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    Disponibile con Hector! <3
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    emeraude
    emeraude
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    emeraude
    kabakov
    No, non hai mai creduto troppo alle formalità, ma per il semplice e banale fatto, forse, che non sei cresciuta così. Certo, hai imparato a stare nel mondo, anche in uno diverso dal tuo, a conoscerne le regole, certe regole, per non dare nell'occhio, per raggiungere i propri obiettivi, semplicemente per vivere su un certo territorio e in mezzo ad una grande società nella quale non potete, anche solo in minima parte, non ricomprendervi.
    Ma qui le cose sono diverse e vogliono esserlo. Forse Kieran non lo sa, e forse non lo sai nemmeno tu come si parlano tra di loro i cacciatori di Edimburgo, ma credi in una familiarità, soprattutto in questi casi, quando due braccia hanno la possibilità di tendersi e di scambiare qualcosa attraverso l'Oceano, sperando nell'amicizia reciproca, o quantomeno nel rispetto di chi, da entrambe le parti, ha delle mire e delle ambizioni da dover soddisfare soprattutto con la diplomazia. Magari è difficile da spiegarglielo, difficile spiegare come si trovi in mezzo ad una scacchiera che solo in apparenza non sembra così complessa: anche il baratto ha delle regole precise, dei codici da rispettare. Ma non vuoi spiegargli quali fili sottili tengono in piedi questa casa, questo luogo quasi come istituzione. Non vuoi spiegargli ancora chi sia Anson Foulger, quanto ti è costato avere Putnam Valley, sebbene apparisse tua da sempre: falso pure questo. Per questo ci tieni che sia un luogo accogliente, ci tieni che sia un riparo, non solo per i cacciatori a questo punto, e ci tieni anche che sia uno snodo per tutti quegli accordi invisibili che ti si cuciono tra dente e gengiva quando gli sorridi in maniera spontanea, gentile. Dietro la tua cortesia ci sono tante cose, ci sono da sempre con tutti, cose di cui solo tu porti il peso, cose che tengono in piedi questo posto ma che non diventano la plateale moneta di scambio per restare sotto questo tetto, mangiare alla tua tavola. E lo sai che funziona, perchè, come in ogni cosa che funziona, i meccanismi non sono quasi mai a vista. La macchina perfetta è sempre quella che non fa notare i propri ingranaggi. E anche qui ci sono. Eccome se ci sono.
    Il caso poi a volte riserva anche piacevoli sorprese, anche se hai perso l'abitudine, anche se il più delle volte ti aspetti solo quella solita onda nera che torna indietro dopo essersi ritirata dalla battigia dandoti un istante di respiro. Un po' come se anche questo fosse un meccanismo vitale ed imprescindibile della macchina chiamata "Emeraude".
    Ti capita spesso di persone che vengono qui senza sapere cosa cercare, e si rivela in questo il tuo compito e la tua vocazione: dare risposte a chi pone problemi pratici, a volte senza neppure un vero nome, all'inizio. La formazione intellettuale di un cacciatore è quella che è, indubbiamente, e figure come te servono anche a questo, a dare un nome a quelle cose pratiche. Il nome di uno spirito, di una creatura, le memorie di chi l'ha saputa uccidere prima di qualcun altro. I sintomi di cui ricercare le cause. Capita di rado invece che qualcuno si soffermi su qualcosa che non abbia meri risvolti utilitari. Sulla pura filosofia, ad esempio.
    Devi fermarti nei tuoi gesti per seguire le sue parole. Non perché tu non le capisca, ma perché, appunto, è raro per te sentire espresse a voce cose che rimangono sempre sui libri, con un tempo diverso per immagazzinarle e comprenderle.
    «In sostanza il principio dell'Alchimia, sempre grazie ad Ermete.»concludi, senza voler però approfondire oltre. Curioso pure questo a Putnam Valley, ma non ti sei dimenticata di avere di fronte un magonò. Ti sei informata su chi fosse quest'uomo che i cacciatori di Edimburgo di raccomandavano. Un po' di storia personale, insomma. Certe cose non sai quindi neanche quanto sia indelicato o poco saggio affrontarle, e preferisci chinarti di nuovo sulla pila di libri, anche se non avevi pensato prenderti seriamente adesso del tempo per metterli a posto. Uno alla volta, ogni tanto quando passi o ti capita di entrare in quelle stanze, per trasportarlo da un luogo ad un altro quando sei di fretta o l'itinerario tocca proprio lo scaffale designato nella tua mente. Ogni tanto apprezzeresti una mano, ma poi, per quella sorta di "deformazione professionale", se così la vogliamo chiamare, finisci arrendendoti al fatto che solo tu sei in grado di aiutarti, ed in un certo senso non può che essere vero se l'unico "catalogo" disponibile di questa "biblioteca" resta ad ora solo ed unicamente il tuo cervello.
    «Te lo posso concedere.» forse la cosa meno inusuale questa, che qualcuno cucini al tuo posto. «Meglio non poteva capitarci.» ma ecco di nuovo l'inedito. Tendete ad accontentarvi anche di meno, e in una punta di preoccupazione ti sorge quando pensi a Martin o Ronnie, e al fatto che potrebbero non apprezzare abbastanza certe raffinatezze culinarie.
    Ma lo metti da parte questo tipo di pensiero. Sollevi lo sguardo di nuovo dal libro, sui cui lo avevi posato di nuovo velocemente, perchè non ti sfugge la sua espressione, la sua titubanza.
    Quando ti hanno mandato Kieran sapevi che era per una cosa importante, e in realtà sapevi già quale era questa cosa. Davanti ai segreti non ci sarebbe stato alcun accordo e lui non sarebbe qui oggi. Quindi, in un certo senso, è come se già la conoscessi la sua domanda.
    «Abbastanza. Fa anche quello parte del nostro lavoro.»
    Poggi di nuovo il libro sulla pila, dove ci resterà ancora per qualche altro giorno.
    «Conosco un paio di cacciatori che sono quasi specializzati in esorcismi.»
    hunter
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    emeraude
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    emeraude
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    kabakov
    C'è un fatto, purtroppo tutt'altro che bello, una sorta di deformazione, di mostro che, mordendole, rovina le cose. È il sentirsi quasi indegnamente e immeritevolmente felici. Come se non vi spettasse, come se non ti spettasse, Emeraude. Per tanto tempo hai provato questo tipo di sentimento, anche senza saperlo, soprattutto senza rendertene conto. Come una sorta di rifugio dopo tutto quello che è successo e che, in un modo o nell'altro, continua a succedere, perché lo dovreste sapere ormai che nel mondo, specialmente - o forse solo - nel vostro non esiste veramente il concetto di tregua. Per cui a volte è difficile sentire di meritarsi davvero la felicità, e questo pensiero finisce che contamina tutto, anche le cose veramente felici, dove si cerca in maniera quasi morbosa di trovare la pulce, il difetto che giustifica la disillusione se non il vittimismo.
    Ma ci provi adesso a rimanere aggrappata alle cose belle, a quelle felici lasciandole come tali, senza corromperle, neanche con un banale dove si annidano comunque sempre dei piccoli germi di disperazione.
    Perché è bello adesso guardare Rufus, anche se c'è uno stramaledetto vetro di mezzo che te lo tiene lontano, come un animale contagioso.
    «Sì, è così che di solito escono.»con tutto il sangue e i liquidi vari, lo prende in giro, come per rimarcare, di nuovo, quella loro eterna e sciocca competizione, prima tra chi divenisse prima genitore e poi chi capofamiglia; tu sempre in testa, ancora imbattuta.
    «E smettila di fare il maschio alpha. Ti puoi commuovere per la tua bambina, su.» picchietti sul vetro come per richiamare la sua attenzione, visto le smorfie con chi si torce la bocca e il resto dell'espressione pur di non cedere a quell'emozione che sì, a dire il vero, è strano vedergli dipinta in volto. Ma è anche questo il bello. Significa che è davvero qualcosa di nuovo, di puro. È come vedere germogliare un fiore nuovo in un campo che troppi innesti, troppe colture hanno sfruttato.
    «Quei libri utili salveranno il culo a te e a tua figlia, Foulger. Ricordatelo quando esci di qui. E comunque no, stavo parlando di due cose diverse.»
    Ti fa sorridere pure questo, anche avresti preferito che afferrasse subito la cosa, invece di fartici girare attorno così tanto. Sì, i famosi "mezzi termini" te li volevi concedere, senza per forza spiegare letteralmente tutto. Perché in qualche modo già lo sai - te lo sei perfettamente immaginato, a dire il vero - che Kieran non rappresenta esattamente il modello d'uomo che potrebbe aspettarsi tuoi cugino o un qualsiasi altro cacciatore. A dire il vero neanche tu te lo aspettavi, ed è forse per questo che ti piace di più.
    «Quello che ti stavo dicendo, "lacrima facile", è che ho conosciuto un uomo.» e lo squadri dall'altra parte del vetro con uno sguardo piuttosto eloquente.
    hunter
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    Sara and the gang, e Quincy AH!

    beatrice
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    lemoine
    A volte la casualità gioca in modi più precisi e sensati della logica stessa.
    Questa sera non ti pesa l'attenzione che catalizza attorno a sé, naturalmente, Sara. Ed è una cosa che hai patito sin dalla giovinezza, sin dai tempi di Beauxbatons, sin dai tempi delle ragazzine invidiose e insopportabili che non potevano sostenere la tua naturale amicizia con nobili dal sangue blu. Come se te la fossi cercata, come se dietro ci fosse chissà quale sorta di arrivismo senza scrupoli. Le cose erano sempre state molto più banali e onest, ma col senno di poi lo poteva capire: sarebbe stato difficile da spiegare.
    Ma questa sera non ti pesa, proprio stasera in realtà, pensi, anzi, ti è di grande utilità. Ti permette di osservare dietro la maschera, dietro un vetro lucidissimo che è quello del silenzio riverente d'etichetta nei confronti di quella che è una Principessa, prima che la tua migliore amica. E da dietro quel vetro la Principessa Saraswati, ti permette di studiare chi vi si accosta, chi vi parla, vi si presenta, porte i suoi omaggi. È come uno spioncino dentro la tribuna d'onore, da cui guardare senza essere guardarti. Il tuo diversivo luminoso dietro al quale si muove un'ombra che molto più difficilmente viene notata. Oh, non che questo ti entusiasmi, specialmente se pensi a Sara che non conosce i tuoi doppi fini. Vorresti non averne con lei, vorresti non doverla strumentalizzare, e cerchi di convincerti che non lo stai facendo, che si è soltanto rivelata una naturale irresistibile occasione. È vero, non era stata studiata, ma questo non ti fa sentire meno in colpa.
    Ma ora o mai più, e ci sono cose che, da quella posizione privilegiata, non ti vuoi perdere, come la sua conversazione breve con i padroni di casa, o come quella con Quincy Rowle. Ogni cosa è preziosa in quel caso, da che quel nome si è cucito sulla bocca di Callum: da che saluta la principessa ricordando vecchi incontri, fino a quando di nuovo non si congeda. E allora, alla fine della trafila di "cortigiani" rivolgi uno sguardo più personale a Sara, una smorfia che si maschera in un sorriso perfetto ma, conoscendovi, parlante di cose piene di ironia e di schiocchezze. Stai per proporle di andare finalmente a prendere qualcosa al bar, quando la musica cambia.
    Al gesto di molti segue anche il tuo. Sollevi anche tu la mano osservando il filo traslucido che ti si annoda attorno al dito.
    «Per un attimo ci ho sperato.» che il tuo filo terminasse esattamente sul dito di Sara.
    A volte la casualità gioca in modi più precisi e sensati della logica stessa, e proprio perché si tratta di casualità non richiede spiegazioni, né accetta domande. Accogli il ritorno di Rowle con curiosità, quasi una certa sorpresa. Alla sua frase, dapprima incerta se si stia rivolgendo a te oppure a Sara, abbassi lo sguardo sulla mano per poi sollevarla e mostrargliela come controprova, sfoggiandogli un sorriso divertito.
    Saluti con uno sguardo Sara e prendi la mano che Rowle da gentiluomo ti offre.
    «È un piacere, Signor Rowle, giusto? » chiedi di nuovo, giustificata dal continuo susseguirsi di presentazioni di molte personalità fino a quel momento, fingendo che tu già non lo sappia da te.
    «Beatrice Morel Lemoine, funzionaria del Reliquiarium. Fortuna vuole anche un'amicizia di vecchia data della Principessa.»
    È molto tempo che non balli seriamente un walzer. I tuoi balli con Søren, quando siete soli, di solito sono scomposti, guancia contro guancia, su musica altrettanto sgangherata, a volte proprio senza musica. Ma ci sono cose che ricordi, un po' per vecchio retaggio, come una sorta di lezione di vita ormai interiorizzata, impartita dalla scuola o forse dalle tue zie, come ricordarsi le posizioni delle posate sul piatto durante la consumazione del pasto.
    «Siete anche voi familiare con i signori Lovecraft e Selwyn?» gli domandi, avendo notato la confidenza del gruppo che prima di voi attorniava i due coniugi.
    assassin
    recruit
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    Numero 21
    Ballo yepp
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    emeraude
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    emeraude
    emeraude
    kabakov
    «Tieniti i tuoi segreti allora.» lo sbeffeggi dall'altro lato del vetro, arricciando il naso e scuotendo la testa in segno di dissenso. No, Mireya non te lo avrebbe detto comunque, sarebbe riuscita a tenersi per sé anche una cosa del genere, troppo brava a indossare maschere di ghiaccio quella donna, anche di fronte a notizie come queste, felici. Non puoi negare neanche che rappresenti per te un sollievo poter evitare di incontrare Anson, rassicurata dal fatto che, con il ritorno di Rufus, non dovrai continuare a scansare Casper con il timore di mettere il piede sulle mine invisibili seminate dai tuoi zii il cui unico scopo è solamente quello di diventare una qualsiasi forma di casus belli o di rivendicazione. Anson te le ha accordate certe cose, ma questo non significa la sua benedizione. Anche se non dipendi più dai Foulger è chiaro che i loro occhi ti restano comunque puntati addosso. Riconquistarsi la loro fiducia è forse l'impresa più ardua: non la si può fare tutta in una volta sola. È una coreografia lenta, studiata passo per passo, provata centimetro su centimetro giorno dopo giorno, e se funziona non è detto che giustifichi altre mosse in avanti. A volte è necessario semplicemente rimanere al proprio posto e dimostrarsi all'altezza, accettare che ci sia un occhio che scruta e che giudica il proprio operato, lo passi al vaglio, al setaccio, millimetro per millimetro.
    Ti rendi conto che forse non c'è veramente molto da chiedere a qualcuno che da mesi se ne sta chiuso nelle stesse pareti. L'unica domanda, quel "come stai?" in questo caso è interamente proiettata in un domani estremamente prossimo dove quei muri non ci sono più, e allora tutto il resto è come se non avesse più importanza.
    «Sì, si allena insieme a Ronnie. Stanno tutti bene.»
    Tutti bene, è una frase che oggi, specialmente oggi, ha più valore che in altri giorni. Anche se forse non è vero, che va tutto completamente bene: perché Ronnie patisce il braccio ed è arrabbiata con il mondo e specialmente con te, perché i gemelli crescono da tu sei con loro un po' più provata, perché da che è morto Morgan pensi così spesso a Edie e poi a Caiden e vorresti essere più di conforto.
    Però in fondo sì, oggi state tutti bene.
    «Casper è delirante da quando sei qui. Ho evitato di incontrare Anson o Nestor, la situazione era abbastanza tesa e non so nemmeno se mi avrebbero voluto sul loro territorio.»
    Anche se è strano da dire, perché quella era pur sempre casa tua, il luogo dove sei nata. Troppo guardinghi.
    «Non sono ancora riuscita a vedere Zoe. Ma a questo punto credo che me la presenterei direttamente tu.» punti il polpastrello dell'indice sul vetro appuntandoti una smorfia sorridente sulla guancia.
    «Con Putnam Valley sono arrivata a un buon punto, credo di vedere la fine. C'è chi mi ha dato una mano.»
    E non sapevi esattamente se era qui che volevi arrivare, non ci avevi neanche pensato arrivando qui, forse sì, certo, certo glielo avresti detto, ma il fatto che la sua scarcerazione arrivi così a breve ti costringe da un lato a dirglielo subito.
    «Ho stretto accordi oltreoceano. C'è una comunità vicino ad Edimburgo con cui sono entrata in contatto. E…»
    Scuoti appena le spalle «..c'è una persona.»
    hunter
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    emeraude
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    kabakov
    È come gelido, sì. Non vedi l'ora di uscire dalle pareti spesse di quella grossa scatola ad incastri perfettamente funzionanti, da cui pochi sono riusciti a sottrarsi, e da cui non è riuscito neanche Rufus o Morgan. Stando qui sei solo grata che Morgan non abbia concluso qui i suoi giorni, che sia morto degnamente, come un Cacciatore. È la fine migliore che possiate fare tutti voi, anche se c'è qualcosa adesso che, se pensi alla tua dipartita futura, te lo fa dubitare, quantomeno per te stessa.
    Per questo, quando senti la notizia direttamente dalla sua bocca un senso di sollievo ti si spalanca nel petto, lo senti quasi fisicamente aprirti e lo sterno e allargarti le costole. Aria nuova in questo luogo impenetrabile.
    «Davvero? Sei serio?» come per assicurarti che non sia un qualche tipo di battuta detta tanto per sdrammatizzare qualcosa di invece molto tragico. «È davvero fantastico.»
    Sì, dopo tutti questi mesi lo è, dopo tutto quello che è successo. È finalmente qualcosa di buono, come se le cose stessero finalmente tornando al loro posto. Fortuna o bravura, adesso conta forse solo il fatto che sia praticamente libero, che anche quest'incubo sia finito. Forse non sarà privo di conseguenze, ma al momento non ti riesce guardare più in là di lunedì stesso.
    «Per favore non fare stronzate da qui a lunedì allora. Che a casa ti aspettano.»
    Non a casa tua, Casper non lo è più ormai, anche se nel sangue, o in quello che ti rimane, sarai sempre e comunque una Foulger. No, a casa sua, con Mireya, con Zoe, finalmente, con la sua famiglia, quella di carne prima ancora che di legge.
    «Sono la prima a cui lo dici? Devo farlo sapere ad Anson?»
    Non era la domanda che avresti voluto porre, o meglio, non vorresti ricevere una certa risposta di assenso, perché tutto sembra ridursi ad un "affrontare" Anson, in ogni caso, anche nel migliore, e forse non è nemmeno da te che vorrebbe sentirsi dare questo tipo di notizia. Ma è necessaria, come lo sono tante altre cose, tutte quelle che vuoi affrontare per prime, perché il tempo comunque scarseggia.
    hunter
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    emeraude
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    kabakov
    Forse hai rimandato troppo questa cosa. Ma nel momento in cui hanno cominciato a farsi largo dei dubbi più importanti nella tua testa è arrivato tutto il resto che, come al solito, ti ha trascinata altrove. Non lontano da Putnam Valley, quello mai, ma lontana con il pensiero, con il conglomerato, la matassa che si è annodata nella testa per tutti questi mesi. Nel male ma poi anche nel bene, in un certo senso, anche se le cose pure con Kieran aspettano di trovare un nome, uno vero, e forse aspettano perché hai paura per te stessa e ne hai pure per lui, forse perché troppa fretta offusca e poi brucia, e ti porti dietro cicatrici ancora troppo sensibili al tocco. Fanno ancora male come spilli, e allora anche una mano gentile che scansa l'armatura, all'inizio, fa paura.
    Quindi certe cose sono state messe da parte, in maniera naturale. Le potresti pure lasciar correre, forse, ma no, c'è un tarlo ormai infilato nella tua mente da quel maledetto giorno che la cucina vomitava da ogni angolo, da ogni fessura il sangue di tua figlia, che mangiucchia, scricchiola, scava e sussurra che non puoi lasciare niente al caso, niente fuori dal tuo controllo, dalla presa della tua mano. Che ti gracchia che i colpi secchi, durante certe notti, quando la temperatura cala, non sono quelli delle travi di legno che tengono su la casa, ma sono direttamente quelli delle tue ossa che tengono in piedi questo intera realtà.
    Per cui non puoi lasciare correre, anche se Marlow Hollow - come si è chiamato - da che lo hai visto la prima volta ti è sembrato soltanto un ragazzino perso, troppo giovane per essere un cacciatore solo, troppo cresciuto per pensare che ci fosse qualcuno disposto ancora a cercarlo. Anche se vorresti dirti che lo fai prima per lui, perché qualcosa ti impietosisce, ti intenerisce, piuttosto che per te, per testare la presa del tuo guanto di ferro sulla tua casa e sul tuo mondo.
    Hai scelto che non vi fosse nessuno in casa, nessun cacciatore, neanche Kieran, neanche i bambini, proprio perché non vuoi concederti alcun errore di valutazione. Una nota malata non smette mai di risuonarti in testa: quel bastardo che ha strappato via il braccio a Veronica poteva avere su per giù quell'età.
    «Buongiorno, Marlow.»
    Lo hai atteso all'ingresso, fuori dalla porta, quando hai sentito il suono del motore della macchina avvicinarsi, nel silenzio di Putnam Valley. E anche stavolta che lo rivedi, con quella bottiglia inusuale stretta tra le mani, ti suscita di nuovo la stessa sensazione: di un ragazzo solo e forse troppo perso in un mondo come il vostro. Forse è già tanto che sia sempre vivo: se continuerà a cacciare in solitudine è probabile che la sua vita sarà davvero breve. Ti prende un nodo allo stomaco ma fingi che non sia nulla.
    «Grazie di essere venuto. Vieni, entra.» gli fai un cenno perché ti segua.
    In casa domina il silenzio, e ormai ti sei abituata anche a quello, a questa nuova vita che non ce la fa mai ad acquietarsi, ma che è diventata più severa, forse pure più scontrosa, offesa, ma dove ogni giorno prova a germogliare qualcosa di nuovo e più resistente.
    Raggiunto il salotto gli indichi di nuovo di sedersi su una delle poltrone, mentre ti preoccupi di prendere due bicchieri puliti dal comò.
    «Lo sai che volevo parlarti.»
    Li posi sul tavolino davanti a voi, prima di prendere posto di fronte a lui, a portata di occhi.
    «Ci sono delle cose che non ho chiare. È un problema se ne parliamo?»
    hunter
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  8. .
    AHHHHHHHHHHHHHHHHHHH GLORIA!! Sono Gine! Jyn per i veterani dell'epoca del tempo che fu! Ora piango (un pochino dai) Bentornata cuoricina!
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    Benvenutooo! Io son Gine! (sempre una buona scelta Crowley si confermo molto) ✨
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    Nome pg: Alastor
    Banditore? SI
    Come è finito al Demon's Deal: //
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    emeraude
    emeraude
    emeraude
    emeraude
    kabakov
    È incredibile guardarla, anche se a Rufus non assomiglia affatto per ora, perché è scura come sua madre. Fa quasi ridere per questo. Fa ridere il fatto che sia di Rufus, che sia sua figlia, ma è un ridere che porta alle lacrime per una strana forma di emozione e di contentezza sentimentale. Che ti sembra solo ieri che gli dicevi di aspettare i tuoi figli, ti sembra solo ieri che lo prendevi in giro sul muoversi, a sua volta, nel mettere al mondo qualche Foulger. E ora è una bambina che ti guarda con gli occhi di sua madre. Non sai se guardare lei o Mireya, ma è un po' impossibile non scivolare dall'una all'altra. Ti serve solo che ti inviti ad entrare e che riprenda lei il passo per scioglierti da quello stallo dolcissimo.
    «Insomma non userei proprio quel termine, ma sto bene.»
    Anche se certe cose rimangono difficili da digerire, anche se dovresti esserci abituata perché fa parte della vostra natura, è così che siete stati cresciuti: con la morte aggrappata addosso, come un cane che morde la gamba. Eppure mai così vivi. Forse ciò che ti mette veramente in ginocchio non è la morte di Morgan in sé, sebbene sia del resto così dolorosa, forse è il pensiero di Edie, di Caiden. Quello davvero ti uccide. Ma non ti vuoi torturare adesso pensando di nuovo al viso di Caiden, non adesso, non qui.
    «Bene.» le rispondi seguendola in una casa che è sua e che è strana anche questa, dopo una vita quasi interamente da nomade trascorsa insieme a Nestor e ai tuoi cugini.
    Ma sai di non dover mai lasciare al silenzio affermazioni del genere. Mireya forse già se lo immagina, ma se hai aspettato così tanto è perché con Rufus in prigione la situazione era tesa, e Casper l'hai evitata per tutto il tempo necessario, stando anche ai suggerimenti di tua madre. Le cose sono cambiate, sì, da che la tua famiglia è ormai soltanto la tua. Non che ci siano mai stati trattamenti di favore, né che tu sia ancora dipendente da Anson, ma lo sai, lo senti di essere sempre sotto il suo sguardo, sotto il suo giudizio. Ed è per questo che una delle più grosse preoccupazioni è sempre quella di dovergli dimostrare di essere stata una scommessa che valeva la pena fare. O più che una scommessa, un accordo, uno ben calcolato, con tutti i vantaggi e soprattutto i rischi del caso.
    Ne approfitti che Mireya posi Zoe in culla per poterti avvicinare e sporgerti sopra. Le offri piano una mano e lasci che ti afferri un dito, mentre si dibatte subito per la tentazione di portarselo alla piccola bocca. «Ciao, Zoe…» È energica, decisa, Ronnie ci impazzirebbe.
    «Sì, è passato davvero tanto… beh ne sono successe di cose… sì, versa versa, voglio sentire.»
    Dire che di cose ne sono successe pare quasi un eufemismo. Certe cose pensi non sarebbe neanche il caso di elencarle. Nel bene e nel male, anche se non puoi dimenticare chi e cose ti è venuto in soccorso quando le cose hanno cominciato a incrinarsi, quando per un attimo, un solo attimo, hai pensato di non poter gestire l'ennesimo dolore.
    «È davvero bella.» dici sfiorando una guancia alla bambina nella speranza si strapparle un sorriso da quello sguardo contratto dove, ecco, grazie ad una sfumatura improvvisa ma palese compare suo padre.
    hunter
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    ORACLE OF RA 30 y.o TESS BISHOP HAKKA voice look aesthetic song
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    i don't belong in the world, that's what it is. something separates me from other people.
    «Beh… figo. È una cosa più grande di noi, Arch.» mi accomodo meglio, sbuffando leggermente. È che non credo si possa ridurre a questo, ed è vero pure che sono troppo suscettibile in questo periodo. Forse per Nofret, forse per le cose che non devo rivelare, forse per il futuro che ci attende ma che non mi viene ancora rivelato, forse perché cerco ancora, disperatamente, di tenere ogni singola cosa insieme, ma più ci provo più si aggiungono tasselli che complicano il puzzle, più viene aggiunta una trama nell'arazzo di cui non ho chiaro il disegno, se non solamente in piccole porzioni però slegate. Ed è questo, credo, uno dei grandi problemi della mia esistenza: sentire di non riuscire a riconnettere niente dei grandi o piccoli mondi dentro i quali vivo. Speravo che con la rivelazione della mia anima tutto sarebbe andato al posto giusto e si sarebbe verificata per me una sorta di epifania, di rivelazione, ma non è stato così.
    Lo so che posso suonare, dura, severa, ma forse la si può chiamare più legittimamente apprensione. Perché Archer ne ha passate troppe ed io sono diventata sospettosa di qualsiasi cosa, a maggior ragione adesso che c'è Nofret. Perché ci siamo passati, ci sono passata anche io e l'ho fatto a modo mio, dopo un viaggio difficile ma che mi ha rimescolato dentro. Le cose per me non si sono rivelate con chiarezza, non almeno come lo hanno fatto con Rex o forse lo faranno con Archer. Le mie erano mescolate alle visioni dell'Amduat. Per capire chi fossi mi è servito tempo, perché la memoria di Raktaneon funziona esattamente come una tela, è tutto tranne che lineare: perfettamente geometrica, sensata se ne cogli la matematica perfetta, ma è circolare. Dove finisce ricomincia ma non nello stesso punto, e il suo viaggio si è incrociato con il mio appena compiuto e trascritto. Perciò non credo di poter stabilire se sia positivo o no; le visioni di per sé, da che sono nata Oracolo, non sono mai buone o cattive, a volte presagiscono benedizioni a volte tempi maledetti, e il nostro compito è solo quello di guardare. Non possediamo neanche il vantaggio del tempo: a volte arriviamo troppo tardi, a volte troppo in anticipo, a volte vediamo quando non dovremmo vedere. Non sono nostre le regole, e ci sono piani che non sono affatto come suggerirebbe la logica umana.
    Alla sua domanda mi prendo qualche istante di silenzio. Cerco con la mano il ragno sul petto, quasi fosse già lì la risposta, e in effetti lo potrebbe essere.
    «Si chiamava Raktaneon, l'aracnomante, il proto-oracolo.» e forse anche per questo lo sento così vicino. Condividiamo un destino affine io e lui, e forse il mio essere Oracolo è solo la diretta conseguenza, il completamento di quella che era stata già la sua natura, la sua vocazione.
    «Leggeva il futuro e le verità attraverso le tele di ragno. Rivelano più di quanto si pensi. È lui che si è preoccupato di riunire le anime di chi gli era vicino, cioè quelle da cui sono nate Nova e Layla.»
    Tutti gli altri, a parte Rex, onestamente penso ci sia qualcosa che li avrebbe comunque legati oltre il tempo e lo spazio, indipendentemente da quanti fili di ragno avrebbe potuto stringerli assieme fin nella tomba e nella Polvere.
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    metamorphomagus – 25 y.o. – supporter – brooklyn




    E un'altra giornata è andata. L'ennesima qui a Brooklyn. Ci sto quasi prendendo gusto.
    No ok, non raccontiamoci delle stronzate buoniste, la verità è che preferisco di gran lunga il Sacred Heart, dove certe cose sono più facili da risolvere. Infatti in molti casi non è per le cose semplici che si viene al Sacred, sennò i medici e gente che ci prova come me non servirebbero nemmeno. È pure difficile rimanere qui con le mani legate e non poter utilizzare nessuno dei miei "trucchetti" per riaggiustare, tipo, qualche osso. Ma deve far parte della formazione del perfetto medimago: pronto a qualsiasi eventualità, anche senza magia e paroline in una qualche lingua antica e misteriosa.
    Diciamo pure che un po' continuo a farlo apposta, a tenermi impegnata con le cose difficili, dico. Non difficili, non necessariamente, voglio dire, ma impegnative, che il cervello te lo tengono, te lo costringono, te lo inchiodano da qualche parte a forza per non permettergli di vagare altrove, dove gli fa più comodo, e comodo adesso è dove non sono costretta a fare la persona giusta, che le cose le porta alla luce del sole, cioè dove bruciano e fanno più male. Non ci posso fare tanto altro, solo trovare il modo giusto per gestire certe cose senza fare del male a me o alle persone che mi stanno intorno.
    Tolgo le cuffie dalle orecchie per annodarle ordinatamente e dopo un rapido tentativo avvolticciolarle e buttarle direttamente nella tasca della giacca. Non faccio a tempo a raggiungere la mia moto che mi volto a guardare quella che mi si è avvicinata e che, palesemente, cerca me.
    Un attimo di confusione, più per il casco bianchissimo, ma dura un attimo: sono brava a riconoscere gli sguardi della gente.
    «Guarda chi c'è. Io eh?»
    Onestamente non mi aspettavo di ritrovarlo. Il posto non è grandissimo, ma è grande abbastanza per avere la possibilità di non incrociarsi due volte. Ma a quanto pare doveva succedere. Non è un tipo così pessimo in fondo. Ha un modo di fare che potrebbe potenzialmente essere affine al mio, se non fossi stata presa e masticata letteralmente dalla vita in questi ultimi, quanti? Li vogliamo veramente quantificare? Beh, rettifico: se guardo allo stile della sua moto siamo su pianeti decisamente differenti. Butto un occhio sulla mia poco distante: nera, severa, senza troppi fronzoli, ma a me basta come destriero.
    «Sei passato dal tuo amico?»
    Credo sia scontata, ma legittima come domanda. Onestamente non so neanche come stia. Sono passata per qualche giorno successivo dopo che ci eravamo incontrati, forse più per una sorta di curiosità personale, ma poi ero stata assorbita da tutto il resto.
    «Che fai mi inviti a cena?»
    Un'altra domanda, che esce con una mezza risata però. Insomma, Cassian, il mio nuovo migliore amico, credo avesse espresso pure che tipo di gusti aveva. Mi fa solo ridere il fatto che ci provi di nuovo con queste offerte di botto dal nulla.

    Vivianne
    Comstock
    Dixon.

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    emeraude
    emeraude
    emeraude
    emeraude
    kabakov
    Non è un bel posto, decisamente no. Onestamente, rimaneva solo un luogo del tutto laterale ai tuoi pensieri, sebbene il rischio è una componente essenziale del vostro stile di vita. È solo che è più facile immaginarsi sbranati o uccisi da qualche creatura, piuttosto che finire tra le mani di qualcun altro. Ci sono assoluti così netti nelle vostre vite che, onestamente, qualcosa, quella meno decisiva e che vi piace di meno, finisce per scivolare sempre in secondo piano. Deve arrivare perché ci si renda conto di cosa significhi, e nel caso di Rufus ha significato tanto.
    Come significava anche per Morgan Crain. Non riesci a smettere di pensarci. Forse perché avevate un accordo tu e lui, e adesso è giusto che ciò lo erediti Caiden, non tanto per semplice amicizia o per l'affetto che provi per lui, ma semplicemente perché mantieni fede alla parola data, ed è forse il modo migliore che hai per onorare la sua morte. Forse perché era semplicemente un cacciatore come tutti voi. Forse perché in fondo era un amico.
    Sarebbe stato comunque impossibile provare a tirare Rufus fuori di lì senza complicare la situazione. Anche se ha fatto una promessa ad Anson e anche a te, e tu, come Emeraude e poi come Kabakov, vuoi vedere tuo cugino a capo della famiglia Foulger, per risolvere tutto quello che c'è da risolvere, per assicurare una guida sicura ad un clan così complesso. E poi per Zoe, per Mireya, perché l'essere genitore di un figlio poi, alla fine, supera anche tutte le altre cose, di gran lunga, almeno per come la vedi tu, ed è già stata una fortuna concessa dall'alto che abbia potuto vederla nascere. Sono momenti cardine quelli, oltretutto se si tratta dei primi figli. Gli sarebbe stato fatto un torto ingiusto, anche se è difficile pesare questa parola "ingiusto" proprio qui, tra pareti di metri e metri di cemento armato. Un passo falso, persino un respiro troppo pesante senti che riuscirebbe a far finire dietro quel vetro anche te. Forse è persino rischioso essere qui; forse per te meno, che sei la meno esposta, ma rimane comunque un grosso rischio. Eppure non te la saresti mai sentita di lasciare Rufus a marcire qui completamente da solo e lontano da una realtà difficile da lasciare senza perdere totalmente le presa su di essa. Ci sono già animi troppo inquieti, Anson per primo, anche se hai sapientemente scelto di evitare un confronto, di qualsiasi natura, troppo diretto con lui.
    Ti accomodi sulla sedia piccola e volutamente scomoda nella postazione numero 3, e rimani ad aspettare, fino a quando la porta dall'altro lato del vetro non si apre e non ne esce, scortato, tuo cugino.
    «Ehi fratellino…» lo saluti parlando alla cornetta del telefono. «Come te la passi?»
    hunter
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1075 replies since 29/7/2012
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