Posts written by .happysong.

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    emeraude
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    kabakov
    È come gelido, sì. Non vedi l'ora di uscire dalle pareti spesse di quella grossa scatola ad incastri perfettamente funzionanti, da cui pochi sono riusciti a sottrarsi, e da cui non è riuscito neanche Rufus o Morgan. Stando qui sei solo grata che Morgan non abbia concluso qui i suoi giorni, che sia morto degnamente, come un Cacciatore. È la fine migliore che possiate fare tutti voi, anche se c'è qualcosa adesso che, se pensi alla tua dipartita futura, te lo fa dubitare, quantomeno per te stessa.
    Per questo, quando senti la notizia direttamente dalla sua bocca un senso di sollievo ti si spalanca nel petto, lo senti quasi fisicamente aprirti e lo sterno e allargarti le costole. Aria nuova in questo luogo impenetrabile.
    «Davvero? Sei serio?» come per assicurarti che non sia un qualche tipo di battuta detta tanto per sdrammatizzare qualcosa di invece molto tragico. «È davvero fantastico.»
    Sì, dopo tutti questi mesi lo è, dopo tutto quello che è successo. È finalmente qualcosa di buono, come se le cose stessero finalmente tornando al loro posto. Fortuna o bravura, adesso conta forse solo il fatto che sia praticamente libero, che anche quest'incubo sia finito. Forse non sarà privo di conseguenze, ma al momento non ti riesce guardare più in là di lunedì stesso.
    «Per favore non fare stronzate da qui a lunedì allora. Che a casa ti aspettano.»
    Non a casa tua, Casper non lo è più ormai, anche se nel sangue, o in quello che ti rimane, sarai sempre e comunque una Foulger. No, a casa sua, con Mireya, con Zoe, finalmente, con la sua famiglia, quella di carne prima ancora che di legge.
    «Sono la prima a cui lo dici? Devo farlo sapere ad Anson?»
    Non era la domanda che avresti voluto porre, o meglio, non vorresti ricevere una certa risposta di assenso, perché tutto sembra ridursi ad un "affrontare" Anson, in ogni caso, anche nel migliore, e forse non è nemmeno da te che vorrebbe sentirsi dare questo tipo di notizia. Ma è necessaria, come lo sono tante altre cose, tutte quelle che vuoi affrontare per prime, perché il tempo comunque scarseggia.
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    Forse hai rimandato troppo questa cosa. Ma nel momento in cui hanno cominciato a farsi largo dei dubbi più importanti nella tua testa è arrivato tutto il resto che, come al solito, ti ha trascinata altrove. Non lontano da Putnam Valley, quello mai, ma lontana con il pensiero, con il conglomerato, la matassa che si è annodata nella testa per tutti questi mesi. Nel male ma poi anche nel bene, in un certo senso, anche se le cose pure con Kieran aspettano di trovare un nome, uno vero, e forse aspettano perché hai paura per te stessa e ne hai pure per lui, forse perché troppa fretta offusca e poi brucia, e ti porti dietro cicatrici ancora troppo sensibili al tocco. Fanno ancora male come spilli, e allora anche una mano gentile che scansa l'armatura, all'inizio, fa paura.
    Quindi certe cose sono state messe da parte, in maniera naturale. Le potresti pure lasciar correre, forse, ma no, c'è un tarlo ormai infilato nella tua mente da quel maledetto giorno che la cucina vomitava da ogni angolo, da ogni fessura il sangue di tua figlia, che mangiucchia, scricchiola, scava e sussurra che non puoi lasciare niente al caso, niente fuori dal tuo controllo, dalla presa della tua mano. Che ti gracchia che i colpi secchi, durante certe notti, quando la temperatura cala, non sono quelli delle travi di legno che tengono su la casa, ma sono direttamente quelli delle tue ossa che tengono in piedi questo intera realtà.
    Per cui non puoi lasciare correre, anche se Marlow Hollow - come si è chiamato - da che lo hai visto la prima volta ti è sembrato soltanto un ragazzino perso, troppo giovane per essere un cacciatore solo, troppo cresciuto per pensare che ci fosse qualcuno disposto ancora a cercarlo. Anche se vorresti dirti che lo fai prima per lui, perché qualcosa ti impietosisce, ti intenerisce, piuttosto che per te, per testare la presa del tuo guanto di ferro sulla tua casa e sul tuo mondo.
    Hai scelto che non vi fosse nessuno in casa, nessun cacciatore, neanche Kieran, neanche i bambini, proprio perché non vuoi concederti alcun errore di valutazione. Una nota malata non smette mai di risuonarti in testa: quel bastardo che ha strappato via il braccio a Veronica poteva avere su per giù quell'età.
    «Buongiorno, Marlow.»
    Lo hai atteso all'ingresso, fuori dalla porta, quando hai sentito il suono del motore della macchina avvicinarsi, nel silenzio di Putnam Valley. E anche stavolta che lo rivedi, con quella bottiglia inusuale stretta tra le mani, ti suscita di nuovo la stessa sensazione: di un ragazzo solo e forse troppo perso in un mondo come il vostro. Forse è già tanto che sia sempre vivo: se continuerà a cacciare in solitudine è probabile che la sua vita sarà davvero breve. Ti prende un nodo allo stomaco ma fingi che non sia nulla.
    «Grazie di essere venuto. Vieni, entra.» gli fai un cenno perché ti segua.
    In casa domina il silenzio, e ormai ti sei abituata anche a quello, a questa nuova vita che non ce la fa mai ad acquietarsi, ma che è diventata più severa, forse pure più scontrosa, offesa, ma dove ogni giorno prova a germogliare qualcosa di nuovo e più resistente.
    Raggiunto il salotto gli indichi di nuovo di sedersi su una delle poltrone, mentre ti preoccupi di prendere due bicchieri puliti dal comò.
    «Lo sai che volevo parlarti.»
    Li posi sul tavolino davanti a voi, prima di prendere posto di fronte a lui, a portata di occhi.
    «Ci sono delle cose che non ho chiare. È un problema se ne parliamo?»
    hunter
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    AHHHHHHHHHHHHHHHHHHH GLORIA!! Sono Gine! Jyn per i veterani dell'epoca del tempo che fu! Ora piango (un pochino dai) Bentornata cuoricina!
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    Benvenutooo! Io son Gine! (sempre una buona scelta Crowley si confermo molto) ✨
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    Nome pg: Alastor
    Banditore? SI
    Come è finito al Demon's Deal: //
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    emeraude
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    kabakov
    È incredibile guardarla, anche se a Rufus non assomiglia affatto per ora, perché è scura come sua madre. Fa quasi ridere per questo. Fa ridere il fatto che sia di Rufus, che sia sua figlia, ma è un ridere che porta alle lacrime per una strana forma di emozione e di contentezza sentimentale. Che ti sembra solo ieri che gli dicevi di aspettare i tuoi figli, ti sembra solo ieri che lo prendevi in giro sul muoversi, a sua volta, nel mettere al mondo qualche Foulger. E ora è una bambina che ti guarda con gli occhi di sua madre. Non sai se guardare lei o Mireya, ma è un po' impossibile non scivolare dall'una all'altra. Ti serve solo che ti inviti ad entrare e che riprenda lei il passo per scioglierti da quello stallo dolcissimo.
    «Insomma non userei proprio quel termine, ma sto bene.»
    Anche se certe cose rimangono difficili da digerire, anche se dovresti esserci abituata perché fa parte della vostra natura, è così che siete stati cresciuti: con la morte aggrappata addosso, come un cane che morde la gamba. Eppure mai così vivi. Forse ciò che ti mette veramente in ginocchio non è la morte di Morgan in sé, sebbene sia del resto così dolorosa, forse è il pensiero di Edie, di Caiden. Quello davvero ti uccide. Ma non ti vuoi torturare adesso pensando di nuovo al viso di Caiden, non adesso, non qui.
    «Bene.» le rispondi seguendola in una casa che è sua e che è strana anche questa, dopo una vita quasi interamente da nomade trascorsa insieme a Nestor e ai tuoi cugini.
    Ma sai di non dover mai lasciare al silenzio affermazioni del genere. Mireya forse già se lo immagina, ma se hai aspettato così tanto è perché con Rufus in prigione la situazione era tesa, e Casper l'hai evitata per tutto il tempo necessario, stando anche ai suggerimenti di tua madre. Le cose sono cambiate, sì, da che la tua famiglia è ormai soltanto la tua. Non che ci siano mai stati trattamenti di favore, né che tu sia ancora dipendente da Anson, ma lo sai, lo senti di essere sempre sotto il suo sguardo, sotto il suo giudizio. Ed è per questo che una delle più grosse preoccupazioni è sempre quella di dovergli dimostrare di essere stata una scommessa che valeva la pena fare. O più che una scommessa, un accordo, uno ben calcolato, con tutti i vantaggi e soprattutto i rischi del caso.
    Ne approfitti che Mireya posi Zoe in culla per poterti avvicinare e sporgerti sopra. Le offri piano una mano e lasci che ti afferri un dito, mentre si dibatte subito per la tentazione di portarselo alla piccola bocca. «Ciao, Zoe…» È energica, decisa, Ronnie ci impazzirebbe.
    «Sì, è passato davvero tanto… beh ne sono successe di cose… sì, versa versa, voglio sentire.»
    Dire che di cose ne sono successe pare quasi un eufemismo. Certe cose pensi non sarebbe neanche il caso di elencarle. Nel bene e nel male, anche se non puoi dimenticare chi e cose ti è venuto in soccorso quando le cose hanno cominciato a incrinarsi, quando per un attimo, un solo attimo, hai pensato di non poter gestire l'ennesimo dolore.
    «È davvero bella.» dici sfiorando una guancia alla bambina nella speranza si strapparle un sorriso da quello sguardo contratto dove, ecco, grazie ad una sfumatura improvvisa ma palese compare suo padre.
    hunter
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    ORACLE OF RA 30 y.o TESS BISHOP HAKKA voice look aesthetic song
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    i don't belong in the world, that's what it is. something separates me from other people.
    «Beh… figo. È una cosa più grande di noi, Arch.» mi accomodo meglio, sbuffando leggermente. È che non credo si possa ridurre a questo, ed è vero pure che sono troppo suscettibile in questo periodo. Forse per Nofret, forse per le cose che non devo rivelare, forse per il futuro che ci attende ma che non mi viene ancora rivelato, forse perché cerco ancora, disperatamente, di tenere ogni singola cosa insieme, ma più ci provo più si aggiungono tasselli che complicano il puzzle, più viene aggiunta una trama nell'arazzo di cui non ho chiaro il disegno, se non solamente in piccole porzioni però slegate. Ed è questo, credo, uno dei grandi problemi della mia esistenza: sentire di non riuscire a riconnettere niente dei grandi o piccoli mondi dentro i quali vivo. Speravo che con la rivelazione della mia anima tutto sarebbe andato al posto giusto e si sarebbe verificata per me una sorta di epifania, di rivelazione, ma non è stato così.
    Lo so che posso suonare, dura, severa, ma forse la si può chiamare più legittimamente apprensione. Perché Archer ne ha passate troppe ed io sono diventata sospettosa di qualsiasi cosa, a maggior ragione adesso che c'è Nofret. Perché ci siamo passati, ci sono passata anche io e l'ho fatto a modo mio, dopo un viaggio difficile ma che mi ha rimescolato dentro. Le cose per me non si sono rivelate con chiarezza, non almeno come lo hanno fatto con Rex o forse lo faranno con Archer. Le mie erano mescolate alle visioni dell'Amduat. Per capire chi fossi mi è servito tempo, perché la memoria di Raktaneon funziona esattamente come una tela, è tutto tranne che lineare: perfettamente geometrica, sensata se ne cogli la matematica perfetta, ma è circolare. Dove finisce ricomincia ma non nello stesso punto, e il suo viaggio si è incrociato con il mio appena compiuto e trascritto. Perciò non credo di poter stabilire se sia positivo o no; le visioni di per sé, da che sono nata Oracolo, non sono mai buone o cattive, a volte presagiscono benedizioni a volte tempi maledetti, e il nostro compito è solo quello di guardare. Non possediamo neanche il vantaggio del tempo: a volte arriviamo troppo tardi, a volte troppo in anticipo, a volte vediamo quando non dovremmo vedere. Non sono nostre le regole, e ci sono piani che non sono affatto come suggerirebbe la logica umana.
    Alla sua domanda mi prendo qualche istante di silenzio. Cerco con la mano il ragno sul petto, quasi fosse già lì la risposta, e in effetti lo potrebbe essere.
    «Si chiamava Raktaneon, l'aracnomante, il proto-oracolo.» e forse anche per questo lo sento così vicino. Condividiamo un destino affine io e lui, e forse il mio essere Oracolo è solo la diretta conseguenza, il completamento di quella che era stata già la sua natura, la sua vocazione.
    «Leggeva il futuro e le verità attraverso le tele di ragno. Rivelano più di quanto si pensi. È lui che si è preoccupato di riunire le anime di chi gli era vicino, cioè quelle da cui sono nate Nova e Layla.»
    Tutti gli altri, a parte Rex, onestamente penso ci sia qualcosa che li avrebbe comunque legati oltre il tempo e lo spazio, indipendentemente da quanti fili di ragno avrebbe potuto stringerli assieme fin nella tomba e nella Polvere.
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    metamorphomagus – 25 y.o. – supporter – brooklyn




    E un'altra giornata è andata. L'ennesima qui a Brooklyn. Ci sto quasi prendendo gusto.
    No ok, non raccontiamoci delle stronzate buoniste, la verità è che preferisco di gran lunga il Sacred Heart, dove certe cose sono più facili da risolvere. Infatti in molti casi non è per le cose semplici che si viene al Sacred, sennò i medici e gente che ci prova come me non servirebbero nemmeno. È pure difficile rimanere qui con le mani legate e non poter utilizzare nessuno dei miei "trucchetti" per riaggiustare, tipo, qualche osso. Ma deve far parte della formazione del perfetto medimago: pronto a qualsiasi eventualità, anche senza magia e paroline in una qualche lingua antica e misteriosa.
    Diciamo pure che un po' continuo a farlo apposta, a tenermi impegnata con le cose difficili, dico. Non difficili, non necessariamente, voglio dire, ma impegnative, che il cervello te lo tengono, te lo costringono, te lo inchiodano da qualche parte a forza per non permettergli di vagare altrove, dove gli fa più comodo, e comodo adesso è dove non sono costretta a fare la persona giusta, che le cose le porta alla luce del sole, cioè dove bruciano e fanno più male. Non ci posso fare tanto altro, solo trovare il modo giusto per gestire certe cose senza fare del male a me o alle persone che mi stanno intorno.
    Tolgo le cuffie dalle orecchie per annodarle ordinatamente e dopo un rapido tentativo avvolticciolarle e buttarle direttamente nella tasca della giacca. Non faccio a tempo a raggiungere la mia moto che mi volto a guardare quella che mi si è avvicinata e che, palesemente, cerca me.
    Un attimo di confusione, più per il casco bianchissimo, ma dura un attimo: sono brava a riconoscere gli sguardi della gente.
    «Guarda chi c'è. Io eh?»
    Onestamente non mi aspettavo di ritrovarlo. Il posto non è grandissimo, ma è grande abbastanza per avere la possibilità di non incrociarsi due volte. Ma a quanto pare doveva succedere. Non è un tipo così pessimo in fondo. Ha un modo di fare che potrebbe potenzialmente essere affine al mio, se non fossi stata presa e masticata letteralmente dalla vita in questi ultimi, quanti? Li vogliamo veramente quantificare? Beh, rettifico: se guardo allo stile della sua moto siamo su pianeti decisamente differenti. Butto un occhio sulla mia poco distante: nera, severa, senza troppi fronzoli, ma a me basta come destriero.
    «Sei passato dal tuo amico?»
    Credo sia scontata, ma legittima come domanda. Onestamente non so neanche come stia. Sono passata per qualche giorno successivo dopo che ci eravamo incontrati, forse più per una sorta di curiosità personale, ma poi ero stata assorbita da tutto il resto.
    «Che fai mi inviti a cena?»
    Un'altra domanda, che esce con una mezza risata però. Insomma, Cassian, il mio nuovo migliore amico, credo avesse espresso pure che tipo di gusti aveva. Mi fa solo ridere il fatto che ci provi di nuovo con queste offerte di botto dal nulla.

    Vivianne
    Comstock
    Dixon.

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    emeraude
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    kabakov
    Non è un bel posto, decisamente no. Onestamente, rimaneva solo un luogo del tutto laterale ai tuoi pensieri, sebbene il rischio è una componente essenziale del vostro stile di vita. È solo che è più facile immaginarsi sbranati o uccisi da qualche creatura, piuttosto che finire tra le mani di qualcun altro. Ci sono assoluti così netti nelle vostre vite che, onestamente, qualcosa, quella meno decisiva e che vi piace di meno, finisce per scivolare sempre in secondo piano. Deve arrivare perché ci si renda conto di cosa significhi, e nel caso di Rufus ha significato tanto.
    Come significava anche per Morgan Crain. Non riesci a smettere di pensarci. Forse perché avevate un accordo tu e lui, e adesso è giusto che ciò lo erediti Caiden, non tanto per semplice amicizia o per l'affetto che provi per lui, ma semplicemente perché mantieni fede alla parola data, ed è forse il modo migliore che hai per onorare la sua morte. Forse perché era semplicemente un cacciatore come tutti voi. Forse perché in fondo era un amico.
    Sarebbe stato comunque impossibile provare a tirare Rufus fuori di lì senza complicare la situazione. Anche se ha fatto una promessa ad Anson e anche a te, e tu, come Emeraude e poi come Kabakov, vuoi vedere tuo cugino a capo della famiglia Foulger, per risolvere tutto quello che c'è da risolvere, per assicurare una guida sicura ad un clan così complesso. E poi per Zoe, per Mireya, perché l'essere genitore di un figlio poi, alla fine, supera anche tutte le altre cose, di gran lunga, almeno per come la vedi tu, ed è già stata una fortuna concessa dall'alto che abbia potuto vederla nascere. Sono momenti cardine quelli, oltretutto se si tratta dei primi figli. Gli sarebbe stato fatto un torto ingiusto, anche se è difficile pesare questa parola "ingiusto" proprio qui, tra pareti di metri e metri di cemento armato. Un passo falso, persino un respiro troppo pesante senti che riuscirebbe a far finire dietro quel vetro anche te. Forse è persino rischioso essere qui; forse per te meno, che sei la meno esposta, ma rimane comunque un grosso rischio. Eppure non te la saresti mai sentita di lasciare Rufus a marcire qui completamente da solo e lontano da una realtà difficile da lasciare senza perdere totalmente le presa su di essa. Ci sono già animi troppo inquieti, Anson per primo, anche se hai sapientemente scelto di evitare un confronto, di qualsiasi natura, troppo diretto con lui.
    Ti accomodi sulla sedia piccola e volutamente scomoda nella postazione numero 3, e rimani ad aspettare, fino a quando la porta dall'altro lato del vetro non si apre e non ne esce, scortato, tuo cugino.
    «Ehi fratellino…» lo saluti parlando alla cornetta del telefono. «Come te la passi?»
    hunter
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    emeraude
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    kabakov
    «Mi dai ancora del lei ti esce spontaneo, quasi istintivamente.
    Semplicemente perché i formalismi suonano strani, non sono mai esistiti nel tuo ambiente e mai esisteranno. Non si riservano neanche al capofamiglia più rispettabile della famiglia più rispettata. Forse perché l'onore e la dignità del singolo manca di sovrastrutture a cui aggrapparsi e rimane alla terra, al senso comune, al sanguigno. Tutti fratelli nella Caccia, anche se comunque esistono fazioni, faide, nemici, odi viscerali che a volte si risolvono nel modo meno "moralmente accettabile", non per chi vive in una società diversa dalla vostra: piccola Babele fatta di fango e ossa.
    «Non ce ne è bisogno davvero.» indipendentemente però da tutto questo che non lo può riguardare. Non è una severa padrona di casa quello che vuoi essere: non è mai stato lo spirito di questo posto, anche se questo stesso posto è dovuto inevitabilmente cambiare per sopravvivere.
    «Questa casa è mia fin tanto che appartiene a tutti gli altri». La maggior parte dei libri ti sono stati lasciati dalle famiglie, dai cacciatori in viaggio. Ci sono diari, pezzi di famiglie che cercano un posto sicuro per tramandarsi ai posteri. Questa casa ha sempre voluto essere questo, sin dall'inizio, sin da quando sentivi di non avere altre alternative o altre speranze. C'è piuttosto che è stato difficile, e continua ogni giorno, renderlo un porto sicuro per tutti i cacciatori, dopo tutto quello che è successo. Un porto a cui tu stessa hai messo limiti, per cui non tutte le barche possono attraccare. Ci sono persone e famiglie intere, per responsabilità e per vendetta, che qui non potranno mai mettere piede, non finché ci sarai tu a capo. La tua magnanimità, in realtà, è molto più parziale di quanto si pensi: solo in pochi ti hanno sentito sputare sentenze mortali.
    No, i formalismi decisamente non servono.
    Ne approfitti per chinarti su una delle pile di libri, e cercare sulla costola del primo che ti capita sottomano l'indirizzo della sua collocazione, secondo quella nuova logica che sta vedendo pile e pile di oggetti aumentare a furia di cercare, levare, spostare e riporre.
    Distogli lo sguardo dalle iniziali solo quando Kieran si sofferma su quella frase. Non è la prima volta che ti capita di sentirla, forse per vie diverse dalle sue, ma non ti è nuova all'orecchio.
    «Una delle leggi dell'analogia, e in realtà del concetto di derivazione».
    ciò che è in alto deriva da ciò che è in basso, e ciò che è in basso deriva da ciò che è in alto, per compiere i miracoli di una cosa.
    «Conoscevo la versione più semplificata.» quella dello smeraldo. Del resto Wilhelmine e Ilya non si erano preoccupati - pensi - di andare a ricercare significati a un grado di profondità maggiore di questo quando hanno scelto il tuo nome. In realtà non sai neanche perché lo abbiano scelto, non è qualcosa che ti sei mai preoccupata di chiedere. Sempre per gente come voi bisogna già solo ringraziare della vita. Questo non significa che i tuoi abbiano operato casualmente e senza interesse verso di te, come tu non lo hai fatto verso i tuoi di figli, ma… beh, certe cose non vi salta neanche in mente di domandarle, come se non fossero importanti in fondo.
    «Grazie.»
    Anche questo quindi è strano da sentire. È in generale strano sentire da qualcun altro cose che sembri essere sempre la sola conoscere, perché il tuo tempo lo hai impiegato sui testi mentre tutti gli altri erano a cacciare al posto tuo.
    Ti lasci sfuggire una mezza risata, del tutto spontanea, tornando a rigirarti il libro tra le mani.
    «Non so quanto ti convenga, onestamente.»
    Forse è scortese dirgli che ci vorrebbe più tempo a spiegargli il criterio e il nuovo ordine che ti sei fissata di dare alla tua raccolta. Un ordine che cambia ad ogni libro spostato e che diventa naturalmente man mano più complesso. Un archivio più che una vera biblioteca: ogni cosa sembra avere un vincolo, un legame imprescindibile con un'altra.
    «C'è solo una regola in questa casa.» per quanto riguarda il ricambiare l'ospitalità.
    «Non presentarsi mai a Putnam Valley senza una bottiglia di alcol.» una norma sacrosanta in una comunità di abituali bevitori.
    «Ma vale solo per i cacciatori, che tendono a bere molto. In sostanza gli faccio un favore.» forse nemmeno la migliore delle pubblicità ad un elemento esterno come può essere lui, distante dal vostro tipo di quotidianità e di abitudini decisamente poco eleganti.
    «Non c'è bisogno di ricambiare niente. Non è il fine di questo posto.»
    L'ospitalità si ricambia con le alleanze, i legami, ma non credi di volerglielo spiegare così: risulterebbe forse un po' rude ridurre tutto ad una questione di favori tra famiglie. Non è così, non completamente, anche se resta un fattore importante, e tu stessa, dopo essere stata riconosciuta a capo di Putnam Valley da Anson, hai deciso chiudere con un lucchetto più resistente le porte di questo posto. Già solo perché sono successe troppe cose che non dovevano accadere, a partire da Ronnie, e a volte vorresti dirti che come motivo basta e avanza. Non è così.
    «Non èuna lettura semplicissima.» torni ad indicargli con un cenno del capo il libro che gli hai portato e che ha ancora tra le mani.
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    Edited by .happysong. - 19/4/2024, 02:03
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    Arriva con Sara, in coda poi per salutare Dorothea e Cyrus, e intanto saluta Diana con la manina.

    beatrice
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    In ogni cosa si riesce a trovare un'occasione.
    Te le ricordi feste come queste. Forse non nello sfarzo e nell'ufficialità formale, lustrata, così pubblica, ma non si tratta di quello. Ti basterebbe cercare un po' indietro, non troppo, anche se sembra un'eternità fa, nell'aspettare come una ragazzina infreddolita ma allucinata dalla sola idea di incrociare lo sguardo di una singola, tanto attesa, persona.
    Ma non si tratta neanche di ciò che deriva dall'amicizia con Sara, con la sua personalità ed il suo ruolo, o come lei anche Madeleine, che ti porta sempre, in occasioni pubbliche, a finire allo stesso modo sotto l'occhio delle loro guardie del corpo. Non sono poi molti gli eventi come questi dove prima di chiamarla "sorella", se non sussurrandoglielo all'orecchio, devi appellarti a lei come "Principessa".
    In ogni cosa si riesce a trovare un'occasione, anche in questo, anche se - forse solo Sara lì lo sa - dopo il lusso di questa serata il tuo pensiero correrà a casa. Ma ad Okefenokee, lontano da tutto il caos, anche dal lustro, da una faccia da fotografie patinate, che è quanto di più lontano c'è da tutto questo, dove forse però ci stanno le cose vere, quelle che hanno davvero valore, molto più di un collier di diamanti o uno champagne pregiatissimo. È proprio per loro che sei qui stasera, sebbene sembri un paradosso, sebbene i tuoi figli si addormentino con suoni lacustri.
    Non ti è mai piaciuto avere segreti con Sara, e continua a non piacerti, ma come lo hai fatto con Søren adesso sei costretta a farlo anche con lei, come con chiunque altro. Ci sono stati momenti in cui avresti desiderato dire tutto, ogni singola cosa, della tua storia, del tuo futuro già segnato prima ancora che tu potessi cominciare a visualizzarlo, o programmarlo. Ma se c'è una cosa che ti ha cucito la lingua, anche quando per disperazione avrebbe voluto sciogliersi, è stato proprio lo scopo, quello ultimo, definitivo: proteggere i tuoi. Suona banale, forse, ma è diventato così tremendamente reale quando anche Søren è diventato parte del branco, e allora è diventata imperativa la necessità di proteggerlo anche per quello. Difendere una causa, una causa non perfetta, non moralmente limpida, di tua madre e di tuo padre prima che tua, ma che ti permette di difendere ciò che reputi giusto, a prezzi spesso molto alti.
    Lo sguardo ti scivola con falsa indifferenza tra gli invitati. Poi si accende di curiosità davanti agli artifici magnificenti, alle superficie specchianti e brillantissime.
    Apri, non troppo, la clutch girando con un paio di dita lo specchietto all'interno per controllare il tuo riflesso.
    «Se perdo la collana o gli orecchini mi uccidono o uccidono te?» dici avvicinandoti all'orecchio di Sara, come se le stessi sussurrando un cortese commento, ma sperando, quasi maliziosamente, di strapparle invece un'espressione diversa da quella composta ed elegante da perfetto profilo fotografico.
    E fingi di non soffermarti troppo su Quincy Auberon Rowle, come ti ha dato indicazioni Callum. Piuttosto ti guardi ancora attorno. Noti al bar Diana Gallows. Aspetti che incroci la tua direzione per sollevare appena una mano nella sua .
    L'occhio scivola di nuovo addosso a Rowle solamente quando lui e la sua compagnia vi lasciano modo di avvicinarvi ai patroni dell'evento.
    «Signora Lovecraft, Signor Selwyn, vi ringrazio per l'invito. Beatrice Morel Lemoine, dal Centro Analisi del Reliquiarium.» ti presenti, ovviamente dopo che Sara abbia terminato di parlare, secondo etichetta.
    «Stasera accompagno la Principessa.»
    Ti punge una sorta di divertimento, ma la ricacci nascondendola dietro alla solita maschera cordialmente sorridente.
    assassin
    recruit
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    Numero 21
    Ballo yepp
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    egon
    egon
    egon
    egon
    sholokov
    Non si sentiva perfettamente a suo agio in locali troppo eleganti o in vista. Non era mai stato il suo mondo, semplicemente questo: la paga era sempre la solita e non gli aveva mai permesso di montarsi la testa. Neanche quando era stato in grado di mettere da parte il suo gruzzolo gli era riuscito, neanche adesso, che la necessità lo aveva fatto partire assicurandosi qualche garanzia in più. No, non era mai stato tentato da nulla, Egon, era semplicemente cresciuto così. O forse era stato fabbricato già in questo modo, con questo senso di disillusione, con un schermo, una patina opaca davanti agli occhi che attenuava sempre tutto, rendeva le cose sempre sfumate, i luccichii più interessanti affievoliti, i bordi mai così netti, le convinzioni mai così ferree, neanche la morale mai così perfettamente definita. Le scelte difficilmente erano immuni alla contraddizione: non esistono veri assolutismi, c'è sempre qualcosa con cui contrattare, c'è sempre una mediazione, un medium che traduce l'idea - o l'ideologia - in realtà applicabile, e nel farlo adatta le cose, cede inevitabilmente ad un compromesso, visibile o invisibile che sia. Non esistono assolutismi. Tanto che alla fine non si tratta più nemmeno di quello, di contraddizione. Si tratta solamente dei fatti. E non si tratta di una mera giustificazione che Egon dà a sé stesso ogni giorno per motivare la Corruzione, per non aver saputo rifiutare le condizioni poste dai piani alti. Forse, ma è più convinto che nelle cose sia stato lui, volontariamente, a scegliere di farsi trascinare. Perché non c'era molto da perdere, come se fosse stato sin dall'inizio progettato e poi fabbricato per essere così, per essere più strumento, anche di sé stesso, che mente pensante, progettista. Le cose perse, come Amarna, facevano parte di quelle cose che di per sé erano nate ed erano state scelte per essere sacrificabili. Senza alcuna forma di pietismo o di vittimismo. Supponiamo che esistano davvero delle persone al mondo pensate per questo, per essere semplicemente sacrificabili per fini altri, più o meno alti, non per forza eroici, come se il mondo funzionasse come una bilancia. E a questi soggetti viene concesso il tratto di non saper sognare il futuro. Per questi soggetti è come vivere in un loop, in un anello che scivola, rotola in avanti sulla linea del tempo, come per qualsiasi cosa, ma il cui interno è un costante ripercorrere forme di passato vecchio e nuovo che si depositano l'una sull'altro costituendo una spirale.
    Non esiste la contraddizione, esiste solo il compromesso e la traduzione. Quando poi si trascende il proprio spazio e il proprio tempo finisce per diventare una sorta di regola quantica, un'equazione etica insolvibile. Questa New York è simile alla sua ma tra le due non vige nessuna identità, nessuna variabile x che possa metterle in relazione di uguaglianza. Esiste solamente una disuguaglianza, un bilancio, e la parte della stringa da cui proviene Egon sta nel verso di "inferiore".
    Ci è tornato più e più volte a Brooklyn, anche se un'irrazionale inquietudine non gli permette di sostarci troppo. Non si tratta neanche di Amarna o di tutta quella gente spazzata via. È come se il terreno, dopo un po', cominciasse a mancargli sotto i piedi, e allora ci sta una frontiera precisa, qui ancora visibile, oltre la quale sente di poter distendere i nervi. Come una sorta di sogno premonitore, come se lui fosse venuto direttamente dal futuro.
    Stringe il collo della bottiglia e prende un sorso di birra. Non vuole spenderci più del dovuto in questo posto. Gli basta tenere l'occhio su uno dei capo dipartimento della Piramide seduto quasi in fondo alla sala.
    Il compromesso e la traduzione.
    Difficile spiegare che una volta lavorava per quelle stesse istituzioni. Tutto sprofondato insieme con Brooklyn.
    agent
    dimensional phenomena
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  15. .
    emeraude
    emeraude
    emeraude
    emeraude
    kabakov
    Non aspettavi altro, davvero nient'altro se non vederla, finalmente.
    Casper non è un territorio facile, ma resta sempre casa, anche se le ultime persone che vorresti incontrare oggi sono proprio Anson e Nestor. Semplicemente perché non è il momento, paradossalmente non è neanche il luogo, sebbene questo posto appartenga più a loro di quanto non sia mai appartenuto a te, a maggior ragione adesso. Ma ci sono cose che non hai voglia di spiegare, neanche solo di rischiare di sfiorare: troppo complesse da spiegare a loro, si incapperebbe in altro, in qualcosa di potenzialmente incompreso e quindi indesiderato. Putnam Valley stringe forte tra i denti il suo diritto di esistere e lo scopo che giustifica la sua esistenza. E non è per questo che sei qui, che sei corsa a Casper, dove sei nata anche tu, quando Mireya ti hanno detto che potevi finalmente farlo.
    Ci sono momenti che sono di passaggio, ed uno è la nascita, specialmente per gente come voi. Ci sei passata già tante volte da sapere che non si tratta mai solamente di qualcosa di solitario: una donna che soffre da sola e poi gioisce più di chiunque altro con il sollievo di aver messo al mondo una vita. Ci sei passata già tante volte da sapere che si tratta sempre di un consesso, di donne necessarie, desiderate e non, ma vengono chiamate ad assistere a questo passaggio, dalla madre al figlio, della madre e del figlio.
    Per questo avresti voluto esserci per Mireya, non soltanto perché sei annoverata ormai tra le madri "esperte", perché sei in grado di capire se le cose stanno procedendo come devono, naturalmente, per una semplice conoscenza pratica, viscerale prima ancora che empirica, ma perché avresti voluto assistere a questo passaggio nella vita del figlio di tuo fratello. Glielo dovevi. Non che fosse tuo compito farne le veci, anche quando gli era stata concessa la grazia di vedere nascere sua figlia, ma perché era una condizione di quella silenziosa promessa mai veramente stretta se non nella reciproca appartenenza e fedeltà. Come se fosse un figlio mio, come i suoi erano figli di Rufus, a dispetto di quanto potesse pensarne Andre, con la sua avversione nei suoi confronti. Giustificata o meno, non importava più. Certe cose non si potevano cancellare, fortunatamente.
    Sembra ieri di sentire Rufus accettare le condizioni di Anson per diventare capofamiglia. Che lo faceva anche per te, per non dover fare più i conti con quei segreti infami, per assicurarsi e assicurarti che certe cose non sarebbero più successe in futuro tra i Foulger, ai figli dei Foulger. Eppure sono già passati due anni.
    Due stramaledetti anni, che non ti va di rivangare: lo hai fatto contando ogni singolo giorno, incidendolo, sviscerando ogni singolo atomo di dolore per osservarlo sotto una lente forse troppo masochista. E forse ti serviva del tempo, che cicatrizzasse, ricucisse, e alla fine offrisse nuova imprevisto filo per continuare a ricamare un nuovo disegno della trama.
    Sembra ieri per tante cose, tante altre che sembravano vivere in un passato recente stanno scivolando direttamente al loro posto, tornano alla loro originale distanza, anche se stai perdendo anche la voglia di raccontartelo adesso per cui c'è qualcosa che il passato lo tiene a bada.
    Ma non è certo che venga compreso; no, ne sei certa, e hai ormai imparato che certe cose hanno bisogno di rimanere dove nascono, a Putnam Valley. Che è poi lo stesso motivo per cui ancora non racconti che sono notti che dormi con un altro uomo.
    Bussi alla loro porta quasi con un fremito, una scossa che dal gomito risale alle dita del pugno appena chiuso, mentre sotto braccio tieni infagottato quello che prima è stato dei tuoi figli maggiori e che ti sembra giuso ora passare a quelli di tuo cugino.
    hunter
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1105 replies since 29/7/2012
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