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.songvoicea.a.a.pensieve42 yonew mexico accentdcmc dark predatorlennox ramirezlife's just a bunch of accidents, connected by one perfect end
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Basta, io apro le danze, anche perché a furia di aspettare guarda qua quanti punti ho perso. Sto facendo questa squadra con l'unico mood possibile, e ovviamente Mitja nella mia testa sei Duffy Duck negli spogliatoi.
Squadra:- Emeraude Kabakov;
- Sin'Lar Cyris;
- Joshua Cevik;
- Mitja Grimes;
- Sasha Grimes.
Bonus:- Chrys mostra un capezzolo negli outfit;
- Mitja parla russo;
- Archer ha visioni da Hakka.
Fatemi fare tanti punti, bimbi belli -
.«Asleep at the morning I hold my arms to the warning signs. Vacant reliving. Times we never saw. We rehearse like we know it all. Take what you're given, follow on the road back down. Not even heaven knows. Take what you're given, follow on the road back down. Not even heaven knows»35y.o. – r&d executive manager – dimensional refugee – black m. – animagus – so. lousiana accentGuardo per un attimo fuori, l'aria che entra finalmente è fredda. Una sensazione inebriante.
I brividi lungo il collo, il gelo sulla faccia. Mi schiarisce le idee e costringe a pensare a tutt'altro.
Dove sorrido per quella strana idea di un me che riposa.
Bevo un sorso, uno di quelli che saranno gli ultimi.
«Me lo dicono in molti» che è difficile starmi indietro. In fondo è inevitabile, quando dormo si e no tre ore a notte. E anche di giorno, non mi fermo praticamente mai.
È iniziato quando sono arrivato qui. Dopo un po' che non aveva più la preoccupazione di non dover morire ogni secondo, o eliminare dalla mia testa gli incubi da sveglio per le volte in cui invece sono morto, quello che è rimasto era un enorme vuoto. Il mio buco nero.
Mi sembra di non esistere quando non faccio qualcosa. E non riesco a non fare qualcosa perché ho paura di rimanere da solo con me, e qualunque cosa di mostruoso che ci sia qui dentro.
Non è l'unica ad avermi raramente visto così "rilassato".
Se "rilassato" si può dire il giorno della veglia del proprio migliore amico, vera o finta che sia.
Più di un migliore amico. Un compagno. Un compagno di quel tempo.
Una cosa simile a ciò che mi lega a Celia, e che mi fa dire quanto stupida sia a non rendersene conto.
Che nessuno in questa vita potrà mai sapere e capire davvero cosa mi porto dietro, anche se lo spiegassi, e non voglio.
Infatti anche Claire mi avrà visto in abiti da casa forse un paio di volte, giusto perché sarebbe stato strano il contrario.
Mi giro attratto dal suo movimento, mentre va a prendersi da bere.
Bevo in un sorso quello che rimane del mio drink, e vado vicino al carrellino nero dietro l'angolo del divano anche io.
Dietro di lei, mentre versa una quantità generosa di scotch.
Più vicino di quanto siamo stati mai in questi due anni.
A parte un quarto d'ora fa.
«È difficile che stia tranquillo» lo dico a voce bassa, dietro di lei.
Mi sporgo per toglierle la bottiglia dalle mani, versarmi un nuovo drink anche io.
Celia, lo sa più di altri. Non solo perché mi sente, ma perché sa la persona che ero prima quanto difficilmente potesse concederselo di rilassarsi.
Celia, che ormai è l'unica persona a potermi chiamare Zane e confondere quel nome con quello che porto adesso.
Poso la bottiglia sul carrellino, le apro il palmo con la mano per prendere il tappo dello scotch e richiuderlo.
«Ti fa così strano vedermi in tuta?».follow on the road back downNot even heaven knows -
.Reazione prima, annuire perché quel nome, Xoya, era davvero familiare. Aveva tentato in ogni modo di bloccare le visioni di quel tempo e ci era riuscita solo in parte, ma ormai era una vita precedente che stava fluendo dentro di lei in modo sempre più completo. Non ricordava davvero chi fosse Xoya, ma sapeva come adesso sarebbe stato quello il filo seguito da quel tempo trascendente, come sarebbero arrivati molti più ricordi su di lei. Era stato così con gli altri. Con Yashid più semplice, perché erano state legate in modo indissolubile anche allora.
Si paralizzò invece quando si sentì chiamare in quel modo. Un gelo che ricordava bene, risaliva a quando tenevano l'ampolla nel bunker, sotto sua stretta sorveglianza, e Xamal le chiedeva di accettare il suo passato. Le diceva che non sarebbe mai stata come lei, Scesthi, la demonizzante figura di cui non sarebbe mai potuta essere all'altezza. Aveva una presenza enorme, e così se ne sentiva schiacciata.
«Ti prego non chiamarmi così» lo disse tra i denti mentre posava la birra sul tavolino, come se parte di quel dolore potesse trasparire dalla stretta delle labbra. Non ce l'aveva con Archer, ma sentiva di non poter perdonare quella condizione che li aveva abbracciati uno ad uno, traendoli nelle loro spire. «Scusa, ma non mi piace sapere di quella versione di me. Faccio fatica a riconoscermi in lei, ha fatto cose... che non condivido» come essere legata a un dio terrificante. Il ritorno del peso degli dei sulla sua vita, quando avrebbe preferito che se ne tenessero alla larga. Persino l'abilità di Oracolo l'avevano macchiata, e ora non voleva più esserne portatrice.
Ma non voleva perdersi in quei pensieri cupi. Voleva essere d'aiuto per suo fratello, provare a dipanare la nebbia in cui si stava trovando radicato.
«Hai detto che è peggiorato dopo quella volta nel Bronx, per caso sai se c'era una reliquia?» strano perché nessuno di loro l'aveva avvertita, ma poteva essere sopita, com'era stato a Las Cruces, quando aveva iniziato a sentirne l'oscuro potere solo dopo il suo risveglio. «So che ci sono alcune reliquie "speciali", in qualche modo. Sono legate a queste vite precedenti. L'ampolla, quella che ho trovato a Las Cruces era così. È come se portasse un pezzo di anima di uno di loro, di quel tempo. Xamal» e pure quello la inquietava, un funzionamento che trovava in qualche modo simile a quello di magia molto oscura, come gli Horcrux. «Per me è iniziato quando ho iniziato a sentire il suo potere, ma per Will e gli altri è stato diverso, un po' la reliquia li ha destabilizzati e gli ha fatto avere più visioni, un po' sono diventate sempre di più in modo indipendente» e dire ad alta voce come le visioni fossero peggiorate, le fece notare come non si fosse soffermata su qualcosa che invece era così importante.
«Non durerà per sempre, Archie. Dopo un po' inizierai ad avere meno visioni. Ormai a me capita solo quando sono particolarmente sovrappensiero, sai, con la testa fra le nuvole» e nel dirlo le venne naturale appoggiargli una mano sul braccio, per essere ancora più vicina. -
.«No, grazie, devo lavorare dopo» e stare con Arkell, finché poteva lavorare da casa almeno quei due o tre giorni a settimana, a seconda di quanti sopralluoghi dovesse fare. E c'era sempre un limite, pure quando si concedeva di bere un po' di più perché in fondo le piaceva, ma le regole erano stringenti. Mai bere troppo davanti a cacciatori, cercare di non essere mai ubriache per far fede alle urgenze. E se n'erano aggiunte altre, come evitare di bere più di un bicchiere quando doveva stare vicino ad Arkell. Ma non era mai stato poi così diverso, non era qualcosa che le mancava.
E in quella situazione, si aggiungeva una regola nuova, del tutto a sé stante. Significava non abbassare le difese della propria inibizione, perché sapeva che avrebbe potuto dire qualcosa che avrebbe ferito Edie, e non voleva farlo. Aveva cercato di esserle amica quando rischiava di rendere il suo rapporto con Morgan più difficile, poi aveva smesso, in parte perché aveva avuto troppo a distanziarla da lei, in parte perché chi la conosceva meglio aveva comunque detto come non sarebbe stato possibile. Poi le cose erano cambiate, avevano sancito un punto di non ritorno in cui un simile pensiero diventava solo deprecabile.
«Non è un problema il baccano. Ho un bambino e un eterno bambino a casa, mi piace quando c'è rumore» le sarebbe piaciuto anche che di bambini ce ne fossero una decina a casa, anche se sapeva come quello fosse impossibile. Aveva avuto un unico miracolo, e non aveva mai smesso di considerarlo tale.
«Allora ci vediamo sabato. Passo verso le nove, se va bene» un orario più tranquillo perché sapeva come la mattina fosse piena di cose da fare, con Arkell che si svegliava e doveva mangiare, era il momento in cui era più attivo. Ed era solo uno.
Era pronta ad andare, anche se con quella bugia nel petto. Perché il rumore le sarebbe stato bene, era segno di una casa dove c'era una vera famiglia. Ma sarebbe stata anche un'occasione in cui non avrebbe potuto stare con i suoi figli come sarebbe dovuto essere, con la vicinanza di una persona che era stata così importante nella sua vita, una con cui aveva condiviso la paternità e così tanto altro. -
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.«His thoughts fixed solely on a vision of that mounted trophy against the wall, the eyes now dead that were once living, the tremulous nostrils stilled, the sensitive pricked ears closed to sound at the instant when the rifle shot echoed from the naked rocks, this man hunts his quarry through some instinct unknown even to himself.»38 y.o. – hunter – it guy – georgia accent –
squibGli misero le manette e tirarono fuori dalla cella. Non poteva credere che avessero trovato qualche altra stronzata a cui appellarsi, quando non aveva fatto proprio niente, non quel giorno.
Il giorno prima c'era stata quasi una rissa, ma un quasi qualcosa non equivaleva a qualcosa. In fondo i secondini li avevano separati per tempo.
«Stai fermo, dobbiamo privarti dei sensi»
Subito si alterò, non esisteva proprio che gli togliessero i suoi sensi, anche se per poco.
«È incostituzionale, figli di puttana» se c'era una cosa che sapeva era quali fossero i suoi diritti, non era un cacciatore qualsiasi come quei poveracci che giravano l'America. I Foulger ce l'avevano un minimo di istruzione, almeno su quali fossero i reati, non erano nati l'altro ieri, era quello il modo in cui potevano rimanere fuori dai radar della legge ed evitare di finire in prigione per qualche cazzata.
E infatti lui ci era finito solo perché Crain non aveva fatto le cose nel modo giusto, prova della realtà dei fatti.
«Ehi! Attento a come parli, Foulger»
Smise di vedere e sentire di punto in bianco, mentre lo spintonavano in una precisa direzione.
Non gli piaceva che pensassero di fare quello che volevano, erano solo dei cani.
Se fossero stati fuori da quella prigione, anzi, pure lì dentro se non stesse cercando di rigare il più possibile dritto, li avrebbe fatti neri. In un secondo, senza neanche troppo sforzo.
«Siamo arrivati» li sentì, non appena fu ripristinato l'udito. Che figlio di puttana, evidentemente il direttore era terrorizzato dall'idea che qualche detenuto riuscisse a sfuggire al controllo dei suoi cagnolini e volesse andar lì a regolare i conti. Terrorizzato da qualche imbecille, chiunque avrebbe sfruttato l'occasione per andarsene da lì, di certo non per andare a pestare un tizio qualsiasi, non diverso dalle sue guardie.
Anzi, loro erano peggiori. Ci aveva a che fare tutti i giorni.
Lo spinsero in una specie di salotto, un posto ridicolo visto dove si trovavano. Chi si credeva di essere quel tizio?
«Sto bene in piedi» e infatti non si mosse di un solo passo. Che dovevano fare, prendere un tè? Si sarebbe quasi messo a ridere se tutta quella situazione non gli fosse stata sul cazzo.
Tanto più che faceva quelle domande idiote. Se pure avesse fatto qualcosa non l'avrebbe certo confessata così, su due piedi.
«Per un premio? Dovrei meritarmelo per vivere in questo schifo di posto» ora sì che poteva almeno sorridere.they’ll act like predatorsIf we act like prey -
.voice - 28yolycan - βeta - lookex-con
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.if i cut my hair, hope i grow it long
back long, back time like way before☼ dimensional clandestine ◉ soldierUno sconosciuto si avvicina a lei. Non verso di lei, ma proprio a lei.
Mani alzate, non ha armi visibili. Segno di non volerle fare del male?
Si può fare anche a mani nude.
Parla a voce bassa, forse è un posto dove non si deve far rumore? No, gli altri suoni sono alti, come quello che strombazzava dal veicolo piccolo a quattro ruote. Forse non vuole farsi sentire. Questo le dice che probabilmente non ritiene lei un pericolo, ma lo pensa di qualcuno lì vicino. Forse non devono notarla.
Si chiede come potersi nascondere, è vestita in modo del tutto diverso.
Guarda i suoi vestiti, sono strani.
Le allunga una mano. Può essere un tentativo di aiutarla, in un combattimento corpo a corpo quella posizione non gli è favorevole.
Non la prende, arretra e si alza da sola. Non lo perde di vista, solo per un attimo lancia un'occhiata a un altro che è passato, anche lui con vestiti strani. Dovrebbe cambiarli, generare un'illusione, ma non vuole sprecare Andrax. È in un luogo ostile e sconosciuto, le servirà.
Parla di nuovo, le sembra stia usando un'altra lingua.
Deve star provando a comunicare con lei.
Considera l'idea di rispondere nella sua lingua madre, o nel dialetto aldhal. La scarta, sarebbe un segno distintivo, darebbe a lui informazioni che a lei invece mancano rispetto allo sconosciuto e al posto dove si trova.
Scuote solo la testa, cerca di comunicare che non capisce.
Le serve qualche parola da poter inserire nel comunicatore, un ancora che possa farle scoprire almeno che lingua è.
Il nome le sembra la più facile.
Comincia a indicarlo, le sembra l'unica cosa possibile per avere quell'informazione. -
.«Asleep at the morning I hold my arms to the warning signs. Vacant reliving. Times we never saw. We rehearse like we know it all. Take what you're given, follow on the road back down. Not even heaven knows. Take what you're given, follow on the road back down. Not even heaven knows»35y.o. – r&d executive manager – dimensional refugee – black m. – animagus – so. lousiana accentPer un attimo mi lascia interdetto.
Non è che abbia cercato di nascondere attivamente il fatto che non credo alla morte di Shaw, diciamo solo che non l'ho apertamente detto a parole. Quindi probabilmente non dovrei essere sorpreso del fatto che ha capito che non sono convinto da questa cosa.
Però non lo so, sentirglielo dire a voce alta è strano.
Probabilmente è solo che mi sorprendo sempre quando qualcuno capisce o sa qualcosa di me, e con lei soprattutto cerco sempre di depistare i miei stessi pensieri.
Bevo un sorso di scotch.
Non mi piace doverne parlare. Non sono un veggente, non lo so cosa ha fatto Shaw, ma mi sembra possibile che abbia deciso di crearsi una comoda via d'uscita. In fondo nella sua testa può aver pensato che tanto morirebbe comunque giovane, quindi perché non anticipare un po' la cosa per Edie.
E non mi è sembrato esattamente felice di essere un cacciatore, ultimamente.
Non mi è sembrato felice per niente, ma non so quanto uno di noi possa essere del tutto felice.
mi basta che sia plausibile. Finché è plausibile non vedo perché dare per scontato che sia morto.
L'ultima volta è ritornato, direi che non sono per forza pazzo a crederlo.
«Ognuno pensa quel che vuole» bevo un altro sorso. Io non voglio pensare al fatto che sia morto, non voglio ascoltare tutti i motivi per cui sarebbe più plausibile che sia crepato come un coglione, non voglio riflettere sui pro e i contro delle mie convinzioni, anche perché ce ne sono diversi che Celia non ha citato che sarebbero un'ottimo sostegno alla sua tesi.
Tanto il tempo ce lo dirà, suppongo.
Si rimanda al poi quella che è la verità.
«Puoi metterti comoda, se vuoi»
Meglio cambiare argomento.
«È un divano molto comodo, non ci crederai ma a volte mi ci addormento in tutta e pantofole» pantofole di classe come quelle che indosso, ma pur sempre pantofole.follow on the road back downNot even heaven knows -
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.Un altro sorso,poi un mezzo sorriso, perché alla fine era comunque qualcuno in più in quella rete. Non c'era niente di più importante. Quella creatura che ormai era venuta alla luce, stava crescendo, diveniva importante. Quella creatura sorella di ciò che gli Uomini di Lettere erano stati per lei, ma con una paternità diversa, perché la prima volta c'erano stati River e Layla, questa volta aveva pensato da sola a quel desiderio, l'aveva nutrito, e poi erano arrivati quelli che avevano contribuito in modo più importante.
Chiuse il quaderno per rimetterlo nella borsa, poi quella domanda, che fece scivolare lo stupore fino agli occhi.
Sapeva che Edie avrebbe detto qualcosa di simile, quella non era poi fonte di sorpresa. Ma che pensasse alla casa, come braciere che riaccendeva il dolore, non l'avrebbe mai pensato. C'era qualcosa in quella casa che le avrebbe ricordato l'assenza, gli scacciapensieri del portico, la casetta sull'albero, quello che portava la sua firma. Ma c'erano luoghi che si portava dentro che erano addirittura lancinanti, luoghi dove vivevano anni di ricordi. Quella casa, salvo qualcosa, non sarebbe stata peggiore del passato. Pure se quel qualcosa aveva comunque un peso.
«Penso sia peggio per te» lì loro avevano condiviso una vita, aveva un significato profondo. Per lei non era che un pezzo microscopico di passato che le aveva dato pure valanghe di estraneità. Sarebbe stato peggio se ci fosse dovuta andare per la prima volta, se lo strappo non si fosse ricucito prima di quel momento. Lì ci sarebbe stato rimpianto, ma di rimpianti in quel caso non ne aveva.
«Hai pensato di cercare un altro posto?» pose quella domanda che era sorpresa anche quella, perché non ci avrebbe pensato per sé, non avrebbe saputo vedere la negatività di quattro pareti in cui c'era stata tanta complicità. Se fosse tornata nella sua, di casa, quella dove anche Morgan era stato un'infinità di volte, avrebbe sentito la sua vicinanza più della sua assenza. -
.Era proprio quello che temeva. Il ricordo delle rovine, di quella magia impetuosa, dei terreni incontaminati dove non una sola vita umana osava perdersi. E poi c'erano loro. Voci di un passato che ancora non sembrava appartenerle, forse per via di Xamal, e le parole che l'avevano ossessionata fin dal principio. Lui, che a volte sentiva ancora parlare da dietro le barriere che aveva innalzato per non sentirlo più.
«Già. Una vita precedente» era proprio quello il punto. L'inspiegabile scoperta che faceva crollare la certezza di essere una persona precisa, con la propria individualità e coscienza. C'era stata un'altra lei, una di cui riconosceva le somiglianze e questo rendeva temibile il vederne le differenze. Si era chiesta così spesso se potesse compierne anche gli stessi errori, le scelte che la ponevano dalla parte di qualcuno che aveva invece ferito le persone che amava.
«Ho trovato testimonianze di altre persone a cui è successo. Sembra che i ricordi siano più o meno gli stessi, come fosse... una limitata reincarnazione» sembrava ancora così assurdo da dire, soprattutto a voce alta.
«Lo so che sembra assurdo e lontano da tutto quello che sappiamo dell'anima, ma sembra che sia proprio così».
Un'esperienza che univa poche persone, sempre le stesse. Yashid, Raktaneon, Schesthi, Xamal, Athron, Elras, Tzehas, aveva conosciuto i loro nomi fino a quel momento, alcuni presenti in un tempo più recente ma comunque lontano da quello che stava vivendo.