questa volta.
    Poi però New York si è rivelata invitante, un'ottima ospite e senza nemmeno pensarci Kosta si è trovato quasi costretto a restare. Perché è qui che la corruzione dilaga più che altrove. Gli altri non hanno ancora avuto conferma che gli scavi della Norton Group in Messico avessero risvegliato qualcosa del genere. Una sorta di Pazuzu ma più messicano che sumero - accadico, ma in New York ci credono e Kosta pensa abbiano mandato lui non tanto perché sia bravo nel tracciare informazioni, quanto perché il suo battesimo a Pelor è assai più fresco di quello degli altri. È una sorta di prova la sua, una prova che va avanti da più di un anno ormai.
    E New York gioca a loro favore. Lei gioca dalla parte di tutti e non è solo invitante, dolce, gentile, no, lei è anche affamata, subdola e sussurra piaceri nelle sue orecchie tanto da spingerlo a conoscerla. Vuole che Kosta si muova tra le sue strade, che la esplori, che l'aspetti. Perché un giorno accadrà qualcosa. Un giorno, quando forse nemmeno se l'aspetta, tutte le sue ricerche avranno il loro soggetto e allora lui sarà pronto, pronto a contribuire per la salvaguardia di questa Dimensione. Magari meno conscio di altri, ma comunque fedele, devoto.
    Poi è arrivata al lettera di risposta dal The Met, un colloquio conoscitivo, la presentazione delle sue più vecchie tesi. La fortuna che il capo di quel dipartimento che interessava a lui fosse spostato altrove. Che ci finisse lui al Louvre al posto suo. Una coincidenza alla quale Kosta non crede. Perché per lui c'è sempre un filo rosso che collega ogni cosa. Una causa e un effetto in un ciclo continuo. Un serpente che si morde la coda fino a fagocitarsi del tutto e così si alimenta, resta vivo, in moto, una ruota. Il tempo che scorre e pone ogni cosa al proprio posto. Kosta sente di essere un tassello, un tassello che si muove per le sale del Metropolitan Museum of Art di New York. Un tassello in attesa di una connessione. In attesa di una sfida. Tanto che quando varca la soglia del dipartimento egizio per controllare che ogni opera, ogni reperto esposto lo sia nella più perfetta condizione, finisce per cercare tra i nomi sulle targhette esposte quello di Nathaniel Hill. Istantaneo o istintivo. Una passeggiata tra la valle delle regine, lontano nel tempo, proprio durante le spedizioni del 2017/2018.
    E li si sofferma, un respiro profondo, la prova, per se stesso, che il proprio Chakra non verrà turbato da vecchi e non ancora antichi rancori.
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  5. .
    licantropo . α . mago hodoo . new york accent . 29 y.o
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    sasha grimes
    ospedale di Brooklyn
    Afferra l'accendino dalla dottoressa degli umani e riaccende il drum. Deve tirare piccole boccate di fumo per far sì che la fiamma lo ravvivi, che la carta torni a bruciare e quell'odore di tostato vada a mischiarsi un pochino al fumo della sigaretta di lei. Come promesso e in un sorriso che coglie perfettamente il senso di quel nome, Jack torna da lei, dritto nella tasca della divisa che Sasha non sfiora, perché gli estranei non si sfiorano, ma che centra con finta maestria, lasciandoglielo cadere proprio per dritto al suo interno. Per un istante non dice niente, sempre per la questione di non saper chiedere, di non voler alcun favore, eppure c'è sempre quel bisogno a masticargli un po' la bocca dello stomaco. Magari è semplicemente la necessità di un dialogo, di un momento che possa estraniarlo da tutto il resto. Elevandolo, spostandolo altrove. Che a Brooklyn probabilmente non c'era stato nemmeno da bambino e allora alla sua domanda sente di rispondere che sì, sì, lui non è di qui, anche se è nato qui ed è qui che è stato rimbalzato dagli Hainois ai Grimes. New York alla fine è quella, anche se è immensa e a volte c'è il rischio di perdersi. Sopratutto per un ragazzino che in casa non è mai voluto starci, ma finiva per arrivare semplicemente fino al fiume Hudson per poi tornare indietro. Che a fargli cambiare idea erano le rane: non poteva scappare davvero di casa se era convinto che le rane stessero solo lì, infestanti, come se il Bronx potesse esserne pieno e allora New York, di notte, venisse invasa dal loro gracchiare. Non ha mai creduto che i rumori che sentiva al calar della sera fossero dei grilli. I grilli non gli sono mai piaciuti, perché si sviluppavano in lunghezza, andavano altrove, sparivano già dalla visuale, mentre le rane erano compatte, forse più consce dei grilli della loro esistenza. Quindi sì, da bambino, quando voleva scappare, si ricordava del gracchiare delle rane e del fatto che non poteva lasciare Froggie da solo a casa. Magari sarebbe dovuto tornare a prenderlo: a lui, a Mitja, fino a che non ha compiuto la maggiore età e allora ha avuto la vocazione. La conferma che New York non apparteneva a lui nonostante vi fosse nato. Né per il Bronx, né per le rane.

    "No, non esattamente." Una boccata di fumo, la sigaretta si accorcia. Si fa più piccola col passare del tempo, come le donne quando invecchiano e allora si chiudono in loro stesse, a riccio, si fanno compatte come le rane. Divengono consapevoli della loro natura, della loro forza.

    "O almeno, non tornavo a New York da dieci anni e in una città del genere è sempre tutto un po' nuovo"
    Sorride, tira su il muso per guardarne i palazzi: ora i loro tetti sono più vicini. Ha senso quando da piccoli si ha una prospettiva diversa delle cose.

    "Perché questa domanda? Senti l'accento di Los Angeles? "
    Il fatto che quella città adesso non esista più per lui non vuol dire che non ci sia mai stata. Sono successe tante, diverse cose lì. Avvenimenti più belli che brutti. Ci ha alimentato speranze lì. Stava per diventarci padre e sua figlia, lì, sarebbe stata sempre abbronzata, con i capelli sempre più chiari e le lentiggini, sì, a macchiarle tutto il nasino.

    "Oh, comunque sono Sasha."
    Nessuno lo chiama più Alexander, non ha senso, per lui, presentarsi con quel nome.

    "Grazie per Jack."
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  6. .
    licantropo . α . mago hodoo . new york accent . 29 y.o
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    sasha grimes
    ospedale di Brooklyn
    Nel vederla Sasha la richiama con la mente, girati, girati, che è un gioco stupido con il quale cerca di cacciar via tutti gli altri pensieri. Un modo per giocare con gli altri senza renderli attivamente partecipi della propria follia. Che con gli altri del branco sarebbe stato diverso, loro si sarebbero accorti di questi sussurri negli angoli della testa e allora avrebbero reso vano ogni tentativo di divertimento.
    Quando lei si accende un sigaretta lo fa anche lui, stesso movimento a specchio, stesso tipo di fumo che si libera nell'aria. Tira persino le stesse boccate che tira lei, come a rendersi conto dei suoi respiri. Li cadenza nello stesso modo, li fa propri molto, molto lentamente, ma avanza di un passo quando la sua voce lo richiama, quando il sortilegio ha sortito il proprio effetto e gli occhi di lei guizzano in sua direzione. Sasha sorride dietro la sigaretta, con la mano ad alzarsi in un gesto di saluto. Ebete, probabilmente fuori contesto in un posto del genere. Non perché negli ospedali non ci si saluta, d'altronde questi sono i luoghi prediletti per certi tipi di situazioni, quanto perché è rimasto lì ad osservarla e non solo lei, ma tutta la natura architettonica e urbanistica che l'avvolge. New York è possente, sempre troppo spaventosa, proprio come una madre che tiene a bada i propri figli cullandoli tra nenie che danno raccapriccio.

    "Voi" un azzardo, o un modo ancor più sciocco di giocare col destino. Di forzare i tasselli nei punti sbagliati del puzzle e convincersi di avervi dato così la propria e libera interpretazione artistica. Poi il drum gli si spegne tra le labbra, così osa un passo ancora verso di lei, tanto da farlesi vicino ma senza strapparle via la libertà di non desiderarlo lì. Non la sta braccando, sta solamente conoscendo New York e la grande mela altro che non è che un grande, grosso bracco laddovve tutti al suo interno operano per qualcosa. Magari Sasha in cuor suo spera di riuscire a far parte di questo sistema. Di produrre per lei così da ripagare Nate e poi permettersi un'assicurazione sanitaria decente. Per muoversi sempre nella legalità soprattutto in quei piccoli momenti in cui la rivolta non lo costringe ai margini della società stessa.

    "Se siete una neurologa con un prezzario decente" Non nasconde il bisogno, non come nasconde di aver un accendino in tasca che potrebbe usare per conto proprio.
    "Posso chiederti di farmi accendere?" Cambia registro quando si rende conto di aver avanti una ragazza molto più giovane. Tanto da riveder in lei i lineamenti di chi un tempo si è seduta a gambe incrociate dinanzi a lui per farsi leggere una storia. C'era Jasmine che era così. Lei aveva gli stessi capelli e voleva fare la dottoressa, sì. La dottoressa degli animali.
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  7. .
    Interazioni con Bea, Dorothea, poi Ravius e Astrea

    Quincy Auberon Rowle
    ❝ D.A.D.A. teacher [Ilvermorny]❞ ❝ Rowle family, Sacred Twenty-Eight ❞ ❝ 40 yo ❞ ❝ posh accent ❞
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    Sorrise, lusingato, ma anche piuttosto consapevole di quanto lo spirito potesse rientrare a pieno titolo fra le sue doti.
    «Non c'è nulla di più bello d'una chiave, finché non si sa che cosa apre» le citò un altro uomo allegro, tanto per cambiare, Maurice Maeterlinck, un modo piuttosto enigmatico per rispondere alla sua domanda retorica. Sapeva anche restituire con una certa ironia quello che raccoglieva, in quella conversazione, anche se non sapeva l'origine di tanto riserbo, aveva colto come Beatrice fosse estremamente discreta, le sue risposte erano state a tratti nebulose, e ovviamente quel tipo di intelligenza sociale non poteva che mettergli anche più curiosità. Proprio come la sua citazione che ben spiegava come si sentisse incapace di non appassionarsi a un segreto, quando questo veniva esibito con tanta educazione.
    Ascoltò così la spiegazione di un lavoro che trovava tutt'altro che banale, doveva essere il fabbricante di bacchette che era in lui, la tendenza a provare un insano piacere nello scoprire come funzionassero certi tipi di magia e il bisogno ancestrale di padroneggiarli come fossero stille del suo stesso sangue. La allontanò delicatamente per farla girare su di sé, riprendendola subito dopo in modo che la mano potesse tornare proprio all'altezza della scapola. Purtroppo la canzone stava per finire, e quella conversazione doveva così restare tragicamente sospesa. Un'apparente scambio di informazioni di superficie, ma qualcosa, al di là degli interessi comuni, l'aveva colpito.
    Irrigidì il braccio perché fosse un sostegno più che saldo quando terminò la canzone, e le accompagnò la schiena appena più in basso, non al punto da arrivare a fare un casquè: sarebbe stato un miscuglio di balli che non era nelle sue corde, molto classiche da quel punto di vista.
    «Devo deluderla, purtroppo non ho trovato noiosa una sola sillaba» le disse a voce più bassa, considerando che la musica si era interrotta, e non voleva certo apparire maleducato. Si scostò con delicatezza, tenendole la mano finché non la sentì perfettamente stabile. L'istinto era quello di salutarla, seppur a malincuore, ma soprattutto si aspettava lo facesse Beatrice stessa. Aveva avuto la sensazione non trovasse del tutto gradevole ricevere tante domande, si sorprese quindi nel vedere come invece si rivolgeva al palco per il discorso di Dorothea, senza accennare al commiato.
    Evidentemente il suo fascino superava il fastidio che poteva procurare la sua curiosità. Peccato che quella leggera nota stonante lo rendesse anche più interessato.
    Applaudì senza fare poi troppo rumore in più punti, lì dove la voce della moglie di Cyrus lasciava intendere pause adatte a una risposta della folla. Alla fine arrivò la lotteria, lui era stato attento a partecipare ad ogni iniziativa, essendo un evento di beneficenza.
    «Sembra sia stato io il fortunato» scrutò il suo numero per averne la conferma, e appena vide il biglietto constatò come non si sbagliasse affatto.
    «Con permesso» prese la mano di Beatrice per un saluto più cortese, senza ovviamente sfiorarle il dorso quando si chinò.
    L'idea di andare sul palco doveva ammettere che lo divertiva, com'era di solito quella di essere sotto un qualche riflettore. Avrebbe preferito fosse per merito e non per qualcosa di volgare come la fortuna, ma di certo non avrebbe disdegnato. Si avvicinò a Dorothea che salutò nuovamente chinando appena il capo, prese con lentezza il suo premio perché sapeva come in occasioni simili si sarebbe certamente siglato il momento con delle fotografie per cui ci teneva che venisse ben inquadrato lui, quanto la scarpetta e chi gliela porgeva. Sarebbe comunque stato un vanto ricevere tanta attenzione durante un evento di beneficenza. Finito il momento si preparò a scendere dal palco, ma non poté evitare di seminare un commento che fu del tutto spontaneo.
    «Mi sostituisci così in fretta» si finse tragicamente dispiaciuto da quel cambiamento di iniziativa, anche se come al solito non era che scena. A dir la verità preferiva l'asta, era quel genere di passatempo che lo teneva sempre un po' sulle spine.
    Sceso dal palco, cercò spontaneamente Ravius, senza sprecarsi in gesti banali come muovere la testa fra la folla, ma avvicinandosi direttamente alla zona del bar, al limitare dalla pista da ballo. Di certo Ravius non avrebbe mai tollerato di stare in mezzo alla folla, e dopo un ballo sapeva che avrebbe certamente sentito la necessità di oliare di nuovo gli ingranaggi dei suoi brontolii con qualcosa di alcolico.
    A essere onesti la ricerca richiese qualche istante di più, doveva essere stato un valzer estasiante se il suo compare riusciva addirittura a sopportare la vicinanza di così tante persone. Evidentemente l'aveva compiaciuto abbastanza anche il vederlo sul palco, a debita distanza. Sarebbe stato perfetto se fosse stato lui a vincere il premio: l'idea di Ravius sul palco non poteva che farlo ridere più del dovuto.
    «Non le mancherà di certo, sarà mia premura dargliela come regalo per non farla dispiacere troppo della sua assenza» lo rassicurò, mentre pensava a quanto fosse difficile non cedere all'automatismo di chiamare Fungus perché gli liberasse le mani, ma un elfo domestico non avrebbe certo fatto una buona figura in una serata tanto elegante. Senza contare che aveva sentito in America non li tollerassero con la stessa nonchalance che avevano in Inghilterra. Lasciò perdere, rivolgendosi invece ad Astrea, che non aveva visto prima del valzer.
    «Che piacere vederti, mi dispiace Raelyndra non sia qui a poter dire altrettanto». Peccato, si era persa già così tante cose per quella serata.
    «Partecipate anche voi all'asta?» lui avrebbe partecipato di certo e intendeva farlo fin dal principio. Sarebbe stato intollerabile non essere parte attiva nella vendita quando la serata era stata organizzata per beneficenza.

    sheetlookvoicepensieve
  8. .
    Non so stare ferma, anche quando non sto effettivamente lavorando, ma immagino questa sia una cosa che c’è sempre stata, almeno da che io ricordi. È che non mi sono mai fermata, da che ero ragazzina e c’erano ancora le distese e le case basse ad Hays, e tutto correva talmente veloce che non potevo fare che altrimenti. E lo so che in qualche modo devo riprendermi la mia vita, fare qualcosa anche se mi sembra sbagliato, un controsenso, anche se mi sembra che semplicemente non è corretto, ed è una colpa, e non dovrei star qui lontana dai bambini a pensare a me quando le cose sembrano fatte di vetro, pronte a rompersi. Ma devo, fosse anche solo per prendere tutta quell’aria che se ne sta ancora lì e buttarla fuori, farlo il prima possibile. Anche se non vorrei, e torno sempre negli stessi loop che sono davvero gli stessi da sempre, le cose divise fra cosa voglio e cosa no, e cosa mi sento e cosa no, e cosa credo che sia giusto e cosa no. Non è che c’è una risposta, quindi posso solo aspettare. Cosa? Non lo so. Quindi, alla fine, ho staccato e anche se ho continuato a muovermi per il bar continuando a fare una cosa o l’altra, ho affrontato il pensiero di dovermi fermare o almeno provare a farlo. Non mi piace niente di tutto questo, a parte l’ovvio. Non mi piace quel tipo di cure ed attenzioni che vengono da cose come questa. Non mi sono mai piaciute, e forse potrei fare un fortino in salotto e solo far finta per qualche secondo, ma non avrebbe senso. Quindi non lo so, ci provo e basta. E alla fine mi siedo ad uno dei tavoli, guardo il bar fissandolo con un bicchiere contro cui premo le dita, pieno a metà di quella roba imbevibile che piaceva a lui, con la sua roba addosso, e dio che parlo e parlo e invece mi sento semplicemente patetica. Ma va bene, anche questo passerà, e so che lo farà. Non mi piace neanche questo, ma mi conosco, e so sopratutto per cosa devo far sì che sia proprio così. Quindi una serata con Emeraude è una buona idea, anche se tutto quello che vorrei è tornare a casa e restarci per un po’, e non pensare a niente. Ma tanto, tutto mi fa pensare. Questo posto, quella casa, ogni cosa, e allora tanto vale provarci per davvero. Prendo un sorso, è un sapore a cui ormai mi sono abituata anni fa, e che ormai scende solo caldo in gola. Muovo solo un braccio quando alla fine la vedo entrare, giusto per renderle subito nota la mia posizione. «Hey» le sorrido in quel modo nuovo, che è un po’ così, ma è un sorriso e mi dico che le cose a furia di crederci diventano vere, quindi va bene anche questo. «Potrei essermi già un pochino portata avanti» lo dico alzando appena il bicchiere. «Ma a mia discolpa sono letteralmente circondata da bottiglie, e sono sempre stata una donna debole» alzo appena le spalle poggiando di nuovo il bicchiere sul tavolo. «Cosa ti faccio portare?»
    ex-maledictus ▪ animagus ▪ double deuce owner & waitress ▪ 32 y.o. ▪ new york accent
    crain
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    edie
  9. .
    licantropo . α . mago hodoo . new york accent . 29 y.o
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    sasha grimes
    ospedale di Brooklyn
    L'America è un paese pretenzioso, la sua natura è matrigna, come gli spiegoni che fece Leopardi sulla vita stessa. L'America è un grosso buco in cui la vita è quella che è. Rispetta leggi proprie, ha nature ben diverse. Un sistema che si tiene in piedi saldamente, mai a stento, perché tutti quelli che la abitano portano ne portano avanti le leggi capitalistiche sulle quali si basa. Le persone secernono la medesima natura, non si rendono conto di essere un tutt'uno con essa oppure, ecco, se ne rendono conto ma ne vanno fieri. Portano avanti tale credo, correndo, affannandosi e strappando agli altri ciò che ritengono appartenga loro di diritto. Come in procinto di scalare quella che è una catena alimentare fatta solo da uomini e donne. Non esistono bestie in quanto animali, non uno squalo o un leone pronto a strapparvi via le carni no, sono solo uomini che mangiano altri uomini, mentre vi accarezzano la carne putrida e la consolano, stringendola al petto. Loro amano solo ciò che può morire perché è con la morte che si rendono conto di essere vivi. Di avere una singolarità che va oltre i meccanismi di una macchina sempre in movimento, che gira, gira e non si ferma mai.
    Sasha si odia per il fatto di farne parte, eppure non riesce ad evitarlo, a muoversi controcorrente quando il vento è così forte da trascinarlo letteralmente lungo l'asfalto. Così pensa a Nate e alla promessa che, taciuta, gli ha fatto: ripagherà ogni debito, perché non vuole l'elemosina seppur a Venice Beach vivessero tutti di mutuo aiuto. No. Sasha non accetta di far parte di un sistema capitalistico in cui non può essere attivo: spaccandosi la schiena, ovvio, accettando orari del cazzo, ma assicurando quantomeno un'assicurazione sanitaria e la possibilità di far qualche regalo, almeno a chi gli è stato vicino e che in questi ultimi giorni si sta occupando del suo sostentamento. È una questione d'orgoglio: è lui, si dice, quello che dovrebbe occuparsi di Nate. Non viceversa, perché anche se il branco è caduto Sasha sente come non gli venga facile staccarsi totalmente dal ruolo che lo ha visto spalleggiare e sorreggere quelli come Nate. Non gli ha nemmeno nascosto questo bisogno di trovarsi un lavoro, uno qualunque, alla fine, perché anche se gli piacerebbe insegnare letteratura poi non è che abbia una laurea per farlo. No. Il sistema vuole che ci siano fogli di carta a decretare la bravura di qualcuno. Fogli ottenuti con uno scambio mai equo di denaro e sudore, soldi che non è mai riuscito a mettersi da parte e per i quali forse adesso prova un profondo e radicato rimpianto.
    Ma cerca di non pensarci, non quando ritornare a New York lo fa sentire un po' come Jesse, allora rimbalza da un pensiero all'altro, da uno stimolo all'altro, nell'inconsapevole bisogno di tener la mente occupata e per questo sgombra da ogni pensiero. Perché a volte meno pensa e meglio sta, soprattutto quando fatica ad accettare di non poter essere utile sin da subito. Così si muove come un turista: la sigaretta accesa in bocca e gli occhi rivolti verso l'alto che è dove la città si espande, cresce. Quasi come se New York volesse toccare le stelle, più di Los Angeles, dove lì è possibile calpestarle e fingere di saperci volare su.
    E vorrebbe così conquistare due piccioni con una fava sola: farsi un'idea su dove e come farsi assumere e magari capire meglio come destreggiarsi. Perché non chiederà mai i soldi a Nate per farsi prescrivere un controllo dal neurologo e inoltre non gli sembra nemmeno tanto utile, considerando come la sua natura lo spinga ad aver bisogno di medicine sempre più forti. Magari per dormire, si dice, c'è bisogno di qualche dose massiccia di benzodiazepine, ma quelle non vuole trovarle chiedendo a qualche spacciatore, né vuole che il problema ricada sui fratelli, assolutamente. Vorrebbe farcela un po' da sé, anche se si ferma dinanzi all'accesso per il pronto soccorso dell'ospedale di Brooklyn e lì rimane a fissare l'insegna come un idiota. Come minimo, se inventasse sintomi per farsi visitare, sicuramente rischierebbe di dover pagare anche lì e le sue tasche sono fin troppo poche per permettergli un azzardo del genere. Forse gli manca semplicemente il peyote. Magari quello non serve solo a mostrare il futuro, ma anche a cacciar via i fantasmi del passato.
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    L'inizio fu solo confusione, perché non trovava un senso, in parole che l'alleggerivano della pena di sapere che sua sorella, che Tess, aveva subito qualcosa di intollerabile, eppure nel suo insieme non sembrava avere senso. Non poteva, perché non c'era altra ragione per cui riusciva a immaginare di generare una vita, una vita amata, e strapparsela via.
    Un respiro più denso, perché doveva capire. Non avrebbe potuto mai disattendere la fiducia che provava per Tess, credenza che non era stata scossa nemmeno l'ultima volta che aveva avuto da dirle qualcosa, ed era qualcosa che non condivideva. Mano stretta, cercando di ascoltare cosa aveva da dire. Eppure sentì la voce da oracolo, la voce della sconfitta.
    Erano stati i termini dell'accordo. Pensò al suo di accordo, che non aveva mai accettato, che se solo avesse messo in discussione Arkell l'avrebbe spinta a dissacrare il mondo mettendo a rischio anche la sua vita. Avrebbe sacrificato sé stessa per Arkell un milione di volte. Il suo piccolo miracolo, quello che non avrebbe dovuto poter avere, che era stato un sogno in un cassetto chiuso a chiave, perché anche solo a pensarci aveva sentito la stretta feroce che le occludeva il petto. Aveva amato quel bambino prim'ancora che nascesse, prima di aspettarlo, come destini intrecciati e messi insieme sulla terra. L'aveva amato prima di sapere di poterlo avere, mentre si affannava con le siringhe e i trattamenti che potessero concederle quella felicità senza pari. E poi era rimasta incinta, e si era convinta che in qualche modo senza senso avesse sentito la sua anima nel vuoto, l'avesse amata e chiamata a sé come se fossero stretti a un filo prima che il mondo avesse anche solo progettato di dargli un corpo.
    Era l'unica cosa che le faceva sentire la comunione con quella persona che era stata, e che non si riconosceva.
    E aveva nelle orecchie ancora quella resa. Dare un figlio per il proprio potere di oracolo. Non riusciva ad accettarlo, era qualcosa che le si crepava dentro, frantumava un frammento di anima che sentiva nel petto.
    «E questo ti basta?» la voce che tremava, perché guardava Tess e aveva paura di vedere qualcosa di cui non avrebbe riconosciuto un cuore. un oracolo, ciò che era stata per appena pochi mesi, e che aveva rifiutato perché le aveva dato gli occhi sbagliati. «Come puoi farlo, Tess? È tuo figlio, il tuo bambino, non puoi venderlo a una divinità solo perché vuole un paladino o un oracolo» sentiva gli occhi tremare, il frutto di quel qualcosa spezzato che affiorava sulla rima delle ciglia e si sgranava.
    Le prese la mano sul tavolo, stretta, perché poteva combatterla, lei lo sapeva. Avrebbero trovato un modo, come l'avrebbe trovato per sé, dio non significava invincibilità, ma solo freddezza. «Ti aiuto io» lo disse con forza, e le strinse le dita fra le sue «Troveremo il modo».
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    — no accent — paleontologist — woman of letters — 31yo —
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    NatieHill Segui
    @ArcheoNat
    Archeologo forense
    Dipartimento Archeologico del Maine
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    «His thoughts fixed solely on a vision of that mounted trophy against the wall, the eyes now dead that were once living, the tremulous nostrils stilled, the sensitive pricked ears closed to sound at the instant when the rifle shot echoed from the naked rocks, this man hunts his quarry through some instinct unknown even to himself.»
    38 y.o. – hunter – it guy – georgia accent – squib
    Perché doveva avere qualcosa che non andava, gli chiese. Gli vennero in mente un sacco di motivi.
    Il primo, era la sua sbandata precedente. Andre gli era piaciuto per un periodo, ma quel periodo l'aveva dimenticato. Doveva invece stare più attento ai segnali che dicevano come fosse una pessima idea, e così avrebbe risparmiato a Emeraude un sacco di dolore e di grane.
    Il secondo era che nessun cacciatore era del tutto indenne dall'avere qualcosa che non andava. Anche lui aveva qualche difetto problematico, in particolare il dare assoluta priorità alla sua famiglia. Per certe donne sarebbe stato difficile da accettare, per questo era ancora più felice di aver trovato l'unica donna perfetta anche fuori dal continente.
    «Tu prova a smentirmi» la sfidò, ignorando il fatto che Eme voleva quasi far passare lui, per il problema. Come se avesse problemi ad accettare che lei vedesse un uomo. Non c'era problema, doveva solo permettergli di fare il suo lavoro, quello della famiglia. Non più intesa come Foulger, anche perché in quel caso avrebbe dovuto scartare molta più gente. Lui invece si aspettava poche cose.
    Se avesse potuto sceglierlo lui, avrebbe certamente puntato su un tipo forte, un cacciatore d'elite, meglio se proveniente da qualche famiglia alleata e di cui sapevano le idee e le regole interne. Un Kaldor, magari. E poi ovviamente doveva essere un buon padre, con la testa a posto, andare d'accordo con lui perché era fondamentale che potesse integrarsi in famiglia, buon bevitore, non di quelli che crollavano dopo appena mezza bottiglia di bourbon. Ovviamente non doveva bere neanche troppo, doveva conoscere la disciplina della caccia. Poi doveva trovare interessanti i libri, Emeraude avrebbe avuto bisogno anche di quello. Doveva essere abbastanza tranquillo da non litigare sempre, ma con abbastanza polso da saper fronteggiare Emeraude.
    Non era poi difficile trovare uno così.
    La descrizione che però iniziò a fare Emeraude dell'"uomo" già iniziava ad avere qualche problema.
    Non era un cacciatore. Non era un buon segno.
    Ma poteva andare, c'erano molti aiutanti dei cacciatori validi. Il lato positivo era che sarebbe potuto stare a casa con i bambini mentre Emeraude cacciava.
    Kieran era un nome irlandese, non un problema, gli irlandesi gli erano simpatici. Come gli scozzesi, e se era una comunità vicino Edimburgo poteva essere anche scozzese. Entrambi però tendevano a bere un po' troppo, quindi bisognava approfondire quel punto.
    Poi strabuzzò gli occhi. Un predicatore non se l'era aspettato. Gli fece quasi dimenticare il resto.
    «Un predicatore? Ti devi sposare, non trovare chi ti sposi» non riusciva a immaginarla Emeraude vicino un predicatore. Poteva però dire che... leggeva dei libri? I predicatori sembravano persone colte. Il figlio era una cosa buona. Non si ricordava l'altra cosa che aveva detto, stava superando lo shock del predicatore.
    La guardò attraverso il vetro, non si fidava troppo di questo tizio sconosciuto che le era piombato in casa, ma lei diceva di essere felice.
    Avrebbe dovuto torchiarlo per bene quando fosse tornato.
    «Mh. Quindi un predicatore. Non cacciatore. Beve?».
    they’ll act like predators
    If we act like prey

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    SCUOLE FREQUENTATE
    Ilvermorny | 2031/2035 - 5 - Thunderbird
    RAZZE/ABILITA/CARATTERISTICHE
    Viaggiatrice Temporale | SI - 2020
    PROFESSIONE
    Cameriera | 2020 - ora

    CORPORAZIONE
    //
    FEDINA PENALE
    //
    IMMIGRAZIONE
    Americana | 2020 | Legale
    Giapponese | 1580 | Legale



    Aquamarine Rakham Hawkins
    nome Sulla carta il mio nome è Aquamarine, ma preferisco farmi chiamare nella forma breve, semplice, intima: Aqua. Un nome che, paradossalmente, mi lega a ciò che mi fa più paura: il mare.
    cognome Non sono una Rakham. Non più. Sposandomi sono diventata una Hawkins, anche se non mi sento pienamente definita da questa nuova identità. Cambiare cognome indubbiamente non può cancellare ciò che sono davvero, ma mi sembra il minimo per distanziarmi da te.
    data di nascita (età) 1 gennaio 2020. In un certo senso sono grata di essere nata in quel giorno dell'anno dove tutti sono impegnati a sorridere a un nuovo capitolo per ricordarsi del mio compleanno, che sinceramente non amo festeggiare. In questa linea temporale, la vostra, ho 21 anni.
    occupazione lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisicing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore magna aliqua.
    Aqua
    psychology
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    ii
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    Àstrid Bergès-Frisbey for Aqua Rakham Hawkins
    code made by @zacharys
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    SCUOLE FREQUENTATE
    Beauxbatons | Bellefeuille | 2002 - 2009
    Università degli studi La Sapienza - Archeologia | Roma | 2009 - 2014

    RAZZE E ABILITA
    Hakka | Shio - Avitus | NO

    PROFESSIONE
    Archeologo | 2014 a oggi
    Studioso di OOPArt | 2017 a oggi
    Restauratore dipartimento di Objects Conservation del Met | maggio 2024 - in corso
    ORGANIZZAZIONI E SETTE
    Epuratori | dicembre 2022

    FEDINA PENALE
    ---

    IMMIGRAZIONE
    Greca| 1991 | Legale
    Italiana | 2002 - 2014 Visto di soggiorno
    Americana | 2015 a ora Visto lavorativo


    Kosta Papadopoulos



    dati
    Papadopoulos è il cognome più famoso in Grecia. Divertente, perché oltre alle allitterazioni contiene la parola poulos, che letteralmente significa pollo. Ma non è questo il suo verso significato. Papadopoulos, nel suo insieme, significa figlio di un prete.
    Per com'è che hanno origine i cognomi possiamo confermare che, anticamente, forse il padre di suo padre, è stato davvero figlio di un prete. Un certo Constantine.
    Kosta invece è un nome più semplice, anche questo molto comune e capace di richiamare il nome del suo avo. In Grecia, Kosta, sta a significare costa o collina.
    Suo padre invece si chiama Layland mentre sua madre Aura. Ha una sorella più grande di tre anni che porta il nome di Estia

    Kosta nasce a Salonicco, in Grecia, il 3 maggio del 1991. Oggi ha 33 anni.

    Da giovane frequenta Beauxbatons restando a Roma per studiare Architettura all'Università La Sapienza
    Porta avanti gli studi di archeologia occupandosi di diversi scavi in tutto il mondo e appassionandosi di OOPArt, ovvero di quei manufatti considerati anacronistici, fuori posto.
    È proprio grazie a questi oggetti che viene a contatto con la corruzione, iniziando prima a studiarne la natura per poi dedicarsi alla sua epurazione assieme, appunto, agli Epuratori , un gruppo di maghi e studiosi che si occupano di fronteggiarne la minaccia e che hanno la loro base operativa ai confini tra il Maine e il Vermont.

    Kosta non è un essere umano come tutti gli altri, bensì un hakka, anche se non ancora risvegliato.
    CITAZIONE
    Shio delle Catene Stringenti

    Economicamente parlando Kosta è benestante mentre, sentimentalmente parlando, è assai povero d'amore.
    Fino a due anni fa era sposato con Nathaniel Hill dal quale, però, ha accettato a malincuore il divorzio.
    Sì, è omosessuale.
    Con lui ha vissuto in Maine per anni, acquistando un prefabbricato in legno e adottando due sphynx di nome Scilla e Cariddi.
    Ora la casa è praticamente tenuta chiusa, perché ad inizio 2024 ha affittato un monolocale a New York, zona Bronx per studiare e comprendere meglio certi fenomeni.

    Il suo catalizzatore è composto da:

    [+] Pirite. La Pirite nella sua accezione positiva è la propria della tolleranza e dell'adattamento, della capacità di comprensione, del giudizio equilibrato. Chi possiede la Pirite ha una eccezionale capacità di analisi, ha il cosiddetto occhio clinico, è preciso ma non puntiglioso, mette amore e passione nella sua attenzione per i dettagli, potrebbe essere un ottimo consigliere nella vita quanto nel lavoro.

    [-] Ossidiana. Spesso la perspicacia è accompagnata anche da un buon carisma, ma in questo caso è il contrario. Come l'Ossidiana cerca di bloccare ogni cosa all'esterno come un muro così è il proprietario: è spesso restio a mostrarsi, tenebroso, caparbio per ciò che gli interessa e incapace alla totale apertura se non in casi eccezionali: se il proprietario di un'Ossidiana oscura si confida con voi ritenetevi persone fortunate.

    La sua aura è rossa e vira verso l'arancio, il giallo e il bianco.
    Caratteriale
    Kosta è un uomo posato e dai saldi principi. Lo studio è stato per anni tutta la sua vita, così come la lettura e le vecchie storie. Per anni non ha fatto altro che leggere, leggere e leggere. I libri hanno sostituito i rapporti sociali, ma non per questo lo hanno chiuso al mondo che lo ha circondato e che continua a farlo.
    Anzi, tutt'altro: i libri lo hanno reso una persona interessante, colta, interessata a propria volta ad ogni dettaglio. Qualsiasi dettaglio sia in grado di stagliarsi dinanzi ai suoi occhi, che riguardi la sua amata archeologia o anche solo il modo che gli uomini hanno di porsi e di convivere nella società.
    È un uomo di cultura che però non la ostenta se non interpellato. È un sognatore pragmatico colui che fantastica su ciò che crede possa realizzarsi. Ed è tenace, testardo, affinché ciò che vuole venga poi tra le sue mani.
    È orgoglioso di questo, rispettoso di se stesso e conscio dei propri limiti, nonché dei pregi e dei difetti.
    A smuovergli l'animo è il bisogno di conoscere ancora. Di conoscere altro. A muovergli i passi è il bisogno di novità, appunto. Ed è instancabile, ingordo. La sua mente non si spegne mai, macina continuamente pensieri. Si scrive da solo tesi mentali. Dibatte, persino, con se stesso, ritrovandosi soddisfatto della cosa.

    fisico
    Alto poco più di 174 centimetri, Kosta si mostra essere un uomo dall'aspetto proporzionato. Tutto è al suo posto, perfettamente incastonato in quei pochi centimetri che ha a disposizione, fatta eccezione per il naso che, in base al taglio di capelli, spesso tende a sporgere più del resto.
    I colori di Kosta sono molto chiari, con una punta olivastra ad amalgamare il resto. I suoi occhi sono azzurri e i capelli di un biondo cenere.
    Non ha tatuaggi a decorargli il corpo, ma una lunga cicatrice al centro del petto rimasta da una vecchia operazione.
    La sua pelle è morbida e presenta poca peluria, che si è concentrata principalmente sul volto donandogli una folta e ben gestibile barba bionda.
    Kosta non è un uomo considerabile "bellissimo" né qualcuno che sa rimanere davvero impresso, nel complesso però è piacevole e forse sono le sue macro espressioni a conquistare più del resto. Perché persino nel vestiario non spicca, prediligendo capi morbidi che possano permettergli maggior mobilità negli scavi e sul campo.
    Di solito indossa capi in denim o di colori tendenti al marrone e al verde, spegnendo, così, la sua armocromia.

    extra


    1. porta sempre con sé un'arma da fuoco di piccolo calibro;

    2. fuma qualsiasi marca di sigaretta gli capiti a tiro;

    3. Adora le tisane;

    4. Beve caffé di cicoria;

    5. Non è un abile amatore;

    6. Adora i gatti, soprattutto gli sphynx;

    7. Non è religioso;

    8. Non vuole avere figli;

    9. La sua famiglia è rimasta a Salonicco;

    10. Vive ancora nel Maine ma la sua casa è praticamente sempre vuota;

    11. Gira su una Plymouth rossa degli anni 70;

    12. È un grande fan di Bob Dylan e ama i Beatles



    Aspetto

    Storia
    Caro Natie,
    Questa non è di certo una lettera d'amore, né tantomeno una tesi, bensì l'unico modo che ho per riflettere su quanto accaduto negli ultimi anni. Non parlo di noi, ovviamente, ma di tutte quelle scoperte che, conoscendomi, avrei condiviso con te dinanzi a una tazza di Fata dei fiori*.
    Perché mi conosci: sono quello che pur sapendo le cose poi ha sempre bisogno di confrontarsi con qualcuno di altrettanto capace, ma tu hai chiesto il divorzio, quindi a me non resta che parlarti così, nella speranza che immaginarti seduto su questa veranda possa in un qualche modo schiarirmi le idee.
    Non inizierò parlando di me e dei lavori che ho fatto: sai benissimo il mio nome e la mia carriera universitaria, quindi andremo un po' più in là, a poco dopo che gli scavi ti hanno, per così dire, portato via da me.
    Immagino tu possa ancora ricordare il mio interesse accademico per gli OOPArt e la storia che vi gira attorno.
    Ecco, partendo da questo presupposto e ricordando di quanto per un certo senso mi abbia ferito non essere stato incaricato dalla Norton Group per quello scavo in New Mexico, ho iniziato ad indagare un po' più a fondo alla ricerca di un qualcosa e ti parlo così perché quell'occasione mancata è rimasta per me come un solletico. Non so spiegarmi né come né perché, ma so dirti di aver sentito sulla mia pelle il bisogno di esserci. O di essere partecipe, insomma, qualcosa del genere.
    Insomma, bando alle ciance, girando on line e parlando con alcuni studiosi della criptoarcheologia, pseudoarcheologia o come preferisci chiamarli ho iniziato a far dei collegamenti decisamente spaventosi.
    New York, come se il resto del mondo non significasse nulla, sembra essere la nuova Roswell per la magia oscura. Mi spiego meglio: chiacchieranno con questi colleghi siamo arrivati alla conclusione che tutti gli estrani accadimenti avvenuti a New York potrebbero essere legati tra loro in un qualche modo. Mi sfugge ancora se ciò che è successo in New Mexico ne faccia o meno parte e forse è proprio questo ad avermi fatto ammattire. Tenendo conto anche di questo, nel momento esatto in cui abbiamo deciso di lavorare insieme o quando, insomma, sono entrato io nella loro squadra, questi accadimenti sono cessati.
    E me vien da sorridere, perché una parte di me, magari quella più infantile, se così possiamo chiamarla, ha sognato di vivere qualche avventura alla Indiana Jones, anche se poi, fermi, non siamo riusciti a stare. Per assurdo e ti giuro, anche solo scriverlo mi fa strano, con loro ho smesso di scavare.
    Perché di scavare a fondo sembrano aver uno strano terrore reverenziale e perché non è a questo che servo io. Mi è stato detto senza girarci attorno: a loro serve la mia conoscenza topografica e la velocità con la quale riesco a datare un oggetto. Fine.
    Poi che a me stia bene è un altro conto, d'altronde come ti dicevo sento davvero il bisogno di star dietro a questo tipo di faccende. Non perché abbia bisogno di distrarmi dal divorzio, affatto. È come se la scoperta e gli oggetti antichi mi richiamassero a loro, così come anche solo l'asfalto sopra il quale si è compiuto un evento mirabolante.
    Per questo mi hanno chiesto di collaborare con loro: perché faccio troppe domande e di conseguenza merito e pretendo troppe risposte.
    Poi loro -e forse questo non te l'ho ancora reso palese - si occupano di questa questione da parecchio tempo. Della magia oscura, intendo o della corruzione, ecco, come sarebbe giusto chiamarla.
    Per loro la corruzione lascia tracce del proprio passaggio e non solo sugli esseri umani, ma anche sugli oggetti. Tra una cinquantina di anni, se il mondo esisterà ancora, chi scaverà dopo di noi troverà ancora le sue impronte. È meraviglioso e al col tempo spaventoso, per questo ci stiamo operando per far sì che questo non rimanga davvero impresso nella memoria del mondo. Per loro, si fanno chiamare Epuratori, la questione è decisamente preoccupante. Per questo tracciano la storia alla ricerca dei fautori di tali confusioni. Te ne parlo proprio così perché è un mondo ancora in espansione persino per me, ma che sento starmi a cuore, forse perché ancora sogno un luogo in cui, egoisticamente, tu possa star bene.
    E io, ecco, mi occupo semplicemente di collegare informazioni. Faccio sopralluoghi, ne studio non solo la tipografia, ma parlo anche con le persone. Ascolto le loro storie e poi...poi ecco, ti dirò, tutto questo non è affatto semplice. A volte mi sento un folle a credere in questa idea. A volte, invece, proprio un pesce fuor d'acqua, come quando abbiamo salvato quel ragazzino dalla sua famiglia.
    Non sono un eroe eh! ho solo seguito tracce, come ti dicevo. Siamo partiti letteralmente dal peluche di un orso. Non so dirti di che materiale è stato realizzato perché analizzandolo successivamente ci siamo accorti non fosse semplicemente in poliestere e cotone.
    Da lì, comunque siamo arrivati alla famiglia del bambino e dal bambino stesso.
    In lui la corruzione era forte, ma non sono io ad aver tenuto traccia di questa cosa, ci ha pensato un prete purificatore ad occuparsene. Un certo Edric che gestisce una delle chiese nel Bronx di New York. È un uomo affabile, gentile, te lo farei conoscere perché sicuramente ti piacerebbe, ma ecco, forse il fulcro non è questo.
    Alla fine, comunque questa tesi non tesi, questa lettera non lettera, è diventata semplicemente una pagina di diario.
    Non sarà lunghissima, perché sai che non mi piace dilungarmi sulle cose che non conosco bene, che non sono ancora mie, ma ci tenevo a mettere i miei dubbi su carta. Quali sono questi dubbi? Eh, che non so se sto seguendo la strada giusta. Che magari mi sto soffermando sui contorni di qualcosa di tanto grande e incomprensibile.
    Ma ti giuro, ti giuro Natie, non ho mai sentito il bisogno di andare a fondo in certe cose.
    E non perché l'archeologia sia il mio amore. Così come la scoperta e tutto il resto. Non lo so cos'è che mi ha spinto a portare Scilla e Cariddi in Grecia dai miei, né perché mi è venuto così facile affittare un monolocale qui a New York. So solo che un giorno incontrerò qualcuno. Che farò uno scavo importante, che capirò quale collegamento c'è tra me, il mio lavoro e questo mondo.
    Spero tu stia vivendo avventure altrettanto interessanti.
    Vorrei restare ad ascoltarle, dico davvero.

    CITAZIONE
    * Bouquet floreale a base di camomilla, fiori d’arancio, petali e boccioli di rosa, malva, calendula e fiordaliso.



    Edited by Chrysalide - 8/5/2024, 13:27
  15. .

    Mezzo maramao in colloquium a Josh e poi tutto per Emma


    C6RRC2C
    C6RRC2C
    chrysanthemum sinister
    29 y.o
    /Devi ballare il valzer, non sei in Dirty Dancing, Baby/ non lo ringhio nella testa, ma solo perché anche questo è nel gioco e, Amore Mio, tu non devi capire che so infastidirmi anche io. Mai e poi mai. Soprattutto non sta sera, quando ci siamo detti di voler giocare e allora, beh, giochiamo. Come quando eravamo solo che ragazzini e Remì e Alice non facevano ancora parte della nostra vita. Quante volte sono rimasto a guardarti fermo, immobile, durante le mie feste. Quante volte ho desiderato di finire io con una tua gamba incastonata tra le mie. Ma lo sai, tu queste cose le sai dalla prima all'ultima, forse è per questo che fingi di sbagliare. Che ti muovi tanto ingenuamente da mandarmi il sangue al cervello.

    "Oh, sicuro." Che sono abile in ciò che faccio, mi dico. D'altronde è l'unica cosa che so fare quindi, insomma, se non fossi bravo anche in quella sarebbe un problema.
    "Ma bisogna creare una leggenda dietro a certe abilità, altrimenti quale gusto c'è?" Il nostro di ballo non è ancora nulla di che. Io mantengo le giuste distanze, ripercorro i giusti movimenti, perché il valzer si balla così. Così è come me lo hanno insegnato.
    "Sarei solo uno tra i più bravi, non uno fortunato." E la fortuna aiuta gli audaci.
    "Uno slancio, ma non del tutto lasciato al caso"sorrido affabile. "Ho pensato al colore del tuo capelli e alla morbidezza delle tue mani. Non sarai morbida solo qui." e picchietto le dita contro il dorso della mano che stringo alle mia.
    "Inoltre la Calendula è antinfiammatoria. Ballare con te mi fa ricredere sul voler dar fuoco a quel bocconcino di mio marito e alla sua lunghissima gamba. " È sempre e solo un gioco, non farei questo per un semplice contatto. Non ancora, almeno. Non per i prossimi cinque minuti.
    "Oh, davvero potrebbe, solo, esserci?" ridacchio appena "È uno sciocco allora a lasciarti ballare così." La porto ancor più vicino.
    "Ti va di vincere questa gara, Callie?" un'espressione che non tradisce, mai, la voglia che ho di divertirmi questa sera. Di cogliere il meglio da serate come queste.
    "Te ne intendi di Rockabilly?" Io non molto, ma come dicevo, bisogna creare delle leggende sulle proprie abillità. Questa sera, ad esempio, sono il campione nazionale di Rockabilly acrobatico.
    "One, two, three o'clock, four o'clock, rock" Canticchio solo per noi, spingendola lontano da me, ma senza perdere presa su una sua mano. La tendo come un elastico, per poi tornare a farmela vicino. Lo faccio muovendo i fianchi, piegando il corpo in avanti.
    mago nero . atropo . metamorfomago . bisex


    Numerino: 66

    E ovviamente partecipiamo al ballo
1913 replies since 29/7/2012
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